ugo ojetti e la tutela del patrimonio artistico
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ugo ojetti e la tutela del patrimonio artistico
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA TRE FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA Corso di Laurea Triennale in Storia e Conservazione del Patrimonio Artistico e Archeologico Tesi di Laurea in Storia e Tecnica del Restauro UGO OJETTI E LA TUTELA DEL PATRIMONIO ARTISTICO Relatore: Prof. Mario Micheli Candidata: Gabriella Tartaglia ANNO ACCADEMICO 2012 - 2013 INDICE INTRODUZIONE CAPITOLO 1: Ugo Ojetti giornalista, scrittore e critico d’arte. Brevi cenni biografici CAPITOLO 2: L’attività di Ugo Ojetti durante la Grande Guerra 2.1. La tutela del patrimonio artistico veneziano 2.2. L’operato di Ugo Ojetti nei territori di guerra 2.3. Ugo Ojetti nell’Italia da ricostruire CAPITOLO 3: Il fondo Ojetti all’Archivio Centrale dello Stato e alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma 3.1. Ugo Ojetti ed il rapporto con Camillo Boito 3.2. Ugo Ojetti e Corrado Ricci 3.3. Lo scambio epistolare tra Ugo Ojetti e Arduino Colasanti 3.4. Ojetti e Colasanti per la tutela 3.5. Ugo Ojetti e l’Opera di soccorso di Mons. Celso Costantini CONCLUSIONE APPENDICE DOCUMENTARIA FONTI ARCHIVISTICHE BIBLIOGRAFIA 1 INTRODUZIONE Ugo Ojetti è stato un indiscusso protagonista del mondo della cultura e dell’arte italiana della prima metà del Novecento. La vastità dei suoi interessi, unita ad una straordinaria capacità di cogliere la vita contemporanea in tutti i suoi aspetti e di comunicarla ai suoi lettori, ne decretarono immancabilmente il successo e l’indiscusso prestigio, facendo di lui, per svariati anni, uno degli “arbitri” della cultura e del gusto italiani. A tale fortuna seguirono, dopo la morte avvenuta nel 1946, cinquant’anni di colpevole silenzio critico e la sua figura divenne oggetto, salvo rare eccezioni, di considerazioni cariche di sospetto, intese a costringere la portata del suo operato all’interno di riprovevoli confini di un nazionalismo acritico e conservativo, nonché, nell’ultimo ventennio della sua vita, di servile adesione al fascismo. L’immagine di picconatore di regime che noi oggi ne conserviamo è infatti frutto dell’appiattimento dell’intera sua attività, sull’ultima, imperdonabile campagna in favore delle demolizioni mussoliniane di Roma, concepite sul finire degli anni Trenta. Un tragico assenso, che gli ha meritato la censura della storia. L’interesse per l’operato di Ojetti è stato solo recentemente ravvivato da alcuni -pochi- storici e critici dell’arte, in particolare da M. Bernabò e R. Tarasconi,1 da Marta Nezzo,2 con la sua celebre biografia, ed infine da Ferruccio Canali, promotore di una giornata di letture ojettiane a 1 Bernabò – Tarasconi 2001, pp. 155-167. 2 Nezzo 2001; Nezzo 2003a; Nezzo 2003b, pp. 310-342. 2 Firenze nel 2001, nonché curatore di una raccolta di lettere scambiate tra Ojetti e Corrado Ricci. 3 Proprio dal contrasto fra questo silenzio, o questo tipo di interpretazione “deviata”, e l’importanza delle attività svolte da Ojetti stesso, è nato il presente lavoro, volto a considerare la sua personalità con maggiore obiettività storica e a riconsiderare la sua figura di critico d’arte e di giornalista militante. In tal senso, la ricerca ha ripercorso, in maniera sintetica (Capitoli 1 e 2), le tappe fondamentali della sua lunga carriera di attivista nel campo della tutela e della conservazione del patrimonio storico-artistico italiano, in particolar modo nel periodo della Grande Guerra; mentre, in seconda battuta, si è avvalsa di fonti totalmente inedite (minute, lettere, telegrammi, fotografie), provenienti dal Fondo Ojetti dell’Archivio Centrale dello Stato e della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma (Capitolo 3), le quali hanno tracciato un profilo di Ojetti completamente nuovo e sconosciuto alla critica moderna, quello di un uomo “comune”, conscio dell’importanza dell’arte nella crescita di un individuo, più in generale dell’intera civiltà, intesa come patrimonio di tradizioni storiche, artistiche e ideali, per il quale è doveroso combattere, anche a rischio della propria incolumità fisica. Una tipologia di Persona del quale oggi si sente decisamente la mancanza. 3 Canali 2008. 3 CAPITOLO 1 UGO OJETTI GIORNALISTA, SCRITTORE E CRITICO D’ARTE. BREVI CENNI BIOGRAFICI Fig. 1. Ugo Ojetti in età matura (Fonte:www.docart900.memofonte.it) Ugo Ojetti, scrittore, giornalista e critico d'arte nacque a Roma il 15 luglio 1871 (Fig.1). Figlio di Veronica Carosi e dell’architetto e restauratore romano Raffaello Ojetti, compì i primi studi presso i Gesuiti a Sant'Ignazio, e poi si laureò a pieni voti a ventuno anni, l’11 luglio 1892, in giurisprudenza, presso l'Università di Roma, discutendo una tesi sulla confederazione balcanica. Dopo la laurea si dedicò al giornalismo ed alla critica d'arte, nonostante la famiglia avesse originariamente pensato di destinarlo alla carriera diplomatica: a riguardo, infatti, si era anche iscritto, senza però prendervi parte, a causa di un 4 grave esaurimento nervoso, ad un concorso bandito dal Ministero degli Affari Esteri. La vastità dei suoi interessi spaziava dal costume alla politica, dalla letteratura alle arti figurative, dal teatro alla musica. Della sua vita di fanciullo e di ragazzo Ojetti fa cenno nei pochi capitoli dei “Ricordi di un ragazzo romano”4 e più tardi in “Cose viste”.5 Visse parte della sua giovinezza nella villa paterna di Santa Marinella (Roma), soprannominata Il Dado, il luogo ideale per riposarsi, trascorrere le vacanze e scrivere. Nel 1892 pubblicò il suo primo volume, un libriccino di versi intitolato Paesaggi6, nel quale prevalgono,come il titolo promette, i soggetti paesistici, romani e umbri. Le citazioni poste in cima alle liriche, da Lonfellow, Musset, Hugo, Orazio, Shelley, Carducci, Byron, dimostrano conoscenze e letture anche straniere, piuttosto insolite allora tra i giovanissimi. Fra il 1894 e il 1895 Ojetti, percorrendo il paese da Milano a Napoli, andò a visitare nelle loro case Pascoli, Carducci, De Roberto, D’Annunzio, Serao, Fogazzaro e altri ancora. Ne scaturì una serie di interviste sui generis, raccolte alla fine del ’95 in un volumetto dal titolo “Alla scoperta dei letterati”.7 L’autore faceva qui mostra, per la prima volta, delle proprie capacità giornalistiche, in un genere letterario come quello del “ritratto”, in cui sarebbe diventato ben presto maestro. Il ritratto dei personaggi e dell’ambiente in cui vivevano, intrecciato con i brani della conversazione, voleva suggerire il nesso fra questi aspetti e le figure che essi impersonavano, la loro ideologia morale ed intellettuale. Emblematica l’intervista a D’Annunzio, la quale altro non era che un Ojetti 1958. Id., 2002, pp. 237-243. 6 Id., 1892-1893. 7 Id., 1895. 4 5 5 pronunciamento di estetica spiritualistica e anti-verista, dettata a Ojetti dal poeta stesso.8 Sempre in quegli anni, apparvero i suoi primi articoli sulla rivista romana “Tribuna” e sulle fiorentine “Nuova Rassegna” e “Fiammetta”, quest'ultimo un settimanale illustrato, diretto dal critico d'arte Diego Martelli9. Ojetti si impegnò contemporaneamente anche in politica, avvicinandosi al socialismo umanitario e libertario, con alcuni amici, un gruppo autonomo socialista. Fondò nel 1895 il primo periodico socialista della regione umbra, “La giovane Umbria”, giornale pubblicato fino al 1920, e si candidò, senza successo però, alle elezioni amministrative spoletine del 1896. Nel 1898 arrivò a collaborare anche con il giornale socialista “Avanti!”, dove pubblicò utilizzando lo pseudonimo di Florindo. Nel 1897 pubblicò il primo volume di critica d'arte, intitolato L’arte moderna a Venezia10: in quest'opera Ojetti raccoglieva un ciclo di articoli pubblicati poi su “Il Resto del Carlino”, con il quale ottenne il secondo posto al premio per la critica della seconda Biennale veneziana. Dal 1898 fino alla morte collaborò al “Corriere della sera” come critico d'arte e nel 1926-27 ne divenne il direttore. Lavorò inoltre come inviato in Egitto, Norvegia, Francia, Albania e nell’Asia, nonché come corrispondente dagli Stati Uniti, dove si interessò alla società e ai costumi americani, esperienza da cui nacque il volume intitolato “L’America vittoriosa”,11 del 1899. Curò, sempre per In quell’occasione iniziò un assiduo scambio epistolare tra Ojetti e il vate italiano, raccolto in Pieraccioni 1980 9 Diego Martelli. Critico d'arte (Firenze 1839 -ivi 1896). Frequentando, dal 1855,il Caffè Michelangelo a Firenze, si legò al gruppo dei macchiaioli e fu, in Italia, tra i primi ad apprezzare i maggiori movimenti artistici europei contemporanei, e segnatamente l'impressionismo, che ebbe modo di conoscere in varî soggiorni a Parigi. I suoi scritti, in genere articoli sul Gazzettino delle Arti del Disegno e sul Giornale Artistico, e conferenze sono stati ripubblicati in Scritti d'arte, 1952. (Enciclopedia Treccani). 10 Ojetti 1897. 11 Id., 1899. 8 6 questo giornale anche una rubrica artistica intitolata Ritratti d'artisti,12 che tenne per oltre vent’anni. In questi anni collaborò anche con le riviste “Il Marzocco”,13 “Emporium”, “Il Resto del Carlino”. Dal 1904 al 1908, con lo pseudonimo "Il conte Ottavio", scrisse cronache settimanali sotto il titolo Accanto alla Vita nella “Illustrazione italiana”: la rubrica cambiò poi nome e divenne I capricci del conte Ottavio, dallo pseudonimo appunto da lui impiegato principalmente. Altri pseudonimi da lui utilizzati furono Lord Bonfil, Sisifo e Tantalo: quest'ultimo lo impiegò per firmare gli elzeviri che pubblicava sul Corriere, gli stessi che poi raccolti vennero pubblicati nell'opera intitolata Cose viste, pubblicati in sette volumi tra il 1923 e il 1939 e poi in edizione definitiva in due volumi nel 1951.14 Nel 1905 sposò Fernanda Gobba: con lei si trasferì a vivere a Firenze e da lei, nel 1911, ebbe la sua unica figlia, Paola. Nel capoluogo toscano divenne il personaggio più in vista e la sua fama a poco a poco si consolidò, travalicando la sua notorietà di scrittore di cronaca giornalistica, passando di diritto, all’interno sua generazione, fra i maggiori rappresentanti della grande letteratura italiana. In quegli anni venne anche nominato membro della Commissione Centrale per i Monumenti e per le Opere di Antichità. Nel 1909 riuscì a far entrare al Corriere, come collaboratore, il suo grande amico Luigi Pirandello, il quale tenne, a partire dal 4 ottobre, la rubrica Mondo di carta, che terminò nel 1936, anno della morte del drammaturgo. Nel 1912 ricoprì la carica di consigliere effettivo del Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti. Partecipò come volontario alla prima guerra mondiale: si Id., 1911. Sul lavoro giornalistico di Ojetti all’interno della rivista “Il Marzocco”, si veda l’esauriente articolo di G. De Lorenzi 1992, pp. 1073-1109. 14 Ojetti 2002. 12 13 7 arruolò nel 1915 con il grado di sottotenente e venne poi promosso fino al grado di capitano, ricevendo una decorazione al valore militare e promozioni per meriti. Anche in questo periodo si occupò d'arte e scrittura, venne incaricato dal Comando Supremo di salvare e proteggere gli oggetti d'arte e i monumenti nella zona di guerra (da questa esperienza nacque il libro “I monumenti italiani e la guerra”,15 di recuperare quelli dispersi dopo la disfatta di Caporetto, opera che compì con Corrado Ricci16 ed Ettore Modigliani17, entrambi a loro volta collaboratori del Corriere. Redasse anche un secondo volantino, dopo quello di Gabriele D'Annunzio, che fu sparso in 350.000 copie nei cieli di Vienna, nell'impresa aerea del 9 agosto 1918. In qualità di commissario dell'Ufficio Stampa e Propaganda del Comando Supremo dell'esercito, fu anche il redattore dei bollettini ufficiali emanati con le firme dei generali Luigi Cadorna18 ed Armando Diaz19. Id., 1917; si veda anche il volume di Nezzo 2003b. Corrado Ricci. Scrittore e storico dell'arte italiano (Ravenna 1858 - Roma 1934). Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti (1906-19); senatore dal 1923, socio nazionale dei Lincei (1921), accademico di S. Luca. Promotore di iniziative di catalogazione e restauro, a Roma dal 1911 iniziò il recupero dei resti dei fori imperiali. Fondò (1922) l'Istituto di archeologia e storia dell'arte con l'annessa biblioteca. Come scrittore si occupò soprattutto della storia dell'arte) e degli studî danteschi. (Enciclopedia Treccani) 17 Ettore Modigliani. (Roma, 20 dicembre 1873 – Milano, 22 giugno 1947). Fu direttore della Pinacoteca di Brera dal 1908 al 1934, nel 1910 venne nominato Soprintendente alle Gallerie, ai Musei Medievali e Moderni e agli Oggetti d'Arte di Milano, mentre nel 1925 viene nominato Soprintendente ai Monumenti della Lombardia. Nel 1926 ottenne l'incarico di Soprintendente della Certosa di Pavia. Nel 1930 gli venne conferita l'onorificenza di Cavaliere dell'Impero Britannico per la realizzazione della mostra d'arte italiana alla Burlinghton House di Londra. Mai iscritto al Partito Fascista, nel 1935 viene spostato all'Aquila come Soprintendente all'Arte Medievale e Moderna degli Abruzzi. Di origine ebrea, nel 1939, in seguito all'approvazione delle leggi razziali, viene espulso dall'Amministrazione dello stato. Latitante con la famiglia dal 1939 al 1945. Nel 1946 viene reintegrato a Brera e si occupa della ricostruzione di Brera completamente distrutta dai bombardamenti. Chiama l'architetto Piero Portaluppi, col quale aveva già collaborato negli anni '20 per la risistemazione della Pinacoteca, e nel settembre '46 apre la Piccola Brera. Una piccola porzione della Pinacoteca, miracolosamente salvata dalle bombe, con alcune opere esposte della collezione braidense. Muore nel giugno del 47. (Enciclopedia Treccani) 18Luigi Cadorna. Nel luglio 1914 fu chiamato a sostituire il gen. A. Pollio come capo di stato maggiore, durante i dieci mesi di neutralità si adoperò a restituire all'esercito l'efficienza necessaria per partecipare alla guerra. Entrata l'Italia in guerra (1915), C., perseguendo una 15 16 8 Si occupò, inoltre, dello scambio del materiale fotografico proveniente dal fronte e avanzò proposte per l'impiego del cinematografo come strumento di propaganda tra le truppe. Dopo il conflitto tornò all'attività giornalistica e letteraria e venne nominato, nel 1920, membro della commissione incaricata dal Ministero della Pubblica Istruzione della riforma dell’insegnamento artistico. Nel 1921 organizzò alla Galleria Pesaro di Milano la mostra "Arte Italiana Contemporanea", in cui venivano raccolte opere di esponenti del tardo impressionismo ottocentesco e giovani artisti. Nel 1922 organizzò la mostra della pittura italiana del Seicento e Settecento, sempre a Firenze a Palazzo Pitti, con l'intento di rivalutare l'arte barocca. Nel 1924, invece, presentò, nella stessa galleria, la mostra "Venti Artisti Italiani", comprendente artisti del "Realismo tattica di logoramento dell'avversario, si pose in difensiva dallo Stelvio al medio-alto Isonzo e passò all'offensiva nella regione isontina. I principali successi ottenuti sotto il suo comando furono: l'arresto dell'offensiva austriaca nel Trentino (primavera 1916), la conquista di Gorizia, dovuta a un'improvvisa azione ad oriente, e la vittoria alla Bansizza (estate1917). L'offensiva di Caporetto (ott. 1917) costrinse C. a ordinare il ripiegamento dello schieramento orientale dell'esercito dietro il Piave. Lasciato il comando l'8 nov.1917 in seguito a questi avvenimenti e sostituito dal gen. A. Diaz, fu nominato membro del Consiglio superiore di guerra interalleato di Versailles, ma nel febbraio 1918 fu richiamato in Italia, a disposizione della commissione d'inchiesta sui fatti di Caporetto, e nel 1919 collocato a riposo. Senatore del Regno dal 1913, nel 1924 fu nominato maresciallo d'Italia. (Enciclopedia Treccani) 19 Armando Diaz . Maresciallo d'Italia (Napoli 1861 - Roma 1928); nel 1912durante la guerra libica, comandante di un reggimento, si distinse a Zanzur; rimpatriato, fu segretario del gen. A. Pollio, capo di S. M. dell'esercito, e tale rimase con L. Cadorna dopo la morte del Pollio (1914). Scoppiata la prima guerra mondiale, fu capo del reparto operazioni presso il comando supremo. Nel 1917 diresse con perizia il 33º corpo d'armata sul Carso; l'8 nov. 1917, dopo la battaglia di Caporetto e il ripiegamento italiano, sostituì il Cadorna nell'ufficio di capo di S. M. e superò con successo la prima e più critica fase, quella della stabilizzazione, sulla linea GrappaPiave. Seppe rinsaldare l'esercito che poté prima affrontare vittoriosamente l'urto offensivo austriaco nel giugno 1918 e quindi dar vita all'offensiva finale italiana del 24 ott.-3 nov. 1918. Senatore dal febbr. 1918, collare dell'Annunziata il 4 nov. dello stesso anno, socio onorario dei Lincei il 9 marzo 1919, duca della Vittoria nel dicembre 1921, ministro della Guerra nel primo gabinetto Mussolini (dal 1922 al1924), maresciallo d'Italia nel 1924. (Enciclopedia Treccani) 9 magico" come Giorgio de Chirico20, Felice Francesco Menzio21, Luigi Chessa22, Virgilio Guidi23, Antonio Donghi24, Giorgio Trentin25. Giorgio de Chirico. Visse ad Atene, dove studiò al locale politecnico, poi, nel 1905, si trasferì a Monaco di Baviera; nel 1906 lavorava in quella accademia sotto Klinger. Cominciò a dipingere quadri allegorici e nel 1910 compì un viaggio a Firenze. Dipinse allora l'Enigma dell'oracolo e l'Enigma d'un pomeriggio d'autunno, le prime opere in cui si rivelano le possibilità simboliche del sogno, in cui oggetti reali si trovano in relazioni innaturali e insolite, calate entro un'atmosfera sospesa. Dal 1911 al 1915 fu a Parigi, dove frequentò G. Apollinaire, M. Jacob, P. Picasso. Tornato in Italia (servizio militare durante la guerra) è stato, con C. Carrà, l'iniziatore della pittura "metafisica", rivolta a creare suggestioni fantastiche con l'accostamento di oggetti disparati e specialmente di statue antiche in uno spazio costruito secondo le regole della prospettiva quattrocentesca, ma acceso da colori di timbro decisamente moderno, con associazioni stupefacenti non soltanto di sensi e di idee, ma anche di storia e di tempo. Nel 1925 ritornò per breve tempo a Parigi, agli albori del surrealismo; ma già si era orientato, in varie decorazioni di ville romane, verso una pittura apertamente romantica, nell'abbandono del severo rigore della pittura "metafisica". Passò poi a rievocare motivi classici, si volse quindi a un realismo d'effetto d'ispirazione secentesca. È stato anche scenografo, ha scritto un romanzo (Hebdomeros, 1930) e una autobiografia (1945). Negli ultimi tempi aveva assunto posizione polemica contro l'arte contemporanea. (Enciclopedia Treccani) 21Felice Francesco Menzio. Dalla natia Sardegna si trasferisce a Torino nel 1912. Inizia a dipingere al ritorno dalla Prima guerra mondiale. Frequenta poi lo studio di Felice Casorati. Nel 1923 espone, per la prima volta, alla Galleria Pesaro di Milano. Nel 1928 partecipa alla Biennale di Venezia. Nello stesso anno si reca a Parigi, dove viene in contatto con la pittura degli Impressionisti e dei Fauves. Tornato a Torino aderisce al gruppo dei “Sei di Torino” con Enrico Paulucci, Gigi Chessa, Carlo Levi, Nicola Galante e Jessie Boswell. Nel 1930 lascia il gruppo dei “Sei” e torna a Parigi, dove conosce Amedeo Modigliani. Nel 1937 espone alla Sala della Stampa di Torino e alla Galleria del Milione a Milano. Nel 1942 vince il premio Bergamo. Dal 1951 inizia ad insegnare all’ Accademia Albertina. Nel 1956 esegue un'opera dal titolo “Bambini tra gli alberi” nella galleria all'aperto dell'affresco di Arcumeggia. Nel 1958 tiene una mostra personale alla Biennale di Venezia. È scomparso nel 1979 all'età di 80 anni. (Enciclopedia Treccani) 22 Luigi Chessa. Pittore italiano (Torino 1898 - ivi 1935). Dopo aver ricevuto il primo avviamento dal padre Carlo, pittore e acquafortista di qualche notorietà, fu allievo di A. Bosia e di F. Carena, ma si formò soprattutto a contatto di F. Casorati. Fu il fondatore del gruppo dei "Sei pittori di Torino", che tendeva a sollevare dal provincialismo la cultura italiana. Notevole fu anche la sua attività nel campo dell'architettura, della decorazione, della scenografia. (Enciclopedia Treccani) 23 Virgilio Guidi. Pittore italiano (Roma 1892 - Venezia 1984). Insegnante presso l'Accademia di belle arti di Venezia, espose nelle principali mostre italiane. Partecipò al movimento del Novecento. (Enciclopedia Treccani) 24Antonio Donghi. Pittore (Roma 1897 - ivi 1963). Autore soprattutto di figure, eseguite con tecnica minuta e precisa, che acquista valore psicologico di ironica sottolineatura. Fu uno dei più sottili esponenti del Novecento. Sue opere nella Galleria d'arte moderna a Roma. (Enciclopedia Treccani) 25 Giorgio Trentin (23 luglio 1917, San Donà – Venezia, 17 luglio 2013).A 8 anni e mezzo deve lasciare la scuola a Venezia per seguire la famiglia nell'esilio francese. Frequenta il liceo e l'università a Tolosa. Interessato all'arte fin da ragazzo, la scoperta delle incisioni di Dürer nella 20 10 Aderendo al fascismo, fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali pubblicato il 21 aprile 1925. Al Corriere della Sera, divenuto direttore, a seguito della cacciata di Luigi Albertini26, portò avanti la campagna per la sua fascistizzazione, anche se la sua azione non venne ritenuta abbastanza energica ed efficiente. Durante la sua non lunga direzione il Corriere acquisì anche un nuovo importante collaboratore, il filosofo Giovanni Gentile 27, che iniziò a lavorarvi nel marzo 1927. libreria del padre gli farà scattare la grande passione che l'accompagna per tutta la vita. Nel 1953 organizza la Mostra Collettiva di Incisori Veneti Moderni, mentre dal 1955 al 1961 organizza ogni anno la Biennale dell'incisione italiana contemporanea di cui cura tutti i cataloghi. Nel 1954 fonda con gli artisti veneti l'«Associazione Incisori Veneti».(Pagina ufficiale Giorgio Trentin) 26Luigi Albertini. Giornalista e uomo politico (Ancona 1871 - Roma 1941). Studioso di problemi sociali, amministratore (1898) e quindi direttore (1900) del Corriere della sera, ne fece uno dei più diffusi e autorevoli giornali d'Europa, nonché, per lunghi periodi, la principale forza di opposizione costituzionale alla politica del governo italiano. Nel 1915 portò un contributo forse decisivo alla causa dell'interventismo; favorevole agli accordi con la Iugoslavia dopo la prima guerra mondiale, fu - dopo essergli stato favorevole agli inizî - avversario intransigente del fascismo, che combatté anche in senato (dove era entrato nel 1914). Estromesso dal Corriere della sera nel 1925, si dedicò a studî storici e alla bonifica di terre presso Roma. Le sue opere principali sono: Le origini della guerra del 1914 (1943); In difesa della libertà (1947); Venti anni di vita politica (5 voll., 1950-1953). (Enciclopedia Treccani) Giovanni Gentile. Filosofo e storico della filosofia (Castelvetrano 1875 - Firenze1944). Discepolo alla Scuola normale superiore di Pisa di D. Jaja (che lo avvicinò al pensiero di B. Spaventa), di A. D'Ancona e di A. Crivellucci; professore nelle università di Palermo (1906-13), Pisa (1914-16), Roma (dal 1917); direttore (1929-43) della Scuola normale superiore di Pisa, di cui promosse l'ampliamento e lo sviluppo; collaboratore con B. Croce per un ventennio nella redazione della Critica e nell'opera di rinnovamento della cultura italiana; fondatore (1920) e direttore del Giornale critico della filosofia italiana; ministro della Pubblica Istruzione (ott. 1922 - luglio 1924); senatore del Regno (dal nov. 1922); socio nazionale dei Lincei (1932); presidente dell'Accademia d'Italia (dal nov. 1943). Considerò il fascismo come il continuatore della destra storica nell'opera del Risorgimento, e ad esso aderì; ma si tenne lontano, soprattutto nella collaborazione intellettuale, da ogni intransigenza verso persone di opposti convincimenti. Dopo essere stato ministro della Pubblica Istruzione, abbandonò la politica attiva, dedicandosi, oltre che agli studî, alla promozione e organizzazione d'imprese. Il 24 giugno 1943 riapparve alla ribalta politica con un discorso sul Campidoglio, in cui auspicava, come italiano e "non gregario di un partito che divide", l'unione di tutte le forze per la salvezza del paese, che era sull'orlo della sconfitta. Nella seconda metà di novembre fu nominato da B. Mussolini presidente dell'Accademia d'Italia, trasferita in quei frangenti a Firenze. E a Firenze fu ucciso da un gruppo di giovani aderenti ai GAP. (Enciclopedia Treccani) 27 11 L’anno seguente organizzò la Mostra della Pittura Italiana dell’800 alla XVI Biennale di Venezia e nel ’31 la mostra del Giardino italiano a Firenze, presso Palazzo Vecchio. Dopo la direzione del Corriere si occupò più specificatamente di arte e letteratura, fondando la rivista d'arte “Dedalo”(uscita dal giugno 1920 al 1933, (Fig.2); dal gennaio 1929 diresse la rivista mensile “Pegaso” (Fig.3) fino al giugno 1933 e pubblicando 54 fascicoli del giornale. Fig. 2. Dedalo, vol. I, 1920 (foto autore) Le due riviste si inserivano nel vivace contesto culturale italiano come una piccola oasi, poiché si proponevano essenzialmente come vero e proprio luogo di cultura, evitando il dibattito su questioni politiche e sociali allora in voga. 12 Fig. 3. Pegaso, vol. I, 1929 (foto autore) Per quanto concerne il campo artistico promosse un atteggiamento conservatore: questo lo portò a cercare di far rientrare il movimento del Novecento all'interno dell'alveo fascista. Rifiutò i movimenti artistici europei e in particolare quelli astratti, sostenendo invece un “ritorno al classico” e ai valori nazionali e tradizionali, fino a tenere un discorso contro l’arte moderna nel 1932 e ad approvare la censura hitleriana contro le avanguardie artistiche. Infine, fu direttore a Milano, per due anni, dal '33 al '35, della rivista di lettere, musica e arte “Pan” (Fig.4). 