I Giorni de L`Avana. Un viaggio - Parte 2

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I Giorni de L`Avana. Un viaggio - Parte 2
marina monego
I Giorni de L'Avana. Un viaggio - Parte 2
17 maggio 2016
L’Avana ha il fascino della grandi città e, come dicevo, grossi contrasti. Sembra lo scenario giusto per
qualche film o romanzo di spionaggio.
Pullula di turisti come tutta Cuba in questo periodo: italiani, canadesi, nordici, sudamericani. Forse
tutti temono che a breve Cuba si globalizzi e vogliono vederla in questa versione. Sostanzialmente
Castro l’ha tenuta come ai tempi della rivoluzione e ne ha fatto un unicum e una spina nel fianco degli
americani.
Come tutti i turisti di batteria un po’ vediamo quello che si vuol mostrarci, un po’curiosiamo per conto
nostro.
Notiamo edifici pregevoli in stile coloniale, alcuni coloratissimi (azzurro, giallo, verde, bianco), altri
fatiscenti e invocanti restauro. Molti bei palazzi, requisiti durante la rivoluzione, sono stati trasformati
in appartamenti, si nota la biancheria stesa ad asciugare. I cubani sono proprietari delle case in cui
abitano, possono venderle o scambiarle con altri connazionali, ma non possono vendere agli stranieri.
Non ho visto agenzie immobiliari, ma solo cartelli: “Se vende esta casa”.
Senza riportare notizie facilmente reperibili in una guida turistica mi limito ad alcune osservazioni su
quel poco che ho visto. Molto non sono riuscita a vederlo come avrei desiderato.
Famosissima è l’enorme Plaza de la Revolutìon, adatta alle grandi adunate di regime. Di per sè è una
spianata circondata da orribili casermoni nel più bieco stile sovietico, grigi e spenti, con obsoleti
condizionatori che sporgono da ogni fnestra. Sono sedi di ministeri e del governo, il volto più
ingessato del potere, veri templi della burocrazia. L’unico aspetto originale è dato dai tre memorial. Il
primo è il Memorial José Martì, iniziato nel 1926 e completato un anno prima dell’inizio della
rivoluzione. Si tratta di un’altissimo obelisco di marmo di 139 metri con la base a forma di stella.
Vicino al basamento c’é una statua di 17 metri di Josè Martì, in atteggiamento pensoso.
Di fronte a Martì, sul lato nord, c’é il Memorial Ernesto “Che” Guevara, l’eroe nazionale più famoso di
Cuba, che però era di origini argentine. Si tratta di una riproduzione in acciaio di una famosissima
fotografia del Che “Guerrilero Heroico”, scattata da Alberto Korda “Gutierrez”. È il Che riprodotto sulle
magliette.
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La scultura, realizzata nel 1993 con acciaio donato dal governo francese, occupa una parete del
ministero degli Interni. Sotto il ritratto la scritta “Hasta la victoria siempre”.
Sul lato est della piazza infine c’é il memorial Camilo
Cienfuegos, realizzato nel 2009 di fronte al Ministero dell’Informatica e delle Comunicazioni. Lo stile è
lo stesso della figura del Che, con sotto la frase “Va bien, Fidèl”, che si riferisce alla risposta data da
Cienfuegos alla domanda “Come sto andando?” fatta da Castro durante le celebrazioni per la vittoria
rivoluzionaria, l’8 gennaio 1959.
Camilo Cienfuegos è stato uno dei principali protagonisti della Rivoluzione cubana. Nato nel 1932 a
L’Avana da genitori spagnoli anarchici, non visse nel benessere, tanto che dovette interrompere gli
studi alla Escuela National de Belles Artes per mancanza di denaro e iniziare a lavorare come
apprendista nel negozio El Arte de L’Avana. Cienfuegos si impegnò attivamente nel movimento
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studentesco clandestino contro Fulgencio Batista e rimase ferito durante una protesta nel 1955. Poco
dopo lasciò Cuba per gli Stati Uniti e poi per il Messico, dove incontrò Castro e si unì a lui e alla sua
spedizione rivoluzionaria. Si racconta che l’imbarcazione Granma (tra l’altro l’originale è esposta al
Museo de la Revolution a L’Avana), pronta a salpare dal Messico verso Cuba, fosse già a pieno carico
di uomini e che a Cienfuegos fu garantito un passaggio solo all’ultimo momento perché, magro
com’era, il suo peso non avrebbe influito nella navigazione.
