Sentenza 18 maggio 2016 n. 1912
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Sentenza 18 maggio 2016 n. 1912
Tribunale di Cagliari – Sezione penale - Sentenza 18 maggio 2016 n. 1912 TRIBUNALE DI CAGLIARI REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale, in composizione monocratica, nella persona del dott. ANDREA DEIDDA alla pubblica udienza del 18/05/2016 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo e della motivazione la seguente SENTENZA Nei confronti di MA.AL., nata (...) libera - contumace IMPUTATO del delitto di cui all'art. 167 D.Lvo 196/2003 in relazione all'art. 23 del medesimo D.Lvo, perché, operando in qualità di impiegata della società "Ge. S.r.l. (società di recupero crediti), al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare un danno a LA.An., procedeva al trattamento di dati personali del LA. senza il suo consenso. Condotta consistita nell'avere comunicato telefonicamente alla madre del LA. (contattata all'utenza telefonica (...)) che LA.An. era debitore della somma di Euro 796,00 circa e che, in caso di mancato pagamento di tale somma entro le 13.30 di quello stesso giorno, sarebbe stata segnalata la cosa alla Banca d'Italia. MOTIVI DELLA DECISIONE Con decreto di citazione a giudizio regolarmente notificato, Ma./Me. è stata chiamata a rispondere del reato di cui in imputazione. All'esito del processo, istruito con prova testimoniale e documentale e celebrato m assenza dell'imputata, dev'essere pronunciata sentenza di assoluzione della Ma.Al. con la formula di cui in dispositivo. La.An., persona offesa, costituitasi parte civile, ha premesso che, costretto, poco tempo dopo l'apertura, a chiudere la propria attività, si trovò in difficoltà economiche, ritardando nel pagamento delle somme dovute alla Banca Sa. per l'utilizzo di una carta di credito. Il debito, ha precisato la persona offesa, ammontava a poco meno di ottocento Euro e per il recupero della somma venne incaricata la società GE., presso la quale lavorava l'imputata, la quale, più volte, a detta della persona offesa, utilizzò dei metodi scorretti, arrivando anche nel corso di una telefonata effettuata circa un mese prima rispetto a quella per cui si procede ed alla quale rispose il padre - a minacciare l'esecuzione di un pignoramento nell'abitazione dei genitori in relazione al suo debito. Il 20 agosto 2008, dopo che già erano state effettuate altre telefonate dalla società di recupero crediti, la Ma. chiamò al numero (...), utenza dei genitori, corrispondente all'abitazione degli stessi, in (...), ove lui non risiedeva oramai da circa un anno (tanto che aveva formalmente comunicato alla Sa. il cambio di residenza, essendosi trasferito ad As.). "Loro hanno comunicato a mia madre ...che io ero un truffatore, che prendevo i soldi e non li restituivo ed hanno così "destabilizzato un rapporto che già era difficilissimo sin dall'infanzia con i genitori", così si è espresso il La. nel corso della sua deposizione. In occasione della citata telefonata del 20 agosto 2008 - ha proseguito - dissero alla madre che, se lui non avesse pagato il debito di 796 Euro entro le ore 13.30 dello stesso giorno, avrebbero inoltrato una segnalazione alla Banca d'Italia. Quanto all'identificazione della Ma. quale responsabile della telefonata di cui trattasi, la persona offesa ha riferito "dopo che questa signora ha chiamalo a casa, io ho chiamalo la Sa. mi sono fallo dire chi era la società a cui avevano affidato il recupero credili", e la Sa. indicò la Ge. di Cagliari. "Allorché io ho chiamalo la Ge., li per dare prova dell'accaduto ho registralo la telefonata, che è quella allegala nel dischetto e ho portalo la signora signorina Ma. a ammettere quello che aveva fallo". Il La. ha proseguilo il proprio racconto riferendo di essersi, poi, recato presso la stessa Ge. e di avere parlato con un responsabile, che negò l'utilizzo di simili tecniche nei confronti dei clienti. Decise, a quel punto, di sporgere denuncia. La stessa persona offesa ha aggiunto che, quando venivano effettuate le telefonate di sollecito, l'operatore si presentava come "Sa.", senza fare riferimento alla società incaricala del recupero del credito, alla quale risalì contattando la mandante Sa. Quanto al CD prodotto, ha precisato che lo stesso non contiene la telefonata per cui è processo, ma una telefonata successiva da lui fatta alla Ge., con interlocutrice l'odierna imputata. Ottenuto dalla Sa. un codice pratica - ha spiegato - venne indirizzato alla persona che la gestiva, nella circostanza la Ma., la quale confermò, nel corso della conversazione registrata nel Cd. di essere autrice della telefonata per cui è processo. In proposito, chiestogli espressamente dal PM se avesse avuto certezza che l'interlocutrice fosse proprio la persona che seguiva la sua pratica, ha