CAPITOLO I - INTRODUZIONE E CONOSCENZE DI BASE

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CAPITOLO I - INTRODUZIONE E CONOSCENZE DI BASE
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CORSO DI FITOTERAPIA E FARMACOGNOSIA - Anno 2014
INDICE DEGLI ARGOMENTI TRATTATI A BOLLATE
CAPITOLO I - INTRODUZIONE E CONOSCENZE DI BASE
CHIMICA
È la scienza che in generale si occupa dello studio degli “stati di aggregazione della materia”, delle sue reazioni e
trasformazioni.
Materia: è tutto ciò che occupa spazio ed ha superficie, il significato di “materia” comprende quindi tutte le sostanze,
che formano l’universo, l’ambiente che ci circonda e noi stessi.
Molecola: è la più piccola parte di una sostanza, che conserva inalterate le proprietà della sostanza stessa, le
molecole a seconda della loro complessità, possono quindi rappresentare, elementi semplici o composti.
Sistema è la porzione di materia che si intende studiare, per distinguerlo da tutto ciò che lo circonda che è chiamato
“ambiente”.
Sistemi omogenei e sistemi eterogenei, entrambi includono un insieme di sostanze diverse mescolate tra loro,
modificando o lasciando inalterate le caratteristiche iniziali di ciascuna sostanza. I sistemi sono classificabili e
separabili con mezzi fisici o chimici, (passaggio di stato, reazione, combinazione), i sistemi più comuni sono costituiti
da, soluzioni, emulsioni, sospensioni, miscele solide ecc.
STATI DI AGGREGAZIONE
A seconda dello stato fisico di aggregazione, la “materia” può essere classificata in:
Stato solido, quando essa ha forma e volumi propri, valutabili con misure fisiche di riferimento quali: peso,
estensione, colore, durezza, densità, resistenza meccanica, pressione, riscaldamento, conducibilità, solubilità, etc.
Stato liquido, in cui la materia possiede un volume proprio, ma assume la forma del recipiente che la contiene, le
misure fisiche, applicabili a questo stato, includono i riferimenti di: volume, densità, viscosità, trasparenza,
conducibilità, potere solvente, riscaldamento, ebollizione, congelamento, ecc.
Stato gassoso, quando la materia non ha né forma né volume proprio e tende ad espandersi occupando tutto lo
spazio a disposizione; per questo particolare stato di aggregazione le misure fisiche di riferimento riguardano:
pressione, densità, trasparenza, riscaldamento, conducibilità, (ottica, termica, acustica, etc.), potere di inclusione,
(fumi, nebbie), combustione, espansione, etc.
ENERGIA
L’energia è una delle proprietà e/o caratteristiche della materia, le cui reazioni di trasformazione per essere
completate “sviluppano o utilizzano energia”. La prima fonte energetica disponibile sul nostro pianeta è “l’energia
sviluppata direttamente dal sole” o “energia solare” e da questa derivano tutte le reazioni di trasformazione dei vari
sistemi biologici o composti inorganici presenti sulla terra. Le principali forme di energia più conosciute sono quelle
classificate come “energia potenziale, cinetica, meccanica, termica, elettrica, chimica e nucleare”. Le diverse forme di
energia sono trasformabili tra loro e possono essere utilizzate o accumulate per eseguire altre attività di
trasformazione direttamente collegate con l’esistenza di tutti gli organismi biologici, compreso quello umano, o con
l’ambiente in cui gli individui sono inseriti. L’energia utilizzabile per la sopravvivenza delle diverse specie biologiche
presenti sul nostro pianeta, proprio per le sue caratteristiche, direttamente collegate con le trasformazioni della
materia, è però una “risorsa finita”, che sua volta è destinata ad esaurirsi a causa del progressivo aumento dello stato
di dissipazione a cui essa è costantemente sottoposta, con la conseguente ed inevitabile cancellazione in un futuro,
purtroppo sempre più vicino, di qualunque forma di vita biologica.
BOTANICA
La Botanica, intesa come conoscenza delle piante, è la materia che studia le diverse forme di vita delle specie
vegetali, attraverso una classificazione scientifica e sistematica delle loro parti anatomiche e delle proprietà
fisiologiche. La botanica è una materia complessa, articolata, spesso di difficile comprensione, esente da
improvvisazioni, basata su osservazioni ed esperienze, in grado di evidenziare differenze spesso microscopiche o
apparentemente prive di significato, che contraddistinguono le diverse specie vegetali. La Botanica rappresenta quindi
il presupposto culturale e scientifico più adatto per sviluppare correttamente le conoscenze di natura erboristica.
ERBORISTERIA
L’Erboristeria, al pari di altre discipline basate sull’osservazione della materia, (Chimica, Biologia, Geologia,
Metereologia ed Astronomia), tiene quindi conto dell’importanza dell’ambiente, degli eco-sistemi, del clima e
dell’influenza che essi esercitano nei confronti dello sviluppo delle diverse specie vegetali. L’Erboristeria è la materia
che insegna a:
- rispettare la natura nella sua complessità e gli esseri viventi in particolare,
- distinguere tra loro le erbe in generale e identificare le piante medicamentose,
- effettuare, selezionare ed implementare la coltivazione di alcune di esse,
- scegliere le parti attive con procedure adeguate e nel periodo ritenuto più idoneo,
- eseguire la raccolta, la lavorazione, la conservazione e la trasformazione delle loro parti,
- utilizzare correttamente le parti attive a scopo terapeutico.
Le parti di una pianta non hanno tutte le medesime proprietà, un’erba che in primavera possiede una prerogativa, può
cambiarla o perderla in un’altra stagione, l’Erboristeria è quindi in grado di sviluppare i propri presupposti teorici,
basandosi su riscontri di carattere razionale e pratico per cui essa rappresenta il naturale presupposto scientifico ed il
riferimento primario per lo sviluppo delle due successive discipline denominate come: Farmacognosia, Fitoterapia.
FARMACOGNOSIA
La “Farmacognosia”, è la materia che riguarda “lo studio e la conoscenza” delle piante medicinali, “l’identificazione
dei loro componenti”, chiamati anche “principi attivi vegetali” o più semplicemente “droghe”, utilizzabili a scopo
terapeutico.
FITOTERAPIA
La “Fitoterapia” è invece la materia che si occupa “dell’impiego, a scopo preventivo o curativo”, di piante medicinali e
dei loro estratti.
RIFERIMENTI STORICI
La fitoterapia e la farmacognosia, a differenza di altre “dottrine scientifiche relative alla cura della salute”, sono
vecchie di migliaia di anni ed affondano le loro radici nella tradizione culturale Egizia, Fenicia, Greca e Latina, quando
ancora non esistevano, né la chimica, la biologia o la farmacologia e le uniche possibilità terapeutiche a disposizione
per la cura delle malattie erano costituite solamente dall’impiego delle erbe.
Per la definizione di farmacognosia e di fitoterapia è stato usato termine “materia”, piuttosto che non “scienza”, in
quanto ogni cultura o scuola di medicina aveva delle regole a cui attenersi e l’impiego delle erbe si basava sui
seguenti presupposti culturali: metodo empirico, tradizione popolare, tramandare la conoscenza da maestro a
discepolo, correlazione di pratiche filosofiche e/o religiose, utilizzo di alchimie spesso gelosamente custodite.
La “Cultura Cristiana”, all’interno dei conventi a partire dal Medioevo, ha contribuito in maniera significativa e
sistematica alla definizione ed allo sviluppo di una vera e propria “Scuola di conoscenza razionale ed applicata”
relativa all’uso delle piante medicinali, alla loro coltivazione, conservazione, ai trattamenti a cui esse venivano
sottoposte. Questa scuola di conoscenza era però basata prevalentemente sull’osservazione, sulla classificazione e
sulla coltivazione delle piante medicinali in toto, piuttosto che favorire lo sviluppo di metodologie di estrazione, di
identificazione e di conservazione delle sostanze in esse contenute.
Successivamente, a partire dal 18° secolo, il metodo scientifico, sviluppato “dall’illuminismo”, permise di collegare
la farmacognosia alla fitoterapia d entrambe alla scienza medica, ponendo di fatto le prime basi della “farmacologia”,
intesa come pratica medica finalizzata alla cura ed alla prevenzione delle malattie. L’impostazione della dottrina
illuministica era infatti quella di illuminare la mente degli uomini, ottenebrata dall’ignoranza e dalla superstizione,
servendosi della critica, della ragione e dell’apporto della scienza.
