Teoria del colore - Parrocchia Gesu Divino Lavoratore

Transcript

Teoria del colore - Parrocchia Gesu Divino Lavoratore
Teoria del colore
A partire da tre colori Rosso, Verde, Blu è possibile generare tutta la rimanente scala cromatica
mescolando con le dovute percentuali questa terna di riferimento. Si immagini di proiettare tre fasci
luminosi monocromatici rappresentanti i colori primari, sovrapponendoli, si otterrà una luce bianca,
apparentemente priva di ogni componente colore. In realtà in essa è contenuto tutto lo spettro
visibile. Questo tipo di sintesi viene detta Cromatica Additiva RGB, mescolando due additivi
primari (in questo caso rosso, verde o blu) si ottiene un colore secondario o sottrattivo: ad esempio
unendo il Rosso al Verde si otterrà il Giallo, il Rosso al Blu restituirà il Magenta, il Blu al Verde
invece il Ciano; a seconda della percentuale di primario utilizzata si avranno secondari più o meno
tendenti dall’una o dall’altra parte. Si può anche pensare alla sintesi additiva come risultato della
luce bianca privata di una delle sue tre componenti: Bianco senza Blu uguale Giallo e così via.
Sintesi Cromatica Additiva RGB
All’interno del cerchio cromatico i colori diametralmente opposti si dicono Complementari, ad
esempio il Magenta è il complementare del verde e viceversa, il giallo il complementare del blu ed
il ciano il complementare del rosso. Perché è importante conoscere i colori complementari? Perché
permettono di passare dalla teoria alla pratica: ricordate la regoletta “Equilibrio e cromatismo”, il
giusto accostamento dei colori diventa un elemento compositivo dell’immagine; una delle tecniche
che permette di rafforzare il soggetto è il contrasto, esistono molti modi per ottenerlo ed uno di
questi è accostare tra loro i colori complementari. Si osserva ogni volta che compare la luna
all’imbrunire: il suo giallo sullo sfondo del cielo blu spicca molto di più delle foglie degli alberi che
si stagliano sullo stesso cielo, od ancora il verde acceso di un ramarro che si crogiola sul porfido
rosso risalta con una forza eccezionale rispetto ad un posatoio di grigio granito. Potete trovare mille
altri esempi in natura, imparate a riconoscerli ed otterrete foto dal sicuro impatto visivo.
Sintesi Cromatica Sottrattiva
Un altro tipo di sintesi è quella Cromatica Sottrattiva: ora sono i colori "complementari" (che
vengono però definiti come primari sottrattivi) che se uniti restituiscono il nero; è quello che
succede nella pittura e nella stampa dove la mescolanza di Giallo e Ciano restituisce il Verde, Ciano
e Magenta il Blu e Giallo e Magenta il rosso. Comprendere queste modalità di interazione del
colore diventa molto utile soprattutto per chi fotografa in digitale, infatti il fotografo non è più
solamente artefice dello scatto ma anche del suo sviluppo/elaborazione in camera chiara: il
computer.
Modalità di gestione colore
Sono diverse le convenzioni utilizzate anche dai più noti software di elaborazione di immagine,
primo fra tutti Photoshop, che se utilizzate consciamente permettono di ottenere in postproduzione
dei risultati eccezionali. La prima di queste convenzioni è la modalità di gestione del colore ovvero
come i colori di un immagine vengono descritti usando dei valori numerici. Elenchiamo le
principali ad uso fotografico:
1. RGB: Prende il nome dai colori primari della sintesi additiva Red, Green e Blue basandosi
proprio su questo principio; solitamente utilizza una codifica ad 8 bit (come avviene nel formato
jpeg) che significa che ogni colore primario può assumere dei valori di luminanza che vanno da 0 a
255. Essendo la sintesi additiva basata sul peso percentuale di ogni colore, la tripletta (Lred ,
Lgreen, L blue) identifica uno ed un solo colore dello spazio associato, ad esempio (0,0,0) codifica
per il nero, (128,128,128) per il grigio neutro e (255,255,255) per il bianco. E’ il sistema più
utilizzato in fotografia digitale. Nel caso la codifica avvenga a 16 bit (come nel formato tiff) il
numero di sfumature colore aumenta enormemente fino a raggiungere un estensione che va da 0 a
65535.
2. CMYK: è basata sulla sintesi cromatica sottrattiva ed utilizza quattro componenti colore
primarie: Ciano, Magenta,Giallo (y) e Nero (k); è nato per ottenere i migliori risultati di stampa in
quanto deve simulare il comportamento dei pigmenti, che essendo riflettenti, sottraggono colore alla
luce. Si usa raramente in fotografia se non per applicazioni prettamente specifiche, teoricamente
tutte le stampanti a getto di inchiostro effettuano questo tipo di codifica ma al loro interno viene
fatta una conversione da RGB a CMYK. Alcuni svantaggi di questa modalità di gestione del colore
sono le grosse dimensioni dei file, il numero ridotto di colori rispetto ai comuni spazi colore
disponibili per RGB, inoltre determinati filtri non funzionano in questa modalità.
CIE-LAB
3. CIE-LAB: viene detto anche Lab poiché separa le componenti di luminanza L da quelle di
crominanza a e b; come nell’RGB le componenti che comunque descrivono l’immagine sono tre, si
può schematizzare la loro relazione in maniera grafica in cui l’asse verticale rappresenta il valore di
luminanza, mentre l’asse orizzontale a raccoglie il colore dal rosso al verde mentre l’asse
orizzontale b raccoglie il colore dal blu al giallo.
4. SCALA DI GRIGIO: lavorando in questa modalità si produce un bianco e nero che, altro
non è che un immagine in scala di 256 valori di grigio.
