Ritorno a Napoli
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Ritorno a Napoli
Peter Flaccus Ritorno a Napoli a cura di Tanja Lelgemann Questa mostra è dedicata alla memoria di Jacqueline Risset. Peter Flaccus 1 Via Cavallerizza a Chiaia, 57 / Interno cortile 80121 Napoli / +39 081 415702 [email protected] / www.intragallery.it QUADERNO N° 1 Collana “I Quaderni di Intragallery” Ritorno a Napoli di Peter Flaccus A cura di Tanja Lelgemann dal 20 Novembre 2014 al 31 Gennaio 2015 Direzione Artistica Architetto Annamaria De Fanis Architetto Rosa Francesca Masturzo Progettazione grafica Marco Tramontano Ringraziamenti Con il patrocinio di Consolato Generale degli Stati Uniti d’America, Napoli Fondazione Premio Napoli Conservatorio di musica San Pietro a Majella, Napoli media partner partners www.racnamagazine.it Racna Magazine Fonzone MCM Eventi e Congressi con il contributo di Caffè Bizarte Cuoche in giro Gayodin Inoltre si ringraziano: Pia Candinas, Lucio Gregoretti, Luigi Trucillo. 2 Napoli 3 Nei mari del sud Accanto all’oceano le specie dimenticano in fretta i propri ricordi. La salsedine stacca chele e membrane come se fossero sogni, unghie agitate dal fantasma di un sauro. Il sole batte, ma l’onda è un mattino o una notte allungata da un ritmo che mugghia i suoi inganni? Il mio sguardo è spaccato da strane libellule come fossero nomi, suoni sciamanti dall’acqua che mi fermano il sangue: può la scienza essere aperta fin dove la mente finisce e poi aprirsi ancora nel lampo, nella ventosa purpurea in cui la visione si accelera pulsando in una scia di vapore? Di nuovo accade tutto così all’improvviso da essere lento. La sabbia spazzata dal vento mi acceca, mi penetra. Stanotte ero estraneo e oggi non potrò più diventare un uomo irrimediabilmente lontano. 4 5 Ritorno a Napoli 6 Il “Ritorno a Napoli” intrapreso da Peter Flaccus con la mostra all’Intragallery è un ritorno simbolico a una delle principali culle della civiltà, a un luogo archetipico per eccellenza, percepito intensamente da tutti gli artisti che vi sono passati, anche una sola volta, evocato in modo definitivo dalle parole di Johann Wolfgang von Goethe: “Vedi Napoli e poi muori.” La città dei viaggi antichi, del modo unico in cui il mare incontra la terra e delle molteplici popolazioni che, tra Greci, Francesi, Spagnoli e Veneziani, l’hanno abitata, diventa il luogo ideale per una personalità artistica come quella di Peter Flaccus che ha sempre posto alla base del proprio lavoro la ricerca di stimoli provenienti dai più svariati ambiti della vita. Proprio questa passione per sperimentazioni inedite risultò decisiva quando l’artista, più di vent’anni fa, si trasferì da New York a Roma, dove scoprì la tecnica che sarebbe diventata presto la sua cifra personale e unica in ambito internazionale: l’encausto, descritta già da Vitruvio e utilizzata nell’Antichità a Pompei. Più di dieci anni fa Peter Flaccus intitola Vesuvio un suo dipinto al centro del quale appare una specie di cratere vulcanico chiaro, circondato da una superficie rossa intensa che ricorda il rosso pompeiano, colore che avrebbe interessato molto l’artista negli anni a seguire. In Pompeii Scribble del 2011, su uno sfondo rosso cinabro sono incise delle linee semplici ed elementari. Apparentemente casuali ed esplicitamente primitive nella forma, le linee bianche sul rosso intenso hanno un impatto visivo fortissimo. Queste composizioni lineari rappresentano una svolta nella produzione di Flaccus. Sono ispirate alle pitture murali pompeiane che l’artista aveva potuto ammirare in occasione della mostra “Roma. La Pittura di un Impero” tenutasi alle Scuderie del Quirinale nel 2009, e alla capacità che queste pitture hanno, di esprimere una forte energia attraverso linee sottili e prive di sostanza, ma di incredibile concisione ed efficacia. Questa scoperta di Peter Flaccus ha un curioso antecedente storico. Gli artisti newyorkesi di alcune generazioni precedenti, intenti a rivoluzionare l’arte negli anni Quaranta, tra cui Jackson Pollock, Clifford Still, Mark Rothko e Barnett Newman, cercando spunti per una nuova pittura nelle culture arcaiche ed esotiche, rimasero anch’essi folgorati dagli affreschi delle ville romane di Boscoreale esposti al Metropolitan Museum di New York. Per la loro dimensione monumentale e lo stile straordinario, queste pitture murali diedero una spinta fondamentale alla nascita dell’espressionismo astratto americano, di cui Peter Flaccus è in un certo senso erede in quanto, per lui come per i suoi “predecessori”, l’atto fisico della