Ritorno a Napoli

Transcript

Ritorno a Napoli
Peter Flaccus
Ritorno a Napoli
a cura di Tanja Lelgemann
Questa mostra è dedicata alla memoria di Jacqueline Risset.
Peter Flaccus
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Via Cavallerizza a Chiaia, 57 / Interno cortile
80121 Napoli / +39 081 415702
[email protected] / www.intragallery.it
QUADERNO N° 1
Collana
“I Quaderni di Intragallery”
Ritorno a Napoli
di Peter Flaccus
A cura di
Tanja Lelgemann
dal 20 Novembre 2014 al 31 Gennaio 2015
Direzione Artistica
Architetto Annamaria De Fanis
Architetto Rosa Francesca Masturzo
Progettazione grafica
Marco Tramontano
Ringraziamenti
Con il patrocinio di
Consolato Generale degli Stati Uniti d’America, Napoli
Fondazione Premio Napoli
Conservatorio di musica San Pietro a Majella, Napoli
media partner
partners
www.racnamagazine.it
Racna Magazine
Fonzone
MCM Eventi e Congressi
con il contributo di
Caffè Bizarte
Cuoche in giro
Gayodin
Inoltre si ringraziano:
Pia Candinas, Lucio Gregoretti, Luigi Trucillo.
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Napoli
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Nei mari del sud
Accanto all’oceano
le specie
dimenticano in fretta
i propri ricordi.
La salsedine
stacca chele e membrane
come se fossero sogni,
unghie agitate
dal fantasma di un sauro.
Il sole batte,
ma l’onda è un mattino
o una notte allungata
da un ritmo
che mugghia i suoi inganni?
Il mio sguardo è spaccato
da strane libellule
come fossero nomi,
suoni sciamanti dall’acqua
che mi fermano il sangue:
può la scienza
essere aperta
fin dove la mente finisce
e poi aprirsi ancora
nel lampo, nella ventosa purpurea
in cui la visione si accelera
pulsando
in una scia di vapore?
Di nuovo
accade tutto così all’improvviso
da essere lento.
La sabbia spazzata dal vento
mi acceca,
mi penetra.
Stanotte ero estraneo
e oggi non potrò più diventare
un uomo
irrimediabilmente lontano.
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Ritorno a
Napoli
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Il “Ritorno a Napoli” intrapreso da Peter Flaccus
con la mostra all’Intragallery è un ritorno simbolico
a una delle principali culle della civiltà, a un luogo
archetipico per eccellenza, percepito intensamente da tutti gli artisti che vi sono passati, anche una
sola volta, evocato in modo definitivo dalle parole
di Johann Wolfgang von Goethe: “Vedi Napoli e
poi muori.”
La città dei viaggi antichi, del modo unico in cui
il mare incontra la terra e delle molteplici popolazioni che, tra Greci, Francesi, Spagnoli e Veneziani, l’hanno abitata, diventa il luogo ideale per una
personalità artistica come quella di Peter Flaccus
che ha sempre posto alla base del proprio lavoro
la ricerca di stimoli provenienti dai più svariati ambiti della vita. Proprio questa passione per sperimentazioni inedite risultò decisiva quando l’artista,
più di vent’anni fa, si trasferì da New York a Roma,
dove scoprì la tecnica che sarebbe diventata presto la sua cifra personale e unica in ambito internazionale: l’encausto, descritta già da Vitruvio e
utilizzata nell’Antichità a Pompei.
Più di dieci anni fa Peter Flaccus intitola Vesuvio un
suo dipinto al centro del quale appare una specie di cratere vulcanico chiaro, circondato da una
superficie rossa intensa che ricorda il rosso pompeiano, colore che avrebbe interessato molto l’artista negli anni a seguire. In Pompeii Scribble del
2011, su uno sfondo rosso cinabro sono incise delle linee semplici ed elementari. Apparentemente
casuali ed esplicitamente primitive nella forma, le
linee bianche sul rosso intenso hanno un impatto
visivo fortissimo.
Queste composizioni lineari rappresentano una
svolta nella produzione di Flaccus. Sono ispirate
alle pitture murali pompeiane che l’artista aveva
potuto ammirare in occasione della mostra “Roma.
La Pittura di un Impero” tenutasi alle Scuderie del
Quirinale nel 2009, e alla capacità che queste pitture hanno, di esprimere una forte energia attraverso
linee sottili e prive di sostanza, ma di incredibile
concisione ed efficacia. Questa scoperta di Peter
Flaccus ha un curioso antecedente
storico. Gli artisti newyorkesi di alcune generazioni precedenti, intenti
a rivoluzionare l’arte negli anni Quaranta, tra cui Jackson Pollock, Clifford
Still, Mark Rothko e Barnett Newman,
cercando spunti per una nuova pittura nelle culture arcaiche ed esotiche,
rimasero anch’essi folgorati dagli affreschi delle ville romane di Boscoreale esposti al Metropolitan Museum
di New York. Per la loro dimensione
monumentale e lo stile straordinario, queste pitture murali diedero
una spinta fondamentale alla nascita
dell’espressionismo astratto americano, di cui Peter Flaccus è in un certo
senso erede in quanto, per lui come
per i suoi “predecessori”, l’atto fisico
della nascita del quadro diventa esso
stesso “evento”, e dà il titolo a opere e a cicli di dipinti. In lavori come
Halo o Pool sono raffigurati fenomeni
cosmici come eclissi ed esplosioni.
