I Don`t Want To Sleep Alone
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I Don`t Want To Sleep Alone
NON VOGLIO DORMIRE DA SOLO (I Don’t Want to Sleep Alone) HEI YAN QUAN Il IX° film di TSAI MING-LIANG In co-pruduzione con Soudaine Compagnie, Homegreen Films New Crowned Hope Festival Vienna 2006 con la partecipazione del Centre National de la Cinématographie G.I.O of Republic of China Questo film fa parte del Festival New Crowned Hope Prodotto dal Wiener Festwochen Vienna Mozart Year 2006 Sponsor principali: Telekom Austria, JCDecaux www.newcrownedhope.org VENDITE INTERNAZIONALI UFFICIO CENTRALE VENEZIA 77 – 79 Veemarkt 1019 DA Amsterdam Olanda Tel: +31 20 627 3215 Fax: +31 20 626 1155 E-mail: [email protected] Hotel Des Bains Lungomare Marconi 17 30126 Lido di Venezia, Italia Tel: +39 041 526 5921 Fax: +39 041 526 0113 E-mail: [email protected] www.fortissimofilms.com UFFICIO STAMPA INTERNAZIONALE LONDRA VENEZIA 192-198 Vauxhall Bridge Rd Room 114 (piano terra), Hotel Excelsior Lungomare Marconi, 41 30126 Venezia Lido Tel: +39 041 526 8440, +39 041 276 0212, +39 041 526 2425 Fax: +39 041 526 7276 Londra SW1V 1DX Gran Bretagna Tel: +44 207 932 9800 Fax: +44 207 932 4950 E-mail: [email protected] www.ddapr.com UFFICIO STAMPA PER L'ITALIA Studio PUNTOeVIRGOLA Olivia Alighiero, Flavia Schiavi Via Leone IX, 4 00165 Roma, Italia Tel: +39 06 39 38 89 09 Fax: +39 06 63 70 218 E-mail: [email protected] TROUPE Regia Sceneggiatura Fotografia Luci Suono Montaggio Scenografia Costumi Produzione malese TSAI Ming-Liang TSAI Ming-Liang LIAO Pen-Jung LEE Long-Yu TU Duu-Chih TANG Shiang-Chu CHEN Sheng-Chang LEE Tian-Jue GAN Siong-King SUN Hui-Mey Paperheart SDN BHD Produttori Bruno PESERY Vincent WANG Produttori esecutivi Simon FIELD, Keith GRIFFITH - Illuminations Films for New Crowned Hope Wouter BARENDRECHT, Michael J. WERNER - Fortissimo Films INTERPRETI PRINCIPALI CHEN Shiang-Chyi LEE Kang-Sheng Norman ATUN Pearlly CHUA la cameriera della sala da tè l’uomo vagabondo (Hsiao Kang) e l’uomo in coma Rawang la proprietaria della sala da tè © 2006 Homegreen Films/Soudaine Compagnie Redattore del materiale promozionale Tony Rayns SPECIFICHE TECNICHE Taiwan, Austria, Francia 35mm Eastman Color Dolby SR Durata: 118 minuti Formato: 1:1,85 SINOSSI Girando senza meta per le vie di Kuala Lumpur il vagabondo Hsiao Kang si imbatte in una banda di impostori i quali lo derubano e lo malmenano in modo brutale dopo averlo trovato senza soldi, né documenti e approfittando del fatto che non parla la lingua. Mentre giace ferito a terra viene notato e portato a casa da un gruppo di lavoratori del Bangladesh. Uno di loro, Rawang, lo lascia dormire accanto a sé su un vecchio materasso che ha trovato per strada. Egli comincia a provare uno strano senso di calma ed appagamento nell’accudire il corpo ferito di Hsiao Kang. È a causa del fatto che può finalmente permettersi un materasso – pur vecchio, sporco e malmesso che sia - o è a causa del fatto che da ora c’è finalmente qualcuno che dorme al suo fianco – seppur solo un estraneo? Anche Chyi, che serve ai tavoli di una piccola sala da tè, sta accudendo qualcuno: il figlio in coma della sua padrona, il quale vegeta in un letto. Chyi ha sempre provato disprezzo per questa sua odiata vita, ma all’incontro con Hsiao Kang il suo corpo si riempie di desideri lascivi. Sarà proprio la difficoltà di trovare un posto dove fare del sesso con lui, che la porterà ad aver coscienza di quanta poca libertà dispone. Non appena Hsiao Kang si rimette in salute, si ritrova preso tra Rawang