nascita del quadro diventa esso stesso “evento”, e dà il titolo a opere e a cicli di dipinti. In lavori come Halo o Pool sono raffigurati fenomeni cosmici come eclissi ed esplosioni. Altre opere come Curlew o Il Golfo richiamano paesaggi marini pieni di vita e di movimento. La cera fusa invade la superficie pittorica, sciogliendosi e sovrapponendosi a seconda della densità dei relativi pigmenti. L’artista rinuncia ad un controllo completo per lasciare spazio al libero evolversi di effetti naturali, che si realizzano in nuove possibilità di forme e nuove scoperte. In questo senso l’eccezionale Dreamer è un vero e proprio autoritratto in cui gli strati di cera sono manipolati dall’artista per definire i lineamenti del proprio volto, realizzando così un ritratto che però è anche un paesaggio universale e misterioso. Peter Flaccus, affascinato dalla natura e dalla scienza, trasforma l’atto pittorico in un fenomeno, allo stesso tempo naturale e scientifico, in cui il quadro finito rappresenta anche il processo con il quale è stato creato. L’obiettivo dell’artista è quello di creare un’immagine che esprima l’integrità di un fenomeno naturale, prendendo posizione, con un sottile senso dell’ironia, nella millenaria discussione sulla supremazia tra arte e natura, affermando che la natura è comunque superiore all’arte nella sua complessità e pura esistenza, e che non ha bisogno di essere interpretata. Nella produzione recente Peter Flaccus combina la pittura con un elemento concettualmente opposto ai fenomeni naturali: l’uso di cornici antiche, molte delle quali provenienti proprio da Napoli. Sono simboli della prosperità diffusa nel Settecento sotto il regno dei Borboni. Con la commissione di importanti opere d’arte da parte delle grandi famiglie aristocratiche, furono prodotti a Napoli i più svariati tipi di sontuose cornici dorate, costruite per ospitare ritratti, immagini sacre o paesaggi. Queste stesse cornici accolgono oggi la pittura moderna e astratta di Peter Flaccus, e cioè quanto di più lontano dalla pittura dell’epoca nella quale tali cornici ebbero origine. L’artista si inserisce così in una linea estetica che vuole liberarsi da qualsiasi convenzione per reinventare la pittura, mentre le cornici barocche e neoclassiche rappresentano invece un cliché della pittura tradizionale. Peter Flaccus procede invertendo le 7 convenzioni. Le cornici non fungono più da protezioni decorative di opere che ostentano uno status sociale, l’artista crea, al contrario, dei dipinti in funzione delle cornici che ha collezionato. Le strutture decorative delle cornici corrispondono spesso ad aspetti formali delle relative composizioni pittoriche suscitando così un intenso dialogo tra “contenitore” e “contenuto”. Si tratta di un esperimento che vale esclusivamente per le opere di formato ridotto. La cornice non fa parte dello spazio pittorico ma neanche del mondo reale che ne è al di fuori, essa funge da filtro tra i due mondi, è una specie di terra di nessuno tra l’arte e il mondo. Le opere di grande formato come Il Golfo o Madagascar non hanno invece cornici, e richiamano, con il loro carattere tattile e organico, ambienti geologici complessi come continenti e paesaggi, sono opere che devono confrontarsi direttamente con il mondo tridimensionale e reale in cui viviamo. Se i suoi lavori sono generalmente riferiti alla natura, Peter Flaccus intrattiene uno scambio intenso e pratico con altre discipline artistiche, aspetto sottolineato anche in questo catalogo che accoglie una poesia di Luigi Trucillo e una composizione musicale per violino solo di Lucio Gregoretti. Suonando il violino quotidianamente, Peter Flaccus trasferisce in pittura un atteggiamento che deriva dall’esperienza musicale secondo il quale, per raggiungere determinati obiettivi, non serve sommare lo sforzo fisico al movimento, ma è invece molto 8 utile ridurre l’energia fisica a favore di uno stato di rilassatezza e fluidità del gesto. Return to Naples The “Return to Naples” evoked by the title of Peter Flaccus’ exhibition at the Intragallery is a symbolic one, a return to a major cradle of civilisation, to an archetypical city, a place that has made an intense impression on every artist who has visited it, even if only once. It was Johann Wolfgang von Goethe who definitively captured the city’s appeal in his phrase “See Naples and die.” This city of ancient journeys, where the sea meets the land in a unique way, has been home to a multitude of peoples, from the Greeks to the French, Spanish and Venetians, and as such, it provides