Sopravvissuto alla disastrosa battaglia iniziale, Cienfuegos divenne uno dei principali generali
dell’esercito castrista ed ebbe il grado di comandante. Dopo la rivoluzione, Cienfuegos continuò ad
avere un ruolo militare, sedando sommosse anti-Castro. A un anno dalla vittoria, il 28 ottobre 1959, il
suo aereo scomparve in mare durante un volo da Camaguey all’Avana. Fu dichiarato morto, ma il
corpo non venne mai trovato e neppure i resti dell’aereo.
A parte i fasti rivoluzionari, la Plaza de la Revolution è vivacizzata dalle auto d’epoca, sono quelle
lasciate dagli americani quando se ne sono andati: enormi, coloratisime (rosa, lilla, rosse e bianche,
celesti, bicolori), vecchi modelli restaurati e riparati con mezzi di fortuna, visto che i pezzi di ricambio
sono introvabili. Costituiscono un vero monumento all’ingegno umano e all’arte di arrangiarsi che,
come avrò modo di constatare, il popolo cubano ha sviluppato al massimo per sopravvivere.
In genere queste auto sono proprietà privata, anche se i privati qui sono divorati dalle tasse più che
altrove, visto che lo stato tende a scoraggiare la libera iniziativa e ad accentrare tutto su di sè.
In questi ultimi anni c’é stata qualche apertura, sono stati inaugurati ristoranti non statali, i paladares
e anche i privati possono affittare parte delle loro case. Si tratta delle Case Particulares che
probabilmente consentono meglio degli hotel di conoscere la gente e di capire come vive. Sono certa
che mio figlio, se dovesse venire a Cuba, sceglierebbe questo tipo di alloggio.
Tormando alle auto d’epoca, abbiamo già scelto la nostra, è una Buick del ’59 di color lilla: è enorme,
sembra la Batmobile, è tenuta benissimo e ci accordiamo subito con il suo proprietario – un omino
basso di statura e dall’aria affidabile che si chiama Daniel – intendendoci un po’ in spagnolo e un po’
in dialetto veneto (ci sono vocaboli ed espressioni comuni tra le due lingue). Il mattino dopo verrà a
prendere noi e tre simpatiche signore piemontesi per scorazzarci per due ore in giro per L’Avana.
Sarà un’esperienza esaltante e molto divertente.
Nel frattempo un po’ in bus, un po’ a piedi L’Avana ci sfila davanti: il Campidolio (in restauro), il
teatro, un magnifico edificio ben tenuto, la Cattedrale, esempio di barocco cubano, la Chiesa di san
Francesco d’Assisi, la Plaza de Armes, la più antica dell’Havana Vieja, nucleo dal quale si andò
formando la città nella seconda metà del Cinquecento. Fu sede del governo dell’Avana per buona
parte del XVIII e XIX secolo. La piazza si sviluppa attorno a un un bel giardino centrale e presenta
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notevoli esempi di architettura coloniale. Il bordo esterno della piazza è costituito da tre vie lastricate
a mattoni e da una via con fondo in legno, lungo le quali ci sono bancarelle di libri vecchi e di oggetti
vintage, che paiono usciti dalle soffitte e dai magazzini dei cubani. Gli edifici restaurati fanno
un’ottima impressione, sono allegri e gradevoli e contrastano violentemente con le rovine e il degrado
che regna in altri.
Le strade avrebbero bisogno pure loro di qualche restauro, ma sono pulite, almeno nelle zone
turistiche.
