tra friuli e svizzera_caratteri GRANDI
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Tra Friuli e Svizzera: emigrazione e sindacalizzazione attraverso le esperienze di alcuni organizzatori. Un’assenza ingombrante. Quella che segue è una traccia sintetica di un programma di ricerca nato nell’ambito di una storia locale, costretto dalla sua stessa ragion d’essere ad assumere una prospettiva internazionale. La storia della formazione del movimento operaio di un territorio - il Friuli 1 - dotato di pochi poli industriali e con uno dei maggiori tassi di emigrazione sul piano nazionale 2 1 2 Gian Luigi Bettoli, Una terra amara. Il Friuli Occidentale dalla fine dell’Ottocento alla dittatura fascista, Udine, Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione (d’ora in poi IFSML), 2003. Nel periodo 1876-1915 il Friuli (allora provincia di Udine e corrispondente grosso modo alle attuali provincie di Udine e Pordenone) contava per il 10% dell’emigrazione italiana, giungendo quarto dopo il Veneto, il Piemonte e la Campania. Nel periodo 1916-1942 il Friuli è la quinta regione, con il 9,5% di emigrazione e solo nel periodo 1946-1976 l’emigrazione scende al 5% e si colloca all’ottavo posto, causa l’esplosione dell’emigrazione dalle regioni meridionali. Va però tenuto conto che nel secondo e terzo periodo al Friuli è aggregata la Venezia Giulia (province di Gorizia e Trieste). Cfr.: Luigi Favero e appariva del tutto priva di senso se limitata ad una lettura locale. Dove andavano quegli attivisti operai che affollavano le pagine di giornali come «Il Lavoratore Friulano» o «L’Emigrante» nelle settimane invernali e poi sparivano dalla scena – salvo qualche cronaca e sottoscrizione dalle città tedesche? Talvolta emergevano nomi di giornali italiani ma stampati all’estero, come «l’Operaio Edile» 3, «l’Operaio Italiano» 4 e «l’Avvenire del Lavoratore» 5. 3 4 5 Graziano Tassello, Cento anni di emigrazione italiana 18761976), in: Gianfausto Rosoli (a cura di), Un secolo di emigrazione italiana: 1876-1976, Roma, Centro Studi Emigrazione, 1978, pp. 19 tab. 2, 34 tab. 11 e 40 tab. 16. Ernesto Ragionieri, Il movimento dei lavoratori italiani emigrati nell’impero asburgico in un giornale sindacale di lingua italiana “L’Operaio Edile” (1910-1914), «Movimento Operaio e Socialista», n. 3-4, 1964, pp. 197-218. Gian Luigi Bettoli, Gli emigranti italiani nell'organizzazione sindacale tedesca attraverso le pagine de “L'Operaio italiano”, «Storia contemporanea in Friuli», n. 36, 2005 e di Luigi Rossi, L'Operaio Italiano. Periodico in lingua italiana dei Liberi Sindacati Tedeschi (1898-1914), Mantova, Associazione dei mantovani nel mondo, 2007. Anna Rosada, Serrati nell’emigrazione 1899-1911, Roma, Editori Riuniti, 1972 e Stefano Merli, Il laboratorio socialista de L’Avvenire dei Lavoratori, in: Centro Estero, «L’Avvenire dei Lavoratori», n. 1-2, 2008. Il giornale esce ancor oggi, con il titolo modificato in «l’Avvenire dei Lavoratori» (diretto da un friulano della generazione dell’emigrazione intellettuale, Andrea Ermano), in forma di newsletter settimanale: Improvvisamente quelle figure di pionieri, e le migliaia di operai emigranti temporanei di cui erano espressione, si materializzavano: come nel 1909, quando la rigidità dell’inverno aveva ritardato le partenze e il PSI mancò per un soffio l’elezione al Parlamento dell’avvocato Riccardo Spinotti 6. Senza scomodare i due dopoguerra - quando decine di migliaia di operai emigranti senza destinazione infiammano grandi ondate di lotte per il lavoro e la ricostruzione, quelle del “biennio rosso” e del “Piano del lavoro” della CGIL – basti pensare all’emergere quasi dal nulla di gran parte dei volontari repubblicani di Spagna nei fascicoli del Casellario Politico Centrale. Una nuova generazione, sorta nel magma di emigrazione politica ed economica 7 del ventennio fascista, accorsa nelle Brigate Internazionali e nelle milizie anarchiche e poumiste dalle miniere del Belgio 6 7 http://www.avvenirelavoratori.eu Componente per un biennio della direzione nazionale del partito (1910-1912); nel 1906-1908 lo era stato Giovanni Cosattini, a conferma della significativa esperienza friulana nell’organizzazione degli emigranti. Cfr. Maurizio Ridolfi, Il PSI e la nascita del partito di massa. 1892-1922, Roma-Bari, Laterza, 1992, pp. 172-173. «D’altronde, la realtà lo dimostra spesso, e i sindacati lo sanno perfettamente, è totalmente artificiale voler distinguere flusso d’asilo e flusso di emigrazione»: cfr. Jean Steinauer e Malik Von Allmen, Smuovere le acque. Gli immigrati nei sindacati svizzeri 1945-2000, Losanna, D’en bas, 2000, p. 33. o dalle fabbriche e dai cantieri edili di Francia. Progressivamente mi sono reso conto che non era nella ricostruzione delle leghe e dei comuni “rossi” che avrei trovato risposta ai miei quesiti. La chiave di lettura della storia di un proletariato come quello friulano sta (anche, forse soprattutto) altrove, e là va ricostruita. Scontrandosi con i limiti posti non solo da una letteratura sul movimento operaio nell’emigrazione vasta, ma “passata di moda” dopo le grandi ricerche del passato, e con quelli di una letteratura sull’emigrazione ormai divenuta prevalentemente quantitativa. L’impressione è che molta ricerca storica rischi di apparire inadeguata, se paragonata alla poesia civile di Leonardo Zanier 8 o al lavoro di giornalistico di Gian Antonio Stella 9, e che si possa dimenticare che la storia dell’emigrazione è (anche) storia di sofferenze ed ingiustizie, e di chi vi si è opposto. Va inoltre considerata la difficoltà legata alla mancanza di studi sistematici italiani nel campo della storia comparata dei movimenti operai, se si fa eccezione per alcune opere a carattere enciclopedico 10, Leonardo Zanier, Libers… di scugnî lâ [Liberi… di dover andare] (poesie 1960-1962), Milano, Garzanti, 1977: si tratta della prima edizione nazionale della raccolta, dopo tre edizioni locali tra il 1964 ed il 1972. 9 Che dimostra come si possa fare giornalismo con un solida base di letteratura storiografica: cfr. Gian Antonio Stella, L’orda. Quando gli albanesi eravamo noi, Milano, Rcs, 2004. 10 Come ad esempio: Donald Sasson, Cento anni di socialismo. La 8 e la mancanza - con una sola eccezione 11 - di opere di vasto respiro sul movimento operaio nell’emigrazione 12 . La storia, se non è quasi mai magistra vitae, è sinistra nell’Europa occidentale del XX secolo, Roma, Editori Riuniti, 1997; Aldo Agosti, bandiere rosse. Un profilo storico dei comunismi europei, Roma, Editori Riuniti, 1999 ed Idem (diretta da), Enciclopedia della sinistra europea nel XX secolo, Roma, Editori Riuniti, 2000. 11 Donna R. Gabaccia, Emigranti. Le diaspore degli italiani dal Medioevo a oggi, Torino, Einaudi, 2003. 