13 Fig. 4. Pan, Anno II, vol. II, 1934 (foto autore) Fino al 1933 fece parte del consiglio di amministrazione dell’Enciclopedia Italiana, un'importante iniziativa culturale appoggiata del regime, che era stata fondata nel 1925 per iniziativa dell'industriale e mecenate Giovanni Treccani e del filosofo Giovanni Gentile. In questo ambito ricoprì anche la funzione di direttore della sezione "Arte" fino al 1929, assieme a Giovanni Pietro Toesca28. Morì sulle colline di Fiesole (Firenze), nella sua villa del Salviatino, il 1° gennaio 1946, dopo aver perso anche la qualifica di giornalista, essendo stato cancellato dall’albo nel 1944 per via della sua partecipazione al regime fascista. 28 Giovanni Pietro Toesca. Storico dell'arte (Pietra Ligure 1877 - Roma 1962), docente nell'Accademia scientifico-letteraria di Milano (1905-06), prof. di storia dell'arte medievale e moderna nelle università di Torino (1907-14) e di Firenze (1914-26), quindi in quella di Roma (1926-48) di storia dell'arte medievale e di storia dell'arte del Rinascimento e moderna. Già nel suo primo scritto (Precetti d'arte italiani, 1900) poneva le premesse fondamentali alla sua ricerca. Seguì a Roma (1900-04) l'insegnamento di A. Venturi e si volse a vaste ricerche, soprattutto nel campo dell'arte medievale. Nel 1912; Storia dell'arte italiana, I, Il Medioevo, 1913-27; La pittura fiorentina del Trecento, 1923; Monumenti e studi per la storia della miniatura italiana, I, 1929; Storia dell'arte italiana, II, Il Trecento, 1951). Ha diretto la sezione di storia dell'arte medievale e moderna dell'Enciclopedia Italiana. Socio nazionale dei Lincei dal 1946. (Enciclopedia Treccani) 14 CAPITOLO 2 L’ATTIVITÀ DI UGO OJETTI DURANTE LA GRANDE GUERRA L’attività di Ugo Ojetti relativa alla salvaguardia del patrimonio culturale europeo durante la Prima Guerra Mondiale è stata recentemente ricostruita, con doviziosa cura e abilità professionale dalla studiosa M. Nezzo.29 Sarà bene in questo capitolo ripercorre a gradi linee i momenti salienti, le esperienze più significative, nonché le situazioni più rilevanti vissute da Ojetti stesso, in relazione ai suoi incarichi di giornalista e militare tra il 1914 e il 1920 circa, con particolare attenzione all’impegno a fianco delle soprintendenze e alla divulgazione di esso attraverso la stampa. 2.1. La tutela del patrimonio artistico veneziano Il 10 Settembre 1914 Ojetti fece istanza per essere iscritto, in caso di guerra, nelle truppe di prima linea ; la sua domanda di arruolamento venne accettata 30 soltanto otto mesi più tardi, nel maggio del 1915. Nel frattempo il Ministero della Guerra lo indirizzò, quale membro del Consiglio Superiore delle Belle Arti, alla supervisone dei monumenti artistici veneziani, con il preciso compito di garantirne la tutela e la salvaguardia. Si avvertiva a quel tempo, con drammatica urgenza, il pericolo costituito da un’ imminente guerra, già triste realtà negli Stati limitrofi, si cercò quindi di prevenire in tutti i modi possibili, eventuali catastrofi sul patrimonio artistico Nezzo 2003a; Id., 2003b. Il testo della lettera viene riportato per intero in Ojetti 1964, cit., pp. 3-4: «Faccio istanza per essere iscritto, in caso di guerra, nelle truppe di prima linea […]. Di professione sono scrittore di libri e d’articoli […]. Dei miei offici pubblici, indico solo che sono da dodici anni membro del Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti». 29 30 15 italiano. Le devastazioni perpetrate dall’armata tedesca nelle città belghe di Reims, Lovanio e Malines, e sui monumenti storici ad esse annesse, costituivano, in tal senso, un macabro monito, quasi il presagio di un doloroso futuro. Il problema della salvaguardia delle opere d’arte, dunque, costituiva una questione delicatissima, cui molti esperti del settore, quali Roberto Papini 31, Giulio Quirino Giglioli32 o Corrado Ricci,33 da tempo tentavano di richiamare all’attenzione dell’opinione pubblica. Se la permanenza dei monumenti nel proprio sito originale rassicurava la pubblica opinione e le popolazioni locali, ben più problematica si presentava la gestione delle opere trasportabili. La rimozione di statue o quadri si poneva indiscutibilmente come una necessità difensiva di conservazione, ma Roberto Papini. Accanto alla sua attività di docente, prima al Museo artistico industriale di Roma, poi alla Università per stranieri di Perugia, infine all'Università di Firenze dove insegnò Storia dell’Arte medioevale e moderna, Storia e Stili dell’architettura, Caratteri stilistici e costruttivi dei monumenti., ricoprì importanti cariche amministrative: fu direttore della Galleria comunale di Prato, della Pinacoteca di Brera e della Galleria nazionale d’arte moderna di Roma. Dal 1930 fu redattore del Corriere della Sera. Nel 1933 fu incaricato dal Ministero degli Esteri di soprintendere all’arredamento delle ambasciate, legazioni e consolati all’estero. Numerose le sue collaborazioni a riviste tra cui "Nuova Antologia" "Illustrazione italiana" e "Rassegna italiana". Parte delle opere e dei documenti personali di Roberto Papini è conservata nel fondo Papini presso la Biblioteca di Architettura dell'Università degli studi di Firenze. (Enciclopedia Treccani) 32 Giulio Quirino Giglioli. Archeologo italiano (Roma 1866 - ivi 1957). Prof. di archeologia a Pisa (1923), quindi di topografia dell'Italia antica a Roma (1925) e di archeologia nella stessa sede (1935-56). Socio corrispondente dei Lincei (1927). Partecipò a varî scavi, fra cui quelli del santuario di Apollo a Veio. All'arte etrusca dedicò una serie di studî, fra cui un volume monografico (1935). Organizzò la Mostra augustea della romanità, tenuta a Roma nel 1937, creando una raccolta di materiali preziosa per lo studio della civiltà romana. È autore di alcuni fascicoli del Corpus vasorum (vasi del museo di Villa Giulia, a Roma), e di altre opere quali Il Mausoleo di Augusto (in collab. con A. M. Colini,1930), L'arte etrusca (1935), Arte greca (1955). (Enciclopedia Treccani) 33 C. Ricci scriverà sul Bollettino d’Arte del 1917, cit., p. 198: “Impressionata dalla distruzione di 31 opere d’arte compiute dalla Germania nel Belgio ed in Francia, la Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti, e la Soprintendenza ai monumenti del Veneto studiarono, ancora prima della dichiarazione di guerra da parte dell’Italia, il modo di salvaguardare il ricchissimo patrimonio artistico posto sotto la sua giurisdizione.” 16 parallelamente si profilava anche una consistente perdita ideologica della singola identità locale, ancor prima che nazionale. Il mai rimarginato trauma napoleonico gravava certamente su un tale atteggiamento dissidente e per aggirare tali situazioni fu necessario un abile lavoro di mediazione fra amministratori e pubblico. La figura di Ojetti spiccò, in maniera opportuna, sullo sfondo di questa tragedia collettiva ed è grazie al suo operato che il 27 maggio 1915, con l’aiuto del colonnello R. Devitofrancesco34, verranno calati i cavalli della quadriga bronzea posta sopra la chiesa di San Marco a Venezia, successivamente portati in un posto sicuro;35 “anche se qualcuno protestò sino in Piazza e col comando per la rimozione dei cavalli…”36 (Doc. 29). Di tale attività e di tutte le persone che a vario titolo intervennero in questa “missione di salvataggio” ritroviamo traccia nella lettera del 1918 conservata al CNR 37: «Nell’aprile 1915, quando la guerra tra l'Italia e l’Austria parve inevitabile, avuti ordini da Corrado Ricci, Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti, il Soprintendente delle Gallerie del Veneto, Gino Fogolari, nativo di Trento e cugino di Cesare Battisti, cominciò a spedir via i quadri e gli oggetti d’arte più preziosi della Città e paesi della zona di guerra; così pure il Dottor Giulio Coggiola, Direttore della Biblioteca Marciana ed Ispettore delle Biblioteche del Veneto, iniziò la spedizione dei codici e manoscritti più preziosi e rari. Frattanto l’Ing. Marangoni, Direttore dei Restauri della Basilica, aveva iniziato un lavoro paziente ed utile per consolidare le cinque cupole di S. Marco, le cui volte leggere sono coperte da calotte di piombo, e l’angolo di S. Alipio. Il 27 Maggio 1915, in dodici ore di indefesso lavoro, sotto la direzione del Colonnello e poi Generale Raffaele Devitofrancesco, del Tenente del III Genio e poi Capitano Ugo Ojetti, entrambi dell’Ufficio Fortificazioni di Venezia, e dell’Ing. Luigi Marangoni, i quattro cavalli di S. Marco vennero calati dalla loggia della Basilica. Nel frattempo a cura del Comune di Venezia, sotto la direzione dell’Ing. Setti e la collaborazione 34 35 R. Devitofrancesco. Comandante della piazzaforte di Venezia durante la grande guerra. Ojetti 1917, p. 13-14. Doc. 29. Appendice Documentaria. Biblio1. Venezia ISMAR CNR. 36 37 17 del Prof. Del Piccolo, erano stati iniziati i lavori, con saccate di sabbia, per la difesa alla Loggetta del Sansovino. Il Sovraintendente ai Monumenti Architetto Massimiliano Ongaro, con la collaborazione del Capitano Ing. Arch. Ferdinando Forlati, dell’Ufficio Fortificazioni, e dell’Architetto Rupolo, curò le protezioni del Palazzo Ducale e delle Chiese dei SS. Giovanni e Paolo, dei Frari, di S. Francesco della Vigna, di S. Zaccaria ecc., mentre le difese interne ed esterne della Basilica di S. Marco vennero curate dall’Ing. Marangoni. Il Comando Supremo affidava al Capitano di Artiglieria Ugo Ojetti (che durante la guerra fu due volte decorato al valore militare e tre volte promosso per merito di guerra) il compito di provvedere e tutelare per l’Autorità Militare la rimozione ed il trasporto delle opere d’arte in città sicure dalle offese nemiche, di proteggere i monumenti della zona di guerra con difese e rafforzamenti, di disporre e a tutto provvedere in rappresentanza del suddetto Comando. Uguale incarico Ugo Ojetti riceveva dal Comando in Capo della Piazza Marittima di Venezia per le opere d’arte e i monumenti della Città e del1’Estuario. In tal modo, in rappresentanza dell’Au-torità Militare, la tutela del patrimonio artistico procedette sotto la di Lui completa responsabilità . Le sue iniziative furono molte e portarono grande contributo al ricupero di opere d’arte preziosissime, anche durante bombardamenti e sotto la pressione dell’incalzante avanzata del nemico, che la storia della nostra guerra registra. E anche giusto di non lasciar passare sotto silenzio l’opera svolta dal Prof. Andrea Moschetti, Direttore del Museo Civico di Padova, il quale volontariamente si offerse di accorrere in località e-sposte alle offese del nemico, e sotto la minaccia avversaria riusciva di portare in salvo opere d’arte di grande pregio. Il suo bel volume del titolo: « / danni ai monumenti e alle opere d’arte dille Venezie nella guerra mondiale 191518 » documenta e attesta l’opera svolta da Militari e Civili per la tutela e il ricupero del patrimonio artistico nazionale. Come pure si deve ricordare che il defunto Commendatore Massimiliano Ongaro, durante la grande offensiva austro-ungarica del 15 Giugno 1918, si recava prontamente a Meolo col corrispondente di guerra Capitano Prof. Emilio Ferrando, dell’Ufficio Storico del Comando in Capo di Venezia, e sotto il bombardamento avversario disponeva per il ricupero degli affreschi del Tiepolo esistenti nella Chiesa del paese, che a cura del Capitano Ing. Architetto Ferdinando Forlati e del restauratore Antonio Nardo, Sergente di Artiglieria alle dipendenze del Comando in Capo, vennero staccati dal soffitto e trasportati in luogo sicuro dalle offese nemiche. Non mi allungo di più su questo argomento, sufficiente a dimostrare che, oltre all’opera dei Combattenti, molti atti di eroismo vennero compiuti dai Civili, i quali, consci del loro dovere e sprezzanti del pericolo, fecero di tutto per salvare il nostro patrimonio artistico anche 18 sotto la pressione ed il fuoco avversario, rendendosi meritevoli della riconoscenza del Paese. Venezia, specialmente nel 1918, non era città per tutti.». Protezione dei Monumenti: Basilica San Marco a Venezia: «1915- si procedette a l'abbassamento della quadriga di bronzo sul piano della loggia, trasportando i cavalli nell'atrio del palazzo ducale, dove furono protetti da robuste pareti di muratura con sovrapposizione di due strati di sacchi di sabbia. La delicatissima opera, preparata con tutte le cautele, fu eseguita in una sola giornata; e lo fu non soltanto per salvaguardarla.[…] ». 38 Fig. 5. Venezia, S. Marco , Abbassamento di uno dei cavalli dal pronao (foto da “Protezione dei monumenti”, Veneto, Venezia,1917 . Pag.180) 38 Protezione dei monumenti, Veneto, Venezia,1917. pag. 179. 19 Fig. 6. Venezia, S. Marco , Abbassamento di uno dei cavalli dal pronao (foto da “Protezione dei monumenti”, Veneto, Venezia,1917. Pag.182) «1916.- Anche per l'interno della Basilica si è ritenuto di aumentare le difese in processo di tempo, e cioè di mano in mano che si manifestarono più intense e più frequenti le insidie nemiche. Appartengono, per tanto, a un più recente programma di presidi il maggiore sviluppo dell'impianto estintorio all'interno del monumento, impianto che ora dispone di due nuove bocche da incendio situate sul piano inferiore della Chiesa e nel centro della stessa. Con ciò, le bocche da incendio esistenti in Basilica sono cinque, le quali hanno impianti di tubazione separati, del, tutto indipendenti dalle altre tre bocche alimentate dall'acquedotto urbano all'esterno della facciata principale.[...] ». 39 39 “Protezione dei monumenti”, Veneto, Venezia,1917 pag.181 20 «1916. - In seguito, essendosi intensificate le insidie nemiche, si costruì lungo la facciata principale, lungo buona parte del fianco a Nord e lungo tutto il fianco a Sud un robusto presidio con saccate di sabbia dal piano della piazza fino a quello della loggia. Queste saccate, composte di doppio strato di sacchi nella parte di ferro e di uno strato nella superiore, furono sorrette mediante robuste armature di legname, protette da tavole ricoperte da lastre incombustibili di amianto e cemento che salvaguardano l'opera di presidio dall'azione delle bombe incendiarie.[...] ». 40 Fig. 7. Venezia, San Marco. Protezione della facciata. (foto dal “Protezione dei monumenti”, Veneto, Venezia,1917.Pag.184) 40 “Protezione dei monumenti”, Veneto, Venezia,1917. pag.181 21 «1916. - Anche per l'interno della Basilica si è ritenuto di aumentare le difese in processo di tempo, e cioè di mano in mano che si manifestarono più intense e più frequenti le insidie nemiche.[…] ». 41 Fig. 8. Venezia, San Marco. Protezione, con saccate, del grande Pulpito del Vangelo. (foto da “Protezione dei monumenti”, Veneto, Venezia,1917 .Pag.195) In un documento del 13 maggio 1919 della soprintendenza della Galleria Nazionale D’arte Moderna e Contemporanea, si tratta della messa in sicurezza dei Cavalli e, a seguito, delle lamentele dei danni subiti dai diversi trasporti42 (Doc.42). “Protezione dei monumenti”, Veneto, Venezia,1917 pag.182 Doc. 42. Appendice Documentaria. «….Prima di essere rimossi i cavalli avevano qua e là ammaccature visibili anche in mille vecchie fotografie; ed è naturale, quando si consideri che essi avevano viaggiato probabilmente da Roma a Costantinopoli, certo da Costantinopoli a Venezia ,da Venezia a Parigi, da Parigi a Venezia. Se alle vecchie ammaccature alcuna se ne sia aggiunta nuova, io non so, posto che nessuno ha mai fatto (e chi mai ci avrebbe pensato?) un rilievo preciso delle superfici dei quattro animali. Arrivati a Roma, i cavalli furono portati in 41 42 22 Sotto la spinta organizzativa di Ojetti, si procedette inoltre alla traslazione dell’Assunta di Tiziano, trasportata dall’Accademia al Museo Ala-Ponzoni di Cremona, all’asporto di tutti i dipinti e gli oggetti d’arte appartenenti alla Scuola Grande di S. Rocco - nonostante le iniziali opposizioni da parte dell’arciconfraternita di riferimento- nonché alla rimozione delle tele più importanti conservate nel Palazzo Ducale e nella basilica marciana, trasportate a Firenze (nell’ex convento di S. Salvi), a Roma (a Castel Sant’Angelo) e a Pisa (nel Palazzo Reale). Le operazioni più spettacolari, tuttavia, riguardarono la protezione di edifici e di oggetti fissi, quali i lavori di rinforzo a Palazzo Ducale e nella basilica di S. Marco, i cui mosaici esterni vennero accuratamente oscurati, così da evitare il distacco di tessere dovuto ad eventuali esplosioni. La necessità di leggibilità di questi poderosi interventi, venne tradotta da campagne fotografiche mirate, le quali si occuparono di accostare, di volta in volta, all’immagine dei monumenti coperti, quella del loro aspetto originario. Le fotografie eseguite furono inviate e stampate sulle maggiori riviste dell’epoca, onde promuovere la visibilità dello sforzo conservativo compiuto. Palazzo Venezia poi subito dopo in Castel Sant'Angelo dove sono rimasti fino al dicembre del 1918. Allora il fondatore Munaretti, per incarico della Fabbriceria di San Marco, li fece riportare sotto la sua sorveglianza in Palazzo Venezia, per collocare i nuovi termini di ferro sotto gli zoccoli equini. E’ da escludere in modo assoluto che i cavalli siano mai caduti abbiano cozzato uno contro l'altro. Essi furono rimossi dal Taburet con la solita abilità, sotto la sorveglianza continua del Munaretti e del Cavalier De Simone della Direzione Generale di Belle Arti, e furono sempre sostenuti da cavalletti salvo il momento in cui furono fotografati alla presenza di S.M. il Re. Del resto a Venezia c'è chi ha detto che dai cavalli sono stati tratti calchi in gesso il che è falsissimo: altri ha affermato che essi hanno perfino mutato colore; altri hanno operato che una signorina ha fatto cadere la coda del cavallo di Gattamelata per esservi saltata sopra ecc. ecc. ciacole da Caffè Florian, che tu conosci bene, ma che forse si sarebbero evitati se tutte quelle bestie e relativi cavalieri si fossero lasciate più in pace. Infatti, Colleoni e Gattamelata appena giunti a Roma furono dapprima collocati nel portone di Palazzo Venezia che riguarda la piazza omonima, da qui, dopo pochi giorni rimossi e trasportati in uno stanzone interno: da qui tolti di nuovo e calati in a decidere nel sottosuolo: da qui finalmente elevati e posti a cavalletto sotto il portico del cortile. Non e' accaduto nulla di male, salvo la spesa di qualche decina di mila lire, ma si è dato esca al grazioso chiacchiericcio veneziano…». 23 L’occhio del giornalista, oltre che dello storico dell’arte, lo spingeva, evidentemente, a vedere la realtà in funzione divulgativa. Paradossalmente, i lavori di distacco o di consolidamento dei monumenti a rischio, diventarono spesso pretesto per effettuare piccole scoperte o per valutare il loro stato fisico, in previsione di eventuali restauri. In più, le necessità imposte dalla guerra, impressero un nuovo impulso alla ricerca sulle tecniche di conservazione. Sull’onda di questo entusiasmo –forzato- conservativo, Ojetti, concluso il primo ciclo di provvedimenti veneziani, venne trasferito a Udine, presso il comando Supremo. Nel frattempo, nell’ottobre del 1915, venne bombardata dalle truppe austriache, colpendo la chiesa degli Scalzi e distruggendo il soffitto, opera del Tiepolo, con la Traslazione della Santa Casa di Loreto (Fig.9). Fig. 9. Venezia. La chiesa degli Scalzi dopo il bombardamento del 1915 (da Nezzo 2003a, p. 40) 24 Ojetti immediatamente introdusse il problema del restauro,43 sia pur senza speranza, essendo l’opera completamente polverizzata, non prima però di aver fatto riaprire la chiesa affinché il pubblico potesse vederne la rovina, in una sorta di luttuoso pellegrinaggio. Neanche la lontananza fisica dalla città lo trattenne dall’intervenire con un’autorevole opinione sul bombardamento, restituendo a una dimensione europea la catastrofica perdita del soffitto tiepolesco. 2.2. L’operato di Ugo Ojetti nei territori di guerra Giunto ad Udine il 13 luglio 1915, Ojetti venne assegnato all’Ufficio Affari Civili del Comando Supremo con l’incarico di monitorare e soprintendere agli edifici e alle opere d’arte delle terre conquistate durante il conflitto bellico dallo Stato italiano. Percorrendo in lungo e in largo il territorio friulano, ispezionò ogni centro di qualche rilevanza: Cividale, Aquileia, Gradisca, Romans, e poi Rovereto, Cortina, Verona e Vicenza, alternando al controllo dei danni provocati dalla guerra la schedatura del patrimonio librario, fino alla revisione dell’organico nei musei.44 In alcuni casi fu addirittura incaricato di scortare personalmente le casse di oggetti rimossi dalle sedi originarie. Ojetti in questi lunghi viaggi annotava spesso sul suo taccuino tutti gli oggetti e le strutture di valore in cui s’imbatteva: quadri, palazzi, chiese, biblioteche, ricostruendo, tra libri e fotografie, l’immagine urbana deturpata dai bombardamenti. Il materiale fotografico, in particolare, veniva talvolta impiegato come gadget da offrire ai componenti delle missioni straniere, o altrimenti utilizzato per redigere le relazioni sui monumenti, coadiuvato, spesso, da veri e propri interrogatori ai dipendenti dei vari musei, per sapere 43 Id., 1964, p. 120. 44 Ivi, pp. 41-67. 25 che cosa gli austriaci avessero portato via e preparandosi in tal modo a chiederne la restituzione subito dopo un eventuale armistizio.45 Il lavoro di Ojetti non si esauriva, tuttavia, nella salvaguardia pratica o nei restauri degli oggetti artistici recuperati, ma veniva impiegato anche e soprattutto nella tutela legislativa di quei beni sottratti nei territori conquistati, non più sottoposti alla giurisdizione austriaca ma non ancora regolamentati da quella italiana.46 In quel periodo portò avanti sulle pagine del “Marzocco”47 una importante campagna di sensibilizzazione sul problema dei monumenti in guerra: dalla definizione della barbarie del nemico distruttore, alla necessità di protezione e asportazione delle opere d’arte, la cui realtà normativa era allora regolamentata dalla Legge Rosadi del 1909, la quale vietava l’espatrio dei soli oggetti di notevole interesse artistico e permettendo, di fatto, la vendita di tutti gli altri a compratori esteri, per cui le famiglie in possesso di antichità o archivi potevano, alienando i propri beni, risollevarsi da eventuali problemi finanziari. Di legislazione artistica Ojetti si era occupato fin dal 1906, dall’epoca cioè in cui aveva sostenuto, dalle colonne del “Corriere della Sera”, la candidatura di Corrado Ricci alla Direzione Generale Antichità e Belle Arti. Nello specifico, la situazione bellica costituiva senz’altro una delle più importanti battaglie per la salvaguardia del patrimonio italiano, ma anche un’occasione per ripensare ad una nuova legislazione artistica nazionale. Il suo impegno per salvare il salvabile, quindi, fu totale e risolutivo, e il suo senso pratico e la sua notevole cultura lo fecero spiccare all’interno del Comando Supremo come vero e proprio punto di forza. Per avere “posto in Ivi, pp. 64-65. Ivi, p. 67. 47 L’articolo viene ampiamente discusso in De Lorenzi 1992, p. 1079-1080. 45 46 26 salvo opere d’arte e di storia esponendosi al fuoco nemico” con “fede e intelletto di artista e cuore di soldato”48 ottenne persino un encomio solenne. A seguito dell’avanzata degli austriaci in Trentino e in Veneto nella primavera del 1916, Ojetti partecipò attivamente alla mobilitazione generale di Udine e dintorni, rastrellando opere d’arte mobili e radunandole in centri di raccolta, pronte a partire. Particolare attenzione venne dedicata ai libri e agli archivi cartacei e fotografici, incrociata ad attività di tutela e di scoperta di nuovi territori esplorati e scavati per pure esigenze militari, capaci di riportare alla luce rovine antiche. Vennero realizzate mappature di siti archeologici, e i materiali dissotterrati inventariati e trasportati in apposite strutture. Sfruttandone il potenziale d’attrazione, Ojetti rendeva conto dei vari lavori effettuati, pubblicizzando all’Italia intera l’attualità dei suoi maggiori monumenti e veicolando, per loro tramite, significati ideologici e patriottici. Dopo la disfatta di Caporetto il 24 ottobre 1917, Ojetti si trasferì a Padova, insieme al Segretariato Generale Affari Civili del Comando Supremo.49 Qui diresse con Arduino Colasanti50 i lavori di rimozione del Gattamelata di Donatello (Fig.10) e andò a visitare i territori martoriati di Possagno, Aviano, Este e Treviso, organizzando, lì dove fu possibile, imballaggi e trasporti. Ojetti 1964, p. 313. Ivi, p. 421. 50 Arduino Colasanti. Storico dell'arte italiano (Roma 1877 - ivi 1935), autore di studî sulla pittura marchigiana, su Donatello, ecc. Si occupò attivamente del restauro e del riordinamento di monumenti e di musei. Fu direttore della sezione di arte moderna nell'Enciclopedia Italiana. (Enciclopedia Treccani). 48 49 27 Fig. 10. Padova. Rimozione della statua del Gattamelata nel 1917 (da Nezzo 2003a, p. 65) A Possagno non poté fare a meno di contemplare la distruzione della gipsoteca del Canova, riuscendo però a portare in salvo una notevole quantità di gessi dell’artista.51 Lo stesso avvenne con il Duomo di Padova, pesantemente bombardato nel’ottobre del 1917, sebbene i preziosi oggetti liturgici ed affreschi conservati al suo interno fossero stati preventivamente portati via.52 Con la fine della guerra, a seguito dell’armistizio di Villa Giusti del 3 novembre, iniziò per Ojetti una nuova fase lavorativa incentrata sul recupero e sul censimento del patrimonio storico-artistico perduto. 51 52 Ivi, p. 434. Ivi, p. 450. 