tra friuli e svizzera_caratteri GRANDI

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tra friuli e svizzera_caratteri GRANDI
Tra Friuli e Svizzera: emigrazione
e sindacalizzazione attraverso le
esperienze di alcuni organizzatori.
Un’assenza ingombrante.
Quella che segue è una traccia sintetica di un
programma di ricerca nato nell’ambito di una storia
locale, costretto dalla sua stessa ragion d’essere ad
assumere una prospettiva internazionale. La storia della
formazione del movimento operaio di un territorio - il
Friuli 1 - dotato di pochi poli industriali e con uno dei
maggiori tassi di emigrazione sul piano nazionale 2
1
2
Gian Luigi Bettoli, Una terra amara. Il Friuli Occidentale dalla
fine dell’Ottocento alla dittatura fascista, Udine, Istituto
Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione (d’ora in poi
IFSML), 2003.
Nel periodo 1876-1915 il Friuli (allora provincia di Udine e
corrispondente grosso modo alle attuali provincie di Udine e
Pordenone) contava per il 10% dell’emigrazione italiana,
giungendo quarto dopo il Veneto, il Piemonte e la Campania. Nel
periodo 1916-1942 il Friuli è la quinta regione, con il 9,5% di
emigrazione e solo nel periodo 1946-1976 l’emigrazione scende
al 5% e si colloca all’ottavo posto, causa l’esplosione
dell’emigrazione dalle regioni meridionali. Va però tenuto conto
che nel secondo e terzo periodo al Friuli è aggregata la Venezia
Giulia (province di Gorizia e Trieste). Cfr.: Luigi Favero e
appariva del tutto priva di senso se limitata ad una
lettura locale.
Dove andavano quegli attivisti operai che
affollavano le pagine di giornali come «Il Lavoratore
Friulano» o «L’Emigrante» nelle settimane invernali e
poi sparivano dalla scena – salvo qualche cronaca e
sottoscrizione
dalle città
tedesche? Talvolta
emergevano nomi di giornali italiani ma stampati
all’estero, come «l’Operaio Edile» 3, «l’Operaio
Italiano» 4 e «l’Avvenire del Lavoratore» 5.
3
4
5
Graziano Tassello, Cento anni di emigrazione italiana 18761976), in: Gianfausto Rosoli (a cura di), Un secolo di
emigrazione italiana: 1876-1976, Roma, Centro Studi
Emigrazione, 1978, pp. 19 tab. 2, 34 tab. 11 e 40 tab. 16.
Ernesto Ragionieri, Il movimento dei lavoratori italiani emigrati
nell’impero asburgico in un giornale sindacale di lingua italiana
“L’Operaio Edile” (1910-1914), «Movimento Operaio e
Socialista», n. 3-4, 1964, pp. 197-218.
Gian Luigi Bettoli, Gli emigranti italiani nell'organizzazione
sindacale tedesca attraverso le pagine de “L'Operaio italiano”,
«Storia contemporanea in Friuli», n. 36, 2005 e di Luigi Rossi,
L'Operaio Italiano. Periodico in lingua italiana dei Liberi
Sindacati Tedeschi (1898-1914), Mantova, Associazione dei
mantovani nel mondo, 2007.
Anna Rosada, Serrati nell’emigrazione 1899-1911, Roma,
Editori Riuniti, 1972 e Stefano Merli, Il laboratorio socialista de
L’Avvenire dei Lavoratori, in: Centro Estero, «L’Avvenire dei
Lavoratori», n. 1-2, 2008. Il giornale esce ancor oggi, con il
titolo modificato in «l’Avvenire dei Lavoratori» (diretto da un
friulano della generazione dell’emigrazione intellettuale, Andrea
Ermano),
in
forma
di
newsletter
settimanale:
Improvvisamente quelle figure di pionieri, e le
migliaia di operai emigranti temporanei di cui erano
espressione, si materializzavano: come nel 1909,
quando la rigidità dell’inverno aveva ritardato le
partenze e il PSI mancò per un soffio l’elezione al
Parlamento dell’avvocato Riccardo Spinotti 6. Senza
scomodare i due dopoguerra - quando decine di
migliaia di operai emigranti senza destinazione
infiammano grandi ondate di lotte per il lavoro e la
ricostruzione, quelle del “biennio rosso” e del “Piano
del lavoro” della CGIL – basti pensare all’emergere
quasi dal nulla di gran parte dei volontari repubblicani
di Spagna nei fascicoli del Casellario Politico Centrale.
Una nuova generazione, sorta nel magma di
emigrazione politica ed economica 7 del ventennio
fascista, accorsa nelle Brigate Internazionali e nelle
milizie anarchiche e poumiste dalle miniere del Belgio
6
7
http://www.avvenirelavoratori.eu
Componente per un biennio della direzione nazionale del partito
(1910-1912); nel 1906-1908 lo era stato Giovanni Cosattini, a
conferma
della
significativa
esperienza
friulana
nell’organizzazione degli emigranti. Cfr. Maurizio Ridolfi, Il PSI
e la nascita del partito di massa. 1892-1922, Roma-Bari,
Laterza, 1992, pp. 172-173.
«D’altronde, la realtà lo dimostra spesso, e i sindacati lo sanno
perfettamente, è totalmente artificiale voler distinguere flusso
d’asilo e flusso di emigrazione»: cfr. Jean Steinauer e Malik Von
Allmen, Smuovere le acque. Gli immigrati nei sindacati svizzeri
1945-2000, Losanna, D’en bas, 2000, p. 33.
o dalle fabbriche e dai cantieri edili di Francia.
Progressivamente mi sono reso conto che non era
nella ricostruzione delle leghe e dei comuni “rossi” che
avrei trovato risposta ai miei quesiti. La chiave di
lettura della storia di un proletariato come quello
friulano sta (anche, forse soprattutto) altrove, e là va
ricostruita. Scontrandosi con i limiti posti non solo da
una letteratura sul movimento operaio nell’emigrazione
vasta, ma “passata di moda” dopo le grandi ricerche del
passato, e con quelli di una letteratura sull’emigrazione
ormai
divenuta
prevalentemente
quantitativa.
L’impressione è che molta ricerca storica rischi di
apparire inadeguata, se paragonata alla poesia civile di
Leonardo Zanier 8 o al lavoro di giornalistico di Gian
Antonio Stella 9, e che si possa dimenticare che la storia
dell’emigrazione è (anche) storia di sofferenze ed
ingiustizie, e di chi vi si è opposto.
Va inoltre considerata la difficoltà legata alla
mancanza di studi sistematici italiani nel campo della
storia comparata dei movimenti operai, se si fa
eccezione per alcune opere a carattere enciclopedico 10,
Leonardo Zanier, Libers… di scugnî lâ [Liberi… di dover
andare] (poesie 1960-1962), Milano, Garzanti, 1977: si tratta
della prima edizione nazionale della raccolta, dopo tre edizioni
locali tra il 1964 ed il 1972.
9
Che dimostra come si possa fare giornalismo con un solida base
di letteratura storiografica: cfr. Gian Antonio Stella, L’orda.
Quando gli albanesi eravamo noi, Milano, Rcs, 2004.
10
Come ad esempio: Donald Sasson, Cento anni di socialismo. La
8
e la mancanza - con una sola eccezione 11 - di opere di
vasto respiro sul movimento operaio nell’emigrazione
12
.
La storia, se non è quasi mai magistra vitae, è
sinistra nell’Europa occidentale del XX secolo, Roma, Editori
Riuniti, 1997; Aldo Agosti, bandiere rosse. Un profilo storico
dei comunismi europei, Roma, Editori Riuniti, 1999 ed Idem
(diretta da), Enciclopedia della sinistra europea nel XX secolo,
Roma, Editori Riuniti, 2000.
11
Donna R. Gabaccia, Emigranti. Le diaspore degli italiani dal
Medioevo a oggi, Torino, Einaudi, 2003.