Più recentemente a partire dal 19° secolo lo sviluppo della “chimica”, della “biologia” e della “medicina moderna”
ampliarono notevolmente l’evoluzione scientifica della farmacognosia e portarono per la prima volta alla
individuazione ed alla classificazione dei principi attivi di origine vegetale. La farmacognosia, come la intendiamo oggi,
partendo da prodotti naturali, ha permesso di isolare, le droghe e di identificare i principi attivi responsabili di attività
biologica, dai quali sono poi stati sviluppati farmaci. La farmacognosia moderna è quindi una scienza multidisciplinare
che necessita delle conoscenze di specialisti di diverse materie quali:
- botanica, per riconoscere correttamente la pianta di interesse e per descriverla,
- biologia/biotecnologia vegetale, per spiegare i processi che portano alla formazione di determinate molecole e per
sviluppare ibridi di piante in grado di incrementare la resa dei principi attivi,
- agronomia, per sviluppare le procedure più appropriate per incrementare la coltivazione di specie selvatiche,
- chimica organica , per individuare i processi di estrazione delle droghe presenti contenute nelle piante medicinali,
- chimica analitica/strumentale, per approntare i processi quali-quantitativi necessari per riconoscere e per isolare
selettivamente i principi attivi presenti nelle droghe estratte,
- tecnologia farmaceutica, per approntare le forme farmaceutiche in grado di favorire la corretta somministrazione
dei singoli principi attivi e/o delle droghe.
PIANTA MEDICINALE
Il termine di “pianta medicinale”, secondo l’OMS indica:
“ogni vegetale che contiene, in uno o più dei suoi organi, sostanze che possono essere usate ai fini terapeutici o
preventivi o che sono precursori di semisintesi chimico-farmaceutiche”.
In base a questa definizione ne deriva che le piante medicinali possono essere utilizzate, sia per isolare “principi attivi”
da impiegare come tali nelle preparazioni farmaceutiche, sia per “ricavare sostanze chimiche di base”, da utilizzare
per ulteriori sintesi chimiche, in grado di modificare la struttura del composto di partenza e di ottenere altre sostanze
aventi un’attività spesso diversa da quella iniziale.
FARMACODINAMICA E FARMACOCINETICA
La “farmacodinamica” è quella branca della farmacologia che studia gli effetti biochimici e fisiologici dei farmaci
sull’organismo ed il loro meccanismo d’azione. In particolare la farmacodinamica studia l’interazione tra farmaco e
recettore e le interazioni tra farmaci rispetto al loro meccanismo d’azione ed alla loro affinità per un recettore.
La “farmacocinetica” studia quantitativamente, l’Assorbimento, la Distribuzione, il Metabolismo o l’Eliminazione,
(ADME), dei farmaci. In termini più generali, mentre la farmacodinamica studia gli effetti del farmaco sull’organismo, la
farmacocinetica studia gli effetti dell’organismo sul farmaco, ossia i processi che condizionano il raggiungimento ed il
mantenimento di un’adeguata concentrazione dei farmaci nei vari organi o apparati.
DROGA
Il termine “droga” deriva dall’antico linguaggio olandese, che significa “secco”, per indicare le stato di conservazione
delle sostanze vegetali di interesse economico.
Attualmente questo termine assume almeno tre significati:
- “stupefacente”, inteso come sostanza naturale o di sintesi in grado di modificare temporaneamente lo stato psichico
dell’individuo alla ricerca di una condizione patologica di piacere, inducendo contemporaneamente un processo di
assuefazione e dipendenza da essa;
- “alimento”, considerato come parte o composto vegetale utilizzato per aromatizzare il cibo, per renderlo più
appetibile, o per migliorarne lo stato di conservazione;
- “medicamento”, inteso come parte della pianta o pianta intera, utilizzata a scopo terapeutico in quanto dotata di
attività biologica. La F.U. IX Ed. definisce la droga come “parte, secreto o escreto di piante medicinali che, come tali o
come preparazioni, possono essere utilizzate a fini terapeutici o come sostanze ausiliarie per la preparazione di forme
farmaceutiche”.
Da punto di vista della farmacognosia il termine “droga” è sempre riferito a qualunque sostanza di origine vegetale
che possieda un’azione terapeutica e che sia impiegata tal quale o a seguito di processi tecnologici di raffinazione
quali triturazione, spremitura, estrazione, distillazione, essiccamento, polverizzazione o altro.
A titolo esemplificativo il termine droga è utilizzato per indicare la “manna”, (sostanza vegetale che contiene il
mannitolo), assumibile come tale, esclusivamente per uso lassativo osmotico, alla dose di 5-20g/die. Il seme di
Ippocastano, è una droga anche se esso viene ad essere impiegato non come tale allo stato grezzo, ma come
estratto secco, in cui è presente in elevata concentrazione una sostanza, denominata “escina”, la quale viene
utilizzata in terapia come potente antiedemigeno locale e come vasoprotettore. Il Mirtillo, chiamato anche ”vaccinium
myrtillus” è una droga, le sue bacche o frutti contengono delle sostanze chiamate “antocianosidi”, costituiti da
polifenoli, tannini, pectine, vitamina C, le cui proprietà terapeutiche riguardano l’apparato gastrointestinale, l’apparato
visivo e l’apparato cardio-circolatorio.
PREPARAZIONE DELLE DROGHE
Disponibilità, le piante fornitrici di droghe utilizzabili in fitoterapia possono essere “spontanee” o “coltivate”, a questo
proposito occorre però ricordare che l’ottenimento delle droghe o dei principi attivi di origine vegetale, porta nella
maggior parte dei casi alla distruzione della specie vegetale dalla quale sono stati estratti i prodotti. Diversi sono i
fattori che indirizzano verso le prime o le seconde: primo fra tutti è quello economico, infatti se i costi di raccolta e/o di
trasporto sono particolarmente elevati è senza dubbio preferibile ricorrere alle piante coltivate. La coltivazione oggi è
molto diffusa anche perché essa permette di ottenere droghe fra loro molto più omogenee sia per la qualità che per la
quantità dei principi attivi in esse contenuti; queste piante potranno infatti essere raccolte tutte nello stesso momento e
in un’area limitata; altro vantaggio è quello di avere un controllo di qualità superiore ed evitare anche possibili
sofisticazioni. Si ricorre all’utilizzo di piante coltivate anche quando si rischia l’estinzione della pianta stessa o quando
le droghe sono presenti in concentrazioni molto ridotte per specie o quando non si riesce a soddisfare ad incrementi di
richieste nel medio e lungo periodo.
Raccolta, una tappa estremamente importante nell’iter che una droga percorre dal campo al bancone del farmacista
o dell’erborista è quella della raccolta, poiché il contenuto in principi attivi è variabile, è fondamentale conoscere il
momento in cui essi sono presenti in maggiore quantità, solo da questo momento la droga acquisisce importanza dal
punto di vista terapeutico e valore da quello economico. In linea di massima è utile adottare le seguenti procedure per
ottimizzare la raccolta delle droghe:
- le piante, se annue, vanno raccolte nel periodo del loro pieno sviluppo,
- se biennali nel secondo anno di vita,
- gli organi sotterranei, (radici, rizomi, tuberi, bulbi), preferibilmente in autunno o in inverno;
- le cortecce sono raccolte preferibilmente in primavera in quanto il cambio post-invernale produce un’elevata quantità
di cellule parenchimatose non ancora differenziate, che hanno la caratteristica di essere particolarmente tenere
permettendo una facile asportazione della corteccia;
- le gemme vanno raccolte a fine inverno inizio primavera, quando iniziano a gonfiarsi, ma non ad aprirsi;
- le foglie prima della fioritura;
- i fiori, le infiorescenze e le sommità fiorite sono raccolti all’inizio della fioritura;
- i frutti a completa maturazione o poco prima mentre i semi a completa maturazione dei frutti.