the ideal setting for an artist such as Peter Flaccus, who has always based his art upon a search for stimuli deriving from the most diverse aspects of life. This passion for new experimentation proved decisive more than twenty years ago, when the artist moved from New York to Rome and discovered the technique that would soon become his trademark and set him apart on the international scene: encaustic painting, which was described in writings as early as those of Vitruvius and was used in ancient Pompeii. More than ten years ago, Peter Flaccus entitled one of his paintings Vesuvio. In the centre of the work, we see a sort of light-coloured volcanic crater surrounded by a surface in intense red, reminiscent of Pompeii red, a colour that would interest the artist a great deal over the following years. In his 2011 work Pompeii Scribble, simple, elementary lines are inscribed into a cinnabar red ground. With their explicitly primitive forms, these apparently random white lines against the intense red create an extremely strong visual impact. These linear compositions represent a turning point in Flaccus’ art. They were inspired by the wall paintings of Pompeii and their capacity to express energy using thin, insubstantial lines that are nevertheless concise and effective. He had the opportunity to admire these paintings at the exhibition “Roma. La Pittura di un Impero”, which was held at the Scuderie del Quirinale in 2009. There is 9 also a curious historical precedent to Peter Flaccus’ discovery. When New York artists of earlier generations, including Jackson Pollock, Clifford Still, Mark Rothko and Barnett Newman, were determined to revolutionise painting in the 1940’s, they sought inspiration for a new form of painting in archaic and exotic cultures, and they too were struck by the frescoes from the Roman villas of Boscoreale that had recently arrived at the Metropolitan Museum in New York. With their monumentality and extraordinary style, these wall paintings made a fundamental contribution to the birth of American Abstract Expressionism. In a certain sense, Peter Flaccus continues the legacy of this movement, because for him, as for his “predecessors”, the physical act of a painting being born becomes an “event” in itself, providing titles for individual works and cycles of paintings. Works such as Halo or Pool suggest cosmic phenomena such as eclipses or explosions. Other works, such as Curlew or Il Golfo, evoke seascapes full of life and movement. The molten wax invades the surface of the painting, dissolving or overlaying existing layers depending on the density of the respective pigments. The artist relinquishes complete control to allow the free development of natural effects that give rise to new formal possibilities and new discoveries. Thus the exceptional work Dreamer became a genuine self-portrait, in which the artist manipulated layers of wax to define the features of his own face, creating a portrait that at 10 the same time is also a universal and mysterious landscape. Peter Flaccus is fascinated by nature and science, and transforms the act of painting into a phenomenon that is simultaneously natural and scientific, in which the finished painting also represents the process with which it was created. The artist’s aim is to create an image that expresses the integrity of a natural phenomenon, thus contributing with a subtle sense of irony to the age-old debate over the supremacy of art or nature, affirming that nature is superior to art in its complexity and pure existence, which has no need to be interpreted. In his recent work, Peter Flaccus combines his painting with an aspect that is the complete opposite of natural phenomena in conceptual terms: the use of antique frames, many of which actually originate from Naples. These frames symbolise the widespread prosperity of the eighteenth century under the Bourbon monarchy. This was a period when the great aristocratic families commissioned major works of art, and so various kinds of sumptuous gilded frames were produced in Naples. Having been made to accommodate portraits, sacred works and landscapes, these same frames now contain the modern, abstract work of Peter Flaccus, which could not be further removed from the painting of the periods in which they were made. While the artist follows an aesthetic approach that sets out to free itself from any convention in order to reinvent painting, baroque or neo-classical frames repre- sent a cliché of traditional painting. Peter Flaccus works by inverting conventions. The