Tesi Istituzioni di Diritto Pubblico
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Tesi Istituzioni di Diritto Pubblico
Università degli Studi di Messina Facoltà di Economia Corso di Laurea in Economia e Commercio Tesi Istituzioni di Diritto Pubblico “Il Nuovo regime giuridico dei Consorzi per le Aree, i Nuclei e le Zone di Sviluppo Industriale in Calabria - Il caso del Nucleo Industriale di Crotone” Relatore: Chiar.mo Prof Giuseppe Falzea Anno Accademico 2001-2002 Candidato Fabio Lizzi Matr. 80749W INDICE Capitolo Primo L’EVOLUZIONE LEGISLATIVA DEI CONSORZI E DELLE AREE INDUSTRIALI_______________________________________1 1.1 L’evoluzione e le motivazioni della legislazione statale sui consorzi Industriali dell’intervento nel Mezzogiorno _________________________1 1.2 L’infrastruttura industriale____________________________________5 1.3 Origini e finalità delle A..S.I..(aree di sviluppo industriali)____________6 1.4 Il contributo delle A.S.I. allo sviluppo industriale: aspetti positivi ed elementi critici ______________________________________________13 1.5 Le aree e i nuclei di sviluppo industriale_________________________16 1.6 I Consorzi d’industrializzazione e la loro prima esperienza negli anni ’60_______________________________________________________ 24 1.6.1 I Poli di sviluppo e programmazione economica____________24 1.6.2 I Poli di sviluppo_____________________________________25 1.7 La “nuova politica” di localizzazione industriale e programmazione economica degli anni ’60_______________________________________29 1.8 La natura giuridica_________________________________________34 1.9 I Controlli, la Vigilanza e la Tutela sui Consorzi Industriali__________47 1.9.1 Evoluzione e storia della disciplina sui controlli____________47 1.9.2 La vigilanza e la tutela________________________________60 Capitolo Secondo I POTERI DELLE REGIONI________________________________65 2.1 L’istituzione delle Regioni___________________________________65 2.2 La delega di funzioni alle Regioni______________________________67 2.3 Attribuzione alle Regioni di compiti di intervento straordinario_______69 2.4 Attribuzioni alle Regioni di funzioni amministrative in ordine ai Nuclei e alle Aree industriali___________________________________________71 2.5 Ampliamento delle Deleghe delle Funzioni e dei Compiti Amministrativi alle Regioni_________________________________________________77 2.6 La disciplina dei Consorzi d’industrializzazione in Calabria__________78 2.7 Riordino delle funzioni amministrative regionali e locali____________80 Capitolo Terzo IL NUOVO REGIME GIURIDICO DEI CONSORZI PER LE AREE, I NUCLEI E LE ZONE DI SVILUPPO INDUSTRIALE____________________________________________86 3.1 Il nuovo ruolo dei Consorzi__________________________________86 3.2 L’evoluzione del Progetto di Legge (PP.LL. N.256/5^ e 260/5^)_____89 1 3.3 I nuovi “Consorzi per lo Sviluppo Industriale” in Calabria__________90 3.4 Lo statuto_______________________________________________92 3.5 Gli organi_______________________________________________93 3.6 L’Assemblea Generale______________________________________93 3.7 Il Comitato Direttivo_______________________________________94 3.8 Il Presidente_____________________________________________96 3.9 Il Direttore______________________________________________96 3.10 Il Collegio dei Revisori dei Conti_____________________________96 3.11 La Funzione dei Consorzi__________________________________97 3.12 Delega alle Province_____________________________________100 3.13 I Programmi di Attività___________________________________100 3.14 Il Bilancio_____________________________________________101 3.15 Il Capitale e i mezzi finanziari______________________________102 3.16 Le Funzioni della Regione_________________________________102 3.17 Il Controllo e la Vigilanza_________________________________103 3.18 I Piani Regolatori delle Aree_______________________________104 3.19 Le Opere di Urbanizzazione_______________________________105 3.20 Manutenzione ed Esercizio Infrastrutture_____________________106 3.21 Passaggio dal vecchio al nuovo regime________________________106 3.22 Conflitto d’interesse Regione-Stato__________________________108 Capitolo Quarto IL NUCLEO INDUSTRIALE DI CROTONE _________________113 4.1 La struttura territoriale della Provincia di Crotone________________113 4.1.1 Struttura Economica_________________________________113 4.1.2 Contesto Socio-economico____________________________114 4.1.3 Contesto Storico____________________________________116 4.1.4 La situazione attuale_________________________________119 4.1.5 Gli obbiettivi Strategici_______________________________122 4.1.6 Le infrastrutture_____________________________________123 4.2 Il Consorzio per il Nucleo di Industrializzazione di Crotone________127 4.3 Gli Obbiettivi___________________________________________128 4.4 Fanno parte del consorzio _________________________________131 4.5 Le infrastrutture e gli insediamenti presenti nell’area______________132 4.6 Regolamenti Ambientali e Piano Regolatore____________________143 4.7 Il nuovo statuto__________________________________________145 4.8 Intesa istituzionale di programma tra il governo della Repubblica e la Regione Calabria____________________________________________156 CONCLUSIONI___________________________________________160 2 INDICE DELLE FIGURE E DELLE TABELLE I NUCLEI INDUSTRIALI SUL TERRITORIO NAZIONALE____________________64 I NUCLEI E LE AREE INDUSTRIALI IN CALABRIA________________________112 PLANIMETRIA CONSORZIO PER IL NUCLEO INDUSTRIALE DI CROTONE__130 TABELLA 1: ENTI CONSORZIATI_______________________________________131 TABELLA 2: PRINCIPALI INSEDIAMENTI PRODUTTIVI IN ESERCIZIO NELL’AGGLOMERATO________________________________________________132 TABELLA 3: DATI RELATIVI ALLE AZIENDE DELLA ZONA PAPANICIARO – COMPARTO A -_______________________________________________________133 TABELLA 4: DATI RELATIVI ALLE AZIENDE DELLA ZONA PASSOVECCHIO – COMPARTO B -_______________________________________________________134 TABELLA 5: DATI RELATIVI ALLE AZIENDE DELLA ZONA PASSOVECCHIO – COMPARTO B -_______________________________________________________135 TABELLA 6: DATI RELATIVI ALLE AZIENDE DELLA ZONA PASSOVECCHIO – COMPARTO B -_______________________________________________________136 TABELLA 7: DATI RELATIVI ALLE AZIENDE DELLA ZONA PASSOVECCHIO (ex AIPP) – COMPARTO C-_____________________________________________137 TABELLA 8: DATI RELATIVI ALLE AZIENDE LOCALITA’ ZIGARI – COMPARTO D-_______________________________________________________138 TABELLA 9: GESTIONE E CARATTERISTICHE DELLE INFRASTRUTTURE__143 TABELLA 10: DESTINAZIONE DELLE SUPERFICI________________________144 TABELLA 11: FONDO CONSORTILE____________________________________155 TABELLA 12: INTERVENTI INFRASTRUTTURALI AGGLOMERATO DI CROTONE____________________________________________________________157 TABELLA 13: STUDI DI FATTIBILITA’ AGGLOMERATO DI CROTONE______157 3 CAPITOLO PRIMO L’EVOLUZIONE LEGISLATIVA DEI CONSORZI E DELLE AREE INDUSTRIALI 1.1 L’evoluzione e le motivazioni della legislazione statale sui consorzi Industriali dell’intervento nel Mezzogiorno Immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale, si manifesta nel paese una volontà politica di interventi per lo sviluppo industriale nel Mezzogiorno. Tali interventi si fondano sulla predisposizione di un complesso di iniziative pubbliche straordinarie, coordinate in un piano organico poliennale. Sin dalla prima fase, (quella degli anni ’50, della pre industrializzazione), l’intervento a favore del Mezzogiorno si fonda sulla istituzione della Cassa per il Mezzogiorno, quale strumento d’intervento straordinario, oltre che sullo stanziamento di ingenti fondi per l’attuazione coordinata delle misure operative. Il primo piano poliennale era teso a realizzare il complesso delle infrastrutture per lo sviluppo sia agricolo che industriale del Mezzogiorno, 1 attraverso un vasto programma di opere pubbliche (acquedotti, fognature, rete ferroviaria, ecc…) prevedendo inoltre agevolazioni ed erogazione di contributi, oltre ai finanziamenti alle iniziative interessate.1 Tale intervento viene identificato con il c.d. Primo tempo, che ha inizio proprio con la legge del 10/08/1950, n. 646, istitutiva della Cassa per il Mezzogiorno. In base a tale orientamento venivano fissate le finalità istituzionali della Cassa onde l’intervento straordinario mirava sia alla creazione delle infrastrutture e del capitale fisso sociale, al fine di provocare uno sviluppo autopropulsivo, ed utilizzare gli strumenti classici delle esenzioni, contributi e finanziamenti, che, in definitiva si limitavano ad offrire solo un complesso coordinato di agevolazioni per le singole infrastrutture industriali. Era infatti opinione diffusa che lo sviluppo di una regione sottosviluppata dipendesse dalla convenienza che un imprenditore privato aveva ad investire, per cui il compito dello Stato era quello di promuovere queste opportunità, allestendo le infrastrutture necessarie al fine di rendere competitivi, rispetto alle altre regioni, i costi d’impianto e di funzionamento delle industrie. Una simile impostazione mostrò, negli anni immediatamente successivi, evidenti segni di fallimento, non solo per la dispersione degli interventi infrastrutturali che si erano verificati