28 2.3. Ugo Ojetti nell’Italia da ricostruire La questione del ricollocamento dei beni asportati dal nemico nelle terre riconquistate costituì per Ojetti il nuovo obiettivo primario. Le terre redente dovevano essere restituite all’Italia nella loro integrità, senza che il patrimonio culturale risultasse diminuito nel passaggio da uno Stato all’altro. Invocando la presenza progettuale, scientifica ed economica della patria recuperata, si ribadiva, in tal modo, il ruolo nodale attribuito al patrimonio storico ed archeologico. A partire dal novembre del 1918, dunque, Ojetti entrò a far parte della Regia Commissione d’Inchiesta sulle Violazioni del Diritto delle Genti commesse dal nemico, contribuendo ad elaborarne struttura e programma, non rinunciando tuttavia a fornire un documentato bilancio sulla situazione del patrimonio artistico. Nel 1919 uscì, la sua relazione finale sui “Monumenti danneggiati e opere d’arte asportate dal nemico. Difesa dei monumenti e delle opere d’arte contro i pericoli della guerra”.53 Lo status delle province da lui salvaguardate durante la guerra Venezia, Treviso, Padova, Udine, Vicenza – veniva da lui descritto in maniera dettagliata, ricostruendo da una parte gli spostamenti delle singole opere d’arte, dall’altra monetizzando i danni subiti. A tal fine, particolarmente preziosi risultarono inventari e memorie sottratte al nemico, che una volta tradotti, spiegavano come gli austriaci, a scopo di protezione o come pegni di guerra, avviassero ai Centri di raccolta di Bottino d’Armata ciò che riuscivano a rastrellare nei territori italiani. Ma all’ombra delle prime legittime restituzioni, maturò il programma relativo ai risarcimenti, così che Ojetti scrisse all’interno della relazione: «Di tutti questi monumenti, perizie, testimonianze, specie quelle raccolte sui luoghi del martirio, una conclusione dobbiamo trarre: che, per 53 Ojetti 1919a. 29 quanto minute e lunghe siano state e saranno le investigazioni e le inchieste, esse non giungeranno mai a definire in cifre lo scempio fatto dal nemico all’arte nostra, in una delle regioni italiane che ne era più ricca. Bastano quattro osservazioni. La prima è che le denunce dei privati proprietari d’oggetti d’arte, delle quali denunce solo una piccola anzi minima parte finora ci è pervenuta, riguardano di rado l’arte decorativa –mobili, specchiere, vasellami, ferri lavorati d’uso domestico- i quali oggetti hanno un valore d’arte spesso ignoto agli stessi proprietari e spessissimo superiore a quello dei quadri e delle stampe di cui essi proprietari hanno il vezzo di gloriarsi. La seconda osservazione è che non potremo mai misurare quanto la rapina abbia disperso oltre monte di quell’arte decorativa, popolana e contadinesca, ch’era un vanto del Veneto e del Friuli, perché popolani e contadini non penseranno mai, anzi non potranno mai distinguere nella suppellettile perduta, quello che aveva un qualche pregio singolare sia pure soltanto per la storia del costume italiano. La terza osservazione è sugli arredi sacri. Noi abbiamo parlato di quadri distrutti, o rubati, noti pel loro pregio e magari pel loro autore: ma chi dirà mai nella dispersione totale degli arredi di quasi duecento chiese, quanto di stoffe,di merletti, di ricami, d’argenteria e d’oreficeria, di scultura in legno e in bronzo, di stampe e di libri figurati, non s’è perduto? L’ultima osservazione è sui parchi e giardini. Era un vanto nel Veneto aver conservato tradizione di grandiosità e di eleganza nell’architettura del giardino. Quanti di questi parchi centenari sono stati abbattuti o mutilati? Ma si può immaginare, a forza d’ipotesi e di statistiche, qualche cifra anche per rappresentare danni come questi, è impossibile misurare in danaro la bellezza e la gloria dell’affresco di Giambattista Tiepolo che copriva il soffitto della Chiesa degli Scalzi a Venezia […] e degli altri suoi affreschi nel soffitto del salone al primo piano della villa Soderini a Nervesa […]. Danni come questi non possono essere pagati che con opere d’arte italiana le quali per fama e bellezza equivalgono a quelle distrutte o danneggiate. Non saranno più quelle, affreschi, mosaici, sculture, che in quei dati luoghi da secoli formavano quasi una fattezza del volto d’Italia; ma l’equivalenza fra quel che si è perduto e quel che si darà, sarà più logica e degna. In un elenco separato indichiamo le opere d’arte d’assoluta proprietà dello Stato austriaco, dello Stato ungherese e di vari Stati della Confederazione germanica, che stimiamo adatte a questo risarcimento»-54 54 Ivi, pp. 69-71. 30 Si tratta, nello specifico, di tele, affreschi strappati e sculture marmoree, lignee e bronzee andati a finire nei più prestigiosi musei delle grandi città europee: Budapest, Vienna, Zagabria, Berlino, Monaco, Dresda, Francoforte. L’intento dell’indagine appariva “predatorio”, giacché si materializzava un minimo comun denominatore del bello, universalmente valido, la cui diminuzione quantitativa (il saccheggio) andava colmata con un indennizzo equipollente, non nel valore economico, bensì artistico. Da qui lo slogan “l’arte si paghi con l’arte”, lanciato in un memorabile articolo pubblicato sul “Corriere della Sera” nel 1919.55 Insomma, l’accezione ojettiana del risarcimento dei danni artistici era piuttosto punitiva, confidando nella forza d’urto dell’opinione pubblica. La lunga e controversa vicenda si concluse, come sappiamo, mediante il trattato di Saint-Germain, firmato con l’Austria il 10 settembre del 1919, il quale prevedeva la reintegrazione del patrimonio delle terre redente, nonché la riesumazione delle inevase restituzioni concordate in passato. 55 Id., 1919c, p. 2. 31 CAPITOLO 3 I “FONDI OJETTI” CONSERVATI PRESSO L’ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO E PRESSO LA GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA DI ROMA 3.1. Il rapporto di Ugo Ojetti e Camillo Boito Gli stessi principi che guidano l’interesse di Ojetti per la rivalutazione delle arti applicate e per il loro rinnovamento stilistico, lo indirizzano nell’intensa attività di tutela dei monumenti, che lo vede partecipare tramite il “Corriere della Sera” a tutte le battaglie nel campo della conservazione e del restauro. Il punto di partenza è la convinzione del valore dell’opera d’arte come testimonianza della storia e della civiltà. E' sulla base di questo concetto che incontra, in primis tramite il padre, le idee di Camillo Boito56, il grande teorico dell’architettura e del restauro, con il quale era in amichevoli rapporti personali. Boito difendeva il sostanziale rispetto del monumento inteso non come entità astratta, ma come organismo prodotto dalla storia e inserito nel suo divenire: di qui l’invito a limitarsi alle opere di consolidamento e di stretta conservazione; l’obbligo, in ogni caso, di segnalare attraverso la diversità del materiale e in altri Camillo Boito. Architetto e scrittore italiano (Roma 1836 - Milano 1914). Educato a Venezia, nel 1856 fu chiamato dal suo maestro P. Selvatico a insegnare all'Accademia. Dal 1860, per 48 anni, insegnò a Brera, esercitando, con la sua personalità e con la sua opera, un notevole influsso sulla cultura architettonica italiana del tempo. Restaurò varî monumenti (S. Antonio di Padova),tra le sue opere originali sono da ricordare il grandioso scalone di palazzo Franchetti a Venezia; a Padova il Palazzo delle debite (1872-77) e il Museo (1878); la Casa di riposo per i musicisti a Milano (1899). Come scrittore, oltre a varî studî di argomento architettonico, teorici e storici (Architettura del Medio Evo in Italia, 1880), lasciò alcuni felici racconti (Storielle vane, 1876; Senso. Nuove storielle vane, 1883), e Gite di un artista (1884). (Enciclopedia Treccani) 56 32 modi gli interventi di completamento; il rispetto per le stratificazioni e per le aggiunte posteriori, se di valore artistico e di rispettare il contesto, architettonico e ambientale. Il monumento dovrà essere preservato in quanto tale, non ricostruito o sepolto in un museo, ma reinserito, fin dove possibile, nella vita stessa del presente, alla quale può offrire un insegnamento di valore inestimabile. I numerosi interventi di Ojetti nel campo della conservazione e del restauro rispondono a questi principi , con una duttilità di prospettiva secondo i diversi casi che ancora una volta sembra obbedire alle raccomandazioni di Boito, quando osservava come prima di tutto fossero necessari al restauratore discrezione, buon senso, occhio, non solo di storico ma anche d’artista, e soprattutto amore. Sostenitore dell’insegnamento di Boito, Ojetti in alcuni casi suggeriva il completamento dei monumenti, qualora soffrissero di lacune che ne danneggiassero l’armonia e ne impedissero la leggibilità, finanche quando le indicazioni sulla natura delle parti mancanti fossero inequivocabili. La frequente inadeguatezza di architetti e ingegneri a far fronte ai problemi di edilizia cittadina, sia nelle costruzioni nuove come nel restauro, degli scultori a rispondere alle esigenze monumentali, così come quella degli artisti e artigiani a dar vita a un effettivo rinnovamento delle arti applicate, rese della massima urgenza il problema della riforma dell’insegnamento artistico. Ojetti intervenne sull’argomento, sulla scia di quanto proponeva negli stessi anni il padre Raffaello, sostenendo la necessità di superare l’assurda separazione tra le Accademie e scuole professionali, in nome del concetto di unità dell’arte, e di puntare all’insegnamento pratico e concreto delle tecniche. Nello stesso tempo egli appoggiava, dalle colonne del “Corriere della Sera”, l’ordine del giorno della Giunta Superiore delle Belle arti relativo al nuovo programma delle future scuole d’architettura italiana, prendendo le parti di coloro che aspiravano al superamento di quella separazione tra architetti (poco preparati tecnicamente) 33 ed ingegneri (ottimi tecnici, ma ignoranti d’arte, di storia e di gusto) che tanti danni aveva causato all’architettura contemporanea come anche Camillo Boito aveva sostenuto nelle sue Questioni pratiche di belle arti, in pagine che, osservava Ojetti, si sarebbero potute parola per parola ristampare57 . Nel Maggio del 1907 (Doc. 20) Boito scrive ad Ojetti che le condizioni sull’insegnamento e della professione non sono cambiate nel tempo (sono passati quattordici anni dalla pubblicazione di Questioni pratiche di belle arti) ma Boito mantiene un tono più liberale: vorrebbe che le scuole Superiori di Architettura fossero rese autonome e che si possa entrare solo dopo specifiche prove selettive58 . Una figura vicina ad Ojetti e Boito in questo periodo fu quella di Ludovico Pogliaghi59, che fece da tramite per alcune faccende come quella della Scuola d’Arte applicata all’industria (doc. 24) 60 e quella dell’ Altare della Patria. Fece 57 58 U.Ojetti, Ingegneri ed architetti, in “Corriere della Sera”, 5 febbraio 1907. Doc. 20. Appendice Documentaria. «…Mi domandasti se intorno alle scuole di architetti si abbia avuto commissione di stampare qualcosa a dovere. Una trentina di pagine nel volume pubblicato sull’Hoepli: “questioni pratiche di belle arti” , punti sugli architetti in Italia e sui loro studi. Da allora in poi ( ci son passati quattordici anni) le condizioni sull’insegnamento e della professione non sono mutate; ma sono mutato io, diventando più liberale. Vorrei oggi io che le nuove Scuole superiori d’Architetti, diventate veramente artistiche, fossero autonome, cioè indipendenti dalle Scuole di Applicazione e da altri istituti; verrei che si entrasse per vie di esami, affinché i giovani, fin quasi da fanciulli, potessero darsi all’arte; vorrei…ma occorrerebbe un fascicolo. Lascio fare al Moretti…». Ludovico Pogliaghi. Pittore, scultore e scenografo (Milano 1857 - Varese 1950). Formatosi a Brera, si ispirò sempre all'antico. Eseguì numerose pitture decorative (nel salone centrale del Valentino a Torino, nel duomo di Genova, ecc.); come scultore è autore, fra l'altro, del Crocifisso e di sei candelabri per il duomo di Milano; del gruppo della Concordia nel monumento a Vittorio Emanuele II a Roma; di sei statue e di un crocifisso d'argento per l'altar maggiore del duomo di Pisa. Eseguì le scene per il Nerone di A. Boito (1924, Milano, Teatro alla Scala). (Enciclopedia Treccani) 60 Doc. 24. Appendice Documentaria. «…Il Pogliaghi da Parma tornò a Firenze per assistere all’adunanza di una commissione la quale deve occuparsi della Scuola d’Arte applicata all’ industria, quella che è subito accanto a S. Croce e che tu certamente conosci. Il Pogliaghi deve andare dritto a Genova. Dove, senza dubbio, vedrà il d’Andrade potrà farlo firmare. Alle altre firme penserà il Ricci. Lo speriamo bene. A Parma tutti di dolevano di non averti a compagno…». 59 34 avere a Boito, e di conseguenza ad Ojetti, le foto dell’opera del Sacconi (Doc.23) 61 costruita in botticino invece che con il marmo di Carrara (doc. 22) 62. A partire dalla pubblicazione dell' articolo dei Diritti e doveri del critico d’arte moderna del 1901 e dalla realizzazione del motto “difendiamo e diffondiamo” l’arte, egli avrebbe continuato ad applicarsi in questa direzione con un’intensità ed una costanza fuori dal comune. L’impegno venne indirizzato sia alla diffusione della conoscenza storica, sia alla promozione dell’arte contemporanea. I modi sono quelli della divulgazione letteraria (articoli, recensioni, discussioni), per la quale Ojetti dispone di un potente strumento, la terza o spesso anche la prima pagina del “Corriere della Sera”. Si voleva creare una consapevolezza del significato dell’arte come espressione della coscienza nazionale, di quella comunione di ideali morali e civili e Boito fu tra i collaboratori per la diffusione di articoli sull’arte italiana: in una lettera del 15 febbraio63 (senza anno) esprimeva la speranza di poter scrivere un suo articolo Doc. 23. Appendice Documentaria. «…il Pogliaghi Mi mandò la fotografia dell’altare della patria. La composizione mi sembra ammirabile per i dipinti , classicismo, vigore, eleganza. Voglio che tu la veda subito subito, se sei a Firenze ti mando il rotolo di fotografie che puoi anche trattenere…». 62 Doc. 22. Appendice Documentaria. «…Il Sacconi, è vero, avrebbe desiderato il marmo di Carrara, ma gli davano noia le venature, senza parlare della spesa. Si decise finalmente per il botticino, dopo aver veduto molti vecchi e nuovi edifici costruiti in quella pietra, e dopo un coscienzioso esame alle cave. Credo che la Zanardelli rimanesse molto soddisfatta di questa preferenza; ma non credo abbia tentato di influire sulla scelta…». 63 Doc. 21. Appendice Documentaria. «…Quando ci si vide, giorni addietro, Ella mi lasciò una 61 carissima speranza. Quella di poter pubblicare presto un suo articolo sull’arte Italiana. Un articolo sul Barocco romano, sul seicento e sul settecento di Roma o come vorrà. Per dirle la mia idea sulle illustrazioni che , in tavole litografiche e mi dedicherei al testo, accompagneranno lo scritto, le spedisco una trentina di fotografie che Ella vorrà consegnare per me all’Hotel Marini, dove mi fermerò poche ore la mattina di domenica prossima, passando per andare a Napoli e a Cosenza e dove mi fermerò un poco di più il 4 e il 5 di marzo, tornando. Spero allora di vederla. Mi lasci scritto al Marini dove potrò incontrarla. Non occorre che l’articolo si fermi alle cose riprodotte. Può essere con rapida sintesi dell’arte romana del seicento e del settecento; può essere un linguaggio può essere quel che lei preferisce. Solo a proposito delle fotografie che le mando dovrò farle notare due cose. In primo luogo l’arte italiana, essendo decorativa e riconoscibile, non può fermarsi con le illustrazioni all’architettura propriamente descrittiva 35 sull’arte italiana, in particolare sul Barocco romano, sul seicento e settecento di Roma integrate da fotografie. Da tempo oramai l’uso della fotografia era entrata a contatto con l’arte sconvolgendo la pittura, ma nel settore della tutela e della salvaguardia del patrimonio monumentale portò numerosi vantaggi: per la prima volta si poterono documentare analiticamente il monumento originale nel suo ambiente naturale, i danni della guerra ed i successivi restauri. Divenne come un' occhio che lascia un’ immagine nel tempo. 3.2. Ugo Ojetti con Corrado Ricci L’importanza dell’ambiente e del paesaggio come parte integrante di un monumento fu uno dei cavalli di battaglia della filosofia ojettiana. Non solo le stratificazioni storiche, infatti, ma lo stesso ambiente naturale costituisce parte integrante della bellezza del monumento e del suo significato. Non stupisce allora trovare Ojetti al fianco di Corrado Ricci, all’epoca Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti, in difesa di ambienti paesaggistici di particolare interesse storico, come ad esempio la pineta di Ravenna, di dantesca memoria 64. Alle stesse motivazioni rispondono anche i suoi duri interventi sulla politica degli scavi archeologici, così come si legge nella lettera del 17 agosto del 1915, dove entrambi programmavano un progetto di legge per tutelare i beni culturali dalla guerra iniziata nel territorio italiano da circa tre mesi: «Ritenuto necessario e urgente tutelare sin d'ora il patrimonio archeologico e artistico dei territori occupati […] decretiamo […] è proibito di procedere a ricerche archeologiche di qualsiasi genere e senza preventiva autorizzazione. Chiunque sia in possesso di oggetti archeologici e artistici di interesse locale ovvero sia a conoscenza dell'esistenza dei medesimi dovrà farne denuncia al comando supremo preferirei i particolari e gli ornamenti. In secondo luogo molte cose romane furono già illustrate dal periodico nei suoi 11 anni di vita; per le altre le fontane di piazza Navona , il giardino Borghese, la villa Aldobrandini, gli interni di S.M. della Vittoria, sulla Madonna dell’Orto…». 64 Id. , Per la pineta di Ravenna, in “Corriere della sera”, 15 agosto 1908. 36 al quale spetta di provvedere. E’ vietata l'esportazione degli oggetti stessi».65 La negligenza nella conservazione stava proprio nel fatto che dopo aver salvato le opere più appariscenti, si abbandonava il resto all’incuria, con il risultato, che ad esempio, molti affreschi dopo decenni erano destinati alla scomparsa. Ojetti rinfacciava indignato agli archeologi che “Conservare è un dovere, scoprire è un lusso” .66 Egli riteneva l’opera d’arte il documento più sicuro ed efficace della storia e attribuiva un significato morale e sociale alla diffusione dell’arte stessa. Per poter conservare e salvaguardare non la materia dell’opera d’arte, caduca e soggetta nella maggior parte dei casi soggetta al degrado del tempo, bensì la sua immagine, Ojetti trovò nell’illustrazione fotografica uno strumento di straordinaria utilità. Fin dall’inizio egli fu ben consapevole della complessità del mezzo, al di là dell’aspetto apparentemente meccanico e delle possibilità critiche e interpretative che esso poteva offrire. La fotografia, infatti, non era usata solo per avere una documentazione fotografica completa, al fine di creare dei cataloghi d’arte, ma durante la guerra poteva avere anche il compito di documentare i danni creati dai bombardamenti. In tal senso, Ojetti nel novembre del 1916 (Doc. 31-32) 67 chiedeva al suo collega Ricci delle fotografie di monumenti colpiti dalle bombe nemiche su Sant'Apollinare Nuovo in Ravenna e su San Ciriaco d'Ancona per la pubblicazione di un eventuale articolo. Parallelamente tenne sul Corriere della Sera una rubrica chiamata “Libri d’Arte” dove riuniva la presentazione di più libri appena usciti, e non era un caso che spesso venisse nominato lo stesso Corrado Ricci, compagno di tante battaglie nel campo della tutela e della diffusione dell’arte. La propaganda dell’Italia come simbolo di bellezza anche sotto le armi, sfociò in una Doc. 30. Appendice Documentaria. U. Ojetti, Gli scavi di Pompei e il nostro egoismo, 1919, cit., p. 54. 67Doc 31 e 32. Appendice Documentaria. 65 66 37 operazione di documentazione in difesa del patrimonio, come possiamo notare consultando l’articolo Protezione dei monumenti68, pubblicato dallo stesso Ricci sul “Bollettino d’arte”. L’apparato fotografico, ricchissimo, si articola contestualmente alla relazione verbale: ha funzione illustrativa, esplicativa, ma non costruisce un discorso autonomo. Edifici, sculture e quadri protetti sono esibiti per lo più a prescindere dal loro aspetto originario; così si preferisce presentare un monumento la cui copertura è ultimata, piuttosto che declinare la progressione dei lavori. Il meccanismo, reiterato nell’arco di circa cinquanta fotografie, da alle opere la loro identità e dunque del loro ruolo simbolico; si celebra lo sforzo delle soprintendenze e non l’arte in armi ed il paese. Il lavoro del direttore generale non è criticabile, ma Ojetti nel suo libro si distingue in maniera decisa. 3.3. Lo scambio epistolare tra Ugo Ojetti e Arduino Colasanti L’ansia di rinnovamento e le speranze nate dopo la fine della Prima Guerra Mondiale fecero sì che Ojetti ritornasse sull’argomento riguardante l’insegnamento della storia dell’arte nelle Accademie con nuova forza e speranza. In un articolo sul “Corriere della Sera” dell’ottobre del 1919, 69 egli denunciava il fallimento dell’insegnamento accademico in Italia: le istituzioni scolastiche, infatti, barricate nel loro mondo astratto e chiuse a qualsiasi influsso del mondo esterno e al contatto con la vita reale, forniva una base culturale solo teorica, con il risultato di creare non degli artisti completi, ma dei giovani delusi e frustrati, che spesso finivano per diventare soltanto dei mediocri insegnanti di disegno. Da qui derivava il rifiuto di Ojetti di accettare le due tipologie di scuole d’arte italiana allora esistenti: gli antichi Istituti e Accademie di Belle Protezione dei monumenti,1917. Ojetti 1919d, p. 2. 68 69 38 Arti, per l’architettura, la scultura e la pittura; le scuole per le arti industriali o decorative. Suddivisione che, di fatto, segregava queste ultime all’interno delle cosiddette “arti minori”. Data l’importanza sociale e l’urgenza delle scuole professionali, egli proponeva un’immediata riforma, che riunificasse sotto il cappello di un solo Ministero l’intera istruzione artistica. Nella primavera del 1920 Ojetti venne nominato presidente di una commissione designata dal Ministro della Pubblica Istruzione e dal Sottosegretario alle Belle Arti, con l’incarico di definire un programma che prevedesse il passaggio delle Scuole e degli Istituti d’Arte Industriale dal Ministero dell’Industria e del Commercio al Ministero dell’Istruzione. La proposta di Ojetti, appoggiata da numerosi altri studiosi, direttori di scuole, artisti, 70 avanzava in primo luogo la riunificazione di tutte le scuole sotto una sola amministrazione e un riordino dell’ insegnamento artistico che rispettasse “l’indistruttibile e preziosa originalità dei nostri caratteri regionali” 71 e tenesse ben presenti “le condizioni dell’industria e del mercato nazionale e internazionale”.72 Nella pratica, le Accademie erano abolite e tutti gli studi d’arte venivano riuniti in un unico corso di cinque anni. L’età minima di ammissione era fissata all’età di dodici anni. Il primo triennio avrebbe dovuto formare l’operaio esecutore, il biennio successivo l’artefice “inventore”, in grado di lavorare perfettamente qualsiasi tipo di materia. Ogni scuola avrebbe dovuto possedere le sue officine, in base alle tradizioni, ai materiali propri e caratteristici di ciascuna regione. Tra gli insegnanti, oltre a quelli già dipendenti dal Ministero dell’Istruzione, si Della commissione facevano parte due capi dell’Istituto di Belle Arti, Ettore Ferrari e Giovanni Bordiga, due capi d’Istituti d’Arte Industriale, Lionello Balestrieri e Mario Salvini, il capo delle Scuole dell’Umanitaria, Augusto Osimo, il direttore generale delle Belle Arti, Arduino Colasanti, l’ispettore generale dell’insegnamento industriale Melchiorre Zagarese, e infine Guido Biagi e Adolfo de Carolis. 71 Ojetti 1921, cit., p. 242. 72 Ibidem, cit. 70 39 sarebbe dovuto coinvolgere, con contratti a tempo determinato, anche liberi professionisti, artisti ed artigiani meritevoli. Per la formazione degli insegnanti e del personale direttivo si consigliava l’istituzione di un Istituto Superiore per le Industrie Artistiche, con sede a Roma, fornito di biblioteche, laboratori, raccolte d’arte complete, su modello di quanto veniva fatto in Austria, paese esemplare nell’organizzazione delle scuole artistiche. Per coloro che invece fossero usciti dagli Istituti d’Arte, e avessero voluto dedicarsi all’”arte pura”, fuori cioè dalle applicazioni industriali, sarebbero potuti entrare all’interno dell’Istituto Superiore delle Belle Arti, avente un numero massimo di otto sedi, dislocate in tutta Italia e con un corso di quattro anni. La seconda parte della proposta poi, prevedeva l’istituzione in ogni regione di un Consiglio Regionale per le Arti, in grado di curare e ravvivare i locali monumenti storici, artistici ed archeologici, fondare nuove scuole, migliorare quelle esistenti, fissare autonomamente modalità d’accesso e programmi di studio, promuovere concorsi, borse di studio e assunzioni lavorative. Di fatto si proponeva loro una completa autonomia finanziaria, amministrativa e didattica. Alcune minute conservate all’interno dell’Archivio della Soprintendenza alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (Doc. 43; Doc. 45; Doc.4673) testimoniano le riflessioni tenute da Ugo Ojetti con il suo amico Arduino Colasanti, allora Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti, proprio sul tema della riforma dell’insegnamento artistico e della promozione delle scuole di arti e mestieri. Da esse si evincono chiaramente i criteri guida da adottare: praticità di tutti gli insegnamenti d’arte, interdisciplinarità tra diverse 73 Doc. 43. Appendice Documentaria. Ne costituisce la prova la spartizione delle competenze: “Guido Manacorda per la cultura universitaria e i libri, Dario Niccodemi per il teatro, Ildebrando Pizzetti per la musica, io per l'arte”. Doc. 45,46. Appendice Documentaria. 40 materie74, decentramento regionale, continuo contatto con la vita locale e nazionale. Nel dicembre del 1923 il Decreto Gentile affondò il progetto di riforma ojettiano, accettando in parte alcune proposte della vecchia Commissione (in primis la riunificazione di tutte le scuole sotto un unico Ministero), dall’altra mantenendo la divisione fra scuole professionali e scuole teoriche, quindi tra “arti maggiori” e “arti minori”. Il rimpianto di ciò che sarebbe potuto essere traspare da una lettera che Arduino indirizza ad Ojetti il 14 gennaio del 1924 (Doc.49) 75, nella quale lo rende edotto sul nuovo decreto in questione. 