Altri accorgimenti da rispettare per la raccolta possono essere quelli di: evitare di raccogliere le droghe dopo piogge
intense, preferire giornate asciutte e soleggiate, (con il tempo umido la droga è più bagnata, meno facilmente
essiccabile e più facilmente deteriorabile), nel caso di fiori è consigliabile la raccolta di primo mattino, aspettando che
la rugiada si sia asciugata e in ogni caso, prima che il sole possa contribuire a volatilizzare parte degli oli essenziali
contenuti. La raccolta infine deve essere eseguita con molta cura, spesso manualmente o con mezzi adeguati, in
modo da evitare la frantumazione della droga o che questa possa esser mescolata ad altre parti della pianta di minore
o di nessun valore.
FITOCOMPLESSO
Fino a pochi anni fa le piante sono state considerate alla stregua di “banche molecolari”, dalle quali estrarre e
selezionare dei singoli principi attivi. In base a questo presupposto è stato possibile identificare ed isolare centinaia di
sostanze con spiccate attività farmacologiche, la morfina e la codeina dall’oppio, l’efedrina dall’efedra, la muscarina
dal fungo amanita muscaria, la teofillina dalle foglie di the etc. Per questa serie di composti è stato necessario isolare
il singolo principio attivo dagli altri elementi, per poter garantire un effetto terapeutico facilmente dosabile e
riproducibile. L’impiego del prodotto fitoterapico in toto, non consente, infatti, una precisa somministrazione della dose
desiderata e di conseguenza non è sempre possibile prevedere l’effetto farmacologico; attualmente è stato possibile
verificare che anche droghe contenenti minore attività biologica possono avere un ruolo terapeutico e la loro attività è
correlabile non solo al singolo principio attivo ma piuttosto all’interazione tra i diversi gruppi di sostanze presenti.
Da questo presupposto di carattere sperimentale e scientifico, nasce il concetto di “fitocomplesso”, ovvero di insieme ,
(aggregazione, contemporaneità), di sostanze funzionali contenute nella pianta, in cui si trovano sia molecole ad
elevata attività biologica, (il cosiddetto principio attivo), che molecole con attività minori* ma in grado di modificare dal
punto di vista farmacocinetico o farmacodinamico l’azione di principi attivi. Le interazioni all’interno del fitocomplesso
possono essere varie e possono produrre:
- un effetto additivo, cioè gli effetti delle singole molecole si sommano, (1+1*= 2)
- un effetto sinergico, cioè gli effetti delle singole molecole si moltiplicano, (1+1* = 3)
- un effetto antagonista, cioè gli effetti si riducono o si annullano, (1+ 0* = 0)
Nel caso del rabarbaro per es. il contenuto dei “glucosidi antrachinonici”, non è diverso quali e quantitativamente da
quello di altre droghe purganti antrachinoniche, ma il cui effetto è molto più blando a causa della presenza di “tannini”
nel fitocomplesso che ne riducono l’efficacia.
L’attività di un estratto vegetale, deve essere perciò considerata come il risultato dell’azione di tutte le sostanze in
esso contenute e non può essere ricondotto al solo effetto di un singolo principio attivo.
TOSSICITÁ
È opinione molto diffusa che i prodotti naturali, in quanto tali non siano dannosi per la salute e che essi siano sempre
e comunque sicuri, questa errata convinzione, basata sul presupposto che tutto quello che è naturale è “bio” e quindi
salutare, è sostanzialmente il frutto di una conoscenza superficiale dei prodotti vegetali e riduttiva della complessità di
azioni causate da parte dall’uso spesso inappropriato dei cosiddetti prodotti naturali. In proposito basta ricordare i casi
mortali di avvelenamento da funghi dovuti ad un errato riconoscimento della specie trovata, o l’errato utilizzo che
veniva fatto in passato di erbe come abortivi, (prezzemolo, sabina, ruta, assenzio). La maggior parte delle “droghe
voluttuarie” sono di origine naturale, la coca, (contenente cocaina), l’oppio, (contenente morfina), la marijuana,
(contenente teraidro-cannabinolo), il peyote, (cactus contenente mescalina), il khat o l’efedra, (contenenti catinone), i
funghi allucinogeni psilocybe e conocybe, (contenenti psilocina e psilocibina). Altro esempio di questo genere è
rappresentato dalla Cannabis sativa, pianta erbacea che era utilizzata in passato per ottenere fibre tessili e che
attualmente è sfruttata illegalmente per produrre droghe ad uso voluttuario quali hashish e marijuana. L’hashish è il
materiale resinoso della pianta contenente circa il 10-15% di “tetraidro-cannabinolo”, (THC); mentre la marijuana è
costituita dalle infiorescenze e contiene il 3% circa di THC. Il THC induce euforia e benessere seguiti da rilassamento
e stato soporoso; derivati del THC, (nabilone e dronabinolo), vengono talvolta utilizzati in clinica nel trattamento della
nausea e del vomito causati da farmaci citotossici che non rispondono ai trattamenti standard.
La possibile pericolosità dei prodotti naturali non si esaurisce a pochi e documentati casi; sebbene i preparati di erbe
dotati di maggior tossicità siano vendibili solo in farmacia dietro presentazione di adeguata ricetta medica, anche le
piante ed i prodotti venduti in erboristeria possono celare insidiosi effetti collaterali e tossici. L’uso prolungato o
eccessivo di liquirizia induce ipopotassiemia e ipertensione arteriosa, l’iperico, il sedano, il bergamotto e l’arancio
amaro sono piante contenenti furanocumarine sostanze possono provocare reazioni di fotosensibilizzazione.
Infine, sebbene esista una generale diffidenza congenita nei confronti di ciò che è sintetico o di origine chimica, in
moltissimi casi ciò non trova giustificazioni razionali. L’acido salicilico, che si libera dai glucosidi salicilici non è diverso
da quello ottenuto per sintesi, i pochi milligrammi di taxòlo, che si ottengono dai molti chilogrammi di corteccia di
tasso, sono identici a quelli prodotti per via sintetica, con il conseguente vantaggio di evitare il danni alla pianta. La
digossina, prodotta in laboratorio, è identica a quella presente nella digitale e la codeina che è presente in alcuni
prodotti calmanti per la tosse secca è identica a quella presente nell’oppio, con l’indubbio vantaggio di evitare gli effetti
collaterali di tossicodipendenza provocati da quest’ultimo.
CAPITOLO II - DEFINIZIONE DI PREPARATI FITOTERAPICI
CLASSIFICAZIONE DEI PREPARTI FITOTERAPICI
I prodotti dotati di attività fitoterapica, a seconda della natura del prodotto di partenza ed in funzione del particolare
procedimento estrattivo adottato comprende i seguenti gruppi di preparati:
1) Preparazioni solide, costituite da:
Polvere ed Estratto secco.
2) Preparazioni liquide a freddo, formate da:
Macerato, Tintura Madre, Tintura Officinale, Spremitura, Succo, Polpa, Liquore/Alcoolito/Idrolito.
3) preparazioni Liquide a caldo, suddivise in:
Infuso, Decotto, Estratto Fluido, Tisana, Elisir, Distillato/Essenza.
POLVERE
È una preparazione solida omogenea costituita da particelle solide di piccole dimensioni, ottenuta direttamente dal
prodotto vegetale di partenza, che viene sottoposto a trattamenti di raccolta, isolamento, tranciatura, frantumazione,
sminuzzamento e setacciatura, senza dover operare alcun trattamento chimico o chimico-fisico di trasformazione.
L’insieme di queste operazioni, eseguite con l’ausilio di attrezzature meccaniche specifiche è in grado di facilitare la
riduzione del prodotto vegetale in piccole particelle, caratterizzate da un “incremento di superficie specifica”, la quale,
a sua volta, risulta essere direttamente proporzionale al tipo, all’intensità ed alla durata del trattamento ricevuto. Le
caratteristiche fisiche di una polvere, quali aspetto, umidità, densità, scorrevolezza e granulometria, sono in grado di
influenzare la stabilità e le sue ulteriori manipolazioni di carattere farmaceutico, che portano poi alla preparazione di
compresse, capsule opercolate, bustine, cialdini o cachets.
In tutte le polveri i “principi attivi o le droghe” sono presenti in quantità piuttosto limitata, inferiore solitamente del 10%
rispetto al peso del prodotto finito. Nella maggior parte dei casi i medicamenti presenti nelle polveri sono ancora
“complessati” e quindi intrappolati nel tessuto vegetale di partenza, per cui essi risultano essere molto spesso
biodisponibili in maniera limitata, incompleta o insufficiente.