in assenza di un coordinamento delle iniziative e di una vera e propria programmazione, ma anche per l’esigenza evidente di superare la prevalente funzionalizzazione della maggior parte delle opere realizzate per l’agricoltura (oltre che destinate 1 V.G.PESCATORE, L’intervento straordinario nel Mezzogiorno d’italia, Milano, 1962 2 alla pre-industrializzazione): Il tutto in funzione di un decollo delle regioni meridionali, che consideravano prioritario lo sviluppo dell’agricoltura. Ed ecco che il c.d. secondo tempo, dell’intervento straordinario trova nello “schema Vanoni” e nella scelta dell’industrializzazione del Mezzogiorno la sua linea ispiratrice, i cui schemi legislativi portanti si riscontrano in particolare nelle leggi 29/07/1957, n. 634, nella legge 18/07/1959, n. 5555 e nella legge 20/09/1962, n. 1462. Con il c.d. “schema Vanoni” si assiste ad una chiara trasformazione dell’intervento dello Stato e della sua funzione della spesa pubblica, non più orientati verso uno sviluppo indiscriminato delle imprese e non “indirizzato”, in funzione dell’aumento del prodotto netto e dell’allargamento della base produttiva. Si avverte, insomma la necessità di adottare agevolazioni orientate al perseguimento di ben determinati obbiettivi, fra cui: l’assorbimento della forza lavoro disoccupata o sottoccupata, l’incremento della produttività e l’industrializzazione del Mezzogiorno, superando il tipo di intervento precedente rivolto prevalentemente allo sviluppo dell’agricoltura; la c.d. pre industrializzazione (cioè la creazione dei prerequisiti funzionali per un eventuale futuro sviluppo industriale) al fine di superare un sistema parzialmente correttivo delle tendenze di sviluppo e inadeguato a risolvere i problemi dello sviluppo nel Mezzogiorno. 2 Si prospetta, cosi, la necessità di un intervento dello Stato volto a favorire direttamente l’industrializzazione del Sud. La politica meridionalistica tende a diventare politica di 2 DE RITA, COLLIDA’, BARABBA, Il Meridionalismo in crisi?, Milano, 1966. 3 localizzazione industriale nel Mezzogiorno, modificando il processo di allocazione degli interventi con l’introduzione di agevolazioni di tipo finanziario (incentivi creditizi e contributi a fondo perduto) fiscale e infrastrutturale, tale da invogliare gli investitori privati a destinare i loro investimenti nel Mezzogiorno. La stessa legge n. 634/57 introduceva l’obbligo per le imprese e per gli Enti pubblici di riservare al Mezzogiorno una quota dei loro investimenti globali, prevedendo un tipo di intervento ancora più diretto. Ed ecco che il ruolo dello Stato non è più esterno, come nel caso del c.d. “protezionismo liberale”3, ma neppure di mediazione di tipo compensativo come era stato (nel c.d. primo tempo) nella prima fase dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno. Ne deriva un ruolo di mediazione orientata al perseguimento di particolari obbiettivi di tipo localizzativo nel quadro di progressione degli ambiti di intervento dello Stato, che si realizza con riferimento all’intervento per il Mezzogiorno nella formula di passaggio dallo Stato costruttore (primo tempo della politica meridionalistica), allo Stato-finanziatore e allo Statoimprenditore. In tale contesto la legge 634/57, accanto agli strumenti di tipo agevolativo, prevede dei “soggetti apparato”, cui viene attribuito il compito di erogare e/o gestire gli ausili finanziari (Cassa per il Mezzogiorno, Istituti di Credito Speciale, Partecipazione Statale, ecc…) in modo più o meno stabile, a seconda dei tipi d’intervento o in relazione all’ambito territoriale in cui si 3 V.G.AMATO, Il Governo dell’industria in Italia, Bologna 1972 4 inserisce l’intervento stesso. 4 Uno di questi “soggetti apparato”, previsti dalla L. 634/57, sono proprio i Consorzi per le aree di sviluppo industriale. 1.2 L’infrastruttura industriale Per infrastruttura industriale si intende l’insieme di tutte quelle opere di attrezzatura industriale (allacciamenti stradali e ferroviari, fognature, nonché di tutte le iniziative ritenute utili per lo sviluppo industriale della zona di cui all’art. 21 della legge n°634/57, che, in base alla cd. “teoria delle economie esterne”5 doveva essere in grado di eliminare i fattori negativi (le cd. diseconomie), che rendevano eccessivamente gravoso per un’impresa l’insediamento in regioni, in larga misura meridionali, che di tali strutture, erano fortemente carenti: al punto che tali proprie siffatte carenze secondo la prevalente teoria, avevano creato il profondo divario di sviluppo diseguale tra il Nord e il Sud dell’Italia.6 In fase di inizializzazione dei numerosi compiti assegnati ai Consorzi dalla legge istitutiva, per poter rimuovere le oggettive difficoltà che si frapponevano ad un organico processo di industrializzazione, la L. n. 1462/62, all’art. 3, prevedeva l’assunzione a carico della Cassa per il Mezzogiorno della spesa occorrente per le opere infrastrutturali eseguite dai Consorzi per le aree e i nuclei industriali nel Mezzogiorno, sino ad un massima dell’85% della, spesa, ivi compresi gli oneri afferenti alle relative espropriazioni; e poteva altresì concedere agli stessi Consorzi, un contributo 4 Cfr.BARCELLONA, Democrazia e Diritto, nel saggio Legislazione e stratificazione sociale, n. 3, 1975 5 V.A.YOUNG, Increasing retourns and economic progress, in Economic Journal 1928 6 V.DI GIOACCHINO, La politica edilizia negli anni ’60, in quaderni di rassegna sindacale, n°43, 1973 5 sino al 5O% della spesa per la costruzione di rustici industriali. Dai suddetti finanziamenti restano escluse le spese di espropriazione degli immobili da cedere alle imprese industriali. La Cassa per il Mezzogiorno, inoltre, poteva assumere a proprio carico la spesa occorrente per la redazione dei Piani Regolatori dei Consorzi stessi. La legge n°1462/62, autorizzava, altresì, la Cassa a concedere contributi per la costruzione di case popolari destinate all’alloggio dei lavoratori addetti alle industrie situate nelle aree e nei nuclei industriali. La concessione di queste due ultime agevolazioni erano subordinate al rispetto dei criteri e delle modalità fissati nel c.d. “Piano di coordinamento “. 1.3. Origini e finalità delle A.S.I. (Aree di Sviluppo Industriali) L’adozione delle aree di sviluppo industriali, quale strumento della politica d’intervento straordinario nel Mezzogiorno d’Italia, risale alla fine degli anni ‘50. Nel 1957, infatti, con la n°634, che proroga e rifinanzia la Cassa per il Mezzogiorno (nata con la L. 646/50), comincia la nuova fase dell’intervento straordinario, orientata ad una politica di industrializzazione e di sviluppo delle infrastrutture. Nella nuova legge sull’intervento straordinario nel Mezzogiorno, la L. n. 64/86, viene definito il concetto di “aree di sviluppo industriali” con le quali “promuovere ed operare tutte quelle trasformazioni ambientali atte a potenziare e a sviluppare le forze di attrazione ubicazionali e, quindi, a costituire delle aree di concentrazione geografica e di gravitazione degli 6 sviluppi industriali, rispetto all’intero territorio meridionale “. Tali aree di sviluppo industriale potevano articolarsi in più “nuclei industriali’ Alla individuazione e definizione concreta di tali aree erano preposti i Consorzi, costituiti da più Enti comunali. L’approntamento delle infrastrutture generali era a carico dei Consorzi stessi, che potevano comunque beneficiare di un contributo da parte della Cassa per il Mezzogiorno, di entità non superiore alla metà della spesa corrente. Alle imprese localizzatesi nelle aree, infatti, erano concessi vari incentivi sia di tipo creditizio che fiscale. Ma la possibilità di concedere particolari agevolazioni anche alle piccole e medio imprese, che si localizzavano al di fuori delle aree di industrializzazione costituiva, però, una evidente contraddizione del dettato legislativo e di fatto, ciò, aumentava l’incentivo alla localizzazione fuori dalle aree dei Consorzi. Nonostante, nella realizzazione della prima fase dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno (pre-industrializzazione), sia stato perseguito l’obiettivo di contenere il più possibile la disoccupazione, di governare i flussi migratori e di assorbire la forza lavoro espulsa dal settore agricolo, oramai in fase di fisiologico ridimensionamento occupazionale, non si è riusciti a perseguire appieno l’obiettivo di realizzare le condizioni più congrue per il processo di industrializzazione autonomo delle regioni meridionali, sulla base di adeguate economie esterne, che avrebbero dovuto, come già detto, garantire condizioni di indifferenza territoriale, non processi di localizzazione industriale. 