frames no longer serve as decorative protection for artworks that demonstrate their owner’s social status. Instead, the artist creates paintings for the frames he has collected. The decorative structures of the frames often correspond to formal aspects of the corresponding compositions, creating an intense dialogue between “container” and “content”. The experiment only applies to his small-format paintings. The frame is not part of the pictorial space, but neither is it part of the real world outside the painting, so it acts as a filter between the two worlds, a sort of no man’s land between art and the world. The large-format works, such as Il Golfo or Madagascar, have no frames. With their tactile, organic nature, they evoke complex geological environments such as continents or landscapes. These are works that must directly measure themselves against the three-dimensional world in which we live. Whilst his works generally refer to nature, Peter Flaccus also maintains an intense and practical dialogue with other artistic disciplines, an aspect that is emphasised in this catalogue, which includes a poem by Luigi Trucillo and a piece for solo violin composed by Lucio Gregoretti. As someone who plays the violin daily, Peter Flaccus applies an approach deriving from his musical experience to his painting. Playing music has taught him that in order to achieve given objectives, it may be counterproductive to add physical force to a movement. Instead, much can be gained by reducing physical energy to achieve fluid action in a state of relaxation. 11 Madagascar, 2013 183x200 cm, encausto su tavola 12 Wall Painting-Red, 2012 183x200 cm, encausto su tavola 13 Il Golfo, 2014 183x200 cm, encausto su tavola 14 Red Wall, Hoop, 2014 37x29 cm, encausto su tavola (cornice d’epoca) 15 Dreamer (self-portrait), 2013 31x40 cm, encausto su tavola (cornice d’epoca) 16 Halo and Ring, 2014 33x28 cm, encausto su tavola (cornice d’epoca) 17 Pool, 2011 37x30 cm, encausto su tavola (cornice d’epoca) 18 Curlew, 2014 32x27 cm, encausto su tavola (cornice d’epoca) 19 Starry Night(mare), 2014 33.5x32.5 cm, encausto su tavola (cornice d’epoca) 20 Shark, 2014 46x36 cm, encausto su tavola (cornice d’epoca) 21 Breaker, 2011 60x50 cm, encausto su tavola 22 Pompeii Scribble, 2011 43x34 cm, encausto su tavola 23 24 Per gentile concessione di Edizioni musicali RAI TRADE 25 PETER FLACCUS Biografia Nato nel 1947, Peter Flaccus è cresciuto nella città universitaria di Missoula, nel Montana occidentale, una vasta regione montuosa e ricca di foreste, che confina con il Canada. Nei suoi ricordi, il suo mondo di allora era popolato di libri, natura e attività sportive, e di lavoro nei ranch e nei boschi – eccellente preparazione alla sua vita adulta a New York come artista. A 15 anni, durante un viaggio con la famiglia all’Esposizione Universale di Seattle del 1962, ebbe il suo primo contatto con l’arte contemporanea. Le grandi e autorevoli opere di Ad Reinhardt, Hans Hofmann, Jasper Johns, Barnett Newman, Robert Rauschenberg e altri parlavano un linguaggio che era insieme misterioso e intrigante, e lasciarono il segno in Peter Flaccus contribuendo alla sua consacrazione alla pittura astratta. Dopo aver trascorso l’estate del 1964 a Sendai, in Giappone, l’anno successivo, con una scelta che si dimostrò felice, lasciò il Montana per andare a studiare presso il prestigioso Amherst College, nel Massachusetts, dove intraprese studi umanistici e cominciò a concentrarsi sulla pittura. Passò l’estate del 1968 nel Maine dove frequentò la Skowheagan School of Painting and Sculpture, che vanta stretti rapporti con il mondo dell’arte di New York e molti importanti artisti tra i suoi visiting professor. Dopo aver conseguito la laurea di primo livello presso l’Amherst College, Peter Flaccus ottenne la laurea di secondo livello in discipline artistiche (MFA Degree) in pittura all’Indiana University, e quindi si trasferì a New York. 26 Quando Peter Flaccus arrivò a Soho, il quartiere era all’inizio del suo periodo d’oro. Se nel 1973 vi erano solo due gallerie d’arte, al momento della sua partenza le gallerie si contavano a centinaia. L’atmosfera che si respirava in quegli anni era sperimentale, alternativa e underground. Peter Flaccus e i suoi colleghi si arrangiavano a trasformare con le proprie mani i “loft” in studi e abitazioni, allora considerati del tutto illegali. Il fermento artistico, la competizione e l’appartenenza a una comu- nità rendevano ancora più forte la sensazione di vivere nel cuore del mondo dell’arte. Le visite