La percezione del tempo nella Bohème
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La percezione del tempo nella Bohème
La percezione del tempo nella Bohème Michele Girardi 1. Nella drammaturgia e nel linguaggio musicale Bohème non assomiglia a Manon Lescaut, né a Tosca o a Butterfly, opere dove la lezione di Wagner fu per la prima volta originalmente rivissuta da un compositore italiano e internazionale, Giacomo Puccini, per altri versi ben attento alla propria tradizione. È un’opera unica perché unico è il sistema musicale di un fitto reticolo di reminiscenze su cui è costruita, quasi per intero. Esse girano intorno all’unica melodia che rivesta anche il ruolo di Leimotiv, che udiamo prima ancora dell’uscita in scena di Mimì, chiave e lume spento nella mano: accompagna la sua voce che viene da fuori, e monta lentamente rompendo con emozione il clima del quotidiano affaccendarsi di Rodolfo con penna e calamaio (es. 1: A). Essa dipinge l’animo romantico della ragazza ma viene seguita, senza soluzione di continuità, da un motivo del clarinetto, il cui timbro lacera il colore affettuoso degli archi, come il germe di un morbo quando si fa strada nel fisico (es. 1: B). È l’attimo in cui lei vacilla, preda di un malore: 2 MICHELE GIRARDI Esempio 1 Mimì Rodolfo Mimì Ec co. Vor 8 Di gra zia, mi s’è spento il lu me A (tema di Mimì) Vl I e II Vl I Cl I e II Rodolfo Mimì 8 rebbe? Rodolfo 8 S’accomodi un momento. Non occorre. A (tema di Mimì) La prego, entri. Si sente male? B (motivo della malattia) Cl I Cl I e II Questa appendice melodica scompare nel momento in cui il tema diviene l’incipit dell’aria «Sì mi chiamano Mimì» (es. 3.1), ma quando la grisette entra in scena nel quadro terzo, il motivo conduttore riappare nuovamente gravato di quel tormentoso prosieguo, bruscamente risolto dall’inizio del dialogo con la guardia. Puccini riprende qui anche il motivo della sofferenza per farci percepire come, nei mesi che passano dal primo incontro con l’amante (festeggiato tra i mille colori del Quartier Latino), la tisi abbia fatto un passo avanti nel fisico della protagonista. Poco dopo Rodolfo, a colloquio con Marcello, si accorge della presenza di Mimì che ha ascoltato i suoi discorsi, e udiamo di nuovo l’intera sequenza dell’ingresso in soffitta in una variante mossa. Lo stesso materiale forma subito dopo la base della seconda aria di Mimì. Il verso «Donde lieta uscì al tuo La percezione del tempo nella «Bohème» 3 grido d’amore» si poggia sul Leitmotiv (es. 2: A), richiamo all’amore romantico, ma di colpo l’orchestra s’increspa, e il clarinetto intona nuovamente il motivo della malattia (es. 2: B), che trasforma il «solitario nido» in una metafora sonora del letto di morte: Esempio 2 Mimì Donde lie ta u scì al tuo gri do d’a mo re, A (tema di Mimì) III, 26 Vl I 3 3 tor na so la Mi mì al so li ta rio ni do. B (motivo della malattia) 3 Cl I Quando Musetta irrompe nella soffitta, a metà dell’ultimo quadro, il Leimotiv esplode, tòrto, con gli archi che vibrano sotto il dialogo (es. 3.2). Ma non è più stavolta il motivo della malattia che ci comunica l’approssimarsi della fine, bensì l’incipit stesso dell’aria (es. 3.1), corroso cromaticamente come un morbo ne avesse alterato la struttura diatonica, togliendole tutto l’afflato amoroso. Il confronto ravvicinato è molto eloquente: 4 MICHELE GIRARDI esempio 3 (3.1) Mimì Sì. Mi chia ma no Mi mì ma il mio no me è Lu ci a........ I, 35 Vl I Vl II Vle Vlc (3.2) Schaunard (a Colline; ambedue portano innanzi il letto) Noi ac co stia mo quel let tuc cio IV, 16 prima di 13 Vle, C. ingl. molto espress. Vl II Vl I Vl Vlc Cb L’involuzione del Leitmotiv svela come l’unico vero evento dell’opera sia il progressivo imporsi della tisi sul fisico della protagonista, mentre le altre melodie a lei associate tornano nella stessa forma perché Mimì, nella costellazione dei personaggi, incarna simbolicamente il tempo della giovinezza e dell’amore, e come tale può solo passare, dunque morire. 2. La strategia della reminiscenza ha dunque la sua precisa ragion d’essere drammatica, poiché Puccini non ritrae personaggi che evolvono, ma solo una realtà – che è al tempo stesso un concetto, La percezione del tempo nella «Bohème» 5 quello della Bohème – nei suoi più variopinti risvolti, entro cui i protagonisti si dispongono quasi come emblemi. I quattro artisti s’identificano nelle azioni spiccie della vita di tutti i giorni, dove l’amore non è che una breve parentesi biologica, sino a che l’evento tragico piomba su di loro, segnandoli per sempre. Nell’arco delle quattro scene liriche dell’opera si racconta per metafora di un periodo dell’esistenza vissuto in gruppo: la giovinezza non ha che una stagione – La jeunesse n’a qu’un temps, intitola Murger l’ultimo capitolo del romanzo da cui è tratto il capolavoro di Puccini –, e il reticolo di motivi di reminiscenza che avviluppa l’opera ha il solo scopo di rendere percepibile il tempo che passa e che non ritorna. Lo spettatore divide con chi sta in scena il flusso del tempo e partecipa delle stesse esperienze dei bohémiens, identificandosi in essi. Il tempo è quello del quotidiano, e per caratterizzarlo ancor più a fondo Puccini giunge persino ad applicare reminiscenze a oggetti, per vincolarli alla stessa realtà di tutti i giorni, prosaica o poetica che sia, vissuta dai protagonisti. Quando Mimì racconta di sé e delle proprie inclinazioni a Rodolfo nell’aria del quadro primo, fa subito riferimento a degli oggetti: «a tela e a seta» ricama «in casa e fuori», per svagarsi fa «gigli e rose», e soprattutto le «piaccion quelle cose che han sì dolce malia». Questa melodia (es. 4.1) ricorda la sua inclinazione a trasfigurare nella fantasia la realtà, elevandola al rango di ideale. Essa verrà poi ribadita alla fine dell’assolo e tornerà molte volte nel corso dell’opera, in particolare pochi istanti dopo la sua morte come un laico segno della fine, quasi fosse un sereno ritorno al mondo delle cose inanimate. Anche nella seconda aria «Donde lieta uscì», che segna il momento del temporaneo addio a Rodolfo sul finire del quadro terzo, Mimì elenca le cose che tornerà a riprendersi, come usan fare gli amanti che se ne vanno di casa. La piccola lista inizia col «cerchietto d’oro e il libro di preghiere», entrambi metaforicamente involti «in un grembiale» dalla melodia della prima aria che, come un lampo fuggevole (violino e flauto, es. 4.2), mostra il suo attaccamento per questi oggetti: 6 MICHELE GIRARDI esempio 4 (4.1) Mimì Mi piac cion quel le co se I, 36 (4.2) Vl I (solo) Fl I Mimì III, 28 (mi piaccion quelle cose) In vol gi tut to quanto in un grembiale e mande rò il por tie re... Subito dopo la ragazza nominerà la cuffietta, l’oggetto più importante di tutta l’opera, perché simboleggia una frazione del tempo passato, quello della felicità amorosa, che i due s’illuderanno di poter fermare. I contorni dell’indumento erano stati tratteggiati all’inizio del secondo quadro da una frasetta di Mimì – sette note in tutto: es. 5.1 – che chiedeva all’amante un dono tanto agognato, mentre i due si muovevano felici fra la folla. La musica stabilisce poco dopo un chiaro rapporto fra la cuffietta e chi la indossa, quando Rodolfo apprezza la giusta armonia tra il color bruno dei capelli e quello rosa dell’oggetto: lo stesso passo d’accompagnamento (violini, es. 5.2) tornerà nell’ultimo quadro, per richiamare alla mente dello spettatore quell’istante di spensieratezza. Il filo di sentimentalità che cuce la cuffietta al complimento dell’amante esalta in quel tocco (legni, es. 5.3) l’amaro sapore del rimpianto della perduta bellezza di Mimì (cfr. es. 5) Torniamo ora a guardare con maggiore attenzione al momento in cui la cuffietta appare nella seconda aria, dopo aver scoperto una delle tante esche emotive che la musica è nascostamente in grado di offrire alla nostra sensibilità. Puccini passa enarmonicamente dalla tonalità di Re bemolle maggiore, in cui venivano ricordati i precedenti La percezione del tempo nella «Bohème» 7 esempio 5 (5.1) X Mimì II, 12 dopo 4 (5.2) Andiam per la cuffietta? (5.3) Vl I II, 6 prima di 6 Cl, Fl Ob Vl II IV, 18 Rodolfo Mimì sei bruna e quel color ti 8 3 Rodolfo 8 do na Tu non mi lasci? No! No! oggetti, a La maggiore: la rottura è lieve, ma suggerisce il senso di un’esitazione, come di chi rammenti improvvisamente qualcosa. Mimì menziona la cuffietta con la stessa frase che aveva usato nel quadro precedente (es. 6: X); questo motivo futile che ripiega su se stesso, perfetta traduzione in musica della lingua di tutti i giorni, prepara e amplifica lo slancio melodico che proietta verso l’acuto la linea di canto del soprano. Un gesto di puro lirismo che segna la momentanea rottura del quotidiano: esempio 6 X Mimì Ba 3 sotto il guan cia le ..... c’è la cuffietta ro sa. Se vuoi ........ do d’a se III, 5 dopo 28 Ba vuoi,........... se vuoi ser bar la al ri cor mor!......... 8 MICHELE GIRARDI Da questo momento l’oggetto, e insieme a lui l’emozione che genera il suo ricordo, è fissato per sempre nella nostra memoria, proprio perché non lo vediamo, ma udiamo quale passione possa scatenare grazie a quella frasettina di sette note associata in un unico afflato a quella estesa, emozionante melodia lirica. All’inizio del quadro quarto la cuffietta ricompare poi tra le mani di Rodolfo, ed egli la stringe al cuore come avesse la sua donna fra le braccia, dedicandole un toccante cantabile (fra le gemme melodiche dell’intera opera). Dopodiché ripone l’indumento in una tasca della giacca, da cui lo trarrà nel finale per mostrarlo alla sua compagna, raggrinzita sul lettuccio. Questo scorcio è commentato dal ricordo musicale della cuffietta, cioè la frase più volte iterata da violini e flauti (es. 7: X e X’), ed è questo gesto che avvia il meccanismo del ricordo del primo incontro, col riepilogo della musica che aveva accompagnato l’ingresso di lei in soffitta: esempio 7 X X X’ Mimì Vl I La mia cuf IV, 5 dopo 23 fiet ta ... Vl I Fl, Vl I la mia cuf fiet ta ... Ah! Te lo ram men ti ... Amaro rimpianto del tempo felice, emozione legata a un momento di effimera gioia, frazione del quotidiano: la cuffietta rappresenta tutto questo. 3. Anche gli altri personaggi hanno il loro corredo di motivi di reminiscenza, in particolare la figura di Musetta viene disegnata da un tema mosso con gli accenti sbilanciati e dalla melodia del valzer «Quando m’en vo’», ambedue ampiamente sfruttati nel corso La percezione del tempo nella «Bohème» 9 dell’azione. Essi sono plasmati all’interno di un materiale musicale assai omogeneo, e numerose sono le somiglianze melodiche, create per dar l’impressione che tutti i personaggi, in fondo, si assomiglino. Non si salva neanche una delle melodie più in vista di tutta l’opera, quella su cui Rodolfo, nell’aria, si lancia con ardore appassionato a declamare «Talor dal mio forziere», che era già comparsa, in guisa di cantilena, quando il padrone di casa era