12 Cfr. gli studi, a volte veri e propri assaggi in senso cronologico e tematico, di: Mario Marcelletti, Sindacati e problemi dell’emigrazione e Gianfausto Rosoli, I sindacati di fronte all’emigrazione: Italia, Jugoslavia, Svizzera e Francia, in: Franca Assante (a cura di), Il movimento migratorio italiano dall’unità nazionale ai giorni nostri, Ginevra, Droz, 1978, v. II, pp. 1-21 e 107-131; Zeffiro Ciuffoletti, Il movimento sindacale italiano e l’emigrazione dalle origini al fascismo, in: Fondazione Brodolini, (a cura di Bruno Bezza), Gli italiani fuori d’Italia. Gli emigrati italiani nei movimenti operai dei paesi d’adozione (1880-1940), Milano, Franco Angeli, 1983, pp. 203-219; Paola Salvatori, Politica sindacale per l’emigrazione nel secondo dopoguerra e Lorenzo Bertucelli, Politica emigratoria e politica estera: il ruolo del Sindacato, in Vanni Blengino, Emilio Franzina ed Adolfo Pepe (a cura di), La riscoperta delle Americhe. Lavoratori e sindacato nell’emigrazione italiana in America Latina 1870-1970, Milano, Teti, 1994, pp. 132-181; Adolfo Pepe ed Ilaria Del Biondo, Le politiche sindacali dell’emigrazione, in: Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi ed Emilio Franzina, (a cura di), Storia dell’emigrazione italiana. Partenze, Roma, Donzelli, 2001, pp. 175-292. comunque una possibile cassetta degli attrezzi per chi voglia operare nel presente e nel futuro. Alcune esperienze, come l’organizzazione degli emigranti italiani da parte della seconda Internazionale, appaiono un modello valido ancor oggi. Nell’affrontare due annate del giornale tedesco «l’Operaio Italiano» 13, mi sono reso conto di studiare una metodica organizzativa universale. In mancanza dei mezzi per lavorare negli archivi di mezza Europa, lo spostamento dell’attenzione è passato attraverso lo studio delle biografie di alcuni attivisti. Persone ritrovate – grazie agli archivi - nel vivo della battaglie locali, più spesso emigrate altrove, oppure giunte da altri quadranti della mappa, per radicarsi o ripartire poco dopo. Protagonisti fuggiti per motivi politici, o costretti all’emigrazione dal bisogno, apparentemente scomparsi dai miopi scenari della “storia patria”, ma riapparsi a capo di uno sciopero generale a Buenos Aires o a Nizza, alla testa di una cooperativa a Montevideo, oppure partiti ragazzi come apprendisti e ritrovati ai vertici del sindacato edile svizzero o della CGIL nazionale. La biografia, in sè, può essere l’esempio più conciso di una “microstoria” aperta alle varie prospettive della dimensione generale, sfuggendo a sterili esercizi celebrativi. Una garanzia contro questo 13 Gian Luigi Bettoli, Gli emigranti italiani nell'organizzazione sindacale tedesca, cit. possibile riduzionismo è il carattere in gran parte randomizzato dell’elenco di biografie affrontate, utilizzate soprattutto come “nodi” di una più vasta “rete”, e quindi come tasselli di un lavoro sostanzialmente quantitativo. Sono esperienze ricche sul piano morale: è anche grazie a loro se, nell’arco di qualche decennio migliaia di friulani sono passati dalla dimensione di “crumiri” in Germania a quella dei distruttori della “pace del lavoro” in Svizzera negli anni settanta. I tessitori della rete internazionale. La Svizzera non è la meta principale degli emigranti friulani di fine Ottocento 14: essi sono attratti dai grandi complessi di opere pubbliche dell’Impero asburgico e della Germania recentemente unificata, oltre che dei Balcani e della Russia zarista. Sono stratificati geograficamente e professionalmente: quelli della montagna, emigranti da secoli come venditori 14 L’emigrazione dal Friuli in Svizzera si mantiene attorno all’1% degli espatri fino a metà degli anni novanta, per poi attestarsi su percentuali che arrivano al 3% circa: cfr. Giorgio Valussi, Il movimento migratorio, in Enciclopedia monografica del Friuli Venezia Giulia. 2 La vita economica, parte seconda, Udine, Istituto per l’Enciclopedia del Friuli-Venezia Giulia, 1974, pp. 873-874. ambulanti e tessitori, si trasformano in operai specializzati, soprattutto edili. Li accompagnano manovali e braccianti: i primi stadi, insieme ai fornaciai della collina e della pianura, del passaggio dal mondo contadino all’industria 15. Altre province forniscono contingenti professionali alla Svizzera, come quella vicina di Belluno 16. Non si tratta di un percorso unidirezionale: la Svizzera era stata per secoli un paese di emigranti 17, Sull’emigrazione friulana, rinvio alla bibliografia contenuta in: Giorgio Valussi, Il movimento migratorio, cit.; Elena Saraceno, Emigrazione e rientri. Il Friuli-Venezia Giulia nel secondo dopoguerra, Udine, Il Campo, 1981; Javier Grossutti, Saggio bibliografico, in: Ti ho spedito lire cento. Le stagioni di Luigi Piccoli, emigrante friulano. Lettere familiari (1905-1915), Pordenone, Biblioteca dell'Immagine, 1997; Marco Puppini, L’emigrazione friulana dalla metà dell’Ottocento alla prima Guerra mondiale, in: Alberto Buvoli (a cura di), Il Friuli. Storia e società, Udine, IFSML, 2004, v. II, pp. 113-152 ed Idem, L’emigrazione dal Friuli tra la prima e la seconda Guerra mondiale, in: Anna Maria Vinci (a cura di), Il Friuli. Storia e società, Udine, IFSML, 2006, v. IV, pp. 161-211. 16 Anna Rosada, Emigranti e socialisti feltrini nel primo decennio del Novecento, «Studi Storici», n. 4, 1964, pp. 691-729. 17 «Esportatrice d’uomini – si pensi ai mercenari svizzeri, caduti nel numero di circa un milione nelle guerre europee tra il XV e il XIX secolo – solo nel periodo tra il 1888 e il 1900 la Svizzera diventa realmente un paese d’immigrazione. Tra il 1850 e il 1888 ancora largamente passivo (177.000 unità), il saldo migratorio svizzero diventa attivo (176.000 unità) negli anni 1888-1914»: cfr. Delia Castelnuovo Frigessi, Colonialismo a domicilio: i 15 con aspetti drammatici, come lo sfruttamento dei bimbi ticinesi occupati come spazzacamini in Italia 18. Una ben diversa forma di emigrazione svizzera – quella di imprenditori e tecnici – aveva contribuito allo sviluppo dell’industrializzazione italiana. A Pordenone, a partire dagli anni quaranta dell’Ottocento furono realizzati quegli stabilimenti cotonieri che per oltre un secolo sarebbero stati il principale polo industriale friulano. La realizzazione dei cotonifici portò i dirigenti, ma anche gli operai specializzati che avviarono i macchinari prodotti a Zurigo e formarono la manodopera locale. La “colonia svizzera” introdusse anche l’eterodossia religiosa, con effetti sulle prime forme di autocoscienza operaia 19. L’espansione imprenditoriale svizzera 20 fa parte di lavoratori stranieri in Svizzera, in: Emigrazione cento anni 26 milioni, «Il Ponte», n. 11-12, 1974, p. 1449. Cfr. inoltre le voci Colonie svizzere, Emigrazione, Migrazioni interne in: Dizionario Storico della Svizzera. 18 Lisa Tetzner, I Fratelli Neri, Zoolibri, Reggio Emilia, 2004 (traduzione italiana dell’edizione tedesca del 1941, nella versione a fumetti disegnata nel 1947 da Hannes Binder). 