Obama - i save my planet
Transcript
Obama - i save my planet
SVILUPPO SOSTENIBILE E LE POLITICHE AMBIENTALI DEL NUOVO PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA BARACK OBAMA A cura di Francesca Chiara DI TIMOTEO A.A: 2009-2010 Appare indispensabile, per affrontare il problema sull’ambiente a cui si lega strettamente il programma politico di Barack Obama, fare riferimento ad alcune tappe del Protocollo di Kyoto. Alla fine degli anni 2000, infatti, hanno avuto inizio il confronto e la discussione sul tema “Clima e riscaldamento globale”,a causa delle emissioni senza controllo dei gas serra, in particolare della CO2 da parte delle società industrializzate. Il Protocollo di Kyoto è stato, quindi, l’avvio di un dibattito che ha coinvolto diversi Stati fortemente caratterizzati da un’Economia industriale. La situazione internazionale ha imposto una chiara presa di coscienza del problema e, di conseguenza, la necessità di operare affinché si verifichi un forte cambiamento in tempi rapidi. Si è di fronte ad un trattato internazionale riguardante nello specifico il riscaldamento globale del pianeta, che viene firmato l’11 Dicembre 1997 e che è entrato in vigore il 16 Febbraio 2005. Le adesioni da parte delle nazioni interessate aumentano progressivamente; già nel 2009 sono 184 gli Stati firmatari il Protocollo di Kyoto. Esso prevede, nel periodo che va dal 2008-2012, l’obbligo di riduzione in misura non inferiore al 5,2% dell’emissione dei principali inquinanti (registrati nel 1990) responsabili dell’effetto serra. 1 Principali responsabili dell’effetto serra Biossido di carbonio (CO2) Metano (CH4); Ossido di Azoto (N2O) Idrofluorocarburi (HFC); Perfluorocarburi (PFC); Esafluoruro di zolfo (SF6) A titolo informativo si riportano le percentuali di riduzione previste: -Unione Europea: 8% -Stati Uniti: 7% -Giappone: 6% -Canada: 6%. La sua attuazione prevede alcuni meccanismi flessibili-cosiddetti di “scambio”-delle emissioni così definiti: • Joint implementation (JI), • -Clean development mechanism (CDM), • Emissions trading (ET) o “The carbon market”. Il Protocollo di Kyoto come già detto può essere considerato il primo evento internazionale sul tema del riscaldamento globale; il successivo vertice viene tenuto a Copenhagen nel Dicembre 2009. Sebbene al di sotto delle aspettative, il vertice segna un’evoluzione nelle posizioni assunte in precedenza e fissa degli obiettivi di riduzione dell’emissione di CO2 a livello mondiale per tutti gli Stati del mondo e, soprattutto, per quelli in via di sviluppo. Nel particolare i punti cardine di convergenza raggiunti sono i seguenti: 1. –Riduzione entro il 2020, per i paesi industrializzati, delle emissioni che alterano il clima; 2. –Impegno globale di riduzione dei gas a effetto serra dell’80% entro il 2050. 3. Accesso alle tecnologie pulite e sostenibili per le economie in via di sviluppo 2 Paese Australia Austria Belgio Bulgaria Canada (Comunità Europea) Danimarca Estonia Federazione Russia Finlandia Francia Giappone Grecia Irlanda Islanda Italia Lettonia Liechtenstein Lussemburgo Monaco Norvegia Nuova Zelanda Olanda Polonia Portogallo Regno Unito Repubblica Ceca Romania Slovacchia Spagna Stati Uniti D’America Svezia Svizzera Ungheria Totale Emissioni di CO2 nel 1990 (tonnellate) 288,965 59,200 113,405 82,990 457,441 (3326,423) 52,100 37,797 2388,720 53,900 366,536 1173,360 82,100 30,719 2.172 428,941 22,976 0,208 11,343 0,071 35,533 25,530 167,600 414,930 42,148 584,078 169,514 171,103 58,278 260,654 4957,002 61,256 43,600 71,673 13728,306 % delle emissioni di CO2 del 1990 (Annesso I) 2,105 0,431 0,826 0,605 3,332 (24,230) 0,380 0,275 17,400 0,393 2,700 8,547 0,598 0,224 0,016 3,125 0,176 0,002 0,083 0,001 0,259 0,186 1,221 3,002 0,307 4,255 1,235 1.246 0,425 1,899 36,108 0,446 0,318 0,522 100,0 Questi due fondamentali eventi, aprono definitivamente la strada ad una visione politica dell’economia globale nuova e diversa, strettamente correlata alla salvaguardia dell’ambiente nel mondo. Il 2009 rappresenta l’anno del cambiamento in tal senso; il nuovo presidente degli Stati Uniti D’America Barack Obama inaugura una nuova politica ambientale: la “New Green Deal”; essa sintetizza da un lato l’incondizionato riconoscimento del Protocollo di Kyoto (L’America da prima firmataria con 3 la presidenza Clinton, ritira l’adesione con la presidenza Bush), dall’altro introduce ed accoglie come svolta per la soluzione del problema, la “Sostenibilità” quale fonte di sviluppo armonioso dell’economia degli Stati. Coniuga