Altre opere come Curlew o Il Golfo
richiamano paesaggi marini pieni di
vita e di movimento. La cera fusa invade la superficie pittorica, sciogliendosi e sovrapponendosi a seconda
della densità dei relativi pigmenti.
L’artista rinuncia ad un controllo completo per lasciare spazio al libero
evolversi di effetti naturali, che si realizzano in nuove possibilità di forme
e nuove scoperte. In questo senso
l’eccezionale Dreamer è un vero e
proprio autoritratto in cui gli strati
di cera sono manipolati dall’artista
per definire i lineamenti del proprio
volto, realizzando così un ritratto che
però è anche un paesaggio universale e misterioso.
Peter Flaccus, affascinato dalla natura
e dalla scienza, trasforma l’atto pittorico in un fenomeno, allo stesso tempo
naturale e scientifico, in cui il quadro
finito rappresenta anche il processo
con il quale è stato creato. L’obiettivo
dell’artista è quello di creare un’immagine che esprima l’integrità di un
fenomeno naturale, prendendo posizione, con un sottile senso dell’ironia,
nella millenaria discussione sulla supremazia tra arte e natura, affermando che la natura è comunque superiore all’arte nella sua complessità e
pura esistenza, e che non ha bisogno
di essere interpretata.
Nella produzione recente Peter
Flaccus combina la pittura con un
elemento concettualmente opposto
ai fenomeni naturali: l’uso di cornici
antiche, molte delle quali provenienti
proprio da Napoli. Sono simboli della
prosperità diffusa nel Settecento
sotto il regno dei Borboni. Con la
commissione di importanti opere
d’arte da parte delle grandi famiglie
aristocratiche, furono prodotti a
Napoli i più svariati tipi di sontuose
cornici dorate, costruite per ospitare
ritratti, immagini sacre o paesaggi.
Queste stesse cornici accolgono oggi
la pittura moderna e astratta di Peter
Flaccus, e cioè quanto di più lontano
dalla pittura dell’epoca nella quale
tali cornici ebbero origine. L’artista
si inserisce così in una linea estetica
che vuole liberarsi da qualsiasi
convenzione per reinventare la
pittura, mentre le cornici barocche e
neoclassiche rappresentano invece
un cliché della pittura tradizionale.
Peter Flaccus procede invertendo le
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convenzioni. Le cornici non fungono
più da protezioni decorative di opere
che ostentano uno status sociale,
l’artista crea, al contrario, dei dipinti
in funzione delle cornici che ha
collezionato. Le strutture decorative
delle cornici corrispondono spesso
ad aspetti formali delle relative
composizioni pittoriche suscitando
così un intenso dialogo tra
“contenitore” e “contenuto”.
Si tratta di un esperimento che vale
esclusivamente per le opere di formato ridotto. La cornice non fa parte dello spazio pittorico ma neanche
del mondo reale che ne è al di fuori,
essa funge da filtro tra i due mondi,
è una specie di terra di nessuno tra
l’arte e il mondo. Le opere di grande
formato come Il Golfo o Madagascar
non hanno invece cornici, e richiamano, con il loro carattere tattile e organico, ambienti geologici complessi
come continenti e paesaggi, sono
opere che devono confrontarsi direttamente con il mondo tridimensionale e reale in cui viviamo.
Se i suoi lavori sono generalmente
riferiti alla natura, Peter Flaccus intrattiene uno scambio intenso e pratico
con altre discipline artistiche, aspetto
sottolineato anche in questo catalogo che accoglie una poesia di Luigi
Trucillo e una composizione musicale
per violino solo di Lucio Gregoretti.
Suonando il violino quotidianamente, Peter Flaccus trasferisce in pittura
un atteggiamento che deriva dall’esperienza musicale secondo il quale,
per raggiungere determinati obiettivi, non serve sommare lo sforzo fisico al movimento, ma è invece molto
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utile ridurre l’energia fisica a favore di
uno stato di rilassatezza e fluidità del
gesto.
Return to
Naples
The “Return to Naples” evoked by the title of Peter
Flaccus’ exhibition at the Intragallery is a symbolic
one, a return to a major cradle of civilisation, to an
archetypical city, a place that has made an intense
impression on every artist who has visited it, even
if only once. It was Johann Wolfgang von Goethe
who definitively captured the city’s appeal in his
phrase “See Naples and die.”