quotidiane alle gallerie della zona, gli incontri casuali con altri artisti, i regolari spostamenti uptown per partecipare a eventi, animati vernissage e feste, e la rapidità con cui nascevano le amicizie superavano di gran lunga gli aspetti più sgradevoli e duri della vita da bohémien in una metropoli segnata dall’indifferenza. Intanto nelle gallerie al tardo minimalismo e alla “color field painting” si andava sostituendo l’arte concettuale; dall’Europa arrivava una nuova forma di arte figurativa; giovani artisti post-moderni e graffitisti spostavano la scena all’East Village; le performance e le istallazioni contendevano il primato alla pittura, e il mondo dell’arte e quello del mercato diventavano sempre più sinonimi. Durante il ventennio trascorso a New York, Peter Flaccus sviluppò una tecnica gestuale multicromatica con cui dipingeva ad olio su tele di grandi dimensioni. Le sue opere furono esposte alla Zabriskie Gallery sulla 57th Street e alla Monique Knowlton Gallery in Soho, ottenendo un notevole successo di critica. Le residenze alla comunità artistica di Yaddo e in seguito alla MacDowell Colony contribuirono ad ampliare la rete delle sue amicizie tra artisti, musicisti e scrittori. Nel 1978 Flaccus ritornò a Skowheagn come membro del corpo insegnante, e se durante gli anni Settanta aveva lavorato part-time in gallerie allestendo mostre, negli anni Ottanta ebbe inizio la sua carriera di docente che lo vedrà impegnato presso la Cooper Union, la Princeton University, il Bennington College e in molte altre istituzioni. Nel 1990 Peter Flaccus accettò l’invito di tenere un corso per un breve periodo a Roma, una decisione che avrebbe portato cambiamenti radicali nella sua vita. Tre anni dopo vi fece ritorno e da allora vive nella città italiana. Al grande salto geografico non poteva che corrispondere un cambiamento anche in campo artistico, e dopo poco Flaccus cominciò a sperimentare la tecnica dell’encausto, che è da allora il campo della sua ricerca. 27 PETER FLACCUS Biography 28 Born in 1947, Peter Flaccus grew up in the university town of Missoula, in western Montana, a vast mountainous and forested region bordering Canada. At age 15 he had a first glimpse of contemporary art on a family trip to the 1962 Seattle World’s Fair. Large scale, magisterial works by Ad Reinhardt, Hans Hofmann, Jasper Johns, Barnett Newman, Robert Rauschenberg and others spoke a language that was mysterious and intriguing, and prepared the way for Peter Flaccus’s lifelong dedication to abstract painting. He spent the summer of 1964 in Sendai, Japan. In 1965 he left Montana for an eastern education, making the fortunate choice of Amherst College, in Massachusetts, where he embarked on a broad course of liberal studies and began to concentrate on painting. In the summer of 1968 he went to Maine to attend the Skowhegan School of Painting and Sculpture, a school that has close ties to the New York art world and that is distinguished by its visiting faculty of prominent artists. Following his undergraduate degree at Amherst, College, Peter Flaccus earned an MFA degree in painting from Indiana University, and soon moved to New York. Peter Flaccus arrived in Soho, at the beginning of its heyday. In 1973 there were two art galleries there; by the time he left they numbered in the hundreds. The mood at the time was experimental, alternative, even underground—by their own handiwork, he and fellow artists transformed their loft spaces into studios and living quarters that were still illegal in the eyes of the city. Artistic ferment, competition, and comradeship heightened a sense of living at the center of the art world. Daily visits to neighborhood galleries, casual encounters with colleagues, regular sorties to uptown art venues, animated openings and parties, and the continual acquisition of new friends outweighed the harsher aspects of bohemian life in an indifferent metropolis. In the galleries, late minimalism and color field painting gave way to conceptual art; the Europeans arrived with a new form of figuration; young post-modernists and graffiti artists shifted the scene to the East Village; performance and installa- tion art undermined the former primacy of painting, and “art world” and “art market” became more and more synonymous. During his two decades in New York Peter Flaccus developed a colorful, gestural manner of using oil paint on large canvases, and exhibited his work to critical approval at the Zabriskie Gallery on 57th Street and at the Monique Knowlton Gallery in Soho. Residencies in 