19 Enzo Pagura, La colonia “svizzera” - protestante di Pordenone e la creazione nel 1843 del cotonificio Alfred Rivail in Largo San Giovanni, Pordenone, Sartor, 2006; Idem, Condizioni di lavoro e sanità a Pordenone nella prima metà del XIX secolo, Udine, IFSML, 2007; Elena De Mattia ed Enzo Pagura, Protestanti a Pordenone nell'Ottocento, Pordenone, Sartor, 2009. 20 Una sintesi è desumibile in: Georges Bonnant, Hermann Schutz ed Emilio Steffen, Svizzeri in Italia 1848-1972, Milano, quel processo di crescita economica che trasforma la Confederazione Elvetica nel «paese che più di ogni altro in Europa conosce, soprattutto in questo secondo dopoguerra, i trionfi e l’egemonia del capitale finanziario […] con la massima percentuale di popolazione attiva d’origine straniera». La punta massima di immigrati viene raggiunta nel 1914, con 600.000 unità, cioè il 15,4% della popolazione complessiva, percentuale che sarà raggiunta nuovamente solo nel 1968 21. La Grande guerra concluderà questa prima fase, con il precipitoso rientro in Italia di parte degli emigranti 22, destinati ad essere gettati nelle trincee contro i loro Collegamento svizzero in Italia-Camera di commercio svizzera in Italia, 1972. 21 Delia Castelnuovo Frigessi, Colonialismo a domicilio, cit., p. 1449. Nel 1910 più di un terzo di questi immigrati erano italiani (202.809, pari al 36,7%): cfr. Giovanna Meyer Sabino, In Svizzera, in: Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi ed Emilio Franzina (a cura di), Storia dell’emigrazione italiana. Arrivi, Roma, Donzelli, 2002, p. 148. 22 I primi giorni di agosto 1914, centinaia di migliaia di emigranti fuggono da Germania, Belgio e Francia, cercando di raggiungere il paese d’origine nel timore di esserne tagliati fuori. Almeno duecentomila si concentrano a Basilea, e ad loro esodo si aggiungono altre migliaia (anche di ticinesi) che abbandonano la Svizzera settentrionale. Cfr. Peter Manz, A Basilea, tanta animazione non s’era vista nemmeno per il grande Concilio, in: Halter Ernst, Gli italiani in Svizzera. Un secolo di emigrazione, Bellinzona, Casagrande, 2004. compagni di lavoro d’Oltralpe 23. L’occasione della guerra viene colta dal padronato elvetico per regolare i conti con la manodopera italiana, di cui viene licenziata ed espulsa la parte più precaria, mentre sono adottati i primi provvedimenti restrittivi dell’immigrazione 24. Se l’emigrazione italiana in Svizzera raggiunge un terzo del suo apporto secolare nel 1914, potrà riprendere – da una percentuale di poco superiore - solo nel secondo dopoguerra 25. Quanto agli emigranti friulani, il dopoguerra riserverà loro un drammatico cambio di scenario: di fronte alla sconfitta degli imperi centrali ed alla loro grave crisi economica, dovranno dirigersi verso la Francia ed il Belgio. Non sono molte le notizie relative ai friulani nel movimento operaio svizzero in quest’epoca 26, ma un Non tutti: come dimostra la scelta di Enrico ed Ernesto Dezza – socialisti - di rimanere in Svizzera come disertori: Ettore CellaDezza, Nonna Adele e alcuni brevi scritti recenti. Pubblicazione in onore di Ettore Cella-Dezza nel suo novantesimo compleanno, «L’Avvenire dei Lavoratori», nn. 1-2, 2003, p. 155. 24 Peter Manz, «A Basilea si son fatti miracoli! Viva Basilea, viva la Svizzera!». Il transito dei profughi italiani a Basilea nell’agosto del 1914, in: Jean Batou, Mauro Cerutti e Charles Heimberg (a cura di), Pour une histoire des gens sans Histoire. Ouvriers, exclues et rebelles en Suisse 19e-20e siècles, Losanna, D’en bas, 1995, pp. 207-209. 25 Luigi Favero e Graziano Tassello, Cento anni di emigrazione italiana 1876-1976), cit., p. 58, fig. 14 (con 100=1976). 26 Più in generale, «una storia dei migranti friulani in Svizzera […] è ancora sostanzialmente da scrivere», secondo lo storico 23 breve sguardo alla stampa operaia tedesca rivela la trama internazionale tessuta dal movimento socialista. Si tratta di informazioni destinate agli operai italiani che vengono incrociate con gli altri sindacati, al fine di regolare il mercato del lavoro. All’inizio della stagione 1900 – si avverte che: «Quest’anno la stagione dei lavori si presenta quasi da per tutto in condizioni eccezionalmente gravi! In molti cantoni della Svizzera grazie alla disunione e al poco spirito di solidarietà il prezzo della mano d’opera è calato al di sotto d’ogni limite possibile, e i compagni hanno deciso di fare argine a questa corrente, e di fare almeno un tentativo per ottenere delle condizioni un po’ più eque» 27. Siamo all’interno dell’azione dell’Internazionale socialista tra i congressi di Zurigo del 1893 e di Stoccarda del 1907 28. Tra i due momenti si fissano i punti fermi dell’azione contro il crumiraggio 29. I triestino e presidente della Fondazione Ecap di Zurigo (ente di formazione professionale promosso dalla CGIL): Furio Bednarz, L’emigrazione dal Friuli Venezia Giulia: destinazione Svizzera. 27 «L’Operaio Italiano», n. 3 del 10 febbraio 1900, Appello! 28 Maurizio Degl’Innocenti, Emigrazione e politica dei socialisti dalla fine del secolo all’età giolittiana e Delia Castelnuovo Frigessi (a cura di), Le migrazioni operaie in un dibattito della Seconda Internazionale, in: Emigrazione cento anni 26 milioni, cit. 29 Che veniva quantificato dal sindacato tedesco in 2.000 operai su 70.000 edili italiani in quel paese: cfr. Elpidio Ellero, Il crumiri, organizzati in particolare in alcune località friulane, erano causa di gravi sconfitte per il movimento operaio, e di reazioni violente: è la Svizzera a contare forse il maggior numero di moti xenofobi, a Berna, Basilea e Zurigo 30. Viene realizzata una rete internazionale che mette in collegamento i sindacati edili, realizzando iniziative come l’edizione di giornali ed opuscoli 31 in lingua italiana rivolti agli emigranti, mettendo a loro disposizione operatori bilingui e realizzando iniziative in Italia tramite la Società Umanitaria di Milano. L’azione dell’Umanitaria si esplicava attraverso i Segretariati dell’Emigrazione – vere Camere del Lavoro per i migranti – nonché di attività formative (tramite le Società Operaie) ed assistenziali, attraverso corrispondenti locali. Si realizzò la rete di biblioteche popolari 32, dove si potevano trovare romanzi, guide al crumiraggio friulano all’estero fra Ottocento e Novecento, in: «Storia contemporanea in Friuli», n. 13, Udine, 1982, p. 49. 30 Giovanna Meyer Sabino, In Svizzera, cit., p. 148; Tindaro Gatani, L’Italienerkrawall di Zurigo (Luglio 1896), in: Ernst Halter, Gli italiani in Svizzera, cit. 31 Particolarmente utilizzata la forma popolare del dialogo: cfr. Valär Giovanni, Che cosa vogliamo? Dialoghetti di propaganda, Amburgo, Biblioteca dell’Operaio Italiano, 1900. 