Amare è donare - Parrocchia San Michele Erice

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Amare è donare - Parrocchia San Michele Erice
PARROCCHIA SAN MICHELE ARCANGELO
LECTIO DIVINA – 32a domenica Tempo Ordinario– Anno B Amare è donare Concretizzare l’amore non è difficile per chi ascolta l’insegnamento di Gesù. Egli prende ad esempio una povera vedova che, a differenza di molti benestanti, dona tutto quello che ha per vivere. Dunque amare vuol dire imparare a donare se stessi. PRIMA LETTURA: 1 Re 17,10-­‐16 – La vedova fece con la sua farina una piccola focaccia e la portò a Elia. Questo episodio manifesta l’efficacia della fede nella parola di Dio. È la Parola a sospingere il profeta Elia, perseguitato dalla regina Gezabele, a rifugiarsi nella patria d’origine della sua nemica: il Signore infatti ha predisposto che un’altra donna fenicia, vedova e poverissima, sia per lui strumento di salvezza in tempo di carestia (vv. 8-­‐9). Alla richiesta di cibo da parte del profeta la donna risponde dichiarando la propria indigenza: le resta solo il sostentamento di un giorno per sé e per il figlio. Eppure, fidandosi di Elia che le predice un intervento prodigioso del Signore, sa rinunciare a ciò che le assicurerebbe al sopravvivenza per l’oggi. La fede della vedova si fa carità generosa e si tramuta per lei in vera ricchezza: nella quotidiana esperienza del miracolo essa può constatare che davvero «il Signore protegge […] l’orfano e la vedova» (Sal 146,9) e chi confida in lui non resta deluso (1 Re 17,15-­‐16). Proprio mentre gli israeliti si lasciano traviare dai culti pagani introdotti da Gezabele e non ascoltano più la parola di YHWH, la fede autentica trionfa nell’umile carità di una straniera che non esita a privarsi del necessario per obbedire alla Parola che Elia le comunica. Offre il nutrimento di un giorno all’uomo di Dio e riceve dalla mano del Signore il cibo per la vita del corpo e dello spirito. SALMO RESPONSORIALE: Sal 145,6-­‐7.8-­‐9a.9b-­‐10 – Loda il Signore, anima mia. Questo inno di lode, il Sal 145, il primo dei salmi alleluiatici denominati «piccolo Hallel», si intona pienamente con il testo della prima lettura e del vangelo, perché canta l’amore di Dio per i poveri e gli oppressi che solleva e conforta, mentre sconvolge le vie degli empi (vv. 7-­‐9). La potenza e l’amore di Dio si rivelano nella sua provvidenza: «rimane fedele… rende giustizia… dà il pane… libera…». Nella contemplazione delle molteplici manifestazioni della provvidenza di Dio, il Salmo diventa un inno di lode al Signore, e mentre loda e canta Jhwh, il profeta senza saperlo, descrive e canta il Messia: «Rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati,… libera i prigionieri,… ridona la vista ai ciechi,… rialza chi è caduto,… protegge i forestieri… sostiene l’orfano e la vedova…». SECONDA LETTURA: Eb 9,24-­‐28 – Cristo si è offerto una volta per tutte per togliere i peccati di molti. Le descrizioni di alcuni dettagli del culto ebraico nel capitolo 9 evidenzia la superiorità della nuova alleanza, di cui Cristo è unico sacerdote (vv. 11-­‐12), mediatore (v. 15) e vittima (v. 28). Questo brano in particolare sottintende il paragone con il rituale del grande “Giorno dell’espiazione”. Una volta all’anno, infatti, il sommo sacerdote entrava, lui solo, nel Santo dei santi per espiare i peccati del popolo mediante l’aspersione dell’arca dell’alleanza con il sangue di animali sacrificati. Cristo però «nella pienezza dei tempi» ha dato compimento ai riti antichi, che erano solo una figura del sacrificio perfetto: è entrato nel vero santuario, nella dimensione trascendente («cielo») di Dio, «una volta per tutte», offrendo «se stesso» per prendere su di sé «i peccati di molti», come il servo sofferente profetizzato da Isaia (53,12). Il dono del suo amore è così sovrabbondante che il peccato è non solo perdonato, ma ‘annullato’ (v. 26): perciò l’uomo è fatto nuovo, reso libero, salvato! Questa offerta sacrificale, tuttavia, non ci priva della presenza di Cristo: sempre vivo «per intercedere a nostro favore» (7,25), egli si manifesterà ancora una volta nella storia. E non sarà più per liberare l’umanità dal peccato – dal momento che il suo sacrificio ha valore perenne (v. 28) – ma per condurla al suo esito definitivo, a un fine che sarà di salvezza e di gloria (2,10) per quanti lo attendono con vigile perseveranza. CANTO AL VANGELO: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. VANGELO: Mc 12,38-­‐44 – Questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Insegnando