Audizione al Senato del 16 novembre dell`Ad Mauro
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Audizione al Senato del 16 novembre dell`Ad Mauro
SENATO DELLA REPUBBLICA 8ª COMMISSIONE PERMANENTE LAVORI PUBBLICI E COMUNICAZIONI Indagine conoscitiva sulle problematiche relative alle autorizzazioni, ai contratti di servizio ed ai contratti di programma nei settori dei trasporti, postale, delle telecomunicazioni, dei lavori pubblici e delle infrastrutture Audizione dei vertici del Gruppo Ferrovie dello Stato S.p.A. Mauro Moretti, Amministratore Delegato Roma, 16 novembre 2010 1) I risultati del Gruppo FS nel triennio 2007 - 2009 Le azioni realizzate dal Gruppo Ferrovie dello Stato in termini di razionalizzazione dei costi, incremento dei ricavi (anche di fonte pubblica) e taglio degli “sprechi” hanno consentito il ripristino di quelle condizioni di equilibrio economico e industriale così fortemente compromesse negli anni precedenti, con il raggiungimento (già nel 2008, con un anno di anticipo rispetto alle previsioni), e il successivo consolidamento, degli obiettivi di risanamento assunti nel Piano Industriale 2007-2011. Questi risultati sono stati conseguiti malgrado il quadro macroeconomico e di finanza pubblica di riferimento siano stati meno favorevoli rispetto a quanto precedentemente previsto. La insufficiente disponibilità di risorse finanziarie da parte della committenza pubblica ha impedito, da un lato, lo sviluppo di servizi di trasporto locale in ambito regionale/metropolitano in linea con le esigenze di mobilità espresse dal territorio e, dall’altro, la ricapitalizzazione, tramite procedura di aiuti di Stato, avallata dall’Unione Europea, dell’impresa ferroviaria Trenitalia. La recessione mondiale con i suoi effetti “depressivi” sul sistema economico nazionale ha compromesso i volumi di traffico, in particolare nell’ambito del settore merci, incidendo negativamente sui risultati di tutte le principali ferrovie europee. Con un Ebitda di 966 milioni di euro, il Gruppo Ferrovie dello Stato ha consolidato nel 2009 il proprio equilibrio economico, nonostante le minori risorse rese disponibili per i servizi di infrastruttura (-190 milioni di euro) e l’arretramento del margine del business cargo, indotto dalla crisi economica. Il consolidamento di tale risultato economico è avvenuto essenzialmente dal lato del controllo dei costi, ridotti di oltre 1.100 milioni di euro dal 2006 ad oggi, con una diminuzione media annua del 4% (-6% a prezzi costanti 2006). Miglioramenti nelle altre partite (minori accantonamenti e minori esborsi per oneri finanziari), hanno poi consentito di raggiungere nel 2009 un utile netto di 44 milioni di euro, migliorando di ben 2.159 milioni di euro il risultato del 2006. Nel piano industriale 2007-2011, il riequilibrio della gestione era previsto come un obiettivo per il 2009. L’anticipazione al 2008 testimonia dello sforzo operato da tutte le componenti del Gruppo per controllare i costi di gestione e sostenere i ricavi. È da ricordare infatti che questa gestione del Gruppo, avviata nel settembre del 2006, partiva da un disavanzo di 2.115 milioni di euro. Il completamento del sistema Alta Velocità/Alta Capacità, con la sua eccellenza tecnologica ed industriale, ha avuto e sta continuando ad avere un impatto 2 estremamente positivo sulla struttura economica e sociale del Paese. Ha inoltre consentito di avvicinare tra loro le grandi realtà metropolitane. Dal lato industriale e di assetto competitivo il Gruppo Ferrovie dello Stato ha perseguito una strategia di cambiamento del modello di business e di offerta commerciale: la delimitazione dei perimetri dei servizi con la chiara distinzione in “universale” e “a mercato” ha consentito l’attuazione di specifiche politiche tese alla creazione di valore per l’azionista. Con i servizi “Freccia” il Gruppo Ferrovie dello Stato ha raggiunto quote