Sorrenti, Jenny (ei Saint Just)

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Sorrenti, Jenny (ei Saint Just)
Sorrenti, Jenny (e i Saint Just)
Scritto da Mastro Gobbetto
Domenica 01 Novembre 2009 15:25 - Ultimo aggiornamento Domenica 01 Novembre 2009 15:42
Quanti sono, in Italia, coloro che adorano artiste come Enya o Loreena McKennit?
Personalmente ritengo parecchi, anche fra quelli che apprezzano il rock progressivo. Ebbene,
quanti di costoro sanno che in Italia è presente ed opera un'artista che, partendo agli inizi della
carriera col prog, si è poi avventurata verso dischi e sonorità simili alle sopracitate musiciste
con risultati artistici probabilmente superiori? Molti, molti meno, purtroppo. L'artista in questione
altri non è che
Jenny Sorrenti
, che i più conosceranno solo per essere la sorella meno celebre di Alan ma che in realtà ha
saputo, nella sua carriera, superare di gran lunga, in quanto a coerenza e genialità, i risultati del
fratello. Come si ricorderà
Alan Sorrenti
fu autore di due fondamentali dischi all'interno della scena progressiva italiana e le prime
esperienze discografiche di Jenny (che allora si faceva chiamare Jane) hanno molti punti di
contatto con quelle di Alan. Gli esordi di Jenny, infatti, risalgono all'attività del gruppo dei
Saint Just
. Questi ultimi erano inizialmente un trio che vedeva in formazione anche il bassista/chitarrista
classico
Antonio Verde
e il sassofonista
Robert Fix
. La proposta era una sorta di acid folk dominato da sonorità prettamente acustiche. Tuttavia, al
momento di entrare in studio per la registrazione del primo disco, la band si arricchì di ulteriori
strumentisti che conferirono alla proposta una matrice decisamente più rock, pur senza perdere
quella folk.
SAINT JUST (1973)
Il primo disco omonimo dei Saint Just è, con ragione, considerato un oggetto di culto dalla gran
parte dei fan del prog italiano dei Seventies. Ai tre membri del gruppo si aggiunsero il chitarrista
Gianni Guarracino
, il batterista/percussionista
Tony Esposito
(che poi raggiunse una certa notorietà in anni successivi) e il tastierista
Mario D'Amore
. Rimarchevole, in particolare, il lavoro di quest'ultimo, soprattutto al pianoforte, le cui sonorità
saranno quasi onnipresenti in tutto il lavoro. Che dire di quest'opera, se non che non presenta
alcun punto debole? Si inizia alla grande con
Il fiume inondò
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, forse il brano migliore e maggiormente evocativo del disco. Un inizio dominato dal pianoforte,
una parte centrale con un sax vagamente canterburiano, seguito da un drammatico crescendo
strumentale e una parte finale ancora con il piano. Il tutto condito dalla superba voce di Jenny
capace di raggiungere tonalità inusitate, con uno stile che ricorda abbastanza quello che il
fratello utilizzò nei suoi primi dischi. Anche gli altri brani non hanno debolezze: si va dal prog de
Il risveglio
alla simil ninna nanna di
Dolci momenti
senza che l'ascoltatore si possa annoiare. Da segnalare poi il brano
Una bambina
in cui prima Jenny, e poi il fratello Alan in qualità di ospite, danno uno spettacolare saggio delle
loro capacità vocali. La chiusura è infine affidata a
Saint Just
, brano cantato in francese e dedicato al personaggio storico che ha ispirato il nome del gruppo.
Insomma un capolavoro che merita di essere annoverato fra i migliori della scena progressiva
italiana e che non può mancare nella discoteca ideale di ogni appassionato del genere.
Purtroppo prima della registrazione del secondo disco Robert Fix abbandona il gruppo. A Jenny
e Antonio Verde si aggiungono dunque il cantante/chitarrista Tito Rinesi, il chitarrista/tastierista
Andrea Faccenda e il
batterista
Fulvio Marras
. Con questa formazione e con il fondamentale aiuto di
Vince Tempera
(per le parti di fiati e archi) il gruppo registrerà il suo secondo, ottimo disco
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LA CASA DEL LAGO (1974)
In questo lavoro vengono perse gran parte delle radici folk del disco d'esordio in favore di brani
molto più ritmati e, quindi, molto più rock. In fase compositiva alla coppia Jenny/Verde, che
rimane autrice di gran parte dei brani, si aggiunge anche il chitarrista Tito Rinesi che ne firma
un paio. Le canzoni migliori del disco sono probailmente le prime due. Tristana è emblematica
della svolta più rockeggiante della band ed è un brano davvero di alto livello con una sontuosa
prestazione vocale (ma questa ormai è una costante) di Jenny.
