Stephen Covey LA TERZA ALTERNATIVA Come

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Stephen Covey LA TERZA ALTERNATIVA Come
Stephen Covey
LA TERZA ALTERNATIVA
Come risolvere i problemi
più difficili della vita
Copyright © 2011 by FranklinCovey Co.
Published in the United States by Free Press, a Division of Simon & Schuster, Inc.
Titolo originale: The 3rd Alternative: Solving Life’s Most Difficult Problems
Nota dell‟Editore:
Laddove è stato possibile recuperare la traduzione italiana ufficiale delle citazioni
presenti nel libro, è stato riportato in nota il riferimento bibliografico con relativo
numero di pagina. In tutti gli altri casi, anche in quelli in cui è presente il
riferimento bibliografico dell‟ultima edizione esistente in italiano, la traduzione è
resa liberamente.
Traduzione: Katia Prando e Vincenzina Varano
Editing: Enza Casalino
Revisione: Sonia Vagnetti, Martina Marselli, Ilaria Ortolina
Impaginazione e Grafica di copertina: Matteo Venturi
I Edizione: Settembre 2013
© 2013 Edizioni My Life
My Life srl - Via Garibaldi, 77 - 47853 Coriano di Rimini
ISBN 978-88-6386-194-5
ISBN Ebook 978-88-6386-848-7
L‟autore di questo libro non dispensa consigli medici né prescrive l‟uso di alcuna
tecnica come forma di trattamento per problemi fisici e medici senza il parere di un
medico, direttamente o indirettamente. L‟intento dell‟autore è semplicemente
quello di offrire informazioni di natura generale per aiutarvi nella vostra ricerca del
benessere fisico, emotivo e spirituale. Nel caso in cui usaste le informazioni
contenute in questo libro per voi stessi, che è un vostro diritto, l‟autore e l‟editore
non si assumono alcuna responsabilità delle vostre azioni.
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tramite alcun procedimento meccanico, fotografico o elettronico, o sotto forma di
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escluso l‟“uso corretto” per brevi citazioni in articoli e riviste, senza previa
autorizzazione scritta dell‟editore.
Sommario
1. Il punto di transizione
2. La Terza Alternativa: il principio, il paradigma e il processo della sinergia
Il principio della sinergia
Il modo di pensare tipico delle Due Alternative
I corni del dilemma
Il grande gruppo di mezzo
I modelli della sinergia
Paradigma uno: Mi vedo
Paradigma due: Ti vedo
Paradigma tre: Cerco di trovarti
Paradigma quattro: Entro in sinergia con te
Il processo della sinergia
Mira alla Terza Alternativa nel tuo mondo
Insegna per imparare
Provaci
3. La Terza Alternativa al lavoro
La teoria delle Due Alternative: combatti o fuggi
La Terza Alternativa: la sinergia
L‟arroganza: il grande ostacolo alla sinergia
Il “GET”
Quando si va sul personale
Oltre la situazione win-win: la sinergia nelle vendite e nelle trattative
Diventare un negoziatore orientato alla Terza Alternativa
Il potere innovativo della sinergia
I team orientati alla Terza Alternativa
Le competenze della Terza Alternativa
L‟era della sinergia
Insegna per imparare
Provaci
4. La Terza Alternativa a casa
Fare tesoro delle differenze
Una famiglia della Terza Alternativa
La crisi della famiglia e la Terza Alternativa
Se non dovesse funzionare
Insegna per imparare
Provaci
5. La Terza Alternativa a scuola
La Grande Disputa
L‟istruzione nell‟era industriale
Il lavoro da fare
La Terza Alternativa nell‟istruzione
“Se puede”
“Il Leader in me”
L‟università come aletta correttrice di assetto
Insegna per imparare
Provaci!
6. La Terza Alternativa e la legge
Il ruolo senza eguali del mediatore di pace
La professione legale e la Terza Alternativa: un connubio possibile?
La legge e il Bastone della Parola
La sinergia e la legge
Estendere la pace
Insegna per imparare
Provaci!
7. La Terza Alternativa nella società
La grande divisione
L‟imperatore dell‟interdipendenza
Il rinascimento della città
La fine del crimine
Il benessere di tutta la persona
Il benessere della Terra
Un mondo senza povertà
Insegna per imparare
Provaci
8. La Terza Alternativa nel mondo
Costruire la pace: l‟aspetto rivoluzionario della diplomazia interna
Colmare un divario incolmabile
Una sinfonia della sinergia
Il modello per costruire la pace
Una nazione che non dovrebbe esistere
Insegna per imparare
Provaci!
9. La Terza Alternativa nella vita
Vivere in crescendo
Vivere secondo la Terza Alternativa
Una vacanza permanente o una missione permanente?
Insegna per imparare
Provaci
10. Da dentro a fuori
Ringraziamenti
1
Il punto di transizione
La vita è piena di problemi. Problemi che sembrano impossibili da risolvere.
Problemi personali. Problemi familiari. Problemi sul lavoro, con i vicini, con il
mondo intero.
È probabile che il tuo matrimonio sia partito alla grande, eppure ora tu e tua
moglie/tuo marito non riuscite quasi più a sopportarvi. È possibile che tu abbia
pessimi rapporti con i genitori, i fratelli o i figli. Può darsi che al lavoro ti senta
sotto pressione e senza equilibrio, e cerchi costantemente di fare di più impiegando
meno risorse. O forse, come tante altre persone, sei stanco di questa società
litigiosa dove le persone intentano cause con una tale facilità che non osi quasi più
muoverti. La criminalità e le sue ripercussioni in ambito sociale ci preoccupano.
Assistiamo agli inutili tentativi dei politici di affrontare i problemi. Ogni volta che
guardiamo il telegiornale la sera, muore in noi la speranza che gli eterni conflitti tra
i popoli e le nazioni prima o poi si possano risolvere.
In questo modo perdiamo la fiducia, rinunciamo, o ci accontentiamo di un
compromesso che in definitiva non riesce a soddisfarci.
Ecco perché ho voluto scrivere questo libro.
Parlerò di un principio talmente fondamentale che credo possa trasformare la tua
vita e il mondo intero. Si tratta dell‟intuizione più elevata e importante che abbia
mai avuto studiando le persone che hanno avuto successo nella vita.
In pratica, tale principio rappresenta la chiave per risolvere i problemi più
difficili dell‟esistenza.
Tutti affrontano delle avversità, per lo più in silenzio. La maggior parte delle
persone tiene duro con coraggio di fronte ai problemi, auspicandosi un futuro
migliore e lavorando per realizzarlo.
Per molti, il terrore è appena sotto la superficie. Alcune paure sono di natura
fisica, altre psicologiche, ma sono tutte molto reali.
Se riuscirai a comprendere il principio espresso in questo libro e a vivere in base
a esso, non solo risolverai i tuoi problemi, ma potrai spingerti oltre e costruire un
futuro migliore di quanto tu abbia mai immaginato. Questo principio è eterno; non
è mio il merito di averlo scoperto. E non è un eufemismo dire che chi lo applica
nell‟affrontare le difficoltà compie probabilmente la più grande scoperta della sua
vita.
Il concetto è introdotto già nel mio libro Le sette regole per avere successo. Di
tutti i principi di cui parlo nel testo, questo più di ogni altro è in grado di
“catalizzare, potenziare, unificare ed entusiasmare”. In quel libro sono riuscito a
trattare l‟argomento solo per sommi capi, mentre questa volta ti invito a esplorarlo
insieme a me in maniera più ampia e approfondita. Se sarai disposto a
comprenderlo, il tuo modo di pensare non sarà più lo stesso. Ti ritroverai ad
affrontare i problemi più difficili della tua vita in modo completamente nuovo ed
esponenzialmente più efficace.
Sono molto eccitato all‟idea di condividere con te le storie di alcune persone
straordinarie che hanno afferrato questo principio. Questi individui non hanno
soltanto risolto i loro problemi, ma sono diventati anche creatori del nuovo futuro
che tutti sogniamo. Tra i tanti, potrai leggere di:

un padre che una sera ha salvato sorprendentemente la figlia, tormentata da
anni dalla disperazione, dal tentato suicidio;

un giovane che in India si sta occupando di risolvere il problema
dell‟energia elettrica per milioni di poveri, praticamente a costo zero;

un comandante della polizia che ha ridotto della metà il tasso di delinquenza
giovanile in una delle principali città canadesi;

una donna che sta riportando in vita il porto inquinato di New York, anche
in questo caso quasi a costo zero;

un marito e una moglie che in passato si rivolgevano a stento la parola,
mentre ora ridono insieme ripensando a quei giorni difficili;

un giudice che ha messo fine al più grande processo ambientalista della
storia americana in maniera rapida e pacifica, senza neanche entrare in aula;

un preside di una scuola superiore frequentata da figli di lavoratori
immigrati che ha fatto aumentare la percentuale di diplomati, portandola da
un misero 30 per cento al 90 per cento, e che ha fatto crescere del triplo il
livello delle competenze di base dei suoi studenti, senza incidere sulle spese;

una madre single e il figlio adolescente che sono passati da una situazione di
aspro conflitto a un rapporto d‟affetto e di rinnovata comprensione;

un medico che cura quasi tutti i suoi pazienti affetti da una malattia mortale
a un costo nettamente inferiore rispetto alla tariffa degli altri medici;

un team che ha trasformato Times Square, un letamaio di violenza e
sporcizia, nell‟attrazione più turistica nel Nord America.
Vorrei fare una precisazione: nessuna di queste persone è una celebrità che
dispone di ingenti somme o di influenza. Si tratta, perlopiù, di persone comuni che
applicano con successo questo principio supremo nell‟affrontare i problemi più
seri. E questa è una cosa che puoi fare anche tu.
Riesco a immaginare cosa stai pensando: “Be‟, io sono diverso da queste
persone, dal momento che non sto cercando di fare nulla di eroico. Ho i miei
problemi, e per me sono grandi. Sono stanco, e voglio solo trovare una soluzione
che funzioni.”
Credimi, non c‟è niente in questo libro che non sia allo stesso tempo universale e
personale. Il principio vale sia per una madre single che fa del suo meglio per
crescere un figlio adolescente e inquieto sia per un capo di Stato che cerca di porre
fine a una guerra.
È possibile applicare questo principio a:

una grave situazione conflittuale al lavoro con il capo o i colleghi;

un matrimonio caratterizzato da “differenze inconciliabili”;

una controversia con la scuola frequentata da tuo figlio;

una situazione che ti ha messo in difficoltà finanziarie;

una decisione cruciale che devi prendere in ambito lavorativo;

un contrasto su una questione riguardante il quartiere o la comunità in cui
vivi;

familiari che litigano continuamente o non si parlano affatto;

un problema di peso;

un lavoro che non ti soddisfa;

un bambino che non vuole “lanciarsi”;

un problema complesso che devi risolvere per conto di un cliente;

una questione che potrebbe trascinarti in tribunale.
Ho insegnato il principio di base di cui si parla in questo libro a centinaia di
migliaia di persone per più di quarant‟anni. L‟ho fatto conoscere a giovani
studenti, l‟ho portato in aule piene di amministratori delegati, l‟ho condiviso con i
laureandi, con i capi di Stato in una trentina di Paesi e con tutti quelli che si
trovano nel mezzo. Mi sono sempre avvicinato alle persone con la stessa modalità.
Ho scritto questo libro in maniera tale che i suoi contenuti possano essere applicati
tanto a un parco giochi, quanto a un campo di battaglia, a una sala riunioni, a una
camera legislativa o alla cucina di una famiglia.
Faccio parte di un gruppo con riconosciuta leadership mondiale che sta cercando
di creare un rapporto migliore tra l‟occidente e la comunità islamica. Tra i suoi
membri vi sono un ex segretario di Stato americano, eminenti rabbini e imam,
dirigenti di aziende multinazionali ed esperti in materia di risoluzione dei conflitti.
Durante il nostro primo incontro, fu subito evidente che ognuno di noi aveva un
ordine del giorno da rispettare. Il clima era piuttosto formale e freddo, e la tensione
era palpabile. Il meeting si tenne di domenica.
Chiesi al gruppo il permesso di insegnare loro un principio prima di procedere, e
tutti accettarono con gentilezza. Così, condivisi anche con loro il messaggio di
questo libro.
Entro il martedì notte successivo l‟atmosfera cambiò completamente. Gli scopi
personali erano stati accantonati. Eravamo arrivati a una conclusione
entusiasmante che non avevamo assolutamente previsto. Le persone nella sala
iniziarono a provare grande rispetto e amore l‟una per l‟altra: potevi sentirlo e
vederlo. L‟ex segretario di Stato mi sussurrò: “Non ho mai visto niente di così
potente. Quello che hai fatto qui potrebbe rivoluzionare la diplomazia
internazionale.” Torneremo su questo punto in seguito.
Come ho già sottolineato, non è necessario essere un rappresentante della
diplomazia mondiale per applicare questo principio ai problemi da risolvere.
Recentemente, abbiamo intervistato alcune persone in tutto il mondo per scoprire
quali fossero le principali difficoltà personali, in ambito lavorativo e nel mondo in
generale. Non si è trattato di un campione rappresentativo; ci interessava solo
sapere cosa avessero da dire persone diverse. I 7.834 individui intervistati
provenivano da tutti i continenti e svolgevano qualsiasi tipologia di mansione in
aziende diverse.

Nella vita privata. Il problema personale che affligge maggiormente le
persone è la pressione da sovraccarico di lavoro, unitamente
all‟insoddisfazione per l‟attività svolta. Molti individui hanno problemi di
coppia. È tipico di un manager europeo di medio livello scrivere: “Sono
stressato, esausto, e non ho più né il tempo né la forza di fare delle cose per
me.” Un altro dice: “La mia famiglia sta andando a rotoli, e ciò influisce
negativamente su tutto il resto.”

Sul lavoro. Ovviamente, la principale preoccupazione che affligge le
persone in merito al lavoro è la scarsità del reddito e dei guadagni. Inoltre,
molti sono preoccupati di perdere terreno nella competizione globale:
“Siamo bloccati dalla tradizione centenaria... Ogni giorno, perdiamo sempre
più rilevanza... Facciamo scarso uso della creatività e
dell‟imprenditorialità.” Un top manager africano ha scritto: “Lavoravo per
un‟azienda internazionale, ma ho dato le dimissioni l‟anno scorso. Me ne
sono andato perché non riuscivo più a trovare un senso in quello che
facevo.”