di mercato di leadership rispetto ai modi concorrenti (gomma, aereo) sulle relazioni interessate dalla nuova infrastruttura, su cui si concentra oltre il 60% dei consumi nazionali (le aree metropolitane di Milano, Roma, Napoli e Torino, a maggior densità di popolazione). Il crollo dei volumi di traffico ha comportato una forte contrazione del livello di fatturato e di redditività per quasi tutto il settore del trasporto ferroviario in Europa, a eccezione del Gruppo Ferrovie dello Stato che ha saputo confermare per il secondo anno consecutivo, nonostante la crisi, un risultato netto positivo e un miglioramento, in controtendenza rispetto ai principali competitors europei. In Germania, DB AG ha evidenziato nel 2009 un livello di ricavi in flessione del 9%, con un calo del margine operativo lordo al 5%, e un risultato netto inferiore di circa il 37% rispetto al 2008. In Francia, SNCF ha adottato politiche commerciali di difesa dei volumi che hanno consentito una tenuta del livello complessivo di fatturato, in flessione di un modesto 1% rispetto al 2008, ma con una forte riduzione del margine operativo lordo di oltre il 35% e un risultato netto negativo inferiore del 270% rispetto all’anno precedente. Il Gruppo Ferrovie dello Stato ha, pertanto, completato il suo percorso di “ristrutturazione”, condizione necessaria per poter aprire una seconda fase di sviluppo e di creazione di valore. Su questa base è necessario procedere alla definizione del nuovo Piano industriale che identifichi i presupposti per una sana politica di crescita ed espansione. 2) La razionalizzazione del modello produttivo nel settore merci Il piano di efficientamento degli itinerari merci prevede di indirizzare i principali interventi infrastrutturali e di garantire l’operatività degli impianti in coerenza con i volumi, l’andamento e la distribuzione geografica dei bacini di traffico; in particolare, il reticolo di impianti/terminali merci esistente ad oggi risulta ancora sovra-dimensionato rispetto alle esigenze, anche prospettiche, del mercato. Non potendosi prescindere dall’economicità della gestione degli asset che, se poco sfruttati, finiscono solo per sovraccaricare di un infruttuoso sforzo 3 economico/finanziario il proprietario e – da ultimo – lo Stato, è opportuno procedere ad una selezione ancor più rigorosa. Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 7 luglio 2009 ha dato forma a questo tipo di impostazione, riconoscendo che diversi impianti della rete infrastrutturale non risultano funzionali alla operatività del trasporto ferroviario e che il reticolo può essere vantaggiosamente ridotto. La validità di tale disposizione, ad oltre un anno di distanza dalla sua efficacia, è confermata dai fatti: specificamente, gli impianti e scali merci allora individuati in numero di 71 sono in grado di rispondere alle istanze del mercato in termini e di volumi e di posizionamento geografico; semmai, assistiamo ancora ad una forte insaturazione di alcuni di essi (assenza di “massa critica” che ne motivi il mantenimento in esercizio), segnale di un eccesso di offerta e, di conseguenza, di oneri di gestione non propriamente remunerati. In tale contesto, è opportuno sottolineare che la società Rete Ferroviaria Italiana SpA, cui è affidato il compito di gestore dell’infrastruttura nazionale, deve ridisegnare il proprio perimetro focalizzandosi esclusivamente sulle attività tipiche della figura di gestore, così come individuate dalla normativa nazionale (cfr. D. Lgs 188/03, in cui il gestore dell’infrastruttura è “il soggetto incaricato in particolare della realizzazione, della manutenzione dell’infrastruttura ferroviaria e della gestione in sicurezza della circolazione ferroviaria”) e comunitaria di riferimento (cfr. Dir. 91/440CE e Reg. CE 2598/70) nonché dall’Atto di Concessione. Tutte le attività non strumentali alla gestione dell’infrastruttura ferroviaria ed i relativi asset dovranno essere, quindi, oggetto di interventi finalizzati ad una più razionale allocazione alternativa, con l’obiettivo primario di realizzare un percorso di messa a reddito e di creazione di valore. 