e Chyi, implorante attenzione come un gatto randagio, eppure ugualmente in grado di volar via libero come una bellissima falena regina. Anche la padrona di Chyi, ancora avvenente nonostante l’età, inizia a sviluppare sentimenti di lascivia verso il giovane corpo di Hsiao Kang, trovandolo sempre più somigliante al figlio che continua a vegetare nel letto. Nel frattempo una fitta foschia avvolge la città, che è così umida da trasudare del sudore della sua popolazione multietnica. Uomini, donne e materassi che si perdono nella foschia, ma che forse si ritrovano fra loro. NOTE DEL REGISTA Questa è la prima volta che giro un film nel mio Paese natale, la Malesia. Avevamo scoperto uno straordinario posto per girare un esterno vicino al Penitenziario di Pudu a Kuala Lumpur. Si tratta di un enorme edificio abbandonato. Nei primi anni ’90, come parte del suo sviluppo economico, il governo malese aveva attirato un gran numero di lavoratori stranieri da impiegare nei suoi numerosi progetti di costruzione. Uno di questi era costituito dalle due torri gemelle Petronas, all’epoca l’edificio più alto del mondo. Alla fine degli anni ’90, molti di questi progetti vennero però abbandonati a causa della crisi economica in Asia. I lavoratori provenienti dai paesi più poveri si ritrovarono disoccupati da un giorno all’altro e senza possibilità di tornare indietro; molti dovettero cominciare a vagare per nascondersi, diventando bassa manodopera illegale. Tale edificio è un residuo di quell’epoca. Entrando, rimanemmo sorpresi di quanto grande fosse all’interno. Sembrava quasi un teatro dell’opera post-moderno. Al centro trovammo una profonda pozza d’acqua scura (probabilmente acqua piovana lì accumulatasi). Mi fece pensare al Flauto Magico di Mozart. L’eroe, la principessa, gli spiriti e i mostri avrebbero potuto fare di questa giungla di cemento il loro palcoscenico. Mi fece pensare anche ad alcuni versi del poeta cinese Bei Dao: Andiamo, Poiché non abbiamo perso il ricordo, Andiamo a cercare il lago della vita. Prima di cominciare le riprese, avevo incontrato un giovane indovino. Mi riconobbe anche se non sapeva quale film mi accingevo a girare. Inaspettatamente mi disse che nel mio nuovo film ci sarebbe stata una pozza d’acqua scura, come un ricordo molto profondo, e che quando avessi trovato la pozza, il mio film avrebbe potuto trovare la sua giusta conclusione. Tsai Ming-Liang (2006) IL PROBLEMA DEL SOTTOPROLETARIATO DA UN’INTERVISTA A TSAI MING-LIANG Come mai un film ambientato in Malesia questa volta? Ero tornato a Kuala Lumpur nel 1999 e per la prima volta avevo sentito l’inquietudine di quella città. L’allora Primo Ministro Mahatir aveva destituito Anwar dalla sua carica di vice Primo Ministro, denunciandolo per diversi reati, tra cui corruzione e uno scandalo a sfondo sessuale; Anwar venne giudicato colpevole e fu condannato a diversi anni di prigione. Il partito d’opposizione, in risposta, organizzò delle imponenti proteste di strada e la polizia dovette far uso dei gas lacrimogeni per disperdere i dimostranti... In quel periodo era impossibile non notare l’ingente numero di lavoratori stranieri che vagabondavano per le strade di Kuala Lumpur. Erano stati attirati dal boom economico della metà degli anni ’90 e ora avevano perduto tutto – anche i loro sogni – con il crollo dell’economia. Provai pietà per loro. Come loro, anch’io avevo abitato e lavorato all’estero per molti anni. Quindi ebbi l’idea di fare un film su di loro, sul sottoproletariato sociale che essi rappresentavano. Tuttavia, a causa di