This city of ancient journeys, where the sea meets
the land in a unique way, has been home to a multitude of peoples, from the Greeks to the French,
Spanish and Venetians, and as such, it provides the
ideal setting for an artist such as Peter Flaccus, who
has always based his art upon a search for stimuli
deriving from the most diverse aspects of life. This
passion for new experimentation proved decisive
more than twenty years ago, when the artist moved from New York to Rome and discovered the
technique that would soon become his trademark
and set him apart on the international scene: encaustic painting, which was described in writings
as early as those of Vitruvius and was used in ancient Pompeii.
More than ten years ago, Peter Flaccus entitled
one of his paintings Vesuvio. In the centre of the
work, we see a sort of light-coloured volcanic crater surrounded by a surface in intense red, reminiscent of Pompeii red, a colour that would interest
the artist a great deal over the following years. In
his 2011 work Pompeii Scribble, simple, elementary lines are inscribed into a cinnabar red ground.
With their explicitly primitive forms, these apparently random white lines against the intense red
create an extremely strong visual impact.
These linear compositions represent a turning
point in Flaccus’ art. They were inspired by the
wall paintings of Pompeii and their capacity to
express energy using thin, insubstantial lines that
are nevertheless concise and effective. He had the
opportunity to admire these paintings at the exhibition “Roma. La Pittura di un Impero”, which was
held at the Scuderie del Quirinale in 2009. There is
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also a curious historical precedent to
Peter Flaccus’ discovery. When New
York artists of earlier generations, including Jackson Pollock, Clifford Still,
Mark Rothko and Barnett Newman,
were determined to revolutionise
painting in the 1940’s, they sought inspiration for a new form of painting in
archaic and exotic cultures, and they
too were struck by the frescoes from
the Roman villas of Boscoreale that
had recently arrived at the Metropolitan Museum in New York. With their
monumentality and extraordinary
style, these wall paintings made a
fundamental contribution to the birth
of American Abstract Expressionism.
In a certain sense, Peter Flaccus continues the legacy of this movement,
because for him, as for his “predecessors”, the physical act of a painting being born becomes an “event”
in itself, providing titles for individual
works and cycles of paintings. Works such as Halo or Pool suggest cosmic phenomena such as eclipses
or explosions. Other works, such as
Curlew or Il Golfo, evoke seascapes
full of life and movement. The molten
wax invades the surface of the painting, dissolving or overlaying existing
layers depending on the density of
the respective pigments. The artist
relinquishes complete control to allow the free development of natural
effects that give rise to new formal
possibilities and new discoveries.
Thus the exceptional work Dreamer
became a genuine self-portrait, in
which the artist manipulated layers
of wax to define the features of his
own face, creating a portrait that at
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the same time is also a universal and
mysterious landscape.
Peter Flaccus is fascinated by nature
and science, and transforms the act
of painting into a phenomenon that
is simultaneously natural and scientific, in which the finished painting also
represents the process with which
it was created. The artist’s aim is to
create an image that expresses the
integrity of a natural phenomenon,
thus contributing with a subtle sense
of irony to the age-old debate over
the supremacy of art or nature, affirming that nature is superior to art in
its complexity and pure existence,
which has no need to be interpreted.
In his recent work, Peter Flaccus combines his painting with an aspect that
is the complete opposite of natural
phenomena in conceptual terms: the
use of antique frames, many of which
actually originate from Naples. These frames symbolise the widespread
prosperity of the eighteenth century
under the Bourbon monarchy. This
was a period when the great aristocratic families commissioned major
works of art, and so various kinds of
sumptuous gilded frames were produced in Naples. Having been made
to accommodate portraits, sacred
works and landscapes, these same
frames now contain the modern, abstract work of Peter Flaccus, which
could not be further removed from
the painting of the periods in which
they were made. While the artist follows an aesthetic approach that sets
out to free itself from any convention
in order to reinvent painting, baroque or neo-classical frames repre-
sent a cliché of traditional painting.
Peter Flaccus works by inverting conventions. The frames no longer serve
as decorative protection for artworks
that demonstrate their owner’s social status. Instead, the artist creates
paintings for the frames he has collected. The decorative structures of
the frames often correspond to formal aspects of the corresponding
compositions, creating an intense
dialogue between “container” and
“content”.
The experiment only applies to his
small-format paintings. The frame is
not part of the pictorial space, but
neither is it part of the real world
outside the painting, so it acts as a
filter between the two worlds, a sort
of no man’s land between art and
the world. The large-format works,
such as Il Golfo or Madagascar, have
no frames. With their tactile, organic
nature, they evoke complex geological environments such as continents
or landscapes. These are works that
must directly measure themselves
against the three-dimensional world
in which we live.
Whilst his works generally refer to
nature, Peter Flaccus also maintains
an intense and practical dialogue
with other artistic disciplines, an
aspect that is emphasised in this
catalogue, which includes a poem
by Luigi Trucillo and a piece for solo
violin composed by Lucio Gregoretti.
As someone who plays the violin
daily, Peter Flaccus applies an
approach deriving from his musical
experience to his painting. Playing
music has taught him that in order to
achieve given objectives, it may be
counterproductive to add physical
force to a movement. Instead, much
can be gained by reducing physical
energy to achieve fluid action in a
state of relaxation.