32 Alcune di queste biblioteche sono state conservate: quella del Circolo di cultura popolare di Vivaro è stata donata alla Biblioteca di quel comune e quella del Circolo sociale pro cultura di Budoia è conservata dalla famiglia Scussat. socialismo internazionale 33 o più agili manualetti informativi, simili a quelli del Commissariato dell’Emigrazione 34. Non potevano mancare i manuali tecnico-scientifici editi dall’editore Sonzogno e dalla Biblioteca delle Università Popolari 35. Particolare impegno veniva dedicato alla propaganda invernale, nella quale erano impegnati nei paesi italiani i propagandisti locali e quelli attivi Fausto Pagliari, L’organizzazione operaia in Europa. Storia – costituzione – funzioni, Milano, Società Umanitaria, 1909. 34 In Ernst Halter, Gli italiani in Svizzera, cit., p. 15 sono riprodotti i frontespizi della Guida dell’Emigrante Italiano in Svizzera. Consigli, indicazioni, indirizzi specialmente per i Muratori, Manovali, Minatori e Sterratori, Varese, Ufficio dell’Emigrazione della Società Umanitaria, Varese, 1909 e delle Raccomandazioni, consigli, indicazioni agli operai italiani che si recano in Isvizzera in cerca di lavoro, Lugano, Unione Socialista di lingua italiana in Isvizzera, 1898. 35 Conservati in buon numero nella Biblioteca popolare di Vivaro. Una conferma dell’interesse degli operai – anche nel secondo dopoguerra - per questa manualistica atta ad arricchire le competenze professionali ed a fornire conoscenze non tradizionali (come nel caso dell’educazione sessuale) viene dal recente intervento di Andrea Ermano, Zurigo, la Libreria Italiana al traguardo dei cinquant'anni, in: «L’Avvenire dei lavoratori» del 3.12.2011. Sulla Libreria Italiana di Zurigo e Sandro Rodoni – il comunista ticinese suo promotore, insieme alla moglie Lisetta – cfr. gli articoli di: Armando Mombelli, Un'oasi di cultura italiana nel quartiere a luci rosse, 2008 e: Andrea Ermano, Commiato da un compagno – Sandro Rodoni, 2008. 33 all’estero, anche con processi popolari agli arruolatori dei crumiri. Il primo Segretariato nasce ad Udine, nella provincia con il maggior numero di edili emigranti e la più alta concentrazione di crumiri. Al Segretariato dedicheranno il proprio impegno i due principali dirigenti socialisti locali: Giovanni Cosattini 36 ed Ernesto Piemonte, un agronomo piemontese inviato in Friuli dall’Umanitaria 37. La rete internazionale (che dal 1907 prevede la “doppia tessera” tra i sindacati dei diversi paesi, dopo la sconfitta congressuale delle componenti favorevoli a restrizioni all’emigrazione) riusciva a trasmettere le notizie ad una velocità relativamente elevata, segnando risultati significativi, come quando nel 1908 il Segretariato di Udine riuscì a sviare diecimila emigranti dalla Germania in sciopero all’Ungheria ed alla 36 Si era laureato con Achille Loria con una tesi sulla particolare emigrazione temporanea friulana: Giovanni Cosattini, L’emigrazione temporanea del Friuli (a cura di Francesco Micelli), Trieste-Udine, Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, 1983; Paolo Alatri, Giovanni Cosattini (1878-1954). Una vita per il Socialismo e la Libertà, Tricesimo, Aviani, 1994. 37 Su Piemonte: Cesare Scalon, Claudio Griggio e Giuseppe Bergamini (a cura di), Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei friulani, Udine, Forum, 2011. Sul Segretariato: Marco Puppini, L’emigrazione friulana dalla metà dell’Ottocento alla prima Guerra mondiale, cit., pp. 143-149. Romania 38. Ecco alcune notizie riguardanti la Svizzera. Nell’estate 1901 si svolge lo sciopero dei 1500 operai edili di Losanna, in maggioranza italiani, che si risolve in un parziale successo, anche grazie alla solidarietà della popolazione e delle autorità locali 39. Il coinvolgimento dell’Ufficio di collocamento di Basilea emerge in una delle prime denuncie pubbliche del fenomeno del crumiraggio, nel dicembre 1900: viene riprodotta una circolare della Lega tedesca degli imprenditori edili ove si parla degli emigranti con un linguaggio da mercanti di carne umana 40. L’organizzazione degli edili in Svizzera, con le sue sezioni sindacali di lingua italiana, viene presa a paragone in vista del congresso dell’Unione Muraria germanica, all’inizio del 1901: il direttore de «L’Operaio Italiano» di Amburgo, Giovanni Valär, ritiene inapplicabile tale modello in Germania, in 38 Una sintesi dei risultati dei primi anni di lavoro è tratta dal segretario del PSI Oddino Morgari: cfr. «Il Lavoratore Friulano», n. 217 del 12 dicembre 1908 e 218 del l9 dicembre 1908, L’organizzazione degli emigranti nel Friuli, riprodotto in: Gian Luigi Bettoli, Una terra amara, cit., pp. 16-19. 39 «L’Operaio Italiano», n. 19 del 22 settembre 1900, 20 del 6 ottobre 1900 e 21 del 20 ottobre 1900, p. 8, Svizzera. 40 «L’Operaio Italiano», n. 24 dell’8 dicembre 1900 (corsivi nell’originale); Elpidio Ellero, Il crumiraggio friulano all’estero fra Ottocento e Novecento, in: «Storia contemporanea in Friuli», n. 13, Udine, 1982. quanto in Svizzera «la mano d’opera dell’industria edile è quasi un monopolio degli italiani; mentre qui ci troviamo di fronte a quasi un milione di operai edili tedeschi, co’ quali dobbiamo procedere di conserva» 41. Nel maggio 1901 si pubblica l’elenco dei 57 recapiti dei socialisti italiani in Svizzera: tra questi appare la Sezione italiana del Sindacato muratori a San Gallo, con recapito presso il Cafè zum weissen Bären, costituita «anche con la partecipazione di un gruppo di emigrati friulani in buona parte provenienti dal comune di Lauco» 42. Viene organizzata la solidarietà negli scioperi, come quando nel cantone di Uri - durante uno sciopero degli scalpellini - i padroni cercano di far affluire manodopera dalla Germania 43. Talvolta il lavoro organizzativo è a cavallo del confine, come quando la lega edile italiana di Mannheim e Neckarau in Baden invita gli operai tessili ad un’assemblea a Rheinfelden, nell’omonima città gemella posta oltre Reno in Svizzera 44. «L’Operaio Italiano», 2 del 19 gennaio 1901, Pel congresso dell’Unione muraria, siglato Vugi. 42 «L’Operaio Italiano», n. 10 dell’11 maggio 1901, pp. 7-8, Indirizzi delle Sezioni socialiste e dei Sindacati Operai nella Svizzera; Marco Puppini, L’emigrazione friulana dalla metà dell’Ottocento alla prima Guerra mondiale, cit., p. 151. 43 «L’Operaio Italiano», n. 16 dell’11 agosto 1900, Scioperi e boicotti. Scalpellini e 9 di mercoledì 1° maggio 1901, Scalpellini. 44 «L’Operaio Italiano», n. 25 di sabato 14 dicembre 1901, 41 Il carattere “nomade” dei quadri del primo movimento operaio è testimoniato da due esempi. Ercole Brovelli 45 è già aderente al PSI quando emigra nel 1890. Per un ventennio alterna la sua attività di organizzatore tra Berna - dove lavora come cementista e la città natale, dirigendo gli scioperi della categoria, finché viene arrestato ed espulso alla fine del 1912, per aver organizzato nella capitale elvetica una manifestazione di solidarietà con Ettor e Giovannitti, organizzatori italoamericani dello sciopero di Lawrence promosso dagli IWW. Rientrato in Italia, è dapprima propagandista stipendiato del PSI nel Comasco – diventandone anche segretario provinciale - e poi come dirigente della cooperazione a Pallanza. Nel gennaio 1920 giunge ad Udine per dirigerne la Camera del Lavoro: sono intuibili precedenti contatti attraverso la rete dell’Umanitaria 46. Di una generazione successiva, è forse nell’ambiente della Lega dei muratori di San Gallo che Costante Masutti 47 entra in contatto con il movimento socialista: a 15 anni emigra nella città elvetica dove, dopo l’apprendistato, è assunto nel 1906 come operaio Appello. Pallanza 1872-Udine 1940. 