motivi finanziari, dovetti allora abbandonare il progetto. Perché Kuala Lumpur invece della zona rurale in cui era cresciuto? Sono nato a Kuching, relativamente più piccola e tranquilla di Kuala Lumpur, ma sarebbe difficile definirla una zona rurale. Kuala Lumpur mi sembra più interessante in quanto attrae chiunque, non solo gente da altre parti della Malesia, ma lavoratori da altri Paesi. Ciò la rende un’interessante miscela sociale multietnica. La Malesia è affascinante per chiunque sia interessato al sottoproletariato dei lavoratori immigrati. La Malesia stessa esporta in grande quantità manodopera in Paesi maggiormente sviluppati, come Singapore o il Giappone, mentre, allo stesso tempo, dà lavoro a gente proveniente da Paesi più poveri, come il Indonesia. E in effetti il Indonesia può a ben ragione esser considerato il Paese con il maggior numero di lavoratori emigranti, tutti privati di una loro identità personale e in cerca di una nuova. Lei è noto per far continuare a vivere i suoi personaggi da un film all’altro, ma i personaggi interpretati qui dai suoi attori usuali, Lee Kang-Sheng e Chen ShiangChyi, non sono quelli che gli abbiamo visto interpretare in passato... Quando il disegnatore dei poster pubblicitari dei miei film ha visto il film, la prima cosa che mi ha detto è che Hsiao Kang sembrava praticamente uscito fuori dal Fiume! In ogni caso ha ragione, questa volta ho volontariamente spinto i due personaggi principali in un mondo estraneo e sconnesso, un mondo in cui loro occupano il gradino più basso della scala sociale e in cui la lingua e la cultura sono altamente sconosciute. Qui vengono facilmente riconosciuti come stranieri ma nessuno si preoccupa mai di sapere da dove essi provengano. Durante le riprese del film a Kuala Lumpur, un operatore locale della troupe, una volta, mi ha chiesto perché riprendessi questo tipo di gente e il loro ambiente piuttosto che ignorarli, così come fanno tutti. Gli ho risposto che lo facevo perché questa gente non è “invisibile”. Dovrebbe essere notata, non ignorata. Ma è certo che nessuno si sognerebbe mai di definirLa un regista socio-realista e il suo approccio a questi personaggi è ben lontano dalla critica sociale convenzionale... Di certo sono interessato all’esclusione sociale di questo sottoproleriato, ma non ero partito con l’idea di fare un film incentrato sui problemi di classe. L’unico personaggio abbiente, almeno nel senso che si trova nella posizione di assumere altra gente a lavorare per lei, è la padrona della sala da tè – e in ogni caso anche lei non ha una posizione così stabile, come possiamo vedere quando il figlio tenta di vendere il locale. Non era mia intenzione neppure concentrarmi sulle diverse etnie della società malese. Piuttosto, sono tornato indietro ai simboli a me più familiari per raccontare la storia in un modo metaforico. È un fatto che i poveri lavoratori immigrati tendano a perdere la loro identità. Eppure, chissà? Forse proprio la loro posizione di impotenza potrebbe portarli verso un’identità completamente nuova. Pensa che nel Suo film sopravviva qualche traccia dello scandalo di Anwar Ibrahim? Non dimentichi il materasso! Durante il processo ad Anwar per lo scandalo a sfondo sessuale, il materasso che fu portato in aula a testimonianza dei fatti lasciò una profonda impressione nella mente della gente. Inizialmente avevo pensato di usarne uno più moderno, a molle, ma poi ho trovato questo tipo più vecchio in un motel a buon mercato. È grande, pesante, sporco e piuttosto puzzolente, ma è visto come fosse un