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Madagascar, 2013
183x200 cm, encausto su tavola
12
Wall Painting-Red, 2012
183x200 cm, encausto su tavola
13
Il Golfo, 2014
183x200 cm, encausto su tavola
14
Red Wall, Hoop, 2014
37x29 cm, encausto su tavola (cornice d’epoca)
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Dreamer (self-portrait), 2013
31x40 cm, encausto su tavola (cornice d’epoca)
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Halo and Ring, 2014
33x28 cm, encausto su tavola (cornice d’epoca)
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Pool, 2011
37x30 cm, encausto su tavola (cornice d’epoca)
18
Curlew, 2014
32x27 cm, encausto su tavola (cornice d’epoca)
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Starry Night(mare), 2014
33.5x32.5 cm, encausto su tavola (cornice d’epoca)
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Shark, 2014
46x36 cm, encausto su tavola (cornice d’epoca)
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Breaker, 2011
60x50 cm, encausto su tavola
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Pompeii Scribble, 2011
43x34 cm, encausto su tavola
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Per gentile concessione di Edizioni musicali RAI TRADE
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PETER
FLACCUS
Biografia
Nato nel 1947, Peter Flaccus è cresciuto nella città
universitaria di Missoula, nel Montana occidentale,
una vasta regione montuosa e ricca di foreste, che
confina con il Canada. Nei suoi ricordi, il suo mondo di allora era popolato di libri, natura e attività
sportive, e di lavoro nei ranch e nei boschi – eccellente preparazione alla sua vita adulta a New York
come artista.
A 15 anni, durante un viaggio con la famiglia all’Esposizione Universale di Seattle del 1962, ebbe il
suo primo contatto con l’arte contemporanea. Le
grandi e autorevoli opere di Ad Reinhardt, Hans
Hofmann, Jasper Johns, Barnett Newman, Robert
Rauschenberg e altri parlavano un linguaggio che
era insieme misterioso e intrigante, e lasciarono il
segno in Peter Flaccus contribuendo alla sua consacrazione alla pittura astratta. Dopo aver trascorso l’estate del 1964 a Sendai, in Giappone, l’anno
successivo, con una scelta che si dimostrò felice,
lasciò il Montana per andare a studiare presso il
prestigioso Amherst College, nel Massachusetts, dove intraprese studi umanistici e cominciò a
concentrarsi sulla pittura. Passò l’estate del 1968
nel Maine dove frequentò la Skowheagan School
of Painting and Sculpture, che vanta stretti rapporti con il mondo dell’arte di New York e molti
importanti artisti tra i suoi visiting professor. Dopo
aver conseguito la laurea di primo livello presso
l’Amherst College, Peter Flaccus ottenne la laurea
di secondo livello in discipline artistiche (MFA Degree) in pittura all’Indiana University, e quindi si
trasferì a New York.
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Quando Peter Flaccus arrivò a Soho, il quartiere
era all’inizio del suo periodo d’oro. Se nel 1973 vi
erano solo due gallerie d’arte, al momento della
sua partenza le gallerie si contavano a centinaia.
L’atmosfera che si respirava in quegli anni era sperimentale, alternativa e underground. Peter Flaccus e i suoi colleghi si arrangiavano a trasformare
con le proprie mani i “loft” in studi e abitazioni, allora considerati del tutto illegali. Il fermento artistico, la competizione e l’appartenenza a una comu-
nità rendevano ancora più forte la sensazione di vivere nel cuore del mondo
dell’arte. Le visite quotidiane alle gallerie della zona, gli incontri casuali con
altri artisti, i regolari spostamenti uptown per partecipare a eventi, animati
vernissage e feste, e la rapidità con cui nascevano le amicizie superavano di
gran lunga gli aspetti più sgradevoli e duri della vita da bohémien in una metropoli segnata dall’indifferenza. Intanto nelle gallerie al tardo minimalismo e
alla “color field painting” si andava sostituendo l’arte concettuale; dall’Europa arrivava una nuova forma di arte figurativa; giovani artisti post-moderni e
graffitisti spostavano la scena all’East Village; le performance e le istallazioni
contendevano il primato alla pittura, e il mondo dell’arte e quello del mercato
diventavano sempre più sinonimi.
Durante il ventennio trascorso a New York, Peter Flaccus sviluppò una tecnica
gestuale multicromatica con cui dipingeva ad olio su tele di grandi dimensioni. Le sue opere furono esposte alla Zabriskie Gallery sulla 57th Street e alla
Monique Knowlton Gallery in Soho, ottenendo un notevole successo di critica. Le residenze alla comunità artistica di Yaddo e in seguito alla MacDowell
Colony contribuirono ad ampliare la rete delle sue amicizie tra artisti, musicisti e scrittori. Nel 1978 Flaccus ritornò a Skowheagn come membro del corpo
insegnante, e se durante gli anni Settanta aveva lavorato part-time in gallerie
allestendo mostre, negli anni Ottanta ebbe inizio la sua carriera di docente
che lo vedrà impegnato presso la Cooper Union, la Princeton University, il
Bennington College e in molte altre istituzioni.