4 3) Da sommatoria di singoli mercati nazionali ad un mercato unico ferroviario europeo Per procedere è necessario innanzitutto analizzare l’attuale contesto normativo e regolatorio, sia europeo sia nazionale, di riferimento. A partire dalla prima metà degli anni ’90 il settore ferroviario europeo è stato interessato da un processo di liberalizzazione, avviato, a livello comunitario, dalla Direttiva del Consiglio 91/440/CEE e sue successive modifiche. Lo spirito della norma era quello di definire principi e linee di indirizzo comuni su tematiche di fondamentale importanza per la creazione di un mercato unico europeo dei trasporti ferroviari e per l’efficacia delle riforme di liberalizzazione. Tuttavia, la sua trasposizione negli ordinamenti degli Stati membri palesa una situazione di una Europa “frammentata”, con condizioni di accesso differenziate da Paese a Paese, che si sostanziano in una mera sommatoria di singoli e distinti mercati nazionali. In questo ambito il Gruppo Ferrovie dello Stato persegue l’obiettivo di un aggiornamento/rivisitazione dell’assetto regolatorio nazionale e comunitario con la definizione e l’applicazione di condizioni e regole eque, ma soprattutto omogenee. La competizione può produrre i suoi effettivi benefici per il consumatore solo se basata sui fattori quali qualità e servizio, opportunamente remunerati. Al contrario, la permanenza su alcuni mercati di condizioni di abuso di posizioni di privilegio e/o di situazioni di over-compensation per servizi resi con politiche di pricing molto aggressive (che si sostanziano di fatto in pratiche di dumping) produce effetti che falsano la dinamica competitiva impedendo una sana e libera concorrenza. Il panorama si presenta dunque non omogeneo, poiché esistono imprese ferroviarie il cui mercato nazionale è aperto e altre che continuano ad operare in regime di monopolio, così come modalità alternative al ferro godono di contribuzioni pubbliche “privilegiate”. Tali fenomeni generano, evidentemente, una distorsione della competizione, che va invece ricondotta entro confini di pari condizioni per tutti gli operatori e tutte le alternative modali, anzi tenendo in debito conto i costi esterni provocati da ciascuna di queste ultime. In Italia il quadro regolatorio nazionale del settore ferroviario ha fortemente favorito la competizione intramodale, consentendo l’accesso con minori vincoli sia rispetto alla normativa comunitaria di riferimento sia rispetto alle singole normative vigenti negli altri Stati membri. Il mercato del trasporto ferroviario italiano risulta uno dei più liberalizzati dell’Unione Europea continentale. Ad oggi in Italia sono state assegnate 59 licenze d’impresa ferroviaria (di cui 12 revocate). Dei titolari di licenza, 27 imprese ferroviarie (compresa Trenitalia) dispongono del certificato di sicurezza e operano sulla rete ferroviaria nazionale. 5 In altri paesi europei, con analogo livello “formale” di liberalizzazione, le imprese incumbent mantengono posizione dominanti sul mercato. E’ il caso di DB in Germania. A fronte di una liberalizzazione nel mercato passeggeri media/lunga percorrenza e merci introdotta dal 1997, nel 2008 l’impresa pubblica tedesca deteneva ancora su questi mercati rispettivamente il 99% ed il 79% delle quote di mercato. Nel settore del trasporto pubblico locale i Länder, sin dal 1996, possono scegliere, come in Italia, tra l’affidamento diretto del servizio di trasporto e gare ad evidenza pubblica. Ciò nonostante, nel 2009, il market share dei competitors di DB era del 20%, in termini di volume di traffico (treni*km), ma solo del 12% in termini di passeggeri*km, in quanto a DB è stata