Le polveri sono esclusivamente utilizzate tal quali quando sono costituite da principi attivi facilmente degradabili
dall’ossigeno, dal calore, dall’azione di solventi, (pH o complessazioni di vario tipo operate dalla presenza di solventi),
o dal contatto con altri composti. In tutti gli altri casi, in cui le polveri sono caratterizzate dalla presenza di principi attivi
sufficientemente stabili, esse possono essere facilmente sottoposte ad ulteriori trattamenti farmaceutici, finalizzati a
migliorarne il meccanismo d’azione del o dei principi attivi contenuti, (es. miscelazione, ripartizione, dissoluzione,
adsorbimento, etc.). Le parti della pianta medicinale, utilizzate per ottenere le “polveri” sono in generale costituite da
componenti di partenza caratterizzati da una adeguata consistenza solida quali: corteccia, legno, fusto, infiorescenze,
erbe, foglie, semi e talvolta radici.
MACERATO
È una preparazione liquida, ottenuta sottoponendo preventivamente il prodotto vegetale di partenza da trattare ad
operazioni di raccolta, isolamento, tranciatura e sminuzzamento, allo scopo di aumentare il più possibile la superficie
specifica, condizione preliminare necessaria per facilitare l’estrazione dei componenti durante la macerazione. Le parti
sminuzzate sono successivamente raccolte in un recipiente e su di esse viene versata la soluzione prescritta a
composizione definita, che rimane per un tempo determinato a diretto contatto con il materiale sminuzzato, favorendo
così “l’estrazione o la complessazione” nella fase liquida dei componenti attivi già presenti nel prodotto di partenza.
Per eseguire l’operazione di macerazione sono utilizzati specifici contenitori, chiamati anche “recipienti di
macerazione”, in cui sono introdotti nell’ordine la o le sostanze vegetali di partenza, già sezionate, tagliate o pestate
ed i solventi specifici es. acqua o miscele idro-alcooliche o idro-glicero- alcooliche. L’operazione di macerazione ha
una durata che può variare a seconda del prodotto da poche ore ad alcuni giorni. A seguito di questa operazione è
possibile estrarre “chimicamente” le droghe o i principi attivi contenuti nelle preparazioni vegetali di partenza, facendoli
passare in soluzione, sospensione o emulsione nel solvente utilizzato. Un volta completato il processo di estrazione o
di macerazione, il liquido ottenuto deve essere filtrato per separarlo dalle parti vegetali di partenza, il prodotto filtrato
ottenuto al termine del trattamento è chiamato anche “macerato”. Questo preparato può poi essere ulteriormente
trattato con vari metodi fisici, per concentrare, purificare o migliorare il grado di conservazione dei principi attivi
estratti. Le caratteristiche fisiche del macerato, sono misurate in base ai seguenti parametri: colore, fluidità, densità,
viscosità e concentrazione, attraverso i quali è possibile stabilire sia le corrette condizioni di conservazione del
preparato, sia le ulteriori operazioni di manipolazione a cui il preparato può essere sottoposto. Nei preparati macerati
i “principi attivi o medicamenti” sono presenti in quantità particolarmente elevate a seconda del livello di
concentrazione ottenuto; nella quasi totalità dei casi i medicamenti presenti risultano essere sufficientemente
biodisponibili o somministrabili tal quali, senza dover operare ulteriori manipolazioni dei preparati. La provenienza dei
componenti di partenza per ottenere “il macerato” può comprendere sia le parti fisse della pianta medicinale, isolabili
direttamente, sia le parti accessorie, (frutti, gemme ecc.) raccolte nella stagione adatta e sottoposte a manipolazioni
preventive di selezione e di aumento della superficie specifica, finalizzate a favorire la resa del processo estrattivo.
ESTRATTO SECCO
È un prodotto solido, omogeneo, ottenuto da una preparazione liquida di partenza, sulla quale è stato eseguito un
processo di evaporazione totale del solvente, ad una temperatura inferiore a 50°C. Per la realizzazione di questo tipo
di preparazione solida, le sostanze vegetali di partenza possono essere di natura solida o semisolida e subiscono
operazioni preliminari, analoghe a quelle già descritte per la preparazione di polveri o di macerati. Nell’estratto secco
le caratteristiche particolari dei granuli ottenuti al termine della fase di evaporazione rendono la preparazione molto
più stabile e più biodisponibile rispetto al prodotto di partenza, migliorando sia le successive operazioni farmaceutiche
che l’assorbimento e l’utilizzo da parte dell’organismo.
Le caratteristiche fisiche dell’estratto secco sono in generale analoghe a quelle delle già descritte per le “polveri”,
le operazioni di carattere farmaceutico per gli estratti secchi consentono come per le polveri di realizzare la
preparazione della maggior parte delle forme farmaceutiche per uso orale. I “principi attivi”, presenti negli estratti
secchi finiti, sono sempre quantitativamente più concentrati rispetto a quanto già descritto per le corrispondenti
“polveri”. La provenienza dei componenti di partenza per ottenere “un estratto secco” può comprendere, come per i
“macerati”, sia parti fisse della pianta medicinale, isolabili direttamente, sia frutti, gemme ecc. raccolte nella stagione
adatta e sottoposte a manipolazioni preventive di selezione e di aumento della superficie specifica, finalizzate a
favorire la resa del processo estrattivo.
TINTURA MADRE
È un estratto idro-alcoolico, (60-70°), ottenuto a partire dalla “pianta fresca”, lasciata a macerare in un solvente e
quindi diluita con acqua ed alcool secondo la proporzione di 9 parti di acqua/alcool ed una parte di estratto. La
“Tintura Madre” va assunta diluendola in poca acqua non gasata a temperatura ambiente e tenuta in bocca per
almeno un minuto, per favorire l’assorbimento attraverso le mucose della bocca. I prodotti vegetali estraibili dalla
tintura madre riguardano sempre principi attivi instabili o poco stabili al calore, per i quali sarebbe possibile come
processo alternativo di estrazione solo la macerazione ottenendo però valori di concentrazione minori e quindi rese
inferiori. Per la Tintura Madre valgono le stesse considerazioni già descritte per il macerato, riguardo a metodi di
preparazione, caratteristiche chimico-fisiche del preparato ottenuto ed ai metodi di conservazione. La
somministrazione di prodotti contenuti nella “Tintura Madre” avviene solitamente o per via orale, talvolta essa può
essere usata anche per via topica a seconda della composizione dei diversi preparati.
TINTURA OFFICINALE
La “Tintura Officinale”, chiamata anche “Tintura F.U.”, è un estratto ottenuto partendo dalla “pianta secca”, cioè dal
prodotto vegetale, isolato, sminuzzato e lasciato essiccare, prima del trattamento di estrazione. Il rapporto in peso
droga/solvente è di 1 / 5, cioè 200 g di droga vegetale essiccata in 1 lt di alcool ad una gradazione variabile tra 60° ed
80°. In casi particolari si utilizza un rapporto droga / solvente pari ad 1 / 10, (come ad es. per peperoncino, mirra,
digitale, oppio, lobelia, zafferano). Le modalità di somministrazione della “Tintura Officinale”, le caratteristiche e le
condizioni di conservazione sono analoghe a quanto già riportato in precedenza per la “Tintura Madre”.
SPREMITURA
La “Spremitura” è una preparazione, dalla quale è possibile estrarre sali, essenze, oli, resine, gomme, o succo,
partendo dalla “pianta fresca”. Il procedimento di spremitura è un metodo artigianale, spesso empirico, adatto per un
laboratorio ma di difficile riproducibilità a livello industriale. Esso consiste nell’utilizzo della pianta fresca, pulita,
spezzata e contusa, la quale viene posta in mortaio e per essere pestata; il prodotto schiacciato viene quindi raccolto
all’interno di un sacchetto di tela robusta, prima di essere torchiato. Il liquido, ottenuto dalla torchiatura, chiamato
anche “colato”, viene successivamente “chiarificato per filtrazione”, prima di essere raccolto nei contenitori finali di
conservazione o di utilizzo.