Nel 1990 Peter Flaccus accettò l’invito di tenere un corso per un breve periodo a Roma, una decisione che avrebbe portato cambiamenti radicali nella sua
vita. Tre anni dopo vi fece ritorno e da allora vive nella città italiana. Al grande salto geografico non poteva che corrispondere un cambiamento anche
in campo artistico, e dopo poco Flaccus cominciò a sperimentare la tecnica
dell’encausto, che è da allora il campo della sua ricerca.
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PETER
FLACCUS
Biography
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Born in 1947, Peter Flaccus grew up in the university town of Missoula, in western Montana, a
vast mountainous and forested region bordering
Canada. At age 15 he had a first glimpse of contemporary art on a family trip to the 1962 Seattle
World’s Fair. Large scale, magisterial works by Ad
Reinhardt, Hans Hofmann, Jasper Johns, Barnett
Newman, Robert Rauschenberg and others spoke
a language that was mysterious and intriguing,
and prepared the way for Peter Flaccus’s lifelong
dedication to abstract painting. He spent the summer of 1964 in Sendai, Japan. In 1965 he left Montana for an eastern education, making the fortunate choice of Amherst College, in Massachusetts,
where he embarked on a broad course of liberal
studies and began to concentrate on painting. In
the summer of 1968 he went to Maine to attend
the Skowhegan School of Painting and Sculpture,
a school that has close ties to the New York art world and that is distinguished by its visiting faculty
of prominent artists. Following his undergraduate
degree at Amherst, College, Peter Flaccus earned
an MFA degree in painting from Indiana University,
and soon moved to New York.
Peter Flaccus arrived in Soho, at the beginning of
its heyday. In 1973 there were two art galleries
there; by the time he left they numbered in the
hundreds. The mood at the time was experimental,
alternative, even underground—by their own handiwork, he and fellow artists transformed their loft
spaces into studios and living quarters that were
still illegal in the eyes of the city. Artistic ferment,
competition, and comradeship heightened a sense of living at the center of the art world. Daily visits
to neighborhood galleries, casual encounters with
colleagues, regular sorties to uptown art venues,
animated openings and parties, and the continual
acquisition of new friends outweighed the harsher
aspects of bohemian life in an indifferent metropolis. In the galleries, late minimalism and color field
painting gave way to conceptual art; the Europeans arrived with a new form of figuration; young
post-modernists and graffiti artists shifted the scene to the East Village; performance and installa-
tion art undermined the former primacy of painting, and “art world” and “art
market” became more and more synonymous.
During his two decades in New York Peter Flaccus developed a colorful, gestural manner of using oil paint on large canvases, and exhibited his work to
critical approval at the Zabriskie Gallery on 57th Street and at the Monique
Knowlton Gallery in Soho. Residencies in 1975 at the artists’ retreats Yaddo
and then the MacDowell Colony widened his circle of artist, musician, and
writer friends. In 1978 Peter Flaccus returned to Skowhegan as a member of
the faculty. While during the 1970’s the artist had worked part-time in galleries installing exhibitions, later, in the 1980’s, he began a series of teaching
jobs at Cooper Union, Princeton University, Bennington College, and many
other institutions.
In 1990 Peter Flaccus took up an invitation to teach for a brief period in Rome;
the decision proved to be life-changing, as he returned in 1993 and has since remained. The geographical leap demanded a corresponding artistic response, and within a short time the artist had begun experimenting with the
medium of encaustic that has engaged him ever since.