Energia- Posti di lavoro- Indipendenza, un “trinomio” di assoluta modernità politica e che ha aperto una stagione di riflessione da parte dei governanti degli Stati del mondo. Propone la visione di uno Stato che muove su rinnovate economie “sostenibili” per l’ambiente e che si svincola dai “lacci” dei paesi detentori delle energie fossili. Ci si trova di fronte a due posizioni: • lo sviluppo nella sostenibilità, • il rafforzamento della capacità di crearsi le energie necessarie allo Stato per una crescita possibile con relativo sviluppo di nuove industrie nel settore e creazioni di posti di lavoro. La consapevolezza dell’esigenza di un nuovo equilibrio internazionale nella direzione di una crescita sostenibile ridurrebbe lo scontro per accaparrarsi i mercati delle energie e, di conseguenza, il rischio di tensioni economiche e politiche e, in definitiva, di guerre. Un passo del discorso di Obama, in occasione del summit delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, prima del congresso di Copenhagen, sintetizza la visione nuova ed inedita degli Stati Uniti d’America nei confronti del problema ambiente: “Terzo: dobbiamo riconoscere che nel XXI secolo non ci potrà essere pace nel mondo se non ci assumeremo la responsabilità di preservare il nostro pianeta. Il pericolo costituito dal cambiamento del clima è innegabile, e la nostra responsabilità a farvi fronte è indifferibile. Se continueremo lungo l’attuale percorso, ogni membro di questa Assemblea assisterà all’interno dei suoi stessi confini a cambiamenti irreversibili. I nostri sforzi, volti a porre fine ai conflitti, saranno eclissati dalle guerre per i profughi e per le risorse. Lo sviluppo avrà fine, sarà fermato dalla siccità e dalle carestie. La terra, sulla quale gli esseri umani hanno vissuto per millenni, scomparirà. Le generazioni future si guarderanno indietro e si chiederanno per quale ragione noi ci rifiutammo di agire, perché non riuscimmo a lasciar loro in eredità l’ambiente così come noi lo avevamo a nostra volta ereditato. Quanto ho detto 4 Third, we must recognize that in the 21st century, there will be no peace unless we take responsibility for the preservation of our planet. And I thank the Secretary General for hosting the subject of climate change yesterday. The danger posed by climate change cannot be denied. Our responsibility to meet it must not be deferred. If we continue down our current course, every member of this Assembly will see irreversible changes within their borders. Our efforts to end conflicts will be eclipsed by wars over refugees and resources. Development will be devastated by drought and famine. Land that human beings have lived on for millennia will disappear. Future generations will look back and wonder why we refused to act; why we failed to pass on -- why we failed to pass on an environment that was worthy of our inheritance. And that is why the days spiega perché i giorni in cui l’America tergiversava su queste questioni sono ormai alle spalle. Noi procederemo, andremo avanti a investire, per trasformare la nostra economia energetica fornendo incentivi per far sì che l’energia pulita sia l’energia redditizia nella quale investire. Eserciteremo pressioni e, da ora in poi, taglieremo le emissioni di gas serra per raggiungere gli obiettivi fissati per il 2020, e in seguito per il 2050. Continueremo a promuovere le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, condividendo nuove tecnologie con i Paesi di tutto il mondo. E coglieremo ogni occasione propizia per il progresso per affrontare questa minaccia con uno sforzo concertato con il mondo intero. Le nazioni ricche gravemente responsabili dei danni arrecati all’ambiente per tutto il XX secolo devono accettare il nostro dovere a guidare questa missione. Ma la responsabilità non finisce qui. Dobbiamo riconoscere la necessità di risposte differenziate, e ciascuno sforzo mirante a ridurre le emissioni di diossido di carbonio deve coinvolgere i Paesi che rilasciano CO2 nell’atmosfera a ritmo incalzante e che possono fare di più per ridurre l’inquinamento della loro aria senza inibire la crescita. Qualsiasi sforzo che trascuri di aiutare le nazioni più povere ad adattarsi ai problemi che il cambiamento del clima sta già creando e al contempo proseguire verso lo sviluppo lungo una strada pulita non funzionerà. È difficile cambiare qualcosa di così fondamentale come il modo col quale noi utilizziamo l’energia. Ancora più difficile è farlo nel bel mezzo di una recessione globale. Sicuramente