La nozIone dI trIbuto e La cLassIfIcazIone deI trIbutI

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La nozIone dI trIbuto e La cLassIfIcazIone deI trIbutI
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La nozione di tributo
e la classificazione dei tributi
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La definizione di tributo
Nel nostro ordinamento né il legislatore ordinario, né quello costituzionale provvedono a fornire una definizione generale di tributo.
La migliore dottrina (Tesauro) da tempo ha delineato una definizione generale di tributo, identificando tale nozione con quella di una
prestazione obbligatoria imposta, direttamente collegata a un
fatto economico e finalizzata a garantire il concorso di tutti al
finanziamento della spesa pubblica, in applicazione del dettato
dell’articolo 53, primo comma, della Costituzione. In base a tale definizione, quindi, affinchè possa parlarsi di tributo, è necessaria la
coesistenza di quattro elementi:
1) il sorgere, in capo al soggetto passivo del tributo, di un’obbligazione con effetti definitivi;
2) la natura coattiva dell’obbligazione che sorge dal tributo;
tale obbligazione, pertanto, è sempre imposta con un atto dell’autorità (legge o provvedimento), senza che in alcun modo concorra al suo
sorgere la volontà dell’obbligato, a differenza di quanto avviene, per
esempio, per le entrate di diritto privato;
3) il collegamento del tributo a un fatto economico, ossia a un
fatto che sia valutabile sul piano economico (quali sono, per esempio,
il reddito, il patrimonio o il consumo). Tale presupposto differenzia il
tributo dalla sanzione pecuniaria, che presuppone, invece, il realizzarsi di un fatto illecito;
4) il collegamento funzionale del tributo al concorso al finanziamento della spesa pubblica: assume, quindi, rilievo il fatto che il gettito sia attribuito allo Stato o ad altri enti pubblici. L’obiettivo del tributo
generalmente è fiscale, ossia quello di fornire allo Stato i mezzi per il
perseguimento dei fini di interesse pubblico fissati dalla Costituzione;
possono però esservi anche tributi con fini extrafiscali, quali, per esempio, la protezione di un determinato settore produttivo (i dazi doganali).
La giurisprudenza, per parte propria ha sempre tendenzialmente fornito una definizione di tributo piuttosto ampia.
Prestazione
obbligatoria
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Parte Generale
La Corte Costituzionale, in una pronuncia ormai piuttosto risalente,
ha definito il tributo come una prestazione patrimoniale imposta
a favore di ente pubblico per la destinazione a fabbisogni pubblici (Corte Cost. 10 febbraio 1982, n. 26), e in decisioni successive ha
ribadito come, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato dalla normativa che disciplina tali entrate, devono qualificarsi “tributarie” quelle
caratterizzate dalla doverosità della prestazione e dal collegamento di
questa alla pubblica spesa, con riferimento a un presupposto economicamente rilevante (Corte Cost. 14 marzo 2008 n. 64; nello stesso
senso: Corte Cost. 19 ottobre 2006, n. 334 e 11 febbraio 2005 n. 73).
La Corte di Cassazione, invece, pur adottando una definizione altrettanto ampia, ha conferito particolare rilievo alla qualificazione
formale da parte del legislatore: secondo tale impostazione, pertanto, un tributo è tale, innanzitutto, ove tale qualificazione sia espressamente assegnata dal legislatore a un’entrata pubblica (Cass. Civ.
Sez. Unite 7 dicembre 2007, n. 25551).
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Classificazione dei tributi
Nel linguaggio comune i termini “imposta”, “tassa” o “tributo” sono
molto spesso utilizzati indifferentemente come se fossero sinonimi:
nel liguaggio giuridico, invece, essi servono a identificare fattispecie
differenti.
La dottrina tradizionale definisce il concetto di tributo come un genus, all’interno del quale vengono ricompresi:
1) imposte
2) tasse
3) contributi
4) monopoli fiscali.
Tradizionalmente la distinzione tra imposte e tasse deriva da quella tipica della scienza
delle finanze: le imposte sono le entrate tributarie che servono a finanziare le cosiddette
spese “indivisibili”, mentre le tasse sono destinate a finanziare le spese “divisibili”.
Imposte
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1) Imposte: costituiscono il tributo per eccellenza. Il presupposto dell’imposta è costituito dal semplice fatto economico posto
in essere dal soggetto passivo (per esempio il conseguimento di un
reddito o il possesso di un bene), senza che vi sia alcuna relazione
con un’attività dell’ente pubblico. Le imposte, quindi, sono prelevate
Capitolo 1 | La nozione di tributo e la classificazione dei tributi
in virtù del fatto che quel determinato fatto economico è considerato
manifestazione di ricchezza, senza che vi sia alcun rapporto di corrispettività né alcun altro collegamento tra la prestazione imposta al
soggetto passivo e una specifica attività dell’ente pubblico.
2) Tasse: in questo caso, invece, a differenza di quanto avviene per
le imposte, il presupposto del tributo è un atto o un’attività pubblica,
ossia l’emanazione di un provvedimento, la fruizione di un servizio o
di un bene pubblico o, più in generale, l’esercizio di funzioni istituzionalmente pubbliche, a favore di un determinato soggetto.
Non vi è rapporto di sinallagmaticità o di corrispettività tra la
prestazione pecuniaria e l’attività pubblica, ma di correlatività: possono, infatti, esserci tasse correlate a un servizio pubblico che sono
dovute anche in casi in cui il servizio non sia in concreto utilizzato.
Dalle tasse devono essere tenute distinte:
a) le entrate di diritto pubblico di natura non tributaria (quali, ad esempio canoni o tariffe): sono prestazioni che devono essere corrisposte
da chi fruisce di un determinato servizio pubblico, pur non essendo
tasse (per esempio i canoni dovuti ai comuni per l’erogazione dell’acqua potabile), in quanto non trovano titolo nella potestà impositiva.
b) le entrate di diritto privato: la distinzione viene effettuata sulla
base della fonte dell’obbligazione di pagamento: se una prestazione
è imposta coattivamente è da considerarsi tassa, se, invece, ha base
contrattuale, ha natura privatistica.
3) Contributi: in tale categoria il legislatore raggruppa varie fattispecie eterogenee, di cui alcune tributarie, altre no. Sono collegati,
come le tasse, a un’attività dell’ente pubblico destinata di per sé
alla collettività in modo indistinto, ma trovano fondamento nel
beneficio che particolari soggetti ricavano dalla quella specifica attività pubblica (per esempio i contributi di urbanizzazione).
4) Monopoli fiscali: si discute in dottrina se questa categoria vada
o meno inclusa tra quelle costituenti specificazione del genus dei tributi. I monopoli fiscali riservano la commercializzazione di un certo
bene allo Stato, garantendogli un prezzo maggiorato di quello che
sarebbe generato dalle dinamiche di un libero mercato (per esempio
il monopolio statale per la vendita dei tabacchi e delle lotterie). Da
un lato va osservato che quanto si paga per l’acquisto per un genere
di monopolio non costituirebbe un tributo, in quanto è il mero corrispettivo di un mero contratto di compravendita, dall’altro però, con
riguardo alla funzione dei tributi di procacciare un gettito all’ente
pubblico, anche il monopolio va considerato un tributo, quando ha lo
scopo di procurare entrate.
Tasse
Contributi
Monopoli
fiscali
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Parte Generale
sai rispondere?
1. Qual è la definizione di tributo?
2. Come vengono classificati i tributi?
3. In che cosa si differenziano le imposte dalle tasse e dai contributi?
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