venuto a reclamare il pagamento dell’affitto. Bene o male Rodolfo è un po’ più protagonista degli amici suoi. Ma se guardiamo più attentamente, per quanto la qualità delle sue melodie sia davvero alta e ispirata, esse vogliono semplicemente significare che l’eroe affronta le durezze della vita quotidiana con un pizzico di romanticismo in più. E all’interno di questa quotidianità lo ricaccia quello che è forse il motivo di reminiscenza più importante di tutta l’opera. Lo udiamo a sipario ancora abbassato, e decisamente non appartiene a nessuno in particolare, anche se Marcello è quello che apre bocca per primo. Esso rappresenta la Bohème, quella vita artisticamente passata in compagnia che è l’oggetto della narrazione (cfr. es. 8.1). Basti sentire come fin dall’inizio questo frammento nervoso e scattante dialoghi in modo serrato coi «cieli bigi» di Rodoldo, ed è come se innanzi a noi danzassero un mondo di ideali e un mondo di necessità pratiche: sedie quadri manoscritti da ardere nel caminetto, piuttosto che drammi ampollosi e pieni di retorica. Ma è dopo che questo temino assume l’incarico di rammentarci il flusso temporale di quella vita, come nel momento in cui la brigata esce per andare da Momus, oppure il tempo che passa sopra a gesti come il dono della cuffietta (cfr. es. 8.2: X), quando Mimì parla dell’indumento rosa, e dice che s’intona al colore della sua chioma. Una vita che scorre nonostante tutte le vicissitudini che i personaggi attraversano. Ed è così che nel quadro terzo il tema segnala che Marcello sta per uscire dal cabaret dove Musetta insegna il canto ai passeggeri. Il pittore raggiunge Mimì che si ricongiunge a quella vita randagia dopo l’abbandono di Rodolfo – e anche il poeta si desta, scortato dal mo- 10 MICHELE GIRARDI tivo pulsante. Non solo, ma quando la coppia decide di aspettare la primavera, persino il pensiero poetico di Mimì «Vorrei che eterno durasse il verno» viene accompagnato dal tema della Bohème (cfr. es. 8.3: X): Esempio 8 (8.1) Vl, Cr, Cl, Ob x Vle, Vl II, Cr Vle, Vl, Cr, Cl Vlc, Vle, Fg Vlc, Fg Cb Vlc, Fg Cb Cb, Trbn Ott Vl, Cl, Ob, Fl Vl, Cl, Ob Trb Vle, Cr Vlc, Fg Vlc, Cr, Fg Queste quattro note sono come il tocco di un delicato orologio che segna un tempo che i due non potranno fermare. Come s’ingigantiscono, per opera di dettagli come questo, malinconia e nostalgia. 4. Vorrei infine soffermarmi su uno scorcio capitale dell’opera, per dimostrare come, grazie al tema della Bohème, il flusso del tempo si faccia estremamente concreto. Ma prima vorrei ricordare un termine usato da Puccini in una lettera, quando dice che l’ultimo quarto dell’opera è fatto quasi tutto di «ritorni logici». Egli chiamava così l’intrico di reminiscenze di cui è fatto il quadro, che poco o nulla contiene di musica nuova. Lo scorcio è quello iniziale, dove il senso della vicenda La percezione del tempo nella «Bohème» 11 (8.2) X Vle, I Fg II, 12 dopo 15 coi (8.3) miei ca pel li bru ni ben si fon de. III, 6 prima di 35 I Ob 3 3 X 3 Vor rei che e ter no du ras se il ver no! viene spiegato a tutti noi da Marcello e Rodolfo che tentano invano di lavorare, e si lasciano andare ognuno alla nostalgia, serrando fra le mani un nastro e cuffietta, sineddoche delle rispettive amanti, fino a quel «Mia breve gioventù» di Rodolfo che spiega cosa realmente rappresentasse Mimì per lui. A tutto introduce, da gran cerimoniere, la reminiscenza della Bohème. Nell’analogo passo con cui ha inizio l’opera (es. 8.1) il tema si muove rapidissimo e frammentato nel timbro, e guadagna nel giro di dieci battute il cielo della sesta ottava (grazie all’ottavino), mentre guizzano gli arpeggi nel