Rassegna Stampa

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Festival e teatro per l'Intercultura
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Selezione
PER GERUSALEMME
Produzione Chance Eventi Suq Festival in collaborazione con Teatro Stabile di Genova
Genova, Suq Festival – debutto 23 giugno 2014
Mantova, Festivaletteratura – 5 settembre 2014
 Mentelocale.it, 23 giugno 2014 Il Suq Festival 2014 porta Genova a Gerusalemme
 L'Altra Mantova, 4 settembre 2014 Per Gerusalemme, con Carla Peirolero e i Radiodervish: la
libertà d'amare negata nella città in catene
 Gazzetta di Mantova, 4 settembre 2014 Nel tempo perduto di Gerusalemme con i Radiodervish
 Qcodemag.it, 6 settembre 2014 Per Gerusalemme
CAFE’ JERUSALEM
Produzione Teatro Stabile di Genova in collaborazione con Chance Eventi Suq Festival
Genova , Teatro Duse – debutto 18 marzo 2015
TELEVISIONI
 RAI TG3 – LIGURIA, 19 marzo 2015, TGR
 RAI TG3, 22 marzo 2015, Chi è di scena
 TV 2000, 14 aprile 2015, Retroscena
RADIO
 RADIO BABBOLEO, 16 marzo 2015
 RADIO RAI 3 – MONDO, 17 marzo 2015
 RADIO RAI 3 – SUITE, 18 marzo 2015
QUOTIDIANI
 Il Manifesto, 7 marzo 2015 A Genova Café Jerusalem
 Avvenire, 15 marzo 2015 Jerusalem ricordi di un caffè
 Ansa Genova, 16 marzo 2015 L'amore contrastato in “Café Jerusalem”
 Repubblica Genova, 18 marzo 2015 Café Jerusalem
 Il Secolo XIX, 18 marzo 2015 Café Jerusalem, l'amore difficile all'ombra del muro
 Il Garantista, 19 marzo 2015 Questi fantasmi del Café Jerusalem
 Corriere Mercantile, 20 marzo 2015 Café Jerusalem – La recensione
WEB
 Mentelocale.it, 19 marzo 2015 Café Jerusalem: al Teatro Duse l'amore proibito è possibile
 Bluecult.it, 19 marzo 2015 Al Café Jerusalem con Peirolero e Petruzzelli
 Artapartofculture.net, 27 marzo 2015 Café Jerusalem. La storia e gli uomini, e Genova si
trasforma nella città dove è possibile nulla e tutto
CHANCE EVENTI – SUQ FESTIVAL tel +39 010 5702715 cell +39 329 2054579 [email protected]
7 marzo 2015
15 marzo 2015
16 marzo 2015
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Cultura, spettacoli e sport
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Cultura, spettacoli e sport
19 marzo 2015
19 marzo 2015
Al Cafè Jerusalem con Peirolero e Petruzzelli
Chiude domenica 22 marzo, al Teatro Duse di Genova, lo spettacolo tratto dall´omonimo libro di
Paola Caridi: un canto di note inafferrabili, misteriose e struggenti che coglie l´aspetto più
sfuggente di Gerusalemme, icona mitica dell´incomprensione
Silvana Zanovello
Carla Peirolero in 'Cafè Jerusalem'
Gerusalemme è un canto fatto di note inafferrabili, misteriose e struggenti, una magnifica e pericolosa
ossessione. Nello spettacolo che Carla Peirolero e Pino Petruzzelli hanno tratto dal libro di Paola
Caridi “Café jerusalem “ che ha debuttato al Duse, coprodotto dal Festival Suq e dalloStabile di
Genova, la città si presenta come un’icona mitica dell’incomprensione.
E’ una scelta che non ci si aspetterebbe considerando la formazione e le competenze storiche
dell’autrice, corrispondente per anni dall’Egitto e da Israele, e certamente è una scelta meditata,
risponde al bisogno di universalizzare il problema. Su questo sfondo si racconta una storia d’amore
vissuta negli anni Trenta del Novecento tra la palestinese Nura e l’ebreo Moshe, capitato lì forse al
seguito degli Inglesi. Chissà se entrambi covano un‘oscura consapevolezza di quello che cova sulla
scacchiera della politica internazionale.