Nel mondo. Secondo gli intervistati, le prime tre problematiche che
dobbiamo affrontare in qualità di membri della grande famiglia umana sono
la guerra e il terrorismo, la povertà e la progressiva distruzione
dell‟ambiente. Un manager asiatico di medio livello ha protestato con tono
supplichevole: “Il nostro Paese è uno dei più poveri dell‟Asia. Questo è il
nostro grido di battaglia, dal momento che la maggior parte della
popolazione vive in povertà. Il lavoro scarseggia, il livello di istruzione è
basso, mancano le infrastrutture, abbiamo un enorme debito pubblico, siamo
malgovernati e la corruzione è dilagante.”1
Questa è una fotografia istantanea di come si sentono i nostri amici e i nostri
vicini. Domani, l‟elenco delle difficoltà potrebbe essere diverso, ma ho comunque
il sospetto che si tratterebbe solo di varianti delle stesse questioni.
Sotto il carico di queste crescenti pressioni, ci mettiamo ancora di più l‟uno
contro l‟altro. Se il XX secolo è stato un periodo di guerra impersonale, il XXI
secolo appare come un‟epoca di personale malvagità. Il termometro che misura la
rabbia segna un valore molto alto. Le famiglie litigano, i colleghi competono tra
loro, i cyber-bulli terrorizzano, le aule di tribunale sono sovraffollate e i fanatici
uccidono gli innocenti. Sprezzanti “commentatori” prendono possesso dei media:
quanto più i loro attacchi suscitano scandalo, tanto più denaro guadagnano.
Questa crescente febbre della discordia può farci molto male. “Sono
profondamente turbata dal modo in cui le nostre culture demonizzano l‟“altro”...
Le peggiori epoche della storia umana sono iniziate così, alienando e
disumanizzando l‟altro, per poi trasformarsi in estremismo violento”, dice l‟esperta
di benessere Elizabeth Lesser.2 Sappiamo fin troppo bene dove porta questo
genere di cose.
Come possiamo porre fine ai conflitti che generano divisioni e risolvere i
problemi più gravi?

Ci mettiamo sul sentiero di guerra, decisi a non tollerare più la situazione, e
a prendercela con i nostri “nemici”?

Ci comportiamo da vittime e attendiamo impotenti che qualcuno venga a
salvarci?

Estremizziamo il pensiero positivo e ci rifugiamo all‟interno di una
piacevole condizione di rifiuto?

Ci arrendiamo stoicamente, senza più coltivare la speranza che le cose
possano migliorare? Siamo convinti, nel nostro intimo, che qualsiasi ricetta
sia soltanto un placebo?

