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FOTOGRAFIA
E NATURA
AKIYOSHI ITO
Lamberto Cantoni
FOTOGRAFIA E NATURA
LAMBERTO CANTONI
I sogni sott’acqua che ci risvegliano.
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L’usciere © Akiyoshi Ito 2012.
Nella pagina accanto: Ferma il tempo © Akiyoshi Ito 2012;
qui sopra: Trucco leggero © Akiyoshi Ito 2012.
100 metri di terra costiera; le temperature terrestri
degli ultimi vent’anni sono le più alte mai registrate
da quando gli scienziati hanno cominciato a
documentarle con sufficiente affidabilità (ovvero
dalla metà del ‘700), l’inquinamento da emissioni
di anidride carbonica (dovuta all’utilizzo di fossili
come petrolio e carbone) impedisce alla luce solare
di fare ritorno nello spazio e intrappolata nella
nostra atmosfera trasforma in un incubo le nostre
estati in città.
Ovviamente la catena di retroazioni negative per
l’omeostasi marina, causate da fattori scatenanti
che frettolosamente sintetizziamo appellandoci
all’inquinamento, potrebbe continuare sino
all’esaurimento. In questa sede mi preme
sottolineare il fatto che la messa in discussione dei
processi vitali non investe solo la nostra vita, bensì
anche quella degli organismi marini. E tra questi
quella dei coralli che formano le stupefacenti
barriere la cui ecologia produce un modo di
rivelarsi della bellezza di inesauribile fascino.
UNO SGUARDO AL FUTURO DEL PIANETA
I profeti non mi sono mai stati particolarmente
simpatici. Mikio Kaku però, appartiene ad un
genere di visionari ai quali presto molta attenzione.
Nel suo ultimo libro, Fisica del futuro, lo studioso
propone una eccitante narrazione che parte dai
dati attuali registrati dalle osservazioni scientifiche
in tutti i campi dello scibile, per poi estenderne
le conseguenze nell’immediato futuro della vita
dell’uomo.
A partire da un concerto di voci autorevolissime,
alcune centinaia di scienziati tra i più accreditati,
in un modo o nell’altro invitati a riflettere sugli
scenari possibili causati dall’amplificazione degli
effetti dipendenti dai processi in atto, l’autore
arriva a proporre una visione sul futuro che grazie
al suo talento narrativo, mi fa pensare più che
ad un accumulo di congetture alla profezia in
forma di parabola, ovvero ad una storia fantasiosa
raccontata a fin di bene.
Del libro mi hanno particolarmente impressionato
le conseguenze della nostra scelta di basare le attività
economiche principalmente sull’energia ricavata
dai combustibili fossili. In breve, il nostro pianeta
si sta surriscaldando; negli ultimi cinquant’anni
lo spessore dei ghiacci artici è diminuito del
50%; porzioni dei ghiacci dell’Antartide ampie
quanto uno Stato europeo di medie dimensioni
si stanno staccando e vagano negli oceani come
immensi fantasmi in dissolvenza; ogni metro di
innalzamento del mare equivale alla scomparsa di
UN TRIBUTO ALLA BELLEZZA WABI-SABI
Mi rendo conto che usare come prologo per la
presentazione di un grande artista, suggestioni
tratte da un libro di scienza visionaria, è
sicuramente un azzardo.
Tuttavia, vi prego di credermi, quando per la prima
volta mi sono trovato di fronte alle meravigliose
immagini di Akiyoshi Ito, l’immediatezza della
percezione della bellezza si è subito sciolta nel
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pensiero umorale la cui semantica affonda nelle
considerazioni paraecologiche dalle quali sono
partito. In altre parole, il fascino di immagini per
le quali non è sprecata la parola perfezione non
mi hanno provocato il sentimento che di solito
attribuiamo all’oggetto bello nel senso di beauty
(categoria estetica che ci restituisce il “bello”
contaminato dal desiderio). E nemmeno nel senso
del classico tò kalòn (sarebbe il “bello”, dominato
da una idea preesistente che, in qualche modo
gli conferisce l’armonia, l’ordine, la proporzione
ideali). Nelle sue fotografie ho percepito una
inquietudine, una sorta di appagamento da dosi di
bellezza inaspettate, pervase tuttavia da un rumore
di fondo che potreste immaginare corrispondere
alla melanconia.
Le immagini di Ito, rappresentano mirabilmente
i paesaggi dei reef di tutto il mondo così come
potrebbero apparire davanti agli occhi di ciascuno
di noi se potessimo osservarli nel preciso momento
in cui il fotografo ha deciso di riprenderli. In
altre parole, le immagini del grande fotografo
giapponese sono un invito a lasciare le cose come
sono.
Nella lingua giapponese ci sono due parole,
sconosciute a noi occidentali, che mi permettono
di presentarvi la struttura concettuale che
connette il discorso della precarietà ecologica
con il sentimento apparentemente inutile che
chiamiamo bellezza.
Il concetto di wabi possiede una nota emotiva
particolare che sembrerebbe appropriata quando
ci riferiamo ad un oggetto tutto sommato umile,
persino banale, tuttavia complesso dal momento
che presenta qualcosa di esterno alle procedure
lineari preferite dalla mostra mente. Potremmo
avvicinare questa esteriorità, fonte di una corrente
emotiva di bellezza diversa dalla percezione
armoniosa di una forma, con parole come
asimmetria, imperfezione, disgregazione.
Sabi, la seconda parola, porta con sé un sentimento
di solitudine e di malinconia.