7 Invece con la legge per il Mezzogiorno, la L. n. 717/65, si è proceduto ad una riformulazione della politica di intervento straordinario. Con essa viene rilanciato il ruolo dei Consorzi e delle A.S.I. attraverso un aumento dei finanziamenti, che possono raggiungere fino all’85% delle spese per le infrastrutture consortili. L’obiettivo da perseguire, era quello di una concentrazione dell’intervento della Cassa per il Mezzogiorno sulle aree industriali, suscettibile di più rapido sviluppo, coerentemente con la scelta strategica dello sviluppo territorialmente concentrato Sono gli anni in cui viene elaborandosi la strategia meridionalistica dello sviluppo concentrato, cd. “per poli “, assumendosi che i nuovi insediamenti manifatturieri, concentrati in un ristretto ambito geografico, avrebbero progressivamente diffuso, in tutto il territorio Meridionale, dinamiche positive di crescita, sia in termini di domanda che in termini di offerta di beni. Le A.S.I. nascono e si sviluppano in tutto il Mezzogiorno per rispondere ad una scelta di localizzazione programmata degli insediamenti industriali:7 a) Per sopperire alle diseconomie esterne presenti nel territorio meridionale che, anche a causa della mancata industrializzazione manifestava notevoli carenze infrastrutturali e vuoti funzionali notevoli, si sceglie di dotare ciascuna area o nucleo d’industrializzazione di una attrezzatura minima funzionale; 7 Cfr.AA.VV. Aree attrezzate e servizi alla produzione nello sviluppo del Mezzogiorno, Formez, Napoli, 1989. 8 b) Per soddisfare le esigenze insediative all’industria di origine esterna (soprattutto alle imprese del Centro-Nord) si adottò un criterio molto elastico, in modo che l’attivazione di impianti, più che di imprese (in quanto i centri direzionali rimangono al Nord) potesse far si che il fabbisogno di connessioni funzionali con l’ambiente espresso dalle nuove presenze produttive, risultasse limitato di spessore. La conseguente domanda e quindi la predisposizione di una infrastrutturazione primaria (approvvigionamento idrico ed elettrico, opere di difesa idraulica, raccolta acque reflue, ecc...) fa perno rispetto ad esigenze di maggiore contenuto professionale e di più elevata valenza strategica; c) Per abbattere gli elevati costi d’insediamento per impianti che, essendo di grandi dimensioni,avrebbero comportato un’elevata spesa, fu previsto, un forte abbattimento dei costi sopportati dalle imprese, per l’acquisto e la dotazione della relative infrastrutture produttive, onde favorire la successiva rivendita dei terreni a cosi realmente contenuti. L’intervento delle A.S.I. è proseguito per tutto il corso degli anni Ottanta, senza mutamenti rilevanti nel quadro legislativo, che pure andava evolvendosi per altri aspetti, con le leggi nn. 853/71 e 186/76. I Consorzi di industrializzazione hanno proseguito la loro politica di infrastrutturazione di base che ha consentito la realizzazione, nonché il completamento, di molte opere. 9 La loro attività ha offerto un contributo ai processi di industrializzazione del territorio meridionale, essendo risultate funzionali alle esigenze imprenditoriali, costituite essenzialmente da una domanda di spazi liberi ed infrastrutturati. E’ oramai evidente che questa stagione dello sviluppo economico si è chiusa definitivamente, in quanto è mutato il contesto internazionale in cui è inserita l’economia nazionale e, con essa, i soggetti economici del Mezzogiorno; si sono trasformati radicalmente dalla metà degli anni ‘70, gli orientamenti strategici della grande impresa settentrionale, prima impegnati su una filosofia di risanamento finanziario e produttivo, e poi caratterizzati da logiche di internazionalizzazione che trascendono l’approccio al problema dello squilibrio tra Nord e Sud, interno al nostro sistema. Mutano, in tal modo, i protagonisti dello sviluppo meridionale e, seppure con difficoltà, viene a galla una imprenditoria locale che deve costituire il principale referente della nuova politica meridionalistica per i prossimi dieci anni. In sostanza, è mutato l’insieme delle opportunità e dei vincoli; di conseguenza obiettivi e la strumentazione disponibile per le nuove tecnologie di sviluppo devono trovare definizione e adeguamento. In particolare, in ordine alle A.S.I., conviene ricordare che: 1) Nate, per lo più negli anni della delocalizzazione della grande impresa, si ritrovano spesso con una dotazione di infrastrutturazione specifica poco adeguata al fabbisogno di un’utenza industriale di piccola e 10 media dimensione; 2) Hanno una cospicua dotazione di infrastrutture, ma una cultura gestionale degli impianti alquanto modesta, quando nella fase attuale dello sviluppo industriale è prevalente il consumo di servizi rispetto a quello delle infrastrutture. Non è infatti i caso che i processi insediativi, ultimi, delle imprese industriali nel Mezzogiorno evidenzino una sostanziale indifferenza, se non addirittura il privilegia mento della localizzazione extra-A.S.I.: sono evidentemente altri fattori attrattivi, rispetto territorio attrezzato, a orientare le scelte di localizzazione delle imprese; 3) La variabile “spazio” e il relativo “costo” assumevano peso decisivo nella fase degli “investimenti ad alta intensità di capitale”. Oggi, con l’automazione dei processi produttivi, e con l’informatizzazione negli uffici, gli insediamenti industriali si caratterizzano per essere capital saving (cioè, a forte risparmio, anche di territorio); di conseguenza si riduce di molto il richiamo di un’offerta di spazio produttivo a prezzo controllato. Detto ciò, sembra superfluo osservare che le A.S.I. si configurano, come l’emblema di tutta la strumentazione meridionalistica che ha trovato definizione nei passati trent’anni di intervento straordinario. Negli anni Ottanta, i profondi mutamenti strutturali dell’economia nazionale ed internazionale, frutto delle risposte agli shocks esogeni ed endogeni degli anni Settanta, e l’accelerazione dei processi di innovazione 11 tecnologica, hanno trasformato in profondità l’insieme di opportunità e di vincoli. Oggi lo sviluppo industriale è fortemente condizionato dalla presenza o meno di “esternalità”, che comprendono una crescente gamma di fattori materiali ed immateriali. Questa circostanza, genera la necessità di superare una impostazione della politica industriale in termini esclusivamente quantitativi; ovvero, finanziari, legata all’entità delle risorse e degli incentivi finanziari, in direzione di una maggiore enfasi agli aspetti qualitativi, mirata quindi a migliorare le condizioni “ambientali”, in cui si sviluppa il tessuto industriale. Inoltre, le nuove tecnologie e la loro interazione con l’organizzazione dell’impresa hanno avuto un notevole impatto sulla domanda di localizzazione. Oggi le imprese esprimono, una domanda di spazio diversa dal passato, sia per quantità (diminuita) che per qualità (aumentata). Ne è conseguita più in generale, l’urgenza di ridefinire gli obiettivi e la strumentazione delle strategie di promozione dello sviluppo. La formazione delle politiche regionali, ha dovuto considerare, in modo più accurato ed articolato tutto l’insieme di nuovi fattori localizzativi, oggi operanti, ovvero fattori logistici, tecnico-produttivi, finanziari, di marketing e di formazione. Conseguentemente si è avviata una riflessione sul ruolo e le funzioni, dei Consorzi e delle aree di sviluppo industriale, i cui risultati vengono recepiti nel nuovo quadro legislativo d’intervento straordinario del Mezzogiorno. 12 1.4. Il contributo delle A.S.I. allo sviluppo industriale: aspetti positivi ed elementi critici In sostanza con le A.S.I., si disponeva di uno strumento capace di contemperare insieme le esigenze sia generali che scientifiche delle imprese per conseguire, al meglio gli obiettivi alle quali erano preposte, che possiamo succintamente individuare con: a) L’ottimizzazione dell’offerta di infrastrutture e di suoli; b) La riduzione dei conflitti tra i richiedenti d’uso, dei suoli migliori, per ubicazione e locazione; c) L’offerta dei servizi alle imprese; d) La difesa ed il controllo ambientale. Se per l’operatore pubblico, l’utilità dell’agglomerato industriale era data, sia dai positivi effetti ambientali e urbanistici, (comportanti il minor consumo di suolo, contenimento di pressione sull’ambiente e riduzione di inevitabili impatti) che dai positivi effetti economico-gestionali (comportanti minori costi di insediamento e dalla possibilità di realizzare un’offerta congiunta di una serie di servizi di base e avanzati); per l’operatore privato, invece, derivava dalla concreta possibilità di venire in possesso di un “suolo aziendale”, già infrastrutturato, riducendo notevolmente i costi e i tempi d’insediamento, oltre alla possibilità di usufruire di uno spazio qualificato dal punto di vista igienico-sanitario e dell’ambiente di lavoro. Da ciò le A.S.I., potevano conseguire un insieme di risultati, fra i quali: 13 1) Fungere da veri e propri Fulcri d’attrazione di imprese da altre province e regioni; 2) Da validi supporto, a sostegno della imprenditoria locale e basi per la nascita di nuove; 3) Da contributo per i livelli occupazionali del territorio interessato, onde proporsi come soggetti attivi delle politiche di risanamento delle condizioni ambientali per il rafforzamento delle infrastrutture primarie preesistenti. Tuttavia l’esperienza trentennale della politica delle A.S.I., non ha mancato di evidenziarne fattori critici e distorsioni tali da indurre ad una riflessione e di conseguenza ad una riformulazione dell’intervento, per rimuovere le incongruenze e gli errori, rendendolo, finalmente, adeguato alle nuove esigenze del sistema produttivo meridionale. Con il mantenimento del contesto sociale, in cui le A.S.I. si trovarono ad operare dalla fine degli anni ‘70 in poi, emerse sempre più l’importanza dei fattori legati alla qualità dell’ambiente socio-economico; che andava, via via, ad assumere un ruolo di grande rilievo e di incidenza tale da imporre una trasformazione dei tradizionali