Le strutture e gli impianti per lo stoccaggio ed il trattamento delle
Transcript
Le strutture e gli impianti per lo stoccaggio ed il trattamento delle
Le strutture e gli impianti per lo stoccaggio ed il trattamento delle deiezioni animali 1 Generalità Negli ultimi anni la gestione delle deiezioni animali e dei liquami in particolare è divenuta sempre più problematica. I problemi in gioco sono, infatti, molti: la gestione di una grande massa di deiezioni (TABB. 1, 2, 3 e 4), la necessità di creare volumi di accumulo a tenuta di dimensioni idonee ad una razionale utilizzazione agronomica, la richiesta di trattamenti volti al contenimento degli odori molesti e la necessità di rispettare i vincoli ecologico-ambientali imposti dalla legge di protezione delle acque dall’inquinamento (D.Lgs. 152/1999) e dalla I.P.P.C.- legge sull’inquinamento integrato (D.Lgs. 372/1999). Solidi volatili Solidi totali Quantità prodotte° (% SS) (litri/100 kg p.v.) (% t.q.) (kg/100 kg p.v.) BOVINI DA CARNE – vitelloni – vitelli a carne bianca VACCHE DA LATTE 8-10 fino a 20* 6-10 1-4 0,7 0,7 70-80 70-80 8-10 8-12 1,0 75-85 ° considerando la massa volumica pari a 1,0 t/m3 * in funzione dell’impiego di acqua di lavaggio Tab. 2 Produzione media giornaliera di liquami in allevamenti suinicoli. Peso vivo di riferimento (kg) Scrofe in gestazione Scrofe in allattamento Suini in post-svezzamento Suini all’ingrasso 180 205 fino a 25 fino a 160 Produzione liquami (litri/giorno) (% p.v.) 10-15 15-20 1-2 7-12 6-8 7-10 8-10 7-8 COSTRUZIONI ZOOTECNICHE Tab. 1 Valori medi delle produzioni giornaliere di liquami dei bovini. Tab. 3 Produzione di deiezioni degli allevamenti avicoli. Deiezioni tal quali (g/capo al giorno) Tipologia allevamento Frequenza di asportazione Deiezioni di 1000 capi (kg/giorno) Sostanza secca (%) Ovaiole 140-150 tradizionale nastri ventilati a due piani settimanale settimanale annuale 140-150 60-70 35-40 15-20 40-60 70-75 Broilers Tacchini 140-150 400-500 su lettiera su lettiera 8 settimane 15 settimane 40-50 115-165 40-50 50-60 Tab. 4 Produzione di deiezioni degli allevamenti cunicoli. Produzione giornaliera (g/capo) (kg/100 kg p.v.) Ingrasso Fattrici 45 2,6 117* 2,0 Categoria animale e tipologia allevamento Suini * con la nidiata 2 Tab. 5 Produzione di azoto e peso vivo sostenibile ai sensi della tabella 6 allegato 5 D.Lgs. 152/1999 per terreni non vulnerabili (azoto 340 kg/ha). La gestione dei liquami Azoto Carico “reso al campo” sostenibile (kg/t p.v. ettaro) (t p.v./ettaro) 113 3,0 Bovini 85 4,0 Avicoli 162 2,1 Cunicoli 142 2,4 Ovini caprini 100 3,4 85 4,0 Suini ■ ■ 2.1 Lo stoccaggio Lo stoccaggio ha assunto un ruolo fondamentale per potere effettuare lo spandimento dei liquami nei momenti agronomicamente più utili. Infatti, l’utilizzazione da parte delle piante degli elementi fertilizzanti, e dell’azoto in particolare, è minima nel periodo invernale e, conseguentemente, la distribuzione dei liquami in dosi elevate sul terreno in questo periodo porta ad eccessivi dilavamenti, inaccettabili sotto l’aspetto ecologico. In questa ottica, la disponibilità di bacini di stoccaggio dimensionati su un tempo di ritenzione di almeno 180 giorni può consentire lo sfruttamento da parte delle colture della maggior parte dell’azoto contenuto nei liquami: lo stoccaggio, quindi, determina anche un recupero economico da non trascurare. Inoltre, un elevato tempo di ritenzione consente di ottenere un sensibile abbattimento della carica patogena dei liquami, con ovvii vantaggi anche per gli addetti alla distribuzione. Per il dimensionamento dei bacini di stoccaggio, prevedendo – per le vasche scoperte – l’in- vaso di acqua piovana, si può far riferimento alla formula: V = RT · n · (Q + D1) + Vp + Vi + Vs + Vr [m3] ove: RT n Q D1 Vp Vi Vs Vr = tempo di ritenzione [giorni]; = numero dei capi presenti; = produzione unitaria di liquami [m3/capo giorno]; = acqua di lavaggio [m3/capo giorno]; = volume di invaso dell’acqua piovana riferita al tempo di ritenzione RT, calcolata con la relazione Vp = superficie vasca (in m2) × piovosità (in m nel semestre) [m3]; = volume occupato da pilastri interni e dalle pompe [m3]; = volume di sicurezza (per un’altezza di 0,3 m) [m3]; = quantità di liquami residua, non aspirabile dalla pompa [m3]. ■ Le vasche Delle molte soluzioni costruttive adottabili per materiale, forma e posizionamento della pavimentazione rispetto al piano di campagna, i vasconi più usati nel nostro Paese sono quelli in cemento armato, con sempre maggior attenzione da parte dell’allevatore per quelli in elementi prefabbricati (FIG. 1) disponibili sul mercato con pannelli fino a 5 m di altezza e per quelli gettati sul posto, ma ad opera di ditte specializzate (FIG. 2). Se sotto l’aspetto pratico l’interesse dell’allevatore può essere attirato dai manufatti di elevata altezza per la ovvia riduzione della superficie, è bene ricordare che con il superamento dei 5 m la Fig. 2 Vasca realizzata sul posto da ditta specializzata (fonte: WOLF). COSTRUZIONI ZOOTECNICHE Fig. 1 Vasca circolare prefabbricata (fonte: PAVER). maggior complessità strutturale della vasca porta a costi per unità di volume tendenzialmente maggiori, nonostante le economie ottenibili nella realizzazione della minore superficie del basamento. Il basamento delle vasche viene generalmente realizzato con un sottofondo in ghiaia dello spessore di 0,20-0,25 m e con una gettata di calcestruzzo di 0,15-0,20 m, addittivato con fluidificanti per migliorare la tenuta, ed armato con doppia rete di acciaio elettrosaldata (generalmente con tondini da 5 mm per platee di superficie inferiore a 1000 m3 e 6 mm per platee più ampie). Oltre alla pavimentazione piana, è