tesoro dai poveri. Lei non specifica l’etnia del terzo personaggio principale del film, l’uomo che si prende cura di Hsiao Kang fino a riportarlo in salute. Inizialmente avevo pensato a quel personaggio come originario dell’India o del Bangladesh e abbiamo fatto provini a centinaia di Indiani e Bangladesi ma senza trovare una persona adatta al ruolo. Poi mi sono ricordato di un tipo che avevo incontrato camminando per un mercato notturno locale. Era un venditore di frittelle al mercato e aveva l’aria di un lavoratore straniero. Tra l’altro aveva un bell’aspetto e così mandai un assistente a contattarlo. L’assistente mi chiamò al telefono: “Niente da fare! È malese, non indiano, e ha una brutta dentatura!” Lasciai cadere l’idea. Ma continuai a comprare frittelle da lui al mercato e a scambiarci qualche parola ogni tanto. Si chiama Norman e viene dalla campagna. Da piccolo aveva trascorso alcuni anni con suo padre in una foresta primitiva guadagnandosi da vivere con la raccolta di canne di bambù per fare mobili, bevendo acqua di sorgente e mangiando pesce fresco di fiume. A volte si imbatteva in qualche tigre, ma senza averne mai paura. Una volta cresciuto, si trasferì in città in cerca di una vita nuova e passò un po’ di tempo con un gruppo di lavoratori stranieri... più lo conoscevo, più lo volevo nel film. Gli spiegai la storia in linee generali, e lui la capì immediatamente. Lo misi davanti alla macchina da presa e recitò subito in modo molto naturale, come se la macchina da presa non ci fosse. Norman è musulmano e io inizialmente volevo un uomo indiano per girare magari delle scene erotiche con Hsiao Kang. Ma dal momento che avevo deciso di far interpretare il ruolo a Norman – e l’omosessualità è un grosso tabù per la religione islamica – dovetti ripensare la relazione tra i due uomini. Quali altri cambiamenti ha subito la sceneggiatura? Cinque anni fa, quando cominciai a scrivere la sceneggiatura, la mia attenzione era rivolta alla vita dei lavoratori stranieri in un momento di inquietudine sociale. La sceneggiatura però rimase incompleta e quando la ripresi in mano la mia attenzione si era spostata sul concetto di libertà. Ognuno di noi ha a disposizione un determinato arco di tempo nella vita e un corpo impermanente. Quando possiamo dirci veramente liberi? Le prime scene che ho girato sono state quelle che ritraggono Norman mentre mette Hsiao Kang sul quel materasso trovato per strada e lava con cura il suo corpo ferito. Mi sono commosso nel guardare quei movimenti così semplici e così dettagliati di Rawang e improvvisamente ho avuto una rivelazione. Quei gesti così quotidiani, sinceri e minuziosi erano andati a sostituirsi alla necessità di articolati dialoghi complicati e sentimentali. Fu allora che decisi di semplificare enormemente la sceneggiatura. Il luogo dove sono stati girati la maggior parte degli esterni, l’edificio abbandonato in cui dormono i senzatetto, è piuttosto impressionante. L’ha trovato così com’è o ha dovuto riadattarlo? I lavori di costruzione dell’edificio erano stati interrotti nel 1999 e tutto il cantiere era stato sigillato con pali e chiodi, per questo non avevo avuto la possibilità di entrarvi all’epoca. Quando siamo tornati a Kuala Lumpur per iniziare la pre-produzione del film ho avuto modo di accedervi e sono rimasto sbalordito nel vedere tutto il piano seminterrato inondato in quel modo. No, non abbiamo cambiato nulla. L’abbiamo solo illuminato. Può spiegarci come mai è così preoccupato dalla metafora della “malattia”? Qualunque spiegazione di cosa