affidata la gestione delle tratte più remunerative. Il mercato del TPL tedesco risulta quindi ancora poco contendibile, nonostante un livello di sussidi molto generoso e meccanismi che garantiscono bassi rischi di impresa: contratti di servizio pubblico gross cost (il rischio di mercato è a carico dei Länder), durata media dei contratti non inferiore a 10 anni, corrispettivi pubblici certi, indicizzati annualmente e garantiti anche se il servizio non viene effettuato per cause esterne all’impresa ferroviaria, gare organizzate 2-3 anni prima della scadenza dei contratti (possibilità per le imprese uscenti e subentranti di programmare, per tempo, personale e materiale rotabile) Il Gruppo Ferrovie dello Stato opera invece all’interno di un mercato ad alta contendibilità. La concorrenza intramodale si è sviluppata particolarmente nel trasporto delle merci, che dal 2000 registra continui ingressi di competitors, organizzati per servizi punto-punto sui principali assi internazionali, senza necessità di copertura capillare della rete. L’asse Nord - Sud è il principale per volumi e per quota della modalità ferroviaria. L’asse Est rappresenta l’area a maggiore tasso di sviluppo, mentre l’asse Ovest è alla vigilia della competizione ferroviaria europea. La quota di mercato dei nuovi concorrenti ha raggiunto punte di oltre il 50% lungo gli assi, i valichi e le direttrici di traffico europee (ad esempio sul valico del Brennero), con una media del 20% sul totale nazionale, ove incidono relazioni non economicamente sostenibili, tutte ancora servite da Trenitalia. La forte concorrenza intramodale è esercitata per lo più da imprese ferroviarie acquisite dai principali gruppi pubblici integrati europei (la tedesca DB, attraverso la sua controllata Schenker Italia e le società partecipate FNM Cargo e RTC, la francese SNCF attraverso le sua controllate SNCF Fret Italia e Veolia Italia, la svizzera SBB con la sua controllata SBB Cargo Italia, e l’austriaca OeBB 6 attraverso la sua controllata Linea) che stanno sempre più presidiando i segmenti ad alto valore aggiunto e raggiungono insieme il 90% della quota di mercato dei concorrenti di Trenitalia. Tali imprese pubbliche, sovvenzionate dai propri Stati e con bilanci in perdita, operano con politiche di pricing molto aggressive, che possono sostanziarsi in politiche di dumping anticompetitive. 4) L’esigenza di un’armonizzazione effettiva delle regole per l’accesso ai diversi mercati nazionali Lo stato di avanzamento del processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario denota significative differenze tra i principali Paesi europei. Se infatti ad oggi il mercato italiano del trasporto ferroviario merci, del trasporto pubblico locale e a media-lunga percorrenza appare contendibile, non così avviene in Paesi limitrofi come la Francia, dove solo il settore merci è aperto alla concorrenza. Il vigente quadro regolatorio comunitario ha favorito l’emanazione di discipline eterogenee all’interno dell’Unione Europea, con particolare riferimento alle regole per l’accesso all’infrastruttura ferroviaria. La condotta di molti Stati membri è stata, di fatto, improntata alla logica del “quanto basta” per non infrangere gli obblighi di partecipazione all’Unione Europea, invece che alla logica del “quanto serve” per introdurre effettivamente liberalizzazione e concorrenza. Tale atteggiamento è comprovato dalla continua introduzione a livello nazionale di disposizioni particolarmente gravose per i new comers. In Francia, ad esempio, è stato riconosciuto ad SNCF l’accesso prioritario ai centri di manutenzione, mentre l’accesso delle altre imprese ferroviarie viene vincolato alla disponibilità residuale. Inoltre, i servizi in stazione (accesso ai treni, pulizia, assistenza a terra, informazione, etc.) vengono forniti da SNCF (attraverso una nuova divisione denominata “Gares e Connexions”) alle