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PETER
FLACCUS
Curriculum Vitae
Nato nel 1947 a Missoula, Montana (USA)
Titoli di studio
1969 B.A., Amherst College
1971 M.F.A. in Painting, Indiana University
1968 Skowhegan School of Painting and Sculpture, Maine
Mostre personali
Intragallery, Napoli, 2014/2015
Galleria Otto, Bologna (con Matteo Montani), 2014
Galleria Monty&Co, Roma (con Giuseppe Amalfi),
2014
Galleria La Nube di Oort, Roma, 2013/14
Ninni Esposito Arte Contemporanea, Bari, 2009
Galerie L’AgArt, Amilly, France, 2009
Casa delle Letterature, Roma (in collab. con il poeta Milo De Angelis), 2009
Il Frantoio di Capalbio, Capalbio, (Toscana), 2007
Stiftung Müllerhaus, Lenzburg, Svizzera, 2005 Zabriskie Gallery, New York, 2004
Galleria A.A.M., Roma, 2004
Ninni Esposito Arte Contemporanea, Bari, 2009,
2004, 2002, 2000 e 1999
Malans Teppich Fabrik, Malans, (Svizzera), 2002
Galleria Marcello Rumma, Roma, 1999
Monique Knowlton Gallery, New York, 1999
Galleria della Associazione Culturale Italo-Francese, Bologna, 1997
Monique Knowlton Gallery, New York, 1999 and
1985
Traver Sutton Gallery, Seattle, 1985
Zabriskie Gallery, New York, 1979 and 1977
Connecticut College, New London, Connecticut,
1979
Mostre collettive (selezione)
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XLVII ed. del Premio Vasto d’Arte contemporanea,
Vasto, (Abruzzo), 2014
Art House, Ostuni (Bari), 2013
Art Expo, Bari, 2012
Case con Vista, Roma (curatrice Daniela Cotimbo), 2012
Galleria La Nuova Pesa, Roma, 2012
Il Frantoio di Capalbio, Capalbio (Toscana), Crossroads, 2010
La Nube di Oort, Roma, Insiemi non
disgiunti, 2009
Museo Stauros, S.Gabriele (Teramo)
13a Biennale d’Arte Sacra Contemporanea, 2008
Temple University Rome Gallery,
Roma, 2007
Sala Uno, Roma, 2006
Galleria Esedra, Roma, Sottovetro
(curatore Pier Paolo Pancotto), 2003
Forrest Scott Gallery, New Jersey, Abstraction, 2002
Sala Murat, Bari, High Five (curatrice
Marilena Bonomo), 2002
Auditorium di Santa Cecilia, Roma
(curatore Antonio Capaccio), 2002
Equilibri Precari, Roma (curatore Antonio Capaccio), 2001
Temple University Gallery, Roma, Circular Temple, 2001
Centro Culturale Italiano, Ankara
(Turchia), 2000
San Salvatore in Lauro, Roma, Artist-designed Kilims (curatrice Giovanna Odorisio), 2000
Temple University Gallery, Roma,
30th Anniversary Exhibition, 1997
Sala de Exposiciones Rekalde, Bilbao, (Spagna), Procedencia, 1997
Galleria San Bernardo, Roma, Eccedenze, 1996
Rocca Paolina, Perugia, Artisti Stranieri in Italia, 1991
University Art Gallery, Albany, Group
Exhibition, 1990 Bard College, New York, Mystery (travelling exhibition), 1989
Bernard Jacobson Gallery, New York,
Group Exhibition, 1988
Zabriskie Gallery, New York, Three
Artists, 1987 Princeton University Art Gallery,
Princeton, Ten Years of Visual Arts,
1985 Monique Knowlton Gallery, New
York, In Spirit, 1984
Organization of Independent Artists, New York, Nature as Image,
1984
Bucknell University, Pennsylvania,
1983
Monique Knowlton Gallery, New
York, Four Painters, 1983
Museum of Art, Rhode Island School
of Design, Providence, 1982
Jeffrey Fuller Gallery, Philadelphia,
Sign and Symbol, 1980
Nina Freudenheim Gallery, Buffalo,
Works on Paper, 1980
Museum of Art, Rhode Island School
of Design, Providence, 1979
Weatherspoon Museum, U. of North
Carolina, Works on Paper, 1979
Alice Simsar Gallery, Ann Arbor,
Three New York Painters, 1978
Aldrich Museum, Ridgefield, Connecticut, Contemporary Reflections,
1975
Zabriskie Gallery, New York, 19751983, annualy
Bibliografia (selezione)
Gabriele Simongini, L’icona ibrida:
forme in transito dall’invisibile al visibile. Catalogo mostra (XLVII Premio
Vasto di arte contemporanea), Scuderia di Palazzo Aragona, 2014
Tanja Lelgemann, La terra cambia,
and interview with Daniela Salvioni,
in exhibition catalog: Peter Flaccus/
La terra cambia, Edizioni La Nube di
Oort, Roma, 2013
31
Arianna Di Genova, Le geografie di
Peter Flaccus, Il Manifesto, Dicembre,
2009
Jacqueline Risset, Peter Flaccus: naissance du cercle, in: Peter Flaccus/
Gilles Gally, L’Agart, L’Association Galerie d’ARTistes, Amilly (France), 2007
Brunella Antomarini, Photogrammes
de périphéries mouvantes, in: Peter
Flaccus/Gilles Gally, L’Agart, L’Association Galerie d’ARTistes, Amill
(France),2007
Alberto Abruzzese, Api e alchimia,
Catalogue essay in: Peter Flaccus al
Frantoio di Capalbio, 2007
Carlo Alberto Bucci, Supernova e calcinculo, in: Peter Flaccus al Frantoio
di Capalbio, 2007
Susan Stewart, Organic Form and
Perfection in Painting, in: The Open
Studio, Chicago, Chicago University
Press, 2005
Susan Stewart, Catalogue essay in:
Punto di fusione, A.A.M. Architettura
Moderna, Roma, 2004
Brunella Antomarini, Fotogrammi di
periferie mobili, Catalogue essay in:
Punto di fusione, A.A.M. Architettura
Arte Moderna, Roma, 2004
Maureen Mallarkey, New York Sun,
August 5, 2004
Cathryn Drake, Artforum, Critics’ Picks, June, 2004
Carlo Alberto Bucci, La Repubblica,
Maggio, 2004
Pier Paolo Pancotto, L’Unità, Maggio,
2004
Annemarie Sauzeau, Eventi, Catalogue essay in: Punto di fusione, A.A.M.