Gli spazi colore
Associati alle modalità di gestione del colore vi sono gli spazi colore, questi rappresentano
l’insieme dei colori realmente registrabili/riproducibili da un dispositivo, sia esso una fotocamera,
un monitor, uno scanner o una stampante. Ogni dispositivo ha il proprio spazio colore ed anche
identici modelli della stessa marca possiedono delle differenze più o meno marcate tra loro dovute
alla vecchiaia, condizioni operative, specificità hardware ecc. Da questa considerazione consegue il
fatto che diversi dispositivi comunicanti tra loro devono essere calibrati per poter conservare
durante tutto il processo che va dall’acquisizione alla stampa, la stessa rappresentazione
dell’immagine, in particolare dei colori.
Per questo motivo Adobe, Kodak, Apple e l’International Color Consortium (ICC) hanno
definito degli spazi colore reali e virtuali da utilizzare come standard di comunicazione. La gestione
del colore è una delle difficoltà maggiori nel processo di produzione di immagini digitali, per questo
i profili ICC aiutano a trasferire la riproducibilità da un dispositivo ad un altro.
Facciamo un esempio, la vostra fotocamera digitale registra i colori attraverso un determinato
spazio colore, trasferite l’immagine acquisita sul computer e la visualizzate a schermo attraverso lo
spazio colore di quest’ultimo, non vedrete i reali colori registrati ma quelli che il monitor è capace
di riprodurre per voi; sulla base di quest’ultimi ottimizzate la foto preparandola per la stampa, a sua
volta la stampante od il laboratorio interpreteranno attraverso i propri spazi colore. Il risultato è una
stampa che non corrisponde alla realtà dello scatto né, tanto meno, a quello che vedete visualizzato
a schermo. Lo stesso problema si ripropone anche quando la foto rimane in formato digitale e
chiedete ad amici o collaboratori di visionarla magari sul web. Se questo processo non viene risolto
riuscirete solo a produrre belle foto sul vostro pc, ma d’altra parte un fotografo vuole raccontare e
trasmettere ciò che ha impressionato e vuole farlo al meglio.
Il profilo ICC descrive le caratteristiche colore di un determinato dispositivo, ecco perché è
importante profilare il proprio monitor oppure scegliere il profilo ICC specifico per una determinata
stampante che utilizza determinati inchiostri su di una determinata tipologia di carta. Ogni metodo
colore può utilizzare diversi profili colore virtuali che vanno dal meno preciso al più ampio e ricco
di sfumature, per il metodo RGB ad esempio la progressione dei profili dal più povero al più ricco
è: sRGB, AppleRGB, Adobe RGB 1998, ProPhotoRGB ed altri ancora. Nello specifico:
1. sRGB: è utilizzato in particolar modo per definire lo spazio colore dei monitor, è calcolato
come la media dell’estensione dei diversi tipi di monitor; molte fotocamere utilizzano
questo profilo come impostazione di fabbrica, può andare bene per presentare le foto in rete
ma in realtà non sfrutta tutto lo spazio colore che la fotocamera è in grado di acquisire. Nelle
immagini qui sotto l'abbiamo preso come campione da confrontare con gli altri spazi colore.
2. Adobe RGB 1998: è il più diffuso ed utilizzato, è più ampio del precedente ed offre ottimi
risultati.
3. Apple RGB: studiato da Macintosh è più ampio di sRGB ma minore rispetto Adobe 98.
4. ProPhotoRGB: è uno spazio colore molto ampio studiato da Kodak che può essere
utilizzato solamente con una codifica a 16 bit.
5. ECI-RGB: è un profilo specifico studiato dall’ente europeo per rappresentare tutti gli spazi
colori delle stampanti a getto d’inchiostro più qualche tonalità del verde che non appare nei
profili sRGB ed RGB.
Sulla base di queste considerazioni sarebbe bene impostare i parametri della fotocamera in
maniera da utilizzare lo spazio RGB, una volta importate sul computer le foto potrebbero deludere
perché meno brillanti di quello che si ottiene con sRGB, non bisogna lasciarsi scoraggiare,
basteranno infatti alcuni passi di postproduzione per sfruttare tutte le sfumature che riserva questo
spazio.
Per quanto riguarda il computer, la prima operazione da effettuare sarà quella di profilare il
monitor: la calibrazione del proprio schermo andrebbe ripetuta almeno una volta al mese per
assicurarsi una corretta visualizzazione dei colori. Sia che si utilizzi uno schermo CRT oppure LCD
il sistema più sicuro è quello di affidarsi all’aiuto di un colorimetro: questo piccolo strumento
permette di leggere i fosfori dello schermo, dopo averli confrontati con una libreria standard
unificata a livello internazionale, e calibrarli tramite un software dedicato, il quale restituisce in
uscita il nuovo profilo ICC specifico per il nostro monitor. Questa operazione prende il nome di
hard proofing, poiché effettuato direttamente sul dispositivo hardware. Il costo di uno
spettrofotometro si aggira intorno ai 100 euro per il modello più semplice, fino ad arrivare a cifre
consistenti per i modelli più evoluti.
Siccome non tutti hanno a disposizione, o possono permettersi, questo oggetto, esiste una
soluzione software disponibile direttamente nel pannello di controllo di Windows, oppure caricando
Adobe Gamma Loader od ancora, integrato nel sistema Mac (quest’ultimo è più preciso del sistema
Windows); in questo caso la profilatura viene detta soft proofing poiché simulata dal sistema
software, la calibrazione sarà soggettiva poiché determinata da come l’operatore valuta la resa
cromatica. In entrambi i casi è bene aspettare una trentina di minuti prima di effettuare la
calibrazione in maniera da far scaldare ed assestare il dispositivo.