3.4. Ojetti e Colasanti per la tutela. Gli interessi e gli aspetti dell’impegno di Ojetti in campo legislativo, non si esaurivano tuttavia nella deludente riforma del sistema scolastico, ma, come testimonia una lettera di Colasanti dell’ottobre 1928, (Doc. 50) 76 erano indirizzati anche, e soprattutto, alla possibilità di presentare al parlamento una legge definitiva di tutela dei beni storico-artistici della Nazione, in grado di risolvere, una volta per tutte, il problema dell’esportazione delle opere d’arte antiche e degli scavi archeologici. Dopo il cedimento del fronte italiano a Caporetto, non appena fu possibile misurare la gravità dei danni dovuti al rovescio militare, il Ministero della Pubblica Istruzione, che aveva fornito ai Soprintendenti i mezzi necessari per la salvaguardia del patrimonio artistico rimasto presso i luoghi minacciati dall'invasione, riconobbe la convenienza di 74 Doc. 46. Appendice Documentaria. «Solo oggi ho potuto terminare di leggere attentamente la tua relazione sul progetto di legge per la riforma degli studi delle arti la quale è brillantissima, come da te poteva attendersi, ed esauriente per la parte artistica e tecnico didattica. Qui si sta preparando una nuova redazione dello schema di disegno di legge in base alle osservazioni scritte dei componenti la commissione e una nota relativa alle conseguenze finanziarie ed organiche della riforma». 75 Doc.49. Appendice Documentaria. 76 Doc.49. Appendice Documentaria. 41 avere sul posto anche un proprio rappresentante diretto, al quale delegare tutti i suoi poteri nei continui rapporti con gli organi del Comando Supremo. Così facendo si procedette anche per uniformare nelle varie regioni i criteri del lavoro di sgombero e della condotta colle autorità locali, e per decidere sulle questioni di qualunque tipo che potessero sorgere nell'esecuzione di un compito così importante, evitando, ai Soprintendenti di doversi rivolgere direttamente al Ministero per la risoluzione dei casi più gravi. Chiamato da S. E. il Ministro a tale mansione col seguente decreto: «Il dott. comm. Arduino Colasanti, capo sezione in questo Ministero,/è incaricato di provvedere alla protezione, alla spedizione e a quanto altr'o si rende necessario per la tutela dei tesori d'arte esistenti nei paesi minacciati dalla guerra». 77 Incuranti della stanchezza e del pericolo, il lavoro, l’amore e la dedizione furono molti. Nei territori di Vicenza e Verona nel 1917, in una lettera (Doc.41) 78 Colasanti, rassicura Ojetti, che il Ricci aveva messo in sicurezza tutto quello che era in suo potere, mentre nel marzo del 1920 si discuteva (Doc. 44) 79 delle condizioni critiche della chiesa di S. Giovanni Carbonara di Napoli; sottolineando la negligenza della soprintendenza in quel territorio. In una lettera scritta dell’Ottobre 1922 (doc. 48) 80 nonostante le difficoltà economiche del paese si vuole tutelare «un patrimonio monumentale che non può essere abbandonato: è un patrimonio che tutte le nazioni del mondo guardano e ci invidiano, è uno 77 Provvedimenti presi a tutela degli oggetti di antichità e d’arte esposti al pericolo della guerra. Pag. 242. Doc. 41. Appendice documentaria. «Corrado Ricci mi assicurava che, oltre quelli da te conosciuti, non furono presi altri provvedimenti per Vicenza e Verona. Tutto quello che era trasportabile e che da noi si poteva rimediare, Ricci mi assicura che è stato tolto. Pare che qualche difficoltà si sia avuta con gli enti locale come per il ministero dell’interno». 79 Doc. 44. Appendice Documentaria. 80 Doc. 48. Appendice Documentaria. 78 42 dei titoli più nobili per i quali il nostro Paese »81 ; che non rappresenta solo una risorsa economica per la nazione, grazie allo sviluppo del turismo, ma è storia allo stato puro, che dovrebbe spronare la popolazione ad avvicinarsi alla cultura. Durante la guerra si temeva per l’incolumità di diverse chiese e dei siti archeologici, e la lista dei siti in pericolo era molto lunga; Colasanti spronò Luigi Facta82 a finanziare, nonostante le gravi condizioni economiche, la salvaguardia del patrimonio monumentale: «Questo immenso patrimonio monumentale ,vecchio di secoli ha purtroppo bisogno di cure assidue e amorose. Non si tratta certo di procedere a restauri di carattere artistico o a costosi ripristini che i miei criteri di studioso non ammettono e che, in quei casi eccezionalissimi nei quali possono essere consentiti, debbano essere differiti: ciò è stato oggetto in quest'ultimo biennio di replicate circolari da parte di questa Direzione Generale ,la quale su ogni progetto e preventivo che viene trasmesso per il debito esame da parte delle Soprintendenze Regionali, esercita un controllo rigorosissimo per impedire che sia approvato alcuno di esso che in qualche modo e senza grave danno possa essere differito. Si tratta invece semplicemente di ottenere che tutta una serie di monumenti mirabili e cospicui ma purtroppo fatiscenti e pericolanti per l'azione del tempo dell'atmosfera, del sottosuolo e spesso degli uomini non crollino sotto i nostri occhi , dinanzi al nostro tragico sgomento è alla nostra forzata impotenza per mancanza di mezzi adeguati» 83. I fondi gentilmente donati non srvirono certo a fare nuove scoperte, ma per tutelare quelle opere concretamente in pericolo. I provvedimenti per la tutela del nostro patrimonio furono vari : nel 1919 si procedette ad un censimento che, non finalizzato semplicemente a necessità di studio, doveva rappresentare una garanzia contro la scomparsa degli oggetti 81 Doc. 48. Appendice Documentaria. Cit. Direttore Generale. Luigi Facta. Politico italiano (Pinerolo 1861 - ivi 1930). Deputato giolittiano dal 1892, fu sottosegretario alla Giustizia, poi all'Interno (1903) e ministro delle Finanze (1913) con Giolitti, ministro della Giustizia con Orlando (1919) e nuovamente delle Finanze con Giolitti (1921). Caduto il 16 febbr. 1922 il Gabinetto Bonomi, il 26 febbraio F. costituì un suo Gabinetto; battuto alla Camera il19 luglio da una maggioranza antifascista, il 1º agosto ricostituì il ministero che si trovò ad affrontare la marcia su Roma, deliberando solo alla vigilia della marcia lo stato d'assedio, che non ebbe peraltro l'avallo del re. Ritiratosi dalla vita politica attiva, F. fu nominato senatore (1924). (Enciclopedia Treccani) 83 Doc. 48. Appendice Documentaria. Cit. Direttore Generale. 82 43 d’arte; successivamente venne promulgata, nel ’22, una legge sulla tutela dei beni naturali, per la difesa del paesaggio. Dopo la guerra molto era da ricostruire e le sovvenzioni erano poche, pertanto le imprese archeologiche erano bloccate; nel ‘28 ci fu una leggera crescita economica ed imprese come quelle di Pompei, Ostia e Cere continuarono a lavorare e, ad esse, se ne aggiunsero altre. Nel campo della conservazione monumentale, durante i restauri furono rilevate tutte le bellezze nascoste degli edifici. Il tema diverrà attuale soltanto durante il periodo fascista, quando le istanze nazionalistiche ed ordinatrici del partito porteranno alla ben nota Legge Bottai del 1939. 3.5. Ugo Ojetti e l’Opera di Soccorso di Mons. Celso Costantini Nel 1905, al Congresso artistico di Venezia, Ojetti conobbe don Celso Costantini84, destinato, negli anni a venire, a ricoprire un ruolo di primo piano nel campo dell’arte sacra, il quale presentò in quell’occasione una relazione sui rapporti fra arte archeologia. In virtù dell’amicizia nata allora con il prelato, nel 1913 Ojetti intervenne con un trafiletto sul “Corriere della Sera”,85 dedicato alla costituzione di una Società degli Amici dell’Arte Cristiana, a Milano, e alla fondazione di una nuova rivista, intitolata “Arte Cristiana”. L’articolo ebbe largo consenso, servendo a sensibilizzare gli interessi del pubblico,e più in generale degli artisti, nei confronti dei soggetti sacri e dei temi religiosi, sebbene la Chiesa in quegli anni si dimostrasse indifferente in tal senso, promotrice di una produzione artistica di scarsissimo livello. In tal modo, Ojetti esortava le autorità ecclesiastiche ad impegnarsi di nuovo in una committenza ad alto livello. 84 Celso Costantini . Ecclesiastico italiano (Castions di Zoppola, Udine, 1876 - Roma1958). Ordinato sacerdote nel 1899, amministratore apostolico di Fiume (1920, in un momento delicatissimo), vescovo titolare di Gerapoli (1921) e, come arcivescovo titolare di Teodosiopoli di Arcadia, delegato apostolico in Cina (1922), quindi segretario della S. Congregazione di Propaganda Fide (1935) e cardinale (1953). Autore di varie pubblicazioni d'arte sacra, missionologia, edificazione, fondò la Rivista d'arte cristiana, e si occupò dei restauri della basilica di Aquileia. (Enciclopedia Treccani) 85 Ojetti 1913. 44 Sarà ancora una volta l’esperienza della guerra a riportare il tema in primo piano. Proprio don Costantini, infatti, subito dopo la fine del conflitto, fondò l’Opera di Soccorso per le chiese rovinate dalla guerra, una società nata con l’intento di affrontare la ricostruzione e il restauro delle chiese devastate e il loro arredo liturgico, promossa sulle pagine di “Arte Cristiana”. Della società entrò a far parte anche Ojetti, che da parte sua ne promuoveva gli intenti su “Corriere della Sera”. L’organismo era presieduto dal Card. Pietro La Fontaine86, patriarca di Venezia, ed accoglieva oltre agli Arcivescovi e Vescovi della regione Veneta, molte personalità laiche, tra cui artisti, critici d’arte e uomini eminenti di tutta Italia (Doc. 52) 87. Si trattava, pertanto, di un consorzio dalla fisionomia federale, fortemente connotata in senso clericale e regionale dalla presenza dei Vescovi di Verona, Udine, Treviso, Padova, Vicenza, Adria, Vittorio Veneto, Belluno e Feltre. Nel febbraio del 1919, pubblicando i risultati dell’indagine promossa dall’Opera sui danni subiti dal Nord-Est italiano, Ojetti chiese esplicitamente al governo di indicare quanto denaro intendesse mettere a disposizione per i restauri delle chiese, aggiungendo che sarebbe stato un bene affidarne la ricostruzione direttamente all’Opera di Soccorso.88 I quattro punti cardine del suo progetto: 86 Card. Pietro La Fontaine. Nacque a Viterbo il 29 novembre 1860. Fu ordinato sacerdote nel 1883 dall'arcivescovo ad persona di Viterbo e Tuscania Giovanni Battista Paolucci; in seguito rimase per oltre vent'anni nel capoluogo della Tuscia, ove arrivò a guidare il locale seminario diocesano, fino a quando fu nominato vescovo di Cassano all'Ionio nel 1906. Diventò segretario della Congregazione dei Riti e arciprete della basilica lateranense nel 1910 per opera di papa Pio X. Fu nominato patriarca di Venezia il 5 marzo 1915 da papa Benedetto XV, che lo elevò poi alla porpora cardinalizia, creandolo cardinale presbitero nel concistoro del 4 dicembre 1916 con titolo dei Santi Nereo ed Achilleo; nel 1921 optò per il titolo dei Santi XII Apostoli. Partecipò al conclave del 1922, durante il quale venne eletto papa Pio XI. Quest'ultimo gli affidò negli anni successivi numerosi importanti incarichi come legato pontificio. Morì nel seminario minore di Fietta di Paderno del Grappa. (Enciclopedia Treccani) 87 Doc. 52. Appendice Documentaria. 88 Id., 1919b, p. 2. 45 1) Dare delle direttive artistiche per la ricostruzione dei monumenti: Le chiese distrutte tra il Carso del Piave e il Trentino furono oltre mille, l’intento non era semplicemente ripristinare, ma rispettare ciò che c’era originariamente (dov’era possibile) oppure ricostruire ex novo. In merito si instituì un bando di concorso per architetti ed artisti italiani per ottenere una ricostruzione accurata. La partecipazione di numerosi artisti italiani a questa iniziativa fu davvero strabiliante, forse proprio perché volevano indietro ciò che era stato distrutto. 2) Provvedere al recupero di tutte le campane asportate in territori austriaci e germanici: Durante i bombardamenti, i campanili erano quelli presi particolarmente di mira e per donare nuovamente alle chiese rimaste senza, l’opera di soccorso impegnò il R. Governo ad usare il bronzo dei cannoni sottratti al nemico per creare le campane. Questo procedimento venne utilizzato in molte città, infatti Ojetti, felice dell’operato cercò di affidare sempre più opere di ricostruzione alla direzione di Mons. Costantini. 3) Provvedere agli arredi nelle baracche per il culto erette provvisoriamente: Grazie alla beneficenza di molte persone, si raccolsero degli arredi, ugualmente distribuiti in tutta Italia, per celebrare il culto nelle baracche o nelle chiese più piccole fuori paese non distrutte dalla guerra. I fedeli che seguivano i sacerdoti erano tanti, poiché in quel periodo aver fede era tra ciò che dava speranza per rialzarsi dalla catastrofe della guerra. 4) Raccogliere fondi da privati per la ricostruzione delle “chiese artisticamente distrutte”89. L'opera ha raccolto fondi, specialmente con un lavoro di persuasione presso i vari Dicasteri governativi e grazie a diverse donazione anche da parte di enti privati. Grazie a questo, fu possibile arredare le chiese e dare una parte del 89 Cit. Mons. Celso Costantini. Doc. 52 46 denaro ai parroci che ne avevano bisogno per la loro chiesa e per aiutare le persone che si rivolgevano a loro. Quest’opera di Soccorso non aveva solo il merito per la ricostruzione di chiese ma anche a livello umanitario fece molto. Sulla scia di questi eventi, nello stesso anno uscì tutta una serie di articoli mirati a sollecitare le competenze governative in materia di restauro, ristrutturazione e regolamentazione dei musei o, più ampiamente, di divulgazione dell’arte. Il fatto che Ojetti, un tempo socialista convinto, avesse spalleggiato un’organizzazione di tal genere, inquadra perfettamente la personalità poliedrica del personaggio, sempre controcorrente e pronto a schierarsi in prima persona per il bene sociale e culturale -non politico- del Paese. Solo in questi termine può essere intesa la proposta, certamente provocatoria, di rendere l’Assunta di Tiziano non alle Gallerie dell’Accademia, donde era stata tolta durante gli anni della guerra, bensì ai Frari, sua sede storica. Anche qui l’interesse locale, la fruizione contestualizzata delle opere, la valenza storica viene prima di tutto. Che le innumerevoli iniziative da lui promosse e le attività di ricostruzione e restauro svolte dall’Opera di Soccorso di don Costantini siano quasi tutte andate a buon fine, ce le testimoniano due lettere inviate da quest’ultimo ad Ojetti stesso (Doc.53) 90,quasi a suggellare un patto, o sarebbe meglio dire una 90Doc. 53. Appendice Documentaria. «…Nel numero 262 in data 3 novembre del Corriere ho letto una corrispondenza firma G.L. nella quale si esalta l’azione svolta dall’opera di soccorso per le chiese rovinate dalla guerra nel campo delle ricostruzioni. Chi abbia conoscenza di quanto è stato fatto nel Veneto dagli organi dell’Amministrazione Statale per le riparazioni dei danni di guerra, non può rilevare nel detto articolo una grave omissione la quale rappresenta un ingiusto disconoscimento di quell’azione. Si deve sapere che le chiese ricostruite interamente o restaurate in modo più o meno radicale dal Commissariato per le riparazioni dei danni di guerra sono circa 600 e che numerosissimi sono del pari dei campanili. La spesa complessiva sostenuta per opere culturali è di circa L. 55 milioni. I medesimi Uffici statali hanno inoltre provveduto essi stessi agli appalti per la fusione e per il collocamento in opera di numero 6730 campane del peso complessivo di quintali 31.400 e con una spesa di quasi 30 milioni, per le quali campane le opere di soccorso compilò l’elenco nominativo. Poiché il Corriere è diffusissimo non solo in Italia ma anche all’estero io penso che un omissione così evidente potrebbe destare una pessima e dannosa impressione nel pubblico il 47 scommessa di utilità nazionale. L’operato fu talmente tanto notevole che nel gennaio del 1927 si decise di sciogliere l’associazione (Doc.54) 91. quale vedrebbe disconosciuto quanto dagli organi statali è stato fatto. Lascio pertanto a te il giudicare se non convenga pubblicare sul giornale una nota aggiuntiva che valga a correggere almeno in parte se non a distruggere quella impressione he l’autore dell’articolo avrebbe forse potuto e dovuto evitare…». 91Doc. 54. Appendice Documentaria «… nel passato anno 1926 l’ ”Opera di Soccorso per le Chiese rovinate dalla Guerra” ha raggiunto tutti gli scopi che si era proposta di raggiungere quando nel 1918 fu costruita ed ora si crede opportuno scioglierla. A tal scopo lunedì 10 corrente, alle ore 14, sarà tenuta in Palazzo Patriarcale di Venezia, una seduta generale di tutti i Consiglieri e delle Autorità locali. In tale occasione sarà fatta la relazione morale di tutto il lavoro compiuto, e la relazione finanziaria; e saranno date ai componenti l’ ”Opera”, la Nob. Contessa Giulia Persico e le autorità locali…». 48 CONCLUSIONE Ugo Ojetti è un personaggio che ha dato molto all’Italia e come svelano le sue numerose corrispondenze, rappresentò un punto di riferimento per tanti illustri personaggi dell'epoca. Lo scarso riguardo con cui venne trattata questa personalità negli anni immediatamente successivi alla sua morte, non rende sicuramente giustizia al suo reale valore; nel suo ruolo di critico d'arte, organizzò una grande mostra a Palazzo Vecchio, dove i visitatori poterono conoscere ed ammirare i protagonisti della storia nazionale ed entrare a contatto con artisti ed opere poco note, sentendo così crescere il proprio sentimento di appartenenza a un patrimonio comune di arte e storia. I documenti consultati, possono così esserci di ausilio nel ricostruire le vicende legate alla sua persona: apprendiamo così delle importanti opere donate alla Galleria di Firenze: “i 329 ritratti di principi e principesse di Case regnanti tratti dall’Almanacco di Gotha”(Doc. 2-3) 92, le Tre Chiocce di Armando Spadini93 , donate dalla vedova Spadini al comm. (Doc.4-9) 94, che successivamente scriverà un comunicato stampa per rendere partecipe la popolazione della bontà della sig.ra Spadini nonostante i lutto per la precoce morte dell’artista, inoltre sempre nel comunicato stampa si annuncia che la donna ha donato anche un autoritratto sempre opera dell’artista. Altri documenti (Doc 12-19) 95 ci parlano altresì della trattazione dell’acquisto della Coperta di Usella, sulla quale Doc.2-3 . Appendice Documentaria. Armando Spadini. Pittore (Poggio a Caiano1883 - Roma 1925). A Firenze, dopo una prima formazione come artigiano, frequentò la scuola libera del nudo all'Accademia. In contatto con A. De Carolis, dal 1903 al 1906 collaborò, con xilografie e acqueforti di vaga ispirazione liberty, alle riviste Leonardo e Hermes; nel 1910 si stabilì a Roma. Temperamento schivo, espose raramente, ma nel 1924 la Biennale di Venezia gli dedicò un'ampia retrospettiva. La sua opera, assai vasta, è conservata nelle gallerie d'arte moderna di Roma, Milano, Firenze e Torino. (Enciclopedia Treccani) 94Doc. 4-5-6-7-8. Appendice Documentaria. 95Doc. 12-13-14-15-16-17-18-19. Appendice Documentaria. 92 93 49 sappiamo ricamata la narrazione di una parte del poema epico-cavalleresco della letteratura cortese su "Tristano e Isotta" accompagnato da scritte in dialetto siciliano, e delle vicende legate alla sua compravendita (Doc 39) 96. Il pensiero di Ojetti si delinea come un rapporto di premessa/superamento della scuola di Ruskin97 , da lui ammirato e vissuto alla stregua di un maestro. Nella convinzione che un’opera d’arte dovesse esprimere un pensiero e che questo pensiero si dovesse esprimere mantenendo sempre l’equilibrio fra idea e natura, Ruskin era arrivato a formulare il suo “ideale naturalista”. In aperta dissidenza, arte e natura rivestono invece per Ojetti un significato radicalmente diverso: se per Ruskin l’artista non è che un chiaro “specchio” della natura, uno “scriba” di ciò che essa gli detta, per Ojetti, l’artista è colui che, posto di fronte alla natura, ne restituisce una visione decantata alla luce del proprio mondo interiore. Per Ruskin la visione dell’artista non può obbedire a regole, è in certo modo inconsapevole, che non dipende dall’intelligenza ma dalla purezza di cuore, per Ojetti invece si sviluppa alla luce della consapevolezza, della razionalità e dell’intelligenza. Inoltre, secondo Ruskin il rispetto per la natura significa Doc. 39. Appendice Documentaria. John Ruskin. Critico d'arte e riformatore sociale (Londra 1819 - Brantwood, Lake 96 97 District, 1900). La sua formazione è riferita nelle belle pagine autobiografiche di Praeterita. Terminati gli studî a Oxford (1842), in un accurato studio su Turner, apparso in Modern painters, svolse una calda difesa dell'arte del pittore che per R. incarnò l'artista ideale. In Italia nel 1845 continuò a lavorare ai suoi Modern painters studiando i Bellini e la scuola veneziana, il Beato Angelico e la pittura toscana del primo Rinascimento, e interessandosi ancora di scultura e architettura. In The seven lamps of architecture(1849), sostenne che la disposizione d'animo virtuosa dell'artista è condizione dell'arte bella e che l'imitazione della natura è l'unica via per creare bellezza. Rifacendosi a Pugin sviluppò il concetto della connessione tra opera d'arte e stato della società, presentando il Medioevo come ideale e modello della riforma della società contemporanea. Lo studio dei pregi dell'architettura gotica lo aveva condotto a meditare sulla morale degli uomini che l'avevano creata: da critico estetico egli si mutò così in critico della società. Dedicò gli ultimi quarant'anni della sua vita a esporre le proprie teorie su problemi sociali e industriali; in esse l'arte figura come un mezzo per innalzare il tono della vita spirituale. (Enciclopedia Treccani) 50 rispetto, o meglio adorazione , della sua essenza divina e l’ordine non dipende dall’artista, ma gli viene dettato dalla natura stessa, che l’artista deve seguire con la massima dedizione; per Ojetti l’ordine nasce invece dall’artista e dall’ideale che ha in se. Dello stesso dualismo troviamo traccia anche nell'idea di restauro. Mentre Ruskin la teoria del rovinismo ovvero del non restauro dell’opera poiché «Il cosiddetto restauro è il tipo peggiore di distruzione…esso significa la più completa distruzione che esso possa subire ; sia perché annulla un’antica opera, sia perché ne presenta la più volgare e spregevole copia. In sostanza è una menzogna». 98 Ojetti sposava la linea di pensiero di Boito (prima amico del padre) e del restauro scientifico. Si doveva differenziare lo stile nuovo e vecchio, i materiali di fabbrica e testimoniare ogni passaggio di restauro con delle fotografie. Concludendo, appare chiaro come il lavoro di Ojetti non sia trascurabile: nonostante la carenza di mezzi dovuta alle contingenze del suo tempo, riuscì a dare tanto sia per la salvaguardia di chiese, monumenti ed opere d'arte, che nella sua missione di sensibilizzazione all'arte del sentimento comune. Alla luce di quanto emerso da questa ricerca, riteniamo che un'ulteriore e più approfondito lavoro di rivalutazione del personaggio Ugo Ojetti debba essere un' atto dovuto alla memoria di chi in vita diede tanto. 98 Cit. Licia Vlad Borrelli. Conservazione e restauro delle antichità, pag 170. 51 APPENDICE DOCUMENTARIA NOTA: Le sigle ACS, MPI, AA. BB. AA., si riferiscono ai fondi conservati presso l’Archivio Centrale dello Stato. Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti. La sigla S. GNAM si riferisce al fondo conservato presso l’Archivio della Soprintendenza alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea. Doc. 1 - Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione Nunzio Nasi ad Ugo Ojetti. Roma, 16 luglio 1903 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. MONUMENTI, 1898-1907, B. 499 BIS, F. 860 AGG. ESTERO). Doc. 2 - Lettera della Direzione delle RR. Gallerie di Firenze al R° Ministero della Pubblica Istruzione (Antichità e Belle Arti) Roma. Firenze, 30 ottobre 1911 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. I, 1908-1912. B. 40). Doc. 3 - Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione al Direttore delle R.R. Gallerie di Firenze. Roma, 11 novembre 1911 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. I, 1908-1912. B. 40). Doc. 4 – Lettera della Direzione delle RR. Gallerie del Museo di San Marco e dei Cenacoli, Firenze, al Ministro della Pubblica Istruzione. Firenze, 5 giugno 1925 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726). 52 Doc. 5– Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione Villari, indirizzata a Ugo Ojetti (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726). Doc. 6 – Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione Villari, indirizzata alla Signora Pasqualina Spadini (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 19251928, B. 84, F. 1726). Doc. 7 – Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione Villari, indirizzata a Ugo Ojetti (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726). Doc. 8 – Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione, indirizzata alla Signora Pasqualina Spadini (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 19251928, B. 84, F. 1726). Doc. 9– Lettera scritta a mano (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726). Doc. 10 – Lettera del comunicato alla stampa sulla donazione alle RR. Gallerie di Firenze dei quadri di Spadini (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726). Doc. 11 – Lettera del Ministero della Pubblica Istruzione al Direttore delle RR. Gallerie di Firenze. Roma, 24 giugno 1926 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726). 53 Doc. 12 – Lettera del Conte Paolo Guicciardini alla Soprintendenza Galleria Musei Medioevali e Moderni e Oggetti d’Arte di Firenze sull’acquisto della coperta di Usella. 