Continuiamo a rimboccarci le maniche, così come fa la maggior parte delle
persone di buona volontà, a fare quello che abbiamo sempre fatto,
coltivando la flebile speranza che in qualche modo le cose miglioreranno?
Indipendentemente dal tipo di approccio che utilizzeremo nell‟affrontare i
problemi, vi saranno delle conseguenze. La guerra genera guerra, le vittime
diventano dipendenti, la realtà schiaccia le persone spingendole al rifiuto, i cinici
non danno nessun contributo utile. E se continuiamo a fare le stesse cose che
abbiamo sempre fatto, sperando che questa volta i risultati siano diversi, significa
che non stiamo affrontando la realtà. Stando a quel che si dice, Albert Einstein
avrebbe fatto la seguente affermazione: “Non possiamo risolvere i nostri problemi
più gravi mantenendo lo stesso assetto mentale che ci ha portato a generarli.”
Per risolvere le questioni più difficili, dobbiamo cambiare radicalmente modo di
pensare; questo è il tema che affronteremo nel libro.
Leggendo, ti troverai sospeso in un punto di transizione tra il passato, di
qualunque natura sia stato, e un futuro che finora non hai mai immaginato.
Scoprirai di avere una predisposizione naturale al cambiamento. E penserai ai tuoi
problemi in maniera del tutto rivoluzionaria. Svilupperai nuovi riflessi mentali che
ti spingeranno a superare ostacoli che agli altri sembrano insormontabili.
A partire da quel punto di transizione, riuscirai a vedere un futuro nuovo e gli
anni a venire potrebbero essere molto diversi da come te li aspettavi. Invece di
bloccarti immaginando un futuro inevitabile costellato di problemi e caratterizzato
da un calo delle tue facoltà, potrai iniziare a saziare la tua sete di vita “in un
crescendo” sempre nuovo, ricco di significato e di eventi straordinari, fino alla
fine.
Incentrando la tua vita sul principio di questo libro, troverai una strada che ti
condurrà a quel futuro in maniera sorprendente.
Note
1. È possibile consultare il rapporto completo dell‟indagine, “The 3rd Alternative:
The Most Serious Challenges”, visitando il sito
http://www.The3rdAlternative.com.
2. Elizabeth Lesser, “Take the „Other‟ to Lunch”, dotsub.com, data non
disponibile, http://dotsub.com/view/6581098e-8c0d-4ec0-938d23a6cb9500eb/viewTranscript/eng.
La Terza Alternativa
2
La Terza Alternativa:
il principio, il paradigma
e il processo della sinergia
C‟è un modo per risolvere i problemi più difficili, anche quelli che sembrano non
avere soluzione. Esiste la possibilità di aprirsi un varco attraverso i dilemmi e le
profonde divisioni dell‟esistenza. Esiste un modo di procedere. Non è il mio e
neanche il tuo. È un modo migliore, al quale nessuno di noi ha mai pensato prima.
Io lo chiamo “la Terza Alternativa”.
La maggior parte dei conflitti ha due facce. Siamo abituati a pensare in questi
termini: “il mio schieramento” contro “il tuo schieramento”. Il mio è buono, il tuo
è cattivo, o perlomeno “meno buono”. Il mio schieramento è corretto e giusto, il
tuo è sbagliato e probabilmente è anche ingiusto. Le mie ragioni sono autentiche,
mentre le tue, nella migliore delle ipotesi, sono artificiali. Si tratta del mio partito,
schieramento, Paese, figlio, azienda, opinione, il mio fronte contro il tuo. In
ognuno di questi casi, ci sono due alternative.
Quasi tutti si identificano con una delle due. Ecco perché esistono i liberali
contro i conservatori, i Repubblicani contro i Democratici, i lavoratori contro la
classe dirigente, gli avvocati contro altri avvocati, i figli contro i genitori, i Tory
contro i Laburisti, gli insegnanti contro i dirigenti scolastici, le università contro le
città, gli abitanti delle campagne contro gli abitanti delle città, gli ambientalisti
contro i promotori dello sviluppo, i bianchi contro i neri, la religione contro la
scienza, l‟acquirente contro il venditore, il querelante contro il convenuto, i Paesi
emergenti contro le nazioni sviluppate, il marito contro la moglie, i socialisti
contro i capitalisti, i credenti contro gli atei. Per questo motivo esistono il
razzismo, il pregiudizio e la guerra.
Ognuna delle due alternative è profondamente radicata in una mentalità ben
precisa. Per esempio, la forma mentis degli ambientalisti si fonda sull‟ammirazione
per la delicata bellezza e l‟equilibrio della natura. L‟atteggiamento mentale dei
promotori dello sviluppo nasce dal desiderio di vedere crescere le comunità e
aumentare le opportunità economiche. In genere, ogni schieramento si considera
onesto e logico, e vede l‟altro come privo di rispettabilità e di buon senso.
La Terza Alternativa. La maggior parte dei conflitti ha due facce. La Prima
Alternativa è il mio modo, la Seconda è il tuo. Se stabiliamo una sinergia,
possiamo procedere verso una Terza Alternativa, ovvero il “nostro modo”, un
modo superiore, che rappresenta la via migliore per risolvere il conflitto.
Le radici profonde della mia mentalità si intrecciano con il concetto di identità.
Affermando di essere un ambientalista o un conservatore o un insegnante, non mi
limito a descrivere le convinzioni e i valori in cui credo; sto facendo molto di più:
sto dicendo chi sono. Pertanto, quando qualcuno attacca il mio schieramento,
colpisce anche me e l‟immagine che ho di me. In casi estremi, i conflitti di identità
possono degenerare e trasformarsi in guerre.
La mentalità delle Due Alternative è profondamente radicata in molte persone,
perciò come possiamo superarla? Di solito non lo facciamo. Continuiamo a
combattere oppure cerchiamo di raggiungere un instabile compromesso. Ecco
perché ci troviamo di fronte a così tante sconfortanti battute d‟arresto. Tuttavia, di
solito, il problema non riguarda i pregi del “fronte” a cui apparteniamo, ma il
nostro modo di pensare. Il vero problema è da ricercare nei nostri modelli mentali.
Il termine “modello” indica uno schema o un paradigma mentale che influenza il
nostro comportamento. È una sorta di mappa che ci aiuta a decidere in quale
direzione andare. La mappa determina ciò che facciamo e, di conseguenza, i
risultati che otteniamo. Cambiando il modello, si modifica anche il nostro
comportamento e i risultati che ne derivano.
Per esempio, quando il pomodoro venne portato per la prima volta in Europa
dalle Americhe, un botanico francese lo identificò come la temuta “pesca dei lupi”
di cui parlavano alcuni antichi studiosi. L‟uomo sosteneva che mangiare pomodori
avrebbe provocato spasmi e schiuma alla bocca, e avrebbe condotto alla morte. Di
conseguenza, i primi coloni europei in America non provarono neppure ad
assaggiarli, nonostante li facessero crescere nei loro giardini come pianta
ornamentale. Allo stesso tempo, una delle malattie più pericolose che si trovarono
ad affrontare fu lo scorbuto, causato dalla mancanza di vitamina C, di cui sono
molto ricchi i pomodori. La cura era proprio sotto i loro occhi, cionondimeno
questa malattia uccise tantissime persone a causa di un modello errato.
Dopo circa un secolo, il diffondersi di nuove informazioni portò a cambiare quel
paradigma. Gli italiani e gli spagnoli iniziarono a mangiare i pomodori. Si dice che
Thomas Jefferson li coltivasse e ne promuovesse il consumo. Oggi, il pomodoro è
l‟ortaggio più conosciuto al mondo ed è ritenuto molto salutare: averlo inserito
nell‟alimentazione quotidiana ci ha permesso di migliorare la nostra salute.
Cambiare modello ha questo grande potere.
Se io sono un ambientalista la mia mappa mentale avrà il desiderio di
preservarlo. Se tu, in quanto promotore dello sviluppo, hai una mappa mentale che
mostra solo giacimenti di petrolio, vorrai compiere una trivellazione per estrarlo. È
possibile che entrambi i modelli siano corretti. È vero che sulla Terra c‟è una
foresta incontaminata, ma è altrettanto vero che ci sono giacimenti petroliferi. Il
problema sta nel fatto che nessuna delle due rappresentazioni della realtà è
completa; e non potrà mai esserlo. Tornando all‟esempio precedente, si è scoperto
che le foglie della pianta del pomodoro sono velenose; quindi, in parte, il
paradigma anti-pomodoro era corretto. Sebbene alcune mappe mentali possano
essere più complete di altre, nessuna è mai del tutto soddisfacente, in quanto la
mappa non coincide con il territorio. Come disse D.H. Lawrence: “A lungo
termine, ogni mezza verità produce la contraddizione di se stessa, che corrisponde
alla mezza verità opposta.”
Se vedo soltanto la percezione della realtà fornita dalla Prima Alternativa (la mia
mappa incompleta), l‟unico modo che ho per risolvere il problema è cercare di
convincerti a cambiare il tuo modello, o addirittura ad accettare il mio punto di
vista. Solo così, inoltre, posso preservare l‟immagine che ho di me: io devo vincere
e tu devi perdere.
Vedere-Fare-Ottenere. I modelli che adottiamo determinano il nostro
comportamento che, a sua volta, genera le conseguenze delle nostre azioni.
Otteniamo dei risultati sulla base di ciò che facciamo, e ciò che facciamo dipende
da come vediamo il mondo che ci circonda.
Se, d‟altra parte, mi sbarazzo della mia mappa e seguo la tua (la Seconda
Alternativa), il problema da affrontare rimane lo stesso. Neppure tu sei in grado di
garantire che la tua percezione della realtà sia esatta e completa, pertanto,
seguendola, rischio di pagare un prezzo troppo alto. Tu potresti vincere, ma io
potrei perdere.
Potrebbe essere utile combinare le due mappe. In tal modo, ne avremmo una
complessiva che terrebbe conto delle prospettive di entrambi. Io potrei
comprendere il tuo punto di vista e tu il mio. Questo è il progresso. Ciononostante,
alcuni obiettivi potrebbero restare incompatibili. Io continuo a non volere che la
foresta venga toccata, e tu desideri ancora compiere una trivellazione per estrarre il
petrolio. Una conoscenza approfondita della tua mappa potrebbe indurmi a
ingaggiare una lotta ancora più feroce nei tuoi confronti.
È qui che arriviamo alla parte più entusiasmante. Ti guardo e dico: “Forse
possiamo trovare una soluzione migliore di quella che ognuno di noi ha in mente.
Sei disposto a cercare una Terza Alternativa alla quale nessuno di noi ha mai
pensato prima?”. È raro che qualcuno ponga questa domanda, eppure tale richiesta
rappresenta la chiave non solo per risolvere i conflitti, ma anche per trasformare il
futuro.
Il principio della sinergia
È possibile arrivare alla Terza Alternativa attraverso un processo chiamato
sinergia. Si parla di sinergia quando uno più uno fa dieci o cento o addirittura
mille! È il risultato che si ottiene quando due o più esseri umani rispettosi l‟uno
dell‟altro stabiliscono di comune accordo di superare le loro idee preconcette per
affrontare una sfida importante. La sinergia riguarda la passione, l‟energia,
l‟ingegno, l‟eccitazione di creare una nuova realtà di gran lunga migliore rispetto a
quella precedente.
Sinergia non significa compromesso. In un compromesso, uno più uno al
massimo fa uno e mezzo. Tutti perdono qualcosa. La sinergia non consente solo di
risolvere un conflitto ma anche di trascenderlo. Lo superiamo e diamo inizio a
qualcosa di nuovo, che genera una nuova promessa ed entusiasma le parti in causa,
trasformando il futuro. La sinergia è meglio del mio modo e del tuo. È il “nostro
modo”.
È un concetto difficile da comprendere. Una delle ragioni di tale difficoltà sta nel
fatto che il termine è stato screditato da un frequente uso improprio. Negli affari, il
termine “sinergia” viene spesso usato cinicamente come eufemismo per indicare
fusioni o acquisizioni nate solo per aumentare i profitti. Nella mia esperienza, ho
visto che se si vuole far strabuzzare gli occhi a qualcuno, basta pronunciare la
parola “sinergia”. Ciò avviene perché molte persone non l‟hanno mai realmente
sperimentata, neanche con moderazione. Spesso hanno udito questa parola da
manipolatori che ne distorcono il significato. Come disse un mio amico: “Quando
sento qualcuno in giacca e cravatta usare il termine „sinergia‟, so che il mio fondo
pensione è in pericolo.” Le persone non si fidano di questa parola. I loro leader le
inducono a mettersi sulla difensiva, a credere che tutto questo gran parlare di
“sinergia creativa, collaborativa, cooperativa” sia solo un modo diverso di dire
“ecco un altro sistema per sfruttarti”. E le menti che si mettono sulla difensiva non
sono mai né creative né collaborative.
La sinergia è un miracolo. È intorno a noi. Si tratta di un principio fondamentale
che opera in tutto il mondo naturale. Le sequoie intrecciano le loro radici per
diventare forti, difendersi dal vento e crescere fino a raggiungere altezze
incredibili. Le alghe verdi e i funghi si uniscono ai licheni per colonizzare la nuda
roccia e prosperare laddove nient‟altro riuscirebbe a crescere. Gli stormi che
volano formando una V fanno quasi il doppio della strada rispetto a un uccello che
vola da solo, grazie alla corrente d‟aria ascensionale generata dal battito delle loro
ali. Mettendo insieme due assi di legno, noterai che il peso che sono in grado di
sorreggere è esponenzialmente superiore a quello che il singolo pezzo può
sopportare da solo. Le minuscole particelle presenti in una goccia d‟acqua
cooperano per creare un fiocco di neve unico, diverso da tutti gli altri. In ognuno di
questi casi, il tutto è maggiore della somma delle singole parti.
Sinergia. Principio naturale secondo il quale il tutto è maggiore della somma delle
parti. Anziché adottare il mio o il tuo metodo, ci avviamo lungo il sentiero della
sinergia con l‟obiettivo di raggiungere risultati migliori e maggiormente produttivi.
Tu e io insieme siamo molto più forti di quanto lo siamo da soli.
Uno più uno fa due, eccezion fatta per le situazioni sinergiche. Per esempio, una
barra di ferro si rompe se una macchina vi esercita una pressione di 60.000 libbre
per pollice quadrato (PSI). Una barra di cromo delle stesse dimensioni si romperà a
circa 70.000 PSI, mentre una di nichel a circa 80.000 PSI. La somma di questi
valori è pari a 210.000 PSI. Ciò significa che ferro, cromo e nichel mescolati in
un‟unica barra riusciranno a sopportare una pressione pari a 210.000 PSI, giusto?
Sbagliato! Se li mescoliamo secondo proporzioni ben precise, la barra di metallo
riuscirà a reggere ben 300.000 PSI! Si tratta di 90.000 libbre di forza aggiuntiva
che sembrano essere venute dal nulla. Una volta uniti, i suddetti metalli hanno il 43
per cento di forza in più rispetto a quella che avrebbero se fossero separati. Questo
è un esempio di sinergia.3
Questa forza extra rende possibile il funzionamento dei motori a reazione. Il
forte calore e la pressione del getto del reattore fonderebbero qualsiasi altro
metallo più debole. Ma la lega acciaio-cromo-nichel può sostenere temperature ben
più elevate di quelle che potrebbe sopportare il comune acciaio.
Il principio della sinergia è valido anche per gli esseri umani. Insieme, le persone
possono fare cose che non riuscirebbero nemmeno a pensare, se si basassero
esclusivamente sulle loro forze.
La musica ne è un esempio straordinario. Ritmi, melodie, armonie e stili
individuali si combinano per creare nuove trame, nuove sfumature e profondità