12
Cfr. gli studi, a volte veri e propri assaggi in senso cronologico e
tematico, di: Mario Marcelletti, Sindacati e problemi
dell’emigrazione e Gianfausto Rosoli, I sindacati di fronte
all’emigrazione: Italia, Jugoslavia, Svizzera e Francia, in:
Franca Assante (a cura di), Il movimento migratorio italiano
dall’unità nazionale ai giorni nostri, Ginevra, Droz, 1978, v. II,
pp. 1-21 e 107-131; Zeffiro Ciuffoletti, Il movimento sindacale
italiano e l’emigrazione dalle origini al fascismo, in: Fondazione
Brodolini, (a cura di Bruno Bezza), Gli italiani fuori d’Italia. Gli
emigrati italiani nei movimenti operai dei paesi d’adozione
(1880-1940), Milano, Franco Angeli, 1983, pp. 203-219; Paola
Salvatori, Politica sindacale per l’emigrazione nel secondo
dopoguerra e Lorenzo Bertucelli, Politica emigratoria e politica
estera: il ruolo del Sindacato, in Vanni Blengino, Emilio
Franzina ed Adolfo Pepe (a cura di), La riscoperta delle
Americhe. Lavoratori e sindacato nell’emigrazione italiana in
America Latina 1870-1970, Milano, Teti, 1994, pp. 132-181;
Adolfo Pepe ed Ilaria Del Biondo, Le politiche sindacali
dell’emigrazione, in: Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi ed
Emilio Franzina, (a cura di), Storia dell’emigrazione italiana.
Partenze, Roma, Donzelli, 2001, pp. 175-292.
comunque una possibile cassetta degli attrezzi per chi
voglia operare nel presente e nel futuro. Alcune
esperienze, come l’organizzazione degli emigranti
italiani da parte della seconda Internazionale, appaiono
un modello valido ancor oggi. Nell’affrontare due
annate del giornale tedesco «l’Operaio Italiano» 13, mi
sono reso conto di studiare una metodica organizzativa
universale.
In mancanza dei mezzi per lavorare negli archivi di
mezza Europa, lo spostamento dell’attenzione è passato
attraverso lo studio delle biografie di alcuni attivisti.
Persone ritrovate – grazie agli archivi - nel vivo della
battaglie locali, più spesso emigrate altrove, oppure
giunte da altri quadranti della mappa, per radicarsi o
ripartire poco dopo. Protagonisti fuggiti per motivi
politici, o costretti all’emigrazione dal bisogno,
apparentemente scomparsi dai miopi scenari della
“storia patria”, ma riapparsi a capo di uno sciopero
generale a Buenos Aires o a Nizza, alla testa di una
cooperativa a Montevideo, oppure partiti ragazzi come
apprendisti e ritrovati ai vertici del sindacato edile
svizzero o della CGIL nazionale.
La biografia, in sè, può essere l’esempio più
conciso di una “microstoria” aperta alle varie
prospettive della dimensione generale, sfuggendo a
sterili esercizi celebrativi. Una garanzia contro questo
13
Gian Luigi Bettoli, Gli emigranti italiani nell'organizzazione
sindacale tedesca, cit.
possibile riduzionismo è il carattere in gran parte
randomizzato dell’elenco di biografie affrontate,
utilizzate soprattutto come “nodi” di una più vasta
“rete”, e quindi come tasselli di un lavoro
sostanzialmente quantitativo. Sono esperienze ricche
sul piano morale: è anche grazie a loro se, nell’arco di
qualche decennio migliaia di friulani sono passati dalla
dimensione di “crumiri” in Germania a quella dei
distruttori della “pace del lavoro” in Svizzera negli anni
settanta.
I tessitori della rete internazionale.
La Svizzera non è la meta principale degli emigranti
friulani di fine Ottocento 14: essi sono attratti dai grandi
complessi di opere pubbliche dell’Impero asburgico e
della Germania recentemente unificata, oltre che dei
Balcani e della Russia zarista. Sono stratificati
geograficamente e professionalmente: quelli della
montagna, emigranti da secoli come venditori
14
L’emigrazione dal Friuli in Svizzera si mantiene attorno all’1%
degli espatri fino a metà degli anni novanta, per poi attestarsi su
percentuali che arrivano al 3% circa: cfr. Giorgio Valussi, Il
movimento migratorio, in Enciclopedia monografica del Friuli
Venezia Giulia. 2 La vita economica, parte seconda, Udine,
Istituto per l’Enciclopedia del Friuli-Venezia Giulia, 1974, pp.
873-874.
ambulanti e tessitori, si trasformano in operai
specializzati, soprattutto edili. Li accompagnano
manovali e braccianti: i primi stadi, insieme ai fornaciai
della collina e della pianura, del passaggio dal mondo
contadino all’industria 15. Altre province forniscono
contingenti professionali alla Svizzera, come quella
vicina di Belluno 16.
Non si tratta di un percorso unidirezionale: la
Svizzera era stata per secoli un paese di emigranti 17,
Sull’emigrazione friulana, rinvio alla bibliografia contenuta in:
Giorgio Valussi, Il movimento migratorio, cit.; Elena Saraceno,
Emigrazione e rientri. Il Friuli-Venezia Giulia nel secondo
dopoguerra, Udine, Il Campo, 1981; Javier Grossutti, Saggio
bibliografico, in: Ti ho spedito lire cento. Le stagioni di Luigi
Piccoli, emigrante friulano. Lettere familiari (1905-1915),
Pordenone, Biblioteca dell'Immagine, 1997; Marco Puppini,
L’emigrazione friulana dalla metà dell’Ottocento alla prima
Guerra mondiale, in: Alberto Buvoli (a cura di), Il Friuli. Storia
e società, Udine, IFSML, 2004, v. II, pp. 113-152 ed Idem,
L’emigrazione dal Friuli tra la prima e la seconda Guerra
mondiale, in: Anna Maria Vinci (a cura di), Il Friuli. Storia e
società, Udine, IFSML, 2006, v. IV, pp. 161-211.
16
Anna Rosada, Emigranti e socialisti feltrini nel primo decennio
del Novecento, «Studi Storici», n. 4, 1964, pp. 691-729.
17
«Esportatrice d’uomini – si pensi ai mercenari svizzeri, caduti
nel numero di circa un milione nelle guerre europee tra il XV e il
XIX secolo – solo nel periodo tra il 1888 e il 1900 la Svizzera
diventa realmente un paese d’immigrazione. Tra il 1850 e il 1888
ancora largamente passivo (177.000 unità), il saldo migratorio
svizzero diventa attivo (176.000 unità) negli anni 1888-1914»:
cfr. Delia Castelnuovo Frigessi, Colonialismo a domicilio: i
15
con aspetti drammatici, come lo sfruttamento dei bimbi
ticinesi occupati come spazzacamini in Italia 18.
Una ben diversa forma di emigrazione svizzera –
quella di imprenditori e tecnici – aveva contribuito allo
sviluppo dell’industrializzazione italiana. A Pordenone,
a partire dagli anni quaranta dell’Ottocento furono
realizzati quegli stabilimenti cotonieri che per oltre un
secolo sarebbero stati il principale polo industriale
friulano. La realizzazione dei cotonifici portò i
dirigenti, ma anche gli operai specializzati che
avviarono i macchinari prodotti a Zurigo e formarono la
manodopera locale. La “colonia svizzera” introdusse
anche l’eterodossia religiosa, con effetti sulle prime
forme di autocoscienza operaia 19.
L’espansione imprenditoriale svizzera 20 fa parte di
lavoratori stranieri in Svizzera, in: Emigrazione cento anni 26
milioni, «Il Ponte», n. 11-12, 1974, p. 1449. Cfr. inoltre le voci
Colonie svizzere, Emigrazione, Migrazioni interne in: Dizionario
Storico della Svizzera.
18
Lisa Tetzner, I Fratelli Neri, Zoolibri, Reggio Emilia, 2004
(traduzione italiana dell’edizione tedesca del 1941, nella versione
a fumetti disegnata nel 1947 da Hannes Binder).