SUCCO
Il “Succo” è un preparato, generalmente di aspetto limpido, costituito dai liquidi presenti nei tessuti vegetali, i quali
sono stati “ottenuti meccanicamente” per pressione dalla pianta fresca.
I metodi adottati generalmente per la preparazione di un “Succo” sono costituiti da:
- “incisione diretta” di una specifica parte della pianta, fusto, corteccia, capsule etc., (es.papaverina, ottenuta per
incisione delle capsule del papavero, la quale inizialmente presenta un aspetto lattiginoso di colore biancastro, una
volta lasciata all’aria aperta si rapprende rapidamente condensando in una massa di colore marrone scuro, chiamata
oppio).
- “pressione mediante torchio”, esercitata su erbe, frutti o parti di piante verdi o fresche, (es. succo d’uva liquido
ottenuto per pressione dei grappoli della vite).
Caratteristiche: il “succo puro” costituisce quindi il liquido primario dell’attività cellulare degli organi vegetali e
contiene moltissimi materiali organici e minerali; esso contiene quindi i principi attivi del prodotto vegetale di partenza,
nella forma biologica più idonea per l’assimilazione. Il “succo puro”, analogamente alla spremitura, è una preparazione
spesso ottenuta con metodi artigianali, non sempre facilmente riproducibili, la cui commercializzazione avviene
sempre in contenitori sotto vuoto per evitarne la degradazione. In generale questo tipo di prodotto ha trovato largo
impiego nell’industria alimentare che lo sottopone ad ulteriori operazioni di manipolazione, che spesso ne modificano
radicalmente le caratteristiche di partenza (aggiunta stabilizzanti, edulcoranti, diluenti, coloranti ecc.), prima di
commercializzarlo.
POLPA
La “Polpa” è una preparazione di consistenza molle, ottenuta dalla massa carnosa o parenchimatosa di sostanze
vegetali; essa tende a fermentare facilmente, causando una rapida alterazione dei componenti; per questa ragione la
polpa deve essere preparata subito prima dell’impiego ed in quantitativo mai superiore a quello del fabbisogno.
La “polpa pura”, analogamente alle due precedenti preparazioni è spesso ottenuta con metodi artigianali non sempre
facilmente riproducibili.
ALCOOLITO / LIQUORE / IDROLITO
I liquori e gli alcooliti sono preparazioni liquide a bassa viscosità, costituite da soluzioni acquose od alcooliche a
varia gradazione, che contengono disciolti i prodotti vegetali di partenza, ottenuti con i metodi di preparazione simili a
quelli adottati per la macerazione o per dissoluzione diretta.
Gli idroliti sono preparazioni liquide a varia concentrazione, costituite da una soluzione in acqua di sostanze
medicamentose ottenute da precedenti trattamenti es. estratti fluidi, sali ecc.
INFUSO
È una preparazione liquida, “ottenuta estemporaneamente”, versando sulla sostanza vegetale di partenza, (fiori,
foglie, parti erbacee, ecc.), acqua bollente, lasciandola a contatto per un periodo molto breve, solitamente compreso i
5 ed i 15 minuti. Dopo il raffreddamento, che di solito deve avvenire molto lentamente per ottenere una completa
sedimentazione dei prodotti da separare, è necessario filtrare il preparato ottenuto, usando sempre e solo membrane
chiarificanti, (es. filtri enologici o simili).
Le operazioni di preparazione di un infuso, analogamente a quanto già descritto per i prodotti precedenti devono
prevedere un preventivo trattamento del prodotto vegetale di partenza, (raccolta, isolamento, tranciatura e
sminuzzamento, ecc.), allo scopo di aumentare il più possibile la purezza e la superficie specifica, condizione
preliminare necessaria per facilitare l’estrazione a caldo e quindi la resa dei componenti durante l’operazione di
infusione. La condizione indispensabile, necessaria per procedere ad una corretta preparazione di un infuso è quella
rappresentata “dall’accertata stabilità dei componenti al trattamento termico”, collegato con il processo di infusione.
Nella preparazione di un infuso la percentuale della sostanza vegetale di partenza, calcolata in relazione alla dose
richiesta, viene solitamente tagliata e contusa, prima di introdurla in un recipiente a bocca larga, nel quale viene
successivamente versata acqua bollente, “possibilmente disaerata”, in rapporto ponderale compreso tra il 150% ed il
300% rispetto alla sostanza vegetale di partenza.
L’infuso è una preparazione artigianale, che ha trovato largo impiego nell’industria alimentare, (the, camomilla, menta,
malva ecc.), il cui utilizzo è spesso associato alla ricerca di adeguate condizioni di benessere fisiologico o psico-fisico,
piuttosto che alla ricerca di attività terapeutiche vere e proprie.
DECOTTO
È una preparazione liquida in cui la sostanza vegetale di partenza opportunamente sminuzzata, (radici, legni,
cortecce, bacche, semi ecc.), viene dapprima immersa in acqua fredda in concentrazione variabile da prodotto a
prodotto, lasciandola macerare per un periodo variabile tra le 2 e le 12 ore; in generale il rapporto prodotto/solvente
aumenta all’aumentare del grado di polverizzazione del prodotto. La soluzione/sospensione ottenuta al termine della
fase di macerazione, viene successivamente portata ad ebollizione e lasciata a quella condizione per un periodo
variabile tra i 2 ed i 20 minuti circa per erbe foglie e fiori; mentre nel caso di legni, cortecce, radici o semi la durata
della fase di ebollizione oscilla tra i 30’ ed i 45’.
La fase di ebollizione permette di estrarre completamente dalla sostanza vegetale di partenza non solo le droghe
solubili in acqua a bassa temperatura ma anche quelle poco o scarsamente solubili, aumentando così la loro
concentrazione nel prodotto finale dopo aver completato la fase di raffreddamento. Il prodotto liquido una volta
raffreddato viene sottoposto a filtrazione per eliminare meccanicamente, sia le sostanze insolubili, sia quelle
sedimentate al termine della fase di raffreddamento, operando così una completa purificazione della soluzione
ottenuta. Le condizioni generali di utilizzo di un decotto sono analoghe a quanto già descritto per l’infuso, sia per le
sostanze di partenza, sia per quanto riguarda le condizioni di conservazione sia per le caratteristiche di impiego.
ESTRATTO FLUIDO
È una preparazione liquida densa, ottenuta con vari procedimenti a partire generalmente dalla sostanza vegetale
secca, la quale viene lasciata inizialmente a contatto con il solvente a freddo o a caldo per favorire l’estrazione dei
principi attivi contenuti. Il liquido usato per l’estrazione viene successivamente rimosso per lenta evaporazione, fino ad
ottenere una concentrazione finale di principi attivi presenti nella preparazione in rapporto ponderale pari al 50% del
peso finale dell’estratto fluido.
L’estratto fluido rappresenta una delle preparazioni liquide maggiormente utilizzate dal punto di vista fitoterapico, sia
per la stabilità della preparazione, sia per la sua larga compatibilità con altri trattamenti nel campo farmaceutico.
L’estratto fluido prende il nome di “Estratto molle”, quando è sottoposto ad una parziale concentrazione al solo
scopo di facilitarne il successivo impiego in alcune preparazioni farmaceutiche in cui è opportuno ridurre la minimo la
presenza di componenti liquidi.
TISANA
È una preparazione estemporanea, ottenuta partendo sempre e solo da sostanze secche da trattare con soluzioni
acquose per favorire l’estrazione dei principi attivi in esse contenute; le tisane sono classificate come “bevande o
pozioni innocue” nelle quali i principi medicamentosi o le sostanze disciolte sono presenti in quantità modica esigua:
- sia per contatto con acqua fredda, (macerazione),
- sia per estrazione in acqua calda, ( digestione, infusione),
- sia per dissoluzione in acqua bollente, (decozione).
In commercio soprattutto nel settore alimentare della grande distribuzione sono attualmente presenti prodotti secchi
da usare per la preparazione di tisane digestive, epatiche, espettoranti, calmanti, lassative, emollienti, sudorifere, ecc.