starcene tranquilli ad aspettare in attesa che siano gli altri a intervenire per primi è una bella tentazione. Ma non possiamo affrontare questo cambiamento se non camminando tutti insieme. Dirigendoci prossimamente a Copenhagen, cerchiamo di essere determinati, di concentrarci su ciò che ciascuno di noi può fare per il bene del nostro futuro comune. Ciò mi conduce a 5 when America dragged its feet on this issue are over. We will move forward with investments to transform our energy economy, while providing incentives to make clean energy the profitable kind of energy. We will press ahead with deep cuts in emissions to reach the goals that we set for 2020, and eventually 2050. We will continue to promote renewable energy and efficiency, and share new technologies with countries around the world. And we will seize every opportunity for progress to address this threat in a cooperative effort with the entire world. And those wealthy nations that did so much damage to the environment in the 20th century must accept our obligation to lead. But responsibility does not end there. While we must acknowledge the need for differentiated responses, any effort to curb carbon emissions must include the fastgrowing carbon emitters who can do more to reduce their air pollution without inhibiting growth. And any effort that fails to help the poorest nations both adapt to the problems that climate change have already wrought and help them travel a path of clean development simply will not work. It's hard to change something as fundamental as how we use energy. I know that. It's even harder to do so in the midst of a global recession. Certainly, it will be tempting to sit back and wait for others to move first. But we cannot make this journey unless we all move forward together. As we head into Copenhagen, let us resolve to focus on what each of us can do for the sake of our common future.And this leads me to the final pillar that must fortify our future: a global economy that advances opportunity for all people.The world is still recovering from the worst economic crisis since the Great Depression. parlare dell’ultimo pilastro sul quale si dovrà reggere il nostro futuro: un’economia globale che migliori le opportunità di tutti i popoli. Il mondo si sta ancora riprendendo dalla peggiore crisi economica che sia mai intervenuta dai tempi della Grande Depressione.” Alla fine del Giugno 2009, negli Stati Uniti la Camera dei Rappresentanti, sebbene con un margine ridottissimo, ha approvato l’American Clean Energy and Security Act chiamata anche Waxman-Markey Bill, una legge proposta da due democratici: Henry A. Waxman e Edward J. Markey e fortemente voluta dal presidente Barack Obama con il dichiarato intento di limitare sensibilmente le emissioni di gas serra. L’obiettivo che si pone questa nuova norma è quello di ridurre entro il 2020 di ben il 17% le emissioni di anidride carbonica (il principale gas serra di origine antropica) immesse in atmosfera dagli Stati Uniti. Il meccanismo principale su cui si basa la legge è quello del cap and trade: fissato il tetto complessivo di gas serra che di anno in anno possono essere immessi in atmosfera, le industrie americane sono autorizzate a comprare o vendere i cosiddetti "permessi di inquinamento", ovvero le quote di anidride carbonica che a ciascuna azienda è consentito emettere. Un numero limitato di questi ultimi verrà istituito dal governo e in parte distribuito gratuitamente in base a criteri, fissati dal Congressional Budget Office. Il tetto alle emissioni verrà abbassato progressivamente negli anni, rendendo più caro acquistare i permessi e, presumibilmente, costringendo le industrie a investire su energie rinnovabili (solare, eolica e geotermale) o più pulite, come quelle prodotte dalla nuova generazione di reattori nucleari o dal carbone che non inquina. Secondo il Congresso, la nuova legge costerà in media al consumatore americano 175 dollari l’anno. Barack Obama apre gli Stati Uniti d’America ad una nuova visione del mondo, ad un nuovo modo di essere americani; la sua politica non incoraggia le multinazionali del petrolio, bensì offre loro un “business verde”, spinge sulla ricerca di nuove tecnologie, promette che in 10 anni creerà 5 milioni di nuovi posti di lavoro. Il programma infatti non si discosta molto dal pacchetto “20-20-20” (entro il 2020 riduzione del 20% delle emissioni inquinanti 20% di produzione di 6 energia da fonti rinnovabili) elaborato dalla Comunità Europea che pure è tarato sulla