possibile adottare pendenze fino al 20 % verso il centro aumentando, così, la capacità della vasca. Tali indicazioni sono valide anche per le Fig. 3 Schemi di vasche prefabbricate con in evidenza le possibili modalità di realizzazione della pavimentazione (fonte: PAVER). vasche prefabbricate in legno, particolarmente diffuse nell’Europa centrale, e per quelle in lamiera d’acciaio vetrificata o rivestita internamente con resine epossidiche, con lamierino in acciaio inox o con telo plastico. Fig. 4 Vasca in acciaio zincato con rivestimento interno in lamierino di acciaio inox, realizzata sul posto con assemblaggio spiraliforme di lamiera in rotolo e particolare della giunzione delle lamiere (fonte: LIPP). Il carico delle vasche viene effettuato dall’alto con tubazioni collegate con la pompa installata nelle prossimità delle stalle o in adiacenza delle vasche stesse. Lo scarico può essere realizzato con prelievo diretto dei liquami dalle vasche: allo scopo si deve prevedere l’inserimento nelle pareti della vasca di una tubazione con terminale esterno dotato di attacco rapido per il collegamento con il carrobotte (FIG. 7). Per garantire una maggiore tempestività di lavoro appare preferibile lo scarico di fondo, con tubazione passante attraverso la fondazione perimetrale (DN 200 mm) e defluente in una vasca esterna, con regolazione del flusso con dispositivo a galleggiante (FIG. 8). Molto utile per i vasconi di grandi dimensioni, soprattutto quando si superi il volume di 2500 m3 – comunemente indicati, però, come limite massimo per una singola vasca per una sua razionale gestione – è la realizzazione di un por- Fig. 5 Vasca in elementi d’acciaio trattato internamente ed esternamente e assemblato per bullonatura (fonte: WYRYBALD). Fig. 7 Sistema di scarico di una vasca con tubazione passante attraverso la parete e attacco rapido per il carrobotte (DN 150 mm): in evidenza anche il doppio sistema di sicurezza con valvola a sfera e a ghigliottina. Fig. 6 Sistema tradizionale di carico-scarico di una vasca di stoccaggio con tubazione passante attraverso le fondazioni. Fig. 8 Pozzetto di scarico collegato direttamente con la vasca di stoccaggio di una vasca con in evidenza il dispositivo di regolazione del flusso a galleggiante. Fig. 9 Portoni di accesso di una struttura prefabbricata: sono utili per la rimozione dei solidi che si possono accumulare nella vasca nel tempo (fonte: PAVER). ■ I lagoni Con il termine “lagone” viene correntemente inteso un bacino adibito allo stoccaggio dei liquami, realizzato con scavo a sezione obbligata nel terreno, la cui profondità non supera in genere i 3 m. Qualora il terreno offra le sufficienti garanzie geologiche di impermeabilità (coefficiente di permeabilità K> 1 × 10-7 cm/s) è possibile ricorrere al cosiddetto “stagno di terra”, realizzato semplicemente con scavo e riporto del terreno per la formazione degli argini e con la compattazione degli strati. Nel caso in cui le caratteristiche del terreno non garantiscano l’impossibilità di percolazione, infiltrazione e lisciviazione dei liquami negli strati sottostanti, è necessario ricorrere alla impermeabilizzazione delle superfici del bacino con un manto di calcestruzzo armato o con materiali geosintetici, quali le geomembrane ed i teli polimerici, forniti in rotoli o pezze di ampia superficie (fino a 2000 m2), da saldare fra di loro sul posto (FIG. 11). La geomembrana è composta da uno o più strati di materiale impermeabile (polietilene, policloruro di vinile e bitume) e da uno o più strati di materiale di rinforzo; lo spessore complessivo risulta compreso all’incirca tra 1 e 5 mm. Il telo polimerico è, invece, composto da un unico strato di materiale, generalmente polietilene, dello spessore variabile da 0,7 a 1,5 mm. Tra le norme da seguire per una corretta impermeabilizzazione di un lagone con materiali geosintetici va ricordata la necessità di un’accurata esecuzione dello scavo e preparazione delle sponde e del fondo; per una maggiore durata del manto è buona norma interporre fra questo e il terreno un foglio di “tessuto non tessuto” di protezione. Sotto l’aspetto economico, l’investimento per un lagone è, a parità di volume, sensibilmente infe- Fig. 10 Vasche circolari coperte con telo plastomerico (fonte: CBS). COSTRUZIONI ZOOTECNICHE tone di accesso per lo svuotamento totale (FIG. 9), soprattutto qualora non venga effettuato alcun trattamento, data l’elevata sedimentabilità dei liquami, soprattutto di quelli suini. La copertura delle vasche (FIG. 10), sta diventando sempre più un’esigenza degli allevamenti siti in prossimità dei centri urbani per limitare le emissioni maleodoranti, oltre che per limitare la diluizione dei liquami con l’acqua meteorica. Molte ditte soprattutto nel Nord Europa hanno già messo a punto prodotti commerciali di accettabile costo, soprattutto per vasche circolari del diametro non superiore a 20 m. Problematica risulta, invece, la copertura di vasche di grandi dimensioni e di forme non standardizzata. Basti pensare che per un allevamento di 5000 suini all’ingrasso occorre un volume di circa 9000 m3, corrispondenti a due vasche 30 × 50 m per un’altezza di 3,7 m (3,0 utili, considerata una limitata piovosità ed il volume di sicurezza). larghezza dell'argine 2,5 - 5,0 m massima altezza del pelo libero 0,5 - 0,7 m ARGINE piano di campagna max 30 - 35° max 23 - 25° BACINO Fig. 11 Schema dell’argine perimetrale di un lagone (sopra); lagone impermeabilizzato con telo in PE (sotto) (fonte: CENO TEC). riore a quello dei manufatti in cemento (– 30/40%); vanno valutati, però, anche gli aspetti negativi: la minore durata dell’opera, la maggiore difficoltà di manutenzione, la