Nella vita, un pianto
è invece un vero e proprio capolavoro: 11 minuti di pura magia, fin dall'evocativa introduzione,
per un brano che è quello che ricorda maggiormente le sonorità del recente passato del gruppo.
Il resto del disco è su livelli leggermente inferiori (se si eccettua la title track) ma rimane
comunque uno di quei dischi che un appassionato del genere non può far a meno di conoscere.
Dopo questo disco però il gruppo si scioglie e Jenny e Antonio Verde iniziano a seguire una loro
carriera solista (che per il bassista si limiterà a un solo disco). Passano solo due anni perché
Jenny pubblichi il suo primo disco solista che, ancora una volta, sposta leggermente il tiro per
quel che riguarda le sonorità.
SUSPIRO (1976)
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Un disco che si avvale di ospiti davvero di prestigio. Fra questi vanno ricordati, oltre ad Antonio
Verde, Pino Daniele, Lucio Fabbri e Peter Kaukonen (il fratello di Jorma, celebre chitarrista
di
Jefferson Airplane e Hot Tuna). La
presenza di quest'ultimo non è affatto un caso, dal momento che la proposta del disco batte
strade decisamente
jeffersoniane
(anche se più affini alla versione
Starship
piuttosto che a quella Airplane). A tratti Jenny sembra proprio
Grace Slick
ma mantenendo un proprio personalissimo stile che da sempre ne caratterizza la carriera. Le
canzoni del disco, anche se non propriamente prog, sono comunque tutte validissime a
cominciare dall'opener
Diamante nero
, un brano pop davvero eccelso che rimane, a parere di chi scrive, una delle cose migliori mai
fatte da Jenny. Altri brani da segnalare sono senz'altro
Tristessa
,
Cabaret
e
Jorma
. Una menzione a parte infine per la
title track
, con un ottimo Pino Daniele alla chitarra acustica e gli evocativi vocalizzi di Jenny su un
tappeto di tastiere effetto vento. Questo disco, come il successivo, è fuori catalogo. E' davvero
un peccato che simili gioielli non possano essere reperibili facilmente. Un fatto, questo, che
dovrebbe far riflettere....
Dopo la pubblicazione di Suspiro Jenny cambia "casacca" discografica passando dalla EMI alla
RC
A
e
d esplorando ancora più a fondo le sonorità pop. Così nel 1979 esce il disco, per così dire, più
"commerciale" di questa splendida artista.
JENNY SORRENTI (1979)
Anche in questo caso Jenny si avvale di validi session men, alcuni dei quali appartenenti al giro
prog. In particolare Gaio Chiocchio (ex Pierrot Lunaire) oltre a suonare produce anche il
disco e, fra gli altri ospiti, si segnalano
Agostino Marangolo
,
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Enzo Avitabile
ed
Eugenio Bennato
. Una menzione speciale non può non andare a
Francesco De Gregori
, presente nella canzone
Lampo (oppure Mare, oppure Cielo, oppure Terra)
che rappresenta senza ombra di dubbio il vertice assoluto del disco e si caratterizza per uno
straordinario duetto in cui la voce del celebre cantautore si amalgama alla perfezione con quella
di Jenny. Altri brani di rilevo sono l'allegra
Giramondo
e la bellissima
Sorridi (Smile)
con la riproposizione in lingua italiana del celebre brano di
Charlie Chaplin
. In generale comunque la prima facciata è di grande livello mentre il lato B del disco è meno
scintillante. In ogni caso in ambito pop fine anni Settanta è un disco che merita attenzione ma
che, lo dico con rammarico, non piacerà ai fan prog più oltranzisti.