cifra del 10: e cioè mettere fine entro 10 anni alla dipendenza dal petrolio,conseguire il 10% di energie rinnovabili entro 40 anni, ridurre in 10 anni al 15% i consumi di elettricità. La politica di Obama punta a far degli Stati Uniti D’America lo stato paladino mondiale dell’ambiente e del rilancio dell’industria delle fonti rinnovabili, condiziona inevitabilmente le politiche di sviluppo degli altri Stati anche quelli in forte sviluppo quali la Cina e l’India. Alcuni primi dati comprovano che la politica di Obama sulle “Alternative” comincia a dare risultati concreti: sono stati creati ben 20.000 posti di lavoro “verdi”, primo segno dei 57.000 previsti entro il 2010. Un altro dato importante viene fornito dalla Germania che nel corso di circa 5 anni in conseguenze delle Politiche “sostenibili” ha creato circa 200.000 posti di lavoro specie nella produzione del Fotovoltaico. L’ultimo disastro ambientale verificatosi nel Golfo del Messico ad opera della piattaforma petrolifera di proprietà della British Petrolium ha riacceso lo scontro tra Obama e le compagnie petrolifere. Il presidente ha bloccato le nuove autorizzazioni alle trivellazioni in mare ed ha incaricato il segretario Ken Salazar di avviare una profonda riforma del Mineral Management Service, l’ente che rilascerà i permessi, chiedendo espressamente che venga interrotta “la relazione troppo stretta” tra le compagnie petrolifere e gli organismi federali preposti alle autorizzazioni delle trivellazioni. Da indagini svolte ed in corso, con particolare riguardo al disastro, appare che la Mineral Management Service autorizzava, così come in passato, le trivellazioni nel Golfo del Messico senza i necessari permessi. L’amministrazione Obama ha rischiato di essere travolta dalla “marea nera”, di essere accusata di aver sottovalutato la portata dell’avvenimento e di aver concesso troppa fiducia alla British Petrolium. I più importanti giornali Americani tra cui “The New York Times”, hanno focalizzato la loro attenzione sia sulla Mineral Management Service (l’agenzia governativa che si occupa delle autorizzazioni per le trivellazioni), sia sull’altro ente interessato: la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA). La comunità scientifica americana ha alzato un coro di proteste contro il governo Obama e contro la NOAA che non ha investigato a sufficienza su quali e quanti danni abbia provocato l’immane quantità di petrolio versato in mare. A tale riguardo Rick Steiner, un biologo marino, veterano della battaglia contro lo sfruttamento del petrolio e le perforazioni in Alaska, ha dichiarato 7 che la NOAA avrebbe dovuto capire da subito che il problema maggiore sarebbe stato quello della macchia di greggio che si stava formando non solo in superficie. Per ora è difficile stabilire quando, data la sua gravità, il problema potrà essere risolto a livello generale. Non può tuttavia non essere sottolineata l’incompatibilità tra la tecnologia e i livelli di perforazione per l’estrazione del greggio, che arrivano fino a 1500 metri di profondità. In conclusione, è triste assistere ad episodi di continua aggressione alla natura. L’inquinamento è un problema mondiale a causa della crescita progressiva delle emissioni delle sostanze nocive in natura: monossido e biossido di azoto (NO e NO2); idrocarburi policiclici aromatici; monossido di carbonio (CO); fumi, solfuri; biossido e triossido di zolfo (SO2 e SO3); formaldeide, cloro, ammoniaca ecc. Essi risultano essere i veri responsabili del sostanziale accrescimento di patologie degenerative delle vie respiratorie e dello sviluppo di forme di neoplasie a vari livelli, nonché di nuove forme allergiche, prima sconosciute. La cura dell’ambiente entra fortemente in collisione con lo sviluppo industriale; è necessaria una vera educazione alla cura dell’ambiente, che si sta lentamente facendo strada, grazie anche a Barack Obama. Egli, nella sua autorevolezza di Presidente degli Stati Uniti, ha aperto un dibattito mondiale sul clima e si è uniformato alle già avviate politiche da parte della Comunità Europea attraverso la definizione e discussione internazionale degli stessi obiettivi. BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA - www.wikipedia.it - www.wwf.it - www.corriere.it 8 - www.barackobama.com - www.newyorktimes.com - www.azzeroco2.it - www.greenreport.it - www.casaeclima.com - www.europa.eu - www.unfccc.int - QualEnergia (Bimestrale di Legambiente) Gennaio-Febbraio 2010 anno VIII n° 1 - La mia energia n° 10 bimestrale anno II 2010 9