I rifugi: la normativa - Fondazione Montagna Sicura
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I rifugi: la normativa - Fondazione Montagna Sicura
4. I rifugi: la normativa La materia dei rifugi è stata in origine disciplinata dal Testo organico delle norme sulla disciplina dei rifugi alpini (D.P.R. 918/1957), superato dalla legge quadro sul turismo (L. 217/1983) che classifica i rifugi come strutture extra-alberghiere e li definisce “locali idonei ad offrire ospitalità in zone montane di alta quota, fuori dai centri abitati”. La legge quadro demanda poi alla normativa regionale la determinazione dei criteri per la classificazione delle strutture, ma spesso questa opportunità non è stata recepita. A livello nazionale non esiste, però, una normativa che disciplini in modo unitario la materia rifugi, relativamente a tutti gli aspetti interessati dalla gestione di una struttura ricettiva, talvolta atipica rispetto a strutture ricettive poste non in quota. I rifugi, pertanto, si trovano, spesso, ad essere assimilati a strutture di bassa quota, con le difficoltà conseguenti legate al rispetto dei principali obblighi. Un’analisi delle situazioni regionali descrive una realtà non molto differente, per cui, anche nel caso di regioni con una significativa presenza di rifugi, non sempre esiste una disciplina ad hoc per tali strutture. Un compendio della complessa materia rifugistica è stato approntato dal Club Alpino Italiano con il testo di Antonino Desi “Il rifugio alpino nel diritto turistico”, edito nel 1995, che contiene una panoramica sulla normativa di fonte statale ed un esame della legislazione ragionale, rappresentando, ad oggi, l’unico riferimento per avere un quadro giuridico omogeneo sul tema dei rifugi alpini, incentrato prevalentemente sulle problematiche connesse al diritto urbanistico, commerciale e tributario. Prendendo come base di partenza la succitata opera, obiettivo del presente lavoro è effettuare una raccolta aggiornata della normativa a livello nazionale e regionale. La normativa, che contempla anche quella interna del Club Alpino Italiano, è stata raccolta per aree specifiche, individuate sulla base dei principali obblighi cui è soggetto il rifugio (Allegato 10). Nella tabella 4.1 sono dettagliati i principali aspetti relativi a ciascuna area, per la quale è stata operata una raccolta della normativa nazionale di riferimento e di quella regionale di recepimento, ove presente. Va precisato che per molte materie si è in una fase di transizione in quanto, in data 3 aprile 2006, è stato pubblicato il nuovo Codice dell’Ambiente (D.Lgs. 152/2006) che riordina, coordina ed integra la legislazione in materia ambientale e sue misure di diretta applicazione. Rapporto finale - Capitolo 4: I rifugi: la normativa 139 Tabella 4.1: Materia aree normative AREA/MATERIA ASPETTI ESAMINATI TECNOLOGICA Produzione di energia Produzione di energia termica (impianti termici) Suolo Serbatoi interrati e Bonifica siti inquinati Approvvigionamento delle acque Concessione acque pubbliche anche per usi idroelettrici Gestione dei rifiuti Gestione rifiuti Scarichi idrici Gestione degli scarichi recapitanti e non recapitanti in pubblica fognatura Abbattimento inquinanti atmosferici Autorizzazione emissioni in atmosfera Edilizia e dotazione minima Principali obblighi connessi alla struttura (abitabilità, permesso a costruire/ D.I.A., abbattimento barriere architettoniche) ECONOMICO- FINANZIARIA Interventi a favore dei gestori e/o per le strutture Finanziamenti per investimenti nel settore turistico alberghiero, per la promozione dell’uso razionale dell’energia S ICUREZZA Prevenzione, sicurezza, soccorso Antincendio, sicurezza sui luoghi di lavoro, sicurezza impianti A REA GESTIONALE Definizione di rifugio alpino Definizione di rifugio alpino Ordinamento della professione di gestore di rifugio alpino e associazionismo Figura del gestore di rifugio Formazione Formazione legata al REC (Registro Esercenti il Commercio), formazione sostitutiva del libretto sanitario, in materia di igiene (HACCP) Disciplina dell’attività di gestione del rifugio Rapporti con altri soggetti operanti in ambiente montano Iscrizione REC, Autorizzazione sanitaria, igiene, pubblicità dei prezzi Maestri sci, guide turistiche, guida escursionistica naturalistica, ecc… S ISTEMI DI GESTIONE , MARCHI AMBIENTALI Interventi a favore dei rifugi per introduzione di sistemi qualità, sistemi di gestione ambientale, sicurezza, responsabilità sociale, marchi ambientali Finanziamenti per introduzione di sistemi volontari di qualità, qualità ambientale, sicurezza, etica e marchi A REA TURISMO E SVILUPPO Rapporto finale - Capitolo 4: I rifugi: la normativa 140 TERRITORIALE Promozione del turismo alpinistico/escursionistico Interventi per la promozione del turismo alpinistico/escursionistico L’analisi