Architettura Moderna, Roma
Francesco Moschini in: Punto di fusione, A.A.M. Architettura Moderna,
Roma, 2004
32
Mattera, Joanne, The Art of Encaustic
Painting, New York, Watson-Guptill
Publications, 2001
Carlo Alberto Bucci, l’Unità, Nov.,
1999
Grace Glueck, New York Times, January 29, 1999
Annemarie Sauzeau, An Encaustic
Color Field, Catalog essay, Galleria
Marcello Rumma, Roma, 1999
Jacqueline Risset, La forme musicale du miel, Catalog essay, Bologna,
1997
Claude Fournet, La peau des signes,
in: Opere a encausto, Catalog essay,
Roma, 1996
Susan Stewart, Time and the Painting, in: Opere a encausto, Roma,
1996
Stephen Westfall, Art in America,
May, 1985
Gerrit Henry, ARTnews, April, 1985
Michael Brenson, New York Times, January 18, 1985; December 21, 1984;
August 5, 1983
Donald Kuspit, Artforum, November,
1983
William Zimmer, Soho Weekly News,
September 9, 1979
Jon Friedman, Arts Magazine, September, 1979
Peter Frank, Art News, November,
1977
York State Council on the Arts 196971 University Fellowship, Indiana University
Collezioni (selezione)
Estée Lauder, Inc., New York; The
New School, New York; Barkley’s
Bank, New York; Deloitte Haskins,
and Sells, New York; Pierre Alexis Dumas, Paris; Marc Pfirter, Baden (Svizzera); Nocasa, Chur (Svizzera)
Esperienze didattiche (selezione)
Dal 1994- Professore di disegno e
pittura presso la John Cabot University, Roma; Cornell University, Roma;
Istituto Superiore di Communicazione, Roma; University of Washington,
Seattle; Temple University Rome;
Bennington College, Vermont; Princeton University; Cooper Union, New
York; Skowhegan School of Painting
and Sculpture, Maine.
Premi e borse di studio
1990 New York State Foundation for
the Arts Fellowship in Painting
1976 Yaddo Residency, Saratoga,
New York
1976 MacDowell Colony Residency,
Petersborough, New Hampshire
1975 CAPS Grant in Painting, New
33
TANJA
LELGEMANN
Arrivata a Roma nel 1999 in qualità di assistente
del direttore dell’Accademia Tedesca di Villa Massimo, Tanja Lelgemann si è specializzata nella cura
e nella critica del lavoro di artisti contemporanei
internazionali in Italia e di artisti italiani all’estero.
ticani, Palazzo Reale di Milano, il Louvre e il Centre Pompidou di Parigi, la
National Gallery e la Royal Academy
di Londra, il Metropolitan Museum e
il Guggenheim Museum di New York.
Ha curato mostre ed è autrice di testi critici presenti nei cataloghi di numerose istituzioni, musei e
gallerie tra cui:
2014 – Villa Stuck, Monaco di Baviera: Der Stachel
des Skorpions (contributo di catalogo per il duo di
artisti M+M); 2013 – Nube di Oort, Roma: Peter Flaccus, La terra cambia; 2011 – Galleria le “ OPERE ”,
Roma: Vittorio Pavoncello - Redshift; 2009 – Studio
Tiepolo, Roma: Stefano Iraci – Sullo Spirito; 2008
– Studio Tiepolo, Roma: Paolo Paci; 2007 – Istituto
Italiano di Bruxelles: Stefano Iraci – Contaminazioni; 2004 – Marco Fioramanti: In cerca delle tracce
(catalogo, Jouvance 2003); 2003 – Goethe-Institut
Roma: v; 2002 – Scuderie Aldobrandini Frascati:
Doppio Verso 5, Rialtosantambrogio Roma: Isabelle Fordin: Spaceifico, Schloss Sophienholm, Kopenhagen: On a Clear Day; 2001 – Istituto Svizzero Roma: Simone Zaugg – Parole cadute; Cinema
Pasquino Roma, Dampfzentrale Bern, Künstlerdorf
Schöppingen: Videofestival: Relazioni Incrociate;
2000-2001 – Opera Paese, Roma: Berlino Nuova
Città d’Arte, in collaborazione con il Goethe-Institut Roma.
Tanja Lelgemann si è formata in storia dell’arte, lingue romanze e musicologia all’Università FU di Berlino
e all’Università degli Studi di Siena,
conseguendo all’Università di Erlangen Nürnberg il dottorato di ricerca
in storia dell’arte contemporanea da
cui è nato il libro Roma eterna? Artiste e artisti all’Accadmia Tedesca Villa
Massimo dal 1957 – 1999, pubblicato
da Logos-Verlag di Berlino nel 2012.
Le prime esperienze professionali nel mondo
dell’arte contemporanea risalgono all’attività di assistente in situ al Padiglione Tedesco della Biennale di Venezia nel 1991 e nel 1993. Ha poi lavorato
ai KW Institute for Contemporary Art di Berlino,
come assistente della prima berlin biennale für
zeitgenössische kunst.