maggiore superficie necessaria e la non trascurabile maggiore captazione di acqua piovana. ■■ 2.2 L’omogeneizzazione dei liquami L’omogenizzazione dei liquami durante lo stoccaggio ha la funzione di impedirne la stratificazione nelle vasche: può essere attuata, ricircolandoli con pompe o movimentandoli con specifiche attrezzature. Gli interventi nei vasconi interni alla stalla non solo sono operativamente più complessi, ma anche problematici per l’igiene ambientale; infatti, muovendo i liquami presenti sotto il grigliato si hanno esalazioni di composti ammoniacali e solforati e di altre sostanze volatili maggiori di quelle che si hanno normalmente con i liquami fermi. In ogni caso, poiché il tasso di queste esalazioni dipende dal grado di anaerobiosi instauratosi nella vasca, si devono effettuare interventi ravvicinati nel tempo per favorire una costante ossigenazione dei liquami; in alternativa il loro rimescolamento deve essere effettuato a fine ciclo con la stalla vuota, per evitare danni agli animali. Nelle vasche di stoccaggio l’omogeneizzazione viene oggi attuata prevalentemente a fine stoc- caggio, una settimana prima del prelievo dei liquami per il loro utilizzo agronomico. Le attrezzature utilizzabili sono riconducibili alle due tipologie: – pompe con apparato di ricircolo dei liquami; – mixer. Le normali pompe a stelo con motore esterno, le più utilizzate oggi per il carico dei liquami, possono essere dotate di ugello per l’omogeneizzazione o, anche, di elica miscelatrice (FIG. 12). Fig. 12 Pompe di carico/omogeneizzazione con ugello di ricircolo dei liquami e anche con elica miscelatrice (fonte: DODA). Fig. 13 Anche con liquami che tendono a formare “cappello” come quelli dei bovini e di conigli e anche in vasche fuori terra è possibile omogeneizzare in poco tempo la massa prima di utilizzarla agronomicamente sia con installazioni fisse (sopra, fonte: LJM), sia con miscelatore portato da trattore (sotto, fonte: DODA). I miscelatori ad elica (FIG. 13) sono riconducibili alle due tipologie di macchine installate nelle vasche (ad azionamento elettrico) e macchine carrellate (ad azionamento elettrico o per mezzo della p.d.p. della trattrice) nelle due versioni per vasche interrate e vasche fuori terra. Si tratta di macchine caratterizzate – per i normali modelli utilizzati sui liquami zootecnici – da potenze installate di almeno 15 kW aventi un raggio d’azione di circa 25 m. La separazione ■ ■ 2.3 liquido/solido La separazione liquido/solido è un trattamento fisico che permette di ottenere dal liquame tal quale una frazione solida ed una frazione chiarificata liquida (FIG. 14). Per molto tempo, nel settore zootecnico, tale tecnica è stata confinata quasi esclusivamente ai processi di depurazione; oggi è di normale impiego anche per l’utilizzo agronomico dei liquami, quale trattamento preliminare. La separazione liquido-solido offre, infatti, i seguenti vantaggi: Fig. 14 La separazione liquido/solido permette di ottenere da un liquame una fase solida ed una liquida. separatore l/s frazione solida separata liquami tal quali liquami chiarificati – – – migliora la pompabilità dei liquami, riducendo possibili intasamenti delle pompe e delle tubazioni. Ciò appare di grande importanza per l’aumentato contenuto in sostanza secca dei liquami; contribuisce a ridurre l’intasamento dei bacini di stoccaggio o dei canali di movimentazione dei liquami ad opera del materiale sedimentabile. Tale inconveniente può portare, nel giro di pochi anni, a vistose riduzioni del volume utilizzabile, obbligando a costose quanto difficili operazioni di pulizia; riduce la spesa energetica per il funzionamento delle attrezzature di aerazione e omogenizzazione del liquame. Le due tecniche utilizzabili sono quelle della sedimentazione e della vagliatura meccanica. La separazione liquido/solido per sedimentazione avviene per effetto della forza di gravità, in virtù della diversa massa volumica delle particelle solide presenti nei liquami. Il processo, applicabile ai soli liquami di porcilaia, non ha fino ad ora avuto la giusta valorizzazione potendo costituire una valida alternativa, o integrazione, agli schemi di trattamento convenzionali. La sedimentazione, in particolare, può essere attuata realizzando due o più vasche poste in serie con collegamento a sifone posto ad almeno 1 m dalla superficie, in modo da far afferire al bacino successivo il solo chiarificato (FIG. 15). Con tre vasche, disposte in serie, dimensionate per uno stoccaggio di almeno 4 mesi, si può garantire un abbattimento del 50 % dei solidi e del fosforo (che rimane nei solidi sedimentati nei primi bacini) e del 25 % dell’azoto. La separazione per vagliatura meccanica avviene sfruttando le diverse dimensioni delle particelle dei solidi contenute nei liquami. Le attrezzature di separazione liquido/solido adottabili per l’utilizzo agronomico dei liquami sono essenzialmente riconducibili alle due tipologie dei separatori a a rulli (FIG. 16) e a vite senza fine (FIG. 17). In entrambi i casi il livello di separazione dipende dal diametro dei fori attraverso i quali passa la frazione chiarificata, la cui luce varia da 0,5 a 2 mm. Per gli allevamenti di vacche da latte i solidi separati sono spesso utilizzati come materiale di riempimento delle cuccette. Fig. 15 Schema di vasche di sedimentazione in serie. Pur restando il problema dello svuotamento periodico, soprattutto dalla prima vasca, il sistema resta valido per la mancanza di costi energetici. Fig. 16 Schema di un separatore a rulli (in alto) e una installazione in un allevamento di suini, con scarico su rimorchi per il trasporto ad un impianto di compostaggio (fonte: DODA). Fig. 17 