1975 at the artists’ retreats Yaddo and then the MacDowell Colony widened his circle of artist, musician, and writer friends. In 1978 Peter Flaccus returned to Skowhegan as a member of the faculty. While during the 1970’s the artist had worked part-time in galleries installing exhibitions, later, in the 1980’s, he began a series of teaching jobs at Cooper Union, Princeton University, Bennington College, and many other institutions. In 1990 Peter Flaccus took up an invitation to teach for a brief period in Rome; the decision proved to be life-changing, as he returned in 1993 and has since remained. The geographical leap demanded a corresponding artistic response, and within a short time the artist had begun experimenting with the medium of encaustic that has engaged him ever since. 29 PETER FLACCUS Curriculum Vitae Nato nel 1947 a Missoula, Montana (USA) Titoli di studio 1969 B.A., Amherst College 1971 M.F.A. in Painting, Indiana University 1968 Skowhegan School of Painting and Sculpture, Maine Mostre personali Intragallery, Napoli, 2014/2015 Galleria Otto, Bologna (con Matteo Montani), 2014 Galleria Monty&Co, Roma (con Giuseppe Amalfi), 2014 Galleria La Nube di Oort, Roma, 2013/14 Ninni Esposito Arte Contemporanea, Bari, 2009 Galerie L’AgArt, Amilly, France, 2009 Casa delle Letterature, Roma (in collab. con il poeta Milo De Angelis), 2009 Il Frantoio di Capalbio, Capalbio, (Toscana), 2007 Stiftung Müllerhaus, Lenzburg, Svizzera, 2005 Zabriskie Gallery, New York, 2004 Galleria A.A.M., Roma, 2004 Ninni Esposito Arte Contemporanea, Bari, 2009, 2004, 2002, 2000 e 1999 Malans Teppich Fabrik, Malans, (Svizzera), 2002 Galleria Marcello Rumma, Roma, 1999 Monique Knowlton Gallery, New York, 1999 Galleria della Associazione Culturale Italo-Francese, Bologna, 1997 Monique Knowlton Gallery, New York, 1999 and 1985 Traver Sutton Gallery, Seattle, 1985 Zabriskie Gallery, New York, 1979 and 1977 Connecticut College, New London, Connecticut, 1979 Mostre collettive (selezione) 30 XLVII ed. del Premio Vasto d’Arte contemporanea, Vasto, (Abruzzo), 2014 Art House, Ostuni (Bari), 2013 Art Expo, Bari, 2012 Case con Vista, Roma (curatrice Daniela Cotimbo), 2012 Galleria La Nuova Pesa, Roma, 2012 Il Frantoio di Capalbio, Capalbio (Toscana), Crossroads, 2010 La Nube di Oort, Roma, Insiemi non disgiunti, 2009 Museo Stauros, S.Gabriele (Teramo) 13a Biennale d’Arte Sacra Contemporanea, 2008 Temple University Rome Gallery, Roma, 2007 Sala Uno, Roma, 2006 Galleria Esedra, Roma, Sottovetro (curatore Pier Paolo Pancotto), 2003 Forrest Scott Gallery, New Jersey, Abstraction, 2002 Sala Murat, Bari, High Five (curatrice Marilena Bonomo), 2002 Auditorium di Santa Cecilia, Roma (curatore Antonio Capaccio), 2002 Equilibri Precari, Roma (curatore Antonio Capaccio), 2001 Temple University Gallery, Roma, Circular Temple, 2001 Centro Culturale Italiano, Ankara (Turchia), 2000 San Salvatore in Lauro, Roma, Artist-designed Kilims (curatrice Giovanna Odorisio), 2000 Temple University Gallery, Roma, 30th Anniversary Exhibition, 1997 Sala de Exposiciones Rekalde, Bilbao, (Spagna), Procedencia, 1997 Galleria San Bernardo, Roma, Eccedenze, 1996 Rocca Paolina, Perugia, Artisti Stranieri in Italia, 1991 University Art Gallery, Albany, Group Exhibition, 1990 Bard College, New York, Mystery (travelling exhibition), 1989 Bernard Jacobson Gallery, New York, Group Exhibition, 1988 Zabriskie Gallery, New York, Three Artists, 1987 Princeton University Art Gallery, Princeton, Ten Years of Visual Arts, 1985 Monique Knowlton Gallery, New York, In Spirit, 1984 Organization of Independent Artists, New York, Nature as Image, 1984 Bucknell University, Pennsylvania, 1983 Monique Knowlton Gallery, New York, Four Painters, 1983 Museum of Art, Rhode Island School of Design, Providence, 1982 Jeffrey Fuller Gallery, Philadelphia, Sign and Symbol, 1980 Nina Freudenheim Gallery, Buffalo, Works on Paper, 1980 Museum of Art, Rhode Island School of Design, Providence, 1979 Weatherspoon Museum, U. of North Carolina, Works on Paper, 1979 Alice Simsar Gallery, Ann Arbor, Three New York Painters, 1978 Aldrich Museum, Ridgefield, Connecticut, Contemporary Reflections, 1975 Zabriskie Gallery, New York, 19751983, annualy Bibliografia (selezione) Gabriele Simongini, L’icona ibrida: forme in transito dall’invisibile al visibile. Catalogo mostra (XLVII Premio Vasto di arte contemporanea), Scuderia di Palazzo Aragona, 2014 Tanja Lelgemann, La terra cambia, and interview with Daniela Salvioni, in exhibition catalog: Peter Flaccus/ La terra cambia, Edizioni La