19
Enzo Pagura, La colonia “svizzera” - protestante di Pordenone
e la creazione nel 1843 del cotonificio Alfred Rivail in Largo San
Giovanni, Pordenone, Sartor, 2006; Idem, Condizioni di lavoro e
sanità a Pordenone nella prima metà del XIX secolo, Udine,
IFSML, 2007; Elena De Mattia ed Enzo Pagura, Protestanti a
Pordenone nell'Ottocento, Pordenone, Sartor, 2009.
20
Una sintesi è desumibile in: Georges Bonnant, Hermann Schutz
ed Emilio Steffen, Svizzeri in Italia 1848-1972, Milano,
quel processo di crescita economica che trasforma la
Confederazione Elvetica nel «paese che più di ogni
altro in Europa conosce, soprattutto in questo secondo
dopoguerra, i trionfi e l’egemonia del capitale
finanziario […] con la massima percentuale di
popolazione attiva d’origine straniera». La punta
massima di immigrati viene raggiunta nel 1914, con
600.000 unità, cioè il 15,4% della popolazione
complessiva, percentuale che sarà raggiunta
nuovamente solo nel 1968 21.
La Grande guerra concluderà questa prima fase, con
il precipitoso rientro in Italia di parte degli emigranti 22,
destinati ad essere gettati nelle trincee contro i loro
Collegamento svizzero in Italia-Camera di commercio svizzera
in Italia, 1972.
21
Delia Castelnuovo Frigessi, Colonialismo a domicilio, cit., p.
1449. Nel 1910 più di un terzo di questi immigrati erano italiani
(202.809, pari al 36,7%): cfr. Giovanna Meyer Sabino, In
Svizzera, in: Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi ed Emilio
Franzina (a cura di), Storia dell’emigrazione italiana. Arrivi,
Roma, Donzelli, 2002, p. 148.
22
I primi giorni di agosto 1914, centinaia di migliaia di emigranti
fuggono da Germania, Belgio e Francia, cercando di raggiungere
il paese d’origine nel timore di esserne tagliati fuori. Almeno
duecentomila si concentrano a Basilea, e ad loro esodo si
aggiungono altre migliaia (anche di ticinesi) che abbandonano la
Svizzera settentrionale. Cfr. Peter Manz, A Basilea, tanta
animazione non s’era vista nemmeno per il grande Concilio, in:
Halter Ernst, Gli italiani in Svizzera. Un secolo di emigrazione,
Bellinzona, Casagrande, 2004.
compagni di lavoro d’Oltralpe 23. L’occasione della
guerra viene colta dal padronato elvetico per regolare i
conti con la manodopera italiana, di cui viene licenziata
ed espulsa la parte più precaria, mentre sono adottati i
primi provvedimenti restrittivi dell’immigrazione 24.
Se l’emigrazione italiana in Svizzera raggiunge un
terzo del suo apporto secolare nel 1914, potrà
riprendere – da una percentuale di poco superiore - solo
nel secondo dopoguerra 25. Quanto agli emigranti
friulani, il dopoguerra riserverà loro un drammatico
cambio di scenario: di fronte alla sconfitta degli imperi
centrali ed alla loro grave crisi economica, dovranno
dirigersi verso la Francia ed il Belgio.
Non sono molte le notizie relative ai friulani nel
movimento operaio svizzero in quest’epoca 26, ma un
Non tutti: come dimostra la scelta di Enrico ed Ernesto Dezza –
socialisti - di rimanere in Svizzera come disertori: Ettore CellaDezza, Nonna Adele e alcuni brevi scritti recenti. Pubblicazione
in onore di Ettore Cella-Dezza nel suo novantesimo compleanno,
«L’Avvenire dei Lavoratori», nn. 1-2, 2003, p. 155.
24
Peter Manz, «A Basilea si son fatti miracoli! Viva Basilea, viva
la Svizzera!». Il transito dei profughi italiani a Basilea
nell’agosto del 1914, in: Jean Batou, Mauro Cerutti e Charles
Heimberg (a cura di), Pour une histoire des gens sans Histoire.
Ouvriers, exclues et rebelles en Suisse 19e-20e siècles, Losanna,
D’en bas, 1995, pp. 207-209.
25
Luigi Favero e Graziano Tassello, Cento anni di emigrazione
italiana 1876-1976), cit., p. 58, fig. 14 (con 100=1976).
26
Più in generale, «una storia dei migranti friulani in Svizzera […]
è ancora sostanzialmente da scrivere», secondo lo storico
23
breve sguardo alla stampa operaia tedesca rivela la
trama internazionale tessuta dal movimento socialista.
Si tratta di informazioni destinate agli operai italiani
che vengono incrociate con gli altri sindacati, al fine di
regolare il mercato del lavoro. All’inizio della stagione
1900 – si avverte che: «Quest’anno la stagione dei
lavori si presenta quasi da per tutto in condizioni
eccezionalmente gravi! In molti cantoni della Svizzera
grazie alla disunione e al poco spirito di solidarietà il
prezzo della mano d’opera è calato al di sotto d’ogni
limite possibile, e i compagni hanno deciso di fare
argine a questa corrente, e di fare almeno un tentativo
per ottenere delle condizioni un po’ più eque» 27.
Siamo all’interno dell’azione dell’Internazionale
socialista tra i congressi di Zurigo del 1893 e di
Stoccarda del 1907 28. Tra i due momenti si fissano i
punti fermi dell’azione contro il crumiraggio 29. I
triestino e presidente della Fondazione Ecap di Zurigo (ente di
formazione professionale promosso dalla CGIL): Furio Bednarz,
L’emigrazione dal Friuli Venezia Giulia: destinazione Svizzera.
27
«L’Operaio Italiano», n. 3 del 10 febbraio 1900, Appello!
28
Maurizio Degl’Innocenti, Emigrazione e politica dei socialisti
dalla fine del secolo all’età giolittiana e Delia Castelnuovo
Frigessi (a cura di), Le migrazioni operaie in un dibattito della
Seconda Internazionale, in: Emigrazione cento anni 26 milioni,
cit.
29
Che veniva quantificato dal sindacato tedesco in 2.000 operai su
70.000 edili italiani in quel paese: cfr. Elpidio Ellero, Il
crumiri, organizzati in particolare in alcune località
friulane, erano causa di gravi sconfitte per il
movimento operaio, e di reazioni violente: è la Svizzera
a contare forse il maggior numero di moti xenofobi, a
Berna, Basilea e Zurigo 30.
Viene realizzata una rete internazionale che mette in
collegamento i sindacati edili, realizzando iniziative
come l’edizione di giornali ed opuscoli 31 in lingua
italiana rivolti agli emigranti, mettendo a loro
disposizione operatori bilingui e realizzando iniziative
in Italia tramite la Società Umanitaria di Milano.
L’azione dell’Umanitaria si esplicava attraverso i
Segretariati dell’Emigrazione – vere Camere del
Lavoro per i migranti – nonché di attività formative
(tramite le Società Operaie) ed assistenziali, attraverso
corrispondenti locali. Si realizzò la rete di biblioteche
popolari 32, dove si potevano trovare romanzi, guide al
crumiraggio friulano all’estero fra Ottocento e Novecento, in:
«Storia contemporanea in Friuli», n. 13, Udine, 1982, p. 49.
30
Giovanna Meyer Sabino, In Svizzera, cit., p. 148; Tindaro
Gatani, L’Italienerkrawall di Zurigo (Luglio 1896), in: Ernst
Halter, Gli italiani in Svizzera, cit.
31
Particolarmente utilizzata la forma popolare del dialogo: cfr.
Valär Giovanni, Che cosa vogliamo? Dialoghetti di propaganda,
Amburgo, Biblioteca dell’Operaio Italiano, 1900.
32
Alcune di queste biblioteche sono state conservate: quella del
Circolo di cultura popolare di Vivaro è stata donata alla
Biblioteca di quel comune e quella del Circolo sociale pro
cultura di Budoia è conservata dalla famiglia Scussat.
socialismo internazionale 33 o più agili manualetti
informativi, simili a quelli del Commissariato
dell’Emigrazione 34. Non potevano mancare i manuali
tecnico-scientifici editi dall’editore Sonzogno e dalla
Biblioteca delle Università Popolari 35.