agglomerati (non sempre organici e funzionali) che diventano luoghi e strumenti in cui gli utenti possono disporre, anche cooperando e dialogando tra loro, sia di servizi efficienti che di tutti quei fondamentali riferimenti e collegamenti, ritenuti indispensabili allo sviluppo di produzioni moderne e concorrenziali. Ed è proprio dalla consapevolezza delle carenze sopraelencate che 14 si è partiti per riformulare nuove e più incisive azioni di intervento. Fra i tanti fattori critici, quelli che hanno avuto più peso nella esperienza A.S.I., sono stati: I ritardi di attuazione; l’incompletezza dell’intervento infrastrutturale; mancata corrispondenza tra le caratteristiche dell’offerta infrastrutturale delle A.S.I. e la domanda da parte delle imprese (caratterizzata da specifici processi produttivi); l’eccessivo distacco tra le aree urbane e la carenza dei collegamenti (reti di trasporto); la smodata proliferazione del fenomeno “agglomerativo”, spesso svincolato da una reale e preesistente richiesta insediativa; infine, la scarsa attività promozionale degli Enti gestori. Questi aspetti, appena illustrati, hanno portato i soggetti programmatori ad una riflessione sulla necessità di: a) Ridurre la diversificazione tra le scelte insediative (A.S.I. e N.I.) e quelle di localizzazione spontanea; b) Riprogrammare i contenuti dell’agglomerazione, inserendo nella connotazione delle strutture e degli Enti di gestione, direttrici, concernenti la fornitura dei servizi, la riprogrammazione insediativa civile, la rete dei trasporti, ecc...; c) Di progettare e realizzare un network informativo e funzionale fra le aree, per supportare azioni di integrazione sistematica tra territori e settori produttivi, interni ed esterni delle aree. Per cui si prospetta l’esigenza di concepire l’attrezzatura delle aree, 15 non più limitata alla singola infrastruttura primaria, ma aperta all’insediamento di servizi agglomerativi basati sulle esigenze funzionali delle attività produttive da insediare (aree attrezzate). Sulla base di quanto detto, le A.S.I. potrebbero svolgere un’auspicabile funzione promozionale di “trascinamento”dello sviluppo, anche con l’anticipazione della domanda potenziale di aree attrezzate e di concessione di servizi, non ancora emersa. 1.5 Le Aree e i Nuclei di Sviluppo Industriale Dunque, l’area (o il nucleo) di sviluppo industriale rappresenta lo strumento di concretizzazione della politica meridionalistica, già visto nelle scelte imprenditoriali, diretto verso una concentrazione degli investimenti per coordinare attraverso una più efficiente rete infrastrutturale, il sistema delle convenienze all’investimento. Il tutto allo scopo di facilitare l’industrializzazione e allo stesso tempo di concentrare gli sforzi economici e finanziari in un numero delimitato di zone, dotate di risorse naturali e con favorevole ubicazione geografica, per promuovere la nascita degli insediamenti industriali, punti nevralgici dell’economia meridionale. In questo contesto, dal punto di vista funzionale assumono decisiva rilevanza le attività industriali, che devono costituire la base dinamica della nuova politica di industrializzazione. Dal punto di vista giuridico, l’area di sviluppo industriale trae la sua origine dallo sviluppo della zona industriale, istituita con la legge speciale 16 dell’08/07/1904, n° 351, per il “per il risorgimento della città di Napoli “, con cui veniva creata una zona apposita per gli insediamenti industriali.8 La zona industriale, così istituita dalla legge speciale, non si sviluppa tuttavia in maniera tipica, tant’è che a volte assume rilevanza prettamente urbanistica, cioè con funzione regolatrice di edificabilità, mentre altre volte con funzione generalmente di politica economica, svolgendo un’azione disciplinatrice ed incentivante dello sviluppo industriale. Il dettato legislativo della L. n. 634/57, facendo riferimento a “determinate zone”, fa nascere il dubbio che si possa trattare delle vecchie zone industriali previste da precedenti leggi di incentivazione per il Mezzogiorno. Invece dal contesto normativo si evince che l’intero territorio meridionale e le diverse modalità operative e gestionali, costituiscono elementi di diversificazione notevole delle zone industriali dei Consorzi stessi. Tuttavia in sede esplicativa al fine di differenziare, anche solo formalmente, il nuovo istituto della zona industriale, nel 1959, si preferiva sostituire al termine “classico” di zona, quello di area di sviluppo industriale a cui si aggiunge nel 1960, l’ulteriore termine di nucleo di industrializzazione. Esistono differenze sostanziali fra i due concetti di zona, previsti dalle due normative; e cioè mentre le zone industriali sono dettate più dall’esigenza di risolvere i problemi di ordine congiunturale, quelle previste dal 8 V.G.FALZONE, Le zone industriali, Palermo, 1962 17 legislatore deI ‘57, sono inquadrate in una visione coordinata di sviluppo9 Infatti le differenze tra le zone industriali tradizionali e le aree e i nuclei di industrializzazione, veniva così spiegata dalla prima circolare del Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno del 07/10/59, n. 21354, : “Le zone industriali, stipate e installate su di una ristretta porzione di territorio comunale... riflettevano essenzialmente preoccupazioni di carattere congiunturale e talora moventi extra-economici, e non si ponevano…. problemi di razionale localizzazione nel senso sopratutto dell’interesse generale, così da evitare squilibri economici regionali e prevenire le conseguenze sfavorevoli “. Invece “le aree di sviluppo industriale “ comprendono ambiti territoriali sufficientemente ampi ed omogenei, localizzati, cioè in corrispondenza di un adeguato numero di Comuni appartenenti eventualmente anche a diverse province, che, per certe caratteristiche geodemografiche, debbono servire per “promuovere ed operare tutte quelle trasformazioni ambientali atte a potenziarne ed a svilupparne le forze di attrazione ubicazionale e, quindi, a costituire, delle aree di concentrazione, rispetto all’intero territorio meridionale “. Mentre le prime si caratterizzano per le particolari agevolazioni di cui usufruiscono come: cessioni gratuite o a prezzo di favore, di aree da parte dei Comuni (nel caso delle zone ex. art. 21, L. 634/57, le agevolazioni si applicherebbero a tutto il territorio del Mezzogiorno); le altre zone si 9 Cfr.M.ANNESI. Aspetti giuridici della disciplina degli interventi nel Mezzogiorno, Roma, 1966 18 differenziano sulla base di altri elementi, quali infrastrutture, limiti di contribuzione, ecc... Caratteristica della nuova legislazione è che le zone non sono istituite dalla legge, ma si lascia l’iniziativa di promuovere la loro creazione alle amministrazioni locali. Elemento comune alle vecchie zone, che rimane radicato nella nuova nozione, é l’esistenza dell’istituto consortile, al quale vengono affidate la gestione e lo sviluppo della zona stessa, anche tramite l’acquisizione in forma coatta delle aree occorrenti, allo scopo di realizzare le infrastrutture necessarie, o di cedere, e eventualmente, locare ad operatori economici i terreni occorrenti per gli insediamenti industriali. Ai sensi dell’art. 21 della 634/57, infatti, : “allo, scopo di favorire, nuove iniziative industriali di cui sia prevista la concentrazione in una determinata zona, i Comuni, le Province, e Camere di Commercio, Industria e Agricoltura e gli altri Enti interessati, possono costituirsi in Consorzi con il compito di eseguire, sviluppare e gestire le opere di attrezzatura della zona...”. Mentre con la circolare 08/06/1960, n°5621, il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno ha sviluppato il concetto di nucleo d’industrializzazione, la stessa circolare riporta che il “fenomeno” della concentrazione industriale può essere, infatti, sostanzialmente graduato in due categorie: 1) La grande concentrazione provocata essenzialmente dall’esistenza 19 di importanti e numerose iniziative industriali che si localizzano in una determinata area e che abbisognano di un vasto ambiente territoriale ed umano aventi particolari caratteristiche geoeconomiche; 2) La concentrazione minore è, invece, effetto del fenomeno di agglomerazione di un numero più limitato di imprese industriali, che sfruttano più circoscritti mercati, materie prime esistenti in loco, o alcune caratteristiche naturali ed infrastrutturali, assenti in zone limitrofe. In fondo i “nuclei” vengono a corrispondere agli agglomerati nei quali sono distribuite le industrie all’interno di un’area. Ogni nucleo, infatti, dovrebbe accogliere di regola, un solo agglomerato Il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno ha ritenuto opportuno, sulla base di iniziative emanate per le aree di sviluppo industriale, stabilire che possano essere costituite oltre a tali aree, i nuclei di industrializzazione, atti a favorire i processi concentrazione industriale minore con la predisposizione delle necessarie infrastrutture al fine di ridurre il costo collettivo degli insediamenti. Per cui il nucleo riguarda un fenomeno di concentrazione minore, comprendente un numero più circoscritto di piccole e medie industrie, inserite in contesti più limitati. sfruttanti materie prime esistenti in loco e situazioni ambientali, nonché infrastrutturali mancanti in zone vicine. Ad ogni area o nucleo