sonore. I musicologi affermano che per gran parte della storia umana, la musica è
stata un‟arte di improvvisazione: la gente si limitava a suonare o a cantare insieme
ciò che era più adatto al momento. Quella di mettere la musica per iscritto secondo
una forma fissa è una recente evoluzione. Ancora oggi, alcuni dei generi più
avvincenti, come il jazz, vengono improvvisati.
Un accordo musicale è costituito da diverse note suonate contemporaneamente.
Le note non perdono il loro carattere individuale, ma insieme creano una sinergia
(un‟armonia) che da sole non potrebbero produrre. Così come avviene con le note
musicali, anche le persone sinergiche mantengono la loro identità; combinano le
loro forze con quelle di altri individui per produrre un risultato di gran lunga
superiore a quello che si potrebbe raggiungere restando da soli.
Nello sport, la sinergia prende il nome di “chimica”. Alcuni grandi team sportivi
godono di quel tipo di sinergia che consente loro di battere squadre supportate da
una tifoseria sfegatata e composte da atleti di maggior talento, ma privi di sinergia.
Non è possibile prevedere il risultato che la squadra otterrà in base all‟abilità dei
giocatori. Le prestazioni del gruppo superano di molto la somma delle capacità dei
singoli giocatori.
Il massimo esempio di sinergia umana è, ovviamente, la famiglia. Ogni figlio è
una “Terza Alternativa”, un essere umano distinto, dotato di capacità che non sono
mai esistite prima e che non sarà più possibile riprodurre. Queste attitudini non
possono essere predeterminate sommando semplicemente le capacità di ciascun
genitore. La particolare combinazione di doti umane in quel bambino è unica
nell‟universo, e il suo potenziale creativo è enorme. Il grande Pablo Casals disse:
“Il bambino deve sapere che è un miracolo, e che da quando è nato il mondo, fino
alla fine dei giorni, non c‟è stato e mai ci sarà un altro bambino come lui.”
La sinergia è l‟essenza stessa della famiglia. Ogni suo membro conferisce un
sapore diverso a questa combinazione. Quello che succede quando un bambino
sorride alla madre va al di là della semplice simbiosi, del vivere insieme per trarre
profitto l‟uno dall‟altra. Come dice il mio amico Colin Hall, il termine sinergia non
è altro che un ulteriore modo per definire l‟amore.
Esistono molti esempi come questi, che possono illustrare la capacità della
sinergia di cambiare il mondo. Essa però può trasformare anche l‟ambito
lavorativo e la tua stessa vita. Senza sinergia, il tuo lavoro sarà stagnante. Non
crescerai e non conoscerai nessun miglioramento. La concorrenza di mercato e i
cambiamenti tecnologici si sono intensificati a tal punto che, se non si è dotati di
una mentalità sinergica positiva, si rischia di diventare rapidamente obsoleti. Senza
sinergia, non c‟è crescita. Entrerai in una spirale vorticosa verso il basso,
caratterizzata da una continua riduzione dei prezzi che alla fine ti impedirà di
lavorare. Al contrario, sviluppando una mentalità sinergica positiva, sarai sempre
all‟avanguardia ed entrerai in un circolo virtuoso verso l‟alto, in vista di una
maggiore crescita.
Esiste anche una sinergia negativa. Si manifesta quando il circolo vizioso viene
accelerato da forze emergenti. Per esempio, è noto che sia il fumo sia l‟amianto
provocano il cancro ai polmoni. Se fumi e respiri amianto, le probabilità di
ammalarti sono di gran lunga superiori rispetto a quelle che si ottengono
sommando i tassi di incidenza delle singole condizioni. Se non ti dedichi
deliberatamente alla sinergia positiva, rischi di trovarti intrappolato da una
confluenza di forze negative.
La sinergia positiva non è incrementale. È possibile perfezionare un prodotto
grazie a un regolare processo di miglioramento, ma così facendo è improbabile che
ne inventi uno nuovo. La sinergia non è solo la risposta al conflitto umano, ma è
anche il principio che permette di realizzare tutto ciò che è davvero innovativo nel
mondo. È la chiave per compiere salti quantici in termini di produttività. È la forza
mentale propulsiva che sta dietro alla genuina creatività.
Prendiamo in considerazione alcuni casi, a livello nazionale, personale e
organizzativo, in cui la sinergia ha cambiato le regole del gioco.
La non violenza creativa
Quando incontrai Arun Gandhi, nipote del leggendario Mahatma, mi raccontò le
riflessioni che aveva fatto sulla vita di suo nonno.
Paradossalmente, se non fosse stato per il razzismo e il pregiudizio, non
avremmo mai avuto un Gandhi. È stata la sfida, il conflitto. Mio nonno avrebbe
potuto essere l’ennesimo avvocato di successo, in grado di guadagnare un sacco di
soldi. Ma a causa dei pregiudizi diffusi in Sudafrica, subì un’umiliazione, a meno
di una settimana dal suo arrivo. Venne buttato giù da un treno per il colore della
sua pelle. La cosa lo mortificò talmente tanto che rimase seduto sulla banchina
della stazione tutta la notte, domandandosi cosa avrebbe potuto fare per ottenere
giustizia. La sua prima reazione fu la rabbia. Era così in collera che desiderava
trionfasse la legge dell’occhio per occhio. Voleva rispondere con la violenza alle
persone che lo avevano umiliato. Ma poi si fermò e disse: “Non è giusto.” Così
non avrebbe avuto giustizia. Quell’atteggiamento gli avrebbe procurato una
soddisfazione momentanea, ma non gli avrebbe fatto ottenere la giustizia che
auspicava. Avrebbe solo perpetuato il ciclo del conflitto.
Da quel momento in poi, Gandhi sviluppò la filosofia della non violenza e la
mise in pratica nella sua vita e nel suo impegno per la giustizia in Sudafrica.
Rimase in quel Paese per ventidue anni. Poi se ne andò e portò il movimento in
India, contribuendo alla nascita di un Paese indipendente, cosa che nessuno
avrebbe mai immaginato possibile.4
Gandhi è uno dei miei eroi. Non era perfetto, e non realizzò tutti i suoi obiettivi.
Ma trovò la sinergia dentro di sé. Inventò una Terza Alternativa: la non violenza
creativa. Trascese la mentalità delle Due Alternative. Non scappò, né rispose alla
violenza con la lotta. Combattere è una cosa che fanno gli animali: quando sono
messi alle strette, o lottano o fuggono. Anche chi ragiona secondo la logica delle
Due Alternative si comporta in questo modo: combatte o fugge.
Gandhi cambiò la vita di oltre trecento milioni di persone utilizzando la sinergia.
Oggi l‟India conta più di un miliardo di abitanti. È un posto straordinario, dove è
possibile sentire l‟energia e il vigore economico e spirituale delle persone
meravigliose e indipendenti che lo abitano.
La lezione di musica
Un giorno, una donna, che chiameremo Nadia, vide la sua bambina piangere
mentre usciva da scuola portandosi dietro la custodia del violino. La piccola di otto
anni singhiozzando raccontò alla madre che l‟insegnante non avrebbe più tenuto
lezioni di musica in classe. Durante la notte, la rabbia di Nadia, che a sua volta era
una violinista diplomata, montò sempre di più. Non riusciva a dormire pensando
alla delusione che aveva letto sul volto della figlia e pianificò nel dettaglio
l‟invettiva che avrebbe lanciato contro l‟insegnante.
Al mattino però ci ripensò e decise che prima di partire all‟attacco avrebbe
dovuto capire con esattezza cosa stesse succedendo. Si recò a scuola per tempo in
modo da poter parlare con l‟insegnante prima della lezione. “Mia figlia ama il
violino,” disse, “e mi domando per quale ragione i bambini non possano più
esercitarsi a suonare a scuola.” Con sua grande sorpresa, l‟insegnante scoppiò a
piangere. “Non abbiamo più tempo per le lezioni di musica,” spiegò. “Dobbiamo
dedicare tutto il tempo di cui disponiamo alle materie di base come la lettura e la
matematica.” Si trattava di una disposizione governativa.
Per un attimo Nadia pensò di sferrare un attacco contro il governo, ma poi disse:
“Ci deve essere un sistema per fare in modo che i bambini acquisiscano le
competenze di base e contemporaneamente imparino la musica.” L‟insegnante
batté le palpebre per un attimo. “Certo, la musica è matematica.” A questo punto, il
cervello di Nadia cominciò a lavorare vorticosamente. E se le conoscenze di base
fossero state insegnate attraverso la musica? Le due donne si guardarono e
scoppiarono a ridere perché avevano avuto la stessa illuminazione. Nell‟ora
successiva furono travolte da un impetuoso e quasi magico flusso di idee.
Poco dopo Nadia iniziò a collaborare come volontaria alle lezioni nella classe di
sua figlia; lo faceva ogni volta che poteva. Insieme, lei e l‟insegnante spiegavano le
diverse materie utilizzando la musica. Gli alunni svolgevano le frazioni non solo
con i numeri, ma anche con le note musicali (due crome equivalgono a una
semiminima). Attraverso il canto, recitavano le poesie con più facilità. La storia
prese vita nel momento in cui iniziarono a studiare i grandi compositori e le loro
epoche, suonando la musica che avevano composto. Inoltre, impararono qualche
parola straniera intonando i canti popolari originari di altri Paesi.
La sinergia tra il genitore amante della musica e l‟insegnante era importante
quanto quella tra la musica e le conoscenze di base. Gli alunni appresero
rapidamente sia l‟una che le altre. Poco dopo, altri docenti e genitori vollero
ripetere l‟esperimento. Col tempo, anche il governo si interessò a questa Terza
Alternativa.
Qualità Totale
Nel 1940 il professore di gestione aziendale W. Edwards Deming cercò di
convincere gli industriali americani che fosse necessario migliorare la qualità dei
loro prodotti, ma essi decisero di ipotecare il futuro tagliando i costi della Ricerca e
Sviluppo e concentrandosi sui profitti a breve termine. Si tratta di un modo di
pensare tipico della mentalità orientata alle Due Alternative: bisogna scegliere tra
alta qualità e riduzione dei costi; non è possibile avere entrambe le cose. Si trattava
di un concetto risaputo. In America, la domanda di profitti a breve termine
comportò un risparmio sempre maggiore sulla qualità, e ciò innescò un circolo
vizioso. Si sviluppò un atteggiamento mentale del genere: come possiamo farla
franca? In che modo possiamo incidere negativamente sulla qualità del prodotto
prima che i clienti si ribellino?
Rifiutato in America, Deming andò in Giappone. Egli sosteneva che i difetti si
insinuano all‟interno di ogni processo produttivo e prima o poi allontanano i
clienti; pertanto, l‟obiettivo della produzione dovrebbe essere quello di ridurre
progressivamente l‟incidenza del malfunzionamento sul prodotto. Gli industriali
giapponesi combinarono l‟idea di Deming con la loro filosofia kanban, che mette il
controllo della produzione nelle mani dei lavoratori. Il termine kanban significa
“mercato”; i lavoratori in fabbrica hanno la possibilità di scegliere le componenti,
come se facessero la spesa al supermercato. L‟obiettivo è migliorare la produzione.
Il risultato di questa combinazione di idee fu una vera e propria novità nel mondo,
una Terza Alternativa: nacque la “Gestione totale della qualità”, il cui obiettivo era
quello di concentrarsi sul miglioramento continuo delprodotto e
contemporaneamente sulla riduzione dei costi. Ne derivò un nuovo atteggiamento
mentale: in che modo è possibile migliorare il prodotto?
Il modo di pensare tipico delle Due Alternative
Come dimostrano questi esempi, la mancanza di una forma mentis improntata alla
Terza Alternativa costituisce il più grande ostacolo alla sinergia. Le persone che
adottano l’atteggiamento mentale delle Due Alternative nell’affrontare una
determinata questione non riusciranno mai a raggiungere la sinergia, se prima
non ammettono che quest’ultima è perlomeno possibile. Chi pensa seguendo la
logica delle Due Alternative vede solo la competizione, e non la collaborazione;
per queste persone, vale sempre la regola “noi contro di loro”. Chi manifesta
questo tipo di mentalità vede solo falsi dilemmi e segue sempre il medesimo
principio: “O si fa a modo mio o niente.” Chi ragiona secondo questa logica
soffre di una sorta di daltonismo: riesce a vedere solo il blu e il giallo, non il
verde.
La mentalità delle Due Alternative è dappertutto. La sua manifestazione più
estrema è la guerra ma, senza arrivare a tanto, ne vediamo le conseguenze quando
ci facciamo coinvolgere in una “Grande Disputa”. Ne abbiamo un esempio
quando i liberali si tappano le orecchie per non ascoltare quello che dicono i
conservatori, e viceversa. Oppure quando gli imprenditori sacrificano gli interessi
aziendali di lungo periodo per garantirsi un guadagno a breve termine, ma anche
quando qualcuno di loro sostiene di essere un “visionario lungimirante”, mentre
l’azienda gli crolla intorno perché si rifiuta di prendere in considerazione il breve
periodo. Lo vediamo nella persona religiosa che rifiuta la scienza, e nello
scienziato che non attribuisce alcun valore alla religione. (Nelle università di
Londra gli scienziati evitano di pranzare insieme ai teologi nella sala mensa di
facoltà!)
Spesso, chi pensa secondo la logica delle Due Alternative non riesce a vedere gli
altri come esseri umani dotati di una propria individualità; bada solo alle loro
ideologie. Non dà valore ai diversi punti di vista, e pertanto non si sforza di
comprenderli. A volte finge di rispettarli, ma in realtà non vuole ascoltare, solo
manipolare. Passa all’offensiva perché si sente insicuro: sono in gioco il suo
territorio, l’immagine che ha di sé, la sua identità. In definitiva, la strategia che
adotta per affrontare le differenze è quella del “cerca e distruggi”. Per queste
persone, uno più uno fa zero, o anche meno. La sinergia non può prosperare in un
contesto simile.
Due Alternative. In un conflitto, siamo abituati a vedere schierato il nostro modo
di fare contro quello dell’avversario. Le persone con una forma mentis sinergica
scelgono entrambe le posizioni o superano questa mentalità ristretta per elaborare
una Terza soluzione Alternativa.
Potresti chiederti: “È possibile entrare in sinergia con tutti?”. Sarebbe molto
difficile riuscirci con individui affetti da disabilità cognitive o emotive che non
sono in grado di controllare gli impulsi. Naturalmente, non si può stabilire una
sinergia con un soggetto psicopatico. Ma la maggior parte delle persone non sono
altro che “persone”. Il problema più insidioso del modo di pensare delle Due
Alternative è rappresentato dalla trappola bipolare in cui noi, individui ordinari e
razionali, rischiamo di cadere con facilità. L‟illustrazione a pagina 26 ci mostra in
cosa consiste: “Quelli che stanno dalla mia parte sono [scegli dall‟elenco della
colonna A]. Quelli che stanno dalla tua sono [scegli dall‟elenco della colonna B].”
A
B
Buoni
Cattivi
Generosi
Crudeli
Intelligenti
Stupidi
Saggi
Sciocchi
Ragionevoli
Irragionevoli
Virtuosi
Malvagi
Accomodanti
Bugiardi
Geniali
Idioti
Patriottici
Traditori
I migliori del mondo I peggiori del mondo
Credevo che la maggior parte degli adulti fosse superiore a questo genere di
cose, che comprendesse la complessità del mondo in cui viviamo. Ma, prestando
attenzione a quello che dicono i media ultimamente, e accorgendomi di quanta
gente si arricchisca promuovendo la mentalità delle Due Alternative, non ne sono
più tanto sicuro.
