la relazione tra chi chiama e chi risponde al telefono amico

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la relazione tra chi chiama e chi risponde al telefono amico
LA RELAZIONE TRA CHI CHIAMA E CHI RISPONDE AL TELEFONO AMICO
Nel predisporre questa relazione cercheremo di tenere sempre presente i seguenti punti:
-
l’obiettivo che il servizio sì pone “... non proponendo risposte risolutive ai problemi ascoltati, quanto
piuttosto mirando a mettere le persone nella condizione di operare delle libere scelte...”;
il contesto in cui si svolge la relazione;
i volontari che debbono gestirla.
Ancora prima di affrontare questi temi ci sembra opportuno sottolineare che agiamo in una situazione di
emergenza: cioè, nel momento in cui l'appellante ci chiama, ha solo il Telefono Amico come possibile
interlocutore, non potendo accedere con facilità ad altri canali di comunicazione per diversi motivi che non è
nostro compito approfondire. Il nostro scopo è quello di ricreare le condizioni che gli consentano di utilizzare
tutte i contatti possibili per avere l'aiuto concreto che gli sarà indispensabile per risolvere la propria
situazione di difficoltà.
Riteniamo, con questo discorso di base, di soprassedere per il momento dal prendere in esame la persona
che chiama, ritenendo che l'atteggiamento ed il comportamento del volontario debba essere uniforme
indipendentemente dall'appellante, riconoscendo in ogni caso che alcune persone, per situazioni patologiche,
non possano essere genericamente comprese e trattate nello stesso modo. Merita in ogni caso attenzione il
volontario perché è di fatto il gerente della telefonata e da lui dipende l'efficacia dei colloquio.
Tra le caratteristiche dell'operatore al telefono alcune sono basilari come: l'autenticità, la capacità di
relazione, la consapevolezza dei propri limiti, la congruenza ecc. Tutte queste qualità, anche se in molti sono
innate, debbono essere maturate, affinate o acquisite, supportate dalle necessarie competenze.
Le persone che si pongono in un atteggiamento d'aiuto non possono prescindere dal doversi preparare
facendo precedere il loro agire dalla formazione, indispensabile questa, per poter perseguire gli obiettivi
associativi.
Un'altra premessa importante è di avere sempre presente che l'operatore del Telefono Amico è un volontario
formato ma senza alcuna specializzazione e questa, sebbene possa essere vista dagli esterni al servizio come
un limite, è forse la più importante tra le caratteristiche che il servizio offre. Non avere una specifica
competenza sui problemi, ma l'essere volontari “semplici” ma ricchi della nostra disponibilità ci consente di
ascoltare la persona senza i presupposti di indirizzo o di condizionamento.
Su queste basi ora si tratta di delineare quale tipo di relazione sia possibile stabilire al Telefono Amico in
modo tale che possa essere gestita da volontari e, contemporaneamente, possa innescare processi di
cambiamento.
La situazione che si crea all'atto della chiamata ha già insita una caratteristica che accomuna i due
interlocutori: la persona che chiama desidera migliorare la propria situazione ed il volontario è in un
atteggiamento tale da favorirne il cambiamento, si deve quindi tener presente questo punto di contatto
considerandolo come un elemento favorevole di partenza.
Contemporaneamente il volontario deve responsabilmente vivere il ruolo attribuitogli dall'appellante, cioè
quello di essere promotore e con lui protagonista nella ricerca della risoluzione dei suoi problemi. Eppure
siamo consapevoli che la richiesta della soluzione dei problemi non può essere soddisfatta, non solamente
per la mancanza di mezzi e per l'impossibilità di conoscere la reale situazione dell'appellante, ma
principalmente per la scelta che l'associazione ha messo alla base del suo intervento, e precisamente: fare in
modo che l'Appellante possa operare delle libere scelte seguendo le proprie idee ed utilizzando la proprie
capacità.
La relazione d'aiuto possibile al Telefono Amico può essere definita su tre linee:
-
filosofia o etica legata al servizio,
tecnica o modalità operativa,
consapevolezza o presa di coscienza di cosa stia avvenendo.
Cercheremo di definire meglio queste tre linee.
Filosofia o etica del servizio.