corrisponde, così, un Consorzio 20 Industriale, con la conseguenza che il procedimento di individuazione dell’area o del nucleo, coincide con il procedimento di formazione del Consorzio, cioè con la prima fase di questo. Il principio delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale è alla base di una politica volta alla costruzione di strutture in grado di assorbire, con il tempo, altre unità produttive addizionali e di causare profonde trasformazioni nell’ambiente locale, di gran lunga maggiori di quelle ottenibili con i tradizionali interventi pubblici. Al fine di raggiungere ciò, le aree in questione dovevano rispondere alle due seguenti principali esigenze: 1) La suscettività a fornire quel complesso di fattori agglomerativi ed ubicazionali (riserva di manodopera, infrastrutture di base, inizializzazione del processo di sviluppo industriale, ecc...), che costituiscono lo stimolo e l’attrazione alla localizzazione delle scelte degli imprenditori; 2) L’esistenza di organismi consortili dotati di un’ampia sfera di attribuzioni, di competenza, di mezzi e rappresentativi di una vasta coesione di interessi locali Con le circolari 07/10/59, n. 2 1534, e 08/06/60, n°5621, il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno fissava le condizioni e i requisiti minimi occorrenti per l’individuazione delle aree e dei nuclei.10 10 F.TERESI, Le aree industriali nella legislazione statale e regionale e nel sistema d’intervento pubblico, in Foro Amministrativo, 1979, Pag. 1418 21 La prima ditali condizioni era determinante, in quanto consisteva nella certificazione della esistenza di una effettiva tendenza alla concentrazione industriale, nonché da un minimo di insediamenti: cui si aggiungono i requisiti secondari ed accessori. Ma mentre i requisiti di prima fascia avevano un valore determinante, nel senso che se non venivano soddisfatti non poteva sorgere l’area o il nucleo industriale, i requisiti secondari e quelli accessori “integravano la qualificazione già operata, consentendo una valutazione più precisa delle concrete possibilità del territorio di accogliere un adeguato numero di iniziative”. 11 E’ pertanto evidente l’aspetto innovativo rispetto alla prima fase dell’intervento straordinario, non identificabile nella infrastruttura, oltretutto già prevista nella c.d. pre-industrializzazione, dalla legge istitutiva della Cassa per il Mezzogiorno, quanto nella previsione di un certo numero di comprensori, aree e nuclei d’industrializzazione, che avrebbero dovuto facilitare l’insediamento di impianti industriali. La stessa legge 634/57 prevedeva, con l’istituzione di tali Enti, la necessità di eseguire e gestire le opere infrastrutturali necessarie per l’attrezzatura delle zone in conformità della politica meridionalistica, volta non solo alla concentrazione degli interventi, ma alla promozione di qualsiasi altra iniziativa ritenuta utile allo sviluppo industriale della zona.12 11 Cfr.S.SCARANTINO, I Comprensori di sviluppo industriale, programmazione economica e assetto del territorio, Milano 1971 12 V.V.GIOVANNELLI e P.CALANDRA, Problemi giuridici dei Consorzi di sviluppo industriale nel Mezzogiorno, Milano 1966 22 Attraverso questo nuovo Ente, si cercava di coinvolgere la classe politica locale, non solo nella realizzazione e nella esecuzione delle opere infrastrutturali, ma anche nella determinazione e nella progettazione della stessa impostazione accentratrice che, fino ad allora, aveva caratterizzato la Cassa per il Mezzogiorno. Pertanto i Consorzi Industriali vengono a costituire la struttura amministrativa che avrebbe dovuto attuare la nuova politica degli insediamenti industriali nel Mezzogiorno, assolvendo a compiti di mediazione a livello sociale complessivo, in quanto rivolti a compensare e a comporre gli interessi contrastanti e a realizzare i processi d’industrializzazione nel loro impatto sul territorio e sulla struttura sociale meridionale, onde ridefinire il quadro generale di riferimento per mezzo dello strumento specifico del piano regolatore dell’area o del nucleo13 In quest’ottica, i Consorzi industriali si presentano come la sede più adeguata per la formazione di un personale politico capace di comporre i problemi locali con il livello nazionale, dal punto di vista e sul territorio della linea d’industrializzazione, della programmazione e dello sviluppo e quindi come la possibile chiave di sviluppo industriale nel Mezzogiorno14 13 V.SERNINI, Critica del diritto, n°4, 1975 23 1.6 I Consorzi d’industrializzazione e la loro prima esperienza negli anni ‘60 1.6.1 I Poli di sviluppo e programmazione economica Fin dalla loro costituzione i Consorzi hanno rilevato gravi disfunzioni in merito alle enormi difficoltà finanziarie che li costringevano a dipendere sempre più spesso e volentieri dalla Cassa per il Mezzogiorno, o addirittura dalle stesse industrie che anticipavano i fondi necessari, con chiari effetti distorsivi. Una simile situazione portò a qualificarli come sede di mediazione di interessi e un potenziale centro appetibile per la classe politica locale, ma nel complesso dotato di un limitato potere decisionale in merito alle grandi scelte di localizzazione, che venivano prese altrove e a più alti livelli. Con il Consorzio si veniva a creare un sistema di mediazione di interessi per la burocrazia della Cassa, gli Enti locali, la grande e la piccola impresa locale, i proprietari edili e quelli delle aree, le organizzazioni dei lavoratori, i disoccupati, etc..., e inoltre, il fatto stesso che “in una regione sottosviluppata, come il Mezzogiorno, il potere di formulare, selezionare, i progetti relativi allo sviluppo del comprensorio, che lo Stato avrebbe dovuto finanziare, collocava il Consorzio al centro di intense pressioni locali e conflitti d’interesse; i quali divennero, presto, una catena di rapporti clientelari tra Stato e regioni meridionali e furono subito conquistati dai potenti gruppi locali” Questo fenomeno di feudalizzazione degli organi consortili 14 Cfr.FERRARI-BRAVO, Stato e sottosviluppo, Milano 1972 24 sembra farsi più pericoloso, tanto da minacciare la carica innovativa per cui erano stati istituiti all’interno della politica d’intervento straordinario nel Mezzogiorno. Nella circolare n°1840 del 25/03/64 deI Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno, si affermava “la necessità che i Consorzi, configurati per legge come enti di diritto pubblico, sfruttino la loro capacità autonoma, ponendo innanzitutto la massima cura nell’assegnare i posti di responsabilità a uomini tecnicamente preparati.. Cioè occorre evitare l’errore di porre al vertice persone illustri per altri meriti”. Si renderà, quindi, assolutamente necessario che i dirigenti dei Consorzi specie il Presidente, il Comitato Direttivo e il Direttore, vengano scelti, come lo statuto consortile prevede, tra persone aventi i requisiti di sicura ed accertata esperienza in materia economica, amministrativa e industriale. 1.6.2 I Poli di sviluppo Uno degli elementi più eclatanti di una chiara disfunzione dell’istituto consortile è rappresentato dall’eccessiva proliferazione del fenomeno dei poli di sviluppo. Si ripeteva l’esperienza negativa della prima fase dell’intervento nel Mezzogiorno, stravolgendo la politica di base,ispiratrice delle aree e dei nuclei d’industrializzazione. Aree e nuclei tendevano a moltiplicarsi in modo incontrollato, vanificando, cosi, non solo il controllo delle autorità preposte, 25 ma anche le potenzialità di sviluppo in esse concentrate. A questo fenomeno della proliferazione se ne contrappone un altro e cioè quello della concentrazione degli investimenti. Si realizza, insomma, un profondo divario tra la dinamica degli investimenti dinamica del sorgere delle aree industriali e quindi della spesa pubblica infrastrutturale nel Mezzogiorno, tra una concentrazione delle prime e una forte dispersione delle seconde. Gli insediamenti del Sud sono talvolta, vere e proprie cattedrali nel deserto, grossi stabilimenti semiautomatizzati nel settore della petrolchimica e della siderurgia, ad alta intensità di capitale e a bassa intensità di lavoro, dotati di scarsa capacità diffusiva, che però riescono ad ottenere le maggiori agevolazioni di tipo creditizio, infrastrutturale e fiscale. Il fenomeno dei poli di sviluppo riflette processi di concentrazione territoriale (oltre che settoriale e finanziario) del capitalismo mondiale, anche in vista del nuovo orientamento della classe politica del Governo verso un diverso tipo di sviluppo nel Mezzogiorno. Dei poli di sviluppo si parlò, per la prima volta, nella relazione al Parlamento del Ministro per il Mezzogiorno, nel 196115 Teorizzati dal Perroux e sostenuti in Italia dal Graziani e dal Saraceno i poli di sviluppo industriale trovano una precisa formulazione politica nel 1960, nella Relazione illustrata dal Ministro Pastore in un convegno sulla politica di 15 Cfr.Guida per i Consorzi per le aree e i nuclei di industrializzazione nel Mezzogiorno, Roma 1969 26 sviluppo nel Mezzogiorno, dove si sottolinea come “...un’accelerazione sulla politica del Mezzogiorno, in grado di dare alla espansione economica un andamento cumulativo, abbisogna di una struttura industriale integrata e moderna, che faccia perno sui poli di sviluppo, opportunamente precisati dal punto di vista della localizzazione geografica, della definizione settoriale e della strumentazione istituzionale, i soli suscettibili di realizzare una non indubbia, magari lenta, crescita, ma comunque profondamente strutturale e di assicurare agli investimenti, il massimo degli effetti moltiplicativi collaterali”16 Ed è proprio così che nascono i Consorzi per le Aree e i Nuclei di sviluppo industriale, organismi associativi a carattere facoltativo, tra Comuni, Province, Camere di Commercio e di Enti interessati a favorire nuove iniziative industriali,di cui sia prevista la concentrazione in una determinata zona Era avvertita l’esigenza che la politica del Mezzogiorno necessitasse di “ una ulteriore fase di programmazione dell’intervento nel suo insieme”, accentrando le differenziazioni dell’intervento nel Mezzogiorno, puntando sull’integrale sviluppo delle strutture produttive di quelle zone che possono diventare veri e propri poli di sviluppo, cercando di favorire l’esodo dalla zone più povere. La questione meridionale restava così affidata “alla creazione di efficienti poli di sviluppo, con un massiccio processo industriale e con un’agricoltura irrigua inserita nel mercato interno ed internazionale”. 