Nube di Oort, Roma, 2013 31 Arianna Di Genova, Le geografie di Peter Flaccus, Il Manifesto, Dicembre, 2009 Jacqueline Risset, Peter Flaccus: naissance du cercle, in: Peter Flaccus/ Gilles Gally, L’Agart, L’Association Galerie d’ARTistes, Amilly (France), 2007 Brunella Antomarini, Photogrammes de périphéries mouvantes, in: Peter Flaccus/Gilles Gally, L’Agart, L’Association Galerie d’ARTistes, Amill (France),2007 Alberto Abruzzese, Api e alchimia, Catalogue essay in: Peter Flaccus al Frantoio di Capalbio, 2007 Carlo Alberto Bucci, Supernova e calcinculo, in: Peter Flaccus al Frantoio di Capalbio, 2007 Susan Stewart, Organic Form and Perfection in Painting, in: The Open Studio, Chicago, Chicago University Press, 2005 Susan Stewart, Catalogue essay in: Punto di fusione, A.A.M. Architettura Moderna, Roma, 2004 Brunella Antomarini, Fotogrammi di periferie mobili, Catalogue essay in: Punto di fusione, A.A.M. Architettura Arte Moderna, Roma, 2004 Maureen Mallarkey, New York Sun, August 5, 2004 Cathryn Drake, Artforum, Critics’ Picks, June, 2004 Carlo Alberto Bucci, La Repubblica, Maggio, 2004 Pier Paolo Pancotto, L’Unità, Maggio, 2004 Annemarie Sauzeau, Eventi, Catalogue essay in: Punto di fusione, A.A.M. Architettura Moderna, Roma Francesco Moschini in: Punto di fusione, A.A.M. Architettura Moderna, Roma, 2004 32 Mattera, Joanne, The Art of Encaustic Painting, New York, Watson-Guptill Publications, 2001 Carlo Alberto Bucci, l’Unità, Nov., 1999 Grace Glueck, New York Times, January 29, 1999 Annemarie Sauzeau, An Encaustic Color Field, Catalog essay, Galleria Marcello Rumma, Roma, 1999 Jacqueline Risset, La forme musicale du miel, Catalog essay, Bologna, 1997 Claude Fournet, La peau des signes, in: Opere a encausto, Catalog essay, Roma, 1996 Susan Stewart, Time and the Painting, in: Opere a encausto, Roma, 1996 Stephen Westfall, Art in America, May, 1985 Gerrit Henry, ARTnews, April, 1985 Michael Brenson, New York Times, January 18, 1985; December 21, 1984; August 5, 1983 Donald Kuspit, Artforum, November, 1983 William Zimmer, Soho Weekly News, September 9, 1979 Jon Friedman, Arts Magazine, September, 1979 Peter Frank, Art News, November, 1977 York State Council on the Arts 196971 University Fellowship, Indiana University Collezioni (selezione) Estée Lauder, Inc., New York; The New School, New York; Barkley’s Bank, New York; Deloitte Haskins, and Sells, New York; Pierre Alexis Dumas, Paris; Marc Pfirter, Baden (Svizzera); Nocasa, Chur (Svizzera) Esperienze didattiche (selezione) Dal 1994- Professore di disegno e pittura presso la John Cabot University, Roma; Cornell University, Roma; Istituto Superiore di Communicazione, Roma; University of Washington, Seattle; Temple University Rome; Bennington College, Vermont; Princeton University; Cooper Union, New York; Skowhegan School of Painting and Sculpture, Maine. Premi e borse di studio 1990 New York State Foundation for the Arts Fellowship in Painting 1976 Yaddo Residency, Saratoga, New York 1976 MacDowell Colony Residency, Petersborough, New Hampshire 1975 CAPS Grant in Painting, New 33 TANJA LELGEMANN Arrivata a Roma nel 1999 in qualità di assistente del direttore dell’Accademia Tedesca di Villa Massimo, Tanja Lelgemann si è specializzata nella cura e nella critica del lavoro di artisti contemporanei internazionali in Italia e di artisti italiani all’estero. ticani, Palazzo Reale di Milano, il Louvre e il Centre Pompidou di Parigi, la National Gallery e la Royal Academy di Londra, il Metropolitan Museum e il Guggenheim Museum di New York. Ha curato mostre ed è autrice di testi critici presenti nei cataloghi di numerose istituzioni, musei e gallerie tra cui: 2014 – Villa Stuck, Monaco di Baviera: Der Stachel des Skorpions (contributo di catalogo per il duo di artisti M+M); 2013 – Nube di Oort, Roma: Peter Flaccus, La terra cambia; 2011 – Galleria le “ OPERE ”, Roma: Vittorio Pavoncello - Redshift; 2009 – Studio Tiepolo, Roma: Stefano Iraci – Sullo Spirito; 2008 – Studio Tiepolo, Roma: Paolo Paci; 2007 – Istituto Italiano di Bruxelles: Stefano Iraci – Contaminazioni; 2004 – Marco Fioramanti: In cerca delle tracce (catalogo, Jouvance 2003); 2003 – Goethe-Institut Roma: v; 2002 – Scuderie Aldobrandini Frascati: Doppio Verso 5, Rialtosantambrogio Roma: Isabelle Fordin: Spaceifico, Schloss Sophienholm, Kopenhagen: On a Clear Day; 2001 – Istituto Svizzero Roma: Simone Zaugg – Parole cadute; Cinema Pasquino Roma, Dampfzentrale Bern, Künstlerdorf Schöppingen: Videofestival: Relazioni Incrociate; 2000-2001 – Opera Paese, Roma: Berlino Nuova Città