12 febbraio 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 19251928, B. 38, F. 851). Doc. 13 – Lettera di Colasanti alla Soprintendenza all’Arte Medioevale e Moderna di Firenze sull’acquisto della coperta di Usella. 5 marzo 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851). Doc. 14 – Lettera del Soprintendente all’Arte Medioevale e Moderna di Firenze al Ministro della Pubblica Istruzione sull’acquisto della coperta di Usella. 20 Giugno 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851). Doc. 15 – Lettera del Soprintendente all’Arte Medioevale e Moderna di Firenze al Ministro della Pubblica Istruzione sull’acquisto della coperta di Usella. 16 luglio 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851). Doc. 16 – Lettera dell’Ufficio Contabilità del Ministero della Pubblica Istruzione sull’acquisto della coperta di Usella. 27 agosto 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851). Doc. 17 – Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione al Soprintendente all’Arte Medioevale e Moderna di Firenze sull’acquisto della coperta di Usella. 1 settembre 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851). 54 Doc. 18 – Lettera del Conte Paolo Guicciardini al Comm. Colasanti, sull’acquisto della coperta di Usella. 1 settembre 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851). Doc. 19 – Lettera del Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti Colasanti al Comm. Guicciardini, sull’acquisto della coperta di Usella. 7 ottobre 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851). Doc. 20 – Lettera di Camillo Boito al Comm. Ojetti su eventuali riforme per le Scuole superiori d’Architetti . 29 maggio 1907. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito). Doc. 21 – Lettera dal prof. Camillo Boito della R. Accademia di Belle Arti di Brera al Comm. Ojetti per fissare un incontro e discutere di un articolo sull’intera arte italiana. 15 Febbraio (senza anno) . (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito). Doc. 22 – Lettera dal prof. Camillo Boito della R. Accademia di Belle Arti di Brera al Comm. Ojetti sulla scelta del marmo da parte del Sacconi per l’Altare della Patria . 9 marzo (senza anno) . (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito). Doc. 23 – Lettera dal prof. Camillo Boito della R. Accademia di Belle Arti di Brera al Comm. Ojetti sull’Altare della Patria . 15 dicembre (senza anno) . (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito). 55 Doc. 24 – Lettera dal prof. Camillo Boito della R. Accademia di Belle Arti di Brera al Comm. Ojetti sul caso della Scuola d’Arte applicata all’ industria. (senza data) (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito). Doc. 25 – Lettera del prof. Lucio Madoni del R. istituto tecnico Nicolò Tartaglia in Brescia al Comm. Ojetti sul il Battistero di Firenze. 3 aprile 1914. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito). Doc. 26 – Lettera del presidente G. Beltrami dell’Accademia di Belle Arti Milano al Comm. Ojetti per invitarlo alla cerimonia di commemorazione di Camillo Boito . 4 gennaio 1915. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito) Doc. 27 - Telegramma di C. Ricci al Comm. Ojetti dove richiede una relazione circa i provvedimenti presi per garantire il patrimonio artistico contro pericoli guerra ed indicando spesa sostenuta. 18 febbraio 1912. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci). Doc. 28 - Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti sul caso del San Giovanni Battista di Donatello. 6 marzo 1912. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci). Doc. 29- Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti per la messa al sicuro della statua di Cangrande. 1 giugno 1915. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci). 56 Doc. 30 - Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti dove si propone un decreto per gli scavi archeologici. 17 agosto 1915. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci). Doc. 31- Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti riguardante delle fotografie di monumenti colpiti dalle bombe nemiche uno di Sant'Apollinare Nuovo in Ravenna e due di San Ciriaco d'Ancona. 8 novembre 1916. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci). Doc. 32- Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti riguardante delle fotografie di monumenti colpiti della guerra e la tutela dei beni culturali.14 novembre 1916. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci). Doc. 33 - Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti riguardante il caso del Gattamelata. 2 dicembre 1916. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci). Doc. 34 - Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti. dove trattano di diversi “casi” d’arte e tutela.27 febbraio 1917. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci). Doc. 35- Lettera del Comm. Ojetti a C. Ricci dove si discute dell’operato e della mancanza di un inventario del nostro patrimonio artistico.16 aprile 1918. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci). 57 Doc. 36 – Lettera di ringraziamento di A. Colasanti dalla direzione del bollettino d’arte del ministero della pubblica istruzione al Comm. Ojetti. 8 gennaio 1910. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Doc. 37 – Lettera di A. Colasanti dalla direzione del bollettino d’arte del ministero della pubblica istruzione al Comm. Ojetti sul ritratto di Murat. 9 febbraio 1911. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Doc. 38 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti al Comm. Ojetti su gli acquisti alla Galleria Pisani. 18 maggio 1912. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Doc. 39 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti al Comm. Ojetti per l’acquisto del Marco Polo di Tranquillo Da Cremona . 20 giugno 1912. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Doc. 40 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti al Comm. Ojetti circa una pubblicazione sui i monumenti e le opere d’arte. 7 dicembre 1916. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Doc. 41 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti al Comm. Ojetti sui provvedimenti per Vicenza e Verona. 28 marzo 1917. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Doc. 42 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti al Comm. Ojetti sui Cavalli di San Marco di Venezia . 13 maggio 1919. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). 58 Doc. 43– Lettera del Comm. Ojetti ad A. Colasanti per chiedere consiglio su diversi argomenti . 16 novembre 1919 . (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Doc. 44– Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti al Comm. Ojetti sulle condizioni della chiesa di S. Giovanni Carbonara. 4 marzo 1920. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Doc. 45– Lettera di A. Colasanti dal ministero dell’istruzione al Comm. Ojetti sulle condizioni delle scuole artistiche e delle scuole d’arte industriale in Trentino.19 giugno 1920. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Doc. 46– Lettera di A. Colasanti dal ministero dell’istruzione al Comm. Ojetti per la riforma degli studi delle arti.19 giugno 1920. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Doc. 47 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti al Comm. Ojetti sul trasporto delle opere d’arte . 22 marzo 1922. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Doc. 48 – Lettera di A. Colasanti direttore generale per l’antichita’ e delle belle arti a Luigi Facta sul patrimonio monumentale da tutelare . 24 ottobre 1922. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). 59 Doc. 49 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti al Comm. Ojetti sulla tutela dei monumenti e degli oggetti d’arte . 14 gennaio 1924. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Doc. 50– Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti al Comm. Ojetti sulla legge per la tutela . ottobre 1928. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Doc. 51– Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti al Comm. Ojetti sul ritrovamento di un raro reliquiario d’argento nell’altare maggiore della chiesa di Santi Cosma e Damiano in Roma. 16 agosto 1932. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Doc. 52 – Bollettino “L’Opera di Soccorso per le Chiese Rovinate Dalla Guerra”. 3 maggio 1926.(S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. II, C. letterati e politici, 843. Costantini ). Doc. 53- Lettera di C. Costantini del R. Ministro Del Lavoro Pubblico al Comm. Ojetti per un trafiletto riguardante le opere di soccorso post guerra sul Corriere Della Sera. 16 novembre 1926.(S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. II, C. letterati e politici, 843. Costantini ). Doc. 54- Lettera di C. Costantini del R. Ministro Del Lavoro Pubblico al Comm. Ojetti per invitarlo ad una seduta generale di tutti i Consiglieri e delle Autorità locali. 2 gennaio 1927.(S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. II, C. letterati e politici, 843. Costantini ). 60 Doc. 1 - Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione Nunzio Nasi ad Ugo Ojetti. Roma, 16 luglio 1903 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. MONUMENTI, 1898-1907, B. 499 BIS, F. 860 AGG. ESTERO). Roma, 16 luglio 1903 All’Illustrissimo Sig. Ugo Ojetti, Place Palais Bourbon, 6 Parigi OGGETTO: Missione artistica nel Turkestan russo Fatto da Gatti il 14 luglio 1903 Ella mi ha fatto manifestare il proposito che ha di recarsi prossimamente nel Turkestan russo, e il desiderio di avere un appoggio ufficiale per poter compiere con maggiore profitto il viaggio. Per farle cosa gradita e nell’ interesse dell’arte di cui è un gran conoscitore, accolgo di buon grado il Suo desiderio, anzi La prego di esaminare e studiare, con il Suo fine gusto artistico, i monumenti e le opere d’arte di quella regione. Tanto più volentieri le affido l'incarico, in quanto offre in questa circostanza la Sua opera a questo Ministero, senza arrecare aggravio all’erario dello Stato, e senza attendere altro compenso che un sincero plauso al suo nobile disinteresse e la riconoscenza di quanti amano l’arte. Dal risultato poi del Suo viaggio e delle Sue osservazioni artistiche desidero avere da Lei una relazione, la quale, e se lo gradirà, potrà essere pubblicata nel Bollettino Ufficiale di questo Ministero. Il Ministro Nunzio Nas 61 Doc. 2 - Lettera della Direzione delle RR. Gallerie di Firenze al R° Ministero della Pubblica Istruzione (Antichità e Belle Arti) Roma. Firenze, 30 ottobre 1911 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. I, 1908-1912, B. 40). Firenze, 30 ottobre 1911 Direzione delle RR. Gallerie di Firenze OGGETTO: Dono di ritratti in incisione Al R° Ministero della Pubblica Istruzione (Antichità e Belle Arti) Roma Il comm. Ugo Ojetti ha donato per la raccolta iconografica di questa Galleria 329 ritratti di principi e principesse di Case regnanti tratti dall’Almanacco di Gotha.Prego questo Ministero d’autorizzarmi ad accettare il pregevole dono Il Direttore Marinelli 62 Doc. 3 - Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione al Direttore delle R.R. Gallerie di Firenze. Roma, 11 novembre 1911 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. I, 1908-1912, B. 40). Roma, addì 11 novembre 1911 Al Direttore delle RR. Gallerie di Firenze OGGETTO: dono di ritratti in incisione Autorizzo molto volentieri ad accettare in dono per la raccolta iconografica di questa Galleria, i 329 ritratti di principi e principesse di Case regnanti tratti dall’Almanacco di Gotha, offerti dal Comm. Ugo Ojetti e la prego di ringraziare anche a nome di questo Ministero, il cortese donatore. Il Ministro I. Vicin 63 Doc. 4 – Lettera della Direzione delle RR. Gallerie del Museo di San Marco e dei Cenacoli, Firenze, al Ministro della Pubblica Istruzione. Roma, 5 giugno 1925 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726). Roma, addì 11 novembre 1911 Direzione delle RR. Gallerie del Museo di San Marco e dei Cenacoli. Firenze OGGETTO: Opere di Armando Spadini Alle Gallerie di Firenze A S. E. Il Ministro della Pubblica Istruzione. Roma Mi onoro Comunicare all’E. V. che il Dott. Gr. Uff. Ugo Ojetti ha donato allo Stato, per la R. Galleria Moderna di Firenze, un magnifico dipinto del pittore Armando Spadini, intitolato Le tre chioccie: opera che opportunamente si aggiunge alle due recentissimamente acquistate, a ben rappresentare il compianto Maestro. Mi onoro di comunicare altresì che ieri la vedova del pittore, signora Pasqualina Spadini, ha personalmente offerto in dono un interessantissimo abbozzo di autoritratto: l’ultima opera dell’artista, interrotta per la immatura morte. Con ossequio, dell’E. V. Devotissimo PER IL DIRETTORE 64 Doc. 5 – Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione Villari, indirizzata a Ugo Ojetti (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726). Al Dott. Gr. Uff. Ugo Ojetti Roma, addì…192… A firma di S. E. il Ministro Fatta il 16/6 1925 Nostro Signore, Mi è giunta particolarmente gradita dal direttore delle RR Gallerie di Firenze la notizia del dono che Ella ha voluto fare allo Stato di un pregevolissimo dipinto del compianto pittore Armando Spadini, intitolato “Le tre chioccie”. Per il magnifico atto da lei compiuto un’altra opera dell’insigne artista entra a far parte delle pubbliche raccolte fiorentine, a ben rappresentarvi l’arte Sua squisita, e sono pertanto ben lieto poterle esprimere i vivi sensi del mio compiacimento. 65 Doc. 6 – Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione, indirizzata alla Signora Pasqualina Spadini (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 19251928, B. 84, F. 1726). Alla Signora Pasqualina Spadini Roma, addì…192… A firma di S. E. il Ministro Fatta il 16/6 1925 Gentile Signora, è con la maggiore soddisfazione che ho appreso dal direttore delle RR Gallerie di Firenze la notizia del dono che Ella ha voluto fare allo Stato, per quelle RR. Gallerie di un interessantissimo abbozzo di autoritratto del Suo compianto consorte, troppo immaturamente rapito alla gloria dell’Arte italiana. Per l’atto generoso da Lei compiuto La prego gradire, gentile Signora, i sensi del mio vivo compiacimento e della mia particolare considerazione. 66 Doc. 7 – Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione Villari, indirizzata a Ugo Ojetti (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726). Il Ministro per la Pubblica Istruzione Dottor Ugo Ojetti = Salviatino = Firenze Illustre Signore Mi è giunta particolarmente gradita dal direttore delle RR Gallerie di Firenze la notizia del dono che Ella ha voluto fare allo Stato di un pregevolissimo dipinto del compianto pittore Armando Spadini, intitolato “Le tre chioccie”. Per il magnifico atto da lei compiuto un’altra opera dell’insigne artista entra a far parte delle pubbliche raccolte fiorentine, a ben rappresentarvi l’arte Sua squisita, e sono pertanto ben lieto poterle esprimere i vivi sensi del mio compiacimento. Visto Il Direttore Generale Villari 67 Doc. 8 – Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione, indirizzata alla Signora Pasqualina Spadini (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 19251928, B. 84, F. 1726). Il Ministro per la Pubblica Istruzione Alla Signora Pasqualini Spadini Roma Gentile Signora, è con la maggiore soddisfazione che ho appreso dal direttore delle RR Gallerie di Firenze la notizia del dono che Ella ha voluto fare allo Stato, per quelle RR. Gallerie di un interessantissimo abbozzo di autoritratto del Suo compianto consorte, troppo immaturamente rapito alla gloria dell’Arte italiana. Per l’atto generoso da Lei compiuto La prego gradire, gentile Signora, i sensi del mio vivo compiacimento e della mia particolare considerazione. Visto Il Direttore Generale Villari 68 Doc. 9 – Lettera scritta a mano (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726). - Villari – Ojetti ha regalato un quadro di Spadini alla galleria di arte moderna di Firenze. – Comunicato alla stampa- Per il dono dell’autoritratto di Spadini donato agli Uffizi dalla vedova. 69 Doc. 10 – Lettera del comunicato alla stampa sulla donazione alle RR. Gallerie di Firenze dei quadri di Spadini (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726). Comunicato alla stampa Quadri di A. Spadini donati alle RR. Gallerie di Firenze. Mentre è ancor vivo il dolore per l’immatura morte di Armando Spadini e sempre più si apprezza per tutti quanto grande sia stata tale perdita per l’arte nostra, segnaliamo con vivo piacere che altre due pregevolissime opere dell’illustre maestro son ora entrate a far parte delle Gallerie dello Stato, per liberale disposizione della Signora Pasqualina Spadini, vedova del pittore, e del Gr. Uff. Dott. Ugo Ojetti. Questi ha donato allo Stato per la Galleria d’arte moderna di Firenze, un mirabile dipinto dello Spadini intitolato “Le tre chioccie” opera che opportunamente si aggiunge alle due di recente acquistate, a ben rappresentare il compianto artista. La vedova Spadini poi ha generosamente offerto in dono un interessantissimo abbozzo di autoritratto: l’ultima opera dell’artista, rimasta interrotta. 70 Doc. 11 – Lettera del Ministero della Pubblica Istruzione al Direttore delle RR. Gallerie di Firenze. Roma, 24 giugno 1926 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726). Roma, addì 24 giugno 1926 Al Direttore delle RR. Gallerie. Firenze OGGETTO: opera di Armando Spadini Donata alla Galleria di Firenze Fatta il 16/6 1925 Con vivo compiacimento questo ministero prende atto di quanto la S. V. comunica circa i doni fatti allo Stato, per codeste RR. Gallerie, di due dipinti del compianto pittore Armando Spadini. Nell’informare la S. V. che il Ministero ha ringraziato i generosi donatori, La prego voler inviare per il Bollettino d’Arte, fotografie e notizie delle due opere donate. 71 Doc. 12 – Lettera del Conte Paolo Guicciardini alla Soprintendenza Galleria Musei Medioevali e Moderni e Oggetti d’Arte di Firenze sull’acquisto della coperta di Usella. 12 febbraio 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 19251928, B. 38, F. 851). Conte Paolo Guicciardini Cusona (Prov. di Siena) Poggibonsi On. Sovraintendenza Galleria Musei Medioevali e Moderni e Oggetti d’Arte di Firenze Il sottoscritto Conte Paolo fu Francesco Guicciardini domiciliato in Firenze Via Guicciardini 17 denuncia a codesta on. Sovraintendenza di aver venduto salvo le condizioni di legge e il diritto di prelazione del R° Governo, la coperta siciliana del secolo XIV conosciuta sotto il nome di “Coperta di Usella” di proprietà del sottoscritto e sottoposta a vincolo di importante interesse, notificato al sottoscritto il 29 gennaio 1924, per il prezzo di lire Centomila. Di detta coperta è acquirente Mr. Fox direttore del museo di Brooklin Stati Uniti d’America. La consegna dovrà avvenire in Firenze, ad un mandatario del compratore per il momento designato nella persona dello spedizioniere Egidi. Dodici Febbraio Millenovecentoventisette. Paolo Guicciardini 72 Doc. 13 – Lettera di Colasanti alla Soprintendenza all’Arte Medioevale e Moderna di Firenze sull’acquisto della coperta di Usella. 5 marzo 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851). Roma, addì 5 marzo 1927 Alla R. Soprintendenza all’Arte Medioevale e Moderna di Firenze Oggetto: coperta di Usella Comunico alla V. S. che il Ministro, prima di decidere sulla proposta di codesta Soprintendenza per l’acquisto della coperta siciliana del secolo XIV, detta “Coperta di Usella” ha stabilito di riunire di proposito in forma di una speciale Commissione composta da: Elisa Ricci, Prof. Pio Raina, Prof. Pietro Toesca, Dott. Attilio Rossi, e di cui invito a far parte anche la S. V. Tale commissione è convocata per il giorno…presso la Direzione delle Antichità e Belle Arti. Per firmato Colasanti 73 Doc. 14 – Lettera del Soprintendente all’Arte Medioevale e Moderna di Firenze al Ministro della Pubblica Istruzione sull’acquisto della coperta di Usella. 20 Giugno 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851). Firenze, lì 20 giugno 1927 Reale Soprintendenza all’Arte Medioevale e Moderna di Firenze Oggetto: acquisto coperta di Usella Posseduta dal Conte Paolo Guicciardini A Sua Eccellenza il Ministro della Pubblica Istruzione. Direz. Gen. Ant. E Belle Arti. Roma In seguito all’autorizzazione dell’E. V. ho concluso l’acquisto della “Coperta di Usella” sulla base del prezzo di L 90.000 col Conte Paolo Guicciardini, che mi ha già consegnato la coperta stessa. L’atto di cessione sarà inviato non appena sia di ritorno il Conte Guicciardini, attualmente assente da Firenze. Il Soprintendente 74 Doc. 15 – Lettera del Soprintendente all’Arte Medioevale e Moderna di Firenze al Ministro della Pubblica Istruzione sull’acquisto della coperta di Usella. 16 luglio 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851). Firenze, lì 16 luglio 1927 Reale Soprintendenza all’Arte Medioevale e Moderna di Firenze Oggetto: acquisto coperta di Usella Posseduta dal Conte Paolo Guicciardini A Sua Eccellenza il Ministro della Pubblica Istruzione. Direz. Gen. Ant. E Belle Arti. Roma Facendo seguito alla mia comunicazione del 20 giugno pp. n. 884, mi pregio di rimettere alla E. V. l’atto di cessione da parte del Signor Conte Paolo Guicciardini della Coperta di Usella e lo scontrino inventariale di immissione di quell’oggetto nelle collezioni del R. Museo Nazionale di Firenze. In ordine a tali monumenti, prego la cortesia di ordinare che sia corrisposto al Signor Conte Paolo Guicciardini, sulla R. Tesoreria Provinciale di Firenze la somma convenuta di lire novantamila (L. 90,000). Il Soprintendente? 75 Doc. 16 – Lettera dell’Ufficio Contabilità del Ministero della Pubblica Istruzione sull’acquisto della coperta di Usella. 27 agosto 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851). Ufficio Contabilità 27 agosto 1927 OGGETTO: acquisto della coperta di Usella di proprietà del Conte Guicciardini di Firenze Il Ministro, considerata l’opportunità di acquistare per le collezioni delle RR. Gallerie di Firenze una coperta siciliana del secolo XIV detta “Coperta di Usella” di proprietà del Conte Paolo Guicciardini di Firenze. Sentito in merito anche il parere della Ufficiale Commissione all’uopo nominata dal Ministero, visto l’atto in data 30 giugno 1927 con il quale l’anzidetto Conte Guicciardini cede allo Stato la coperta per la somma di £ 90.000 e cioè al prezzo rispondente al voto espresso dalla Ufficiale Commissione; visti gli scontrini ministeriali. Offrono l’acquisto di cui trattano un ordine che la somma di £ 90000 (novantamila) sia dal cof. 87 del bilancio in corso e legata al signor Conte Paolo Guicciardini. Il Ministro 76 Doc. 17 – Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione al Soprintendente all’Arte Medioevale e Moderna di Firenze sull’acquisto della coperta di Usella. 1 settembre 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851). 1 settembre 1927 Soprintendente all’Arte Medioevale e Moderna di Firenze Oggetto: acquisto coperta di Usella Partecipo alla S. V. che è stato disposto il pagamento della somma di £ 90.000 a favore del Conte Paolo Guicciardini per acquisto della coperta di Usella. Il mandato è stato tratto dal Cap. 87 del bilancio in corso. L’interessato riceverà direttamente dalla Tesoreria. Il Ministro 77 Doc. 18 – Lettera del Conte Paolo Guicciardini al Comm. Colasanti, sull’acquisto della coperta di Usella. 1 settembre 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851). 1 settembre 1927 Conte Paolo Guicciardini Cusona (Prov. di Siena) Poggibonsi Gent.mo Comm. Colasanti, Fino al mese di giugno è stata concordata la vendita della coperta di Usella, e da parte mia venne anche aderito di buon grado alla riduzione voluta dal Ministero, sulla cifra da me richiesta che i competenti avevano indicata più che modesta. Nonostante ciò, dopo più che due mesi, non si è ancora riusciti a riscuotere la somma pattuita, di £ 90.000, e perciò mi permetto rivolgermi alla sua squisita cortesia, per invocare voglia sollecitare questo pagamento. Mi perdoni la libertà che mi prendo, e con i più sentiti ringraziamenti per il suo interessamento, gradisca, La prego, i miei saluti più distinti. Paolo Guicciardini 78 Doc. 19– Lettera del Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti Colasanti al Conte Guicciardini, sull’acquisto della coperta di Usella. 7 ottobre 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851). 7 ottobre 1927 A firma del Signor Direttore Generale OGGETTO: Acquisto coperta di Usella 4 carte Paolo Guicciardini Poggibonsi (Siena) Gentilissimo Conte, Posso assicurarLa che al pagamento delle £ 90.000 pattuite su l’acquisto della coperta di Usella, è stato provveduto sin dal 27 scorso mese. Il mandato è stato tratto dal Cap. 87 del bilancio ed emerso con quietanza della S. V. presso la Tesoreria Provinciale di Firenze. A detto ufficio Ella dovrà rivolgersi su le opportune ricerche. Per firmato Arduino Colasanti 79 Doc. 20 – Lettera di Camillo Boito al Comm. Ojetti su eventuali riforme per le Scuole superiori d’Architetti . 29 maggio 1907. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito). Milano, 29 Maggio 1907 Caro Ojetti, è capitato adesso adesso nel mio studio il Moretti, che aveva ricevuto un tuo bigliettino, simile a quello che ricevetti io ieri e al quale volevo rispondere oggi. Ti risponderà invece il Moretti anche in mio nome. Ad ogni modo, voglio inviarti una parte. Mi domandasti se intorno alle scuole di architetti si abbia avuto commissione di stampare qualcosa a dovere. Una trentina di pagine nel volume pubblicato sull’Hoepli: “questioni pratiche di belle arti” , punti sugli architetti in Italia e sui loro studi. Da allora in poi ( ci son passati quattordici anni) le condizioni sull’insegnamento e della professione non sono mutate; ma sono mutato io, diventando più liberale. Vorrei oggi io che le nuove Scuole superiori d’Architetti, diventate veramente artistiche, fossero autonome, cioè indipendenti dalle Scuole di Applicazione e da altri istituti; verrei che si entrasse per vie di esami, affinché i giovani, fin quasi da fanciulli, potessero darsi all’arte; vorrei…ma occorrerebbe un fascicolo. Lascio fare al Moretti. Una stretta di mano. Tuo affettuoso. Camillo Boito 80 Doc. 21 – Lettera dal prof. Camillo Boito della R. Accademia di Belle Arti di Brera al Comm. Ojetti per fissare un incontro e discutere di un articolo sull’intera arte italiana. 