16 Cfr.G.PASTORE, I lavoratori dello Stato, Firenze 1963 27 I poli, avevano finalità produttive ben precise, a breve e a medio termine, con costi complessivi comparativamente bassi: il tutto doveva servire a creare, nel Mezzogiorno, un autonomo meccanismo di sviluppo. L’intervento pubblico era così teso, da una parte, a sollecitare le tendenze espansive presenti nel Sud e,dall’altra, verso le Zone di sistemazione, laddove non erano previsti rilevanti investimenti industriali, in contesti caratterizzati da un’agricoltura povera e tradizionale, zone destinate al progressivo abbandono e spopolamento Il nuovo orientamento della politica meridionalistica era oramai tracciato: “assecondare l’indirizzo spontaneamente manifestatosi nelle decisioni imprenditoriali per una concentrazione degli investimenti, onde accrescere il sistema delle convenienze già approntato dalla realizzazione delle infrastrutture ambientali e della politica degli incentivi”17 Sono le tendenze di mercato, dunque, ad agevolare l’intervento pubblico e non viceversa. Va inoltre scomparendo qualsiasi elemento di scelta dal basso: è quasi sempre il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno (prima della sua soppressione) che sceglie le aree di sviluppo e poi le comunica agli organi locali, grazie anche all’ambiguità della stessa legge 634/57 e alla luce delle circolari attuative. A ciò aggiungasi un altro fattore deterrente, quale quello della spesa pubblica, sempre più assistenziale in riferimento alle c.d. zone di 28 sistemazione. Ed è proprio tale orientamento che autoalimenta quella tendenza alla dispersione e alla proliferazione delle aree, dei Consorzi industriali ed opere infrastrutturali, anche in assenza di consistenti insediamenti industriali. 1.7 La “nuova politica” di localizzazione industriale e programmazione economica degli anni ‘60 Con la presentazione della Relazione Pastore (1961), illustrativa dei risultati del 1° decennio di intervento straordinario, alla Camera dei Deputati, prese avvio il dibattito politico istituzionale: tutto incentrato sul problema della programmazione economica. Veniva, per tale via, riconosciuta l’insufficienza degli interventi necessari per il processo d’industrializzazione del Mezzogiorno per la inadeguata localizzazione delle industrie nel Sud e per la loro scarsa capacità diffusiva; inoltre si riconosceva il ruolo subalterno degli Enti pubblici e degli Istituti di credito rispetto alle tendenze iniziali, senza contare il fatto che il boom economico non aveva fatto altro che allargare il divario fra il Sud ed il resto d’Italia. La situazione che si era venuta a creare era talmente disastrosa da indurre i politici e gli economisti ad un’azione di razionalizzazione di tutta l’azione meridionalistica in funzione di un vero e proprio intervento programmato. Sulla base di ciò la maggioranza diede al Governo l’incarico di 17 Cfr.MD’ANTONIO e V.PARLATO, Cronache Meridionali, 1963 29 predisporre uno schema organico di sviluppo, costituito nella cd. Nota Aggiuntiva o (nota La Malfa). Ed ecco la cd. terza via che torna a riproporsi, in quanto “prefigura un modello istituzionale che accantonava il protezionismo liberale e dall’altro i dibattiti precedenti sulla programmazione. Il sostegno all’industria si inserisce in un quadro di scelte statali e perciò sgancia lo sviluppo e i suoi frutti dalla sola creatività imprenditoriale. Si scopre anzi che lo sviluppo segue le linee “politiche” e si rivendica una competenza a fissarle”18 Uno dei maggiori ostacoli all’efficienza dell’intervento straordinario consisteva proprio nell’abnorme proliferazione delle aree e dei nuclei di industrializzazione, causata dalla forza di interessi arretrati e parassitari, che si opponevano ad una visione centralizzata degli interventi e spesso incoraggiata dagli organi dirigenti dell’apparato della Cassa per il Mezzogiorno. Ma proprio questa sarà l’alternativa statale: assorbimento completo dell’intervento per il Mezzogiorno nella politica di programmazione o mantenimento della struttura straordinaria; la programmazione, infatti, implica la ristrutturazione dell’apparato che gestisce l’intervento nel Mezzogiorno ed il superamento della politica meridionalistica, come politica aggiuntiva e settoriale. Sulla localizzazione degli interventi, il programma economico nazionale (Piano Pieraccini) distingue tre aree economiche in relazione ai livelli e alle tendenze di sviluppo. 18 Cfr.CHIARIMONTE, Un piano per il Mezzogiorno 30 a) Aree di sviluppo primario (Italia nord-occidentale); b) Aree di sviluppo secondario; c) Aree di depressione (che oltre al Mezzogiorno comprendono alcune regioni dell’Italia centrale e altre zone dell’Italia del nord—orientale, laddove si poneva come obbiettivo, per la massimizzazione dello sviluppo economico, la necessità di concentrare maggiormente gli investimenti in certi paesi, prevedendo l’intensificazione degli interventi, in un certo numero di “aree di sviluppo industriale”, caratterizzate da notevoli possibilità di sviluppo industriale, agricolo e turistico). L’intervento intensivo, all’interno delle “aree di sviluppo globale”, doveva essere tale che gli investimenti avrebbero dovuto localizzarsi in prevalenza in tali aree, in particolare nelle aree e nei nuclei di industrializzazione, che complessivamente avrebbero dovuto assorbire circa l’80% dei nuovi posti di lavoro nell’industria (mentre prima il 50% era destinato alle aree di sviluppo agricolo). Si sottolineava inoltre che l’intervento pubblico avrebbe dovuto incoraggiare l’installazione nel Mezzogiorno delle grandi imprese industriali capaci di esercitare effetti propulsivi sull’ambiente economico. 19 Con la legge 26/06/1965, n. 717, viene adottata la linea della concentrazione contenuta nel Piano Economico, confermando la scelta dei poli di sviluppo, che aveva precedentemente ispirato la legge 29/09/1962, n. 1462. 31 I principali aspetti di tale disciplina in merito ai Consorzi industriali, sono: a) Agganciamento della politica meridionalistica alla programmazione economica nazionale, mediante l‘inserimento degli organi dell’intervento straordinario nel sistema di programmazione economica. La nuova disciplina si caratterizza per l’intento di operare una razionalizzazione degli interventi nel Mezzogiorno, per una marcata centralizzazione, nonché per il rafforzamento dei poteri d’indirizzo, nel quadro della politica di programmazione nazionale, con l’introduzione dell’istituto del “piano pluriennale di coordinamento”. Si ha inoltre la soppressione del Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno, che fino alla precedente normativa aveva assunto finzioni di controllo e di coordinamento. Esso aveva, inoltre, diversi poteri fra i quali: autorizzare la Cassa ad intervenire con i contributi per finanziare i Consorzi industriali; deliberare sugli statuti dei Consorzi per le aree e nuclei determinare le modalità di assunzione, da parte della Cassa, degli oneri a carico dei Consorzi per l’esecuzione delle opere e di attrezzature o per la redazione del piano regolatore e per la concessione di contributi per la costruzione di case destinate ad alloggi per i lavoratori; determinare le modalità per la concessione dei contributi per invasi approvare i piani regolatori dei Consorzi per le aree e i nuclei industriali. Le attribuzioni del Comitato dei Ministri, istituito con la legge n°646/50, vengono pertanto trasferite al C.l.R. ( Comitato interministeriale per 19 Cfr.G.AMATO,Il governo dell’industria in Italia, Bologna 1972 32 la ricostruzione), salvo i poteri di direttiva e di vigilanza verso la Cassa e i suoi organismi, i quali vengono trasferiti ad un nuovo organo, il Ministro per gli interventi nel Mezzogiorno. Il nuovo Comitato, oltre ad essere un organo preparatorio per la predisposizione e la formulazione dei piani di coordinamento, diventerà titolare delle attribuzioni svolte precedentemente dal Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno. 20 b) Unificazione e centralizzazione del coordinamento dell‘intervento ordinario e straordinario, mediante lo strumento del Piano pluriennale di coordinamento. Tale piano dovrà essere predisposto d’intesa con le amministrazioni statali o regionali, e formulato dall’apposito Comitato costituito in seno al C.I.R., cui spetta il compito di approvano, armonizzarlo in attuazione del Programma economico nazionale e sulla base dei piani regionali, impegnando cosi le amministrazioni centrali e la Cassa per il Mezzogiorno ad adottare i provvedimenti necessari per la loro attuazione. Spetta infatti al Piano di coordinamento individuare i comprensori di concentrazione: zone irrigue e zone di valorizzazione agricola ad esse connesse; aree e nuclei di sviluppo industriale, comprensori di sviluppo turistico. Ulteriore aspetto della centralizzazione e dell’unificazione è dato dal fatto che i piani di coordinamento hanno per oggetto “ tutti gli interventi pubblici diretti a promuovere ed agevolare la localizzazione delle attività produttive e di quelle a carattere sociale nei territori meridionali “. 