condotta ha fatto emergere un panorama normativo ampio, per il cui commento è necessario concentrarsi su alcuni aspetti salienti che mettano in luce la peculiarità di tali strutture. E’ opportuno iniziare la trattazione dalla definizione di rifugio. La legge quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell'offerta turistica, già citata in precedenza, recita: “sono rifugi alpini i locali idonei ad offrire ospitalità in zone montane di alta quota, fuori dai centri urbani”. Ogni regione, che ospita sul proprio territorio rifugi alpini, ha recepito tale normativa nazionale adattandola al proprio contesto. Le regioni che possiedono una normativa completa sono quelle appartenenti all’arco alpino, ovviamente in esse sono presenti molti rifugi e quindi le istituzioni hanno fatto in modo che questi fossero tutelati in maniera appropriata. Per quanto riguarda le altre regioni della penisola italiana, la situazione è differente, in molte non esiste una legge ad hoc in materia rifugistica e le strutture rispondono agli obblighi delle piccole medie imprese o delle normali strutture ricettive. Analizzando nel dettaglio le definizioni di rifugio alpino è possibile riportare alcuni esempi. In Piemonte, la legge regionale n. 31 del 15/04/1985 (Disciplina delle strutture ricettive extra-alberghiere) riporta: “Sono rifugi alpini le strutture idonee ad offrire ospitalità e ristoro ad alpinisti in zone isolate di montagna raggiungibili attraverso mulattiere, sentieri, ghiacciai, morene, o per periodi limitati anche con strade o altri mezzi di trasporto ed ubicate in luoghi favorevoli ad ascensioni ed escursioni”, in più, è presente la distinzione tra rifugio alpino e rifugio escursionistico, così definito: “Sono rifugi escursionistici o rifugi-albergo le strutture gestite da Enti od Associazioni senza scopo di lucro, statutariamente operanti nel settore dell'alpinismo e dell'escursionismo, idonee ad offrire ospitalità ad alpinisti ed escursionisti in zone montane di altitudine non inferiore a m 700 servite da strade o da altri mezzi di trasporto ordinari anche in prossimità di centri abitati”. Altro esempio significativo è la legge della Regione Valle d’Aosta n. 11 del 29/05/1996 (Disciplina delle strutture ricettive extra-alberghiere), che stabilisce: “Sono rifugi alpini le strutture ricettive ubicate in luoghi favorevoli ad ascensioni ed escursioni, idonee ad offrire ospitalità e ristoro ad alpinisti ed escursionisti in zone isolate di montagna raggiungibili attraverso mulattiere, sentieri, ghiacciai, morene o anche con strade non aperte al pubblico transito veicolare o mediante impianti a fune”. Ancora, il Club Alpino Italiano (CAI) definisce il rifugio alpino come struttura idonea ad offrire ospitalità o riparo ad alpinisti ed escursionisti in zone di montagna. Successivamente propone una classificazione per categorie delle strutture, divisione fatta in base all’accessibilità. Nella categoria A, sono ricompresi i rifugi raggiungibili con Rapporto finale - Capitolo 4: I rifugi: la normativa 141 strada rotabile o situati in prossimità di questa; nella categoria B le strutture raggiungibili con un mezzo meccanico di risalita o ubicati in prossimità dello stesso; nelle categorie C, D ed E i rifugi sono classificati in base alla situazione locale, alla quota, alla durata ed alla difficoltà di accesso. Dagli esempi riportati si deduce che la principale caratteristica enunciata nelle definizioni di rifugio alpino è la localizzazione. Questo aspetto si rintraccia in tutte le leggi regionali in cui si disciplina la struttura extra-alberghiera: “il rifugio alpino è collocato in zone di montagna di alta quota” (Friuli Venezia Giulia, L.R. n. 2 del 16/01/2002 - Disciplina organica del turismo), i rifugi sono “raggiungibili attraverso mulattiere, sentieri e strade forestali ed ubicati in luoghi favorevoli ad escursioni” (Emilia Romagna, L.R. n. 16 del 28/07/2004 - Disciplina delle strutture ricettive dirette all’ospitalità), o attraverso “ghiacciai, morene, per periodi limitati nell’anno” (Lombardia, L.R. n. 45 del 11/09/1989 - Disciplina delle strutture ricettive turistiche alberghiere complementari); risulta evidente come le caratteristiche dell’ubicazione dei rifugi siano le medesime in tutte le zone montane, la principale differenza è che in un caso si cataloga come rifugio anche la struttura raggiungibile con sciovie (provincia di Trento), negli altri casi questo non avviene. Entrando nel merito dei principali adempimenti legislativi, in relazione all’aspetto edilizia e dotazione minima (area tecnologica), per la costruzione e l’apertura di un rifugio è necessario espletare l’iter previsto in materia urbanistico-edilizia. Pertanto, è necessaria la licenza di abitabilità (D.P.R. 380/2001) che va richiesta al Sindaco e serve a documentare