A partire dal 2007 svolge un’intensa attività come
producer e autrice di applicazioni multimediali per
musei, mostre e siti del patrimonio culturale in tutto il mondo tra cui il MART di Rovereto, i Musei Va34
35
LUCIO
GREGORETTI
36
Lucio Gregoretti è nato a Roma e si è diplomato
in composizione al Conservatorio di Santa Cecilia.
Ha composto opere di teatro musicale, musica sinfonica e da camera.
Le sue opere teatrali sono state commissionate e
rappresentate in prima assoluta dal Theater Münster (2013), Teatro Massimo di Palermo (2012), Teatro dell’Opera di Roma (2009), Teatro Donizetti di
Bergamo (2005). I suoi lavori non operistici sono
stati commissionati ed eseguiti da istituzioni come
l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, l’Accademia filarmonica romana, l’Orchestra della Toscana,
la Nuova Orchestra Scarlatti, e sono abitualmente
presenti nei principali festival e rassegne internazionali.
Ha composto anche molta musica per film e teatro,
tra cui le recenti colonne sonore per i film di Pupi
Avati, Carlo Lizzani, Margarethe von Trotta e Lina
Wertmüller.
È stato Composer-in-Residence presso le
Künstlerhäuser Worpswede in Germania, The
MacDowell Colony e la Aaron Copland House
negli USA.
I suoi lavori sono editi da Rai Trade e Suvini Zerboni, e pubblicati su CD da Ducale e Vdm.
LUIGI
TRUCILLO
Luigi Trucillo, nato a Napoli nel 1955, è uno dei più
raffinati autori italiani contemporanei di poesie e
frammenti brevi.
Ha pubblicato Navicelle (Cronopio 1995), con
un’introduzione di Giorgio Agamben, Carta mediterranea (Donzelli 1997), Polveri, con illustrazioni
di Lino Fiorito (Cronopio 1998), Le amorose (Quodlibet 2004), Lezione di tenebra (Cronopio 2007),
con cui è risultato supervincitore del premio Lorenzo Montano 2008. Una selezione delle sue poesie è stata tradotta in tedesco. Ha collaborato con
IL Manifesto.
La sua ultima raccolta di versi, Darwin (Quodlibet
2009), ha vinto il Premio Napoli per la poesia 2009.
Nel 2010 è apparsa presso Elliot la sua rielaborazione, scritta insieme a Renato Benvenuto, del
Flauto Magico per L’Orchestra di Piazza Vittorio.
Molti dei testi poetici di Trucillo sono dei veri e
propri esercizi di miniaturizzazione e di abbreviazione attraverso i quali il mondo, come in quelle
forme che i cinesi chiamano paesaggi in bacinella,
diventa più piccolo e più radioso.
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LAVORI IN MOSTRA
Encausto su tavola
Red Wall, Hoop, 201v4, 37x29 cm., (cornice d’epoca)
Red Window, 2014, 27x22 cm., (cornice d’epoca)
Curlew, 2014, 32x27 cm., (cornice d’epoca)
Waiting, 2014, 29x21 cm., (cornice d’epoca)
Dreamer (self-portrait), 2013, 31x40 cm., (cornice d’epoca)
Halo, 2014, 33x28 cm., (cornice d’epoca)
Pool, 2011, 37x30 cm., (cornice d’epoca)
Pompeii Scribble, 2014, 29x23 cm., (cornice d’epoca)
Starry Night(mare), 2014, 33,5x32,5 cm., (cornice d’epoca)
Poison, 2014, 32x27 cm., (cornice contemporanea)
Shark, 2014, 46x36 cm., (cornice d’epoca)
Baros, 2014, 25,5x21 cm., (cornice d’epoca)
Vesuvio I, 2002, 61x47 cm.
Hawaii, 2006, 61x47 cm.
Wings, 2011, 43x34 cm.
Picnic, Lightning, 2011, 43x34 cm.
April Events, 2002, 43x34 cm.
Blue Window, White Ellipse, 2010, 43x34 cm.
Rocket, 2008, 29,5x23 cm.
Red Wall II, 2013, 70x50 cm.
Breaker, 2011, 60x50 cm.
Madagascar, dittico, 2013, 183x200 cm.
Il Golfo, dittico, 2014, 183x200 cm.
Wall Painting-Red, dittico, 2012, 183x200 cm.
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Opera in copertina;
Peter Flaccus, Starry Night(mare), 2014, 33,5x32,5 cm,
encausto su tavola (cornice d’epoca)
La poesia Nei mari del sud è tratta dal libro di Luigi Trucillo, Darwin,
Edizioni Quodlibet, Macerata, ©2009.
Tipografia Ricchi, Napoli
Stampato nel Novembre 2014
40
Associazione culturale Intraprendere
Via Cavallerizza a Chiaia, 57 / Interno cortile / 80121 Napoli
+39 081 415702 / www.intragallery.it / [email protected]