15 Febbraio (senza anno) . (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito). Milano, 15 febbraio Regia Accademia di Belle Arti di Brera. Quando ci si vide, giorni addietro, Ella mi lasciò una carissima speranza. Quella di poter pubblicare presto un suo articolo sull’arte Italiana. Un articolo sul Barocco romano, sul seicento e sul settecento di Roma o come vorrà. Per dirle la mia idea sulle illustrazioni che , in tavole litografiche e mi dedicherei al testo, accompagneranno lo scritto, le spedisco una trentina di fotografie che Ella vorrà consegnare per me all’Hotel Marini, dove mi fermerò poche ore la mattina di domenica prossima, passando per andare a Napoli e a Cosenza e dove mi fermerò un poco di più il 4 e il 5 di marzo, tornando. Spero allora di vederla. Mi lasci scritto al Marini dove potrò incontrarla. Non occorre che l’articolo si fermi alle cose riprodotte. Può essere con rapida sintesi dell’arte romana del seicento e del settecento; può essere un linguaggio può essere quel che lei preferisce. Solo a proposito delle fotografie che le mando dovrò farle notare due cose. In primo luogo l’arte italiana, essendo decorativa e riconoscibile, non può fermarsi con le illustrazioni all’architettura propriamente descrittiva preferirei i particolari e gli ornamenti. In secondo luogo molte cose romane furono già illustrate dal periodico nei suoi 11 anni di vita; per le altre le fontane di piazza Navona , il giardino Borghese, la villa Aldobrandini, gli interni di S.M. della Vittoria, sulla Madonna dell’Orto. Intanto sarei grato se ella mi mandasse una riga appena 81 ricevuto questa lettera e le fotografie, mantenendo la mia speranza in certezza. Sarò a Milano fino a venerdì sera. Mi saluti caramente suo padre e voglia bene al suo amministratore e affettuoso Camillo Boito. 82 Doc. 22 – Lettera dal prof. Camillo Boito della R. Accademia di Belle Arti di Brera al Comm. Ojetti sulla scelta del marmo da parte del Sacconi per l’Altare della Patria . 9 marzo (senza anno) . (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito). Milano, 9 marzo Regia Accademia di Belle Arti di Brera. Caro amico, al tentativo il Sacconi non pensò mai alle parti più nobili del monumento. Questa bella roccia non si sarebbe prestata alla finezza e alla morbidezza degli ornamenti e della sagoma. Il Sacconi, è vero, avrebbe desiderato il marmo di Carrara, ma gli davano noia le venature, senza parlare della spesa. Si decise finalmente per il botticino, dopo aver veduto molti vecchi e nuovi edifici costruiti in quella pietra, e dopo un coscienzioso esame alle cave. Credo che la Zanardelli rimanesse molto soddisfatta di questa preferenza; ma non credo abbia tentato di influire sulla scelta. Dimenticai nell’ultima lettera di risponderti su questi punto: chi abbia pagato il modello distrutto nell’incendio. Lo fece eseguire il Ministero dei Lavori pubblici, non so se sul fondo del monumento o su altri: e fu compiuto a Roma in fretta e in furia perchè potesse figurare alla esposizione di Milano. O’ letto con gran piacere che di Leonardo da Vinci si compèrerà il monumento. E tu continua a lottare per il consenso di tutti. Tuo Camillo Boito 83 Doc. 23 – Lettera dal prof. Camillo Boito della R. Accademia di Belle Arti di Brera al Comm. Ojetti sull’Altare della Patria . 15 dicembre (senza anno) . (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito). Milano, 15 dicembre Regia Accademia di Belle Arti di Brera. Caro amico, il Pogliaghi Mi mandò la fotografia dell’altare della patria. La composizione mi sembra ammirabile per i dipinti , classicismo, vigore, eleganza. Voglio che tu la veda subito subito, se sei a Firenze ti mando il rotolo di fotografie che puoi anche trattenere. Questa è la prima volta che mi rincresce di essere uscito dalla commissione Reale. La più affettuosa stretta di mano . Tuo Camillo Boito. 84 Doc. 24 – Lettera dal prof. Camillo Boito della R. Accademia di Belle Arti di Brera al Comm. Ojetti sul caso della Scuola d’Arte applicata all’ industria. (senza data) (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito). Regia Accademia di Belle Arti di Brera. Caro Ojetti, eccoti l’ordine del giorno con la firma del Cavenagli e con la mia. Il Pogliaghi da Parma tornò a Firenze per assistere all’adunanza di una commissione la quale deve occuparsi della Scuola d’Arte applicata all’ industria, quella che è subito accanto a S. Croce e che tu certamente conosci. Il Pogliaghi deve andare dritto a Genova. Dove, senza dubbio, vedrà il d’Andrade potrà farlo firmare. Alle altre firme penserà il Ricci. Lo speriamo bene. A Parma tutti di dolevano di non averti a compagno. Riverisci per me la tua cortese signora. Il tuo Camillo Boito 85 Doc. 25 – Lettera del prof. Lucio Madoni del R. istituto tecnico Nicolò Tartaglia in Brescia al Comm. Ojetti sul il Battistero di Firenze. 3 aprile 1914 . (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito). Brescia, 3 aprile 1914 R. istituto tecnico Nicolò Tartaglia in Brescia Illustrissimo Signor Ugo Ojetti (Firenze) Le ho spedito un pacco postale, copia del mio lavoro nel pavimento del battistero di Firenze; i disegni sono precedenti da uno scritto che il prof. Guido Carocci pubblicò nel 1897 nella rivista “arte italiana del e in” e contribuì gentilmente e lasciarmi ripubblicare il suo scritto in seguito a domanda fattagli dall’illustre prof. Camillo Boito, il quale mi confortò della sua cortese benevolenza . Io spero che il mio lavoro possa avere la fortuna di piacere anche a un dotto e un appassionato d’arte come la S.V. illustrissima. Per consiglio dello stesso prof. Boito mi sono accinto a sviluppare il pavimento di S. miniato e quello del Duomo di Siena, per completare il lavoro sullo svolgersi di quest’arte nella Toscana. Lui lavorò a lungo e pazientemente ma spero in modo soddisfacente , l’operatore è già esperto alla pubblicazione. Devotissimo prof. Lucio Madoni 86 Doc. 26 – Lettera del presidente G. Beltrami dell’Accademia di Belle Arti Milano al Comm. Ojetti per invitarlo alla cerimonia di commemorazione di Camillo Boito . 4 gennaio 1915. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito). Milano, 4 gennaio 1915 Accademia di Belle Arti Milano Illustrissimo signor Ugo Ojetti (Firenze) Il comitato costituito per onorare Camillo Boito e di cui sono Presidenti Onorari le loro eccellenze Daneo e Grippo) stabilì di iniziare le onoranze stesse col tenere domenica prossima , 10 corrente, alle ore 10, nell’aula magna dell’accademia di Brera , una solenne commemorazione a Lui. Per il comitato parlerà il prof. Moretti che fu del Boito prima alunno, poi aiuto e infine successore nella cattedra di architettura quando Egli lasciò dopo 50 anni di insegnamenti. Se la S.V. illustrissima vorrà onorare di Sua presenza la suddetta cerimonia farà cosa oltremodo grata al comitato organizzatore, agli artisti lombardi e all’accademia di Brera. Con alta osservanza. Il presidente. G.Beltrami 87 Doc. 27- Telegramma di C. Ricci al Comm. Ojetti dove richiede una relazione circa i provvedimenti presi per garantire il patrimonio artistico contro pericoli guerra ed indicando spesa sostenuta. 18 febbraio 1912. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci). 18/2/12 [Telegramma] Ugo Ojetti Udine SS ROMA ISTAZN 1222 64 Giunta bilancio chiedere relazione circa provvedimenti presi per garantire patrimonio artistico contro pericoli guerra indicando spesa sostenuta. Ti sarò grato se vorrai inviarmi d'urgenza brevissimo riassunto opera tua e spesa da te impiegata. E pregoti inoltre dirvi se fotografo Carboni dovrà recarsi, costi e avvertoti infine che per primo marzo è stato convocato Consiglio superiore e saluti e ringraziamenti. Corrado Ricci 88 Doc. 28- Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti sul caso del San Giovanni Battista di Donatello. 6 marzo 1912. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci). 6 Marzo 1912 Ministero Dell’istruzione: il Direttore Generale delle Antichità e Delle Belle Arti Caro Ojetti, qui vicino a me discutono gli archeologi, ancora, sull'Ercole. Mi chiamano. Dunque: due parole grazie della tua. Sono rientrato subito da Credaro e seduta stante abbiamo scritto un urgentissima al Ministro degli Esteri. Sarebbe un bel colpo pagare il San Giovanni Battista di Donatello con la sola tassa di esportazione; anzi guadagnarci sopra. Cordiali saluti dal tuo Corrado Ricci 89 Doc. 29- Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti per la messa al sicuro della statua di Cangrande. 1 giugno 1915. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci). Roma, 1 giugno 1915 Caro Ojetti, Grazie delle notizie sempre preziose che mi dai. Ho telegrafato all'ing. Ongaro insistendo per la remozione del diaframma dinanzi a San Zaccaria. Godo che sia venuto l'accordo col Municipio ma si è scritto qua che qualcuno protestò sino in Piazza e col comando per la rimozione dei cavalli. Non ho mai capito l’opposizione a mettere un posto di segnalazione sul campanile, quando i nemici non si preoccupano di nulla e colpiscono dove possono. Per Verona telegrafai alla Soprintendenza dei monumenti, perché fosse messa in luogo sicuro la statua di Cangrande del museo, e perché si coprano, d'accordo con il Municipio, con una forte tettoia i sepolcri degli Scaligeri. Tu vedrai se il Da Lisca adopera a ciò. Ti accludo una circolare che ha inviato a tutte le soprintendenze. Mille saluti dal tuo Corrado Ricci. 90 Doc. 30- Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti dove si propone un decreto per gli scavi archeologici. 17 agosto 1915. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci). Roma, 17 agosto 1915 Direttore Generale Delle Antichità e Delle Belle Arti Caro Ojetti, grazie delle molte notizie. Quando ci vedremo avremo un monte di cose da dirci!! Quanto ai saccheggi credo di sapere qualcosa, e se n'è parlato in sede propria. Il Consiglio Superiore forse sì convocherà in settembre. Il mio ministro non si è indotto ancora a nominare i membri della terza sezione dopo che gli artisti hanno eletto Coppadè, Calderini e Zocchi!! Per le fotografie avute dal Fracassetti la colpa è mia. Il Fracassetti venne da me e mi disse che ad Udine si raccoglieva tutto il possibile materiale storico della guerra attuale e che gli pareva conveniente che vi fossero anche le fotografie dei provvedimenti conservativi artistici. Allora scrissi all'Ongaro che gliele desse. Come vedi, la cosa è semplice. Ed ora scriverò allo stesso Ongaro che le mandi a te all'indirizzo che mi hai dato. Quanto al decreto o bando protettivo per gli scavi non c è che da plasmare su quello fatto dal Caneva per la Libia, press' a poco in questi termini: " ritenuto necessario urgente tutelare sin d'ora il patrimonio archeologico e artistico dei territori occupati ecc. ", " decretiamo”, “ è proibito di procedere a ricerche archeologiche di qualsiasi genere e senza preventiva autorizzazione. Chiunque sia in possesso di oggetti archeologici e artistici di interesse locale ovvero sia a conoscenza dell'esistenza dei medesimi dovrà farne 91 denuncia al comando supremo al quale spetta di provvedere. E’ vietata l'esportazione degli oggetti stessi ". Credi che così andrà bene. Cordiali saluti dal tuo Corrado Ricci 92 Doc. 31- Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti riguardante delle fotografie di monumenti colpiti dalle bombe nemiche uno di Sant'Apollinare Nuovo in Ravenna e due di San Ciriaco d'Ancona. 8 novembre 1916. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci). Roma 8 novembre 1916 Caro Ojetti, ho mandato al Padre Semeria tre fotografie di monumenti colpiti dalle bombe nemiche uno di Sant'Apollinare Nuovo in Ravenna e due di San Ciriaco d'Ancona. E poiché non ne ho più nessuna, nemmeno cattiva, ho scritto a Ravenna e ad Ancona per averne altre, buone. Appena le avrò, te le manderò. Intanto t' accludo due estratti delle relazioni relative ai danni avuti da quei momenti. Mille saluti a te e alla signora da Elisa e dal tuo Corrado Ricci 93 Doc.32 - Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti riguardante delle fotografie di monumenti colpiti della guerra e la tutela dei beni culturali.14 novembre 1916. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci). Roma, 14 novembre 1916 Caro Ojetti, le fotografie che aspetto da Ravenna ed Ancona sono le stesse e sole che sono state fatte, e su di esse sono già stati tratti i clichés che illustreranno la relazione del Ministero. Così tu e il Padre Semeria le pubblicherete prima , che, d’altronde io non tengo a primizie per le pubblicazioni ufficiali. Solo non avendomi tu detto che ti occorrevano due esemplari di ciascuna fotografia, io credo che non avrò modo di tentarti subito, perché avrò da riscrivere così a Ravenna come ad Ancona. Tutti caro Ojetti hanno attinto al gruzzolo delle fotografie, e la raccolta che era ricca, ora è esausta. Oltre ai monumenti a te ben noti, ricevette dal mare, sul principio della guerra una decina di palle di cannone il castello di Barletta. Le palle fecero alcuni buchi, che non furono..... fotografati! Se non sbaglio, anche in una porta del Battistero di Parma esistono graziosi sculture romaniche rappresentanti le opere di Misericordia. Verificherò e ti scriverò. Circa la protezione dei monumenti di Padova non ho nessuna fotografia. Alcune inconcludenti furono fatte per Verona puoi chiederle al De Lisca. Per Bologna vedrò io di trovarti qualcosa, ma la il più grande lavoro è stato di levare tutte le vetrate a colori di San Petronio. Cordiali saluti alla signora Nanda e a te. Dal tuo Corrado Ricci 94 Doc. 33- Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti riguardante il caso del Gattamelata. 2 dicembre 1916. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci). Roma, 2 dicembre 1916 Direttore Generale Delle Antichità Di Belle Arti Caro Ojetti, scrissi subito a Venezia per i pennacchi tiepoleschi della cappella Sagredo di San Francesco della Vigna: scrivo per Gattamelata. Tali indicazioni mi sono preziose per migliorare la difesa. Alcuni mesi or sono ti scrissi che avrei amato avere una succinta notizia sui lavori e monumenti e sui trasporti di cose d'arte, da te diretti. Ora il Colasanti stava per ripeterti la domanda, perché la direzione generale delle Belle Arti prepara effettivamente un grosso fascicolo sull'argomento, così come fece per il territorio marsicano. La pubblicazione del ufficio speciale di Marina sarà quindi un duplicato ridotto, perché non conosce né può descrivere l'opera compiuta nelle città interne, nelle gallerie, nei musei ecc. Tu quindi, regolati. La lettera del 30 dicembre, giuntami ora ( sera del 2 dicembre) mi chiede se il ministro Ruffini si sarebbe trovato oggi a Udine. Egli è ancora a Roma in questo momento al Consiglio dei ministri. Non so, comunque, quando parta; ma, in caso affermativo, se riesco a vederlo prima, gli dirò che cerchi di vederti. Interessante e preziosa la tua ultima relazione su Gorizia, che ho mostrato al ministro io stesso. Credimi. Affettuosissimo tuo Corrado Ricci 95 Doc. 34- Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti. dove trattano di diversi “casi” d’arte e tutela.27 febbraio 1917. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci). Roma, 27 febbraio 1917 Direttore Generale delle antichità e delle Belle Arti Caro Ojetti, Modigliani è qua con le cose di Val Camonica. Attendo il vagone con San Daniele e Cividale. Tutto troverà posto a Roma. Benissimo pel resto. Convengo sul riunire in Firenze quanto appartiene a Vicenza. Col Pellegrini c’ è noiosa discussione. Vuole andare in villa con gli oggetti; ma taglieremo corto. Il Padroni dice che in tutta Italia una sola cosa è ben difesa: la vittoria di Brescia! Ah, gli archeologici! Riscriveremo. Dagli elenchi degli Edifici monumentali a te mancano Ravenna, Arezzo, Teramo e Bologna che ti faccio spedire. Sotto stampa abbiamo Brescia ,Siracusa, Caserta , Modena e Pisa. La circolare comprende anche le terre irredente conquistate ma io ho già mostrato alla Commissione ciò che per esse hai già fatto, giustamente lodando l'opera tua e il tuo zelo. Cordiali saluti dal tuo Corrado Ricci 96 Doc. 35- Lettera del Comm. Ojetti a C. Ricci dove si discute dell’operato e della mancanza di un inventario del nostro patrimonio artistico.16 aprile 1918. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci). Firenze, 16 aprile 1918 Caro Ricci, mi duole il tono della tua lettera che davvero non risponde alla aperta cordialità della mia. Pazienza. Può dirti il Colasanti quanto io sia d'accordo con te nel dar colpa anche alla povertà del bilancio e dalla scarsità del personale quanto pubblicamente dichiaro; gli incommensurabili danni della mancanza di un inventario anche umilissimo del nostro patrimonio artistico. Il Veneto e il Friuli erano nostri dal' 66 . Vuoi difendere contro me l'operato dei tuoi predecessori nell'ultimo cinquantennio? Tu mi dici che s’ è fatto più di quel che io sappia o creda. Ritorsione polemica, scusami, imprudente. Come sempre, io parlo solo di quel che ho veduto coi miei occhi: ed è molto di più di quel che tu sappia o creda. Già al tuo silenzio dopo la mia lettera sul tuo progetto di distacco degli affreschi del Veronese a Maser avevo capito che la mia cordialità per te e per il tuo ufficio durante l'aspro e difficile lavoro di questi anni di guerra non era più contraccambiata. Ma tu ed io abbiamo tanto lavoro e tanto urgente che, per fortuna, non possiamo perderci nello struggimento del drammatico e nella soluzione degli indovinelli. Credimi tuo Ugo Ojetti 97 Doc.36– Lettera di ringraziamento di A. Colasanti dalla direzione del Bollettino d’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione al Comm. Ojetti. 8 gennaio 1910. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Roma, 8 gennaio 1910 Bollettino d’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione – Direzione Carissimo Ojetti, Da Nino Salvaneschi ho ricevuto una lettera di richiesta di un articolo per l’annuario delle arti. Poiché so che sei stato tu a proporre il mio nome a Salvaneschi , mi affretto a ringraziarti molto cordialmente e a comunicarti che ho accettato volentieri l’offerta cortese. A te e alla tua signora alla quale ti prego di presentare i miei ossequi . Vi auguro ogni bene per il nuovo anno. Tuo Arduino Colasanti. 98 Doc.37– Lettera di A. Colasanti dalla direzione del bollettino d’arte del ministero della pubblica istruzione al Comm. Ojetti sul ritratto di Murat. 9 febbraio 1911. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Roma 9 febbraio 1911 Bollettino d’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione – Direzione Carissimo Ojetti, l’altro ieri ti scrissi per avvertirti che avevo proibito all’ing. Ponerini di firmare la missiva. Non ti è pervenuta la mia lettera? Domani riceverai la fotografia del ritratto di Murat e giudicherai se vale la pena esporlo. Ti avverto però che la fotografia altera parecchio l’originale, che io ho veduto solo in questi giorni. La testa è bella ma il resto è parecchio trascurato. Il quadrello misura circa m. 0,6x m 0,45 . Decidi tu e fammi sapere qualche cosa, affinché io possa parlare subito a Iandolo?, che non ho ancora veduto perché è malato in questi giorni. Non conosco il Santi di Tito di cui mi scrivi, domani certo andrò a vederlo e ti comunicherò in giornata le mie impressioni. Comandami sempre in ciò che posso e presenta i miei ossequi alla tua signora. Cordialità dal tuo Arduino Colasanti 99 Doc. 38 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti al Comm. Ojetti su gli acquisti alla Galleria Pisani. 18 maggio 1912. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). 18 maggio 1912 Bollettino d’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione – Direzione Caro Ugo, è verissimo che la Vedova “galleria Pisani in questi giorni ha accettato l’offerta già da noi fattale di acquistare i migliori quadri per 129 mila lire. I dipinti inclusi nel contratto sono: - Domenico morelli- tentazioni di S. Antonio e deposizione dalla croce - Mosè bianchi a chioggia e due mezze figure di bambino - Antonio Fontanesi – il bagno di Diana - Banti- contadina toscana Io ho fatto preparare subito la relazione al consiglio di stato, che servirà anche come comunicazione al ministro, il quale ancora non sa nulla dell’affare. Perciò sarà forse prudente che tu ritardi la pubblicazione di tre giorni. Per il disegno Parmiggiani ha già provveduto, scrivendo alla segreteria dell’esposizione di Venezia che esso è acquistato per il ministero. Ho scritto per i quadri di Arnoldo e per il Cremona di proprietà possibile farlo prima, perché ho avuto per nove giorni riunita la III sezione. Del consiglio superiore dalla mattina alla sera. E dunque queste lettere ho voluto scriverle io stesso. Ossequi alla signora e un saluto affettuoso tuo Arduino 100 Doc.39– Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti al Comm. Ojetti per l’acquisto del Marco Polo di Tranquillo Da Cremona . 20 giugno 1912. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Roma 20 giugno 1912 Consiglio Superiore Per L’antichità Delle Belle Arti. Carissimo Ugo, tu sai che scrivemmo al Cosenza per avere il Marco Polo di Tranquillo da Cremona. E il Cosenza rispose che avrebbero ceduto volentieri quel quadro per la G.A.M., ma che per ciò che riguardava il prezzo avremmo dovuto noi metterci d’accordo con l’ing. Mimozzi, da lui incaricato di rappresentarlo nelle trattative. Così abbiamo fatto e proprio oggi il Mimozzi ha scritto al Ricci per comunicargli che il quadro non si potrà avere per non meno di 35mila lire! Che te ne pare? Il 26 dovendo venire per il concorso del quale sei giudice, si riunirà la commissione per gli argomenti della galleria alla quale sottoporremo la richiesta del Mimozzi. Ossequi alla tua signora e a te un saluto affettuoso dal tuo Arduino 101 Doc. 40 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti al Comm. Ojetti circa una pubblicazione sui i monumenti e le opere d’arte. 7 dicembre 1916. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Roma 7 dicembre 1916 Consiglio Superiore Per L’antichità e Le Belle Arti Ricci aveva forse l’intenzione di dirmi che io ti scrivessi , ma, in verità, non mi aveva detto nulla perché forse se ne era dimenticato. Del resto io ho passato queste ultime settimane in grande angoscia per una grave disgrazia dovuta al mio figliastro quattordicenne. […] . Passiamo ad altro argomento meno doloroso, ti dirò che Ricci si è deciso a pubblicare qualche cosa intorno ai monumenti e delle opere d’arte considerando che il tema non è solo sfruttato da riviste e giornali e lo sarà ogni giorno di più , ma che non ricordo che ministero ( mi sembra quello della Marina) si accinge a fare una simile pubblicazione ufficiale per suo conto. A me ha dato incarico di coordinare e di ridurre in misura uniforme tutte le varie relazioni pervenute e quelle che perverranno naturalmente in modo che si risulti ben chiara la parte che ognuno ha preso nel difficile compito di difendere i nostri monumenti dalla “tedesca rabbia”. Ricci pensa che sarebbe necessario fermarsi ad illustrare l’opera compiuta nei limiti del nostro vecchio confine e non vuole, ne potrebbe, dire ciò che potrebbe essere vietato o inopportuno manifestare per ora, riservandosi di fare una pubblicazione completa quando la guerra sarà finita, se essa finirà a tempo nostro. Ma io penso con piacere che tu tra pochi giorni sarai a Roma e credo che 102 allora, insieme con Ricci, potremmo intenderci assai meglio sui limiti e la natura del lavoro. Addio, caro Ugo, ti ringrazio della notizia che mi hai dato e ti auguro ogni bene. Affettuosamente Arduino. 103 Doc. 41– Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti al Comm. Ojetti sui provvedimenti per Vicenza e Verona. 28 marzo 1917. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Roma, 28 Marzo 1917 Carissimo Ugo, Corrado Ricci mi assicurava che, oltre quelli da te conosciuti, non furono presi altri provvedimenti per Vicenza e Verona. Tutto quello che era trasportabile e che da noi si poteva rimediare, Ricci mi assicura che è stato tolto. Pare che qualche difficoltà si sia avuta con gli enti locale come per il ministero dell’interno. D’altra proteggere volte di chiese e cupole? Fra cinque o sei giorni ti manderò qualche fotografia di quelle che mi chiesi e che mi potrò procurarmi. Sempre a tua disposizione, ti saluto con affetto. Tuo Arduino. 104 Doc. 42 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti al Comm. Ojetti sui Cavalli di San Marco di Venezia . 13 maggio 1919. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Roma 13 maggio 1919 Consiglio Superiore per le antichità e le Belle Arti Carissimo Ugo, prima di rispondere alla tua lettera ho voluto fare su quanto mi scrivi indagini minute, per poterti dare notizie assolutamente precise. Effettivamente non so chi a Venezia ha lamentato che i cavalli di San Marco fossero tornati con ammaccature che prima non avevano. Accertare quanto c'è di vero in questa osservazione è impossibile senza eseguire una perizia minutissima. Prima di essere rimossi i cavalli avevano qua e là ammaccature visibili anche in mille vecchie fotografie; ed è naturale, quando si consideri che essi avevano viaggiato probabilmente da Roma a Costantinopoli, certo da Costantinopoli a Venezia ,da Venezia a Parigi, da Parigi a Venezia. Se alle vecchie ammaccature alcuna se ne sia aggiunta nuova, io non so, posto che nessuno ha mai fatto (e chi mai ci avrebbe pensato?) un rilievo preciso delle superfici dei quattro animali. Arrivati a Roma, i cavalli furono portati in Palazzo Venezia poi subito dopo in Castel Sant'Angelo dove sono rimasti fino al dicembre del 1918. Allora il fondatore Munaretti, per incarico della Fabbriceria di San Marco, li fece riportare sotto la sua sorveglianza in Palazzo Venezia, per collocare i nuovi termini di ferro sotto gli zoccoli equini. E’ da escludere in modo assoluto che i cavalli siano mai caduti abbiano cozzato uno contro l'altro. Essi furono rimossi dal Taburet con la 105 solita abilità, sotto la sorveglianza continua del Munaretti e del Cavalier De Simone della Direzione Generale di Belle Arti, e furono sempre sostenuti da cavalletti salvo il momento in cui furono fotografati alla presenza di S.M. il Re. Del resto a Venezia c'è chi ha detto che dai cavalli sono stati tratti calci in gesso il che è falsissimo: altri ha affermato che essi hanno perfino mutato colore; altri hanno operato che una signorina ha fatto cadere la coda del cavallo di Gattamelata per esservi saltata sopra ecc. ecc. ciacole da Caffè Florian, che tu conosci bene, ma che forse si sarebbero evitati se tutte quelle bestie e relativi cavalieri si fossero lasciate più in pace. Infatti, Colleoni e Gattamelata appena giunti a Roma furono dapprima collocati nel portone di Palazzo Venezia che riguarda la piazza omonima, da qui, dopo pochi giorni rimossi e trasportati in uno stanzone interno: da qui tolti di nuovo e calati in a decidere nel sottosuolo: da qui finalmente elevati e posti a cavalletto sotto il portico del cortile. Non e' accaduto nulla di male, salvo la spesa di qualche decina di mila lire, ma si è dato esca al grazioso chiacchiericcio veneziano. Questo è quanto obiettivamente posso dirti e credo di averti servito da uomo- come tu dici- saggio. Come sta Paola? e la tua signora? saluti amichevoli a te e a loro dal tuo Arduino Colasanti 106 Doc. 43– Lettera del Comm. Ojetti ad A. Colasanti per chiedere consiglio su diversi argomenti . 16 novembre 1919 . (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Firenze, 16 novembre 1919 Caro Arduino, ti scrivo di tre argomenti urgenti, chiedendo il tuo consiglio e s' è d'accordo il tuo aiuto. I) lo Stato ha deliberato di d'erigere un monumento a Cesare Battisti in Trento. Ieri ho veduto Pietro Jahier, l'autore di quel gioiello di libro lirico e morale con me e con gli alpini. Amico del Battisti e della sua famiglia e gli prepara per la libreria della voce gran volume illustrato. Le passioni di Battisti in cui narrerà ,dopo cinque mesi di minute inchieste, tutta la Via Crucis del Santo dal primo annuncio dell'attacco austriaco a monte Corno fino al patibolo e nella sepoltura. Egli e gli amici trentini del Battisti e la vedova sono spaventati dell'idea del "pupazzo" Battisti in una piazza di Trento. Tu conosci Trento e la verde ripida Collinetta dolomitica detta Doss Trento su piazza Dante. Essi sognano ( e io con loro) di vedere in cima a Doss Trento un tempietto classico ( pensa alla tomba di Mazzini a Stagliano) e, dentro, l' l'effigie del Martire ,e tutt'intorno ,all'esterno o all'interno della cella, in bassorilievo le stazioni della sua VIA CRUCIS. Si raccomandano per mio mezzo a te. II) è venuto da me Guido Manacorda , professore di letteratura tedesca all' Università di Napoli, ottimo ufficiale fino a pochi mesi fa alla Terza Armata ,attivo, stimato coraggioso, e decorato. Tornava da un lungo giro in Austria, Ungheria, Boemia ,Polonia ecc. Come sai ,là tutti anelano a rapporti più stretti e continui con la cultura e l'arte italiana. Si sarebbe formato una specie di 107 quadrumvirato consultivo, Manacorda per la cultura universitaria e i libri, Dario Niccodemi per il teatro, Ildebrando Pizzetti per la musica, io per l'arte. Il Pizzetti e il Manacorda saranno a Roma il 21. Ho dato al Manacorda una lettera per te e una al conte Sforza, sottosegretario agli Esteri. Ti esporrà il nostro o meglio il suo programma. Intanto il Pizzzetti propone un giro Vienna- PragaVarsavia- Budapest- Bucarest di quindici concerti Consolo -Serato- Mainardi; e un' esposizione di "Bianco e nero" italiano cominciando da Varsavia. Nel suo piano è d'accordo con le nostre Missioni e lezioni là con la Legislazione Polacca a Roma, con nostro ottimo ispettore Guglielmo Pacchioni ora a Vienna; ma vorrebbe avere le stampe e disegni da spedire pronti per il 15 dicembre. Io avrei perciò pensato di far fare (da te) una scelta tra il Bianco e il Nero della Galleria Nazionale d'Arte Moderna, salvo a raggiungervi una ventina di disegni di guerra di Sacchetti, di Carpi, di Bucci, di Romano Dazzi. Non potrò essere a Roma con loro il 21 perché il 19 sono a Venezia (alb. Danieli ) giurato del Comune nel concorso per congiungimento di Venezia alla terraferma. Ma tu dirai Al Manacorda e al Pizzetti la tua opinione per instradare praticamente questi buoni progetti. III) Il Commissario Zagarese, sul mio consiglio,ha in animo di proporre al Ministro e al Consiglio dell'Istruzione professionale la nomina di Armando Spadini e di Libero Andreotti a insegnanti nell'Istituto d'Arte industriale di Firenze. E sarebbe il principio della risurrezione. Ma vorrei che tu trovassi il modo di dire al comune amico Zagarese il tuo giudizio sull'arte di questo pittore e di questo scultore poco noti... al Ministro dell'industria. Hai avuto un telegramma di congratulazioni per la tua nomina dal Trentacoste rispondigli una parola. Con affetto Ugo Ojett 108 Doc. 44– Lettera di A. Colasanti del Consiglio Superiore per le Antichita’ e Belle Arti al Comm. Ojetti sulle condizioni della chiesa di S. Giovanni Carbonara. 4 marzo 1920. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Roma 4 Marzo 1920 Direttore Generale Delle Antichità e Delle Belle Arti Caro Ugo, anche a me Guido Cagnola aveva scritto delle condizioni tristi in cui è ridotta la chiesa di S. Giovanni Carbonara; esse mi erano note e purtroppo non è quello il solo monumento di Napoli il quale risente le conseguenze della trascuranza di una soprintendenza che si può dire non funzioni affatto. Tanto che uno dei primi atti della mia gestione è stato quello di inviare laggiù l’ispettore Superiore Attilio Rossi , per compiere una rigorosa inchiesta. Il Rossi mi ha già presentato una relazione sommaria e in questi giorni ripartirà per condurre a fondo le sue indagini. Hai risposto benissimo a Thovez che vedrei volentieri anch’io alla direzione della Galleria di Arte moderna. Ti saluto affettuosamente. Arduino Colasanti 109 Doc. 45– Lettera di A. Colasanti dal ministero dell’istruzione al Comm. Ojetti sulle condizioni delle scuole artistiche e delle scuole d’arte industriale in Trentino.19 giugno 1920. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Roma 19 giugno 1920 Ministero Dell’istruzione Oggetto: Trentino= condizioni delle scuole artistiche e delle scuole d’arte industriale. In occasione della prossima gita che la S.V. farà nel trentino, La prego di assumere indagini sulle condizioni di quella regione dell’insegnamento artistico, anche rispetto alla applicazione dell’arte alle industrie e ai mestieri, e di volerne fare relazione allo scrivente. Con osservanza. Il sottosegretario di stato per le antichità e le belle arti Arduino Colasanti 110 Doc. 46– Lettera di A. Colasanti dal ministero dell’istruzione al Comm. Ojetti per la riforma degli studi delle arti.19 giugno 1920. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Roma, 19 Giugno 1920 Direttore Generale Delle Antichità e Delle Belle Arti Caro Ugo, non ti meravigliare se solo oggi ho potuto terminare di leggere attentamente la tua relazione sul progetto di legge per la riforma degli studi delle arti la quale è brillantissima, come da te poteva attendersi, ed esauriente per la parte artistica e tecnico didattica. Qui si sta preparando una nuova redazione dello schema di disegno di legge in base alle osservazioni scritte dei componenti la commissione e una nuova redazione dello schema di disegno di legge in base alle osservazioni scritte dei componenti la commissione e una nota relativa alle conseguenze finanziarie ed organiche della riforma. Spero che al più tardi lunedì ti si possa spedire tutto. Ti saluto affettuosamente. Arduino Colasanti 111 Doc. 47– Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichità e Belle Arti al Comm. Ojetti sul trasporto delle opere d’arte . 22 marzo 1922. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Roma 22 marzo 1922 Direttore Generale Delle Antichità e Belle Arti Caro Ugo, la mia contrarietà a far viaggiare i tre Caravaggio si basava su personale esperienza: portando a Roma il quadro di Montagnana, ebbi cura io stesso di porlo al riparo non di uno ma di ben due copertoni e pure il quadro giunse completamente bagnato. Ora però viaggiando i quadri in treno essi giungeranno in poche ore e si potrà scegliere una giornata favorevole per trasportarli senza rischio. Ho già disposto a riguardo. Saluti affettuosi Arduino Colasanti p.s. non ho ancora ricevuto la lettera del sindaco di Firenze che mi hai annunciato, perché? 112 Doc. 48 – Lettera di A. Colasanti direttore generale delle anchità e belle arti a Luigi Facta sul patrimonio monumentale da tutelare . 24 ottobre 1922. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). 24 Ottobre 1922 Eccellenza, conosco tutta la gravità del momento e le paurose condizioni della pubblica finanza, e so bene che per fronteggiare il disavanzo e salvare quindi la Nazione da un disastro irreparabile occorre acconciarsi alle misure di una economia rigida e spietata. Vi sono contenuti quindi, e continuo ad astenermi dal proporre a V.E. ogni richiesta di maggiori assegnazioni destinate a proseguire o iniziare scavi archeologici o a compiere acquisti di opere d'arte , perché sì gli uni che le altre, se anche appaiono opportuni e utilissimi in certi casi anzi indispensabili, possono in parte essere differiti a un momento di minori strettezze dell'erario. Ma l'Italia ha tutto un patrimonio monumentale che non può essere abbandonato: è un patrimonio che tutte le nazioni del mondo guardano e ci invidiano, è uno dei titoli più nobili per i quali il nostro Paese occupa un alto posto fra gli Stati d'Europa, ed anche (perché negarlo?) . un patrimonio fortemente redditizio non solo per il gettito della tassa di ingresso, che è in via di continuo accrescimento, da anche e soprattutto per il movimento turistico che genera; con evidente il largo vantaggio dell'economia nazionale. Tutto ciò impone però dei doveri ai quali, se anche onerosi non ci è possibile sottrarci, se non vogliamo coprirci di onta e far nascere nel mondo una meritata sfiducia sulla nostra capacità civilizzatrice. Questo immenso patrimonio monumentale ,vecchio di secoli ha purtroppo bisogno di cure assidue e amorose. Non si tratta certo di procedere a restauri di carattere artistico o a 113 costosi ripristini che i miei criteri di studioso non ammettono e che, in quei casi eccezionalissimi nei quali possono essere consentiti, debbano essere differiti: ciò è stato oggetto in quest'ultimo biennio di rieplicate circolari da parte di questa Direzione Generale ,la quale su ogni progetto e preventivo che viene trasmesso per il debito esame da parte delle Soprintendenze Regionali, esercita un controllo rigorosissimo per impedire che sia approvato alcuno di esso che in qualche modo e senza grave danno possa essere differito. Si tratta invece semplicemente di ottenere che tutta una serie di monumenti mirabili e cospicui ma purtroppo fatiscenti e pericolanti per l'azione del tempo dell'atmosfera, del sottosuolo e spesso degli uomini non crollino sotto i nostri occhi , dinanzi al nostro tragico sgomento è alla nostra forzata impotenza per mancanza di mezzi adeguati. Pensi V.E. quale eco troverebbe nel mondo, quale ripercussione se ne avrebbe sulla pubblica stampa, o quali e quante sarebbero le responsabilità se non solo del sottoscritto, ma anche in prima linea della S.V. che dalla conservazione del nostro patrimonio d'arte o di storia deve rispondere non pure davanti al Parlamento e al Paese ma dinanzi a tutto il mondo civile, se = cosa che avverrà immancabilmente come continuino ad essere negati i mezzi= qualche importantissimo monumento precipitasse! E dalla stupenda cattedrale di Pienza al mirabile palazzo di Gradoli, dal Duomo di Massa all' gli avanzi della chiesa di San Galgano, dalle San Lorenzo di Napoli, ridotto senza tetto alla basilica sotterranea della via Prenestina la più importante scoperta venute in Roma negli ultimi 50 anni io potrei citare a V.E. un lungo elenco di monumenti che si trovano in queste condizioni di gravissimo e forse immediato pericolo. A prescindere da questi casi disperati, che pure sono molti, recentemente la rivista di arte decorativa e di architettura pubblicava un vivace allarme per denunciare alla pubblica opinione che centinaia di monumenti attendono urgentissimi restauri. Ciò era ben noto a questa Direzione Generale che sul fondamento di 114 dati attinti negli uffici regionali era venuta alla conclusione che la spesa occorrente per sole opere di consolidamento necessarie ad assicurare l'esistenza dei nostri monumenti si aggirerebbe intorno ai 60 milioni. Ma su tale somma fu poi compiuta una rigorosa selezione limitandola ai soli lavori che oltreché necessari si rivelano anche altrettanto urgenti, e la spesa risultante apparve di circa 15 milioni. La cifra è sembrata ancora alta e si è dovuto ricorrere a una nuova risoluzione, tenendo presente un duplice criterio e cioè quello dell’importanza veramente notevole del monumento da salvare e quello del carattere di urgenza dei lavori , che debbano essere assolutamente improrogabili sia pure per brevissimo tempo. Siamo giunti così a una spesa di 9 milioni che il Parlamento, pur dividendola in tre esercizi consecutivi, a partire da questo 1922 al 1923,ha approvato di urgenza , anteponendola a numerosissimi altri disegni di legge, consapevoli della responsabilità che su tutti i pubblici poteri incombe per la conservazione del nostro patrimonio monumentale. Ma sono oramai trascorsi quasi tre mesi e la legge relativa ancora da essere promulgata e pubblicata, non essendo stato dal Ministero del Tesoro restituito il decreto reale che gli era stato trasmesso per la necessaria controfirma. V.E., sa bene che per il restauro di tutti i monumenti d'Italia nell'esercizio testé decorso era iscritta nel bilancio del Ministero della P.I. la somma di un milione e quattrocentomila lire, non dico inadeguata ai bisogni, ma che nella sua sola enunciazione appare assolutamente ridicola, e che pure nel corrente esercizio finanziario fu ridotta a un milione! Ora V.E. e il Paese possono pretendere da me che codesta assegnazione venga amministrata con rigidissima parsimonia, che non siano fatti lavori inutili e che non risultino di improrogabile urgenza, che anzi l'attività dell'amministrazione venga ristretta al restauro degli edifici veramente importanti, che tutte le proposte siano considerate e vagliate col massimo rigore anche nei particolari. Di ciò io 115 rispondo. Ma è evidente che di più non vi si può domandare perché il compiere miracoli è prerogativa della divinità e non della facoltà degli uomini. Se io non potrò subito disporre dei mezzi occorrenti e urgenti concessi del Parlamento io devo declinare dinanzi a V.E. ogni responsabilità per i sinistri che certamente avverranno, per le provvidenze che sarà impossibile prendere e che per il mancato pagamento di somme che le oscillanti condizioni del mercato dei materiali e della manodopera hanno richiesto in aumento dei preventivi già regolarmente approvati. Ma poiché qui non è solo questione di responsabilità personali bensì anche, e soprattutto, di altissimi interessi del Paese io supplico V.E. di voler interporre suoi autorevoli uffici presso il Ministro del Tesoro per porre fine a questo anormale e umiliante stato di cose e per difendersi da tutta una serie di pericoli che da un giorno all'altro si tradurranno irreparabilmente in una realtà dolorosa e clamorosa. Dixie et servavi animam meam. Il direttore generale 116 Doc. 49– Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti al Comm. Ojetti sulla tutela dei monumenti e degli oggetti d’arte . 14 gennaio 1924. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Roma, 11 Gennaio 1924 Direttore Generale Per Le Antichità e Le Belle Arti Carissimo Ugo, volevo risponderti di persona, ma non ne ho trovato il tempo fino a questo momento, perciò, cominciando col domandarti scuse, mi valgo dell'opera di Lay per farti avere le notizie che nell'ultima parte della tua lettera mi chiedi sulla riforma degli uffici ed istituti di antichità e d'arte. Devo dirti innanzitutto che la fusione delle Soprintendenze ai monumenti con quelle degli oggetti d'arte non è stata decisa - come tu hai supposto- in vista delle persone cioè per riparare alle deficienza di capacità di taluni dei soprintendenti ai monumenti; ma in applicazione di un principio razionale del quale io sono fautore convinto. Il restauro di un monumento è prima un problema storico- critico- artistico, poi un problema tecnico; le prime ricerche sono quelle dello studioso, del critico che deve impostare il problema del restauro e risolverlo, lasciando poi esecuzione all'architetto, che vi provvede coi suoi accorgimenti. Gli strepiti degli Architetti mi fanno pensare a quelli dei pittori e degli scultori al tempo in cui le prime direzioni delle gallerie e dei musei vennero tolte a loro e furono affidate agli storici dell'arte ed agli archeologi. Quegli strepiti ebbero breve durata e rappresentano la naturale difesa di un interesse individuale ; oggi nessuno si sentirebbe di sostenere la stessa tesi. Lo stesso avverrà delle proteste attuali le quali poi non hanno ragione d'essere perché non è affatto escluso che la 117 Soprintendenza possa essere affidata ad un architetto. L'essenziale è che sia unico l'ufficio che provvede alla tutela dei momenti e degli oggetti d'arte. ciò premesso rispondo brevemente alle tue particolari domande: I) non è esatto che si sopprimano delle Soprintendenze ai monumenti per aggregare a quelle degli oggetti d'arte. In realtà sono soppresse le une e le altre ed in loro luogo sono istituite le nuove soprintendenze che avranno sede a Torino, Milano, Trento ,Venezia ,Bologna, Firenze, Siena, Perugia, Ancona, Aquila, Roma, Napoli e Palermo. Le circoscrizioni di ciascuno puoi facilmente immaginarle in base alla sede dell'Ufficio di Soprintendenza. Tieni però conto che per la Venezia Giulia ed il Friuli, la Puglia e la Basilicata la Calabria e la Sardegna sono istituite soprintendenze uniche avente cioè i compiti dei tre tipi precedenti di soprintendenze. La ragione di ciò è ovvia. II) nella prima applicazione della riforma i posti di soprintendente saranno affidate ai funzionari che saranno da un'apposita commissione giudicatrice meritevoli ed idonei, qualunque sia il loro grado. Si avrà così la possibilità di scegliere veramente i migliori, senza esser legati a vincoli di anzianità o di grado. E poichè viene tolta la disposizione che impone le nomine in locum, i funzionari potranno essere trasferiti da un luogo ad un altro. Perciò l'Amministrazione non sarà affatto obbligata per nominare il soprintendente di una sede e scegliere o l’ uno o l’altro di quelli che ora vi sono, anche se per avventure essi siano entrambe idonei. Puoi lasciarli in sottordine e nominare soprintendente un funzionario che oggi si trovi in altra sede. Bisognerà naturalmente agire e si agirà con assoluta giustizia ed esclusivamente nell’ interesse dei servizi senza alcun riguardo per le persone. III) le soprintendenze agli scavi avranno siedi in Torino, Padova, Bologna, Firenze, Ancona, Roma ,Napoli, Siracusa. Naturalmente le regioni in cui le soprintendenze è unica, questa si occuperà anche delle materie archeologiche 118 .Se necessario codeste soprintendenze saranno divisi in due riparti. IV) La Soprintendenza di Pisa non è stata mantenuta. Per l'arte medievale e moderna la Toscana avrà due Soprintendenze, quella di Firenze per le province di Firenze, Lucca e Massa Carrara quella di Siena (che già esisteva e non viene creata ora) per le rimanenti province. Ma, poiché il governo ha facoltà di mantenere speciali uffici distaccati, dipendenti dalle soprintendenze, in luoghi di grande importanza artistica, un provvedimento simile sarà dotato per Pisa. V) contrariamente alle mie proposte, nessun trattamento speciale sarà fatto in via transitoria agli attuali soprintendenti che non avranno nel nuovo ordinamento il grado di sovrintendente. Essi dovranno esercitare le mansioni del grado che sarà loro attribuito. Quindi, restando Direttori, saranno in sottordine. Una disposizione poi ti permetterà di eliminare entro quest'anno i soprintendenti molto vecchi. Credo così di aver corrisposto completamente le tue richieste e l'ho fatto fare in forma schematica per essere più preciso. Le notizie che si riferiscono a disposizione concrete contenute nel decreto hanno naturalmente carattere riservato. Tanti saluti appassionati dal tuo Arduino 119 Doc. 50 – Lettera di A. Colasanti del Consiglio Superiore per le Antichita’ e Belle Arti al Comm. Ojetti sulla legge per la tutela . ottobre 1928. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Ottobre 1928 In un paese come l'Italia dove ogni Oscuro villaggio, ogni modesta Chiesa, può racchiudere un tesoro d'arte ignorato o disconosciuto e dove così scarso è da parte dei privati il senso di difesa del patrimonio artistico in confronto degli incettatori per conto dell' estero. È veramente straordinario che non si sia mai pensato che a tratti, senza continuità ed organicità, alla redazione di un catalogo delle opere d'arte possedute da enti e da privati. Pure sino al 1919 poche migliaia- non più di tremila- di schede dovevano rappresentare il censimento di questo patrimonio. Oggi le schede di catalogo redatte da competenti, rivedute dai capi degli uffici, salgono a più di decina di migliaia: intere province sono ormai censite, per altre il lavoro è a buon punto e continua con la massima alacrità. E questo censimento non è solo strumento di studio, materiale prezioso per lavoro: è anche la sola garanzia contro la scomparsa, colposa o dolosa, degli oggetti d'arte: ogni scheda porta l'Impegno da parte del possessore di conservare l'oggetto o comunicare il passaggio di proprietà: ogni scheda costituisce la salvezza di un oggetto da un pericolo, sempre imminente, e cioè il passaggio della frontiera. La legge sulla tutela delle bellezze naturali è del 1922; ma rappresenta il coronamento di uno sforzo durato da parecchi anni. Questa legge permette all'amministrazione delle Belle Arti di intervenire contro chiunque, per difendere il paesaggio, un punto di vista, una cascata, un insieme pittoresco di case, un bosco, anche un albero solo. E’ un vincolo alla proprietà privata, è una 120 regola dell'azione di enti, spesso anche di alte amministrazioni dello Stato: vincoli e remore sono sempre combattuti, osteggiati, non compresi. In poco più di cinque anni, il risultato più mirabile non è il numero, pur grande, dei provvedimenti emanati: bensì l’aver fatto penetrare nel convincimento e nella coscienza di tutti, amministrazioni e privati, che l'intervento delle Belle Arti e tutela di quel patrimonio inestimabile di bellezza che è costituito dalla nostra meravigliosa natura è legittimo, è logico, è necessario. Questo il risultato massimo, ideale; ma, accanto, i risultati pratici: si è iniziato un censimento delle bellezze d'Italia: iniziato largamente, con la distribuzione di oltre 20.000 schede, a enti a società, a privati, si è raccolto un materiale indicativo di primo ordine; su questo materiale si lavora da anni, per imporre vincoli a salvaguardia di quelle bellezze che veramente valgono la pena di essere tutelate; e nuove indicazioni vengono sempre, dalle Soprintendenze, da comuni da privati: non è rato il caso che sia il proprietario di un fondo a chiederle il vincolo come bellezza naturale. Non tutto ciò che viene segnalato può essere vincolato o svincolato in modo da impedirne ogni modificazione: vengono eliminate bellezze minori o comuni a molti luoghi, vengono consentiti mutamenti che salvaguardano la bellezza dei luoghi, ma consentono lo sfruttamento di energie naturali o di zone di terreno per coltivazioni o per costruzioni. Pur con queste limitazioni, il numero dei terreni sui quali non si può oggi portare modificazioni senza il previo consenso delle Belle Arti notevolissimo: intere zone sono difese in blocco: Taormina, il colle della Maddalena a Torino, e ben 2775 sono gli immobili vincolati. In questo numero non sono compresi terreni gli edifici di proprietà demaniale. Si è studiato da molto tempo un disegno di legge di modifica a quella del 20 giugno 1909 di tutela monumentale, facendo tesoro dell'esperienza di tanti anni. E, seguendo i principi oramai affermatisi nella coscienza giuridica del paese, in 121 codesto disegno si è dichiarata la demanialità del sottosuolo archeologico. Nel 1919, nei giorni tristi dell'immediato dopoguerra, tra le difficoltà del pubblico erario, le rovine da riparare, le incertezze i torbidi delle sommosse popolari, le grandi imprese archeologiche in Italia erano grandemente ridotte di potenzialità e di numero; può dirsi anzi che soltanto Pompei, Ostia e Cere fossero i soli grandi campi di scavo ancora in azione, soprattutto per la necessità di non licenziare le maestranze specializzate che ad essi erano permanentemente addette; oltre a di essi qualche esplorazione veniva condotta in Sicilia e nella Magna Grecia, come in Sardegna, per la personale iniziativa e per lo sforzo intelligente di Paolo Orsi e di Antonio Taramelli. Oggi, dopo circa nove anni, sia pure attraverso formidabili difficoltà di ordine finanziario, il quadro è notevolmente migliorato: le grandi imprese di Pompei, Ostia e Cere sono continuate, ma molte altre si sono aggiunte ad esse; è l'opera di mecenatismo illuminato di alcuni amatori delle nostre antiche memorie e delle nostre vestigia del passato, sagacemente eccitata ha contribuito non poco a questi casi