tessuto del pedale di Fa. All’inizio del quadro quarto il tema si presenta invece orchestrato in modo compatto: tutti i legni sono disposti secondo il loro registro, l’intero spettro timbrico è coperto, dalla prima sino alla sesta ottava, poi il discorso prosegue per chiudersi rapidamente nella seconda metà del registro. Ma sempre coeso. Ecco un modo per rendere percepibile il decorso del tempo: la frammentazione in orchestra apre mille rivoli, tanti possibili percorsi, mentre l’orchestra compatta, con la dinamica spinta a tutta forza, ci introduce all’interno di un discorso già iniziato. 12 MICHELE GIRARDI Secondo Henri Bergson (nel Saggio sui dati immediati della coscienza), i fatti psichici vivono in una dimensione qualitativa che non è rapportabile a quella quantitativa dei dati fisici. Il tempo concretamente vissuto dalla coscienza, per esempio, è una «durata» reale in cui lo stato psichico presente conserva il processo dal quale proviene ed è insieme qualcosa di nuovo. La memoria (nel saggio Materia e memoria) caratterizza la vita profonda della coscienza, essa raccoglie tutto il nostro passato e lo conserva nel fondo della psiche. Il cervello è un organismo di traduzione e collegamento: da un lato interpreta l’attività della coscienza in movimento, dall’altro collega la coscienza con la realtà esterna. Memoria e percezione sono estremi dello spirito e del corpo: la prima raccoglie la totalità della vita vissuta, nella sua spontaneità e creatività, la seconda si concentra sul presente, sulle necessità pratiche dell’azione, sul determinismo delle abitudini e degli schemi concettuali astratti. Forse Puccini, consciamente o inconsciamente che sia, aveva in mente uno schema simile quando in Bohème ha tentato di farci percepire gli estremi temporali di un’azione quotidiana? Io lo avverto soprattutto nel modo in cui termina questo capolavoro. Colline ha salutato la Zimarra come si prende congedo da un vero amico del cuore, e la sua commovente arietta si chiude con una cadenza modale in Do diesis minore (con sensibile abbassata: Si naturale e non diesis). Alla fine dell’opera risentiamo la melodia di «Sono andati», la trenodia di Mimì, nella stessa tonalità, e nelle ultimissime battute torna la medesima cadenza dell’arietta di Colline. Su queste note cala il sipario, ed è un modo per scrivere con la musica la parola addio, ricordando il saluto commosso che Colline aveva rivolto al pastrano. Questa ripresa s’incarica di comunicare il senso complessivo di un distacco materiale, e poco importa, nel contesto in cui tutta l’opera è stata condotta, che si tratti di un oggetto o di una persona. Sono infatti tutte componenti della «Vita gaja e terribile ...» ideata da Murger e resa eterna da Puccini. Il richiamo è quindi volto a rafforzare l’atmosfera di morte come metafora della conclusione di un periodo dell’esistenza. La cadenza è il congedo più suggestivo da un mondo La percezione del tempo nella «Bohème» 12b fatto di persone e di cose, un mondo di cui la morte di Mimì ha decretato la fine traumatica. Il capolavoro parigino di Puccini non obbedisce ai canoni drammatici tradizionali, visto che non c’è sviluppo dell’azione ma solo l’agire dei personaggi senza un preciso scopo, e che la morte stessa non è conseguenza di libera scelta, ma solo di una condizione sociale. Liberati dai vincoli di una narrazione convenzionale, possiamo avvertire il peso metaforico di un evento tragico che interrompe bruscamente il flusso del tempo, e non consente riflessioni: il dolore di Rodolfo e di chi lo circonda viene fissato nell’eternità dell’arte, permettendo così alla Bohème di vivere per sempre.