Schema di impianto di separazione a vite senza fine (in alto) ed una sua installazione in un allevamento di vacche da latte (fonte: FUN). Il trattamento aerobico ha la funzione di favorire l’azione dei batteri aerobici presenti nei liquami sulla sostanza organica, da loro sfruttata a fini metabolici. Il processo avviene con l’introduzione di ossigeno atmosferico in quantità sufficiente all’inibizione dell’attività dei microrganismi anaerobici responsabili della produzione di acidi organici, alcali, composti ammoniacali e solfidrici, fonte di cattivi odori ed a favorire l’attività biologica degli aerobi. L’ossigenazione dei liquami può essere effettuata essenzialmente a diversi livelli di intensità, a seconda delle esigenze aziendali: – ossigenazione blanda, quando sia richiesta la sola deodorizzazione dei liquami; – ossigenazione di media intensità, se finalizzata alla loro stabilizzazione; – ossigenazione intensa, se viene richiesta la depurazione, cioè il completo abbattimento del carico organico dei liquami. ■ La deodorizzazione aerobica Il ricorso al trattamento aerobico ai fini della deodorizzazione dei liquami – preferibilmente dopo trattamento di separazione liquido/solido – è soluzione da anni adottata in molti allevamenti, e non solo nel nostro Paese. Infatti, con l’introduzione di ossigeno atmosferico nei liquami si favorisce l’azione Fig.18 Schema di un impianto di trattamento aerobico dei liquami in un’azienda di bovini con in evidenza: 1) la vasca di carico; 2) la vasca di stoccaggio/aerazione; 3) il separatore liquido/solido; 4) la platea di accumulo della frazione separata; 5) il ricircolo dei liquami per la pulizia della stalla; 6) il pompaggio dei liquami alla rete irrigua (fonte: DODA). dei batteri aerobi che indirizzano la degradazione della sostanza organica verso la produzione di composti non maleodoranti, limitando la formazione di quei prodotti tipici della degradazione anaerobica che sono all’origine dei cattivi odori (acido solfidrico, mercaptani, indolo, scatolo). Per questo tipo di trattamento è sufficiente instaurare nella massa condizioni di ossigeno disciolto minimali (>0,2 mg/litro) ed un potenziale di ossidoriduzione di –300 –350 mV. Per una migliore efficienza energetica ed un minore impatto ambientale per emissione di odori, è preferibile il trattamento intensivo iniziale, da attuarsi per due-tre settimane operando: – con una potenza di ossigenazione di almeno 10 W/m3 di vasca; – in una specifica vasca di trattamento dimensionata per un tempo di ritenzione di circa 1520 giorni e posizionata a monte dello stoccaggio; – con ciclo discontinuo (15-20 minuti all’ora). Con potenze superiori, dell’ordine di 20 W/m3 di vasca, si ottiene un migliore effetto di stabilizzazione dei liquami ed un abbattimento dell’azoto dell’ordine del 25 %. L’ossigenazione effettuata direttamente nella vasca di stoccaggio comporta una potenza di ossigenazione superiore, dovendosi anche miscelare una maggiore massa di liquami. L’ossigenazione dei liquami può venir attuata con: – ossigenatori di superficie; – ossigenatori sotto-superficiali; – ossigenatori di fondo. COSTRUZIONI ZOOTECNICHE Il trattamento ■ ■ 2.4 aerobico Gli ossigenatori di superficie sono macchine in grado di attuare l’ossigenazione con una energica movimentazione dei liquami, essendo dotati di una girante operante a livello superficiale il cui ruolo è quello di richiamare il liquame dal basso verso l’alto (FIG. 20). Pur avendo elevati rendimenti di dissoluzione di ossigeno, questa tipologia di ossigenatori è oggi considerata superata, in ordine alla maggiore emissione in atmosfera di odori molesti ed aerosol rispetto agli altri sistemi di aerazione. Agli ossigenatori ad aria aspirata appartengono anche gli ossigenatori sotto-superficiali, caratterizzati da una girante a pale, simile a quella dei piccoli mixer, la cui rotazione viene sfruttata per aspirare aria atmosferica. L’effetto di ossigenazione è aumentato dal contatto della massa idrica in movimento con l’ossigeno atmosferico. Si tratta di una soluzione che può garantire buoni risultati di miscelazione e ossigenazione. Le macchine più diffuse sono quelle a motore sommerso: operano ad una profondità non superiore a 1 metro, dato che la quantità di aria aspi- Fig. 19 Impianto di aerazione superficiale di tipo galleggiante: appare evidente la turbolenza creata dalla girante; da questa dipende l’elevato rendimento di ossigenazione. rata decresce rapidamente all’aumentare della profondità di installazione. Questa categoria di macchine, presente sul mercato con potenze installate fino a 30 kW (FIG. 21) ha come prerogativa quella di poter controllare la formazione di crosta superficiale nel bacino; inferiore è, invece, la capacità di controllo della formazione di sedimenti, in virtù del loro posizionamento. Una macchina particolare operante sullo stesso principio dell’aspirazione dell’aria, ma a motore elettrico “esterno”, è visualizzata nella figura 22: è costituita essenzialmente da un involucro tubolare della lunghezza di circa 1,5 m (nel modello più piccolo) all’interno del quale ruota ad alta velocità l’albero che aziona la girante (a tre pale), la cui rotazione determina l’aspirazione di aria atmosferica attraverso dei fori tarati. Queste macchine sono previste nella versione ancorata a parete o nella versione galleggiante. Gli ossigenatori di fondo utilizzati per i liquami zootecnici sono essenzialmente riconducibili alla categoria di macchine sfruttanti l’effetto Venturi dell’eiettore applicato. Queste attrezzature – disponibili sul mercato anche con potenze molto elevate anche con più eiettori – sono in grado di controllare la sedimentazione meglio degli ossigenatori sotto-superficiali. Di conseguenza, qualora sia necessario montare nella vasca più di un ossigenatore, appare interessante abbinare le due tecnologie di ossigenazione. Tra le soluzioni ad aria compressa va menzionato un nuovo ossigenatore denominato airmixer (FIG. 24), costituito dall’abbinamento di un miscelatore (che garantisce un’ottimale miscelazione) e di un sistema di diffusione di aria compressa (che garantisce la possibilità di operare con elevati battenti idraulici). Questa attrezzatura è presente sul mercato con mixer della potenza fino a 15 kW; non richiede opere fisse ad esclusione del collegamento con il compressore dell’aria. Fig. 20 Schemi di impianto di aerazione superficiale di tipo fisso e galleggiante e schema funzionale (fonte: BSK). 