Particolare impegno veniva dedicato alla
propaganda invernale, nella quale erano impegnati nei
paesi italiani i propagandisti locali e quelli attivi
Fausto Pagliari, L’organizzazione operaia in Europa. Storia –
costituzione – funzioni, Milano, Società Umanitaria, 1909.
34
In Ernst Halter, Gli italiani in Svizzera, cit., p. 15 sono riprodotti
i frontespizi della Guida dell’Emigrante Italiano in Svizzera.
Consigli, indicazioni, indirizzi specialmente per i Muratori,
Manovali,
Minatori
e
Sterratori,
Varese,
Ufficio
dell’Emigrazione della Società Umanitaria, Varese, 1909 e delle
Raccomandazioni, consigli, indicazioni agli operai italiani che si
recano in Isvizzera in cerca di lavoro, Lugano, Unione Socialista
di lingua italiana in Isvizzera, 1898.
35
Conservati in buon numero nella Biblioteca popolare di Vivaro.
Una conferma dell’interesse degli operai – anche nel secondo
dopoguerra - per questa manualistica atta ad arricchire le
competenze professionali ed a fornire conoscenze non
tradizionali (come nel caso dell’educazione sessuale) viene dal
recente intervento di Andrea Ermano, Zurigo, la Libreria
Italiana al traguardo dei cinquant'anni, in: «L’Avvenire dei
lavoratori» del 3.12.2011. Sulla Libreria Italiana di Zurigo e
Sandro Rodoni – il comunista ticinese suo promotore, insieme
alla moglie Lisetta – cfr. gli articoli di: Armando Mombelli,
Un'oasi di cultura italiana nel quartiere a luci rosse, 2008 e:
Andrea Ermano, Commiato da un compagno – Sandro Rodoni,
2008.
33
all’estero, anche con processi popolari agli arruolatori
dei crumiri. Il primo Segretariato nasce ad Udine, nella
provincia con il maggior numero di edili emigranti e la
più alta concentrazione di crumiri. Al Segretariato
dedicheranno il proprio impegno i due principali
dirigenti socialisti locali: Giovanni Cosattini 36 ed
Ernesto Piemonte, un agronomo piemontese inviato in
Friuli dall’Umanitaria 37.
La rete internazionale (che dal 1907 prevede la
“doppia tessera” tra i sindacati dei diversi paesi, dopo la
sconfitta congressuale delle componenti favorevoli a
restrizioni all’emigrazione) riusciva a trasmettere le
notizie ad una velocità relativamente elevata, segnando
risultati significativi, come quando nel 1908 il
Segretariato di Udine riuscì a sviare diecimila emigranti
dalla Germania in sciopero all’Ungheria ed alla
36
Si era laureato con Achille Loria con una tesi sulla particolare
emigrazione temporanea friulana: Giovanni Cosattini,
L’emigrazione temporanea del Friuli (a cura di Francesco
Micelli), Trieste-Udine, Regione Autonoma Friuli-Venezia
Giulia, 1983; Paolo Alatri, Giovanni Cosattini (1878-1954). Una
vita per il Socialismo e la Libertà, Tricesimo, Aviani, 1994.
37
Su Piemonte: Cesare Scalon, Claudio Griggio e Giuseppe
Bergamini (a cura di), Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei
friulani, Udine, Forum, 2011. Sul Segretariato: Marco Puppini,
L’emigrazione friulana dalla metà dell’Ottocento alla prima
Guerra mondiale, cit., pp. 143-149.
Romania 38.
Ecco alcune notizie riguardanti la Svizzera.
Nell’estate 1901 si svolge lo sciopero dei 1500 operai
edili di Losanna, in maggioranza italiani, che si risolve
in un parziale successo, anche grazie alla solidarietà
della popolazione e delle autorità locali 39. Il
coinvolgimento dell’Ufficio di collocamento di Basilea
emerge in una delle prime denuncie pubbliche del
fenomeno del crumiraggio, nel dicembre 1900: viene
riprodotta una circolare della Lega tedesca degli
imprenditori edili ove si parla degli emigranti con un
linguaggio da mercanti di carne umana 40.
L’organizzazione degli edili in Svizzera, con le sue
sezioni sindacali di lingua italiana, viene presa a
paragone in vista del congresso dell’Unione Muraria
germanica, all’inizio del 1901: il direttore de
«L’Operaio Italiano» di Amburgo, Giovanni Valär,
ritiene inapplicabile tale modello in Germania, in
38
Una sintesi dei risultati dei primi anni di lavoro è tratta dal
segretario del PSI Oddino Morgari: cfr. «Il Lavoratore Friulano»,
n. 217 del 12 dicembre 1908 e 218 del l9 dicembre 1908,
L’organizzazione degli emigranti nel Friuli, riprodotto in: Gian
Luigi Bettoli, Una terra amara, cit., pp. 16-19.
39
«L’Operaio Italiano», n. 19 del 22 settembre 1900, 20 del 6
ottobre 1900 e 21 del 20 ottobre 1900, p. 8, Svizzera.
40
«L’Operaio Italiano», n. 24 dell’8 dicembre 1900 (corsivi
nell’originale); Elpidio Ellero, Il crumiraggio friulano all’estero
fra Ottocento e Novecento, in: «Storia contemporanea in Friuli»,
n. 13, Udine, 1982.
quanto in Svizzera «la mano d’opera dell’industria
edile è quasi un monopolio degli italiani; mentre qui ci
troviamo di fronte a quasi un milione di operai edili
tedeschi, co’ quali dobbiamo procedere di conserva» 41.
Nel maggio 1901 si pubblica l’elenco dei 57
recapiti dei socialisti italiani in Svizzera: tra questi
appare la Sezione italiana del Sindacato muratori a San
Gallo, con recapito presso il Cafè zum weissen Bären,
costituita «anche con la partecipazione di un gruppo di
emigrati friulani in buona parte provenienti dal comune
di Lauco» 42. Viene organizzata la solidarietà negli
scioperi, come quando nel cantone di Uri - durante uno
sciopero degli scalpellini - i padroni cercano di far
affluire manodopera dalla Germania 43. Talvolta il
lavoro organizzativo è a cavallo del confine, come
quando la lega edile italiana di Mannheim e Neckarau
in Baden invita gli operai tessili ad un’assemblea a
Rheinfelden, nell’omonima città gemella posta oltre
Reno in Svizzera 44.
«L’Operaio Italiano», 2 del 19 gennaio 1901, Pel congresso
dell’Unione muraria, siglato Vugi.
42
«L’Operaio Italiano», n. 10 dell’11 maggio 1901, pp. 7-8,
Indirizzi delle Sezioni socialiste e dei Sindacati Operai nella
Svizzera; Marco Puppini, L’emigrazione friulana dalla metà
dell’Ottocento alla prima Guerra mondiale, cit., p. 151.
43
«L’Operaio Italiano», n. 16 dell’11 agosto 1900, Scioperi e
boicotti. Scalpellini e 9 di mercoledì 1° maggio 1901,
Scalpellini.
44
«L’Operaio Italiano», n. 25 di sabato 14 dicembre 1901,
41
Il carattere “nomade” dei quadri del primo
movimento operaio è testimoniato da due esempi.
Ercole Brovelli 45 è già aderente al PSI quando emigra
nel 1890. Per un ventennio alterna la sua attività di
organizzatore tra Berna - dove lavora come cementista e la città natale, dirigendo gli scioperi della categoria,
finché viene arrestato ed espulso alla fine del 1912, per
aver organizzato nella capitale elvetica una
manifestazione di solidarietà con Ettor e Giovannitti,
organizzatori italoamericani dello sciopero di Lawrence
promosso dagli IWW. Rientrato in Italia, è dapprima
propagandista stipendiato del PSI nel Comasco –
diventandone anche segretario provinciale - e poi come
dirigente della cooperazione a Pallanza. Nel gennaio
1920 giunge ad Udine per dirigerne la Camera del
Lavoro: sono intuibili precedenti contatti attraverso la
rete dell’Umanitaria 46.