la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici, degli impianti, e la corrispondenza dell’opera al progetto presentato al Comune. La licenza è necessaria nei casi di strutture nuove, ricostruzione di edifici preesistenti, sopraelevazione o modificazioni che comunque possono influire sulla salubrità delle strutture esistenti. Inoltre, ove il rifugio sia localizzato in area protetta ai sensi della legge n. 394 del 6 dicembre 1991 (Legge quadro sulle aree protette) il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere è sottoposto al preventivo nullaosta dell’Ente Parco competente per quella area. Il rilascio del permesso a costruire è subordinato all’esistenza di opere di urbanizzazione primaria. Tuttavia, in relazione ai rifugi alpini, va tenuta presente la zona in cui s’intende costruirlo e la mancanza, ad esempio, di un acquedotto non va ad inficiare il rilascio dell’autorizzazione stessa. Restano comunque fermi i requisiti minimi tecnici ed igienicoedilizi relativi alla costruzione che deve avere carattere permanente e, prendendo in esame la normativa regionale, deve disporre di servizi igienici, rifornimento idrico, attrezzature per la sosta e la preparazione del vitto, di materiali di pronto soccorso, di impianto telefonico, di locali invernali di fortuna, di alloggiamento per il gestore. Le caratteristiche citate sono importanti anche per la definizione di rifugio alpino. Un esempio si può osservare nella L.R. n. 45 del 11/09/1989 (Disciplina delle strutture ricettive turistiche alberghiere complementari) della Lombardia che cita “la costruzione deve avere carattere permanente, essere ubicata in modo da garantire sicuro asilo e ricettività adeguata alla cubatura, ed essere realizzata con criteri razionali” e nella L.P. n. 8 del 15/03/1993 (Ordinamento dei rifugi alpini, bivacchi, sentieri e vie ferrate) della Rapporto finale - Capitolo 4: I rifugi: la normativa 142 Provincia di Trento “i rifugi alpini devono essere sufficientemente attrezzati con distinti locali per la sosta e ristoro e per il pernottamento”; in entrambi i casi, le leggi che definiscono l’edilizia e la dotazione minima sono le medesime che delineano le principali caratteristiche di un rifugio. In relazione all’abbattimento delle barriere architettoniche, all’art. 24 della Legge 104/1992, si parla di eliminazione o superamento delle barriere architettoniche per tutte le opere edilizie riguardanti edifici pubblici e privati aperti al pubblico, non escludendo quindi i rifugi. A livello regionale, la legiferazione in materia è poco corposa. Va menzionato quanto prevede la Provincia Autonoma di Trento all’art. 12 della legge provinciale n. 1 del 7/01/1991 che afferma l’applicabilità delle norme in materia di eliminazione delle barriere architettoniche agli interventi edilizi riguardanti i rifugi escursionistici di cui alla Legge provinciale n. 8 del 15/03/1993, ad esclusione di quelli non serviti da strade transitabili con mezzi meccanici o da funivie. L’esercizio dell'attività nei rifugi alpini è soggetta ad autorizzazione amministrativa da rilasciarsi dal Comune, previo accertamento della rispondenza della struttura alle norme di legge, tra cui il rilascio dell’autorizzazione sanitaria. Sempre per la disciplina dell’attività di gestione del rifugio, vi è, inoltre, l’obbligo di certificare, in caso di somministrazione di alimenti e bevande, il rispetto delle norme di tutela igienico-alimentare previste dal D. Lgs. n. 155 del 26/05/1997, predisponendo il “Manuale interno di autocontrollo per l’igiene degli alimenti” che definisce ed autocertifica le procedure di controllo poste in essere per individuare ogni fase dell’attività del rifugio che potrebbe rivelarsi a rischio per la sicurezza degli alimenti. Per quanto concerne l’area tecnologica, in materia di energia, acqua, scarichi, suolo, rifiuti, la normativa nazionale non richiama espressamente la struttura rifugio. Pertanto, vanno considerati gli obblighi derivanti dalla legislazione nazionale se la materia non è disciplinata a livello regionale. Esaminando le materie succitate, merita soffermarci sull’aspetto acque, sia dal punto di vista approvvigionamento che di smaltimento. Le regioni Piemonte, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige (Provincia Autonoma di Trento) Abruzzo, prevedendo indicazioni sulle caratteristiche tecnico edilizie e requisiti igienicosanitari dei rifugi, legiferano in materia di approvvigionamento idrico, definendo le caratteristiche qualitative delle acque destinate al consumo umano. In materia di scarichi idrici, il vuoto legislativo a livello nazionale non trova un completamento in ambito regionale. Nella maggior parte dei casi, i rifugi rientrano nella disciplina prevista per le strutture ricettive extralberghiere. In Valle d’Aosta, ad esempio, il regolamento regionale n. 2 del 21/03/1997, in applicazione