significhe la “vita” deve fare i conti anche con la “malattia”. Entrambi i personaggi interpretati da Lee Kang-Sheng nel film sono “malati”. Uno è praticamente paralizzato in uno stato vegetativo. L’altro è il vagabondo, che viene assistito e curato fino a rimettersi completamente in salute dopo essere stato picchiato e lasciato per terra mezzo morto. Nel caso di questo secondo personaggio, qualcuno che potrebbe essere il sogno di sé stesso nella mente del primo, volevo che venisse rappresentato nel suo passare attraverso un tunnel. C’è un po’ come un senso di rinascita per lui – come un ritorno alla sua infanzia, nel momento in cui viene nutrito ed assistito. Ritengo che questo tipo di relazione interpersonale – quella tra chi si prende cura di qualcuno e la persona fatta oggetto di tali cure – sia la relazione interpersonale più meravigliosa al mondo. Un amore assoluto, un “dare-avere” incondizionato. E poi anche il nostro cieco inseguimento del progresso e dello sviluppo ha dato luogo già da lungo tempo alla malattia del mondo. Quindi l’improvviso smog non è un sintomo senza causa. I personaggi interpretati da Lee Kang-Sheng nei suoi film non sono mai stati molto energici (almeno fino a “Rebels of the Neon God”), ma l’uomo senza casa che interpreta qui sembra interamente passivo. Come mai? Penso che il vagabondo Hsiao Kang somigli molto alla grossa falena che a un certo punto gli si posa sulla spalla. Egli rappresenta una certa idea di libertà, un’idea che probabilmente non esiste nel mondo reale. La sua è una passività “aperta”. Tutti gli altri personaggi ritrovano sé stessi solo dopo essere entrati in contatto con lui. Prendersi cura di Hsiao Kang aiuta l’uomo malese a rendersi conto dei propri bisogni e desideri. Ed è grazie all’incontro con Hsiao Kang e al desiderio che prova verso di lui che Chyi arriva ad aver coscienza della situazione di oppressione in cui vive. Sognamo tutti di aver qualcuno vicino di notte quando dormiamo. Nella mia mente risuona un detto cinese che fa: è nei momenti di difficoltà che ci si deve ritrovare e confortare l’un l’altro pur con i pochi mezzi che si hanno a disposizione (detto di pesci che si bagnano l’un l’altro con la propria saliva per sopravvivere ad un’estate torrida che ha prosciugato tutta l’acqua di una sorgente). Da un’intervista condotta da Tony Rayns (Taipei, luglio 2006), tradotta da Jane Yu FILMOGRAFIA DEL REGISTA 1992 1994 1996 1998 2001 2002 Rebels of the Neon God Vive L’amour Il fiume Il buco Che ora è laggiù? The Skywalk is Gone Arrivederci, Dragon Inn 2004 Il gusto dell’anguria 2006 A nessuno piace dormire da solo NEW CROWNED HOPE Il festival New Crowned Hope è stato inaugurato e finanziato dalla città di Vienna nell’ambito del Wiener Mozartjahr 2006, dando al direttore artistico Peter Sellars la possibilità di creare una celebrazione di nuovo tipo per il 250° anniversario del compositore austriaco. Piuttosto che creare lavori su o di Mozart, Sellars commissiona lavori completamente nuovi a artisti contemporanei internazionali nei campi di musica, teatro, danza, architettura, arti visive e cinema. L’obiettivo del festival New Crowned Hope è usare temi mozartiani come ispirazione e trampolino per opere contemporanee che si interroghino su temi cruciali per questo nuovo secolo. Assieme ai produttori esecutivi di Illumination Films Simon Field e Keith Griffiths, Peter Sellars ha chiamato sette registi di culture non-occidentali a partecipare al New Crowned Hope. www. newcrownedhope.org Alessandra Thiele - [email protected] t +43 699 1273 6217