Di una generazione successiva, è forse
nell’ambiente della Lega dei muratori di San Gallo che
Costante Masutti 47 entra in contatto con il movimento
socialista: a 15 anni emigra nella città elvetica dove,
dopo l’apprendistato, è assunto nel 1906 come operaio
Appello.
Pallanza 1872-Udine 1940.
46
Archivio Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale, b.
852, f. 45841; Gian Luigi Bettoli, Una terra amara, cit., ad
indicem.
47
Prata di Pordenone 1890-Parigi 1960.
45
professionale 48. Di Masutti in Friuli non si sa nulla fino
al primo dopoguerra, quando emerge come dirigente
della più forte organizzazione friulana, la Lega degli
edili di Pordenone. Costretto ad allontanarsi nel 1921, a
causa dei violenti scontri con i fascisti, per un breve
periodo è segretario degli edili in Sudtirolo e Trentino –
al posto di uno storico organizzatore degli emigranti in
Austria, Silvio Flor sr. – e poi ritorna a San Gallo.
Nel 1922 emigra in Francia ed è attivo
nell’emigrazione socialista (fino a diventare segretario
della Federazione del PSI negli anni cinquanta).
Masutti si allontana dalla Francia due volte: negli anni
trenta in URSS, dove sfugge alle repressioni staliniane,
nelle quali muore il genero 49 - l’esperienza porterà alla
sua uscita dal PCd’I, al quale aveva aderito nel 1921 - e
poi nel 1947-1949, quando è a Pordenone per
riorganizzare il PSI e la CGIL, e viene candidato senza
successo alla segreteria della Camera del Lavoro ed al
Senato 50.
48
Centro Studi Piero Gobetti, fondo Masutti, Quaderni 1, 2 e s.n.
[VIII].
49
Emilio Guarnaschelli, Una piccola pietra, Milano, Garzanti,
1982.
50
Gian Luigi Bettoli, Una terra amara, cit.; Idem, Costante
Masutti, biografia di un socialista rivoluzionario, «Storia
contemporanea in Friuli», n. 39, 2008.
Dal
Segretariato
all’antifascismo.
dell’Emigrazione
Se l’impegno di Brovelli e Masutti appare segnato
da un girovagare in cui l’impegno mantiene una
dimensione locale, due altre biografie ci portano al
livello nazionale ed internazionale del movimento.
Giovanni Valär si trova citato in quasi tutti gli studi
sul movimento operaio e l’emigrazione 51. E’ uno
svizzero formatosi in Toscana ma discendente da
«oriundi friulani anticamente emigrati da epoca remota
in Svizzera» 52. In Toscana Valär aveva studiato ed
insegnato matematica, entrando in contatto con il
movimento socialista, finché nel 1898 era stato
costretto all’esilio dalla repressione di Pelloux. Per due
decenni è lui a dirigere centralmente gli emigranti
italiani, dapprima in Germania come direttore de
«L’Operaio Italiano», poi a Zurigo al Segretariato
operaio svizzero, ed infine a Milano come responsabile
dell’Ufficio emigrazione dell’Umanitaria.
Nel dopoguerra, opera per il movimento
51
Pontresina (Grigioni) 1964-Zurigo 1942. La fonte italiana
principale per lo studio della sua attività è Archivio Centrale
dello Stato, Polizia Politica, f. personali, pacco 1397, f. 34, Valar
Giovanni. Cfr. inoltre E’ morto un veterano, in: «Libera
Stampa», n. 104, 1942.
52
Acs, Pol.Pol., pacco 1397, f. 34. Ma il cognome Valär era
esistente già nel Medioevo nei Grigioni: cfr. DSS.
cooperativo a Roma e nel Sud. Poi, grazie al
Commissario dell’Emigrazione Giuseppe De Michelis,
collabora con gli uffici governativi fino al 1930
quando, a causa della sorveglianza poliziesca, si
trasferisce a Berlino, città natale della moglie. Nella
capitale tedesca rappresenta la Concentrazione
antifascista e costituisce l’associazione Amici della
Libertà Italiana; il sindacato tedesco gli mette a
disposizione un ufficio. Valär cura la spedizione di
propaganda postale in Italia, l’assistenza dei dirigenti
antifascisti di passaggio ed i rapporti fra la
Concentrazione a Parigi e la SPD. In collaborazione
con la SPD organizza campagne contro le spie fasciste
ed a favore degli antifascisti italiani.
Nel maggio 1933 Valär abbandona la Germania
passata sotto controllo nazista. Per un periodo
raggiunge il figlio maggiore Otto in Turchia, ma nel
1936 è di nuovo a Zurigo, dove lavora con i socialisti
italiani. Il suo riferimento è la «Cooperativa e
Ristorante della Militarstrasse (sede officiale socialista
italiana)» 53, dove è attivo il figlio minore Erich. L’anno
53
Tuttora esistente, con i suoi oltre 100 anni di vita: in questo
primo approdo gli emigranti e gli esuli politici potevano trovare
una minestra calda gratuita ed un luogo di riunione. Cfr. Dario
Robbiani, Cìnkali. Ci chiamavano Gastarbeiter, lavoratori
ospiti, ma eravamo stranieri, anzi cìnkali, «L’Avvenire dei
lavoratori», n. 3-4, 2005, pp. 89-95 e la bibliografia in:
http://www.cooperativo.ch/pages/100anni.htm. E’ in questa sede
che viene realizzata la Scuola Libera Italiana e nasce nel 1930 la
dopo, Valär è il «nuovo segretario federale per la
Svizzera del partito socialista italiano» 54. Nel 1938 la
direzione del Partito Socialista Svizzero crea a Zurigo
un segretariato permanente locale ed affianca Giovanni
Valär al nuovo segretario Ernst Lang, come
responsabile per gli iscritti di lingua italiana. Valär
riprende la propaganda postale verso l’Italia e con
l’avvicinarsi della guerra si impegna nella campagna
per sconsigliare gli emigranti al rientro.
Se Valär rappresenta la figura di un dirigente di
dimensione europea, anche se legato all’ambiente
dell’emigrazione italiana, il cividalese Augusto
Vuattolo rappresenta il momento della trasformazione
del sindacato del paese di immigrazione attraverso la
cooptazione di quadri provenienti dalle file degli
emigranti. Vuattolo 55 compie il percorso che lo porta
prima Colonia Libera Italiana - nucleo della Federazione delle
Cli che, sorta su proposta del repubblicano-socialista Schiavetti
nel 1943, diverrà la principale organizzazione dell’emigrazione
italiana in Svizzera. Cfr. Giovanna Meyer Sabino, In Svizzera,
cit., p. 149 e Idem, La forza dell’associazionismo, in: Ernst
Halter, Gli italiani in Svizzera, cit., pp. 113-114; Gianfranco
Bresadola, Le colonie libere ed Alberto Conti, Esperienze di
lavoro culturale (1969-1974), in: Emigrazione cento anni 26
milioni, cit.
54
Secondo un’altra informativa, sarebbe stato eletto segretario
Erich: cfr. Acs, Casellario Politico Centrale, b. 3570, f. 4887,
Vuattolo Augusto.
55
Le fonti italiane per la biografia di Vuattolo (Tarcento 1882Zurigo 1960) sono: Acs, Cpc, b. 3570, f. 4887, Vuattolo Augusto;
da fornaciaio a dirigente del sindacato svizzero. Quale
sia il ruolo acquisito è dimostrato dalla sua costante
presenza alla presidenza dei congressi socialisti
dell’emigrazione 56. Aveva iniziato a lavorare in
Austria, sulle orme del padre fornaciaio, subendo un
arresto per sciopero. Diventa funzionario del
Segretariato operaio di Monaco nel 1910 e due anni
dopo direttore de «L’Operaio Italiano». Espulso nel
1913 dalla Germania, opera alla sezione degli edili di
Berna, per poi diventare nel 1914 segretario centrale
della Federazione muraria a Zurigo. Inizia con gli
operai dei grandi trafori: seguirà in particolare i
lavoratori stranieri, il Canton Ticino - dove si saldano la
comunanza linguistica con l’alta concentrazione di
immigrati - e le categorie dei muratori e piastrellisti.