Il nostro itinerario comprende anche la visita all’antica fabbrica di rum Bocoy, dalla quale usciamo con
una bottiglia di rum “Legendario” invecchiato sette anni. Nel bar dell’edificio un barman prepara il
cappuccino al rum, dando fuoco all’alcool, che sviluppa così una bella e pittoresca fiammata, molto
alta.
Non dimentichiamo Hemingway e passiamo dall’Hotel Ambos Mundos, dove è conservata la sua
camera, e una visita al mercatino di san Juan, una vasta area coperta, spudoratamente turistica, dove
ci comperiamo un cappello di paglia e vari altri oggetti.
Il Malecon ossia il lungomare de L’Avana appare battuto da flutti e vento, specie la sera, ma offre un
bel panorama, mentre il Parco del Morro-Cabana ci permette di avere una visione d’insieme della città
e di capirne la posizione strategica. Il Castello de Los Tres Reyes Magos del Morro detto El Morro è un
castello costruito tra il 1589 e il 1630 con l’intento di creare una base di artiglieria incrociata con il
Castello de San Salvador de la Punta, situato al lato opposto della baia, ma che non fu in grado di
respingere l’invasione degli Inglesi che, nel 1762, occuparono la città mantenendone il controllo per
sei mesi. I bastioni e i camminamenti ci riconducono a un’atmosfera di altri tempi.
Aldilà del percorso turistico stabilito però, mi piace ricordare qualche luogo scoperto in autonomia
girovagando, anche se pur sempre nelle zone centrali.
Scopriamo che in questa città, già attrezzata per il turismo, c’è tutto, ma a volte è nascosto. Basta
affacciarsi nell’androne di qualche palazzo coloniale (è un paese giovane, prima degli Spagnoli, che
dominarono dal Cinquecento, qui vivevano gli indigeni, i Tahino e i Siboney, dei quali purtroppo mi
pare sia rimasto ben poco), per scoprire un giardino, scorci pittoreschi, loggiati…oppure rovine e
calcinacci. La città pullula di mostre d’arte moderna, piccoli musei svariatissimi, case coloniali con i
loro arredi e suppellettili originarie. Una di queste è la casa de la Obra Pia, una vasta dimora
seicentesca, con un bel patio centrale, abidita a museo. È molto interessante, perché ha conservato
gli oggetti originali: mobili, suppellettili, vasellame, ventagli delle signore custoditi in un mobile con
vetrina. Nessun sistema di allarme per la protezione degli oggetti, ma molte signore guardiasala. Lo
stato deve pur dare lavoro a tutti e credo che la manodopera costi poco.
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Girovagando per vie e viuzze scopriamo la moschea, la casa de Africa con mostra di oggetti africani e
la casa des Arabes, con una bella esposizione di pugnali cesellati in oro e argento. Gli oggetti esposti
in questi edifici sono in genere regali ricevuti da Fidel dai leader dei vari paesi in cui si era recato in
visita. Vi sono anche antiche farmacie con i loro arredi e i loro vasi pregiati.
L’esperienza più divertente fatta a L’Avana è sicuramente quella del giro con l’auto d’epoca. Puntuale
la mattina dopo, il nostro autista viene a prenderci all’hotel con la Batmobile lilla. Per fortuna è
coperta, perché il cielo è nuvoloso e io continuo ad avere il raffreddore e la tosse.
Come prima tappa ci conduce verso la periferia della città in uno dei luoghi più stravaganti che abbia
mai visto: è la casa-museo di José Fuster, un artista locale che si è divertito a creare un piccolo mondo
di sculture decorandolo con i cocci di vecchie piastrelle. Un mirabile esempio di riutilizzo oltre che di
fantasia. Ne è uscito un fantasmagorico paese in miniatura, dove il coccodrillo ha le scarpe, figure
umane occhieggiano, vi sono scale, tettoie, muri coloratissimi, un cavallino bianco e nero a quadretti
sul quale si può salire, una scacchiera con buffi sedili, arcate, decorazioni naturalistiche, addirittura
una Madonna con bambino.
È un posto incredibile, che altrimenti non avremmo visto mai.
