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n° 349 - marzo 2011 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it Dell’Egitto dei faraoni e dell’Unità d’Italia Storie di uomini dal grande impegno patriottico che hanno dato un fondamentale contribuito alla nascita dell’archeologia moderna Ancor oggi, dopo migliaia di anni, il fascino dell’immensa cultura dell’antico Egitto, dei suoi enigmatici monumenti - le piramidi, gli obelischi, le sfingi - della sua religione e dei culti misteriosamente esoterici, ci continua ad ammaliare. Inizialmente, da quella terra sono state importate idee, divinità, usi, culti e costumi, col passare del tempo, nell’intento di rendere eterna quella civiltà carica di magia e di catturare il senso di mistero che la permea, sono state letteralmente asportate anche le testimonianze materiali. Tutto ciò che era possibile trafugare, dagli oggetti ritrovati nelle tombe riportate alla luce ai grandi obelischi, raggi di sole pietrificati dedicati al dio Ra, veniva portato via. È stata la Roma degli imperatori che, magicamente ammaliata da quel mondo, ha dato inizio a una impressionante raccolta e a una conseguente trasformazione dell’Urbe e delle zone circostanti. Attraverso l’incetta di originali o di manufatti egittizzanti realizzati a imitazione, è riuscita a fare di se stessa una delle città più egizie del mondo. Lo stesso fascino ha con- sopra Frammento parietale del dio Osiride - Museo Egizio di Firenze a lato Sarcofago antropomorfo femminile dalla Valle delle Regine - Tebe tagiato il Medio Evo come poi il Rinascimento, quando l’interesse per la mistica orientale è diventato quasi morboso per quel suo alludere a una sapienza anteriore, tanto che i reperti provenienti da quelle terre diventavano oggetto di contesa tra nobili e intellettuali. L’attrazione verso l’Egitto non è diminuita nel XVII e XVIII secolo, ma è principalmente nell’Ottocento che l’interesse ha ripreso vigore al punto che, dall’Europa e in particolare dall’Italia, sono partiti moltissimi avventurosi pionieri per perlustrare ogni centimetro delle sabbie di quella terra alla ricerca di quanto ancora sopravviveva. La moda dell’Egitto aveva, infatti, ricevuto un nuovo impulso dall’omonima campagna napoleonica e dalla divulgazione di varie pubblicazioni di interesse archeologico, a volte anche folcloristicamente fantasiose. I primi due decenni sono gli anni delle grandi discussioni sulla decifrazione dei geroglifici, conclusa con la brillante scoperta, nel 1822, di JeanFrançois Champollion: grazie alla trilingue Stele di Rosetta ritrovata dalle truppe napoleoniche, riuscì infatti a decifrare la scrittura egizia. Subito dopo, tra il 1828 e il 1829, con l’aiuto del pag. 2 suo allievo Ippolito Rosellini, ha organizzato la spedizione FrancoToscana (finanziata da Carlo X per la Francia e Leopoldo II per la Toscana) alla ricerca di ulteriori elementi di studio e di verifica. La rivelazione è stata rivoluzionaria perché ha consentito di sostituire l’approccio variamente esoterico con un metodo più consapevole e scientifico, potendo finalmente leggere i monumenti senza più doverli immaginare. Per l’Italia questa spedizione è diventata lo spartiacque fra la pre-egittologia e l’egittologia come disciplina scientifica, anche se non ha spento completamente il vecchio spirito di collezionismo e dilettantismo. In quel periodo tutta l’Europa era invasa dall’egittomania, ma per quel che riguarda la situazione italiana bisogna ricordare la particolarità, pressoché unica, di essere già in possesso di un cospicuo patrimonio di reperti raccolti fin dall’epoca romana. La mostra che si terrà a Orvieto fino al prossimo ottobre Il fascino dell’Egitto guarda proprio verso l’impegno degli italiani che hanno partecipato a quelle memorabili missioni archeologiche intorno al Nilo, a volte travolti dallo spirito di avventura, a volte attratti da facili guadagni o da intenzioni storico scientifiche. I protagonisti della “corsa in Egitto” sono stati uomini che spesso hanno avuto un personale interesse nel commercio antiquario, tanto che alcuni di loro sono riu- sciti a creare le basi per la costituzione di altrettanti musei, il piemontese Bernardino Drovetti, per esempio, console di Francia in Egitto, è riuscito a mettere insieme una cospicua collezione che, venduta ai Savoia, è oggi la base su cui si fonda il museo Egizio di Torino. Oppure Giovanni Battista Belzoni, che mise insieme per il suo committente Henry Salt il nucleo fondante della collezione egizia del British Museum. Belzoni è sicuramente il più famoso e affascinante egittologo italiano: è stato il primo ad entrare nella piramide di Chefren, dove non esitò a scrivere a caratteri cubitali nella sala del sarcofago “scoperto da G. Belzoni 2 marzo 1818”, e nel tempio rupestre di Ramses II ad Abu Simbel, colui che ha trovato l’ingresso di sontuose tombe nella Valle dei Re, oltre a restare nella storia per il suo particolare carattere rude e impetuoso e diventare così fonte di ispirazione per personificazioni cinematografiche come Indiana Jones. Ma sono tante le storie degli italiani che si sono impegnati in Egitto e che è doveroso citare, come quella del patriota risorgimentale Luigi Vassalli, colui che per passione politica è arrivato esule in Egitto per diventare un collaboratore del grande ricercatore francese Auguste Mariette e un valente archeologo nell’ambito del Servizio di Antichità egiziano come ispettore agli scavi, e al quale si Modellino di sarcofago porta Ushabty - Torino, Museo Egizio Modello di imbarcazione - Torino, Museo Egizio devono numerose iniziative nel campo della nascente egittologia. Ma anche quelle di Carlo Vidua e Giuseppe Acerbi, entrambi personaggi di rilievo della ricerca italiana. E per finire, alla figura di Ernesto Schiaparelli la mostra di Orvieto dà ampio rilievo per cercare di rendere merito alla grandezza di un uomo che va ricordato per gli illuminati contributi culturali, per lo spessore delle sue ricerche e per essere al tempo stesso coinvolto in un numero incredibile di opere umanitarie. Un grande egit- pag. 3 tologo - tra le sue scoperte la Tomba di Nefertari e la sepoltura dell’architetto reale Kha primo Sovrintendente Accademico delle Scienze e dei Lincei, promotore ed artefice delle fortune del Museo Egizio di Torino, nonché fondatore di importanti istituzioni benefiche. Nell’esaltare la meraviglia della cultura egizia attraverso le opere esposte, il sottotitolo della mostra, Il ruolo dell’Italia pre e post-unitaria nella riscoperta dell’antico Egitto, evidenzia, inoltre, il ta- glio che gli studiosi hanno voluto dare. Le storie dei protagonisti delle missioni infatti, spesso si sono intrecciate con le attività risorgimentali e, non è un caso, che in occasione del centocinquantesimo anniversario dell’Unità nazionale vengano presentati i risultati dell’indagine sulle collezioni italiane e dell’analisi del ricco legame tra le esplorazioni archeologiche e l’impegno speso per la costruzione dell’Unità. francesca bardi Particolare della tomba di Seti I Tavola da “Narrative of operations and recent discoveries within the pyramids, temples, tombs, and excavation, in Egypt and Nubia” di G. Belzoni Veduta della Sfinge e della piramide di Chefren