Dopo la pubblicazione del disco omonimo Jenny Sorrenti sparirà dalla circolazione del mercato
discografico per molti molti anni. Naturalmente non smetterà mai di comporre e suonare ma
senza pubblicare nulla. Solo nel 2001 si deciderà a far uscire un nuovo disco a suo nome. Si
tratta di un lavoro che inaugurerà una nuova fase della sua carriera (a parere di chi scrive, la
migliore fase della sua carriera)
MEDIEVAL ZONE (2001)
Medieval Zone è un disco che si può inserire nel genere folk celticonapoletano. La ricerca di
Jenny l'ha infatti riportata alle sue radici (il padre era napoletano, la madre gallese) e le ha fatto
scoprire insospettate somiglianze tra le sonorità del folk celtico e quelle tradizionali della musica
napoletana. Inoltre Jenny è andata a ricercare una serie di canzoni popolari anche di altre
culture, come quella araba ad esempio, fondendo il tutto in un prodotto che, come già scrissi
all'inizio di questo articolo, non è certo inferiore (anzi in molti casi è molto al di sopra) di quello
che analogamente ha portato al successo un'artista come Loreena McKennit. L'inizio è
emblematico e fonde alla perfezione la tradizione napoletana con quella araba e spagnola
medievale:
El rey de Francia è infatti cantata in galiziano antico (la riscoperta
degli antichi idiomi resterà una costante di Jenny in questa fase della sua carriera). Nel disco ci
sono anche brani in inglese e, persino, in latino, senza ovviamente dimenticare l'italiano. Fra i
brani in italiano non si possono non menzionare due gemme (su liriche di
Sarasole Notarbartolo
) come
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Luna di speranza
e
Mio caro amore
. Due brani molto brevi ma che arrivano dritti al cuore. Da segnalare, inoltre, la
title track
ispirata ad alcune danze italiane del XIII e XIV secolo. Il suono del violino e la melodia di questo
brano rappresentano un'ideale fusione tra la cultura celtica e quella mediterranea, riprendendo
in parte anche l'irlandese danza delle spade che ha diverse similitudini con i ritmi della
tarantella napoletana. Un cerchio che si chiude, insomma. Oltre ai tradizionali strumenti rock,
dunque, il disco è percorso da sonorità di strumenti più tradizionali come la mandola, la
fisarmonica o l'arpa.
Medieval Zone
si chiude con un rifacimento di
Suspiro
abbastanza simile all'originale. Inoltre il CD presenta una traccia multimediale: il suggestivo
videoclip realizzato per la canzone
La belle se sit
.
In seguito alla pubblicazione del disco Jenny riprende un'attività concertistica che, sebbene non
intensissima, l'ha comunque portata in giro un po' per tutta la Penisola. In tutto questo, la
matrice folk è stata notevolmente accentuata, anche probabilmente per la presenza nella band
del fisarmonicista e musicologo Vincenzo Zenobio e del simpaticissimo e scatenato batterista
Marcello Vento
(ex
Carnascialia
e
Canzoniere del Lazio
) con le sue percussioni etniche autofabbricate. Purtroppo in questo lasso di tempo è anche
venuto a mancare
Umberto Telesco
, compagno di Jenny e autore, tra l'altro, delle foto di copertina dei suoi dischi. La grave perdita
ha probabilmente ulteriormente accentuato il lato malinconico e introspettivo della scrittura
dell'artista napoletana. Ciò è evidente nell'ultimo (per ora) disco pubblicato
COM'E' GRANDE ENFERMIDADE (2004)
Com'è grande enfermidade si muove sulla falsariga del precedente Medieval Zone
accentuando però maggiormente gli aspetti un po' più rockeggianti. A far la parte del leone fra i
musicisti che accompagnano Jenny ci sono ovviamente Zenobio e Vento, oltre al bravo
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chitarrista
St
efano De Santis
. Il disco è composto da 12 commoventi gemme nessuna delle quali presenta debolezze di
sorta. Dovendo proprio scegliere, segnalerei il trittico aperto dalla scintillante
Petra's Dream
, che prosegue con la ninna-nanna
Angelo dell'ammuri
per finire con
La pazienza
, una canzone emblematica probabilmente dello stato d'animo dell'artista (
"Non è naturale tutta questa notte/da troppo tempo dura/nasconde il cielo al cuore/e non ti fa
più sentire/aprire gli occhi si deve/liberare il sole si deve/mandare via il dolore/aprire gli occhi si
deve"
). Come detto, il disco non ha alcun punto debole e lascia spazio compositivo anche ai già citati
Zenobio e Vento, nello strumentale
Balcanico
. Insomma uno dei dischi più belli ed emozionanti usciti in questi ultimi anni che non dovrebbe
mancare a nessun vero appassionato di musica.
Com'è grande enfermidade
si conclude con il commovente lirismo della breve
Lune impure
di cui mi sembra emblematico, in conclusione, riportare il testo senza ulteriori altri commenti
(per associarlo alla bellezza della musica consiglio a tutti di recuperare il disco al più presto):
"E noi restiamo qui abbandonati/come foglie/che il vento porta via con sé/E noi restiamo qui/ a
guardare la luna/perché non esistono lune strane o lune impure/E noi siamo come gli alberi/che
non si piegano mai/quelli che hanno le radici nella terra/E noi restiamo qui/sotto l'arco dei
sogni/così la pioggia poi non ci bagnerà."
Mastro Gobbetto
luglio 2007
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