1 2 3 Fig. 22 Schema dell’aeratore AIRE O2: 1) motore; 2) fori di aspirazione aria; 3) albero motore; 4) involucro esterno con intercapedine; 5) girante a tre pale e lo stesso nella versione galleggiante (a destra) (fonte: ALL). Fig. 23 Aeratore di fondo a pompa con eiettore: è generalmente utilizzato per i liquami suinicoli caratterizzati da un’elevata sedimentabilità. L’aspirazione dell’aria avviene sfruttando la depressione che si instaura in uscita dalla pompa in corrispondenza della riduzione di sezione della tubazione (effetto Venturi) (fonte: ABS). COSTRUZIONI ZOOTECNICHE Fig. 21 Aeratore sotto-superficiale a motore sommerso: 1) attacco della tubazione (flessibile o rigida); 2) girante; 3) camera di depressione (fonti: ABS, TECNOFER). Fig. 24 Airmixer con in evidenza: 1) tubazione di immissione dell’aria compressa; 2) diffusori dell’aria; 3) tubazione di convogliamento miscelazione aria/liquame; 4) miscelatore (a destra – fonte: ITT FLYGT) e una macchina similare (a sinistra – fonte: ROTA). POTENZA INSTALLATA (m 3 ) (kW) 14 2800 10,5 2100 SUINI ALL'INGRASSO volume della vasca tempo di stoccaggio: 6 mesi 4 mesi 7 700 1,5 100 50 0 200 14 2800 10,5 2100 7 1400 600 800 1000 BOVINI DA CARNE 6 mesi 4 mesi 3 mesi tempo di stoccaggio 700 1,5 50 400 (m 3 ) (kW) 100 3 mesi 1400 0 200 400 600 800 (m 3 ) (kW) 1500 10 1000 BOVINI DA LATTE tempo di stoccaggio 1000 6 mesi 4 mesi 5 3 mesi 500 100 80 60 40 20 0 spesa energetica (kWh/giorno) DEODORIZZAZIONE BUONA 40 80 100 120 numero di capi DEODORIZZAZIONE ACCETTABILE Fig. 25 Abaci per la determinazione della spesa energetica nella deodorizzazione dei liquami zootecnici. Il trattamento aerobico, pur essendo impegnativo sotto l’aspetto energetico è senz’altro il sistema di deodorizzazione più sicuro per la sua elasticità d’impiego. ■ La depurazione biologica COSTRUZIONI ZOOTECNICHE La depurazione dei liquami non è altro che un processo aerobico potenziato, finalizzato alla pressoché completa distruzione della sostanza organica e dei nutrienti (azoto e fosforo), i cui residui vengono concentrati nei fanghi da gestire agronomicamente. Il processo di depurazione è, dunque, attuato per via biologica ad opera di batteri aerobi: la sostanza organica è demolita essenzialmente in anidride carbonica ed acqua e l’azoto è liberato in forma gassosa come N2. L’azoto residuo (indicativamente il 15-20 % dell’azoto affluente) è contenuto nei fanghi di supero dell’impianto ed è destinato alla utilizzazione agronomica. I maggiori problemi di raggiungimento dei limiti fissati dalla legge antinquinamento nazionale (D.Lgs. 152/1999) sono riferibili proprio all’azoto, dato che a basse temperature dei liquami (<14 °C) i processi di nitrificazione/denitrificazione non sono ottimizzabili. Lo schema classico di un impianto di depurazione per liquami suinicoli è schematizzato in figura 26: prevede preliminarmente una vagliatura iniziale per l’allontanamento dei solidi grossolani, una fase di omogeneizzazione, un eventuale trattamento primario di sedi-flottazione per la rimozione dei solidi sospesi; seguono il processo di ossigenazione-nitrificazione e quello di denitrificazione attuati con continuo ricircolo dei liquami tra i due bacini. A valle si ha il processo di sedimentazione finale con il quale vengono rimossi dal chiarificato, che verrà scaricato nella rete idrica di superficie, i fanghi contenuti nei liquami provenienti dalla fase aerobica. Questi in parte vengono riciclati in testa all’impianto ed in parte eliminati dal processo. Per la depurazione gli aeratori più efficienti appartengono alla cosiddetta categoria degli ossigenatori di fondo “a bolle fini” operanti con aria compressa: l’aria introdotta nei liquami attraverso dei diffusori tubolari o a dischi (FIGG. 27 e 28) è a temperatura superiore a quella ambientale immessa dagli impianti di ossigenazione descritti per la deodorizzazione. Attualmente la depurazione di liquami suinicoli con impianti biologici a fanghi attivi è attuata nel nostro Paese in un numero molto contenuto di allevamenti, mentre è di normale uso negli allevamenti annessi a caseifici, ove la depurazione congiunta dei liquami di allevamento e delle acque di lavaggio degli impianti di lavorazione del latte facilita il processo, per il migliore rapporto carbonio/azoto rispetto ai soli liquami suinicoli. Per questa tecnologia si stanno, però, aprendo interessanti prospettive con le nuove biotecnologie della depurazione oggi in fase di diffusione negli USA, basate sull’impiego di processi di trattamento primario avanzati, utilizzanti come flocculanti composti poliacrilamidici e per il trattamento di ossidazione le tecnologie dell’immobilizzazione dei batteri nitrificanti (PINBT) e, in sostituzione della sedimentazione finale, la separazione con membrane. Con le nuove tecnologie la depurazione, vista finora come l’estremo rimedio cui ricorrere per un Fig. 26 