46 Archivio Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale, b. 852, f. 45841; Gian Luigi Bettoli, Una terra amara, cit., ad indicem. 47 Prata di Pordenone 1890-Parigi 1960. 45 professionale 48. Di Masutti in Friuli non si sa nulla fino al primo dopoguerra, quando emerge come dirigente della più forte organizzazione friulana, la Lega degli edili di Pordenone. Costretto ad allontanarsi nel 1921, a causa dei violenti scontri con i fascisti, per un breve periodo è segretario degli edili in Sudtirolo e Trentino – al posto di uno storico organizzatore degli emigranti in Austria, Silvio Flor sr. – e poi ritorna a San Gallo. Nel 1922 emigra in Francia ed è attivo nell’emigrazione socialista (fino a diventare segretario della Federazione del PSI negli anni cinquanta). Masutti si allontana dalla Francia due volte: negli anni trenta in URSS, dove sfugge alle repressioni staliniane, nelle quali muore il genero 49 - l’esperienza porterà alla sua uscita dal PCd’I, al quale aveva aderito nel 1921 - e poi nel 1947-1949, quando è a Pordenone per riorganizzare il PSI e la CGIL, e viene candidato senza successo alla segreteria della Camera del Lavoro ed al Senato 50. 48 Centro Studi Piero Gobetti, fondo Masutti, Quaderni 1, 2 e s.n. [VIII]. 49 Emilio Guarnaschelli, Una piccola pietra, Milano, Garzanti, 1982. 50 Gian Luigi Bettoli, Una terra amara, cit.; Idem, Costante Masutti, biografia di un socialista rivoluzionario, «Storia contemporanea in Friuli», n. 39, 2008. Dal Segretariato all’antifascismo. dell’Emigrazione Se l’impegno di Brovelli e Masutti appare segnato da un girovagare in cui l’impegno mantiene una dimensione locale, due altre biografie ci portano al livello nazionale ed internazionale del movimento. Giovanni Valär si trova citato in quasi tutti gli studi sul movimento operaio e l’emigrazione 51. E’ uno svizzero formatosi in Toscana ma discendente da «oriundi friulani anticamente emigrati da epoca remota in Svizzera» 52. In Toscana Valär aveva studiato ed insegnato matematica, entrando in contatto con il movimento socialista, finché nel 1898 era stato costretto all’esilio dalla repressione di Pelloux. Per due decenni è lui a dirigere centralmente gli emigranti italiani, dapprima in Germania come direttore de «L’Operaio Italiano», poi a Zurigo al Segretariato operaio svizzero, ed infine a Milano come responsabile dell’Ufficio emigrazione dell’Umanitaria. Nel dopoguerra, opera per il movimento 51 Pontresina (Grigioni) 1964-Zurigo 1942. La fonte italiana principale per lo studio della sua attività è Archivio Centrale dello Stato, Polizia Politica, f. personali, pacco 1397, f. 34, Valar Giovanni. Cfr. inoltre E’ morto un veterano, in: «Libera Stampa», n. 104, 1942. 52 Acs, Pol.Pol., pacco 1397, f. 34. Ma il cognome Valär era esistente già nel Medioevo nei Grigioni: cfr. DSS. cooperativo a Roma e nel Sud. Poi, grazie al Commissario dell’Emigrazione Giuseppe De Michelis, collabora con gli uffici governativi fino al 1930 quando, a causa della sorveglianza poliziesca, si trasferisce a Berlino, città natale della moglie. Nella capitale tedesca rappresenta la Concentrazione antifascista e costituisce l’associazione Amici della Libertà Italiana; il sindacato tedesco gli mette a disposizione un ufficio. Valär cura la spedizione di propaganda postale in Italia, l’assistenza dei dirigenti antifascisti di passaggio ed i rapporti fra la Concentrazione a Parigi e la SPD. In collaborazione con la SPD organizza campagne contro le spie fasciste ed a favore degli antifascisti italiani. Nel maggio 1933 Valär abbandona la Germania passata sotto controllo nazista. Per un periodo raggiunge il figlio maggiore Otto in Turchia, ma nel 1936 è di nuovo a Zurigo, dove lavora con i socialisti italiani. Il suo riferimento è la «Cooperativa e Ristorante della Militarstrasse (sede officiale socialista italiana)» 53, dove è attivo il figlio minore Erich. L’anno 53 Tuttora esistente, con i suoi oltre 100 anni di vita: in questo primo approdo gli emigranti e gli esuli politici potevano trovare una minestra calda gratuita ed un luogo di riunione. Cfr. Dario Robbiani, Cìnkali. Ci chiamavano Gastarbeiter, lavoratori ospiti, ma eravamo stranieri, anzi cìnkali, «L’Avvenire dei lavoratori», n. 3-4, 2005, pp. 89-95 e la bibliografia in: http://www.cooperativo.ch/pages/100anni.htm. E’ in questa sede che viene realizzata la Scuola Libera Italiana e nasce nel 1930 la dopo, Valär è il «nuovo segretario federale per la Svizzera del partito socialista italiano» 54. Nel 1938 la direzione del Partito Socialista Svizzero crea a Zurigo un segretariato permanente locale ed affianca Giovanni Valär al nuovo segretario Ernst Lang, come responsabile per gli iscritti di lingua italiana. Valär riprende la propaganda postale verso l’Italia e con l’avvicinarsi della guerra si impegna nella campagna per sconsigliare gli emigranti al rientro. Se Valär rappresenta la figura di un dirigente di dimensione europea, anche se legato all’ambiente dell’emigrazione italiana, il cividalese Augusto Vuattolo rappresenta il momento della trasformazione del sindacato del paese di immigrazione attraverso la cooptazione di quadri provenienti dalle file degli emigranti. Vuattolo 55 compie il percorso che lo porta prima Colonia Libera Italiana - nucleo della Federazione delle Cli che, sorta su proposta del repubblicano-socialista Schiavetti nel 1943, diverrà la principale organizzazione dell’emigrazione italiana in Svizzera. Cfr. Giovanna Meyer Sabino, In Svizzera, cit., p. 149 e Idem, La forza dell’associazionismo, in: Ernst Halter, Gli italiani in Svizzera, cit., pp. 113-114; Gianfranco Bresadola, Le colonie libere ed Alberto Conti, Esperienze di lavoro culturale (1969-1974), in: Emigrazione cento anni 26 milioni, cit. 54 Secondo un’altra informativa, sarebbe stato eletto segretario Erich: cfr. Acs, Casellario Politico Centrale, b. 3570, f. 4887, Vuattolo Augusto. 