Convinto della necessità di superare il
corporativismo per costruire forti federazioni di
industria, partecipa al processo di fusione che porta tra
il 1915 ed il 1922 cinque sindacati di mestiere ad
unificarsi nella FLEL 57, di cui diventa segretario
centrale. E’ segretario del PSI in Svizzera e, dal 1917 al
Pol.Pol., pacco 1454, Vuattolo Augusto. Cfr. inoltre la nota
biografica a p. 77 del terzo volume di: Augusto Vuattolo, Storia
della Federazione Svizzera dei Lavoratori Edili e del Legno.
1873-1953, Zurigo, Flel, 1953-1956 e La morte di Augusto
Vuattolo, in: «Libera Stampa», n. 281, 1960.
56
Gaetano Arfè (a cura di), Il Partito Socialista Italiano nei suoi
Congressi, quarto volume, Milano, Edizioni Avanti!, 1963.
57
Federazione lavoratori edili e del legno.
1922, fa parte dell’esecutivo dell’Unione Sindacale
Svizzera. Si impegna nella propaganda pacifista e fa
parte di un comitato di sostegno ai disertori e renitenti
alla leva: è quindi ritenuto dalle autorità svizzere un
sovversivo, ed è sorvegliato dal Comando Supremo
italiano. Nel 1919 viene colpito da un decreto di
espulsione - in conseguenza dello sciopero generale del
1918, l’unico della storia svizzera 58 - che sarà
dapprima sospeso e poi annullato nel 1944.
Vuattolo è esponente del PSI massimalista ed
appartiene a vari organismi antifascisti, che a Zurigo
fanno capo alla Cooperativa italiana che, sotto la
direzione di Enrico Dezza 59, funge da centro di
smistamento dei primi soccorsi per i profughi
dall’Italia. Gira infaticabile per la Svizzera, unendo il
lavoro di organizzazione ed agitazione sindacale ai
contatti con gli esponenti del fuoruscitismo ed alla
denuncia delle infiltrazioni fasciste. Sostiene la
riunificazione con i riformisti del PSULI (nel cui
gruppo dirigente nell’esilio francese c’è il vecchio
58
Lo sciopero generale si svolse nei giorni in cui si concludeva la
Prima guerra mondiale, con l’esplodere della rivoluzione in
Austria ed in Germania: cfr. le voci Sciopero generale e
Comitato di Olten in: DSS.
59
Originario di Scandiano (Re), «risiede a Zurigo da circa 40 anni
ed ha sempre svolto attività sovversiva; è gerente del ristorante
cooperativo socialista alla Militarstrasse e cassiere del partito
socialista italiano per la Svizzera»: cfr. Acs, Cpc, b. 3570, f.
4887, Vuattolo Augusto.
organizzatore del Segretariato dell’Emigrazione,
Ernesto
Piemonte,
che
diventerà
segretario
amministrativo del partito riunificato). Assume un
orientamento
socialdemocratico
ed
interno
all’impostazione del sindacato svizzero: in alcune
informative si sostiene che le sue posizioni
anticomuniste siano così moderate da entrare in
contrasto anche con settori dello stesso PSI.
Un confidente della polizia politica fascista nel
Ticino informa sugli interventi di Vuattolo presso le
centrali sindacali per salvare dall’espulsione, dovuta a
crisi economica e disoccupazione dilagante, almeno gli
esiliati
politici.
Utilizza
i
fondi
inviatigli
dall’Internazionale socialista per assistere non solo i
profughi, ma anche gli operai disoccupati, aiutandoli a
nascondersi per sottrarsi all’espulsione. A partire dal
1934, delineandosi il dialogo fra comunisti e socialisti,
Vuattolo appare disponibile ad iniziative unitarie; ma le
polemiche riesploderanno a partire dal 1936, in
riferimento alle vicende spagnole.
Con l’aggressione italiana all’Etiopia, promuove
una campagna per ostacolare fra gli emigranti italiani la
sottoscrizione dell’ “oro alla patria”. Propone alla
direzione del PSI di non smobilitare i combattenti di
Spagna, per preparare «il nucleo della milizia popolare
italiana che combatterà le battaglie della libertà». Nel
1937 aumentano l’attività di propaganda antifascista ed
i tentativi di introdurre dal Canton Ticino, grazie ai
contrabbandieri «i quali non sono trattenuti nella loro
opera neppure dagli scontri cruenti che in due anni
hanno dato sei vittime», materiale di propaganda in
Italia. Il reggente del Consolato di Bellinzona, dott.
Carlo Pedrazzini, ritiene giunto il momento di eliminare
il pericoloso organizzatore antifascista, ed avverte: «ho
pronti uomini fidatissimi e macchine velocissime per
prelevarlo e consegnarlo ai carabinieri di Campione» 60:
proposta respinta in quanto Vuattolo è nel frattempo
divenuto cittadino svizzero, e si creerebbe un grave
incidente diplomatico.
Il dirigente sindacale, nell’estate 1938 dichiara
ormai pubblicamente che la battaglia in Spagna è persa,
e che si è fatto male a concentrare là le energie
dell’antifascismo, abbandonando l’impegno in Italia,
cui ora bisogna tornare con maggiore forza; tali
valutazioni sono unite a quelle sull’eccessiva influenza
comunista nell’emigrazione operaia. Con lo scoppio
della guerra, Vuattolo moltiplica i suoi interventi
antifascisti pronunciati alla Cooperativa italiana: sono
gli anni del Centro estero socialista di Zurigo, guidato
da Ignazio Silone 61, cui fa capo quanto rimane
dell’organizzazione del PSI dopo l’occupazione
nazifascista della Francia.
Nel dopoguerra, opera nella FLEL e nel Comitato
60
Acs, Cpc, b. 3570, f. 4887, Vuattolo Augusto.
61
Stefano Merli, Il laboratorio socialista de L’Avvenire dei
Lavoratori, cit.
della Federazione internazionale dei lavoratori edili e
del legno fino al 1948. Dedica gli anni successivi a
scrivere i tre volumi della storia del sindacato 62.
Due giudizi fanno capire quale sia stato il suo ruolo
alla testa di quella FLEL che negli anni del secondo
dopoguerra rappresenta il settore più aperto dell’USS
nel campo dell’immigrazione. Secondo Steinauer e Von
Allmen, «sono i leader stranieri che hanno marcato
l’inizio del sindacalismo in Svizzera: il tedesco
Hermann Greulich e l’italiano Augusto Vuattolo sono i
più noti di loro» 63. Nel necrologio a cura dei socialisti
italiani in Svizzera si afferma: «La vita della nuova
federazione si confonde così con quella di Vuattolo
[…] La riduzione della durata del lavoro, gli aumenti
salariali, le vacanze pagate, sono in gran parte iniziativa
sua» 64.
Vuattolo esercita un’influenza importante su Ezio
Canonica, il suo successore destinato a diventare, come
presidente della FLEL e più tardi della USS dal 1973
alla 1978, il principale rinnovatore del sindacalismo
svizzero. Un debito che Canonica non esita ad
esplicitare, lui ticinese proveniente a sua volta da una
62
Augusto Vuattolo, Storia della Federazione Svizzera dei
Lavoratori Edili e del Legno, cit.
63
Steinauer Jean e Von Allmen Malik, Smuovere le acque, cit., p.
57. Su Greulich, cfr. DSS
64
La morte di Augusto Vuattolo, in: «L’avvenire dei lavoratori»,
cit.
famiglia di emigranti 65: «Fu lui a insegnarmi il
mestiere di sindacalista. […] E mi insegnò che
l’emigrato è un lavoratore non uno straniero. In un
paese che considera soltanto il profitto e la produttività,
tutti i lavoratori sono stranieri» 66.