Certamente la loro attrazione è già senza parole, e proprio per questo destinata all’incomprensione,
simbolo di quella storica tra due popoli, Palestinesi ed Ebrei, che non vengono quasi mai nominati. Non
si può considerarla l’ennesima versione di Romeo e Giulietta. Il sentimento infatti qui non è contrastato
perché vissuto interiormente e consumato fugacemente, nella consapevolezza, a priori,
dell’impossibilità alla quale è destinato.
Ha un corrispettivo nell’attrazione di un palestinese per una giovane soldatessa israeliana, ma anche in
questo caso, tra i due c’è una barriera che viene da loro stessi oltre che dagli eventi. Quando la storia è
stata presentata in forma di mise en espace al Festival Suk, l’autrice si era chiesta se non sarebbe
stato opportuno suggerire, nelle didascalie del copione, un velo da porre in scena tra i due. Non è
stato necessario.
La separazione è quasi tangibile, anche se il finale concede un barlume di speranza, facendo vedere
(o sognare) a Nura due giovani, un Ebreo e una Palestinese che invece parlano di se stessi su una
panchina. Il “non dialogo” esclude una forma drammaturgica vera e propria che tradizionalmente ha
sempre il suo punto di forza nei contrasti e nello scambio di battute.
Qui c’è invece poesia e nostalgia per una condizione di scambio culturale che si coagulava intorno a un
altro simbolo il caffè del titolo: condizione che non c’è più o forse c’è stata per brevissimi periodi. La
protagonista femminile Nura, Carla Peirolero che sintonizza la propria sensibilità interpretativa sulle
musiche toccanti dei Radiodervish, è sempre in primo piano e sa catturare la platea pubblico. Ma
forse uno scavo maggiore nel tormento tutto imploso di Moshe non guasterebbe. Né un minimo di
constestualizzazione, per dargli più corpo agli occhi del pubblico, anche se è vero che in quelli di Nura
è ormai un miraggio.
19 marzo 2015
Café Jerusalem: al Teatro Duse l'amore proibito è possibile
Lo spettacolo canta
Gerusalemme attraverso le
voci di un uomo ebreo e di
una donna palestinese. Per
andare oltre i confini e
aprire la mente. Fino al 22
marzo. La recensione
Carla Peirolero, Pino Petruzzelli e i Radiodervish in Café Jerusalem ©
teatrostabilegenova.it
Genova Giovedi 19 marzo 2015
Giovedì 19 marzo, alle 17.30, nel foyer del Teatro della Corte, Paola Caridi e gli attori
Carla Peirolero e Pino Petruzzelli protagonisti di Café Jerusalem, incontrano il pubblico
genovese, nel corso di una conversazione condotta da Umberto Basevi.
L’incontro, organizzato nell’ambito del ciclo Conversazioni con i protagonisti e realizzato
in collaborazione con l’associazione per il Teatro Stabile di Genova, è a ingresso libero.
Ci sono notti piene di stelle nelle quali si respira il vento che soffia dal mare e ci sono notti
senza luna, dove il cielo si mischia alla polvere ed è duro come la pietra. Un cielo, però,
che non ha confini, come quel mare che chi vive affacciato sul Mediterraneo sente
sotto la pelle come un sale che brucia. Chi può dire dove finiscono le stelle di un
popolo e incominciano quelle di un altro?
È proprio sulle dicotomie, su un modo di ragionare per opposti noi/loro, dentro/fuori,
inclusione/esclusione che riflette Café Jerusalem, che ha debuttato, in anteprima
nazionale, mercoledì 18 marzo al Teatro Duse di Genova. Lo spettacolo di Paola Caridi
rimane in scena fino a domenica 22 marzo (ore 20.30; domenica ore 16).
Café Jerusalem, che vede alla regia Pino Petruzzelli, canta, attraverso la voce di Nura
(Carla Peirolero), le contraddizioni di una città antichissima, gloriosa e insieme dolente
e violenta come Gerusalemme. Città dove tutti sono stranieri, nessuno anonimo, come se
tutti portassero un marchio indelebile, un codice a barre impresso sulla guancia, a
rendere palese le appartenenze di ognuno. Eppure una città dove tutti sono soli, in cui
20/3/2015 Café Jerusalem: al Teatro Duse l'amore proibito è possibile Mentelocale.it
http://genova.mentelocale.it/63818genovacafejerusalemalteatroduseamoreproibitopossibile/ 4/4
ognuno è relegato in un recinto, ideologico o reale che sia, dove un noi si contrappone
sempre a un loro, senza possibile via di mediazione e comunicazione.