altre imprese ferroviarie; ciò pone seri dubbi sulla garanzia di trattamenti equi e non discriminatori nella fornitura dei servizi de quo da parte dell’impresa ferroviaria incumbent/competitor. La stessa autorità della concorrenza francese ha, peraltro, evidenziato come tale modello non sia pienamente soddisfacente dal punto di vista concorrenziale1. La Germania non fa eccezione: vengono, infatti, applicati nella tariffazione dell’energia elettrica per trazione scontistiche in relazione ai volumi che avvantaggiano l’incumbent nazionale, a scapito dei nuovi entranti che, inevitabilmente, con minor traffico. DUSS - società partecipata di DB AG, che gestisce i terminali merci di DB Netz - ha adottato pratiche discriminatorie a 1 Avis n 09-A-55 du 4 novembre 2009 sur le secteur du transport public terrestre de voyageurs. 7 fronte di richieste di Trenitalia (non è stato autorizzato l’accesso o è stato concesso in misura non idonea). Quanto sopra rappresentato, mostra un quadro regolatorio dei singoli Stati membri in continua evoluzione e diretto ad introdurre elementi sempre più gravosi per i new comers, con seri ostacoli per una competizione equa e non discriminatoria e la costruzione di un mercato europeo effettivamente liberalizzato. Tenuto conto della disomogeneità di disciplina tra gli Stati membri, il principio di reciprocità assume particolare rilevanza per tutelare i singoli sistemi nazionali ma non deve essere applicato in maniera “formale”. Oggi, nell’ambito delle valutazioni di effettiva reciprocità di accesso tra diversi mercati nazionali, viene presa in considerazione dalle autorità competenti solo la legislazione di diretto recepimento delle direttive comunitarie. Si dovrebbe, invece, tener conto anche di successivi provvedimenti legislativi che - come visto - introducendo procedure e condizioni per l’accesso troppo rigidi, hanno un effetto dirimente sulla valutazione della reale liberalizzazione, solo formalmente introdotta. Per lo sviluppo di un mercato unico ferroviario libero e competitivo è, quindi, necessario definire a livello europeo un quadro omogeneo in termini di condizioni, criteri e regole di accesso al mercato e all’infrastruttura che consenta di superare l’attuale disallineamento delle normative nazionali. 5) L’esigenza di pari condizioni competitive tra le imprese del Gruppo FS ed i loro competitor nel mercato italiano Un effettivo ed equilibrato sviluppo della concorrenza non può, inoltre, prescindere in ambito nazionale dall’arretramento dei “confini” dello Stato in favore di un sistema di natura imprenditoriale: un mercato liberalizzato deve avere anche regole certe e parità di condizioni tra tutti i player (società pubbliche e società private). Le società pubbliche (e, in particolare, quelle non quotate) operano, invece, in una giungla normativa, sovraccaricate dal legislatore di vincoli ulteriori e più stringenti rispetto a quelli previsti per le società private, con effetti distorsivi sul funzionamento del mercato. Di seguito sono indicati solo alcuni dei limiti imposti alle società pubbliche (non quotate) incompatibili con l’operatività in un sistema concorrenziale: responsabilità erariale degli amministratori, selezione del socio privato con gara e possibili ricorsi, rispetto dei parametri Consip di qualità e prezzo nella fornitura di beni e servizi. Sono poi previsti appesantimenti procedurali che discriminano il soggetto pubblico rispetto ai concorrenti privati: procedure ad evidenza pubblica 8 per l’affidamento di lavori, servizi e forniture, controllo della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria, blocco dei pagamenti ai soggetti debitori della pubblica amministrazione. Relativamente ai rapporti con gli enti affidatari dei servizi universali, si pone inoltre il problema dell’esigibilità dei corrispettivi per i servizi erogati (garanzia e tempistica). Il citato obbligo