Schema di un impianto di depurazione biologica di liquami suinicoli. Fig. 27 Schema di impianto di ossigenazione a diffusori di fondo: in evidenza il collettore principale di diffusione dell’aria collegato con il compressore e la rete di diffusori circolari (a sinistra) e impianto in lavoro (a destra). Fig. 28 Diffusori tubolari (a destra) e a disco (a sinistra) (fonte: ITT FLYGT). Fig. 29 Trattamento primario di liquami zootecnici con flocculanti e separazione con nastropressa semplificata (fonte: SELCO). allevamento suinicolo considerati i proibitivi costi di gestione, potrebbe diventare il riferimento impiantistico in aree con carico zootecnico molto elevato e con mancanza di terreno per l’utilizzo agronomico, dato che i costi di gestione delle nuove tecnologie sembrano essere inferiori, pur a fronte di maggiori investimenti. I trattamenti ■ ■ 2.5 anaerobici I processi di digestione anaerobica dei liquami zootecnici sono stati all’attenzione dei mass media nella prima metà degli anni ’80 soprattutto per l’aspetto energetico, legato alla produzione di “biogas” (miscela di gas biologico costituita dal 50-70% in volume di metano e dal 25-40% di anidride carbonica, con un residuo 5% in volume di altri gas, tra i quali l’indesiderato idrogeno solforato), spesso trascurando l’aspetto ambientale, riconducibile alla deodorizzazione e sanitizzazione dei liquami. Dopo un ventennio di disinteresse, questa tecnologia è oggi in fase di rilancio anche nel nostro Paese, sia per i vantaggi energetici che per quelli ambientali garantendo un buon livello di stabilizzazione-deodorizzazione dei liquami. L’interesse è poi reso attuale anche dalla messa a punto di tipologie impiantistiche studiate per l’agricoltura, esenti da quegli aspetti negativi che finora, avevano contribuito a limitare la diffusione della tecnologia nel comparto zootecnico e cioè l’elevato costo d’impianto e la difficoltà di gestione. Tra i processi di tipo “semplificato” va innanzitutto ricordata la “anaerobiosi a freddo”, che avviene in vasche coperte nelle quali i liquami vengono mantenuti in ambiente anaerobico senza essere riscaldati. Anche con questo processo è possibile ottenere, oltre che discrete quantità di biogas, una accettabile stabilizzazione dei liquami, qualora il tempo di ritenzione non risulti inferiore a 120 giorni. Per questa tipologia di impianto si possono utilizzare anche teli galleggianti (FIG. 31): l’accumulo del gas avviene ad una pressione di pochi centimetri di colonna d’acqua. Gli impianti a strutturazione industriale ed operanti a regime mesofilo, cioè con riscaldaFig. 31 Impianto di digestione anaerobica “a freddo” costituito da una normale vasca per liquami a tipologia prefabbricata, priva di isolamento termico, coperta da un telo galleggiante sotto il quale si accumula il biogas (fonte: ECOMEMBRANE). COSTRUZIONI ZOOTECNICHE Fig. 30 Impianto di separazione a membrane e schema di funzionamento delle stesse. Fig. 32 Diverse tipologie di impianti di digestione anaerobica “riscaldati”: monostadio con calotta gasometrica superiore (in alto a sinistra); con secondo stadio gasometrico (sopra a destra); a due stadi con gasometro a campana tradizionale (sotto a sinistra) e a tipologia orizzontale (sotto a destra). mento dei liquami a 35-37 °C, garantiscono un maggior recupero di energia ed una ottimale deodorizzazione dei liquami, tale da renderli distribuibili in copertura su qualsiasi coltura, anche in relazione all’elevato abbattimento della carica patogena. Le tipologie costruttive sono molteplici (FIG. 32): tra queste la scelta deve essere attuata essenzialmente in funzione del materiale organico da trattare e dell’obiettivo prioritario (energetico o ambientale). Oggi, con il “premio alla produzione di energia” dei certificati verdi gli impianti di digestione anaerobica risultano economicamente sostenibili, con tempi di ammortamento dell’ordine di 7-8 anni: è ovviamente necessario valutarne l’opportunità di adozione caso per caso, con un attento studio della possibilità di utilizzare il biogas prodotto e analisi delle diverse tipologie di impianto esistenti sul mercato (FIG. 32). I trattamenti ■ ■ 2.6 oligolitici Il trattamento oligolitico dei liquami zootecnici è un trattamento di deodorizzazione basato sul pro- cesso elettrolitico attivato tra coppie di elettrodi di rame (FIG. 33). Fino a qualche tempo fa si riteneva che il risultato ottenuto fosse riconducibile soprattutto all’azione “oligodinamica”– da cui il nome più diffuso di trattamento “oligolitico”– cioè all’effetto della dissoluzione di ioni metallici in dosi estremamente ridotte (microgrammi/litro) ed in particolare del rame. Studi più recenti sembrano evidenziare anche il ruolo della corrente elettrica sull’attività batterica, nonché il ruolo del rame nella complessazione di ammoniaca e acido solfidrico. Il trattamento con elettrodi di rame, commercializzato con il nome “Oligomat” risulta caratterizzato da una centralina elettronica azionante fino a 6 coppie di elettrodi operanti con un’intensità di corrente dell’ordine di 0,5-1,5 Ampère. Ciascuna coppia di elettrodi è in grado di gestire fino a 500 m3 di liquami, in funzione della tipologia e contenuto in solidi totali. Il regime di funzionamento è continuo, con potenze installate estremamente ridotte (circa 100 W per una centralina montante 4 coppie di elettrodi) e conseguenti spese energetiche assai contenute, dell’ordine di 2,5-3,5 Wh/m3 di liquame trattato. unità centrale di controllo anodo di rame catodo di rame o di ferro + o di ferro Cu o Fe Cu o Fe ioni in dissoluzione elettrolitica Cu o Fe Cu o Fe Fig. 33 Schema di funzionamento di un impianto di trattamento oligolitico. A