Inoltre, questo modo di pensare ci preoccupa quando ci troviamo ad affrontare
un dilemma, un problema senza un‟apparente soluzione soddisfacente. Si tratta di
questioni di cui sentiamo parlare continuamente. Un insegnante dice: “Non posso
lavorare con questo studente, ma non posso nemmeno evitarlo.” Un uomo d‟affari
afferma: “Non possiamo far crescere gli affari senza un incremento di capitale, ma
non possiamo nemmeno fare aumentare il capitale, se non facciamo crescere gli
affari: è un circolo vizioso.” Un politico dichiara: “Non possiamo permetterci di
garantire un buon livello di assistenza sanitaria a tutti, né possiamo lasciar soffrire
la gente che non riesce a pagare.” Un direttore vendite asserisce: “Due dei miei più
bravi venditori parlano continuamente male l‟uno dell‟altro e si screditano a
vicenda. Ma senza di loro, perderemmo i nostri migliori clienti.” Una moglie dice
del marito: “Non riesco a vivere con lui, ma nemmeno senza di lui.”
I corni del dilemma
Sapere di avere solo due alternative ugualmente terribili può essere angosciante.
Per gli antichi greci ciò significava trovarsi tra “i corni del dilemma”, perché era
come essere di fronte a un toro pronto ad attaccare: qualunque sia il corno che ti
colpisce, vieni trafitto.
Di fronte a questi dilemmi, l‟insicurezza di chi pensa secondo la logica delle Due
Alternative è comprensibile. Alcune persone alzano le mani in segno di resa. Altre
afferrano un “corno” e trascinano con sé tutto il resto. Sono così ossessionate
dall‟idea di essere nel giusto, che difendono la loro posizione anche se lo scontro le
ha lasciate sanguinanti. Ci sono individui che scelgono addirittura un corno su cui
morire perché sentono di doverlo fare; non riescono a vedere una Terza
Alternativa.
Troppo spesso facciamo fatica a comprendere che ci troviamo di fronte a un
falso dilemma, ed è un peccato, dal momento che ciò avviene nella maggior parte
dei casi. Vediamo falsi dilemmi dappertutto. Durante i sondaggi si fanno domande
del tipo: “Sei a favore della soluzione repubblicana o di quella democratica? Sei
favorevole o contrario alla legalizzazione delle droghe? È giusto o sbagliato usare
gli animali per la ricerca? Sei con noi o contro di noi?”. Questi interrogativi non ci
permettono di andare oltre la mentalità delle Due Alternative (ed è quello che
vuole l‟intervistatore, di solito!). Oltre ai due estremi del dilemma ci sono quasi
sempre altre possibilità, ma le persone che ragionano secondo la logica delle Due
Alternative non riescono a coglierle. Raramente ci chiediamo se esiste una risposta
migliore, una Terza Alternativa. Nessun sondaggista ci porrà mai questa domanda.
Il grande gruppo di mezzo
Una reazione che indebolisce il pensiero delle Due Alternative è quella di smettere
di sperare. In ogni Grande Disputa c‟è sempre un “grande gruppo di mezzo”, vale a
dire un insieme di persone che non si identifica con nessuno dei due poli. In
genere, questi individui vengono scoraggiati dagli estremi di questo modo di
pensare dicotomico. Credono nel lavoro di squadra e nella collaborazione e
prendono in considerazione il punto di vista altrui, ma non riescono a trovare una
Terza Alternativa. Non sono realmente convinti che vi sia una soluzione concreta a
un eventuale conflitto con il datore di lavoro, a un matrimonio infelice, a una causa
giudiziaria o allo scontro tra Israele e Palestina. Si tratta di quel genere di persone
che dicono: “Non andiamo d‟accordo. Non siamo compatibili. Non c‟è una
soluzione.”
Credono nel compromesso, e ritengono che sia la cosa migliore che si possa
ottenere. Il compromesso gode di un‟ottima reputazione, e probabilmente ha
impedito che molti problemi peggiorassero. Secondo i dizionari, entrambe le parti
“rinunciano a qualcosa, sacrificano o abbandonano” alcuni dei loro interessi
personali, al fine di arrivare a un accordo. In questo caso, si parla di situazione
“lose-lose”, io-perdo-tu-perdi, che è il contrario di quella “win-win”, io-vinco-tuvinci. Le persone che raggiungono un compromesso possono sentirsi soddisfatte,
ma non saranno mai felici. Col tempo, il rapporto si indebolisce e molto spesso la
disputa si riaccende.
Dal momento che vivono in un mondo lose-lose, io-perdo-tu-perdi, chi si trova
nel Grande gruppo di mezzo non ha grandi speranze. Spesso si tratta di individui
impegnati nel lavoro, ma che apportano una scarso contributo personale e non
sfruttano appieno il loro potenziale. Questi soggetti tendono a vedere la vita
attraverso le lenti dell‟era industriale, ormai obsolete. Il loro compito è quello di
presentarsi sul posto di lavoro e svolgere meccanicamente delle mansioni, non di
trasformare il mondo o creare un nuovo futuro. Sono buoni giocatori ma non sono
in grado di cambiare le regole del gioco. Nessuno chiede loro di fare altro.
Naturalmente, il loro scetticismo è un meccanismo di difesa nei confronti della
mentalità delle Due Alternative. “Una sciagura su entrambe le vostre case” è la
loro risposta silenziosa quando vengono coinvolti in una disputa territoriale al
lavoro o in uno scontro tra familiari. E le loro difese si alzano non appena si ha un
cambio di leadership o viene attuata una nuova strategia. “Bando ai vecchi sistemi,
è ora di impiegarne di nuovi. Saremo un‟organizzazione snella, dalle alte
prestazioni!”. Queste persone leggono tra le righe: “Non pensi che dovresti
rinunciare ai tuoi benefit/accettare una riduzione di stipendio/fare il lavoro di due
persone affinché i profitti crescano? Non sei d‟accordo sul fatto che tutti
dovrebbero rinunciare a qualcosa?”. Ovviamente sono d‟accordo. Non vengono
mai consultati, sono considerati intercambiabili e sanno ormai da tempo che non
devono farsi illusioni.
Spesso, quindi, una triste conseguenza dell‟esistenza di un Grande gruppo di
mezzo è il cancro in metastasi del cinismo. I rappresentanti di questa categoria di
persone vedono con sospetto chiunque mostri entusiasmo e disprezzano le nuove
idee. Hanno una reazione allergica quando sentono la parola “sinergia”. Non ne
hanno mai fatto esperienza.
I modelli della sinergia
Come abbiamo visto, gli individui che superano la mentalità delle Due Alternative
e passano all‟atteggiamento mentale della sinergia, come Gandhi, Deming e Nadia
(la madre appassionata di musica) sono rari, ma esercitano una grande influenza,
sia sul piano creativo che su quello produttivo. Danno subito per scontato che ogni
dilemma sia falso. Sono responsabili del cambiamento di modello, sono degli
innovatori, sono coloro che cambiano le regole del gioco.
Se vogliamo unirci a loro e procedere verso la mentalità della Terza Alternativa,
dobbiamo modificare i nostri paradigmi, seguendo quattro criteri. (Vedi figura a
pagina 30). Sappi sin d‟ora che non è facile farlo. Sono modelli controintuitivi. Ci
allontanano dall‟egoismo e ci conducono verso un sincero rispetto degli altri. Ci
distolgono dalla necessità di trovare sempre la risposta “giusta”, e ci aiutano a
cercare quella “migliore”. Ci spingono verso percorsi imprevedibili, dato che
nessuno sa quali caratteristiche avrà la Terza Alternativa.
Il grafico a pagina 30 mette a confronto i quattro modelli della mentalità delle
Due Alternative con quelli della Terza Alternativa. Noterai che a ogni passaggio, la
mentalità delle Due Alternative si allontana sempre di più dalle soluzioni creative,
che sono possibili soltanto adottando i modelli tipici del pensiero della Terza
Alternativa. Ogni paradigma è il fondamento di quello successivo, pertanto la
sequenza è importante. Perché?
Mentalità della Terza Alternativa. Per arrivare a una Terza Alternativa, devo
prima praticare l‟autoconsapevolezza e tenere in considerazione il punto di vista
che tu rappresenti. Poi devo cercare di comprenderlo appieno. Solo allora potremo
passare alla sinergia.
Gli psicologi ci dicono che la prima condizione per guarire è dimostrare
“sincerità, autenticità e congruenza”. Se smettiamo di indossare una maschera o di
mostrare una facciata, abbiamo maggiori possibilità di raggiungere la sinergia.
Pertanto, il primo paradigma è “Mi vedo”. Ciò significa che sono consapevole di
me stesso: ho sondato le mie ragioni, le mie incertezze e i miei pregiudizi con il
cuore in mano. Ho esaminato le mie personali supposizioni. Sono pronto a essere
sincero con te.
La seconda condizione vuole che io ti accetti, ti apprezzi e mi prenda cura di te.
Carl Rogers, uno dei miei autori preferiti, anzi il mio eroe, definisce questo
atteggiamento “considerazione positiva incondizionata”. Si tratta di un sentimento
positivo e aperto nei tuoi confronti, perché ti considero un essere umano completo
e non un insieme di atteggiamenti, comportamenti e convinzioni. Per me non sei
una cosa, sei una persona. “Ti vedo” come una sorella, un fratello, un figlio di Dio.
Mentalità delle Due
Mentalità della Terza Alternativa
Alternative
1 Vedo solo il mio
“schieramento”.
2 Ti considero uno
stereotipo.
3 Mi difendo da te,
perché ti sbagli.
4 Ti attacco.
Ci facciamo guerra a
vicenda.
Vedo me stesso indipendentemente dallo “schieramento” a cui
appartengo.
Ti vedo - come un essere umano, non solo come un rappresentante
del tuo “schieramento”.
Cerco di trovarti, perché tu vedi le cose in modo diverso.
Entro in sinergia con te. Insieme possiamo creare un futuro
meraviglioso; un futuro che mai nessuno avrebbe potuto
immaginare.
La terza condizione è la comprensione empatica, che può verificarsi solo se ho
accettato i due modelli precedenti. Empatia significa entrare nel mondo dal quale
proviene l‟altra persona e capire la sua realtà. L‟empatia è rara; la doniamo e la
riceviamo di rado. Al contrario, come dice Rogers, “ciò che offriamo è un altro
tipo di comprensione, che è molto diversa: „Capisco cosa c‟è di sbagliato in te‟”. In
realtà, il paradigma efficace è “Cerco di trovarti”, al fine di cogliere appieno ciò
che hai nel cuore, nella mente e nell‟anima, senza esprimere un giudizio su di te.
Le nuove idee si sviluppano meglio in un clima di autentica comprensione
reciproca.
Dobbiamo soddisfare le prime tre condizioni per arrivare alla quarta. Dopodiché,
possiamo imparare, crescere e raggiungere insieme una soluzione “win-win”, che
rappresenti una novità per entrambi. “Entro in sinergia con te” solo quando ho
un‟autentica considerazione positiva di entrambi e quando comprendo con
chiarezza cosa sta succedendo nel tuo cuore e nella tua mente. “Entro in sinergia
con te” solo quando supero la ristretta mentalità secondo la quale esistono
esclusivamente due possibili alternative, e una delle due è sbagliata. “Entro in
sinergia con te” solo quando adotto la mentalità dell‟abbondanza, che teorizza
l‟esistenza di infinite soluzioni eccitanti, gratificanti e creative, alle quali non
abbiamo mai pensato prima.5
Esaminiamo nel dettaglio ognuno di questi modelli.
Paradigma uno: Mi vedo
Il primo paradigma prevede che io veda me stesso come un essere umano unico,
dotato di autonomia di giudizio e di azione.
Che cosa vedo quando mi guardo allo specchio? Vedo una persona riflessiva,
rispettosa, di sani principi e di mentalità aperta? O un individuo che ritiene di
conoscere tutte le risposte e disprezza chi si trova dall‟“altro lato” del conflitto?
Penso in maniera autonoma oppure le mie idee sono il frutto di qualcosa che altri
hanno elaborato per me?
Non sono la mera rappresentazione del “mio schieramento” nell‟ambito di una
controversia. Sono di più della somma dei miei pregiudizi, dell‟appartenenza
politica e dei preconcetti. I miei pensieri non sono predeterminati dalla famiglia,
dalla cultura o dall‟azienda in cui lavoro. Non sono, per parafrasare George
Bernard Shaw, un piccolo mucchio egoista di lamentele che si lagna del fatto che il
mondo non si adeguerà al mio, al “nostro”, modo di pensare. Posso mentalmente
prendere le distanze da me stesso e osservare in che modo i miei modelli
influenzano le azioni che compio.
Il paradigma “Mi vedo” è in netto contrasto con il classico modello“Vedo il mio
„schieramento‟”, come indicato nelle colonne contrapposte della figura a pagina
26. In ogni conflitto, il nostro modo di vedere le cose determina quello che
facciamo, e quello che facciamo determina i risultati che otteniamo.
Se vedo me stesso come qualcosa di definito da elementi esterni significa che sto
adottando un paradigma inefficace, in base al quale, attribuisco valore solo a ciò
che proviene dal di fuori. Essere definiti significa essere fissi e limitati. Gli esseri
umani invece sono liberi di scegliere cosa vogliono essere e fare; questo è
fondamentale per la nostra umanità. Quando qualcuno dice di essere un
ambientalista, in realtà significa che condivide alcune idee sull‟ambiente con altre
persone. Non vuol dire che è solo un ambientalista; è anche una donna, la figlia di
qualcuno, forse una moglie o una fidanzata. Inoltre, è possibile che sia una
musicista, un avvocato, una cuoca o un‟atleta.
Mi vedo. Mi vedo come un essere umano creativo, consapevole di essere molto di
più dello “schieramento” che sostengo in un conflitto. Posso condividere certe
convinzioni o appartenere a determinati gruppi, ma questi non mi definiscono.
Sono io a scegliere la mia “storia”.
Il punto è che nessuno di questi ruoli la definisce del tutto. Se si guarda con
attenzione allo specchio, vedrà qualcosa che va oltre i ruoli che interpreta. Scoprirà
il suo sé: una personalità riflessiva, indipendente, creativa, che trascende ogni
definizione.
Quando un leader si definisce un imprenditore razionale, pratico, ostinato, è
probabile che sia destinato a fallire. Rischia di perdere tutto nonostante prenda
delle decisioni che ritiene “giuste” in base alla sua formazione MBA (Master of
Business Administration) e ai suoi presupposti. Succede ogni giorno, e non c‟è
niente di nuovo in tutto ciò. Più di duemila aziende sono riuscite a entrare nella
classifica Fortune 500 [Ndr: Lista annuale compilata e pubblicata dalla rivista
Fortune che classifica le 500 maggiori imprese societarie statunitensi misurate
sulla base del loro fatturato (fonte Wikipedia)] dagli anni Cinquanta a oggi, ma la
stragrande maggioranza di esse non esiste più. Abbiamo visto con i nostri occhi
quanto fragile si sia dimostrata questa mentalità nella difficile situazione
economica degli ultimi anni. Gli osservatori, come l‟illustre docente di economia
aziendale Henry Mintzberg, temono che alla base di questo ciclo di continui
tracolli finanziari vi sia l‟arrogante cultura MBA.6
Mi vedo
Vedere Mi vedo come un essere umano
creativo, consapevole di essere molto
di più dello “schieramento” che
sostengo. Posso condividere certe
convinzioni o appartenere a
determinati gruppi, ma questi non mi
definiscono. Ciò che penso mi viene
da dentro.
Fare
Rifletto sui miei pensieri. Metto in
discussione i miei presupposti, così
come quelli degli altri.
Ottenere Coinvolgimento creativo con le altre
persone.
Vedo il mio “schieramento”.
La visione che ho di me è influenzata
dall‟appartenenza ad alcuni gruppi: il mio
“schieramento”, il mio partito, la mia
azienda, il mio Paese, la mia identità
sessuale, la mia razza. Mi definisco un