20 V.TOZZI, Intervento pubblico e industrializzazione del Mezzogiorno, Roma 33 c) Partecipazione delle regioni alla predisposizione del piano di coordinamento degli interventi nel Mezzogiorno , la cui definitiva approvazione spetta, come già visto al C.I.R. A tale scopo: 1) Il C.I.R. viene integrato, per le decisioni riguardanti i piani di coordinamento degli interventi nel Mezzogiorno, dai Presidenti delle Giunte Regionali; 2) I1 Comitato dei Ministri istituito in seno al C.I.R. opera “d’intesa con le amministrazioni regionali interessate” e viene anch’esso integrato dai Presidenti delle Giunte Regionali; 3) A ciascuna Regione viene riconosciuta la facoltà di presentare proposte per gli interventi da effettuare nel proprio territorio. Vengono di fatto ignorate le competenze spettanti alle Regioni e agli Enti locali non solo per quel che concerne l’elaborazione dei piani, ma anche per l’attuazione dei piani regionali. 1.8 La natura giuridica Ai politici e agli economisti del tempo, la decisione di istituire enti quali i Consorzi industriali era parsa come l’iniziativa più audace per l’intervento straordinario nelle regioni meridionali. Nelle loro intenzioni, i Consorzi di sviluppo industriale avrebbero 34 dovuto favorire la concentrazione di attività industriali in attrezzati ed efficienti “poli di sviluppo”, da dove poi si sarebbe irradiata fino alle zone più povere e depresse del sud. Tuttavia solo parte dei propositi sperati si sono realizzati, perché sia gli investimenti pubblici che quelli privati nel Mezzogiorno, sin dalla costituzione delle A.S.I., presso la Cassa, non sono stati tutti indirizzati verso i poli e le aree di sviluppo, anche perché circa il 60% di questi sono stati dirottati verso altre zone, preferendo così scelte tecnicamente ed economicamente più vantaggiose. Le difficoltà ed ambiguità con cui tale ente si è dovuto scontrare, durante il suo cammino, non sono state però soltanto di natura economica, ma anche giuridica. Si pensi soltanto alle innumerevoli e contrastanti vicissitudini riguardo alla sua natura giuridica, che lo hanno condizionato fortemente, rallentandone l’attività.. Il legislatore, definì, a scanso di equivoci, il Consorzio di sviluppo industriale come ente di diritto pubblico, attribuendogli le caratteristiche dell’ente associazione. Infatti, come già detto sui soggetti partecipanti al Consorzio, si riscontra la presenza sia di Enti locali ed istituzionali che di Enti pubblici e privati, senza alcuna preclusione, a patto che naturalmente la loro attività sia subordinata alle finalità dell’ente e cioè allo sviluppo industriale del Mezzogiorno. Si era, così, preferita una soluzione democratica a quella territoriale, con la piena consapevolezza dei difetti della prima e dei pregi della 35 seconda (quest’ultima ispirata al modello di agency anglosassone). Ed ecco che il Consorzio industriale viene inquadrato come ente politico che associa in se organismi pubblici e privati.21 I poteri che gli vengono attribuiti dalla legge traggono legittimazione da un’ampia rappresentatività democratica. Il momento tecnico è subordinato a quello politico e cioè a quello dello sviluppo economico del Mezzogiorno. In primo luogo, occorre notare che i Consorzi non sono coattivi: nel senso che non esiste, infatti, alcuna norma di legge che obblighi gli Enti operanti in una certa zona a parteciparvi. La prevalenza di tale elemento volontaristico consente di qualificare gli enti in esame come strutture pubbliche a base associativa, di carattere non necessario, non assimilabili nè ai Consorzi amministrativi, nè a quelli previsti dalla legge comunale e provinciale.22 I Consorzi, infatti, non sono organi ausiliari dei Comuni, bensì enti autonomi e “collegati” all’Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno (adesso soppressa con D.l.g.s. del 03/04/93, n. 96) ed alle regioni; infatti la loro costituzione e regolamentazione avviene a mezzo di un procedimento specificamente ed interamente disciplinato dalla legge (art. 50, T.U., n. 218/78) diverso da quello vigente per i Consorzi degli enti locali, e 21 V.G.DI GIANDOMENICO, Consorzi industriali per lo sviluppo del Mezzogiorno, Napoli 1973, Pag. 6 36 che si conclude con l’approvazione del relativo statuto mediante un atto di competenza sia dell’autorità governativa locale, sia del Presidente della Repubblica (fino al 1977, attualmente di spettanza della Regione). Pertanto si può affermare che i Consorzi di sviluppo industriale costituiscano una tipologia di enti pubblici sostanzialmente diversa dai normali consorzi comunali e provinciali. Da ciò, una conseguenza molto rilevante, purtroppo spesso dimenticata dagli attuali organi di vigilanza: ai Consorzi industriali devono applicarsi le sole norme specificatamente dettate per essi, e non anche le norme delle leggi comunali e provinciali. Rimane da stabilire, adesso, se i Consorzi possano rientrare nella pur ampia ed eterogenea categoria dei Consorzi amministrativi, rispetto ai quali si devono verificare le seguenti caratteristiche: 1) L’assorbimento dei compiti viene considerato come proprio di ciascuno dei soggetti consorziati; 2) La strumentalità, di conseguenza, del Consorzio rispetto allo scopo che legittima la partecipazione ad esso dei singoli consociati; 3) L’assorbimento dei compiti stessi come la sola ragione d’essere del Consorzio, esclusa perciò ogni finalità estranea ad essi. A ben guardare, nessuno di questi caratteri si ritrova nei Consorzi 22 Cfr.S.SCARANTINO, I Comprensori di sviluppo industriale, programmazione economica e assetto del territorio, Milano 1971, Pag. 21 37 industriali. Non il primo, in quanto l’interesse che può muovere un ente a consociarsi è sì quello di favorire lo sviluppo industriale di una zona, ma non è necessariamente un suo fine istituzionale; si pensi, ad esempio, agli Enti provinciali e del Turismo, agli Enti di sviluppo agricolo che, pur partecipando a numerosissimi Consorzi industriali, indubbiamente hanno finalità statutarie proprie e ben diversificate da questi ultimi. Non quindi il secondo carattere, che deriva dal primo. E nemmeno il terzo, posto che il Consorzio può assumere,per espressa disposizione della legge istitutiva, “ qualsiasi iniziativa volta a favorire lo sviluppo industriale del comprensorio”. Tale finalità è talmente vasta ed imprecisata, che verrebbero legittimate le iniziative più varie e impensate. Da quanto detto si può dunque evincere che i Consorzi industriali non possono essere assimilati ai Consorzi amministrativi Circa le finalità prioritarie e specifiche per il raggiungimento delle quali i Consorzi sono stati istituiti, occorre osservare che esse vincolano i Consorzi stessi al soddisfacimento di interessi che, seppure localizzati, trascendono da quelli dei singoli associati. Ne consegue che, manca, per questi ultimi, la possibilità di influenzare in modo determinante le vicende dell’Ente, le quali sono fissate preventivamente dalla legge. Sembra, al riguardo, corretto inquadrare i Consorzi di sviluppo industriale fra le istituzioni, anziché fra le corporazioni; tanto più che al conseguimento dello scopo comune i mezzi degli associati 38 contribuiscono in misura assai modesta, mentre la parte di gran lunga prevalente della spesa è sostenuta da altri enti, in particolar modo dallo Stato tramite le regioni. Ed ancora, i Consorzi non sono nemmeno enti territoriali, non sussistendo nei loro confronti connotati essenziali che la dottrina attribuisce a tale categoria: vale a dire, da una parte, il potere d’imperio finalizzato al soddisfacimento della generalità degli interessi esistenti in una certa zona; e, dall’altra, l’appartenenza necessaria all’Ente di tutti i soggetti che appartengono al territorio in ragione del domicilio o della residenza. Riguardo al primo requisito, infatti, è di tutta evidenza che l’industrializzazione dell’area o del nucleo, sebbene implichi una serie di attività collegate di diversa natura, non esaurisce le materie oggetto della competenza tipica degli enti locali territoriali. Riguardo al secondo requisito è altrettanto evidente che il Consorzio, come già accennato in precedenza, non è composto da tutti i soggetti del comprensorio, ma solo da quelli che hanno un interesse particolarmente qualificato allo sviluppo industriale della zona. Esso, inoltre, può comprendere altri soggetti che non appartengono al comprensorio; tale è il caso, già considerato, dei Comuni confinanti che sono indirettamente interessati ai risultati