55 Le fonti italiane per la biografia di Vuattolo (Tarcento 1882Zurigo 1960) sono: Acs, Cpc, b. 3570, f. 4887, Vuattolo Augusto; da fornaciaio a dirigente del sindacato svizzero. Quale sia il ruolo acquisito è dimostrato dalla sua costante presenza alla presidenza dei congressi socialisti dell’emigrazione 56. Aveva iniziato a lavorare in Austria, sulle orme del padre fornaciaio, subendo un arresto per sciopero. Diventa funzionario del Segretariato operaio di Monaco nel 1910 e due anni dopo direttore de «L’Operaio Italiano». Espulso nel 1913 dalla Germania, opera alla sezione degli edili di Berna, per poi diventare nel 1914 segretario centrale della Federazione muraria a Zurigo. Inizia con gli operai dei grandi trafori: seguirà in particolare i lavoratori stranieri, il Canton Ticino - dove si saldano la comunanza linguistica con l’alta concentrazione di immigrati - e le categorie dei muratori e piastrellisti. Convinto della necessità di superare il corporativismo per costruire forti federazioni di industria, partecipa al processo di fusione che porta tra il 1915 ed il 1922 cinque sindacati di mestiere ad unificarsi nella FLEL 57, di cui diventa segretario centrale. E’ segretario del PSI in Svizzera e, dal 1917 al Pol.Pol., pacco 1454, Vuattolo Augusto. Cfr. inoltre la nota biografica a p. 77 del terzo volume di: Augusto Vuattolo, Storia della Federazione Svizzera dei Lavoratori Edili e del Legno. 1873-1953, Zurigo, Flel, 1953-1956 e La morte di Augusto Vuattolo, in: «Libera Stampa», n. 281, 1960. 56 Gaetano Arfè (a cura di), Il Partito Socialista Italiano nei suoi Congressi, quarto volume, Milano, Edizioni Avanti!, 1963. 57 Federazione lavoratori edili e del legno. 1922, fa parte dell’esecutivo dell’Unione Sindacale Svizzera. Si impegna nella propaganda pacifista e fa parte di un comitato di sostegno ai disertori e renitenti alla leva: è quindi ritenuto dalle autorità svizzere un sovversivo, ed è sorvegliato dal Comando Supremo italiano. Nel 1919 viene colpito da un decreto di espulsione - in conseguenza dello sciopero generale del 1918, l’unico della storia svizzera 58 - che sarà dapprima sospeso e poi annullato nel 1944. Vuattolo è esponente del PSI massimalista ed appartiene a vari organismi antifascisti, che a Zurigo fanno capo alla Cooperativa italiana che, sotto la direzione di Enrico Dezza 59, funge da centro di smistamento dei primi soccorsi per i profughi dall’Italia. Gira infaticabile per la Svizzera, unendo il lavoro di organizzazione ed agitazione sindacale ai contatti con gli esponenti del fuoruscitismo ed alla denuncia delle infiltrazioni fasciste. Sostiene la riunificazione con i riformisti del PSULI (nel cui gruppo dirigente nell’esilio francese c’è il vecchio 58 Lo sciopero generale si svolse nei giorni in cui si concludeva la Prima guerra mondiale, con l’esplodere della rivoluzione in Austria ed in Germania: cfr. le voci Sciopero generale e Comitato di Olten in: DSS. 59 Originario di Scandiano (Re), «risiede a Zurigo da circa 40 anni ed ha sempre svolto attività sovversiva; è gerente del ristorante cooperativo socialista alla Militarstrasse e cassiere del partito socialista italiano per la Svizzera»: cfr. Acs, Cpc, b. 3570, f. 4887, Vuattolo Augusto. organizzatore del Segretariato dell’Emigrazione, Ernesto Piemonte, che diventerà segretario amministrativo del partito riunificato). Assume un orientamento socialdemocratico ed interno all’impostazione del sindacato svizzero: in alcune informative si sostiene che le sue posizioni anticomuniste siano così moderate da entrare in contrasto anche con settori dello stesso PSI. Un confidente della polizia politica fascista nel Ticino informa sugli interventi di Vuattolo presso le centrali sindacali per salvare dall’espulsione, dovuta a crisi economica e disoccupazione dilagante, almeno gli esiliati politici. Utilizza i fondi inviatigli dall’Internazionale socialista per assistere non solo i profughi, ma anche gli operai disoccupati, aiutandoli a nascondersi per sottrarsi all’espulsione. A partire dal 1934, delineandosi il dialogo fra comunisti e socialisti, Vuattolo appare disponibile ad iniziative unitarie; ma le polemiche riesploderanno a partire dal 1936, in riferimento alle vicende spagnole. Con l’aggressione italiana all’Etiopia, promuove una campagna per ostacolare fra gli emigranti italiani la sottoscrizione dell’ “oro alla patria”. Propone alla direzione del PSI di non smobilitare i combattenti di Spagna, per preparare «il nucleo della milizia popolare italiana che combatterà le battaglie della libertà». Nel 1937 aumentano l’attività di propaganda antifascista ed i tentativi di introdurre dal Canton Ticino, grazie ai contrabbandieri «i quali non sono trattenuti nella loro opera neppure dagli scontri cruenti che in due anni hanno dato sei vittime», materiale di propaganda in Italia. Il reggente del Consolato di Bellinzona, dott. Carlo Pedrazzini, ritiene giunto il momento di eliminare il pericoloso organizzatore antifascista, ed avverte: «ho pronti uomini fidatissimi e macchine velocissime per prelevarlo e consegnarlo ai carabinieri di Campione» 60: proposta respinta in quanto Vuattolo è nel frattempo divenuto cittadino svizzero, e si creerebbe un grave incidente diplomatico. Il dirigente sindacale, nell’estate 1938 dichiara ormai pubblicamente che la battaglia in Spagna è persa, e che si è fatto male a concentrare là le energie dell’antifascismo, abbandonando l’impegno in Italia, cui ora bisogna tornare con maggiore forza; tali valutazioni sono unite a quelle sull’eccessiva influenza comunista nell’emigrazione operaia. Con lo scoppio della guerra, Vuattolo moltiplica i suoi interventi antifascisti pronunciati alla Cooperativa italiana: sono gli anni del Centro estero socialista di Zurigo, guidato da Ignazio Silone 61, cui fa capo quanto rimane dell’organizzazione del PSI dopo l’occupazione nazifascista della Francia. Nel dopoguerra, opera nella FLEL e nel Comitato 60 Acs, Cpc, b. 3570, f. 4887, Vuattolo Augusto. 61 Stefano Merli, Il laboratorio socialista de L’Avvenire dei Lavoratori, cit. della Federazione internazionale dei lavoratori edili e del legno fino al 1948. Dedica gli anni successivi a scrivere i tre volumi della storia del sindacato 62. Due giudizi fanno capire quale sia stato il suo ruolo alla testa di quella FLEL che negli anni del secondo dopoguerra rappresenta il settore più aperto dell’USS nel campo dell’immigrazione. Secondo Steinauer e Von Allmen, «sono i leader stranieri che hanno marcato l’inizio del sindacalismo in Svizzera: il tedesco Hermann Greulich e l’italiano Augusto Vuattolo sono i più noti di loro» 63. Nel necrologio a cura dei socialisti italiani in Svizzera si afferma: «La vita della nuova federazione si confonde così con quella di Vuattolo […] La riduzione della durata del lavoro, gli aumenti salariali, le vacanze pagate, sono in gran parte iniziativa sua» 64. Vuattolo esercita un’influenza importante su Ezio Canonica, il suo successore destinato a diventare, come presidente della FLEL e più tardi della USS dal 1973 alla 1978, il principale rinnovatore del sindacalismo svizzero. Un debito che Canonica non esita ad esplicitare, lui ticinese proveniente a sua volta da una 62 Augusto Vuattolo, Storia della Federazione Svizzera dei Lavoratori Edili e del Legno, cit. 63 Steinauer Jean e Von Allmen Malik, Smuovere le acque, cit., p. 57. Su Greulich, cfr. DSS 64 La morte di Augusto Vuattolo, in: «L’avvenire dei lavoratori», cit. famiglia di emigranti 65: «Fu lui a insegnarmi il mestiere di sindacalista. […] E mi insegnò che l’emigrato è un lavoratore non uno straniero. In un paese che considera soltanto il profitto e la produttività, tutti i lavoratori sono stranieri» 66. Tra rifiuto ed integrazione: il sindacato come protagonista della trasformazione. L’emigrazione italiana del secondo dopoguerra trova nella Svizzera il suo principale sbocco, sfiorando i due milioni di espatri 67: solo a partire dal 1955 inizieranno consistenti flussi verso la Repubblica Federale Tedesca, che però non riusciranno a superare la capacità di assorbimento del piccolo imperialismo 65 Il nonno Rocco era emigrato come scalpellino negli Usa, dove era diventato socialista, così come era stato emigrante un suo altro maestro, il leader socialista ticinese Guglielmo Canevascini: cfr. Karl Aeschbach e Dario Robbiani, «Ciao Ezio!», Canobbio, Scoe-Aurora, 1979, p. 12 e Dario Robbiani, Cìnkali, cit., p. 122. 