dell’art. 30 della legge regionale n. 11 del 29/05/1996, (Disciplina delle strutture ricettive extralberghiere) definisce i requisiti igienico sanitari, ivi compresi quelli relativi all’approvvigionamento idro-potabile ed agli scarichi, nonché i requisiti di sicurezza. Rapporto finale - Capitolo 4: I rifugi: la normativa 143 La disciplina degli scarichi è normata all’art. 7 da cui emerge come, allo smaltimento delle acque reflue, i gestori debbano provvedere in conformità alle disposizioni vigenti in materia di scarichi provenienti da insediamenti civili. Al comma 4 viene precisato che, nelle more della revisione del piano regionale di risanamento delle acque, la Giunta Regionale autorizza le deroghe alle tabelle allegate alla legge regionale 59/1982, nei limiti stabiliti dall’art. 1 della legge regionale 172/1995, fissando di volta in volta i limiti di accettabilità in relazione all’effettiva vulnerabilità dell’ambiente. Pertanto i rifugi, in termini di prescrizioni, devono richiedere autorizzazione allo scarico che può essere concessa, a seconda della collocazione, su suolo o in corso d’acqua superficiale previo rispetto dei limiti previsti rispettivamente dalla tabella A o dalla tabella D allegata alla legge 319/1976 o alla legge regionale 59/1982 e domanda di deroga ai parametri supportata da relazione tecnico-descrittiva contenente indicazione atte a dimostrare che lo scarico non comporta pregiudizio alla qualità del corpo idrico ricettore o del suolo o del sottosuolo, nonché inconvenienti di carattere igienico-sanitario (comma 5, lettera c). La regione Piemonte, nella legge regionale n. 55 del 11/04/1995 (Integrazioni della L.R. n.31 del 15/04/1985, relative alle caratteristiche tecnico edilizie e igienico sanitarie dei rifugi alpini e rifugi escursionistici) prevede indicazioni sulla rete di scarico e sulle modalità di trattamento. L’unica caso di regolamentazione della materia in modo puntuale è stata la Provincia Autonoma di Trento che, con apposito piano stralcio, determina per ciascun rifugio alpino e rifugio escursionistico i sistemi di trattamento ed i relativi limiti di accettabilità degli scarichi che non recapitano in pubblica fognatura. Inoltre, ove la realizzazione di sistemi di trattamento degli scarichi non sia giustificata il piano stesso può prevedere l’esonero da specifici sistemi di trattamento. Detto piano, che costituisce il primo tentativo per una pianificazione mirata in materia, è nato da un lavoro preparatorio e da un'esperienza pluriennale, realizzata anche mediante impianti pilota di depurazione ad alta quota, e si riferisce al trattamento dei reflui derivanti da circa 140 stazioni turistiche di alta montagna nonché da altri insediamenti sparsi. Nell’Appennino, le strutture ricettive extralberghiere sono disciplinate dalla regione Abruzzo e Campania che, in materia di acque reflue, parlano di impianto autonomo di chiarificazione e smaltimento e dalla regione Marche, che però non fornisce indicazioni in materia. Il settore produzione di energia va esaminato in termini di produzione di energia termica, per cui è necessario osservare quanto la legislazione nazionale prevede per l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici7, ove presenti, e in termini di 7 L’impianto termico è un impianto tecnologico destinato alla climatizzazione estiva ed invernale degli ambienti con o senza produzione di acqua calda per usi igienici e sanitari o alla sola produzione centralizzata di acqua calda per gli stessi usi, comprendente eventuali sistemi di produzione, distribuzione e utilizzazione del calore nonché gli organi di regolazione e di controllo; sono compresi negli impianti termici gli impianti individuali di riscaldamento, mentre non sono considerati impianti termici apparecchi Rapporto finale - Capitolo 4: I rifugi: la normativa 144 finanziamenti per lo sviluppo di impianti alimentati da fonti rinnovabili. A tal proposito è necessario fare riferimento anche all’area economico-finanziaria che raccoglie disposizioni legislative concernenti interventi a favore dei gestori e/o per le strutture. A titolo di esempio, la legge n. 39 del 21/12/2004 della regione Lombardia detta le “disposizioni per attuare, nel settore civile, l’uso razionale dell’energia, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e ridurre contestualmente l’emissione in atmosfera di gas inquinanti e climalteranti”, per fare ciò incentiva la realizzazione di impianti solari termici “per i nuovi edifici ad uso residenziale, terziario, commerciale, industriale e ad uso collettivo, nella progettazione del sistema di produzione dell’acqua calda ad uso sanitario è privilegiata l’installazione di impianti solari termici”, specificando le dimensioni degli impianti: “gli impianti con collettori solari termici sono dimensionati in modo da garantire la copertura