L’impressione che i cubani siano estremamente creativi e amanti del colore troverà conferma lungo
tutto il viaggio, quasi ovunque si aprono mini gallerie d’arte con gli oggetti più strani.
La seconda tappa è il Giardino Botanico, che mi affascina per la vegetazione lussureggiante e la
maestosità degli alberi e dei relativi rampicanti, che da noi sono piante d’appartamento.
Infine la terza tappa è l’hotel National, un bell’edificio il cui salone d’ingresso ricorda la reggia di un
sultano. Le hall dei grandi alberghi e i loro giardini qui sono aperti al pubblico, cosicché questi palazzi
non risultano preclusi per sempre alla gente, come accade ad esempio per i palazzi veneziani, che
regolarmente perdiamo, una volta diventati alberghi.
Daniel è così abile da procurarci, per quella stessa sera, due biglietti per il Buena Vista Social Club,
che preferiamo al più scontato Tropicana, dove si è recata buona parte della nostra comitiva.
In realtà il locale, arredato in stile Far West e con bellissime ragazze a servire ai tavoli, si rivelerà
clamorosamente turistico. Buone però le due Pigna Colada (o altro a scelta) incluse nel prezzo. Ben
poco avrà in comune col Compay Secundo Buena Vista Social Club che ho visto esibirsi a Venezia,
nell’isola di san Servolo, durante una serata memorabile.
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Intanto, quella stessa notte, complice il venticello fresco notturno che soffia in città, mi viene un
febbrone che non riesco neanche a misurare , visto che ho lasciato il termometro a casa. Pazienza, ho
la Tachipirina. Mi perdo l’escursione del giorno dopo nella Valle di Vinales, ma faccio altre scoperte.
Acquisto un termometro tedesco in una farmacia per turisti e scopro che qui esistono ancora i
termometri a mercurio, banditi da anni in Italia, perché troppo inquinanti.
Scopro che i fazzoletti di carta a Cuba non esistono. Forse l’usa e getta sa troppo di consumismo
capitalista, di fatto non ne ho mai visti da nessuna parte. Per fortuna ho una buona scorta portata da
casa.
Infine, andiamo a Messa il sabato sera nella Iglesia de Jesùs de Miramar, vicinissima al nostro hotel. Si
tratta di un edificio enorme, del primo Novecento. Per un curioso effetto ottico e complice un edificio
costruito a lato della chiesa (la canonica?) sembra che ci siano i panni stesi su una terrazza
dell’edificio sacro. Sull’altar maggiore spicca un’inquietante statua di Gesù con i capelli neri
lunghissimi e una tunica rosso scuro con decorazioni dorate. Raramente ho visto raffigurazioni così
brutte di Gesù, fa quasi paura.
Capitiamo a una Messa speciale, si celebra infatti un doppio Battesimo: mamma e bambino in età
scolare. Sicuramente sono presenti i bambini di catechismo con le loro catechiste, ma sono davvero
pochi! Mi chiedo come sia l’attività pastorale qui, quali difficoltà ci siano, quanto si sia liberi di parlare.
Qui vantano libertà religiosa, in effetti ho visto la moschea, so che c’è la sinagoga e ho visto anche
alcuni iniziati alla santeria in tunica bianca e con vistose collane. Sarebbe interessante parlare col
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parroco, ma noi non sappiamo lo spagnolo…ci vorrebbe uno dei nostri figli a farci da interprete. Prima
di uscire, a Messa conclusa, noto un cartellone su padre Pio realizzato dai bambini di catechismo.
Scopro anche che, la domenica, le piscine degli hotel per turisti sono aperte anche al popolo. Mi
sembra giusto. La piscina del Quinta Avenida si popola così di qualche famigliola cubana che si gode
un po’ di relax. Le bambine soprattutto sono vezzose e bellissime, dotate di grande grazia. Finalmente
un po ‘di gioventù, in generale i cubani mi paiono un popolo giovane.
Marina Monego, maggio 2016
Per materiale iconorafico rinvio a mio marito:
https://www.facebook.com/daniele.ricapito?fref=ts
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