66 Karl Aeschbach e Dario Robbiani, «Ciao Ezio!», cit., pp. 16-17. 67 Federico Romero, L’emigrazione operaia in Europa (19481973), in: Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi ed Emilio Franzina (a cura di), Storia dell’emigrazione italiana. Partenze, cit., pp. 410-411 e Sonia Castro, L’emigrazione italiana in Svizzera dalla fine della Seconda guerra mondiale alla metà degli anni Cinquanta, in: Con gli occhi della globalizzazione, Torino, Centro Altreitalie, 2007, p. 86. alpino 68. Nella fase di crescita, la comunità italiana passerà dai 140.000 immigrati nel 1950 all’apice dei 573.085 del 1975: si tratta dei due terzi della popolazione immigrata complessiva, che nel 1972 rappresentava fino al 27% della popolazione attiva elvetica. Poi la crisi economica falcidierà gli italiani, che nel 2000 saranno 319.641 (il 40%, degli immigrati) 69 . Metà circa degli emigranti friulani (363.854 dal 1946 al 1970) sceglie la Svizzera – in linea con la tendenza nazionale - conservando in maggioranza la caratteristica di lavoratori edili (il 62,9% nel 19641968) 70. Le condizioni degli immigrati erano però cambiate rispetto alla fase precedente. La paura dell’«inforestieramento», nata nel contesto della Prima guerra mondiale, aveva prodotto la costituzione nel 1919 della Polizia federale degli stranieri e poi, nel 1931, la prima legge federale in materia di soggiorno 71. 68 La definizione della Svizzera come potenza imperialistica, è in Delia Castelnuovo Frigessi, Colonialismo a domicilio, cit., p. 1448 ed in Sonia Castro, L’emigrazione italiana in Svizzera, cit., p. 83. 69 Giovanna Meyer Sabino, In Svizzera, cit., pp. 151-152; Delia Castelnuovo Frigessi, Colonialismo a domicilio, cit., p. 1450. 70 Valussi Giorgio, Il movimento migratorio, cit., pp. 897, 904 e 909. 71 Mauro Cerutti, L’immigration italienne en Suisse dans le contexte de la Guerre froide, in: Jean Batou, Mauro Cerutti e La situazione peggiorò nel dopoguerra segnato dalla guerra fredda, per l’effetto congiunto del timore del governo elvetico di doversi sobbarcare troppi stranieri nel caso di fine dell’alta congiuntura, e della necessità italiana di liberarsi dei cinque milioni di disoccupati e sottoccupati, per non fornire una base di massa all’opposizione di sinistra: da ciò derivarono gli effetti negativi dell’accordo italo-svizzero del 1948, segnato dal raddoppio degli anni necessari per ottenere il permesso di soggiorno (da 5 a 10, rispetto all’accordo stipulato nel 1934, peggiorativo della convenzione del 1868) e dalla generalizzazione del regime dello stagionale. Correlata a questa politica era la rottura della collaborazione tra i governi postbellici e la CGIL, e l’esclusione del sindacato dalla gestione del reclutamento della manodopera e dal controllo sulle condizioni di lavoro degli emigranti, cui si aggiungeva la discriminazione della CGIL rispetto a CISL ed UIL da parte della USS, accomunata con i sindacati «democratici» italiani dall’appartenenza all’ICTFU 72. Charles Heimberg (a cura di), Pour une histoire des gens sans Histoire, cit., p. 214. 72 Mauro Cerutti, L’immigration italienne en Suisse dans le contexte de la Guerre froide, cit.; Sonia Castro, L’emigrazione italiana in Svizzera, cit.; Paola Salvatori, Politica sindacale per l’emigrazione nel secondo dopoguerra e Lorenzo Bertucelli, Politica emigratoria e politica estera: il ruolo del Sindacato, in: Vanni Blengino, Emilio Franzina ed Adolfo Pepe (a cura di), La riscoperta delle Americhe, cit. La condizione di stagionale significa umilianti controlli sanitari, vita promiscua nelle baracche, ricattabilità e divieto di mobilità professionale sul posto di lavoro, rottura dei legami con la famiglia (lasciata a casa o mantenuta in Svizzera nella clandestinità) e durezza delle condizioni di lavoro, di cui è simbolo la tragedia di Mattmark del 1965: 88 morti per una frana su un cantiere edile costruito al di fuori delle norme di sicurezza. Il tutto in un clima di pesante razzismo contro gli immigrati, culminato nel 1970 con il referendum Schwarzenbach per la riduzione del numero di immigrati, il primo di una serie 73. La xenofobia è interna al sindacato, legata al timore di peggioramento delle condizioni di lavoro, indotto dallo sfruttamento degli stagionali, ed all’anticomunismo 74. Ma gli immigrati italiani sono politicizzati, hanno fatto la Resistenza e le lotte operaie e contadine del dopoguerra 75, ed utilizzano sia strutture Cfr. Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e statuto del lavoratore stagionale in Svizzera, in: Emigrazione cento anni 26 milioni, cit., pp. 1617-1618; Leonardo Zanier, Libers… di scugnî lâ, cit. 74 Mauro Cerutti, L’immigration italienne en Suisse dans le contexte de la Guerre froide, cit.; Gianfausto Rosoli, I sindacati di fronte all’emigrazione: Italia, Jugoslavia, Svizzera e Francia, cit., pp. 123-127. 75 Leonardo Zanier, Libers… di scugnî lâ, cit.; Sandro Rodoni, Le vittime dimenticate della Polizia federale, in: «Rifondazione», n. 13, 2009; Gian Luigi Bettoli e Sergio Zilli (a cura di), La CGIL e 73 svizzere (come la Federazione di lingua italiana del Partito del lavoro, costituita nel 1949 con segretario Sandro Rodoni), che italiane, come la FCLI e l’INCA, che inizia ad operare in Svizzera nel 1957 76. Costretti a lavorare nella clandestinità, i comunisti italiani sono sorvegliati dalla polizia, licenziati ed espulsi 77, fino allo “scandalo delle schedature” del 1989, quando emerge quasi un milione di fascicoli, per la metà dedicati agli italiani 78. La discriminazione anticomunista dell’USS è tale che il sindacato cattolico il Friuli Venezia Giulia 1906-2006, Venezia-Mestre, Cgil Fvg, 2006, v. I, pp. 72, 80 e 98; Gian Luigi Bettoli, “Campagne!”. Allo snodo di un ventennio di lotte: il ’68 nel Pordenonese, “periferia” operaia del Nordest, in: «Le Classi e la Storia», n. 1, 2009, p. 84. 