del fabbisogno annuo di acqua calda ad uso sanitario non inferiore al 50%”. La Provincia di Trento con la legge n. 14 del 29/05/1980, analizza i “provvedimenti per il risparmio energetico e l'utilizzazione delle fonti alternative di energia”. Essa prevede l’istituzione di un Comitato Tecnico per il risparmio energetico e per l'impiego delle fonti alternative di energia, con l’obiettivo di diffondere questa tecnologia sia a livello industriale sia residenziale. Inoltre, definisce anche i contributi ottenibili da chi investe in queste tecnologie: “La Giunta provinciale è autorizzata a concedere, sulla spesa ritenuta ammissibile, contributi in conto capitale fino alla misura massima del 50% a privati e dell'80% ad enti pubblici” per tutta una serie di interventi come ad esempio la coibentazione di edifici esistenti, l'installazione di nuovi generatori di calore ad alto rendimento e la coibentazione termica e acustica di edifici. In relazione alla “struttura rifugio”, vanno poi osservati gli obblighi in materia di prevenzione, sicurezza e soccorso. In materia di sicurezza degli impianti elettrici, risulta applicabile ai rifugi alpini la legge n. 46 del 5/03/1990 in quanto nell’ambito di applicazione rientrano anche gli edifici adibiti ad attività commerciali. Pertanto, il proprietario del rifugio è responsabile dell’affidamento ad imprese abilitate a norme di legge dei lavori di installazione, trasformazione, ampliamento e manutenzione degli impianti. Per quanto concerne la materia prevenzione incendi è opportuno compiere un’analisi più puntuale. Il Decreto Ministeriale 9/04/1994 (G.U. 20 maggio 1994, n 116) “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l’esercizio delle attività ricettiva turistico-alberghiere” e s.m.i. disciplina la materia dei rifugi alpini al Titolo IV, definiti in base alla legge 217/1983, art. 6 come: “Sono rifugi alpini i locali idonei ad offrire ospitalità in zone montane di alta quota, fuori dai centri urbani”. Il decreto detta prescrizioni tecniche in materia antincendio, da leggersi anche alla luce delle modifiche apportate dal Decreto Ministeriale del 6/10/2003 “Approvazione della regola tecnica quali: stufe, caminetti, radiatori individuali, scaldacqua unifamiliari; tali apparecchi sono tuttavia assimilati agli impianti termici quando la somma delle potenze nominali del focolare degli apparecchi al servizio della singola unità immobiliare è maggiore o uguale a 15 kW. Rapporto finale - Capitolo 4: I rifugi: la normativa 145 recante l’aggiornamento delle disposizioni di prevenzione incendi per le attività ricettive turistico alberghiere esistenti di cui al decreto 9 aprile 1994”. Il decreto opera una classificazione tra rifugi di categoria A, B, C, D, E. Per i rifugi di categoria A, ossia raggiungibili con strada rotabile, si applicano le disposizioni di cui alle parti I e II del Titolo II, a seconda che siano nuovi o esistenti. Per i rifugi di categoria B esistenti, raggiungibili con mezzo meccanico di risalita in servizio pubblico, con esclusione delle sciovie, valgono le disposizioni impartite al Titolo II, parte seconda, come definito dal Punto 26.3. Per i rifugi di categoria C, D, E esistenti, non rientranti nelle categorie precedenti, …si applicano le disposizioni del Punto 26.4. Esse rimandano al punto precedente (Punto 26.3), ovvero a quelle rispondenti ai rifugi di categoria B, ad esclusione di quanto previsto dalle lettere a) e c). Di conseguenza, per i rifugi di categorie C, D, E: - la resistenza al fuoco delle strutture, indipendentemente dal carico d’incendio e dall’altezza dell’edificio, può essere inferiore a R 30; - sono ammesse scale di tipo non protetto negli edifici a più di tre piani fuori terra. Inoltre, per i rifugi di categorie C, D ed E, già esistenti, con capienza superiore ai 25 posti letto, non si applicano le disposizioni dell’intero Punto 19, relativo alle caratteristiche costruttive dell’edificio. Per gli edifici già esistenti, il Punto 18 del Titolo II, parte seconda, rimanda al Punto 5.1 e al Punto 5.2. Il Punto 5.1 – Generalità, cita: “Gli edifici da destinare ad attività ricettive devono essere ubicati nel rispetto delle distanze di sicurezza, stabilite dalle disposizioni vigenti, da altre attività che comportino rischi di esplosione o incendio. Le attività ricettive possono essere ubicate: (…) b) in edifici o locali anche contigui ad altri aventi destinazioni diverse, purché fatta salva l’osservanza di quanto disposto nelle specifiche normative, se soggette ai controlli di prevenzioni incendi, siano limitate a quelle di cui ai punti 64, 83, 84, 85, (…) del Decreto Ministeriale 16 febbraio 1982 (G.U. 9 aprile 1982, n. 98)”. Quest’ultimo indica quali siano le attività soggette a visite ed ai controlli di prevenzione incendi. Al Punto 84 cita. “Alberghi, pensioni, motel, dormitori e