conservatore, un lavoratore, una femminista
o un malvivente, anziché un individuo. Ciò
che penso viene dall‟esterno.
Le mie idee sono quelle del gruppo. Ho
ragione io: perché dovrei mettere in
discussione i miei presupposti?
Conflitti distruttivi con altre persone.
Ovviamente, tutti noi ci sentiamo in gran parte definiti dalla nostra cultura.
Tendiamo a vestirci, a parlare, a mangiare, a giocare e a pensare come le persone
con cui ci identifichiamo. Non importa se siamo uomini d‟affari, ballerini, preti,
politici o funzionari di polizia. Indossiamo la divisa. Diamo retta agli esperti.
Guardiamo i film. Parliamo lo stesso linguaggio.
Il filosofo Owen Flanagan lo spiega così: “Siamo nati in famiglie e comunità
caratterizzate da un‟immagine ferma e immutabile delle persone. Non abbiamo
voce in capitolo in merito alla collocazione nello spazio delle rappresentazioni
provenienti dal nostro ambiente. L‟immagine ci precede, spesso di molti secoli...
Una volta raggiunta l‟età in cui siamo in grado di esercitare un certo controllo,
partiamo proprio da quella rappresentazione, dalla storia che abbiamo già
profondamente assimilato, una trama che fa parte ormai dell‟idea che abbiamo di
noi stessi.”7 Possiamo persino trasformarci in tenaci difensori di quell‟idea, anche
quando inizia ad assomigliare sempre meno a ciò che siamo e sempre più a
un‟immagine imposta dall‟esterno.
Il furto di identità reale
Si sente molto spesso parlare di furto di identità: succede quando qualcuno ci ruba
il portafoglio, si spaccia per noi e utilizza le nostre carte di credito. Ma il furto di
identità più grave avviene quando ci lasciamo inghiottire dalle definizioni che gli
altri ci affibbiano. Ci immergiamo così profondamente nei programmi altrui, nella
storia culturale, nelle pressioni politiche e sociali, che perdiamo il senso di chi
siamo e di ciò che possiamo fare nella vita. Ritengo che sia questo “il vero furto di
identità”. È un reato molto concreto e continua a essere perpetrato semplicemente
perché le persone non sanno distinguere tra la propria mente e quella della cultura
di appartenenza.
I nostri politici si lasciano sempre paralizzare dai furti d‟identità. Anche quelli
con le migliori intenzioni, quelli che esordiscono con una mente libera e la
massima integrità, finiscono per lasciarsi sottrarre l‟identità. È la forza della
mentalità delle Due Alternative a guidare il loro comportamento, anziché
l‟autonomia di giudizio. Come dice l‟ex membro del Congresso degli Stati Uniti:
“Si radunano impotenti dietro le linee di partito. Così sembra che non ci sia più una
via d‟uscita.”8
Quando l‟uomo creò lo specchio, iniziò a perdere la sua anima. Cominciò a
preoccuparsi più della sua immagine che del suo sé. In questo modo, racconta a se
stesso una storia che risulta essere in linea con l‟immagine sociale:
“Odio questi incontri politici, ma da bravo membro del partito è giusto che io
sia qui.”
“Ora tocca a quel tizio dell’opposizione parlare. Non so perché sprechino il
loro tempo.”
“Come fa la gente a credere a cose del genere? Perché non usano un po’ di
buon senso? Io sono una persona schietta, concreta. Perché non possono essere
come me? Sono ciechi?”.
“Be’, ha detto una cosa sensata. Ma aspetta: non può aver detto una cosa
sensata. Fa parte dell’opposizione.”
“Non riesco a capire come faccia un uomo così assennato a perseverare
nell’errore.”
Può essere un duro colpo per l‟immagine che abbiamo di noi stessi a livello
culturale riconoscere il valore di una rappresentazione che va controcorrente.
“Vuoi dire che non siamo totalmente nel giusto e che non siamo gli unici detentori
della verità? È possibile che anche i nostri oppositori possano in qualche modo
vantare di avere ragione e di conoscere la verità?”. Eppure, abbiamo tutti la
possibilità di trascendere l‟immagine culturale che abbiamo di noi stessi. Possiamo
liberarci delle divise che indossiamo, delle opinioni diffuse e di tutti gli altri
simboli dell‟omologazione.
Innanzitutto, non siamo macchine preimpostate. A differenza di una macchina,
di un orologio o di un computer, ognuno di noi ha la capacità tipicamente umana di
vedere oltre i programmi culturali. Siamo autoconsapevoli, cioè abbiamo la
capacità di uscire mentalmente fuori da noi stessi e di giudicare le nostre
convinzioni e azioni. Possiamo riflettere sui nostri pensieri. Possiamo mettere in
discussione i presupposti su cui ci basiamo. Una macchina non è in grado di farlo.
In quanto esseri umani consapevoli, siamo liberi di fare delle scelte, siamo creativi,
e abbiamo una coscienza. Questa consapevolezza ci rende sicuri di noi.
In secondo luogo, da soli non riusciamo mai a vederci del tutto. Quando ci
guardiamo allo specchio, possiamo vedere solo una parte di noi. Ci sono delle zone
d‟ombra. Chi affronta un conflitto attraverso una mentalità che segue la logica
delle Due Alternative non mette quasi mai in discussione i suoi schemi. Si basa su
presupposti culturali che considera del tutto razionali, ma che in realtà sono
difettosi all‟origine. La sinergia ci aiuta non solo a conoscere meglio gli altri, ma
anche noi stessi; è inevitabile. Questa consapevolezza ci rende umili.
Se osservo veramente me stesso, vedo anche le mie propensioni culturali. Mi
accorgo di essere imperfetto e di aver bisogno di migliorare. Mi rendo conto delle
pressioni che subisco. Vedo le aspettative che gli altri ripongono su di me e le mie
vere motivazioni.
Ma posso anche guardare al di là della cultura cui appartengo. Tenuto conto del
fatto che sono dotato di una prospettiva unica, individuo eventuali ambiti nei quali
posso dare il mio contributo. Mi rendo conto del tipo di influenza che posso
esercitare. Non mi considero una vittima delle circostanze, ma ritengo di poter
contribuire a creare il futuro.
Se ci pensi bene, coloro che riescono veramente a vedere se stessi, scoprono il
paradosso creativo: capiscono di essere allo stesso tempo limitati e illimitati. Non
confondono la loro mappa mentale con la realtà concreta. Sanno di avere sia delle
zone d‟ombra che delle potenzialità illimitate. Pertanto, possono essere umili e
sicuri di sé allo stesso tempo.
La maggior parte dei conflitti nasce da una scarsa comprensione di questo
paradosso della natura umana. Le persone che sono troppo sicure di sé mancano di
autoconsapevolezza. Non riescono a capire che il loro punto di vista è sempre
limitato, perciò vanno avanti per la loro strada. “Ho abbastanza esperienza da
sapere quando ho ragione” questo è il loro motto. Inevitabilmente, ottengono scarsi
risultati e spesso, nel processo, fanno del male ad altre persone. D‟altra parte,
coloro che si adagiano sui propri limiti, diventano dipendenti. Si considerano delle
vittime e non riescono a dare l‟apporto di cui sono capaci.
Parlo di paradosso creativo in quanto solo chi riconosce di non avere le risposte
inizia a cercarle, e solo chi scopre di avere delle potenzialità intraprende la ricerca
con coraggio e fiducia. Come afferma Eliezer Yudkowsky, ricercatore nel campo
dell‟intelligenza artificiale: “Il primo passo da compiere per arrivare a una Terza
Alternativa consiste nel decidere di cercarne una.”
Mio figlio David è alla ricerca di una Terza Alternativa da quando è nato. Ecco
cosa ha da dire in proposito:
La Terza Alternativa è alla base di ogni interazione. Rappresenta la mentalità
che tutti dovrebbero avere. Questo concetto, che mio padre ha instillato nella mia
mente, rappresenta la vera grande lezione che ho imparato da lui.
Quando ero al college, cercavo di accedere a un corso propedeutico alla laurea,
ma ogni volta ricevevo sempre la stessa risposta: “Mi dispiace, siamo pieni, non
c’è posto.” Così ne parlai con mio padre, e gli chiesi cosa avrei dovuto fare.
Disse: “Insisti! Inventati una Terza Alternativa. Se ti rispondono che non c’è
posto, di’ loro che ti porterai la sedia o che starai in piedi tutto il tempo. Aggiungi
che vuoi essere presente in classe a qualunque costo. Spiega che sei certo del fatto
che vi saranno persone che abbandoneranno il corso, che il tuo impegno è
superiore al loro e che darai prova della tua dedizione.” E fu così che riuscii a
essere ammesso!
Da bambino pensavo che il concetto di Terza Alternativa fosse azzardato,
addirittura assurdo. Ma quando iniziai ad applicarlo, mi stupii del fatto che
riuscivo sempre a trovare il modo di fare ciò che dovevo. Mi resi conto di quanto
fosse potente questo principio.
Una volta presi un pessimo voto in un esame del corso di educazione sanitaria.
L’insegnante ci aveva assegnato un test finale molto difficile, che aveva colto tutti
di sorpresa. Decisi di chiedere un consiglio a mio padre: “Cosa devo fare? Non mi
va di avere un voto come questo nel mio curriculum scolastico.” Mio padre mi
consigliò di parlare con il professore per cercare insieme un modo che mi
permettesse di ottenere un voto più alto. Così andai dall’insegnante e dissi:
“L’esame finale è andato davvero male, sia a me che a molti altri: cosa posso fare
per prendere un voto migliore?” All’inizio mi rispose negativamente, ma io
insistetti, e alla fine mi chiese: “Che tipo di attività fisica svolgi?”. Gli dissi che
ero un corridore e che facevo parte della squadra di atletica leggera. Allora mi
propose: “Se riesci a correre i quattrocento metri in meno di cinquantacinque
secondi, ti darò un dieci meno.” All’epoca quello era proprio il mio tempo: era
evidente che il professore di educazione sanitaria non fosse ferrato in materia. Un
mio amico misurò il tempo impiegato: corsi tranquillamente in cinquantadue
secondi, guadagnandomi un dieci meno, preso fuori dalla classe. Questo è un
esempio di quanto sia vantaggioso essere perseveranti nel tentativo di trovare una
Terza Alternativa.
Sono cresciuto con l‟idea che sia importante cercare continuamente una Terza
Alternativa, perciò tale principio è diventato una parte di me. Mi sforzo di non
essere invadente o scortese o antipatico, ma difficilmente accetto un “no” come
risposta. C‟è sempre una Terza Alternativa.
Le esperienze di David ci mostrano come sia possibile trovare dentro di sé i semi
di questo principio. Egli stesso è un esempio di come si possa dare una nuova
definizione di chi siamo, cambiando la storia che raccontiamo a noi stessi.
Il più grande potere di cui disponiamo
I nostri modelli e il condizionamento culturale plasmano la storia della nostra
vita. Ogni storia ha un inizio, una trama e dei personaggi. Possono anche esservi
degli eroi e dei personaggi cattivi. L‟intreccio principale si suddivide in numerosi
episodi. La narrazione è caratterizzata da colpi di scena e svolte cruciali. Ma,
soprattutto, c‟è un conflitto. Senza conflitto non c‟è storia. Ogni racconto che si
rispetti si regge su uno scontro di qualsiasi genere: un eroe contro un personaggio
malvagio, una corsa contro il tempo, il protagonista contro la sua coscienza, un
uomo contro i propri limiti. Dentro di noi, ci consideriamo gli eroi della nostra
storia (o, in alcuni casi oscuri e spesso intimi, il nostro nemico). Chi ragiona
seconda la logica delle Due Alternative interpreta il ruolo del protagonista vessato
e intrappolato all‟interno di un conflitto contro l‟antagonista.
Ma c‟è una terza voce che non appartiene né all‟eroe né all‟antieroe. Si tratta
della voce narrante. Se siamo veramente autoconsapevoli, ci rendiamo conto di non
essere solo i protagonisti della nostra storia, ma di interpretare anche il ruolo del
narratore. Non siamo solo coloro di cui si racconta, ma ne siamo anche gli scrittori.
La mia storia è solo la parte di un insieme di vicende più grandi: storie di
famiglia, storie che riguardano una comunità o una cultura intera. Probabilmente la
mia capacità di influenzare l‟evolversi di queste vicende è limitata, ma posso
esercitare un controllo sul loro andamento. Sono libero di narrare la mia storia. C‟è
molta saggezza nella seguente osservazione del giornalista David Brooks:
Oltre alle tante cose che non possiamo controllare, ve ne sono altre, come le
nostre storie, su cui possiamo esercitare un certo potere. Abbiamo voce in capitolo
nella scelta consapevole del racconto che useremo per dare senso al mondo. La
responsabilità individuale sta nell’atto di scegliere e rivedere continuamente la
metanarrazione che raccontiamo a noi stessi.
A loro volta, le storie che scegliamo ci aiutano a interpretare il mondo. Ci
inducono a prestare attenzione a determinati aspetti e a ignorarne altri. Ci
portano a considerare sacre alcune cose e ripugnanti altre. Sono la cornice che dà
forma ai nostri desideri e obiettivi. Così, mentre la scelta della storia può
sembrare vaga e intellettuale, in realtà è molto importante. Il più grande potere di
cui disponiamo consiste nella scelta della lente attraverso cui vedere la realtà.9
Mio figlio David racconta spesso di quando è riuscito a farsi ammettere al corso
universitario. Usa questa storia per dimostrare quanto possa essere semplice e
potente la mentalità della Terza Alternativa. Ma a un livello più profondo, questo
breve racconto è la trama secondaria di una narrazione ben più grande che racconta
a se stesso e che riguarda la sua persona: dice di non essere una vittima, di non
essere limitato dalla mentalità delle Due Alternative, di essere responsabile di
quella che Brooks definisce “metanarrazione” della sua esistenza.
Nella trama dei conflitti della nostra vita, non siamo soltanto dei “personaggi”.
Siamo anche i narratori, coloro che decidono come si sviluppa la storia. Ho
incontrato moltissime persone che non comprendono questo semplice concetto e si
sentono intrappolate all‟interno di un conflitto terrificante, come se non fossero
capaci di cambiare la loro storia. Ho visto mogli e mariti farsi la guerra e
proclamarsi eroi di un rapporto in cui hanno a che fare con un antagonista,
ignorando il fatto che, oltre a essere all‟interno della storia, ne sono anche i
creatori! Lamentano di non essere più innamorati, e si stupiscono quando faccio
loro notare che sono liberi di amarsi l‟un l‟altro, se lo desiderano. “Essere
innamorati” è un‟azione passiva, mentre “amare” è un verbo attivo. “Il sentimento”
dell‟amore è il frutto del “verbo” amare. Le persone possono compiere gesti
d‟amore per l‟altro oppure comportarsi in maniera odiosa e scorretta. Sono loro, e
nessun altro, a scrivere la sceneggiatura.
In precedenza, ho detto che le nostre vite sono storie e di conseguenza hanno
tutte un inizio. Una storia però ha anche una parte centrale e una fine. Molti di noi
si trovano spesso nel bel mezzo della vicenda. Siamo noi a decidere come deve
concludersi.
La Terza Alternativa è qualcosa che parte sempre da me. Viene dall‟interno e va
verso l‟esterno, proviene dalla parte più intima del mio essere, da una base di
fiducia e di umiltà. È frutto del modello dell‟autoconsapevolezza, che mi permette
di uscire da me stesso, di osservare e pesare i miei pregiudizi e preconcetti. Nasce
quando riconosco di essere io a scrivere la mia storia e quando sono disposto a
riscriverla, se necessario, perché voglio un finale diverso.
Pensaci bene. Se stai vivendo una situazione di conflitto, chiediti:

Qual è la mia storia? Devo cambiare la trama?

Ci sono delle zone d‟ombra che mi riguardano? Dove sono?

In che modo i programmi culturali hanno influenzato il mio modo di
pensare?

Le mie congetture sono corrette?

In che modo le mie ipotesi sono incomplete?

Contribuisco a far sì che la storia abbia il finale che voglio?
Paradigma due: Ti vedo
Il secondo paradigma prevede che si vedano gli altri come persone e non come
cose.
Cosa vediamo quando osserviamo gli altri? Scorgiamo un individuo, o notiamo
l‟età, il sesso, la razza, la politica, la religione, la disabilità, la nazionalità e
l‟orientamento sessuale? Vediamo un soggetto che sta “fuori dal gruppo” o che “fa
parte del gruppo”? Oppure scopriamo realmente l‟unicità, il potere, i doni di ogni
singolo individuo?
È probabile che non vediamo realmente queste cose, così come non ci
accorgiamo delle nostre idee, dei nostri preconcetti, e forse anche dei pregiudizi
che abbiamo nei confronti degli altri.
Sappiamo tutti quando qualcuno sta “fingendo,” quando abbiamo a che fare con
una persona sincera o con un imbroglione. La domanda è: sono quel tipo di
persona o sono uno che guarda gli altri con autentico e genuino rispetto?
Ti vedo. Vedo un essere umano che, nella sua totalità, è diverso da tutti gli altri; ti
considero una persona che ha un valore innato, con talenti, passioni e punti di forza
unici. Non sei solo un rappresentante dello “schieramento” di cui fai parte
nell‟ambito di un conflitto, sei di più. Meriti dignità e rispetto.
Ti vedo
Vedere Vedo un essere umano che, nella sua
totalità, ha un valore innato, è dotato di
talenti, passioni e punti di forza che sono
unici nell‟universo. Non sei solo un
rappresentante dello “schieramento” di
cui fai parte, sei di più. Meriti dignità e
rispetto.
Fare
Mostro autentico rispetto per te.
Ottenere Un‟atmosfera sinergica in cui insieme
siamo più forti che da soli.
Mostro autentico rispetto per te
Vedo il gruppo di cui fai parte: il tuo
“schieramento”, il partito, l‟identità
sessuale, la nazionalità, l‟azienda, la razza
a cui appartieni. Sei un simbolo, una
“cosa”, un liberale, un capo, un ispanoamericano, un musulmano; non sei una
persona unica.
Ti ignoro o fingo di avere rispetto per te.
Un‟atmosfera di ostilità. Le divisioni e le
rivalità ci rendono più deboli.
Il paradigma “Ti vedo” è in netto contrasto con il classico paradigma “Ti
considero uno stereotipo”, come mostrato nelle colonne contrapposte della tabella
sopra riportata. Ricorda: ciò che vediamo determina ciò che facciamo, e ciò che
facciamo determina i risultati che otteniamo.
Il paradigma “Ti vedo” afferisce al carattere di ciascuno. Si tratta di mostrare
amore umano, generosità, disponibilità e intenzioni oneste. Se adotto il modello
“Ti considero uno stereotipo”, significa che non sono del tutto affidabile e che non
è sicuro che io abbia a cuore i tuoi interessi quanto i miei; in tali condizioni, non è
possibile raggiungere una Terza Alternativa. Quando ti guardo, vedo solo il
rappresentante di uno schieramento. È possibile che io mi comporti correttamente
con te, ma il rispetto che mostro di avere nei tuoi confronti in quanto persona è una
finzione.
La definizione “Ti vedo” nasce dalla saggezza delle popolazioni Bantu presenti
in Africa. Nella cultura Bantu, le persone si salutano dicendo “Ti vedo”, che
equivale a dire “riconosco la tua individualità unica” e “la mia umanità è coinvolta,
è legata in maniera indissolubile alla tua.” Tutto fa parte dello spirito di Ubuntu, un
vocabolo molto difficile da tradurre. Il suo significato è vicino a quello del termine
“personalità”, ma significa soprattutto che “una persona, per essere tale, dipende da
altre persone”. L‟esperta di benessere Elizabeth Lesser dà la seguente spiegazione
del termine: “Ho bisogno di te per essere me, e tu hai bisogno di me per essere te.”
Un esempio ci aiuta a capire questo concetto, che appartiene unicamente alla
cultura africana: “Una frase come „Mary ha Ubuntu‟ significa che Mary è nota per
la sua premura e per la sua partecipazione, e per il fatto che adempie puntualmente
a tutti gli obblighi sociali.” Ma c‟è dell‟altro: “Senza Ubuntu, questa donna non
saprà mai di essere bella, intelligente e divertente: Mary concepisce la propria
identità solo in relazione alle altre persone.”10
Un altro modo per capire Ubuntu consiste nel far riferimento al suo contrario: la
riduzione a stereotipi, che consiste nell‟eliminare dal quadro tutto ciò che ci rende
soggetti individuali. Facciamo affermazioni di questo genere: “Sì, è il classico
venditore: aggressivo e insistente.” “È un tipo egocentrico: pensa sempre che tutto
ruoti intorno a lei.” “È una personalità di tipo A. [Ndr: Gli individui appartenenti
al Tipo A sono quelli più esposti allo stress, e presentano una maggiore probabilità
di soffrire di qualche disturbo sia fisico che psichico dovuto alla pressione di eventi
stressanti.]” “È un idiota.” “È un uomo di finanza.” “Che cosa ti aspetti? È un
perdente.” “È una di quelle persone che si mettono sempre in lizza per la posizione
di CEO.” Non riusciamo a considerare queste persone individui ma solo stereotipi.
Nello spirito di Ubuntu, vedere realmente gli altri significa accogliere solo i doni
che possono offrire: i talenti, l‟intelligenza, le esperienze, la saggezza e i diversi
punti di vista. Nella loro società, i viaggiatori non devono portare con sé alcuna
provvista; i loro bisogni vengono soddisfatti grazie ai doni che ricevono dalle
persone che incontrano lungo la strada. Ma queste offerte materiali sono il segno di
un dono molto più grande: il dono di sé. Se lo rifiutiamo o lo svalutiamo, non
siamo più liberi di trarre beneficio dalle capacità di entrambi.
Nell‟illustrare il significato di Ubuntu, Orland Bishop, direttore della Shade Tree
Multicultural Foundation di Watts, California, sottolinea che ognuno di noi perde
qualcosa quando non vede l‟altro realmente: “La civiltà d‟oggi ha privato gli esseri
umani di alcune libertà, non tanto perché una cultura opprime l‟altra, quanto
perché non abbiamo più idea di cosa significhi vedere; non riusciamo a cogliere il
vero senso di queste capacità innate.”11
Lo spirito di Ubuntu è essenziale per la mentalità della Terza Alternativa. In una
situazione di conflitto, se continuo a vederti come un simbolo dell‟opposizione,
non riuscirò mai a entrare in sinergia con te. Lo spirito di Ubuntu non si esaurisce
solo nel rispetto che provo nei tuoi confronti. Significa che la mia umanità è legata
alla tua; che quando il mio comportamento arriva a disumanizzare te, ottiene lo
stesso effetto anche su di me. Perché? Perché quando ti riduco allo stato di cosa,
compio il medesimo gesto nei miei confronti.
Di recente, una mia amica si trovava alla guida della sua macchina lungo una
strada urbana, quando un automobilista iniziò a suonare il clacson e a farle dei
gesti. La mia amica rallentò, pensando che la sua auto avesse qualche problema.
Ma l‟altro conducente accelerò per avvicinarsi, iniziò a urlare oscenità riguardo a
un certo politico rivolgendosi a lei, e per poco non la mandò fuori strada. Solo
dopo, lei ricordò di aver attaccato sulla macchina un adesivo che esprimeva una
preferenza proprio per quel politico. Per il conducente in collera, la mia amica non
era più un essere umano; era una cosa, un adesivo, un odiato simbolo.
L‟uomo in quel caso ha disumanizzato quella donna, ma ha svalutato anche la
propria umanità. È probabile che abbia una casa, un lavoro, una famiglia, e che ci
siano delle persone che lo amano. La scelta compiuta in quel momento, però, lo
rese meno umano, un pericoloso strumento ideologico.
La disumanizzazione dell‟altro, definita anche stereotipizzazione, trova le sue
radici in una profonda insicurezza di sé. Ed è qui che ha inizio il conflitto. Gli
psicologi sanno che la maggior parte di noi tende a ricordare gli aspetti negativi
degli altri, anziché quelli positivi. “Riteniamo le persone responsabili dei loro
comportamenti scorretti ma non riconosciamo le loro buone azioni”, spiega Oscar
Ybarra, eminente psicologo. Secondo lui, vedere gli altri sotto una luce negativa ci
aiuta a sentirci superiori. Lo psicologo ha scoperto che quando le persone iniziano
a mostrare un sano e concreto rispetto per se stesse, i ricordi negativi
svaniscono.12 Ecco perché il paradigma “Mi vedo” precede il “Ti vedo”.
Le persone non sono cose
Nel suo famoso libro L’io e il tu, il grande filosofo Martin Buber spiega che
troppo spesso ci mettiamo in relazione l‟uno con l‟altro come se fossimo oggetti,
non persone. Un oggetto è definito dal pronome Esso, mentre una persona dal Tu.
Se io tratto una persona come un Esso, come un oggetto da utilizzare per i miei
scopi, divento tale anch‟io: non sono più un individuo in carne e ossa, ma una
macchina. Il rapporto “Io-Esso” non è uguale al rapporto “Io-Tu”. “L‟umanità
ipotizzata, costituita solamente da meri Esso, non ha nulla a che vedere con
l‟umanità vivente”, dice Buber. “Se un individuo si lascia dominare da tale
umanità, il mondo in continua espansione dell‟Esso lo supererà e lo priverà della
realtà del suo Io.”
Riducendo gli altri allo stato di oggetti, pensiamo di poterli controllare meglio.
Ecco perché le aziende si riferiscono ai loro dipendenti usando l‟espressione
assurda “risorse umane”, come se le persone fossero solo un‟altra passività di
bilancio, alla stregua di tasse e di conti fornitori. Questo è inoltre il motivo per cui
la maggior parte dei lavoratori viene vista solo in termini di funzione svolta, anche
se possiede molta più creatività, intraprendenza, intelligenza e talento di quanto il
ruolo richieda o addirittura consenta di esprimere! Il costo-opportunità di vedere le
persone solo come cose è molto alto. Nessun bilancio dà conto di quanto sia vasto
il potenziale umano bloccato e di quante capacità restino inespresse.
Tu/Tu-persona: per me tu non sei una cosa, uno strumento, come una chiave
inglese o un martello da usare per i miei scopi personali. Come disse Martin Buber,
tu sei una persona, un individuo reale dotato di punti di forza e di debolezza, di
peculiarità e di doni sorprendenti.
Buber afferma: “Se mi pongo davanti a un essere umano vedendo in lui il mio
Tu-persona… costui smetterà di essere una cosa tra le cose.”13
Buber usa il pronome arcaico “Thou”[tu], per ribadire l‟idea di un rispetto che
non è solo apparente nei confronti dell‟altra persona, ma è anche una forma di
riverenza. Il vocabolo suggerisce intimità, apertura e fiducia. Vedere l‟altro come
un “Esso” invece evoca isolamento e indifferenza. Incoraggia lo sfruttamento.
Sono sinceramente dispiaciuto per coloro che non provano tale riverenza.
Riuscire a comprendere l‟altro, senza sentire il bisogno di controllarlo o
manipolarlo, significa entrare in un territorio sacro, e si tratta di un‟esperienza
profondamente arricchente. Carl Rogers descrive in maniera eloquente il
significato che assume per lui:
Una delle sensazioni più gratificanti che io conosca nasce quando ammiro gli
individui nello stesso modo in cui guardo un tramonto. Una persona può rivelarsi
altrettanto meravigliosa di un tramonto, se solo le consento di esserlo. Forse la
ragione per cui riusciamo a contemplare un tramonto è che non possiamo
controllarlo. Quando lo guardo, come ho fatto l’altra sera, non dico: “Attenua un
po’ l’arancione nell’angolo destro, metti un po’ più di viola lungo la base e
aggiungi un po’ di rosa al colore della nuvola.” Non lo faccio. Non cerco di
controllare il tramonto. Lo osservo incantato mentre avviene.14
Perdere quel senso di stupore in presenza di un altro essere umano potrebbe
rivelarsi una delle più grandi tragedie umane.
Nel 1964, il combattente per la libertà Nelson Mandela iniziò a scontare una
reclusione che sarebbe durata ventisette anni nella desolata prigione di Robben
Island in Sud Africa. Nell‟esercizio della sua professione di giovane avvocato, si
era ribellato al sistema dell‟apartheid che opprimeva gli africani neri come lui.
“Migliaia di affronti, umiliazioni e momenti ormai dimenticati produssero in me
rabbia, senso di ribellione, e voglia di combattere il sistema che imprigionava la
mia gente”, spiega.15 Questa esperienza si ripeté in carcere, aumentando ancora di
più il suo risentimento.
Ma a poco a poco, Mandela cambiò atteggiamento. Alcuni anni dopo la sua
scarcerazione, lo incontrai personalmente e gli chiesi: “Dopo quanto tempo ha
smesso di provare rancore nei confronti dei suoi carcerieri, di chi l‟ha torturata e le
ha riservato un trattamento così indegno?”. Rispose: “Ci sono voluti circa quattro
anni.” Gli domandai come mai il suo atteggiamento fosse cambiato, e lui disse: “Li
sentivo parlare dei rapporti che intrattenevano con gli altri, delle loro famiglie, e mi
resi conto che erano vittime del sistema dell‟apartheid come me.”
Una giovane guardia carceraria, Christo Brand, descrisse il suo viaggio
personale in questo modo: “Quando iniziai a lavorare a Robben Island mi fu detto
che gli uomini che avremmo sorvegliato non erano migliori degli animali. Alcune
guardie odiavano i prigionieri e si comportavano in maniera molto crudele con
loro.”16 Poi però Christo Brand ricevette l‟incarico di sorvegliare Nelson Mandela.
“Quando arrivai nella prigione, Nelson Mandela aveva già sessant‟anni. Era un
uomo pragmatico e gentile. Mi trattava con rispetto e ciò fece crescere in me un
sentimento di stima nei suoi confronti. Dopo qualche tempo, nonostante fosse un
prigioniero, tra noi nacque un rapporto di amicizia.”
Questa amicizia trasformò la vita di Christo Brand. L‟uomo cominciò a fare dei
favori a Mandela, a prendere il pane di contrabbando per lui e a portargli dei
messaggi. Arrivò persino a infrangere le regole per consentirgli di vedere e tenere
tra le braccia il suo nipotino appena nato. “Mandela temeva che mi scoprissero e
mi punissero. Scrisse a mia moglie, dicendole che dovevo portare avanti gli studi.
Nonostante fosse un prigioniero, si preoccupava di incoraggiare una guardia a
studiare.”
Mandela si affezionò al giovane figlio di Brand, Riaan, che aveva il permesso di
fargli visita e imparò ad amarlo come un nonno. Negli anni successivi, quando
divenne presidente del Sud Africa, il suo fondo per l‟infanzia assegnò una borsa di
studio a Riaan.17
Sia per Nelson Mandela che per Christo Brand, il rapporto che li univa era
passato da “Io-Esso” a “Io-Tu”. Il giovane che considerava i neri africani degli
animali imparò ad amare il vecchio prigioniero e arrivò a opporsi al regime
dell‟apartheid. Il vecchio che vedeva nei bianchi i propri nemici si affezionò alla
guardia. Questa fu solo una tappa di quello che Mandela definisce il “lungo
cammino verso la libertà” dai suoi stessi pregiudizi.
Mandela scrive: “È stato in quei lunghi anni di solitudine che la sete di libertà
per la mia gente è diventata sete di libertà per tutto il popolo, bianco o nero che sia.
Sapevo che l‟oppressore era schiavo quanto l‟oppresso, perché chi priva gli altri
della libertà è prigioniero dell‟odio, è chiuso dietro le sbarre del pregiudizio e della
ristrettezza mentale. L‟oppressore e l‟oppresso sono entrambi derubati della loro
umanità.”18 Dal momento che aveva questo tipo di visione, il suo popolo riteneva
che Mandela avesse Ubuntu.
Queste trasformazioni avvengono quando le relazioni sono autentiche e
personali. Mandela e Brand impararono a vedersi come persone, non solo come
rappresentanti dello schieramento opposto. Quando succede, “intravediamo la cosa
migliore... in quel momento il mondo è galvanizzato da uno spirito di compassione
e da una straordinaria effusione di generosità; per un attimo, una premurosa
umanità ci lega”19. Qui sta la forza del paradigma “Ti vedo”.
Quando abbraccio questo paradigma, il mio rispetto per te non è falso, ma
autentico. Vedo te, non la tua posizione all‟interno del conflitto. So che la tua
storia è ricca, complessa e densa di impressionanti intuizioni. Nel modello “Ti
vedo”, tu e io insieme siamo unici e potenti, dal momento che i tuoi e i miei punti
di forza si completano a vicenda. Non esiste nessun‟altra combinazione che
assomigli a quella da noi creata. Insieme, possiamo muoverci in direzione di una
Terza Alternativa. Ciò non è possibile se operiamo attraverso il paradigma della
stereotipizzazione.
Nel paradigma “Ti vedo”, ho Ubuntu; sono molto empatico. In questo senso, se
ti vedo, sono propenso a capirti, a provare quello che provi tu, e quindi a ridurre al
minimo i conflitti e a massimizzare la sinergia con te. Al contrario, se ti trovi fuori
dal mio raggio di empatia, non riesco a sentire quello che tu senti o a vedere ciò
che tu vedi, e nessuno di noi due avrà la stessa forza, perspicacia e spirito
innovativo che potremmo avere insieme.
Ti esorto a prendere sul serio questo modello nella tua vita personale. Pensa a
una o due persone (un collega, un amico, un familiare) che hanno bisogno di essere
viste da te. Sai cosa intendo dire. Hai motivo di pensare che sminuisci o ignori
questi individui o mostri un falso rispetto nei loro confronti? Parli male alle loro
spalle? Li consideri dei simboli o li vedi come delle persone vere che, proprio