Eppure un anello che non tiene, un grimaldello che scardina il pregiudizio esiste: è la
storia d'amore tra Nura, palestinese di fede cristiana, e l'ebreo Moshe (Pino
Petruzzelli). Un amore che diventa paradigma per raccontare una città intera e un pezzo
di storia che continua ad essere ancora oggi. Lei lavora in un Café, con tutta la famiglia. È
già sposata un matrimonio imposto dai costumi tradizionali delusa eppure viva; lui
passa per caso davanti al locale e, pur accortosi di lei, non la guarda quasi mai. Ed è in
quel quasi che si gioca il tutto, la forza di una amore proibito che li sorprende e il
travolge. Un sentimento fatto di sguardi che illuminano, occhi che sembrano suggerire
la possibilità di un altro linguaggio, oltre quello della violenza e dell'odio, un linguaggio
che parla nel silenzio.
Ma anche quello di Nura e Moshe è una passione destinata a finire: un futuro mangiato
dalla storia, che deve fare i conti inesorabilmente con la realtà. Consumato da un altro
tipo di silenzio: quello che non fa domande, quello che non si apre alle ragioni dell'altro,
quello che non è pronto a rischiare e a mettersi in gioco.
Un silenzio simile a quello che blocca, ancora prima che nasca, la storia tra il giovane
palestinese Musa (a cui presta la voce Pino Petruzzelli) e la soldatessa israeliana che,
fermatolo, gli chiede i documenti. Il giovane, sente il cuore della ragazza, cogliendolo
in pienezza, anche qui, per un attimo, quando riesce a guardarla negli occhi. Ma anche in
questo caso è un momento, perché Musa non chiede, non pronuncia parole che
avrebbero potuto cambiare la storia. Tutto rimane in un'afasia che costringe e uccide,
come la creatura concepita da Moshe e Nura che non è riuscita a venire al mondo.
Su tutto lo spettacolo le note dal vivo dei Radiodervish, che portano sul palco non solo
musica, ma il canto dell'essere umano. I colori di Gerusalemme, le sue luci, le sue
ombre, l'antico e doloroso canto di un'epoca lontana che si ripercuote sul presente, vivono
nei loro sospiri. Parole e suoni che, al di là della comprensione, sanno intercettare
l'anima delle persone. In modo universale.
E tutta la sofferenza, la forza e la debolezza che intessono le varie voci che si agitano
nei ricordi di Nura, aleggiando sul Café e impregnandolo intimamente, si proiettano
verso il futuro nel momento finale. Con un barlume di speranza che Nura consegna alle
nuove generazioni, a quei giovani da lasciare liberi. Liberi di amare e di vivere,
nonostante tutto, nonostante tutti. Oltre le divisioni e i pregiudizi.
A chiudere la serata i Radiodervish con un bis del brano che apre lo spettacolo e che sarà
una delle colonne portanti del loro prossimo album in uscita a maggio. Un brano che,
significativamente, si intitola Nura, come la protagonista, come la luce in arabo: quella
luce necessaria a illuminare il vento del cambiamento.
Federica Burlando
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Quotidiano
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20-03-2015
21
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Cultura, spettacoli e sport
27 marzo 2015
Cafè Jerusalem. La storia e gli uomini, e Genova si trasforma nella
città dove è possibile nulla e tutto.
di Chiara Palumbo - 27 marzo 2015
Al Quds. La Santa. Gerusalemme.
La città da tutti desiderata, pregata, sospirata. Per i suoi abitanti, la città recinto. Una prigione dove ogni
strada, ogni pietra è nostra o loro, dove perdersi non è permesso. La città del buio. Dove un altra luce sta
per spegnersi.
Nura – luce, in arabo – palestinese e cristiana, sta per lasciare la sua città che non c’è più, sta per chiudere
per l’ultima volta i battenti del suo cafè, e mettersi alle spalle la Storia, la propria e quella di tutti.
«La vali, Gerusalemme, la vita dei nostri figli? Lo vali, Gerusalemme, tutto questo dolore? Io ti scomunico.
Scomunico la tua santità».
Ma per un istante, l’ultimo, si abbandona ai ricordi di quando la città era vita, non galera, di quando ancora
si poteva sedersi sulle panchine sotto i gelsi – sotto cui oggi c’è solo lo sguardo svogliato eppure costante di
un nemico – o passeggiare sotto le stelle.
E Genova, e il Teatro Duse diventano la Gerusalemme di Nura. Dove ancora non esiste un noi e un loro,
dove non si è ancora nemici, non ancora irrimediabilmente soli, e si può amare. Anche Moshe, israeliano ed
ebreo, che passa davanti al cafè tutti i giorni.