Tra rifiuto ed integrazione: il sindacato come
protagonista della trasformazione.
L’emigrazione italiana del secondo dopoguerra
trova nella Svizzera il suo principale sbocco, sfiorando
i due milioni di espatri 67: solo a partire dal 1955
inizieranno consistenti flussi verso la Repubblica
Federale Tedesca, che però non riusciranno a superare
la capacità di assorbimento del piccolo imperialismo
65
Il nonno Rocco era emigrato come scalpellino negli Usa, dove
era diventato socialista, così come era stato emigrante un suo
altro maestro, il leader socialista ticinese Guglielmo
Canevascini: cfr. Karl Aeschbach e Dario Robbiani, «Ciao
Ezio!», Canobbio, Scoe-Aurora, 1979, p. 12 e Dario Robbiani,
Cìnkali, cit., p. 122.
66
Karl Aeschbach e Dario Robbiani, «Ciao Ezio!», cit., pp. 16-17.
67
Federico Romero, L’emigrazione operaia in Europa (19481973), in: Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi ed Emilio
Franzina (a cura di), Storia dell’emigrazione italiana. Partenze,
cit., pp. 410-411 e Sonia Castro, L’emigrazione italiana in
Svizzera dalla fine della Seconda guerra mondiale alla metà
degli anni Cinquanta, in: Con gli occhi della globalizzazione,
Torino, Centro Altreitalie, 2007, p. 86.
alpino 68. Nella fase di crescita, la comunità italiana
passerà dai 140.000 immigrati nel 1950 all’apice dei
573.085 del 1975: si tratta dei due terzi della
popolazione immigrata complessiva, che nel 1972
rappresentava fino al 27% della popolazione attiva
elvetica. Poi la crisi economica falcidierà gli italiani,
che nel 2000 saranno 319.641 (il 40%, degli immigrati)
69
. Metà circa degli emigranti friulani (363.854 dal
1946 al 1970) sceglie la Svizzera – in linea con la
tendenza nazionale - conservando in maggioranza la
caratteristica di lavoratori edili (il 62,9% nel 19641968) 70.
Le condizioni degli immigrati erano però cambiate
rispetto
alla
fase
precedente.
La
paura
dell’«inforestieramento», nata nel contesto della Prima
guerra mondiale, aveva prodotto la costituzione nel
1919 della Polizia federale degli stranieri e poi, nel
1931, la prima legge federale in materia di soggiorno 71.
68
La definizione della Svizzera come potenza imperialistica, è in
Delia Castelnuovo Frigessi, Colonialismo a domicilio, cit., p.
1448 ed in Sonia Castro, L’emigrazione italiana in Svizzera, cit.,
p. 83.
69
Giovanna Meyer Sabino, In Svizzera, cit., pp. 151-152; Delia
Castelnuovo Frigessi, Colonialismo a domicilio, cit., p. 1450.
70
Valussi Giorgio, Il movimento migratorio, cit., pp. 897, 904 e
909.
71
Mauro Cerutti, L’immigration italienne en Suisse dans le
contexte de la Guerre froide, in: Jean Batou, Mauro Cerutti e
La situazione peggiorò nel dopoguerra segnato dalla
guerra fredda, per l’effetto congiunto del timore del
governo elvetico di doversi sobbarcare troppi stranieri
nel caso di fine dell’alta congiuntura, e della necessità
italiana di liberarsi dei cinque milioni di disoccupati e
sottoccupati, per non fornire una base di massa
all’opposizione di sinistra: da ciò derivarono gli effetti
negativi dell’accordo italo-svizzero del 1948, segnato
dal raddoppio degli anni necessari per ottenere il
permesso di soggiorno (da 5 a 10, rispetto all’accordo
stipulato nel 1934, peggiorativo della convenzione del
1868) e dalla generalizzazione del regime dello
stagionale. Correlata a questa politica era la rottura
della collaborazione tra i governi postbellici e la CGIL,
e l’esclusione del sindacato dalla gestione del
reclutamento della manodopera e dal controllo sulle
condizioni di lavoro degli emigranti, cui si aggiungeva
la discriminazione della CGIL rispetto a CISL ed UIL
da parte della USS, accomunata con i sindacati
«democratici» italiani dall’appartenenza all’ICTFU 72.
Charles Heimberg (a cura di), Pour une histoire des gens sans
Histoire, cit., p. 214.
72
Mauro Cerutti, L’immigration italienne en Suisse dans le
contexte de la Guerre froide, cit.; Sonia Castro, L’emigrazione
italiana in Svizzera, cit.; Paola Salvatori, Politica sindacale per
l’emigrazione nel secondo dopoguerra e Lorenzo Bertucelli,
Politica emigratoria e politica estera: il ruolo del Sindacato, in:
Vanni Blengino, Emilio Franzina ed Adolfo Pepe (a cura di), La
riscoperta delle Americhe, cit.
La condizione di stagionale significa umilianti
controlli sanitari, vita promiscua nelle baracche,
ricattabilità e divieto di mobilità professionale sul posto
di lavoro, rottura dei legami con la famiglia (lasciata a
casa o mantenuta in Svizzera nella clandestinità) e
durezza delle condizioni di lavoro, di cui è simbolo la
tragedia di Mattmark del 1965: 88 morti per una frana
su un cantiere edile costruito al di fuori delle norme di
sicurezza. Il tutto in un clima di pesante razzismo
contro gli immigrati, culminato nel 1970 con il
referendum Schwarzenbach per la riduzione del numero
di immigrati, il primo di una serie 73.
La xenofobia è interna al sindacato, legata al timore
di peggioramento delle condizioni di lavoro, indotto
dallo
sfruttamento
degli
stagionali,
ed
all’anticomunismo 74. Ma gli immigrati italiani sono
politicizzati, hanno fatto la Resistenza e le lotte operaie
e contadine del dopoguerra 75, ed utilizzano sia strutture
Cfr. Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e statuto del
lavoratore stagionale in Svizzera, in: Emigrazione cento anni 26
milioni, cit., pp. 1617-1618; Leonardo Zanier, Libers… di scugnî
lâ, cit.
74
Mauro Cerutti, L’immigration italienne en Suisse dans le
contexte de la Guerre froide, cit.; Gianfausto Rosoli, I sindacati
di fronte all’emigrazione: Italia, Jugoslavia, Svizzera e Francia,
cit., pp. 123-127.
75
Leonardo Zanier, Libers… di scugnî lâ, cit.; Sandro Rodoni, Le
vittime dimenticate della Polizia federale, in: «Rifondazione», n.
13, 2009; Gian Luigi Bettoli e Sergio Zilli (a cura di), La CGIL e
73
svizzere (come la Federazione di lingua italiana del
Partito del lavoro, costituita nel 1949 con segretario
Sandro Rodoni), che italiane, come la FCLI e l’INCA,
che inizia ad operare in Svizzera nel 1957 76. Costretti a
lavorare nella clandestinità, i comunisti italiani sono
sorvegliati dalla polizia, licenziati ed espulsi 77, fino
allo “scandalo delle schedature” del 1989, quando
emerge quasi un milione di fascicoli, per la metà
dedicati agli italiani 78. La discriminazione
anticomunista dell’USS è tale che il sindacato cattolico
il Friuli Venezia Giulia 1906-2006, Venezia-Mestre, Cgil Fvg,
2006, v. I, pp. 72, 80 e 98; Gian Luigi Bettoli, “Campagne!”.
Allo snodo di un ventennio di lotte: il ’68 nel Pordenonese,
“periferia” operaia del Nordest, in: «Le Classi e la Storia», n. 1,
2009, p. 84.
76
Giovanna Meyer Sabino, La forza dell’associazionismo, cit., p.
116; Mora Maria, Le (nuove) emigrazioni italiane e le attività
dell'Inca all'estero: i casi Francia, Germania e Svizzera, Ires,
2009, pp. 182-183.