d’Arte, in collaborazione con il Goethe-Institut Roma. Tanja Lelgemann si è formata in storia dell’arte, lingue romanze e musicologia all’Università FU di Berlino e all’Università degli Studi di Siena, conseguendo all’Università di Erlangen Nürnberg il dottorato di ricerca in storia dell’arte contemporanea da cui è nato il libro Roma eterna? Artiste e artisti all’Accadmia Tedesca Villa Massimo dal 1957 – 1999, pubblicato da Logos-Verlag di Berlino nel 2012. Le prime esperienze professionali nel mondo dell’arte contemporanea risalgono all’attività di assistente in situ al Padiglione Tedesco della Biennale di Venezia nel 1991 e nel 1993. Ha poi lavorato ai KW Institute for Contemporary Art di Berlino, come assistente della prima berlin biennale für zeitgenössische kunst. A partire dal 2007 svolge un’intensa attività come producer e autrice di applicazioni multimediali per musei, mostre e siti del patrimonio culturale in tutto il mondo tra cui il MART di Rovereto, i Musei Va34 35 LUCIO GREGORETTI 36 Lucio Gregoretti è nato a Roma e si è diplomato in composizione al Conservatorio di Santa Cecilia. Ha composto opere di teatro musicale, musica sinfonica e da camera. Le sue opere teatrali sono state commissionate e rappresentate in prima assoluta dal Theater Münster (2013), Teatro Massimo di Palermo (2012), Teatro dell’Opera di Roma (2009), Teatro Donizetti di Bergamo (2005). I suoi lavori non operistici sono stati commissionati ed eseguiti da istituzioni come l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, l’Accademia filarmonica romana, l’Orchestra della Toscana, la Nuova Orchestra Scarlatti, e sono abitualmente presenti nei principali festival e rassegne internazionali. Ha composto anche molta musica per film e teatro, tra cui le recenti colonne sonore per i film di Pupi Avati, Carlo Lizzani, Margarethe von Trotta e Lina Wertmüller. È stato Composer-in-Residence presso le Künstlerhäuser Worpswede in Germania, The MacDowell Colony e la Aaron Copland House negli USA. I suoi lavori sono editi da Rai Trade e Suvini Zerboni, e pubblicati su CD da Ducale e Vdm. LUIGI TRUCILLO Luigi Trucillo, nato a Napoli nel 1955, è uno dei più raffinati autori italiani contemporanei di poesie e frammenti brevi. Ha pubblicato Navicelle (Cronopio 1995), con un’introduzione di Giorgio Agamben, Carta mediterranea (Donzelli 1997), Polveri, con illustrazioni di Lino Fiorito (Cronopio 1998), Le amorose (Quodlibet 2004), Lezione di tenebra (Cronopio 2007), con cui è risultato supervincitore del premio Lorenzo Montano 2008. Una selezione delle sue poesie è stata tradotta in tedesco. Ha collaborato con IL Manifesto. La sua ultima raccolta di versi, Darwin (Quodlibet 2009), ha vinto il Premio Napoli per la poesia 2009. Nel 2010 è apparsa presso Elliot la sua rielaborazione, scritta insieme a Renato Benvenuto, del Flauto Magico per L’Orchestra di Piazza Vittorio. Molti dei testi poetici di Trucillo sono dei veri e propri esercizi di miniaturizzazione e di abbreviazione attraverso i quali il mondo, come in quelle forme che i cinesi chiamano paesaggi in bacinella, diventa più piccolo e più radioso. 37 LAVORI IN MOSTRA Encausto su tavola Red Wall, Hoop, 201v4, 37x29 cm., (cornice d’epoca) Red Window, 2014, 27x22 cm., (cornice d’epoca) Curlew, 2014, 32x27 cm., (cornice d’epoca) Waiting, 2014, 29x21 cm., (cornice d’epoca) Dreamer (self-portrait), 2013, 31x40 cm., (cornice d’epoca) Halo, 2014, 33x28 cm., (cornice d’epoca) Pool, 2011, 37x30 cm., (cornice d’epoca) Pompeii Scribble, 2014, 29x23 cm., (cornice d’epoca) Starry Night(mare), 2014, 33,5x32,5 cm., (cornice d’epoca) Poison, 2014, 32x27 cm., (cornice contemporanea) Shark, 2014, 46x36 cm., (cornice d’epoca) Baros, 2014, 25,5x21 cm., (cornice d’epoca) Vesuvio I, 2002, 61x47 cm. Hawaii, 2006, 61x47 cm. Wings, 2011, 43x34 cm. Picnic, Lightning, 2011, 43x34 cm. April Events, 2002, 43x34 cm. Blue Window, White Ellipse, 2010, 43x34 cm. Rocket, 2008, 29,5x23 cm. Red Wall II, 2013, 70x50 cm. Breaker, 2011, 60x50 cm. Madagascar, dittico, 2013, 183x200 cm. Il Golfo, dittico, 2014, 183x200 cm. Wall Painting-Red, dittico, 2012, 183x200 cm. 38 39 Opera in copertina; Peter Flaccus, Starry Night(mare), 2014, 33,5x32,5 cm, encausto su tavola (cornice d’epoca) La poesia Nei mari del sud è tratta dal libro di Luigi Trucillo, Darwin, Edizioni Quodlibet, Macerata, ©2009. Tipografia Ricchi, Napoli Stampato nel Novembre 2014 40 Associazione culturale Intraprendere Via Cavallerizza a Chiaia, 57 / Interno cortile / 80121 Napoli +39 081 415702 / www.intragallery.it / [email protected]