Il Telefono Amico, non rivolgendosi specificatamente ad un problema, parte dal presupposto che, non
essendoci barriere per chi chiama, tutti vi si possono rivolgere nel tentativo di incontrare una persona
disposta ad accogliere i propri disagi. Quindi la relazione non ha preclusioni ma è libera da pregiudizi e da
condizionamenti.
La prima condizione alla base del colloquio è l'accettazione incondizionata sostenuta dalla consapevolezza
che in chi chiama esistono le potenzialità per poter superare le difficoltà. Il concetto alla base della parità
consiste in questa affermazione: “io come persona ti accolgo e ti riconosco capace di nuove strategie come è
possibile per me”. Il Servizio presuppone, per il volontario, la capacità di accogliere tutte le persone,
andando oltre i pregiudizi, ritenendo che non è possibile iniziare il colloquio immaginando l'Appellante in una
condizione di subordinanza o di dipendenza dovuta a sue incapacità. L'accoglienza al Telefono Amico è di
fondo la condizione di partenza per un rapporto libero e significativo, in essa non ci può essere pregiudizio o
indisponibilità all'ascolto; il Volontario, si proporrà all'Appellante con un atteggiamento ed un'apertura tali da
permettere alla persona che chiama di riversare tutto il suo disagio sentendosi accolta e accettata.
Tecnica o modalità operativa.
Soddisfatta la prima condizione fondamentale vediamo di analizzare più a fondo la seconda: tecnica o
modalità operativa. In un rapporto colloquiale dinamico si deve avere una strategia consapevole ed efficace
per raggiungere gli scopi prefissati. Prima di adottarne una si deve verificare che sia attuabile dai volontari
che, pur avendo una preparazione corretta, sono e debbono essere sempre spontanei ed "unici" a garanzia
della genuinità del rapporto. Ci sembra che la modalità che meglio si adatti ai volontari ed in linea con il
Telefono Amico sia quella basata sull'empatia.
Spesso si è fatta confusione su questo termine, ed ancora di più sul concetto stesso di vivere un rapporto
telefonico "come se fosse nostro". Il compito del volontario viene travisato, scatta sovente l'eccessivo
coinvolgimento, o la personalizzazione della telefonata, elementi questi che sono negativi per una corretta
relazione telefonica d'aiuto. L'empatia è un processo, non un modo di essere, per questo può essere appresa
e sperimentata. In cosa consista questa tecnica è semplice da spiegare, non altrettanto applicarla, ma
pensiamo di esservi d'aiuto cercando di illustrarla nel modo più elementare.
Quando una persona, spinta da un problema, ci chiama ci racconta quello che le è accaduto con tutti i
particolari che lei ritiene necessari e possibili da raccontare, ma inesorabilmente arricchisce la sua narrazione
con i sentimenti ed i desideri che gli stessi hanno fatto nascere in Lei. Il nostro ascolto deve essere
completo, cioè i fatti devono essere capiti per saper collocare nel giusto contesto gli accadimenti, mentre per
i sentimenti ed i vissuti è necessaria una profonda comprensione, e per fare questo è indispensabile
interiorizzarli facendoli propri senza esserne coinvolti. La capacità di comprensione è una condizione possibile
poiché noi tutti sappiamo quali sentimenti nascono ed hanno origine da ogni nostra azione o da eventi che ci
coinvolgono, per questo motivo diventa semplice trovarli negli altri. L'importante è di non utilizzare il nostro
metro di paragone per misurali o connotarli. In questo ci deve essere d'aiuto l'accettazione incondizionata
che ci pone nella posizione di non giudizio.
L'empatia ci consente quindi di riproporre all'appellante i due aspetti della comunicazione: l'uno cognitivo
basato sui fatti e l'altro emotivo. Questa è in sintesi la risposta empatica: saper dare da parte dei volontari
un riscontro completo di quanto ascoltato.