77
Mauro Cerutti, L’immigration italienne en Suisse dans le
contexte de la Guerre froide, cit.; Sandro Rodoni, Le vittime
dimenticate della Polizia federale, cit. Il PCS era stato proibito
nel 1940, e lo stesso PdL sorto successivamente fu soggetto a
sorveglianza: cfr. le voci relative in DSS e: Partito svizzero del
lavoro, Non c’è futuro senza passato, 2009.
78
Leonardo Zanier, Io, italiano in Svizzera, spiato dalla polizia
federale, in: Francesca Spangaro, Mûratôr, Montereale
Valcellina, Fillea CGIL Alto Friuli e Circolo Culturale
Menocchio, 2008.
si dimostra più aperto nei confronti degli immigrati 79.
Arriva il 1968, dopo una lunga era di pace sociale.
Pur attutito in Svizzera, il movimento vede i primi
scioperi spontanei, guidati dagli immigrati, che
rompono la “pace del lavoro”, regola indiscussa dal
CCL dei metalmeccanici del 1937 80. A Ginevra ne è il
leader il comunista Severino Maurutto 81, iscritto alla
FOMO 82 ed ispirato da due rifiuti: quello della
xenofobia – aveva vissuto nel clima comunitario delle
miniere in Belgio – e quello dell’esclusione degli
immigrati dalla rappresentanza sindacale. Nel 1969
Maurutto è eletto a capo della commissione operaia
della sua fabbrica, e continua con un attivismo
conflittuale, fino al tentativo di espulsione del 1971,
sospeso grazie ad un’ondata di proteste. Negli anni ’80
lavora nel campo associativo, poi per il PdL (di cui
diviene segretario) ed infine lavora come taxista,
creando il sindacato di categoria 83.
79
Jean Steinauer e Malik Von Allmen, Smuovere le acque, cit.;
Mattia Pelli, Fonti orali e storia dell’immigrazione italiana in
Svizzera. Una ricerca qualitativa tra gli operai dell’acciaieria
Monteforno di Giornico, in: Con gli occhi della globalizzazione,
cit.
80
Cfr. voci Pace del lavoro e Scioperi in DSS.
81
S. Michele al Tagliamento, 1940.
82
Federazione degli operai metallurgici ed orologiai.
83
Jean Steinauer e Malik Von Allmen, Smuovere le acque, cit., pp.
105-106; Furio Bednarz, L’emigrazione dal Friuli Venezia
Giulia: destinazione Svizzera, cit.; Erika Dessi, Intervista a
Alcuni friulani sono assunti come sindacalisti già
negli anni sessanta, come Ilario Bulfon in Ticino,
Bruno Bertolo a Sciaffusa e Bruno Cannellotto a
Zurigo: tutti nella FLEL, mentre lo sloveno triestino
Marijan Gruden viene assunto dalla FCTA 84, per
diventare nel 1977 responsabile per i lavoratori
jugoslavi dell’USS. Nello stesso periodo Leonardo
Zanier presiede la FCLI e crea l’ECAP, destinato a
diventare un gigante della formazione svizzera, e lavora
per un periodo alla CGIL nazionale 85: un percorso, in
questo caso, interno all’associazionismo italiano.
La maggiore apertura del sindacato edile è dovuta
alla direzione di Ezio Canonica, che media con i
movimenti giovanili, promuove la partecipazione e la
democratizzazione del sindacato svizzero e la creazione
di forti federazioni industriali. Canonica diventa il
principale interprete delle istanze dei lavoratori
immigrati, assumendo nel 1970 il ruolo di antagonista
di James Schwarzembach nella battaglia referendaria.
Durante la sua presidenza dell’USS, Canonica si
accorda con il PCI, contrattando la rappresentanza nel
Severino Maurutto: una storia di immigrazione, tra militanza
sindacale, politica ed impegno sociale; Jean Batou (a cura di),
Comprendre les années 68, «solidaritéS», 2008.
84
Federazione dei lavoratori del commercio, trasporti ed
alimentazione.
85
Leonardo Zanier, Libers… di scugnî lâ, cit.; Furio Bednarz,
L’emigrazione dal Friuli Venezia Giulia: destinazione, cit.;
sindacato con l’adesione comunista alla sua politica, a
cominciare dalla “pace del lavoro”, di cui per altro il
socialista ticinese propone una interpretazione elastica
86
.
E’ in questo quadro che si inserisce il ruolo di
Romeo Burrino 87, partigiano, sindacalista della FIOM
e segretario della CdL di Maniago. Costretto ad
emigrare in Svizzera nel 1954, per sfuggire a condanne
legate alle vertenze sindacali, lavora nell’edilizia, nel
settore alberghiero e nella meccanica con contratti
precari, anche da clandestino. Il suo impegno sindacale
inizia come delegato di base nella FLMO. Responsabile
per i lavoratori italiani di Zurigo e della Svizzera
orientale dal 1963, nel 1966 passa alla FLEL come
responsabile dell’Ufficio degli stagionali. Fino al 1971
Burrino opera sotto la copertura formale di Canonica 88,
non potendo rivestire l’incarico di segretario centrale
della FLEL 89. Impegnato, oltre che sulle tematiche
dell’immigrazione,
su
quelle
delle
relazioni
86
Karl Aeschbach e Dario Robbiani, «Ciao Ezio!», cit.; Giovanna
Meyer Sabino, In Svizzera, cit., pp. 154-155.
87
Moruzzo 1927-Udine 1998.
88
Burrino è segretario della Cooperativa Italiana di Zurigo
(presieduta da Canonica) e la sorella Edda conduce per quasi
trent'anni il ristorante insieme al marito, Tanino Ferrari: email
del 26 settembre 2006 di Andrea Ermano.
89
Nel 1971 la FLEL cambia lo statuto, che riservava il Comitato
centrale ai soli cittadini svizzeri: cfr. Jean Steinauer e Malik Von
Allmen, Smuovere le acque, cit., p. 61.
internazionali, Burrino entra dell’esecutivo dell’USS,
continuando a sedere nel Comitato federale del PCI di
Zurigo: situazione differente da quella di Cannellotto,
che invece viene escluso dall’organismo a causa del suo
incarico sindacale 90. Rientrato in Italia nel 1988,
Burrino è attivo nell’ALEF 91, di cui è presidente nel
1996-1998 92.
E’ anche attraverso il lavoro di questi attivisti che il
sindacato svizzero - che ancora negli anni ’60
richiedeva provvedimenti anti immigrati - nel 2005
arriva a contare un terzo di iscritti stranieri (la
maggioranza di UNIA 93). Dal 1945 a fine secolo 3500
sindacalisti stranieri hanno trasformato il sindacato da
corporazione in strumento di integrazione 94.
90
Jean Steinauer e Malik Von Allmen, Smuovere le acque, cit., p.
117.
91
Associazione Lavoratori Emigrati del Friuli Venezia Giulia.
92
Il cordoglio della Filef per la morte del presidente dell’Alef
Romeo Burrino e Cecilia Brumat, Quarant’anni di storia
dell’Alef attraverso la rivista Nuova Emigrazione, in: «Nuova
emigrazione», n. 3-4, 2009, p. 21.
93
La FLEL si trasforma in SEL (Sindacato dell’Edilizia e del
Legno) nel 1974; in SEI (Sindacato Edilizia e Industria, con i
tessili) nel 1993 in infine in UNIA dal 2005, riunendosi con i
metalmeccanici della FOMO e con i servizi. Cfr.: DSS e:
www.unia.ch
94
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Jugoslavia, Svizzera e Francia, cit.; Jean Steinauer e Malik Von
Allmen, Smuovere le acque, cit.; Rosita Fibbi, 125 anni di
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ABSTRACT
L’emigrazione italiana dalla fase della disorganizzazione e
dell’apprendimento a quella del protagonismo nell’organizzazione
sindacale. Un secolo di storia del movimento operaio
internazionale attraverso alcune biografie di operai friulani
migranti, attivisti in Svizzera ed in Italia. Dalla prime esperienze di
organizzatori “nomadi” ai quadri storici che hanno dato
l’imprinting al sindacato edile elvetico. Come stagionali e
frontalieri hanno trasformato il sindacato elvetico in una realtà
multietnica.