Crispin Sartwell, nel suo bel libro intitolato I sei
nomi della bellezza (Einaudi, 2006), ci ricorda
che l’estetica racchiusa dalle parole wabi-sabi,
nella cultura giapponese, è normalmente associata
alla cerimonia del tè, codificata nel XVI secolo
da Sen no Rikyu. Ancora, è bellezza wabi-sabi
l’imperfezione della tazza Kizaemon; possono
essere wabi-sabi gli alberi d’inverno, i suiseki
(i paesaggi di pietre) e l’ikebana (l’arte della
composizione dei fiori).
Poesia della vita © Akiyoshi Ito 2012.
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Insomma, sembra di capire che la batteria
passionale che accompagna la parola wabi-sabi sia
l’esatto contrario dell’entusiasmo e della meraviglia
che noi occidentali siamo stati educati a provare
quando ci troviamo di fronte a un capolavoro, a un
saggio magistrale di perizia tecnica, a tematiche
sconvolgenti.
Nelle composizioni wabi-sabi troviamo calma,
compostezza, pace e una punta di nostalgia (o
semplicemente di inquietudine).
ALDILÀ DELLO SPECCHIO
Osservate ora le immagini pubblicate a corredo
del mio intervento. Per esempio guardate con
attenzione I Healing light: la purezza del colore dei
coralli, la freschezza che ci trasmette la gradation
dell’azzurro del mare in contrasto con la tinta
rosacea dei microrganismi del reef attraversata
da ramificazioni evidenziate da una intensità del
timbro di colore dominante, come se fossero i
centri nervosi di un enorme organismo pensante
protetto dall’oceano; la luce fioca che filtra dalla
superficie delle acque che mi fa pensare al sole
d’inverno, quando i fotoni di luce arrivano dallo
spazio leggeri, discreti, frettolosi. E che dire della
tartaruga marina in primo piano, ripresa come se
fosse un fantasma scortato da uno sciame di piccoli
pesci fiduciosi nella giustezza delle sue traiettorie.
L’incredibile texture di segni che ne disegnano la
forma le conferiscono una grazia inimmaginabile
per un organismo marino quant’altri mai goffo e
pesante.
Entrare in questa fotografia sembra veramente
di essere in un sogno dominato dal desiderio di
perfezione. Ma dal momento che per vedere e
farmi guardare da questa immagine devo essere
sveglio, come faccio a rimuovere ciò che so sulla
precarietà della vita dei paesaggi marini in essa
rappresentati? Cosa ne sarà di tanta bellezza
quando avremo trasformato anche i mari nella
cloaca maxima del nostro stile di vita?
Akiyoshi Ito è riuscito a trasformare un soggetto
tutto sommato semplice, i paesaggi delle barriere
coralline, tra i più amati dagli amatori della
fotografia subacquea, in qualcosa dal quale
promana una possibile ma non scontata eternità.
La sua bellezza è wabi-sabi perché ci ricorda quanto
la purezza e la perfezione non abitino soltanto i
mondi ideali e astratti generati dalla nostra mente,
ma siano anche nelle cose che ci circondano e che
per noncuranza possiamo perdere.
Forse potrete pensare che in definitiva questa
Chiacchierando © Akiyoshi Ito 2012.
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Magnifico © Akiyoshi Ito 2012.
a creare con il meraviglioso mondo sommerso
dei reef. In altre parole Akiyoshi Ito è riuscito a
divenire una cosa sola con le cose per le quali vale
la pena di perdersi. Una specie di amore che lo
rende assente proprio nel preciso momento in cui
è più presente. E’ vero che niente più della bella
forma ci fa pensare a quella specie di incantamento
che ci fa innamorare. Ma se Akiyoshi Ito scompare
di fronte al soggetto significa che ciò che vediamo
è un’emanazione del reale e quindi non il soggetto
della foto non è soltanto forma ma anche processo.
E se aldilà dello specchio della bellezza (tò kalon)
è il processo che l’artista vuole raffigurare allora,
i rumori dell’etica che ho cercato di mettere in
gioco con wabi-sabi, non mi sembrano un elogio
alla critica soggettivistica bensì forzature del
linguaggio che il prodigioso talento dell’artista ha
reso necessarie.
lettura dell’artista giapponese odori un po’
troppo di soggettivismo. Nulla vi impedisce di
trovare nelle sue fotografie melodie di colori
tutt’altro che melanconiche o nostalgiche. E non
ci sono dubbi sul padroneggiamento tecnico che
l’artista manifesta. Chiunque si sia misurato con
la foto subacquea comprenderà al volo l’infinita
pazienza e maestria necessarie per raggiungere
gli esiti estetici che nella fruizione dell’immagine
liquidiamo con uno sguardo. Il problema è che
questa fatica in Akiyoshi Ito non si vede. L’artista
sembra raggiungere i suoi esiti senza alcun sforzo.
Osservate meglio ciò che l’occhio post-moderno
vorrebbe semplicemente cannibalizzare. Io non
trovo nell’artista giapponese la compiacenza e
l’esaltazione della tecnica. Le sue composizione
risultano certo armoniose ma non per questo
mi rimandano all’ego dell’artista ri-creatore di
un reale imperfetto da redimere. Dov’è Ito nelle
sue foto? A volte mi è sembrato di scorgerlo in
un’ombra umana che galleggia sopra i reef. Ma
perlopiù Ito non c’è. E in questo non esserci trovo
l’empatia che dopo anni di passione è riuscito
La mostra “Sogni sott’acqua” di Akiyoshi Ito si è svolta dal
13 settembre al 14 ottobre 2012 presso il Museo Nazionale
Alinari della Fotografia di Firenze.
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