L’utilizzo delle tisane è spesso accompagnato da un’aggiunta di miele per addolcirle unitamente all’impiego di scorze
di agrumi, (arancio, limone o mandarino), usate per conferire un sapore più aromatico alla tisana stessa. Nella
stagione invernale è molto diffuso l’uso di tisane calde zuccherate o con miele, per le loro proprietà corroboranti
contro il freddo, in alternativa all’impiego di alcoolici che risultano essere molto più nocivi. Al termine dei pranzi o
cene, specialmente se molto abbondanti, è ancora molto diffuso l’utilizzo di tisane calde, contenenti erbe aromatiche
eupeptiche, per facilitare il processo digestivo.
ELISIR
È una preparazione liquida costituita come base da una soluzione idroalcoolica o da una tintura alcoolica, le quali
sono generalmente miscelate con sciroppo di zucchero per favorire il processo di aromatizzazione dei componenti. La
percentuale di alcool presente in un elisir può variare, a seconda della preparazione, da un minimo del 20% fino ad un
massimo del 45%, in funzione delle successive condizioni di utilizzo se tal quale o se per diluizione.
La preparazione degli elisir viene generalmente eseguita caldo, per blando riscaldamento, in recipienti lasciati sotto
vuoto e mantenuti sotto lenta agitazione; al termine della preparazione il liquido deve sempre essere lasciato maturare
in recipienti termostatati e chiusi al riparo dalla luce, per un periodo che può variare da poche settimane fino a 6 mesi,
prima di procedere alla filtrazione e successiva ripartizione nei contenitori finali di conservazione. La preparazione
degli elisir in passato era una attività quasi totalmente eseguita all’interno di laboratori farmaceutici, e spesso le
operazioni di miscelazione e di riscaldamento erano mantenute sotto stretto riserbo per cercare di tutelare le
caratteristiche e la qualità finale del prodotto; da alcuni decenni questi tipo di attività è passato stabilmente in carico
all’industria alimentare o enologica, uscendo completamente dalla logica del settore farmaceutico.
DISTILLATO / ESSENZA
È una preparazione liquida ottenuta a seguito di operazioni di: dissoluzione, riscaldamento, evaporazione e
successiva condensazione, le quali vengono solitamente classificate come parti integranti del processo di
distillazione vero e proprio. Il processo di distillazione è generalmente costituito da attività molto complesse e richiede
l’impiego di attrezzature costose, specifiche, poco versatili, ad elevato livello di manutenzione.
A seconda delle caratteristiche del prodotto da isolare la distillazione può essere condotta: in recipienti operanti a
pressione ambiente, in recipienti in grado di lavorare sotto pressione, in recipienti mantenuti sotto vuoto, in recipienti
lasciati in corrente di vapore.
Per questo tipo di prodotto valgono le stesse considerazioni già espresse a proposito degli elisir sia per la
preparazione che per la commercializzazione.
CAPITOLO III - DROGHE ADATTOGENE
ATTIVITÁ ADATTOGENA
Per “attività adattogena” di una droga, si intende la capacità di portare l’organismo ad uno stato di migliore resistenza
aspecifica, tale da contrastare meglio i fattori di tensione, emotivi e quindi di potersi più facilmente adattare a
condizioni di carico straordinario. Una droga possiede un effetto adattogeno, quando soddisfa alle seguenti condizioni:
- “aumenta” in maniera specifica la resistenza dell’organismo a stimoli nocivi di varia natura, (fisica, biologica o
psichica),
- “provoca” un effetto normalizzante, contrastando eventi emotivi o da tensione, spesso percepiti con molta intensità,
inducendo dal punto di vista psicologico sensazioni di calma e di tranquillità,
- “non causa effetti collaterali” sul fisico, (es. sulla pressione, sulla digestione, ecc), non provoca alterazioni
psicologiche o caratteriali, (torpore, sonnolenza, eccitabilità, ecc), non induce fenomeni di assuefazione.
A differenza delle droghe contenenti alcaloidi purinergici, (the, caffé, guaranà, cola, cacao), i quali agiscono molto
rapidamente da stimolanti del sistema nervoso centrale, le droghe adattogene hanno bisogno di un tempo molto
superiore, (giorni o settimane), per instaurare l’effetto desiderato, il quale però è generalmente duraturo e costante nel
tempo. Le droghe adattogene inoltre si differenziano dalle “sostanze dopanti”, che aumentano immediatamente le
prestazioni dell’individuo, ma la cui azione è inevitabilmente seguita da uno stato di depressione e spesso di
astinenza. Le droghe adattogene più importanti comprendono “il ginseng”, “l’eleuterococco”, la “maca” e la “rodiola”.
GINSENG
Classificazione, il “Ginseng” o “Panax ginseng Meyer”, pianta medicinale appartenente alla famiglia delle Araliacee,
è la droga più importante della medicina orientale, il cui impiego terapeutico è ormai consolidato e diffuso da alcuni
millenni in Cina , Korea, Giappone, Siberia e india, paesi in cui questa droga è stata utilizzata nella medicina popolare
come rimedio di tutti i mali. Adesso il Ginseng è largamente coltivato anche negli stati uniti ed in Giappone, a scopo
commerciale per poter soddisfare le sempre più crescenti richieste a livello internazionale.
Droga, la droga è ottenuta come “estratto secco” dalle radici essiccate, le quali hanno un aspetto cilindrico, allungato
leggermente incurvato e rastremato verso il basso, la loro lunghezza è compresa mediamente tra 3 e 20 cm; le radici,
in particolare quelle più lunghe, presentano talvolta ramificazioni nella parte superiore, che le rende come aspetto
simili alla forma di un uomo, (nella lingua cinese il termine ginseng significa, infatti, piccolo uomo); la superficie delle
radici è rugosa con striature longitudinali. Le radici sono raccolte in autunno da piante d’età compresa tra i 3 ed i 6
anni, età a cui corrispondono le maggiori dimensioni delle radici ed il maggior contenuto di principi attivi. Il ginseng
coreano, che è quello maggiormente pregiato dal punto di vista commerciale in quanto contiene fino al 3% di
ginsenoidi nella droga secca. Gli elementi maggiormente presenti nell’estratto secco sono chiamati “ginsenosidi” ed il
loro contenuto titolato non deve essere inferiore all’1,5%, la loro composizione chimica, una volta isolata e classificata,
è costituita da 2 molecole chiamate “protopanaxadiolo” e “protopanaxtriolo”. È interessante osservare che queste due
sostanze naturali, le quali sono quelle maggiormente responsabili dell’attività terapeutica del ginseng, sono entrambe
caratterizzate da una struttura molecolare tipo ciclopentanperiidrofenantrenica, che è chimicamente molto simile a
quella dei corticosteriodi.
La figura successiva illustra, in dettaglio, le caratteristiche strutturali molto simili tra loro dei due “ginsenosidi”, degli
“steroli vegetali” e del “cortisone” .
Proprietà terapeutiche, il ginseng è la droga adattogena per eccellenza, sebbene gli studi clinici finora condotti non
siano in completo accordo tra loro, si ritiene che il ginseng aumenti la resistenza alla fatica, per questo trova largo
impiego da parte degli atleti. Durante l’esercizio fisico, infatti, il suo impiego migliora il metabolismo glucidico e
diminuisce la produzione di acido lattico con conseguente incremento del potenziale aerobico del muscolo sotto
sforzo.
Nell’individuo non atleta, il ginseng aumenta la tolleranza al lavoro ed allo stress, promuove le capacità cognitive e
fornisce un benefico effetto antidepressivo. Il suo uso è indicato negli stati di astenia, (stanchezza cronica), il ginseng
potenzia inoltre le proprietà immunostimolanti dell’organismo, possiede una modesta attività ipoglicemizzante, può
essere utilizzato dai diabetici ed infine manifesta una scarsa, ma significativa azione antiaggregante piastrinica con
benefici effetti sulle terapie ischemiche e sulle capacità mentali. La tradizionale attività afrodisiaca, valutata in due
studi clinici nel 1995 e nel 2002 ha fornito risultati tendenzialmente positivi, tuttavia solo uno studio era stato condotto
in doppio cieco ed il numero di pazienti era scarso, (135 casi tra placebo e verum).
Controindicazioni ed effetti collaterali, l’uso eccessivo di questa droga o i suoi dosaggi prolungati per periodi
superiori ai 50/60 giorni, provocano con il passare del tempo stati di nervosismo, irritabilità, insonnia e tremori agli arti;
il qinseng è potenzialmente teratogeno, incrementa la produzione di ormoni steroidei e quindi il suo uso è sconsigliato
durante la gravidanza, l’allattamento, nella prima infanzia e negli adulti ipertesi. Il ginseng può inoltre ostacolare
l’azione dei farmaci antidepressivi, può aumentare i livelli di digossina nel sangue e può infine potenziare l’azione
farmacologia del warfarin.