Ma per una notte soltanto, perchè poi nemici lo si diventa, perchè qualcun altro lo ha deciso. Le parole
rimangono in gola e l’amore diventa impossibile.
Come quello fra Musa e la soldatessa israeliana, che lo ferma senza mai osare alzare gli occhi. Lui riesce a
sentirla nel profondo. Ma non può, non riesce – come Moshe – a fare altro che restare in silenzio. Il destino
di ogni frutto di queste relazioni fatte di frasi che non si possono dire, non potrebbe essere che la morte,
l’essere concepito senza poter venire al mondo, come la figlia di Nura e Moshe, che non ne avrà la forza.
La città e il caffè sono anche quelli di Nabil, palestinese e musulmano, che fra quelle mura e su quei tavolini
che occupano la scena è cresciuto, e che invece in città ha deciso di restare.
A prestargli il nome, i tratti e la voce calda è il cantante dei Radiodervish, punta di diamante della world
music italiana, palestinese nato in Libano. È a lui e al gruppo – Michele Lobaccaro alle chitarre eAlessandro
Pipino alle tastiere – che spettano le musiche, interpretate dal vivo a fondo palco – come d’abitudine in
arabo, inglese e italiano – di questo Cafè Jerusalem. La voce e le note, di per sè di grande impatto
espressivo, qui acquistano una eco ancora più forte, e compiono definitivamente la magia di trasportare
l’intera sala tra le vie, i profumi e i suoni di Gerusalemme, e poi nella penombra del caffè. A ciò contribuisce,
oltre al talento, la scelta di utilizzare anche alcuni brani scritti appositamente che comporranno il disco
omonimo allo spettacolo, in uscita a maggio e attualmente in produzione dal basso attraverso la
piattaforma Musicraiser.
A dare corpo a Moshe ma anche voce a Musa – in arabo, lo stesso Mosè, profeta comune, come tutti quelli
dell’Antico Testamento, a tutti e tre i monoteismi – E’ Pino Petruzzelli, anche regista, che oltre ad una
recitazione fatta soprattutto di ben dosati silenzi, impreziosisce il testo di Paola Cariddi, raffinato e di
qualità letteraria anche di per sè stesso – una regia efficace e accurata, dove ogni oggetto diventa non solo
arredo ma anche strumento scenico, che la Nura interpretata da un’ottima Carla Peirolero utilizza
ampiamente, così come tutto lo spazio del palcoscenico, per moltiplicare l’emozione nel pubblico.
Si compie con questo spettacolo il percorso iniziato con il reading omonimo al Festival SUQ – diretto dalla
Peirolero – dello scorso anno, che riesce, attraverso un lavoro in cui non un dettaglio è fuori posto, a far
sentire parte ciascuno dove tutto si fa contemporaneamente individuale e assoluto, nelle vicende della città
paradigma, che raccoglie tutte le altre e assomma in sè ogni opposto e ogni scontro insieme a ogni speranza
di un futuro possibile dopo la tragedia, la guerra, la morte, la solitudine.
Una città che esiste soltanto per chi viene da fuori, ma che per i suoi abitanti non è più.
Così come Sidone Sidùn, che Nabil, in una apoteosi emotiva e dando mostra di tutte le sue doti vocali –
regala al termine delllo spettacolo salutando il pubblico della Liguria con le parole del suo figlio più amato e
celebre, quel Fabrizio de Andrè che dopo l’assedio della città da parte del generale Sharon nel 1982 diede
voce allo strazio di un padre arabo sul corpo del figlio maciullato dai cingoli di un carro armato. «tûmu duçe
benignu de te muae…e oua grûmo de sangue, ouëge e denti de laete»
Un figlio a cui però il padre ha una rassicurazione, da fare: «ciao, mæ nìn», gli dice, bambino mio. L’eredità è
nascosta, al sicuro. Anche nella città che brucia, in quella che sembra la fine e la più nera delle notti.
E così Nura – ed ecco che il cerchio si chiude – non se ne va soltanto per stanchezza e dolore.
Parte perchè nella sua città ci sono Sarah e Mohamed, israeliana lei, musulmano lui. Che vogliono vivere e
guadagnarselo, insieme.
E perchè questo succeda bisogna che le generazioni dei nemici lascino spazio, perchè se anche il tempo non
si ferma, quei ragazzi «è ora di lasciarli liberi».