simili con oltre 25 posti-letto”. Il punto fa una serie di distinguo, ma non sono mai citati i rifugi alpini. Si potrebbe argomentare che i rifugi alpini non possano essere assimilabili agli alberghi, pensioni, motel o dormitori o, per lo meno, non possano esserlo i rifugi di categoria B, C, D, E, (così come esplicitati nel Decreto Ministeriale del 9 aprile 1994), ma solo quelli di categoria A (raggiungibili tramite automezzo). Rapporto finale - Capitolo 4: I rifugi: la normativa 146 A conferma di questa interpretazione, la Circolare del Ministero dell’Interno n.42 del 17/12/1986 (G.U. 5 febbraio 1987, n. 29) cita: “CHIARIMENTI INTERPRETATIVI DI QUESTIONI E PROBLEMI DI PREVENZIONE INCENDI.” Di seguito alla circolare n. 36 del 11/12/1985 si ritiene opportuno, per uniformità di indirizzo, riportare i più significativi quesiti di prevenzione incendi posti a questa amministrazione nel corso del corrente anno, nonché i chiarimenti formulati, sentito, ove necessario, il parere del comitato centrale tecnico scientifico per la prevenzione incendi di cui all'art. 10 del D.P.R. n. 577 del 29/07/1982. I comandi provinciali dei vigili del fuoco, sia nella fase provvisoria prevista dalla legge n. 818 del 1984, che nella fase definitiva per il rilascio del certificato di prevenzione incendi, si atterranno, pertanto, ai concetti contenuti nei chiarimenti di seguito riportati. (…) e, al Punto 10: 10) (…) − Rifugi alpini: i rifugi alpini intesi come locali aventi per requisito fondamentale il ricovero per alpinisti, come base per escursioni o ascensioni e come riparo e sosta al rientro in caso di avverse condizioni meteorologiche, non rientrano nel punto 84) del D.M. 16/02/1982. Devono comunque essere osservati, sotto la diretta responsabilità del titolare dell'attività, i divieti ed obblighi imposti dai punti 7, 8, 10, 11 dell'allegato A alla legge n.406 del 19/07/1980 che prevedono, riferiti al caso specifico di rifugi alpini, quanto segue: 1) il divieto di impiegare fornelli di qualsiasi tipo per il riscaldamento di vivande, stufe e apparecchi di riscaldamento in genere e funzionamento elettrico con resistenza in vista o alimentati con combustibili liquidi o gassosi; 2) il divieto di tenere depositi, anche modesti, di sostanze infiammabili nei locali facenti parte del volume destinato all'attività; 3) l'obbligo di tenere in chiara evidenza, in ogni locale le indicazioni sui provvedimenti più appropriati da adottare e le istruzioni sul comportamento che in caso di incendio dovranno tenere gli utenti; 4) l'obbligo di installare un estintore di classe 5A ogni 20 m2 di superficie netta. Restano comunque soggette ai controlli antincendio le aree a rischio specifico quali impianti per la produzione del calore (centrali termiche, cucine, ecc., con potenzialità superiore a 100.000 kcal/h), gruppi elettrogeni, ecc. e qualsiasi attività rientrante nel Decreto Ministeriale 16/02/1982. E’ da notare che la prescrizione di un estintore di classe 5° ogni 20 m2 di superficie netta è sostituito dalle modifiche apportate dal punto 11.2 del D.M. 9/04/1994 per cui: Rapporto finale - Capitolo 4: I rifugi: la normativa 147 “Tutte le attività ricettive devono essere dotate di un adeguato numero di estintori portatili. Nelle more della emanazione di una apposita norma armonizzata, gli estintori devono essere di tipo approvato dal Ministero dell'interno ai sensi del decreto ministeriale 20/12/1982 (Gazzetta Ufficiale n. 19 del 20 gennaio 1983) e successive modificazioni. Gli estintori devono essere distribuiti in modo uniforme nell'area da proteggere, è comunque necessario che almeno alcuni si trovino: - in prossimità degli accessi; - in vicinanza di aree di maggior pericolo. Gli estintori devono essere ubicati in posizione facilmente accessibile e visibile; appositi cartelli segnalatori devono facilitarne l'individuazione, anche a distanza. Gli estintori portatili devono essere installati in ragione di 1 ogni 200 m2 di pavimento, o frazione, con un minimo di un estintore per piano. Gli estintori portatili dovranno avere capacità estinguente non inferiore a 13 A - 89 B; a protezione di aree ed impianti a rischio specifico devono essere previsti estintori di tipo idoneo. Per attività fino a 25 posti letto è sufficiente la sola installazione di estintori”. In sintesi, in base a quanto riportato sopra, sono soggetti al rilascio del CPI, Certificato Prevenzione Incendi, i rifugi di categoria A, con più di 25 posti di letto, in quanto assimilabili ad altre strutture ricettive maggiori e soggetti, quindi, agli obblighi previsti per queste categorie dal D.M. 16/02/1982, e non gli altri rifugi. Rimane l’obbligo di CPI, indipendentemente dalla posizione del rifugio e quindi dalla sua categoria, se viene svolta una delle attività indicate dall’elenco del D.M. 16/02/1982 e s.m.i. e precisamente: - Punto 