ELEUTEROCOCCO
Classificazione, anche questa pianta, denominata “Eleuterococcus senticosus” o “Ginseng siberiano”, appartiene
come la precedente alla famiglia delle Araliacee, la sua area di distribuzione allo stato selvatico si estende dalla zona
nord-orientale della Siberia fino alla Manciuria ed al Giappone.
Droga, la droga dell’eleuterococco, è ottenuta come “estratto secco” dalle radici essiccate; essa è ricca di principi
attivi, denominati “eleuterosidi”, tra questi in particolare sono stati isolati chimicamente e quindi titolati, “l’eleuteroside
B e quello E”, i quali sono stati sottoposti a sperimentazione clinica e sono risultati essere dotati di attività curativa
molto simile a quella sopra descritta per il ginseng.
Proprietà terapeutiche, gli studi fitochimici e farmacologici, sull’eleuterococco, sono iniziati negli anni ‘50, a seguito
dell’espressa volontà dei ricercatori dell’Unione Sovietica di trovare un’alternativa al ginseng, allo scopo di ottenerne
un sostituto meno costoso. La fama di questa pianta è andata rapidamente crescendo, soprattutto sulla base di
sperimentazioni cliniche e farmacologiche mirate eseguite su larga scala nell’ex URSS, sebbene questi studi fossero
stati di difficile accesso e siano ancora scarsamente accreditati dai ricercatori americani. Famoso rimane in ogni caso
l’utilizzo dell’eleutrococco per migliorare le prestazioni degli atleti sovietici alle olimpiadi di Mosca e per sostenere le
fatiche dei cosmonauti nei lunghi periodi di permanenza nello spazio. Le sperimentazioni effettuate e gli studi
sviluppati hanno indicato le seguenti caratteristiche:
“effetti sul sistema bnervoso centrale”, “effetto antistress”, “attività steroidale”, “attività cardiovascolare”,
le quali hanno portato a considerare l’eleuterococco come succedaneo del ginseng. Questa droga, oltre a condividere
le attività del ginseng, manifesta anche una discreta “azione immunostimolante”, che talvolta viene utilizzata con
discreto successo, sia per la terapia /prevenzione delle infezioni dell’apparato respiratorio superiore, che per la terapia
complementare delle patologie infettive o tumorali.
Meccanismo d’azione, l’attività adattogena degli eleuterosidi, presenti nella droga, è stata osservata negli animali da
sperimentazione, ed ha mostrato, analogamente al ginseng, un aumento dimensionale e ponderale, per le ghiandole
surrenali con un conseguente aumento della produzione degli ormoni surrenalici; l’eleuterococco ha inoltre
evidenziato nel corso delle sperimentazioni anche un aumento delle vescicole seminali e della prostata.
MACA
La “Maca”, o “Lepidium meyenii”, conosciuta anche come “Ginseng delle Ande”, o “Ginseng Peruviano”, è una pianta
arbustiva, appartenente alla famiglia delle “Brassicaceae”, che cresce sulle pendici delle Ande peruviane ad
un’altezza compresa tra i 3800 ed i 4500 m.
Droga, è ricavata dalla radice essiccata e contiene in prevalenza: proteine, fitosteroli, glucidi, aminoacidi, fibre, grassi
vegetali e diversi sali minerali costituiti da Ca, Fe, Se, I e Zn. Secondo la tradizione popolare sembra che l’uso di
questa droga già alcuni millenni fa fosse riservato esclusivamente per i re e per i guerrieri Inca, per le sue proprietà
toniche e stimolanti. Le attività salutistiche della Maca sono tuttora ampiamente descritte nella medicina tradizionale
delle popolazioni andine.
Proprietà terapeutiche, la radice essiccata di Maca viene utilizzata prevalentemente per le sue “proprietà
adattogene, immunostimolanti ed afrodisiache”; l’attività adattogena è simile a quella manifestata da parte di altre
droghe analoghe, come il ginseng e l’euterococco, in particolare quella in grado di aumentare le capacità di reazione e
di adattamento dell’organismo nei confronti di stati di tensione di varia natura,(fisici, psichici, lavorativi, sportivi,
relazionali, depressivi, patologici, etc.). Più recentemente la proprietà più ricercata da parte dei consumatori di questa
droga sembra sia da ricollegare con l’incremento della libido e degli stimoli sessuali, in soggetti di entrambi i sessi.
La maca grazie alle proprietà sopra indicate è spesso utilizzata in associazione con altre droghe in particolare con
quelle dotate di attività immunostimolante, ormonale o antidepressiva potenziandone ed allargandone le proprietà
terapeutiche.
Effetti collaterali, i rischi derivanti dal consumo di Maca sembrano essere molto ridotti e circoscritti, in Perù le sue
applicazioni nutrizionali sono molto vaste e supportate da una tradizione millenaria; tuttavia l’uso di questa droga è
sconsigliato in caso di gravidanza, durante l’allattamento, in presenza di disturbi tiroidei, prostatici ed endocrini.
RODIOLA
La “Rodiola” o “Rodiola rosea”, della famiglia delle “Crassulaceae”, comunemente conosciuta con la denominazione
di “Radice d’oro o radice artica”, è una pianta arbustiforme di piccole dimensioni, diffusa nelle regioni fredde del nord
europa e presente nelle zone montuose delle Alpi.
Droga, è ricavata dalla radice ed è nota da lungo tempo nella medicina popolare come rimedio in grado di rafforzare
le attività mentali e fisiche dell’organismo. I principali componenti presenti nella droga sono costituiti da glicosidi
specifici, (denominati salidrosidi), da acidi fenolici, (ac. clorogenico e caffeico), da flavonoidi e da tannini.
Proprietà terapeutiche, la rodiola è una droga adattogena, con attività molto simili a quelle già descritte per il
ginseng e l’eleuterococco, la quale, oltre a migliorare le capacità reattive dell’organismo verso stati di tensione psicofisica, è dotata anche di proprietà terapeutiche in grado di potenziare le difese organiche, in condizioni ambientali
sfavorevoli per l’individuo.
In particolare la presenza dei salidrosidi dei flavonoidi e degli acidi fenolici stimolano in maniera sinergica:
- l’attività delle catecolamine normalmente prodotte dall’organismo per combattere gli stati di tensione in generale,
- la funzione delle attività metaboliche dei più importanti organi, fegato, muscolatura, tessuti, mucose e cuore,
- l’effetto antidepressivo e le capacità intellettuali, di memoria, di attenzione e di concentrazione,
- l’attività antiossidante a livello cellulare ed il rilascio degli acidi grassi presenti nei tessuti adiposi.
La rodiola per le sue proprietà è una droga facilmente associabile, singolarmente ed alternativamente, con l’uso altre
sostanze quali biancospino, melissa, iperico, acerola ed echinacea, in modo da ottenere un potenziamento anche
delle loro attività.
CAPITOLO IV - DROGHE IMMUNOSTIMOLANTI
IMMUNITÁ - DEFINIZIONE
Il sistema immunitario svolge un’azione di contrasto e quindi di difesa, nei confronti di agenti nocivi esterni, con cui
l’organismo viene quotidianamente a contatto, siano essi di natura chimica, fisica o biologica, (questi ultimi sono quelli
notevolmente i più pericolosi per la salute dell’organismo). L’immunità reagisce a questi eventi nocivi attraverso due
diversi meccanismi d’azione che sono comunemente denominati: “immunità innata”, (naturale o aspecifica) e
“immunità acquisita”, (reattiva o specifica).