risposto "si. probabilmente, questa è una mia ipotesi". Pe.Ma., in servizio presso la Stazione dei Carabinieri di Sant'Avendrace, ha riferito che dell'accertamento anagrafico relativo all'imputata si occupò il collega Se., che gli comunicò l'indirizzo della Ma., residente a Elmas, via (...). Se.Ef. escusso ai sensi dell'art. 507 c.p.p., ha riferito di avere accertalo presso la Ge. le generalità complete della Ma. che gli vennero fornite oralmente da tale Ol.Ba., responsabile, nel periodo che interessa, della sede di Cagliari. La stessa Ol., anch'essa escussa ai sensi dell'art. 507 c.p.p., ha confermalo di essere stata la responsabile della Ge. per la sede di Cagliari e spiegalo che. dopo che la mandante trasmetteva le pratiche, le stesse venivano affidate ad una serie di operatori che gestivano telefonicamente le posizioni debitorie. Non ha ricordato di essere stata interpellala dal Se.Ef. in relazione a Ma.Al. (che ha, comunque, ricordato fosse, all'epoca, dipendente della Ge.) e chiarito che il sistema fosse organizzato in modo tale che i solleciti di pagamento non venissero effettuati, necessariamente, sempre dallo stesso operatore, ma da chi fosse di turno al momento. Va.Mi., dedotta dalla difesa, ha riferito di aver lavorato insieme alla Ma. nella gestione, quale dipendente della Ge. del recupero crediti per conto della Sa. Ha confermato che le pratiche non vengono gestite sempre dalla stessa persona e precisato che, quando è il cliente a chiamare, gli viene passato il primo operatore libero, mentre, quando sono gli operatori a contattare il cliente, la posizione dello stesso può essere trattata indifferentemente da persone diverse. La stessa, sentito in aula il CD audio prodotto dalla parte civile, ha riconosciuto la voce della Ma.Al. Ol.Da., nel 2008 dipendente della Ge., anch'esso dedotto dalla difesa, premesso di essere collega e amico della Ma., ha confermato le modalità operative dell'attività di recupero crediti gestite dalla Ge., ribadendo che nessun operatore è responsabile di una pratica dall'inizio alla fine. L'audizione del Cd prodotto dalla parte civile ha permesso di accertare che la Ma. sia stata autrice della telefonata di cui trattasi, avendo, la stessa, sostanzialmente confermato la circostanza. La madre del La., Me.Cl., dallo stesso indicata come colei che avrebbe ricevuto la citata telefonata, è stata escussa ai sensi dell'art. 507 c.p.p. ed ha ricordato di aver ricevuto a casa varie telefonate, nel corso delle quali veniva nominata la Sa. e l'interlocutore chiedeva del figlio La.An., che nel periodo non abitava più con lei. Rispondeva, pertanto, che lo stesso non era in casa e invitava l'operatore a riprovare in altra, ora. Continuavano a telefonare - ha aggiunto - fino a che, in una delle telefonate, le venne comunicato che il figlio avesse un debito nei loro confronti e che non si facesse rintracciare. Ha aggiunto che, appreso ciò, si adirò col figlio, precisando che in altre occasioni risposero alle telefonate altri componenti della famiglia e che le telefonate erano, più o meno, tutte di donna. La Me. non è stata in grado di ricordare se l'interlocutrice avesse parlato di un importo preciso, nè se fossero state minacciate delle conseguenze per il caso di mancato pagamento del debito. Ciò premesso, Ma.Al. deve essere mandata assolta dal reato alla stessa ascritto perché il fatto non sussiste. L'art. 167 del D.L.vo 30 giugno 2003, n. 196 (che punisce la condotta di chi procede al trattamento di dati personali in violazione delle norme di privacy al fine di trarne profitto per sé o per altri o di recare ad altri un danno) sanziona le violazioni che determinano un danno direttamente ed immediatamente collegabile e documentabile nei confronti di soggetti cui i dati raccolti sono riferiti e non anche le semplici violazioni formali ed irregolarità procedimentali e quelle inosservanze che producano un vulnus minimo all'identità personale del soggetto ed alla sua privacy e non determinino alcun danno patrimoniale apprezzabile (Cassazione penale, sezione III, sentenza 9 luglio 2004, n. 30134). Ora, nel caso in esame, se è vero che la telefonata citata (si procede per una sola telefonala) può avere determinato una reazione della madre nei confronti del La. (reazione che la stessa Me.Cl. ha confermalo), la vicenda non è tale da potersi dire abbia determinalo alcun un danno patrimoniale e può, comunque, ricondursi in quel vulnus minimo della identità personale del soggetto privo di rilevanza penale. Per le esposte ragioni l'imputata va mandata assolto dal reato ascritto perché il fatto non sussiste. PER QUESTI MOTIVI Visto l'art. 530 c.p.p. assolve Ma.Al. dal reato alla medesima ascritto perché il fatto non sussiste. Così deciso in Cagliari il 18 maggio 2016. Depositata in Cancelleria il 18 maggio 2016.