64) gruppi per la produzione di energia elettrica sussidiaria con motori endotermici di potenza complessiva superiore a 25 kW. - Punto 4) deposito di gas combustibili in serbatoi fissi. - Punto 91) impianti per la produzione di calore alimentati a combustibile solido, liquido e gassoso con potenzialità superiore a 100.000 kcal/h. Tutte le categorie di rifugi avevano obbligo di adeguarsi alle prescrizioni in materia di antincendio previsti dal Decreto Ministeriale 9/04/1994 come modificato dal Decreto Legge n. 411 del 23/11/2001, in cui è stato inserito, al momento della conversione in legge, l’Articolo 3-bis (Adeguamento alle prescrizioni antincendio per le strutture esistenti), che recita: “Le attività ricettive esistenti con oltre 25 posti letto completano l’adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi di cui alle lettere b) e c) del punto 21.2 della regola tecnica di prevenzione incendi per le attività ricettive turistico-alberghiere, approvata con decreto del Ministro dell’Interno 9 aprile 1994, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n 166 del 20 maggio 1994, entro il termine del 31 dicembre 2004 (…)”. Tale termine è stato ulteriormente differito al 30 giugno 2006 tramite l’art. 5 del D.L. n.273 del 30/12/2005 (convertito in legge dalle L. n.51 del 23 febbraio 2006) a condizione che le imprese abbiano presentato richiesta di nullaosta ai Vigili del Fuoco entro il 30 novembre 2004. Rapporto finale - Capitolo 4: I rifugi: la normativa 148 Inoltre, sempre in materia di prevenzione incendi, dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 626/1994 sono state emesse disposizioni e criteri di sicurezza antincendio per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro. Per luoghi di lavoro si intendono luoghi destinati a contenere posti di lavoro, ubicati all’interno di un’azienda ovvero dell’unità produttiva (art. 30 D. Lgs. 626/1994). In estrema sintesi, gli adempimenti ulteriori previsti sono legati a: − valutazione dei rischi di incendio; − stesura del piano di emergenza; − informazione e formazione dei lavoratori sui rischi di incendio; − designazione di uno o più lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi, da formare mediante corsi. Per le aziende con meno di 10 dipendenti, il datore di lavoro non è tenuto alla redazione scritta del piano di emergenza, prescritto dal decreto, sebbene deve in ogni caso, effettuare la Valutazione del Rischio. Esaminata la struttura rifugio, è opportuno inquadrare la figura del gestore di rifugio che non ha una disciplina propria a livello nazionale, ma è delineata con modalità diverse dalle leggi regionali; si possono distinguere caratteri comuni e particolarità tipiche di ogni regione. L’aspetto comune è l’identificazione del gestore come un privato imprenditore, cioè il gestore è colui che “esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi” (art. 2082 codice civile). Il decreto legislativo n. 114 del 31/03/1998 ha abolito l'obbligo di iscrizione al REC (Registro Esercenti il Commercio) dal 24 aprile 1999 per chi intraprende un'attività commerciale, rimane però attiva la legge n. 287 del 25/08/1991 che obbliga all’iscrizione coloro che svolgono attività di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico. Il gestore, svolgendo l’attività di somministrazione di alimenti, rientra in questa categoria ed è quindi obbligato ad iscriversi al REC. A livello regionale è stato recepito questo obbligo e le autorità competenti hanno legiferato in proposito secondo le singole esigenze, per esempio hanno dato il via a corsi di formazione per chi non possedeva i requisiti scolastici minimi, al fine di ottenere un attestato che permettesse l’iscrizione al registro. Un ulteriore obbligo comune a tutti coloro che lavorano nella produzione, lavorazione e somministrazione di alimenti e bevande è il possesso di attestati di frequenza a corsi inerenti le norme di tutela igienico-alimentare previste dal D.Lgs. n. 155 del 26/05/1997 che sono materia base anche per il conseguimento dei riconoscimenti sostituitivi del libretto sanitario ormai in disuso poiché dispendioso e inefficace. A tale proposito, numerose leggi regionali e provinciali provvedono ad abrogare il libretto sanitario e ad attuare corsi di formazione sulle più recenti norme igieniche; a titolo di esempio si può citare il caso della Valle d’Aosta, in cui la Delibera della Giunta Regionale del 22 novembre 2004, rientrante nel progetto di formazione igienico-sanitaria per gli addetti alle imprese dei settori commercio e turismo, sospende l’obbligo di visita annuale per il Rapporto finale - Capitolo 4: I rifugi: la normativa 149 rinnovo del libretto sanitario e propone in alternativa corsi di formazione su due livelli al fine di “far apprendere le regole dell’igiene e della sicurezza alimentare”. Nelle regioni