“L’immunità innata”, che si attiva immediatamente, funziona in particolare come una prima barriera di difesa contro
gli agenti infettivi, i quali dovrebbero essere eliminati prima di indurre una manifesta infezione. Questo tipo di
immunità, che non possiede una “memoria specifica”, è costituita da: ”barriere meccaniche”, (cute), “barriere
fisiologiche”, (acidità, lisozima, pepsina, etc.), “barriere microbiologiche”, (flora batterica o germi saprofiti), “barriere
tissutali”, presenti sia nel sangue per contrastare processi infettivi, (corpuscoli denominati monoliti, granulociti,
macrofagi etc.), sia nei tessuti connettivi per combattere reazioni allergiche, (mastociti). Il sistema con il quale le
cellule, presenti nelle barriere tissutali, eliminano le sostanze estranee è basato sulla “fagocitosi” o sulla
“degradazione” operata da parte di un meccanismo ossigeno-dipendente od ossigeno-indipendente.
“L’immunità acquisita” si attiva, solo dopo alcuni giorni, nel caso in cui un germe patogeno, penetrato
nell’organismo, abbia superato i primi meccanismi di difesa; a fronte di quest’evento, l’immunità acquisita, che
possiede una memoria, produce una risposta anticorpale specifica per il tipo di infezione in corso. L’immunità
acquisita, a sua volta, si distingue in “immunità umorale”, (mediata da anticorpi prodotti da linfociti B), ed “immunità
cellulare”, (mediata da linfociti T). I vaccini sfruttano la memoria e la specificità di questo sistema: il germe patogeno
attenuato o sue porzioni sono introdotte forzatamente, (per iniezione), nell’organismo il quale produce una blanda
risposta immunitaria specifica, con conseguente produzione di cellule memoria. I rimedi fitoterapici immunostimolanti,
a differenza dei vaccini, non agiscono verso un germe patogeno specifico, attivando la risposta immunitaria acquisita,
ma stimolano l’immunità innata, provocando per es. un aumento del numero di macrofagi.
Tra le droghe immunostimolanti “l’echinacea” e “l’acerola” sono senza dubbio quelle più conosciute dal punto di vista
commerciale.
ECHINACEA
Riferimenti, l’echinacea comprende 9 specie diverse e appartiene alla famiglia delle ”Asteraceae”. Il nome generico
di echinacea deriva dal greco “echinos”, ovvero riccio di mare, in riferimento alle squame aculeate che caratterizzano
la porzione superiore del capolino maturo. Questa pianta è originaria delle praterie, situate nelle zone temperate del
nord america, dove era utilizzata in passato dalle popolazioni indigene per favorire la cicatrizzazione e soprattutto per
curare i morsi dei serpenti; le specie commerciali attualmente più utilizzate sono: commercio sono l’E. angustifolia,
l’E. purpurea e l’E. pallida.
Droga, principi attivi e preparazioni consigliate, la droga è costituita prevalentemente dalle radici di colore brunogiallastro e di forma cilindrica, a volte intrecciata o a spirale; talvolta sono sfruttate anche le foglie o le parti aeree nel
loro insieme. La droga è utilizzata come “estratto secco, titolato in echinacoside” per l’E.angustifolia e per l’E.pallida,
mentre l’estratto secco dell’E.purpurea è titolato in “acido cicorico o in polifenoli”. La dose giornaliera consigliata varia
da 5 a 10 mg di echinacoside. La droga è ricca inoltre di flavonoidi, olii essenziali, derivati dell’acido caffeico ed altri
componenti.
Impieghi, l’echinacea rappresenta una delle droghe vegetali di maggiore sviluppo negli ultimi decenni, tanto che nella
sola germania si contano più di 100 preparati registrati a base di echinacea. Le principali attività attribuite
all’echinacea riguardano l’azione immunostimolante, relativa soprattutto agli stati influenzali ed alle malattie da
raffreddamento, verso le quali risulta utile l’assunzione preventiva dell’estratto, per via orale, da utilizzare per alcuni
giorni al manifestarsi dei primi sintomi. Tra gli altri usi dell’echinacea è opportuno ricordare:
- l’azione antibatterica, sempre per via orale, come coadiuvante, nelle infezioni delle vie respiratorie e delle vie urinarie
(attribuibile probabilmente alla presenza dei principi attivi “fenil-propanoidi glicosidici” e “polieni”),
- l’azione vulneraria, (dal latino vulnus), per uso topico come unguento, per facilitare la cicatrizzazione di ferite,
piaghe, ecc. analoga a quella di altre erbe quali, arnica, salvia e timo,
- importante è anche l’azione antivirale, in particolare quella manifestata nei confronti di alcuni virus dell’influenza e
dell’herpes.
Meccanismo d’azione, l’echinacea, utilizzata per via orale, attiva i meccanismi di difesa e di reazione propri dei
globuli bianchi, con conseguente potenziamento delle risposte immunitarie aspecifiche dell’organismo. L’echinacea,
inibisce inoltre la “ialuronidasi”, enzima idrolitico, che scinde “l’acido jaluronico” nei suoi due componenti fondamentali:
acido D-glucuronico e N-acetil-D-glucosamina, impedendo di fatto la propagazione dei batteri in altri tessuti. L’acido
jaluronico, mucopolisaccaride a struttura lineare, rappresenta il componente fondamentale del tessuto connettivo,
come tutti i mucopolisaccaridi esso forma in acqua soluzioni ad elevata viscosità e conseguente bassa permeabilità.
La jaluronidasi si trova in forte concentrazione nell’apparato buccale delle sanguisughe, nel veleno dei serpenti, delle
api e degli scorpioni ed in vari microrganismi patogeni, (pneumococchi, streptococchi, bacilli anaerobi della cancrena
gassosa ecc. La jaluronidasi conferisce ai vari microrganismi notevole capacità di penetrazione e la propagazione nei
tessuti potenziandone almeno in parte la virulenza o il potere infettivo. Nell’organismo umano la jaluronidasi è
presente nella cornea, nel corpo ciliare, nella milza nella pelle ed in altre parti dei tessuti molli. L’attività della
jaluronidasi è inibita da vari fattori, tra cui i vari farmaci antinfiammatori.
Effetti collaterali e tossicità: L’echinacea è considerata una droga sicura ed affidabile, tuttavia essa può provocare
reazioni allergiche ed il suo utilizzo non dovrebbe superare le 8 settimane consecutive. L’echinacea può alterare il
metabolismo e la sintesi del colesterolo e degli steroidi in generale con conseguenze sul meccanismo di
assorbimento/accumulo dei lipidi. È importante inoltre sottolineare che le droghe immunostimolanti, se utilizzate
impropriamente da pazienti sottoposti a terapia oncologica, aumentano la tossicità di molti chemioterapici, soprattutto
di quelli con un “indice terapeutico” molto ridotto. L’echinacea, se assunta contemporaneamente a farmaci
anabolizzanti, amiodarone, metotrexato e ketoconazolo, potenzia il loro effetto nocivo a carico del fegato.
ACEROLA
L’Acerola, o “Malpighia glabra” denominata comunemente come “Ciliegia delle Barbados” è una pianta spontanea
originaria delle foreste tropicali, presenti in centro america e nelle zone caraibiche. L’Acerola è una pianta di tipo
arbustiforme, che produce dei piccoli frutti sferici, i quali a maturazione assumono una forma ed un colore molto simili
a quelli delle ciliege.
Droga, è ricavata dai frutti, raccolti ancora verdi, i quali dopo essere stati denocciolati e successivamente spremuti, il
succo ottenuto viene concentrato, essiccato e polverizzato fino ad ottenere un estratto contenente i seguenti
componenti:
- Vitamina C in elevata percentuale,
- Vitamine del gruppo B, (B1, B2, B3,B5 e B6),
- Sali minerali, (tra cui ferro, calcio, magnesio, potassio e fosforo),
- Un Bioflavonoide particolare, denominato anche fattore C2, il quale possiede un’azione sinergica con la Vit. C.
Proprietà terapeutiche, l’attività fitoterapica dell’Acerola è quella caratteristica della vitamina C e delle altre sostanze
antiossidanti, energetiche e immunostimolanti presenti nel frutto. Questa droga per le sue proprietà è spesso utilizzata
anche in associazione con altre sostanze fitoterapiche quali la Spirulina, la Pappa Reale, il Ginseng, il Guaranà
l’Echinacea o la Propoli e risulta essere particolarmente indicata per stimolare le difese immunitarie dell’organismo,
per curare i casi di astenia, stanchezza, convalescenza, carenze vitaminiche e rappresenta un ottimo coadiuvante per
prevenire e combattere le malattie stagionali da raffreddamento e la infezioni del tratto respiratorio..