ripresa del lavoro archeologico. Cominciamo dalle antichità preistoriche. Ai balzi Rossi (presso Ventimiglia), confondi largamente concessi dal conte Costantini, si sono riesplorate le celebri grotte del Grimaldi, ed una nuova grotta, ancora intatta, è stata scoperta e investigata con notevoli risultati per la determinazione dei periodi della civiltà paleolitica in Italia. Due altre stazioni primitive su palafitte furono esplorate nell'Italia settentrionale: l'una a Gottolengo (Brescia) e l'altra della seconda età del ferro presso Bolzano. Anche le ricerche etrusche ebbero, in questo ultimo decennio, un notevole sviluppo: non solo la necropoli di Cere, ma quelle ancora di Populonia, di Vulci,di Tarquinia, di Sovana, di Fiesole e di Chiusi hanno fornito interessanti elementi indagine ai dotti e ricchi suppellettili ai musei di Firenze e di Roma. Sempre per le età preromana, fu intrapresa a Dignano (Pola) l'esplorazione metodica di 122 Castellar di Monteorsino, colle su due necropoli, furono sterrate e ristorate ad Ascoli Piceno le mura delle cinta preromana e soprattutto fu scoperta e già largamente scavata presso Comacchio un'immensa e ricchissima necropoli forse quella dell'antica Spina che ha ridato alla luce oggetti innumerevoli e superbi: vasi greci, bronzi,oreficerie ecc. che anche venalmente rappresentano già un valore di molti milioni. Fra tanto in Sardegna, a Serri, ad Abim, ad Abbasanta, a Porto Torres. La civiltà primitiva della Sardegna ha ridato nuove vestigia, ed in Sicilia numerosi templi greci risorgeranno e riapparivano nella loro frammentaria magnificenza: quello di Atena a Siracusa, quello di Selinunte, quello di Ercole ad Agrigento. Nel campo della stessa civiltà greca è da notarsi l'inizio della grande esploratozione di Velia, la città storica degli Eleati , di cui furono riesumati i tre templi, la strada ellenica che saliva dal porto all’acropoli e le mura della cinta. Ma gli scavi maggiori riguardano pur sempre la civiltà romana: oltre alla prosecuzione delle esplorazioni di Pompei e di Ostia si sono iniziate quelle di Ercolano, da tanto tempo inutilmente invocate, quelle della virgiliana grotta delle sibille a Cuma, quelli della casa di Augusto sul Palatino, quelle del gran porto fluviale romano di Aquileia, sul Natisone, quelle condotte nella zona archeologica di Sarsina con il ritrovamento di numerose opere d'arte di notevole interesse, quelle di una villa romana a Cosa, quelle di teatri antichi di Rimini e Ferento e dell’ anfiteatro di Santa Maria Capuavetere. E aggiungiamo le ricerche ben note per rimettere alla luce le famose navi di Caligola sul lago di Nemi e quelle condotte intorno a due monumenti del Basso Impero e paleo-cristiani il palazzo di Onorio e di Galla Placidia a Ravenna, la Basilica Eufrasiana di Parenzo. Per concludere ricordiamo la istituzione di una missione archeologica in Albania diretta da dr. Ugolini, la ricostruzione di quella per gli scavi di Egitto, affidata al prof. Anti, il nuovo assetto dato a quella ormai tradizionale di Creta. Lavoro vasto e complesso che nelle difficoltà 123 finanziarie dell’ora presente solo un'opera assidua ardita e sagace poteva permettere di condurre a compimento. Nel campo della conservazione monumentale a Trento, nel Castello del Buonconsiglio, una paziente, sistematica opera di restauro ha rilevato e sta rilevando tutte le nascoste bellezze di quel singolare complesso di edifici; sono restituite a sicuro decoro le insegne Basilica di Aquileia, di San Giovanni e Paolo a Venezia, abbazia di Pomposa, La Certosa di Pavia, il glorioso Cenacolo Vinciano: a Villafranca si è dato corso ai lavori di consolidamento di l'importante Castello Scaligero; il castello di Fenis ha pure avuto decoroso riassetto; il Superbo Palazzo Ducale di Mantova ha visto progredire in modo decisivo i restauri da anni ivi iniziati, rivelatori continui della nascosta bellezza dell'edificio ed anzi quanto prima sarà attivato il giro completo dei saloni monumentali di quello storico edificio. A Pavia la facciata della Certosa è stata in gran parte restaurata. A Ravenna, dopo il restauro dei monumenti danteschi in occasione del centenario, si è provveduto alla sistemazione delle adiacenze del Tempio di San Vitale e si è ripreso l’ interrotto lavoro di restauro del mirabile pavimento musivo. A Forlì si è consolidato l'insigne castello delle Cavinate. Numerose chiese e palazzi della Liguria, del Piemonte, della Lombardia, del Veneto e dell'Emilia hanno ritrovato la forza di sfidare i secoli mercé provvidi lavori che hanno assicurato la statica. Sono tra essi per citare solo i principali, l'Abbazia di Chiaravalle, il Duomo di Cologna Veneta, Il Chiostro di Bressanone, Santa Maria delle Grazie in grado, la Basilica Eufrasiana di Parenzo. Ne è mancato l'impulso al riordinamento di istituti antiquari e alla creazione di nuovi. A Torino sono stati aggiunti nuovi saloni al Museo Egizio per la raccolta delle suppellettili scavate in Egitto del compianto senatore Schiaparelli. A Parma è stato notevolmente ampliato il riordinamento il Museo di Antichità ed è stata pure ingrandita la cospicua Pinacoteca. Bologna 124 ha veduto radicalmente riordinata, accresciuta di altri ambienti e arricchita di nuove opere. A Milano è stata riaperta la R. Pinacoteca di Brera le cui collezioni arricchite di nuovi acquisti e da qualche cospicuo dono hanno avuto un sistematico ordinamento nelle sale rinnovate. Acquisita allo Stato la ricca collezione di oggetti orientali Trau, se ne è curata la sistemazione nel palazzo Pesaro di Venezia, divenuta così sede di un Museo d'Arte Orientale tale da gareggiare coi più importanti istituti esteri del genere. Anche a Venezia, infine, nella Ca’ d’Oro dono inapprezzabile fatto allo stato dal barone Franchetti, un altro museo è stato formato è aperto al pubblico; esso contiene una pregevolissima collezione d'arte, proveniente in parte dallo stesso donatore, in parte dai suoi eredi. Il Ministero l’ha integrata e mi ha fatto curare l'ordinamento in ambienti sapientemente restaurati. Nella Toscana si è proceduto al restauro del Duomo di Massa Marittima, di non pochi monumenti che risentivano ancora dei danni del terremoto. Si è compiuta una decorosa nuova sistemazione dei musei e gallerie fiorentine: notevole soprattutto quelle del Museo Archeologico e del Museo degli Argenti. Tra le opere tecniche più importanti è da ricordare il consolidamento del Duomo di Pienza e i lavori sperimentali per la stabilità della Torre Pendente di Pisa, finalmente iniziati sotto la guida di una Commissione di illustri personalità della Scienza italiana. Passando all’ Umbria, basterà ricordare il restauro dei monumenti assisiati in occasione del centenario francescano, il restauro del Bramantesco tempio della Consolazione a Todi, il consolidamento del Duomo di Spoleto, il restauro dei mosaici della facciata e degli affreschi dell’ abside del Duomo di Orvieto, nella quale città si è provveduto anche ad opere necessarie nella chiesa di Sant'Andrea. Un monumento notevolissimo è stato istituito all'arte e al culto con i lavori condotti nella chiesa ed abbazia longobarda di Ferentillo, ove sono venuti in luce pitture e marmi di singolare importanza. 125 Restauri da segnalare sono pure quelli di Palazzo Episcopale a Rieti e della chiesa di San Francesco a Terni. Nelle Marche, tra gli altri lavori, si è provveduto al restauro di San Ciriaco e di Santa Maria di Piazza in Ancona nonché alla difesa delle onde marine minaccianti di Santa Maria di Porto Nuovo. Cure particolari sono state prodigate al Palazzo Ducale di Pesaro. Una razionale sistemazione è stata data al Museo archeologico di Ancona, celebre per le raccolte di antichità picene, nella splendida e basta sede di San Francesco alle scale. Si è acquistato il bel castello di Gradara restituito recentemente al suo primo splendore. A Roma è da ricordare l'acquisto di insigni monumenti, quali la Farnesina e Palazzo Spada; il felice restauro del Tempio della Fortuna Virile, di San Giorgio al Velabro, dell'Oratorio di San Sebastiano nell'ospedale di San Giovanni, dei quattro santissimi Coronati, nonché il quasi totale completamento della ricostruzione della Basilica di San Paolo. Il Museo Nazionale Romano è stato ampliato con un nuovo braccio, la Galleria Borghese è stata più decorosamente sistemata in alcuni dei suoi ambienti, un degno sviluppo, in sale all'uopo predisposti, è stato dato al Museo Nazionale di Villa Giulia. Aggiungasi che il primo si è arricchito, oltre che di varie opere di scultura venute in luce in occasione di lavori edilizi o rurali, della cospicua collezione numismatica Gnecchi ; e la seconda di una mirabile Deposizione di Lorenzo Lotto e di una Madonna del Correggio che figurano degnamente tra gli altri capolavori; e infine il terzo dei magnifici ori Castellani. Opere di consolidamento sono state fatte a Castel Sant'Angelo, e per il Museo Nazionale, che nella Mole ha sede sono state acquistate cospicue raccolte d’ armi di proprietà Zanvettori e lavori di adattamento sono stati eseguiti nel Pantheon, e resi necessari per la tumulazione dei resti mortali di S.M. la Regina Margherita. A Tivoli si è ridata l'antica voce alle mute fontane e si sono assestati definitivamente i giardini di Villa d'Este, l'edificio della quale è stato pure 126 restaurato e messo in condizione di accogliere il pregevole materiale della collezione etnografica Loira. A Gradoli si è restaurato il Palazzo Farnese. Negli Abruzzi e Molise sono stati portati a compimento importanti lavori nelle chiese di Notaresco, Collarmele; Popoli ed Agnone. Non minore è il numero degli edifici monumentali dell'Italia meridionale ed insulare restaurati nella statistica o nelle linee architettoniche. In Campania La Badia di Montecassino, il Duomo di Caserta vecchia, Episcopio di Ventaroli, San Salvatore Maggiore e Sant'Angelo in Formis a Capua, le cattedrali di Salerno ed Amalfi, Santa Sofia di Benevento, le Certose di Padula e Capri. A Napoli le chiese di San Pietro a Maiella e di San Lorenzo, l'Incoronata, il complesso monumentale della chiesa e del convento di Santa Chiara, il Museo Nazionale, rafforzato nelle cedenti fondazioni la tomba di Virgilio, riportata a un isperato decoro. Nelle Puglie di uomo di Conversano ricostruito, la Basilica di San Nicola di Bari di cui è in corso il ripristino, la Cattedrale di Bari e quelli di Molfetta e di Manduria, e Castel del Monte dove sta per compiersi una serie di lavori. In Calabria e in Basilicata il Duomo di Melfi e quello di Tropea, San Francesco ad Irsina, Santa Filomena il battistero Santa Severina, la Chiesa e il Cenobio di San Giovanni in Fiore in piena Sila. In Sicilia la cattedrale di Girgenti e di Siracusa, la Martorana, la Cuba e San Giovanni degli Eremiti Palermo; in Sardegna la chiesa di San Pietro di Zuri, scomposta e trasportata e ricomposta dal vecchio al nuovo abitato pietra per pietra, il castello di Sanluri, le chiese di Santa Giusta i di Saccargia. Anche nell'Italia meridionale notevole è il numero dei musei regificati o addirittura sorti ex novo. A Napoli d'accordo col Comune è stato istituito un Museo Nazionale della ceramica, con sede nella splendida Villa Floridiana , Nucleo principale di esso è la importantissima raccolta artistica legata alla città di Napoli del defunto Duca di Martina don Placido di Sangro. A Napoli stessa 127 si è formato un primo nucleo di Museo d'Arte sacra nel convento di Santa Chiara a Caserta nella splendida reggia, si sono ordinati cimeli storici ed opere d'arte riferentesi alla dominazione borbonica. A Trapani il Museo Pepoli è stato regificato. A dare degna sede, infine, al museo di Sassari è opportunamente intervenuta l'offerta generosa fatta dalla signora Zeli Sanna vedova Castoldi che, per onorare la memoria del padre onorevole Giovanni Antonio Sanna, decideva non solo di donare allo stato un terreno di sua proprietà ma a tutte sue spese faceva su di esso sorgere l'edificio nuovo che accoglierà tra non molto sia le collezioni antiquarie ed artistiche legate dall'onorevole Sanna alla città di Sassari sia il vecchio nucleo delle raccolte statali. Dal 1919 in poi circa; 50 milioni di lire si sono ottenuti dalla Finanza per lavori straordinari di restauro monumentale, costruzioni e riordinamento di musei, scavi archeologici. È stato inoltre possibile ottenere che fosse ripristinato un fondo per acquisti di opere di Antichità e Artie in luogo del soppresso monte delle Belle Arti. Si è inoltre ottenuto che non tutto il provento della tassa d'ingresso andasse devoluto all’ erario, ma che una congrua parte fosse messa a disposizione dell'amministrazione delle Belle Arti, integrando così gli stanziamenti ordinari di bilancio, riconosciuti purtroppo costantemente inadeguati ai bisogni degli uffici di antichità e d'arte. 128 Doc. 51– Lettera di A. Colasanti del Consiglio Superiore per le Antichita’ e Belle Arti al Comm. Ojetti sul ritrovamento di un raro reliquiario d’argento nell’altare maggiore della chiesa di Santi Cosma e Damiano in Roma. 16 agosto 1932. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ). Roma, 16 agosto 1932 Carissimo Ojetti, in seguito a disposizioni da me date furono fatte ricerche nell’altare maggiore della chiesa di Santi Cosma e Damiano in Roma e fu trovato un grazioso e raro reliquiario d’argento che reca i nomi insigni dell’abate Desiderio e di Cencio Frangipane, in una iscrizione posteriore alla esecuzione del reliquiario stesso. Ho scritto di quel bel coperchio una breve illustrazione (due pagine di testo) che vorrei dare a Dedalo, purché tu me la pubblicassi molto sollecitamente , perché io ho lasciato trascorrere tempo dal risentimento e sento che altri ambirebbe a portarmi via la primizia. Essendo la capsella di forma rotonda e di argento oramai annerito, io ne ho fatto eseguire a mie spese un disegno per mostrarne la decorazione in tutti i suoi particolari. Tale disegno, che ti invio raccomandato a parte per visione e che ti prego di restituirmi quanto prima potrai ti prego raccomandato, dovrebbe essere pubblicato insieme con la fotografia. Se ti sembra gradito, Dedalo, mi dovrebbe rimborsare la spesa del disegno; se no pazienza. In attesa di una tua risposta, ti saluto caramente. Tuo Arduino Colasanti 129 Doc. 52– Bollettino “L’Opera di Soccorso per le Chiese Rovinate Dalla Guerra”. 3 maggio 1926.(S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. II, C. letterati e politici, 843. Costantini ). Palazzo patriarcale, Venezia, 3 maggio 1926 L’OPERA DI SOCCORSO PER LE CHIESE ROVINATE DALLA GUERRA L’opera di soccorso per le chiese rovinate dalla guerra, ideata fino ai primi mesi del 1917, costituita in forma definitiva nell’agosto del 1918 e approvata con autografo di Benedetto XV il giorno dopo la vittoria – 5 novembre 1918 – è formata da una presidenza d’amore, di cui è a capo S. Em. Il Card. Pietro La Fontaine patriarca di Venezia e che comprende tutti gli Ecc. mi Arcivescovi e Vescovi della regione Veneta (Tre Venezie ) e di un Consiglio Direttivo, di cui fanno parte sacerdoti, artisti , critici d’arte e uomini eminenti di tutta Italia. Direttore dell'Opera è Mons. Giovanni Costantini, canonico teologo della Basilica di San Marco, professore in Seminario patriarcale e nella R. Scuola Superiore dell'Architettura presso la R. Accademia di Belle Arti in Venezia un comitato centrale di Signore che ebbe in modo speciale compito della provvista di essere lì ,per le chiese che ne erano state private, è presieduto dalla Contessa Giulia Persico Della Chiesa Apposito Statuto delinea le qualità dell'Opera e ne traccia con precisione il metodo di lavoro. Scopi dell’opera L'opera ha per scopo: 1) di dare direttive in linea d'arte nella ricostruzione di tutto l'ingente patrimonio sacro immobile distrutto dalla guerra. 130 2) di provvedere in accordo con il governo a tutti paesi delle Province già occupate dal nemico le oltre 10.000 campane asportate dagli austriaci e dai germanici. 3) di provvedere arredi per l'esercizio del culto nelle baracche erette ad uso di chiesa tra le norme dei paesi delle chiese spogliate. 4) di raccogliere fondi facendo appello alla carità privata e alle elargizioni degli enti pubblici per coadiuvare i paesi della costruzione di chiese artisticamente decorse e nella provvista di arredi. Per rendere facile il raggiungimento di questi scopi pubblicitari, stabilire relazioni con tutti i membri del governo e con tutti i Ministeri interessati alla ricognizione del Veneto e mantenere opportuni contatti con gli uffici ministeriali a Roma a Treviso a Trento e Trieste. Così fu possibile ottenere con apposito decreto-legge dell’ ottobre del 1919, le chiese parrocchiali ,agli effetti del risarcimento e della ricostruzione, fossero considerati edifici di pubblica necessità. Nella legge generale dei risarcimenti danni , votata della Camera durante la guerra è che se non erano ricordati e poi che il decreto legge riguardava solamente le chiese parrocchiali, l'Opera insistette, e fu possibile avere una legge suppletiva, in data 4 luglio 1922 con la quale viene dato diritto al completo risarcimento come ad enti di pubblica necessità e tutte le chiese necessarie per il culto. Oltre queste due leggi, l'Opera ottenne molte altre disposizioni a favore degli enti ecclesiastici. Per esempio un cospicuo stanziamento per quadri è stato ed è titolare delle chiese parrocchiali, l’intervento dei rappresentanti del clero nella valutazione dei danni agli arredi e beni mobili etc. etc. circa le pale d'altare e le statue, il R. Commissariato di Treviso ha già provveduto per quasi tutte le chiese in accordo con i Rev. mi Parroci, e con le rispettive Curie Diocesane. 131 La ricostruzione delle chiese. Le chiese distrutte del tutto o che ebbero danni dalla guerra, furono oltre mille, disseminate sulle tre frontiere del Carso del Piave e del Trentino. L'opera si propose subito di impedire che nell' affanno delle ricostruzioni venissero costruite delle brutture e tal fine bandì un concorso tra architetti e artisti italiani per progetti di chiese di Stato di arredamenti. Quel concorso e parecchi altri (per il Duomo di Monfalcone, per la pala d altare del paese di Marco di Val Lugarina, per Valdobbiadene, per San Pietro di Gorizia, per le decorazioni della chiesa di Samone nel Trentino, di Moriago , di Ponte di Piave , per una statua del Cuore di Gesù, per una Via Crucis, ecc.), hanno suscitato un nobile e un fervoroso movimento negli artisti italiani desiderosi di lavorare per le Chiese. Le chiese distrutte o danneggiate (meno pochissime in centri minori e per le quali sono a buon punto le pratiche edilizie delle ricostruzioni) sono tutte ritrattate o ricostruite ex novo o in corso di ricostruzione. Le chiese nuove del tutto o quasi del tutto sono circa 184 e sono belle chiese quasi sempre più grandi delle distrutte e le altre sono intorno ad 820. Alcune di queste ebbero danni molto gravi e per parecchie fu necessario rifare completamente il campanile che la furia distruttrice della guerra prendeva particolarmente di mira. I disegni delle chiese nuove e dei ritratti radicali sono quasi tutti esaminati dalla Commissione Artistica dell'opera in numerosi e laboriosi adunanze fatto questo scopo. La rifusione delle Campane. Il nemico ha asportato o distrutto, nelle Terre Liberate e nelle nuove province, 9764 campane. Appena conseguita la vittoria l'opera di soccorso impegnò il R. Governo ad operare il bronzo dei cannoni presi al nemico per ridare le campane ai paesi danneggiati. Dopo infinite difficoltà il lavoro fu iniziato e continuato 132 tanto che al 30 aprile scorso sono state già rifuse e ricollocate e sui campanili 7297 campane, e cioè tutte quelle delle Terre Liberate il numero di 4510 più 2679 per una parte dei paesi delle nuove province. Restano da fondere ancora 2557 campane per i rimanenti paesi delle nuove province e giova sperare che il R. Governo voglia riprendere, in vantaggio di quelle buone popolazioni, il lavoro da qualche anno sospeso. Il peso complessivo delle campane asportate o distrutte di quintali 38436 e cioè 21236 delle campane per le terre liberate, 9123 delle campane già fuse e 8077 di quelle ancora da fondere per le nuove province. Raccolta e distribuzione di arredi. L'opera ha raccolto in tutta Italia una grande quantità di arredi che, premurosamente distribuiti, permisero l'inizio del culto fra le rovine dei paesi. La celebrazione del Santo Sacrificio e la benedizione del Signore precedettero ed accompagnarono dovunque i primi inizi di una vita nuova dei paesi che si apprestavano a risorgere. Un prospetto riassuntivo pubblicato nell'ottobre del 1924 da un'idea di quanto è stato raccolto specie per cura del Comitato delle Signore, e del metodo seguito nella distribuzione. Il numero totale degli arredi donati oltrepassa la cifra di 17.000, per l'importo di oltre un milione di lire. Fondi. L'opera ha raccolto pure fondi, specialmente con lavoro di persuasione presso i vari Dicasteri governativi. Con i medesimi fu possibile, oltre la provvista di arredamento per cariche chiese, segnare aiuti in denaro ai parroci di ben settantacinque paesi, con una media di lire 10.000 per ognuno. Ora l'Opera ha quasi esaurito il suo compito: continua ancora a sorvegliare l'umiliazione e la decorazione delle chiese. Un merito che è d'uopo riconoscere è il mirabile 133 spirito di sacrificio e lo slancio personale continuo per i lavori di ricostruzione delle chiese, che ha animato i sacerdoti delle tre zone devastate e in particolare della zona del Piave. Per la zona del Trentino ha un merito grandissimo il sacerdote e prof. Vincenzo Casagrande che negli uffici di Trento ha trovato continua e cordiale corrispondenza. A tale proposito e per tutto l'ingente lavoro che fu compiuto, occorre rilevare che in uffici governativi specialmente il R. Commissariato per le Riparazioni dei danni di guerra di Treviso diretto dal Cav. di Gr. Cr. Ing. Raimondo Rava, Ufficio che ha svolto la sua attività in più vasta sfera, hanno mirabilmente assecondato il desiderio delle popolazioni di vedere con sollecitudine e con decoro ricostruite le loro chiese e rifuse le loro campane. L'Opera di Soccorso a motivo di compiacersi dell'azione che ha potuto svolgere e ne dà qualche saggio esponendo alla Mostra Internazionale di edilizia a Torino (maggio 1926) una serie di immagini delle belle chiese risorse accanto alle penose e tristi riduzioni delle rovine in cui la guerra aveva ridotto tanto patrimonio, caro, come è più che la casa, alle popolazioni venete. Il Governo Italiano ha avuto, in questo campo delle ricostruzioni, un merito insigne, e cioè quello di aver accolto proposte pratiche, assecondato iniziative, fissato organizzazioni è disposto mezzi adeguati perché all’Italia potesse essere attribuito il primo posto, tra le nazioni colpite da uguale flagello, anche nell'ambito della ricostruzione di tutto il patrimonio religioso delle Tre Venezie. 134 Doc. 53- Lettera di C. Costantini del R. Ministro Del Lavoro Pubblico al Comm. Ojetti per un trafiletto riguardante le opere di soccorso post guerra sul Corriere Della Sera. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. II, C. letterati e politici, 843. Costantini ). 16 novembre 1926 R. Ministro Del Lavoro Pubblico Caro Ojetti, Nel numero 262 in data 3 novembre del Corriere ho letto una corrispondenza firma G.L. nella quale si esalta l’azione svolta dall’opera di soccorso per le chiese rovinate dalla guerra nel campo delle ricostruzioni. Chi abbia conoscenza di quanto è stato fatto nel Veneto dagli organi dell’Amministrazione Statale per le riparazioni dei danni di guerra, non può rilevare nel detto articolo una grave omissione la quale rappresenta un ingiusto disconoscimento di quell’azione. Si deve sapere che le chiese ricostruite interamente o restaurate in modo più o meno radicale dal Commissariato per le riparazioni dei danni di guerra sono circa 600 e che numerosissimi sono del pari dei campanili. La spesa complessiva sostenuta per opere culturali è di circa L. 55 milioni. I medesimi Uffici statali hanno inoltre provveduto essi stessi agli appalti per la fusione e per il collocamento in opera di numero 6730 campane del peso complessivo di quintali 31.400 e con una spesa di quasi 30 milioni, per le quali campane le opere di soccorso compilò l’elenco nominativo. Poiché il Corriere è diffusissimo non solo in Italia ma anche all’estero io penso che un omissione così evidente potrebbe destare una pessima e dannosa impressione nel pubblico il quale vedrebbe disconosciuto quanto dagli organi statali è stato fatto. Lascio pertanto 135 a te il giudicare se non convenga pubblicare sul giornale una nota aggiuntiva che valga a correggere almeno in parte se non a distruggere quella impressione he l’autore dell’articolo avrebbe forse potuto e dovuto evitare. Cordiali saluti Celso Costantini 136 Doc. 54- Lettera di C. Costantini del R. Ministro Del Lavoro Pubblico al Comm. Ojetti per invitarlo ad una seduta generale di tutti i Consiglieri e delle Autorità locali. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. II, C. letterati e politici, 843. Costantini ). Venezia, 2 gennaio 1927 Ill.mo Signore, nel passato anno 1926 l’ ”Opera di Soccorso per le Chiese rovinate dalla Guerra” ha raggiunto tutti gli scopi che si era proposta di raggiungere quando nel 1918 fu costruita ed ora si crede opportuno scioglierla. A tal scopo lunedì 10 corrente, alle ore 14, sarà tenuta in Palazzo Patriarcale di Venezia, una seduta generale di tutti i Consiglieri e delle Autorità locali. In tale occasione sarà fatta la relazione morale di tutto il lavoro compiuto, e la relazione finanziaria; e saranno date ai componenti l’ ”Opera”, la Nob. Contessa Giulia Persico e le autorità locali. Certo del suo intervento ringrazio fin d’ora e ossequio con devoto rispetto. Obb.mo Mons. Celso Costantini 137 BIBLIOGRAFIA Bibliografia di Ugo Ojetti OJETTI 1892-1893 = U. Ojetti, Paesaggi, Forzani, Roma,1892-1893. OJETTI 1895 = U. 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