Veneto e Toscana i testi unici in materia turistica evidenziano le caratteristiche, i diritti e i doveri di un gestore; in altre regioni (Piemonte e Lombardia) la figura del gestore è delineata nella medesima legge in cui si definisce il rifugio alpino. L’unica regione che disciplina la figura del gestore di rifugio alpino è la Valle d’Aosta con la legge regionale n. 4 del 20/04/2004. E’ gestore di rifugio alpino “chi, per professione, assicura l'esercizio e la custodia delle strutture ricettive”, l’esercizio della professione è “subordinato al possesso dell'abilitazione professionale e all'iscrizione nell'elenco professionale regionale istituito presso la struttura regionale competente in materia di turismo e di professioni turistiche”e prevede che il gestore frequenti periodicamente corsi di aggiornamento professionali. Per quanto riguarda il settore dei finanziamenti a favore di gestori e/o della struttura, nelle regioni del centro-sud sono state promulgate leggi che offrono incentivi, contributi e agevolazioni agli operatori nel settore turistico o per la valorizzazione dell’ambiente e lo sviluppo delle attività economiche di montagna; a titolo di esempio si può citare la legge regionale n. 95 del 18/05/2000 (Nuove norme per lo sviluppo delle zone montane) della regione Abruzzo in cui si istituisce un “Fondo regionale della montagna per gli interventi speciali” al fine di mettere a disposizione delle comunità montane e degli altri enti operanti sul territorio risorse finanziarie per potenziare le attività. Al contrario, nelle regioni del nord sono presenti sia norme che si rivolgono alle strutture ricettive in generale, favorendo lo sviluppo delle economie locali e tutelando l’ambiente, sia leggi che interessano la figura del gestore o la struttura materiale del rifugio, offrendo finanziamenti e agevolazioni. La legge della regione Valle d’Aosta n. 4 del 20/04/2004, ad esempio, propone interventi per lo sviluppo alpinistico ed escursionistico; la provincia di Bolzano con la legge n. 5 del 7/04/1997 afferma che i rifugi alpini “che non siano di proprietà o in concessione dell'Alpenverein Südtirol (AVS) o del Club Alpino Italiano (CAI)” possono usufruire delle seguenti agevolazioni: “contributi a fondo perduto fino al 60 per cento della spesa ammessa” e “mutui a tassi agevolati ai sensi della legge provinciale 15 aprile 1991, n. 9; il relativo equivalente di sovvenzione non dovrà superare l'entità prevista dalla lettera a) del presente articolo”. Analizzando, invece, la sezione degli interventi a favore dei rifugi per l’introduzione di sistemi qualità, sistemi di gestione ambientale, sicurezza, responsabilità sociale, marchi ambientali si possono fare alcune osservazioni generali: in buona parte delle legislazioni regionali sono state rintracciate norme che favoriscono l’implementazione di sistemi di gestione, però nella maggioranza dei casi sono leggi che si rivolgono alla categoria “strutture ricettive”, senza particolari riferimenti ai rifugi alpini, oppure prevedono incentivi per le piccole medie imprese. Solo in alcuni casi si leggono precisi riferimenti all’ambiente montano e alle strutture extra-alberghiere e quindi ai rifugi alpini. Le leggi della regione Veneto (n. 3 del 28/01/1997 circa gli interventi regionali a favore della qualità e il Testo Unico in materia di turismo) definiscono i criteri di incentivazione per l’attuazione di sistemi di gestione in tutte le strutture ricettive. La legge della regione Abruzzo n. 95 del 18/05/2000 definisce le norme per lo sviluppo delle zone montane istituendo un marchio del turismo rurale e, per quanto riguarda altri marchi, Rapporto finale - Capitolo 4: I rifugi: la normativa 150 la legge della regione Valle d’Aosta n. 15 del 2004 che istituisce il contrassegno “Saveurs du Val d’Aoste” di qualità per il settore agroalimentare ed enogastronomico valdostano. In tutti i casi si notano gli impegni delle regioni volti a valorizzare il proprio territorio, salvaguardando la cultura e l’ambiente, utilizzando mezzi come i sistemi di gestione ed i marchi, poiché estremamente attuali, versatili e capaci di adattarsi ai diversi contesti. Un cenno finale merita la materia tributaria, non ricompresa nella raccolta normativa, che risulta essere molto vasta. Tanto ai fini IVA, quanto ai fini delle imposte dirette, le attività ricettive sono considerate attività commerciali. Il Decreto del 28/12/1990 - Ministero delle Finanze (Approvazione della nuova tabella dei codici di attività e dei nuovi modelli per le domande di attribuzione del numero di codice fiscale e per le dichiarazioni di inizio attività, variazione dei dati o cessazione di attività, in materia di imposta sul valore aggiunto) classifica sub codice 55.21.2 l’attività economica dei rifugi di montagna. Rapporto finale - Capitolo 4: I rifugi: la normativa 151