come te, sono caratterizzate da innumerevoli punti di forza e di debolezza, da
peculiarità e incongruenze, da doni sorprendenti e da enormi zone d‟ombra?
Paradigma tre: Cerco di trovarti
Questo paradigma prevede che ci si dedichi a una deliberata ricerca di punti di
vista contrastanti, anziché evitarli o difendersi dalle posizioni altrui.
La migliore risposta da dare a chi non vede le cose a modo nostro è la seguente:
“Non sei d‟accordo? Allora devo necessariamente ascoltarti!”. E devo volerlo fare
sul serio.
Cerco di trovarti. Invece di considerare una minaccia il tuo diverso punto di vista,
cerco avidamente di imparare da te. Se una persona con il tuo temperamento e la
tua intelligenza è diversa da me, devo necessariamente ascoltarti. Ti ascolto in
maniera empatica fino a quando non ti comprendo veramente.
I più grandi leader non negano né soffocano il conflitto. Lo vedono come
un‟opportunità per andare avanti. Sanno che nessuna crescita, scoperta,
innovazione e, di fatto, nessuna pace è possibile se le domande provocatorie non
vengono portate a galla e affrontate con onestà.
Invece di ignorare, denigrare, o licenziare chi non è d‟accordo, un leader efficace
si rivolge direttamente al suo interlocutore dicendogli: “Se una persona della tua
intelligenza e competenza, non è d‟accordo con me, allora ci deve essere qualcosa
nel tuo dissenso che non comprendo, ed è necessario che io capisca di cosa si
tratta. Voglio esaminare il tuo punto di vista.”
Ho definito questo modello “Cerco di trovarti”, per esprimere il forte
cambiamento di mentalità richiesto dalla Terza Alternativa. Quando incontro
qualcuno che è in disaccordo con me, mi metto automaticamente sulla difensiva,
come fa chiunque altro. Questo è il motivo per cui la mentalità della Terza
Alternativa è così poco intuitiva. Mi spinge ad attribuire un alto valore alle persone
che differiscono da me, invece di erigere mura di protezione.
Il paradigma “Cerco di trovarti” è in netto contrasto con il paradigma “Mi
difendo da te”, come indicato nelle colonne degli opposti della tabella in questa
pagina. Ricorda che ciò che vediamo determina ciò che facciamo, e ciò che
facciamo determina i risultati che otteniamo.
Cerco di trovarti
Vedere Punti di vista diversi, altre “fette di verità”, non
sono solo auspicabili, ma addirittura
indispensabili.
Fare
Scopro che tu vedi le cose in maniera diversa e
per questo devo necessariamente starti a sentire.
Poi, ascolto in maniera empatica fino a quando
non riesco veramente a comprendere il tuo modo
di pensare.
Ottenere Una visione più ampia e globale del problema
consente di trovare una soluzione migliore.
Mi difendo da te
Gli altri punti di vista sono
sbagliati o nella migliore delle
ipotesi non sono molto utili.
Tu vedi le cose in maniera
diversa da me: sei una minaccia.
Se non riesco a convincerti, ti
ignoro, ti evito o mi oppongo
attivamente a te.
Una visione limitata ed esclusiva
del problema porta a una
soluzione imperfetta.
La mia identità permea le mie opinioni, le idee, gli istinti, e persino i miei
pregiudizi; ecco perché i paradigmi precedenti devono essere “Mi vedo” e “Ti
vedo”. La mentalità della Terza Alternativa richiede una profonda sicurezza
interiore, frutto della visione realistica di me stesso e del riconoscimento delle
eccezionali doti e prospettive di cui sono espressione. La mentalità difensiva è
esattamente l‟opposto: si nutre di insicurezza e di auto-illusione, e disumanizza chi
è diverso.
“Cerco di trovarti” parte dal principio che la verità è complicata e che ognuno di
noi ne possiede probabilmente una piccola fetta. “La verità non è mai pura e
raramente è semplice”, diceva Oscar Wilde. Nessuno la possiede tutta. Le persone
che seguono la logica della Terza Alternativa riconoscono che quante più fette si
hanno, tanto più si riesce a vedere le cose per come sono realmente. Pertanto
cercano deliberatamente di individuare diverse porzioni di verità. Se ne possiedi
una che non conosco, perché non dovrei cercarti affinché tu possa insegnarmela?
Si tratta di un radicale cambiamento di mentalità. In questo contesto, il conflitto
è considerato un‟opportunità, anziché un problema, e un forte disaccordo è visto
come una strada per l‟apprendimento, non come un muro di mattoni. Esistono
molti libri sulle negoziazioni che sottolineano quanto sia importante trovare punti
d‟accordo, aree di interesse comune. È fondamentale, certo. Ma forse ciò che conta
di più è esplorare le differenze e trarne vantaggio.
Non è solo naturale, ma anche essenziale che le persone abbiano opinioni
diverse. Nel corso degli anni, ho sottolineato più volte che se due persone hanno la
stessa idea, una delle due è inutile. Un mondo senza differenze sarebbe monotono e
non vi sarebbe posto per alcun progresso. Eppure, invece di valorizzare queste
differenze, noi tendiamo a difenderci, in quanto riteniamo che la nostra identità sia
in pericolo. Le persone che sono vittime di una mentalità difensiva erigono muri
intorno a sé per sostenere la loro posizione, invece di andare avanti.
Muri
Uno degli aspetti peggiori del nostro modo di affrontare un conflitto è il muro di
cemento rappresentato dalle opinioni che abbiamo. Storicamente, abbiamo visto le
divisioni simboliche tra le persone trasformarsi in muri veri e propri. È accaduto a
Berlino, tra il mondo capitalista e quello comunista. Lo vediamo in Medio Oriente,
in quello che succede tra israeliani e palestinesi. Fino a quando i muri restano in
piedi, fino a quando non siamo disposti a cercare l‟altro e a comprenderlo
veramente, non possiamo fare progressi.
I muri sono costituiti da montagne di insensati cliché. Quelli politici sono,
ovviamente, la forma più evidente di manipolazione, ma sentirai ragionamenti
stereotipati ovunque, sul posto di lavoro e a casa. Le stesse accuse, rivolte sotto
forma di riflessioni, vanno avanti anno dopo anno, facendo infervorare chi ragiona
seconda la logica delle Due Alternative, pur rivelandosi poco illuminanti per gli
altri:
“Rubatasse progressista!
“Insensibile conservatore!”
“Tenero con i criminali!”
“Guerrafondaio razzista!”
“Smidollato voltagabbana!”
“Maiale ingrassato dalle collusioni con l‟industria delle armi!”
“Se ti eleggiamo, la vittoria sarà dei terroristi!”
“Se ti eleggiamo, i ricchi diventeranno sempre più ricchi e i poveri verranno
abbandonati a loro stessi!”
“Socialista!”
“Fascista!”
Nei Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, incontriamo strani individui chiamati
lapuziani, che costituiscono l‟élite governativa di Laputa. Questi personaggi hanno
stabilito che parlare l‟uno con l‟altro richiede uno sforzo eccessivo, pertanto
portano con sé dei sacchi pieni di simboli che si mostrano a vicenda quando si
incontrano. “Mi è capitato spesso di vedere un paio di questi saggi”, dice Gulliver,
“aprire i loro sacchi e conversare per un‟ora; dopodiché, ripongono i loro arnesi e
si salutano.”20 Naturalmente, in questo modo, Swift prendeva in giro i capi di
governo e i leader economici che ripropongono sempre gli stessi argomenti,
anziché stabilire un rapporto di comunicazione autentica.
Al giorno d‟oggi, questi atti di non-comunicazione hanno un tono sempre più
velenoso. Sembra che abbiamo raggiunto il livello più basso di civiltà nella
conversazione. C‟è rabbia, divisione, frustrazione e polarizzazione. Anche ai più
alti livelli di governo, dove in passato regnava il rispetto reciproco, si sente di tanto
in tanto parlare di discussioni anziché di dialogo. La mentalità delle Due
Alternative sta diventando tossica.
Su internet, nei telegiornali, sulle onde radio di ogni nazione, i demagoghi hanno
trovato un modo facile di arricchirsi acclamando le persone che appartengono a
fazioni opposte o imprecando contro di loro. Alcuni si considerano dei martiri, altri
sono soltanto degli approfittatori arrivisti, ma moltissimi si dedicano al business di
far crescere l‟odio per chi è diverso da loro. Attraverso l‟ingenua mentalità del “noi
contro di loro”, come dice il professor Ronald Arnett, “creano l‟illusione di una
percezione chiara, quando in realtà nascondono il rifiuto di acquisire nuove
conoscenze attraverso l‟ascolto dell‟altrui punto di vista.”21
Grazie a internet, abbiamo acquisito una nuova capacità, quella di formare tribù,
secondo quanto afferma l‟imprenditore Seth Godin.22 È una cosa meravigliosa.
Tutti, dai filosofi stoici ai danzatori popolari ucraini sono in grado di connettersi e
di approfondire insieme i loro interessi comuni. Ma questo nuovo tribalismo
nasconde una minaccia: la gente si aggrega solo con persone affini. Pensa: se due
individui pongono la stessa domanda a Google, ottengono due risposte differenti
perché il sofisticato motore di ricerca conosce già il tipo di risultato che ciascuno
desidera. Paradossalmente, anche se su internet le opportunità di sentire molte voci
proliferano, le persone, immobilizzate dietro muri digitali, evitano di stabilire
qualsiasi contatto con chi è diverso e si rifiutano di prendere in considerazione altri
punti di vista. Diventano come i lapuziani: annuiscono vigorosamente alle
reciproche banalità, tappandosi le orecchie per non sentire altro.
Il Bastone della Parola
Questi rappresentanti dell‟ostilità e della frammentazione mi hanno turbato per
anni e ho cercato di contrastarli attraverso l‟insegnamento del paradigma “Cerco di
trovarti”. Ho parlato con più di trenta capi di Stato e numerosi leader aziendali e
governativi. Ho incontrato diverse scolaresche, da Singapore alla Carolina del Sud
e ho sempre trasmesso lo stesso insegnamento, quello che definisco
“Comunicazione del Bastone della Parola”.
Per secoli, i nativi americani hanno usato il Bastone della Parola durante gli
incontri del Consiglio per indicare chi aveva il diritto di parlare. Fino a quando chi
parla ha in mano il bastone, nessuno può interromperlo, e prosegue finché non
riterrà che gli altri lo abbiano ascoltato e abbiano compreso le sue parole. Una
volta un gruppo di leader nativi americani mi conferì il tradizionale Bastone della
Parola, e lo conservo ancora. (Nel corso della cerimonia venni ribattezzato “aquila
calva”!). Vale la pena soffermarsi sul simbolismo del Bastone della Parola:
Chiunque lo stringa ha nelle sue mani il potere sacro delle parole. Può parlare
solo la persona che tiene il bastone; gli altri membri del consiglio devono
rimanere in silenzio. La penna d’aquila legata al Bastone della Parola conferisce
a chi parla il coraggio e l’accortezza di essere saggio e sincero. La pelliccia di
coniglio all’altro capo gli ricorda che le sue parole devono venire dal cuore e che
deve essere dolce e cordiale. La pietra blu gli rammenta che il Grande Spirito
ascolta il messaggio proveniente dal suo cuore, così come le parole che pronuncia.
Il guscio, dai colori iridescenti e cangianti simboleggia l’intero creato che cambia
i giorni, le stagioni, gli anni, così come le persone e le situazioni. I quattro colori
delle perline: giallo per il sorgere del sole (est), rosso per il tramonto (ovest),
bianco per la neve (nord) e verde per la terra (sud) sono il simbolo dei poteri
dell’universo che si trovano nelle mani di chi parla, nel momento in cui esprime
ciò che ha nel cuore. Attaccati al bastone ci sono ciocche di pelo del grande
bufalo. Colui che parla, lo fa avvalendosi della potenza e della forza di questo
grande animale.23
Il Bastone della Parola. Appartenente all‟antica tradizione dei nativi americani, il
Bastone della Parola è un simbolo di comunicazione pacifica. Finché chi parla ha
in mano il bastone, nessuno può interromperlo; proseguirà fino a quando non
riterrà che gli altri lo abbiano ascoltato e abbiano compreso le sue parole.
La descrizione del Bastone della Parola cherokee riassume perfettamente ciò che
ho cercato di insegnare. Questo strumento non ha lo scopo di farci vincere una
disputa; la sua funzione è quella di permetterci di ascoltare un‟altra persona e di
capire quello che ha nel cuore. Tale tipo di comunicazione richiede coraggio,
saggezza e la capacità di temperare la verità con la compassione. Nella cultura
globale del XXI secolo, niente è più importante della necessità di capire gli altri
anziché cercare di dominarli. La comunicazione del Bastone della Parola è una
necessità morale dei nostri tempi.
Questo strumento è di fondamentale importanza nell‟ambito di quello che viene
denominato cerchio di condivisione della parola, convocato dagli anziani per
discutere e affrontare problemi importanti e prendere decisioni. Per consuetudine,
il cerchio non è un‟assemblea in cui si svolge un dibattito. Il dottor Locust Carol lo
descrive in questo modo: “Il cerchio ha la funzione di consentire a ogni persona di
esprimere la sua verità in un contesto di fiducia e sicurezza... Nessuno è più
importante degli altri, tutti sono uguali, e non c‟è né un inizio né una fine; in
questo modo, ogni parola pronunciata viene accettata e rispettata su base paritaria.”
Le origini di questa pratica si perdono nel tempo, ma se ne trova traccia nel mito
della fondazione della Confederazione degli Irochesi. Per secoli, i cinque Paesi
della bassa regione dei Grandi Laghi del Nord America hanno combattuto guerre
sanguinose tra di loro, per la conquista della supremazia. Forse già a partire dal XII
secolo a.C. un giovane straniero, noto alla leggenda con il nome di Deganawidah,
il Pacificatore, giunse in quelle terre e trasformò tutto.
La storia racconta che il Pacificatore si mise alla ricerca di un guerriero assetato
di sangue che viveva di violenza; costui incuteva terrore e viveva isolato da tutti,
tanto che non gli era stato dato neppure un nome. Una notte, Deganawidah si
avvicinò furtivamente al rifugio del guerriero senza nome, salì in cima e si fermò
nel punto in cui usciva il fumo proveniente dal fuoco acceso all‟interno della
capanna. Qui il guerriero stava rimuginando con lo sguardo rivolto alla pentola di
acqua bollente. Vedendo il volto dello straniero riflesso nell‟acqua, rimase colpito
dalla sua bellezza e cominciò a riflettere sulla malvagità delle sue azioni.
Quando lo straniero scese dal tetto ed entrò nella capanna, il guerriero lo
abbracciò. “Ero sorpreso dal fatto che un uomo mi guardasse dal fondo della
pentola. La sua bellezza mi ha colpito molto… E sono giunto alla conclusione che
forse quello che mi osservava da laggiù ero io. In quel momento ho pensato: „la
mia abitudine di uccidere gli esseri umani è sbagliata.‟”
Si sfogò, raccontò la sua storia, e lo straniero lo ascoltò con rispetto. Infine, il
guerriero disse: “Ho finito. Ora è il tuo turno, e io, a mia volta, ascolterò qualsiasi
messaggio tu voglia trasmettere.”
Il Pacificatore rispose: “Hai finalmente cambiato stile di vita. Adesso disponi di
un nuovo schema mentale, che potremmo definire Giustizia e Pace.” Insieme,
guardarono nuovamente nell‟acqua e si accorsero di quanto erano simili. Il
Pacificatore diede un nome al guerriero e lo chiamò Hiawatha, e insieme
“combatterono una battaglia intellettuale e spirituale che durò molti anni” per unire
i Mohawk, gli Oneida, gli Onondaga, i Caiuga e i Seneca in quella che oggi è nota
come la Confederazione degli Irochesi.24
Definita da alcuni “la democrazia partecipativa più antica del mondo”, la
Confederazione è nata come Terza Alternativa alla guerra incessante e
all‟asservimento alla tribù più potente. Le Cinque Nazioni non si fecero mai più
guerra a vicenda. Il sistema costituzionale irochese, noto con il nome di Grande
Legge di Pace, dura ancora oggi. Al governo c‟è un consiglio composto dai capi
clan, e la maggior parte delle decisioni viene presa mediante consenso, espresso in
modo paritario da ciascun rappresentante.25 Data la sua importanza, questo
consiglio tratta solo di questioni rilevanti, mentre le problematiche locali vengono
affrontate in seno alla tribù, in un unico sistema di governo federale. È interessante
notare che i consigli delle donne hanno diritto di veto sulle decisioni prese dai
leader di sesso maschile.
Anche se gli storici non sono d‟accordo sulla portata della sua influenza, la
Confederazione Irochese sembra essere stato un esempio per la creazione degli
Stati Uniti. Diversi decenni prima della Rivoluzione americana, Benjamin Franklin
propose per primo di realizzare un‟unione simile a quella irochese per le colonie
inglesi in America. Era rimasto impressionato dalla geniale “organizzazione
sindacale” irochese: “Esiste da anni, e sembra indissolubile.” Se possono farlo
loro, si chiese Franklin, perché non possono farlo le colonie?26
Questa è la grande eredità lasciata da quel primo cerchio di condivisione della
parola, nato nel momento in cui Hiawatha vide il suo volto e quello di suo fratello
riflessi nell‟acqua. Il risultato, come disse il Pacificatore, fu un “nuovo schema
mentale” (i modelli “Mi vedo” e “Ti vedo”) che ha cambiato lo stile di vita di
Hiawatha. Per diffondere questo nuovo stato mentale fra le nazioni, i due uomini
adottarono il paradigma, “Cerco di trovarti”, riunendo cerchi di condivisione della
parola ovunque andassero e creando la Grande Legge di Pace tra le Cinque
Nazioni. Il Bastone della Parola ne divenne l‟icona.
Fine dell'estratto Kindle.
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