Il nostro servizio non può limitarsi ad una riflessione dei sentimenti ascoltati, sarebbe limitato e senza
prospettive. Vogliamo porre l’attenzione sull'aspetto dei vissuti strettamente connesso ai desideri e alle
aspettative personali dell'appellante ed anche su questi centrare, al momento opportuno, il nostro colloquio
perché in essi sono contenuti gli elementi importanti del processo di cambiamento. Nella risposta empatica
deve essere colto questo aspetto, ed è fondamentale saperlo valorizzare, poiché è supportato dal concetto di
parità e da quanto viene definito come "potere personale". Se noi crediamo che l'appellante possa da solo
rivedere il suo processo di crescita non possiamo sottrarci al piacevole compito di essere Complici in questa
ricerca. Infatti, il Volontario diventerà “strumento” di elaborazione e di riflessione. Al significato di
“strumento” è legata la capacità del volontario di essere presente nel colloquio d'aiuto senza interpretazioni e
direttività.
Ci si pone il problema di cosa fare della nostra esperienza e del nostro punto di vista. Certamente non è
possibile accantonarli o con facilità essere capaci di non ascoltarli, sono troppo importanti ed hanno da
sempre influenzato e condizionato il nostro modo di vivere. Come conseguenza i vissuti dell'Appellante
avranno ampia risonanza in noi ed i nostri processi evolutivi cercheranno di emergere, dettandoci le risposte
da proporre all'altro, sottraendo al nostro interlocutore il privilegio di prendere decisioni e fare scelte proprie.
Tutte queste dinamiche sono d'ostacolo all’empatia ed a questo punto dobbiamo prendere in considerazione
la terza linea.
Consapevolezza o presa di coscienza di cosa stia avvenendo.
In un rapporto d'aiuto, con le caratteristiche del Telefono Amico, il volontario é sempre impegnato in due
"lavori": ascoltare quanto gli viene detto sapendo cogliere i vissuti che nascono nell'appellante e prestare
attenzione a cosa, quanto ascoltato, fa muovere in Lui.
La capacità di riconoscere i nostri sentimenti sapendo individuare quali emozioni o quali fatti li hanno
suscitati, sapendoli gestire senza che condizionino il colloquio, ci aiuta ad essere congruenti con noi stessi e
a vivere consapevolmente quello che sta avvenendo. Ricordato che la modalità con la quale è possibile
concretamente dare aiuto nel colloquio telefonico é quella empatica, cioè la risposta che prende origine
dall'essere capaci di accogliere i sentimenti dell'appellante come fossero nostri e su di essa fondare il
colloquio, non si può trascurare il fatto che i sentimenti hanno una risonanza in noi e spesso ci possono
mettere in difficoltà.
Sovente ci sentiamo impotenti, coinvolti, disorientati, annoiati oppure ci viene spontaneo tranquillizzare la
persona o sminuirne il problema; ci possiamo sentire incuriositi con la sfrenata idea, anche se non sempre
evidente, di immaginare o verificare situazioni che potranno da noi essere risolte. Questi vissuti o desideri
hanno origine in noi, e questo dovrebbe già dirci che devono essere riconosciuti ed accantonati per evitare
che le risposte siano volte al soddisfacimento di nostri bisogni. Ma all'interrogativo se sia sempre possibile
fare questo, rispondiamo con la sincera convinzione che non lo è, e ci viene spontaneo immaginare che si
corra il rischio, senza volerlo, di frapporre tra noi e l'appellante ostacoli che sono sfuggiti al nostro controllo.
Ci si deve porre la domanda: è possibile, opportuno e funzionale portare a conoscenza dell'appellante quanto
sto vivendo e provando? Per rispondere si debbono prendere in considerazione i seguenti elementi:
l'appellante è nella possibilità ed ha la capacità di farsi carico di quanto vorrei dirgli? È il momento adatto per
farlo? Saprò gestire le conseguenze conservando il mio ruolo? Per essere consapevoli e responsabili di fronte
a questi interrogativi dobbiamo fare ricorso ad un aspetto sovente trascurato o poco valutato: la nostra
"Arte". Come un artista, posto di fronte ad una tela pulita o ad un masso solo sbozzato, conoscendo la
materia e sapendo come trattarla sa trarre un'opera che esprima tutta la sua sensibilità, così noi, nel
processo che stiamo vivendo, dobbiamo dare sfogo alla nostra creatività.
Giosué Ragazzoni
Presidente di Telefono Amico Italia
Assemblea Seminariale dei Centri di TAI
Firenze, maggio 1999