nel tempio, Gesù offre i criteri per distinguere i veri dai falsi maestri. Dopo lunghe dispute con scribi, sacerdoti e capi del popolo (cap. 11 e 12), egli stigmatizza il loro comportamento mosso dalla vana gloria (vv. 38-­‐39), dall’avidità senza scrupoli e dalla ostentazione di una pietà puramente esteriore (v. 40). Egli sa cogliere la verità della persona al di là delle apparenze, osservando la condotta di ciascuno nel quotidiano. Perciò, individuato un vero maestro, lo addita come esempio ai discepoli: è una povera vedova che si accosta alle classe del tesoro del tempio per gettarvi una somma irrisoria – due spiccioli equivalevano a un ottavo della razione distribuita ogni giorno ai poveri di Roma. Eppure questa offerta rappresenta per la vedova «tutto quanto aveva per vivere» (v. 44). L’umile donna ha dunque versato la sua vita nel tesoro del tempio perché ha trovato in Dio il suo sostegno per l’oggi e il domani, per il tempo e per l’eternità. Più ricca dei benestanti che gettano molte monete in offerta, questa ‘vera maestra’ può insegnare senza presunzione la via della fede. Una via che passa attraverso l’abbandono confidente nelle mani del Signore. DAI “DISCORSI” DI S.LEONE MAGNO, PAPA Nelle opere di pietà vi è posto per tutti
Le opere della pietà sono vastissime e la loro stessa varietà dà ai veri cristiani
la possibilità di svolgere per intero il proprio ruolo nella distribuzione delle
elemosine, siano essi ricchi e nell’abbondanza, o, al contrario, poveri e
mediocri, cosicché coloro che sono ineguali nelle possibilità di largizione,
siano almeno simili nell’affetto del cuore. Infatti, quando, sotto gli occhi del
Signore, molti buttavano nel gazofilacio del tempio grosse cifre prese dalla
loro opulenza, una vedova vi introdusse due monetine e meritò di essere
onorata dalla testimonianza di Gesù Cristo per quel dono minimo, preferito
all’offerta di tutti gli altri: infatti, davanti ai doni magnifici di coloro ai quali
restava ancora molto, il suo, per misero che fosse, costituiva tutto il suo avere
(cfr. Lc 21,1-4). Pertanto, se qualcuno è ridotto ad una povertà tale da non
poter neppure elargire due spiccioli ad un indigente trova nei precetti del
Signore di che adempiere il dovere della benevolenza. Infatti, neppure chi
avrà donato ad un povero un semplice bicchiere d’acqua fresca rimarrà senza
ricompensa per il suo gesto (cfr. Mt 10,42): oh, quali scorciatoie non ha
preparato il Signore ai suoi servi per far loro conquistare il suo Regno, se
persino il dono di un bicchiere d’acqua, d’uso gratuito e comune, non deve
restare senza ricompensa! E, perché nessuna difficoltà potesse frapporvi
ostacoli, è proprio un po’ d’acqua fresca che viene proposto come esempio di
misericordia, per timore che qualcuno cui manca la legna per fare il fuoco e
farla scaldare, potesse pensare di essere privato della ricompensa.
Il Signore, peraltro e non senza ragione, avvertì che tale bicchiere d’acqua
doveva essere dato in suo nome, perché è la fede che rende preziose cose in
sé stesse vili, e che le offerte degli infedeli, anche se fatte senza badare a
spese, restano nondimeno vuote di ogni giustificazione.
Dio non pesa la quantità ma il cuore
Grande è quel che Egli trarrà dal poco disponibile, poiché sulla bilancia della
giustizia divina non si pesa la quantità dei doni, bensì il peso dei cuori. La
vedova del Vangelo depositò nel tesoro del tempio due spiccioli e superò i
doni di tutti i ricchi (cfr. Mc 12,41-44). Nessun gesto di bontà è privo di senso
davanti a Dio, nessuna misericordia resta senza frutto. Diverse sono senza
dubbio le possibilità da lui date agli uomini, ma non differenti i sentimenti che
egli reclama da loro. Valutino tutti con diligenza l’entità delle proprie risorse e
coloro che hanno ricevuto di più diano di più.
Per la “Collatio”
1) Due donne, povere e semplici, due ‘vedove’ sono presentate come
esempio di amore autentico. Da entrambe ci viene un insegnamento
chiaro: la vera religiosità consiste nel fidarsi di Dio, nel mettersi
completamente nelle sue mani, nel donarsi a lui. E tu?
2) La tua religiosità rischia di fermarsi alla forma, alle apparenze, perciò alla
superficie?
3) Come fidarci di Dio, non a parole, ma con fatti concreti?
4) «Non c’è amore vero senza fede, come non si può amare sinceramente
se non si crede». «Opere buone e giuste non fanno mai un uomo giusto,
ma un uomo buono e giusto fa opere buone». Che ne pensi?
Per l’ “Actio”
Ripeti spesso e vivi la Parola:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli»
(Mt 7,21)