76 Giovanna Meyer Sabino, La forza dell’associazionismo, cit., p. 116; Mora Maria, Le (nuove) emigrazioni italiane e le attività dell'Inca all'estero: i casi Francia, Germania e Svizzera, Ires, 2009, pp. 182-183. 77 Mauro Cerutti, L’immigration italienne en Suisse dans le contexte de la Guerre froide, cit.; Sandro Rodoni, Le vittime dimenticate della Polizia federale, cit. Il PCS era stato proibito nel 1940, e lo stesso PdL sorto successivamente fu soggetto a sorveglianza: cfr. le voci relative in DSS e: Partito svizzero del lavoro, Non c’è futuro senza passato, 2009. 78 Leonardo Zanier, Io, italiano in Svizzera, spiato dalla polizia federale, in: Francesca Spangaro, Mûratôr, Montereale Valcellina, Fillea CGIL Alto Friuli e Circolo Culturale Menocchio, 2008. si dimostra più aperto nei confronti degli immigrati 79. Arriva il 1968, dopo una lunga era di pace sociale. Pur attutito in Svizzera, il movimento vede i primi scioperi spontanei, guidati dagli immigrati, che rompono la “pace del lavoro”, regola indiscussa dal CCL dei metalmeccanici del 1937 80. A Ginevra ne è il leader il comunista Severino Maurutto 81, iscritto alla FOMO 82 ed ispirato da due rifiuti: quello della xenofobia – aveva vissuto nel clima comunitario delle miniere in Belgio – e quello dell’esclusione degli immigrati dalla rappresentanza sindacale. Nel 1969 Maurutto è eletto a capo della commissione operaia della sua fabbrica, e continua con un attivismo conflittuale, fino al tentativo di espulsione del 1971, sospeso grazie ad un’ondata di proteste. Negli anni ’80 lavora nel campo associativo, poi per il PdL (di cui diviene segretario) ed infine lavora come taxista, creando il sindacato di categoria 83. 79 Jean Steinauer e Malik Von Allmen, Smuovere le acque, cit.; Mattia Pelli, Fonti orali e storia dell’immigrazione italiana in Svizzera. Una ricerca qualitativa tra gli operai dell’acciaieria Monteforno di Giornico, in: Con gli occhi della globalizzazione, cit. 80 Cfr. voci Pace del lavoro e Scioperi in DSS. 81 S. Michele al Tagliamento, 1940. 82 Federazione degli operai metallurgici ed orologiai. 83 Jean Steinauer e Malik Von Allmen, Smuovere le acque, cit., pp. 105-106; Furio Bednarz, L’emigrazione dal Friuli Venezia Giulia: destinazione Svizzera, cit.; Erika Dessi, Intervista a Alcuni friulani sono assunti come sindacalisti già negli anni sessanta, come Ilario Bulfon in Ticino, Bruno Bertolo a Sciaffusa e Bruno Cannellotto a Zurigo: tutti nella FLEL, mentre lo sloveno triestino Marijan Gruden viene assunto dalla FCTA 84, per diventare nel 1977 responsabile per i lavoratori jugoslavi dell’USS. Nello stesso periodo Leonardo Zanier presiede la FCLI e crea l’ECAP, destinato a diventare un gigante della formazione svizzera, e lavora per un periodo alla CGIL nazionale 85: un percorso, in questo caso, interno all’associazionismo italiano. La maggiore apertura del sindacato edile è dovuta alla direzione di Ezio Canonica, che media con i movimenti giovanili, promuove la partecipazione e la democratizzazione del sindacato svizzero e la creazione di forti federazioni industriali. Canonica diventa il principale interprete delle istanze dei lavoratori immigrati, assumendo nel 1970 il ruolo di antagonista di James Schwarzembach nella battaglia referendaria. Durante la sua presidenza dell’USS, Canonica si accorda con il PCI, contrattando la rappresentanza nel Severino Maurutto: una storia di immigrazione, tra militanza sindacale, politica ed impegno sociale; Jean Batou (a cura di), Comprendre les années 68, «solidaritéS», 2008. 84 Federazione dei lavoratori del commercio, trasporti ed alimentazione. 85 Leonardo Zanier, Libers… di scugnî lâ, cit.; Furio Bednarz, L’emigrazione dal Friuli Venezia Giulia: destinazione, cit.; sindacato con l’adesione comunista alla sua politica, a cominciare dalla “pace del lavoro”, di cui per altro il socialista ticinese propone una interpretazione elastica 86 . E’ in questo quadro che si inserisce il ruolo di Romeo Burrino 87, partigiano, sindacalista della FIOM e segretario della CdL di Maniago. Costretto ad emigrare in Svizzera nel 1954, per sfuggire a condanne legate alle vertenze sindacali, lavora nell’edilizia, nel settore alberghiero e nella meccanica con contratti precari, anche da clandestino. Il suo impegno sindacale inizia come delegato di base nella FLMO. Responsabile per i lavoratori italiani di Zurigo e della Svizzera orientale dal 1963, nel 1966 passa alla FLEL come responsabile dell’Ufficio degli stagionali. Fino al 1971 Burrino opera sotto la copertura formale di Canonica 88, non potendo rivestire l’incarico di segretario centrale della FLEL 89. Impegnato, oltre che sulle tematiche dell’immigrazione, su quelle delle relazioni 86 Karl Aeschbach e Dario Robbiani, «Ciao Ezio!», cit.; Giovanna Meyer Sabino, In Svizzera, cit., pp. 154-155. 87 Moruzzo 1927-Udine 1998. 88 Burrino è segretario della Cooperativa Italiana di Zurigo (presieduta da Canonica) e la sorella Edda conduce per quasi trent'anni il ristorante insieme al marito, Tanino Ferrari: email del 26 settembre 2006 di Andrea Ermano. 89 Nel 1971 la FLEL cambia lo statuto, che riservava il Comitato centrale ai soli cittadini svizzeri: cfr. Jean Steinauer e Malik Von Allmen, Smuovere le acque, cit., p. 61. internazionali, Burrino entra dell’esecutivo dell’USS, continuando a sedere nel Comitato federale del PCI di Zurigo: situazione differente da quella di Cannellotto, che invece viene escluso dall’organismo a causa del suo incarico sindacale 90. Rientrato in Italia nel 1988, Burrino è attivo nell’ALEF 91, di cui è presidente nel 1996-1998 92. E’ anche attraverso il lavoro di questi attivisti che il sindacato svizzero - che ancora negli anni ’60 richiedeva provvedimenti anti immigrati - nel 2005 arriva a contare un terzo di iscritti stranieri (la maggioranza di UNIA 93). Dal 1945 a fine secolo 3500 sindacalisti stranieri hanno trasformato il sindacato da corporazione in strumento di integrazione 94. 90 Jean Steinauer e Malik Von Allmen, Smuovere le acque, cit., p. 117. 91 Associazione Lavoratori Emigrati del Friuli Venezia Giulia. 92 Il cordoglio della Filef per la morte del presidente dell’Alef Romeo Burrino e Cecilia Brumat, Quarant’anni di storia dell’Alef attraverso la rivista Nuova Emigrazione, in: «Nuova emigrazione», n. 3-4, 2009, p. 21. 93 La FLEL si trasforma in SEL (Sindacato dell’Edilizia e del Legno) nel 1974; in SEI (Sindacato Edilizia e Industria, con i tessili) nel 1993 in infine in UNIA dal 2005, riunendosi con i metalmeccanici della FOMO e con i servizi. Cfr.: DSS e: www.unia.ch 94 Gianfausto Rosoli, I sindacati di fronte all’emigrazione: Italia, Jugoslavia, Svizzera e Francia, cit.; Jean Steinauer e Malik Von Allmen, Smuovere le acque, cit.; Rosita Fibbi, 125 anni di rapporti tra sindacato e immigrazione, 2005. 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Come stagionali e frontalieri hanno trasformato il sindacato elvetico in una realtà multietnica.