B C COSTRUZIONI ZOOTECNICHE vista in pianta Fig. 34 Schemi di trattamento dei liquami con processo elettrolitico: A) soluzione tipo; B) trattamento aerobico + trattamento elettrolitico, soluzione per allevamenti adottanti la pulizia della stalla per ricircolo dei liquami; C) trattamento nella stalla sotto-grigliato e nel bacino di stoccaggio. Oltre all’effetto di deodorizzazione, il processo oligolitico ha dimostrato di ridurre la stratificazione dei liquami nelle vasche e di consentirne lo svuotamento senza interventi di miscelazione. Un aspetto che va sottolineato è quello di un consistente abbattimento degli indicatori di carica patogena (principalmente coliformi e streptococchi), che con un normale trattamento di almeno 60 giorni a carico continuo, seguito da altri 7-10 giorni di trattamento a bacino pieno, passano da valori di 106-107/cm3 a valori di 102-103/cm3 cioè su livelli di piena accettabilità. capacità vasca (m3 ) BOVINE DA LATTE produzione di liquami 70 litri/capo . giorno 2000 unità centrale di controllo con: 4 schede tempo di trattamento: 6 mesi 1500 3 schede 4 mesi 1000 2 schede 3 mesi 1 scheda 500 8 6 4 2 spesa energetica (kWh/giorno) 0 40 capacità vasca (m3 ) 2400 unità centrale di controllo con: 80 120 numero di animali 160 200 BOVINE DA CARNE produzione di liquami 30 litri/capo . giorno 4 schede tempo di trattamento: 6 mesi 1800 3 schede 4 mesi 1200 2 schede 3 mesi 600 1 scheda 8 6 4 2 0 100 spesa energetica (kWh/giorno) 300 400 500 numero di animali capacità vasca (m3 ) unità centrale di controllo con: 200 2800 SUINI ALL'INGRASSO produzione di liquami 15 litri/capo . giorno 4 schede tempo di trattamento: 6 mesi 2100 3 schede 4 mesi 1400 2 schede 3 mesi 700 1 scheda 8 6 4 2 spesa energetica (kWh/giorno) 0 500 numero di animali 1000 Fig. 35 Abaci per la determinazione della spesa energetica del processo oligolitico. Il trattamento migliora anche le condizioni del microambiente di stabulazione per le minori esalazioni di gas dai liquami. L’impiego ottimale del sistema è quello dopo trattamento aerobico, per il controllo delle fermentazioni nelle vasche. L’idea di eliminare i liquami dagli allevamenti suinicoli non è nuova ed è indubbiamente valida, dato che le deiezioni solide hanno un impatto ambientale globale decisamente inferiore a quello delle deiezioni liquide; non si sono però a tutt’oggi trovate valide soluzioni. Da un lato, l’ipotesi di allevare i suini su lettiera profonda, che alla fine degli anni ’80 aveva trovato proseliti anche nel nostro Paese, è venuta a cadere non adattandosi alla produzione del suino pesante e, dall’altro, non essendo l’allevamento su lettiera dei suini all’ingrasso di generalizzata applicabilità. Più recente è la proposta di trasformare i liquami in compost: è una tecnica che si basa sulla distribuzione dei liquami su un “letto” di truciolo di legno (e/o di altri prodotti assorbenti con almeno il 40-50 % di truciolo) dello spessore di almeno un metro, effettuando uno o più rivoltamenti giornalieri per l’inglobamento delle deiezioni nella massa e per il mantenimento della stessa nelle condizioni aerobiche necessarie per il processo. Alla fine del ciclo, della durata di 4-6 mesi, si ottiene materiale compostato trasferibile al mercato. L’impianto è di norma strutturato con una larghezza di 10 metri e con una lunghezza variabile da 30 metri a 100 metri: vengono indicativamente richiesti 25 metri (250 m2) ogni 1000 capi all’ingrasso. Non è certamente una soluzione che può trovare una applicazione generalizzata, data l’entità della massa di truciolo di legno necessaria e considerata l’elevata volatilizzazione dell’azoto ammoniacale (> 50%), ma che potrebbe localmente risolvere il problema di qualche allevatore. 3 La gestione delle deiezioni solide ■ ■ 3.1 Le concimaie Lo stoccaggio delle deiezioni solide deve essere fatto in concimaie dotate di pavimentazione impermeabilizzata, idonea a sopportare senza cedimenti le sollecitazioni dei mezzi meccanici utilizzati per il prelievo del materiale. La pavimentazione deve essere prevista con pendenze idonee a garantire lo sgrondo delle acque di percolazione verso una vasca di stoccaggio sottostante o realizzata nelle sue adiacenze. La concimaia deve essere dotata su tre lati di un cordolo o muro perimetrale idoneo ad impedire la fuoriuscita di materiale. Non è obbligatoria la copertura, ma questa costituisce certamente la soluzione preferibile, per evitare un’eccessiva umidificazione della massa ad opera delle piogge e formazione di percolato. Le normative di riferimento (Codice di Buona Pratica Agricola e Regolamento del D.Lgs. 152/1999) prevedono che lo stoccaggio venga effettuato per un periodo non inferiore a 3 mesi e che per la determinazione della superficie di concimaia necessaria vengano previste le seguenti altezze del cumulo: – 2,0 m per il letame; – 1,5 m per le lettiere degli allevamenti avicunicoli, per le deiezioni avicole pre-essiccate nelle batterie e per il compost; – 1,0 m per la frazione separata da liquami e per i fanghi resi palabili da utilizzare agronomicamente. Per il letame (TAB. 6) i problemi dell’azienda zootecnica sono essenzialmente riconducibili alle sole operazioni di distribuzione sul terreno, rea- Tab. 6 Caratteristiche del letame bovino e suo valore fertilizzante (fonte: GRENIERG). Fig. 36 Impianto di compostaggio dei liquami (foto: CANDIRACCI). Sostanza secca (%) Sostanza organica (% sul secco) Azoto (% su t.q.) Fosforo (% su t.q.) Potassio (% su t.q.) Massa volumica (q/m3) – letame maturo – in fase di maturazione ben costipato – fresco non costipato 18 80 0,34 0,13 0,36 8,0-8,5 7,0-7,5 4,5-6,0 COSTRUZIONI ZOOTECNICHE ■ Il compostaggio dei liquami