di ricorrere a procedure ad evidenza pubblica, di cui peraltro non sono gravati i nostri competitor europei, oltre a comportare tempi e procedure estremamente onerose, espone Trenitalia a ricorsi amministrativi spesso strumentali e orientati solo a rallentarne/bloccarne i piani di sviluppo. Sono state, pertanto, avviate le procedure previste dalla normativa (comunitaria e nazionale) per ottenere l’esonero dagli obblighi di gara nei settori in cui si è direttamente esposti alla concorrenza su mercati liberalmente accessibili. Nonostante tutti i predetti vincoli della società pubblica, il Gruppo Ferrovie dello Stato ha comunque ottenuto importanti risultati, ma con grande fatica e maggiore dispendio in termini di tempo e costi. L’attuale disparità di trattamento tra società pubbliche che svolgono attività di impresa sul mercato e società private deve essere, quindi, superata, al fine di consentire all’impresa pubblica di riappropriarsi delle leve gestionali. Occorre inoltre evidenziare come le recenti misure legislative di contenimento della spesa pubblica, pongano, tra l’altro, seri problemi di sostenibilità economica dei servizi universali ferroviari passeggeri sia per i trasporti regionali che per quelli sulla media - lunga percorrenza. Si tratta di servizi attualmente garantiti, in base ai contratti di servizio pubblico sottoscritti rispettivamente con le Regioni e lo Stato, esclusivamente da Trenitalia. Tali contratti, in particolar modo per quanto riguarda la media - lunga percorrenza, coprono solo parzialmente la totalità dei servizi a scarsa valenza commerciale, che continuano a essere garantiti da Trenitalia; quest’ultima, per affrontare efficacemente e su un piano di pari condizioni la crescente concorrenza sui mercati più pregiati, si troverà costretta, ancor più che in passato, a razionalizzare i servizi - oggi offerti – che hanno tutte le caratteristiche di “servizi universali”, ma che non trovano copertura nell’ambito dei contratti di servizio con la committenza pubblica. Al fine di evitare il rischio che le pratiche di cherry picking attuate dai nuovi competitors abbiano per conseguenza una riduzione complessiva dell’offerta di servizi ferroviari, è quindi opportuno prevedere, come in altri settori di public utilities, che anch’essi concorrano alla fornitura di servizi di pubblica utilità, non potendosi infatti assumere che sia la sola Trenitalia a far fronte, con risorse proprie, al sovvenzionamento di servizi in perdita. 9 L’assegnazione equa e proporzionale dei servizi strutturalmente in perdita (oggetto di contratto di servizio o meno) a tutte le imprese operanti nei mercati redditizi (quale ad esempio l’Alta Velocità) potrebbe contribuire al mantenimento di un’adeguata offerta del servizio universale che lo Stato non sussidia e garantire pari condizioni di concorrenza sui servizi a mercato. La concorrenza tra le imprese è, infine, sempre più giocata sulla riduzione dei costi delle risorse umane, piuttosto che su fattori quali maggiore qualità del servizio e efficientamento dei processi produttivi, con una progressiva dequalificazione del personale utilizzato e scarsi o nulli effetti sull’efficacia complessiva del sistema. Talune imprese concorrenti utilizzano come base contrattuale il CCNL Autoferrotranvieri. Altre il CCNL dell’Autotrasporto merci e logistica. In alcuni casi vi sono semplici contratti individuali. Sui regimi di orario non vi è alcun controllo. La differenza di costo orario tra CCNL del Settore delle Attività Ferroviarie, utilizzato da FS, e quelli utilizzati dalle altre imprese ferroviarie raggiunge il 35%. In mancanza di un contratto unico di settore applicato da tutte le imprese, è evidente il rischio di una “rincorsa al ribasso” delle condizioni di lavoro tra le nuove imprese ferroviarie operanti sul mercato nazionale, che potrà concretizzarsi in un vero e proprio dumping sociale. 10