lizzabili con i comuni spandiletame, dato che nella fase dello stoccaggio intervengono dei processi naturali di maturazione e di stabilizzazione del prodotto che sono difficilmente modificabili dall’uomo. Nell’analisi progettuale l’unico problema da affrontare, come si è già detto, è quello dell’esatto dimensionamento della concimaia e della vasca di raccolta delle urine e dell’acqua piovana, per i tempi di stoccaggio previsti in funzione dell’ordinamento colturale. I trattamenti ■ ■ 3.2 delle deiezioni solide Per la gestione delle altre deiezioni solide (lettiere avicole, solidi separati con processo di separazione l/s, pollina prodotta dalle nuove batterie per galline ovaiole o negli allevamenti a terra, pollina prodotta nei capannoni “a due piani”) possono essere prese in considerazione essenzialmente le tecniche del compostaggio (per tutte le tipologie di deiezioni solide) e della disidratazione (essenzialmente solo per le lettiere avicole). ■ Il compostaggio Il compostaggio è un processo biologico di stabilizzazione aerobica della sostanza organica, ad opera di batteri, funghi di diverse famiglie e attinomiceti reso attivo dalla disponibilità di ossigeno in biomasse aventi un contenuto di sostanza secca non superiore al 40% ed un corretto rapporto carbonio/azoto. Dopo una fase iniziale di attivazione del processo (da qualche ora a qualche giorno) la massa organica posta in cumulo raggiunge la temperatura massima di fermentazione di 60 °C, che si mantiene per un periodo di 7-20 giorni, in funzione della qualità della biomassa, della sua umidità e della disponibilità di ossigeno. Gli impianti utilizzati nel comparto zootecnico 37), di larghezza sono del tipo a platea (FIG. compresa tra i 4 e i 7 m, lunghezza fino a 100 m e profondità utile di 1,0-1,5 m. Al loro interno il prodotto è sottoposto ad azione meccanica di rimescolamento indicativamente giornaliero, per il ripristino del tasso di ossigeno necessario (> 5 % in vol.). L’impianto viene generalmente progettato sulla base di un tempo di ritenzione di 30-40 giorni: considerato un avanzamento giornaliero di circa 2 metri, la lunghezza dell’impianto risulta dell’ordine di 60-80 m. Il carico dell’impianto è continuo ed avviene ad una delle due estremità della platea; il prodotto viene fatto gradualmente avanzare in direzione dell’estremità di scarico ad opera dell’apparato meccanico di rimescolamento. Il rimescolamento viene effettuato preferenzialmente nel periodo diurno, allorché la temperatura dell’aria è più alta, per raffreddare il meno possibile il prodotto. La platea viene protetta con una copertura trasparente allo scopo di sfruttare “l’effetto serra”: la struttura a due falde appare preferibile rispetto a quella a tunnel, nonostante il maggiore costo, consentendo un più efficace allontanamento della condensa, problema più sentito nel periodo invernale. Uno o più ventilatori installati sulla struttura di protezione favoriscono il ricambio dell’aria. La spesa energetica per l’apparato di rimescolamento della massa e per la ventilazione dell’ambiente si aggira su 35-50 kWh/t di compost in uscita dall’impianto (che risulta pari a circa 1/3 in peso di quello affluente). Il prodotto ottenuto, dell’umidità dell’ordine Fig. 37 Impianti di compostaggio a platea con apparato di ossigenazione/movimentazione a flagelli con e senza tramoggia di distribuzione: nella pista il materiale viene fatto avanzare indicativamente di due metri al giorno, per un periodo di trattamento di 30-40 giorni. Fig. 38 Attrezzature per il compostaggio per lavoro su andane della larghezza di circa 2,0 m a trazione elettrica (a sinistra) e azionata da trattore (a destra): sono soluzioni interessanti per le medio-piccole aziende (fonti: FARESIN-GONELLA, EMMEPI). ■ Gli impianti di disidratazione La disidratazione è processo riservato di norma alle sole lettiere avicole, dato che la pollina delle ovaiole crea problemi alla successiva fase di cubettatura, per l’elevato contenuto in calcare. Il processo viene attuato con disidratatori operanti a temperature comprese tra 800 e 1000 °C, idonei a portare il prodotto all’umidità finale voluta (generalmente < 15%) in qualche minuto. Lo schema di un disidratatore è visualizzato nella figura 39: il materiale viene fatto avanzare nel cilindro rotante da un sistema di palette elicoidali e per azione del flusso d’aria calda immesso. In alcuni impianti, sempre a cilindro rotante, la pollina viene essiccata per il contatto con la parete del reattore, costituita da una intercapedine contenente il fluido riscaldante. Generalmente a valle del disidratatore è prevista la cubettatura e l’insaccamento del prodotto. Se dal punto di vista prettamente tecnico questo trattamento appare assai interessante, non solo per l’elevata capacità di lavoro degli impianti e per la sterilizzazione del prodotto, ma anche per i livelli di affidabilità offerti, il processo di disidratazione della pollina appare penalizzato dal costo energetico di gestione. Infatti, la spesa energetica di processo ammonta, negli impianti più razionali adottanti dispositivi di recupero energetico, a non meno dell’equivalente energetico di 6-8 kg di gasolio per quintale di prodotto secco al 15 % partendo da materiale organico al 50 % di umidità iniziale. COSTRUZIONI ZOOTECNICHE del 30-40 %, ha di norma destinazione commerciale. Esistono oggi sul mercato anche attrezzature a basso costo per il compostaggio dei solidi separati dai liquami bovini, suinicoli e cunicoli a funzionamento elettrico o tramite la p.d.p. di una trattrice (FIG. 38). Fig. 39 Disidratatore a cilindro rotante per la pollina; a valle il processo prevede di norma la cubettatura del prodotto.