dell’attività del Consorzio. D’altra parte, l’elemento territoriale ha un rilievo autonomo sotto due profili: 39 1) Il diritto all’integrità del territorio, che riceve specifica tutela nel caso di conflitto di competenza fra Consorzi finitimi; 2) La particolare qualificazione giuridica che il territorio stesso riceve, come già visto precedentemente, ad opera del Consorzio, attraverso il piano regolatore. In tal senso si può parlare dei Consorzi di sviluppo industriale come di enti a “base territoriale”. A rivoluzionare tutte le concezioni sulla natura giuridica dei Consorzi di sviluppo industriale, intervengono due successive sentenze della Corte di Cassazione con cui si sancisce che i Consorzi sono a tutti gli effetti “enti pubblici economici”, pur non avendo questi alcun scopo di lucro e la natura di enti privati; con evidenti diversità di soluzioni circa il sistema di contabilità, il regime dei controlli e quello fiscale, rispetto al sistema applicato fino a tale periodo. La suprema Corte giunge a tale sentenza argomentando che la caratteristica peculiare dell’ente pubblico economico è rappresentata dall’esercizio di un’attività (a nulla rilevando se esclusiva o prevalente) imprenditoriale, che rappresenti lo strumento per il raggiungimento dei fini istituzionali e per il soddisfacimento di pubbliche esigenze. In pratica, si tratterebbe di un’attività operante nel settore economico, preordinata al raggiungimento di risultati patrimoniali di conservazione, scambio e produzione di beni e servizi, a nulla rilevando che non esiste il perseguimento di uno scopo primario di lucro, anche se in regime di monopolio. 23 23 Cfr.E.POLITO, L’ordinamento tributario italiano, Milano 1978 40 D’altronde l’esercizio da parte dei Consorzi di un’attività imprenditoriale, in conformità dei principi esposti, nelle citate sentenze della Corte di Cassazione, non è assolutamente in contrasto con il contenuto normativo della legge istitutiva, la quale dà la facoltà ai Consorzi di assumere qualsiasi iniziativa ritenuta utile per lo sviluppo industriale della zona. Si aggiunge, inoltre, che lo statuto-tipo dei Consorzi industriali prevede, come si è già ampiamente illustrato precedentemente, per il raggiungimento dei propri fini istituzionali, la possibilità per gli stessi enti: di procedere all’acquisto di aree ed immobili per l’impianto di aziende e servizi, la gestione di opere, la costruzione di rustici industriali, la vendita alle imprese delle aree acquistate, di riscuotere rendite derivanti dal patrimonio consortile e riscuotere canoni locativi nonché i proventi derivanti dalla amministrazione dei fondi.24 Afferma la Suprema Corte di Cassazione che: “Una tale attività di rilevante portata ed operante nell’ambito competitivo dell’economia agraria, industriale e commerciale, al pari di quella svolta da imprese private, non può non conferire al Consorzio il carattere di ente pubblico economico”. Il riferimento alle imprese private richiama la natura sostanziale dell’attività esplicata dai Consorzi. Si fa rilevare infatti, che i compiti affidati dalla legge, e ancora più dagli statuti, ai Consorzi, sottolineano il carattere imprenditoriale delle attività, in analogia con le note caratteristiche indicate nell’art. 2082 del codice civile. 24 V.S.STRIANO, Problematiche fiscali dei Consorzi delle aree d’industrializzazione, 1979 41 La dottrina dominante non ha mai accettato la decisione che qualificherebbe i Consorzi di sviluppo industriale come enti pubblici economici, eccependo che gli enti pubblici sogliono distinguersi in autarchici ed economici: i primi importerebbero l’esercizio di poteri d’imperio, mentre i secondi l’esercizio di un’attività imprenditoriale, alla stregua dei privati. Pertanto si ha un ente pubblico economico tutte le volte che l’ente svolga professionalmente “un’attività economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni o di Servizi” (art. 2082 CC.). A questo punto secondo siffatta interpretazione, è ovvio che i Consorzi non rientrano nella categoria degli enti pubblici economici, in quanto certamente essi non sono titolari d’impresa, ma svolgono, viceversa, finzioni pubblicistiche, in molte delle quali è rilevante il momento della supremazia (si pensi ad es. ai penetranti piani urbanistici). Manca, tra l’altro, nei Consorzi industriali, qualsiasi scopo di lucro avendo la loro azione natura prevalentemente promozionale. I Consorzi si limitano a porre in essere le premesse e le condizioni perché le imprese possano svolgere la loro attività economica, ma da questa essi ne restano fuori; i loro interventi rimangono a monte della gestione d’impresa Sicuramente i Consorzi hanno uno scopo ed una funzione economica, anzi questi costituiscono proprio la loro ragion d’essere. E’ facile, a questo punto, discernere gli enti che svolgono una 42 funzione di impulso e di regolamentazione dell’economia e che quindi esercitano poteri pubblici, da quelli che, invece, svolgono attività di produzione per il mercato, e di intermediazione nello scambio, al pari degli imprenditori privati. Di conseguenza la qualificazione di ente pubblico economico è riscontrabile solo in quest’ultimo tipo di enti e non anche nei primi A rendere ancora più ambigua ed incerta la qualificazione della natura giuridica dei Consorzi industriali, sono intervenute nel 1977 e nel 1983 altre sentenze sempre della Corte di Cassazione e del T.A.R. della Campania definiscono tali organismi come enti pubblici non economici, o addirittura come veri e propri enti locali. Considerando che i soggetti partecipanti possono essere vari e molteplici, come ampiamente illustrato precedentemente, affermare, come fa la sentenza del T. A. R. della Campania, che ci si trovi di fronte ad un ente locale del tipo degli enti locali istituzionali, sembra alquanto azzardato. Forse, in definitiva, ci si poteva accontentare, fino a qualche anno fa, di una qualificazione meno impegnativa, che però, realisticamente prendeva atto della insostenibilità complessiva delle tesi prospettate: “I Consorzi di sviluppo industriale possono qualificarsi come enti associativi, a base territoriale, con compiti di pianificazione urbanistica e di propulsione allo sviluppo globale del territorio interessato”.25 Ma, con l’entrata in vigore del IV°comma dell’articolo 36, L. n. 25 Cfr.E.PALAZZOLO, Economia e Credito, 1978, n. 2, pag. 520 43 317/91,: “I Consorzi di sviluppo industriale, costituiti ai sensi della vigente legislazione nazionale e regionale, sono enti pubblici economici”. Si risolve, cosi, definitivamente un problema interpretativo che ha agitato per lungo tempo la dottrina e la giurisprudenza italiana, creando dei conflitti, spesse volte, deleteri per la loro gestione. Questa legge inquadra, con un valore di interpretazione autentica, i Consorzi di sviluppo industriale, costituiti in base alla legislazione statale, sia in base alle leggi regionali come enti pubblici economici, collocando i Consorzi industriali nell’ambito della contrattazione privatistica. Si tratta di una definizione legislativa che, oltre a risolvere il problema interpretativo prospettato, ha il grande pregio di rendere omogenee, finalmente le varie figure dei Consorzi industriali, che trovano la loro fonte istitutiva, volta per volta, o nella legislazione sul Mezzogiorno o in leggi statali speciali o infine, in leggi regionali. Indipendentemente dalla configurazione dottrinale che si voglia dare all’istituto “ente pubblico economico” (sulla nozione in dottrina, non vi è ancora una soluzione univoca) è comunque oramai pacifico che, nel più grande alveo delle privatizzazioni e della ricerca di efficienza del settore pubblico, l’ente pubblico economico rappresenta una delle vie più ricche di prospettive. La necessità di addivenire ad una reale trasformazione dell’ente pubblico economico in senso privatistico impone, però, di eliminare taluni equivoci. 44 Il riassetto normativo, sia pure allo stato embrionale, anche alla luce di chiare pronunzie giurisprudenziali (Corte di Cassazione, Sez. Un., nn. 6178 e 6179, n. 13452 del 1991, n. 11436 del 1992) definisce in termini sempre più trasparenti gli enti pubblici economici, come strutture di tipo imprenditoriale rispondenti alle regole del C.C., tanto che risulta regolarmente applicabile ad essi la disciplina dettata in materia di S.p.A., (ai sensi dell’art. 12, comma XII, D.L. 25/05/1993, n. 149, convertito con modificazioni, dalla L. 19/07/1993, n. 237) e che per i rapporti di lavoro trovano applicazione le norme di diritto privato. Queste ultime due normative, infatti, hanno caratterizzato in termini marcatamente privatistici i Consorzi industriali per renderli più rapidi nelle decisioni e più snelli nelle procedure. Mentre, i momenti tipicamente gestionali sono soggetti alle norme di diritto privato (sicché è da escludere qualsiasi coloritura pubblicistica), il profilo pubblico degli e.p.e. si riduce al momento genetico (ossia istituzione ed organi), ed a quello finale (valutazione e approvazione dei risultati), fino alla possibile liquidazione del Consorzio. Sempre di stampo pubblico sono le norme sulle designazioni e nomine degli organi, sul funzionamento degli organi collegiali (L. n. 14/78), nonché la legislazione antimafia, sugli appalti e contro il riciclaggio del denaro sporco. Sotto questo profilo, pertanto la categoria dei Consorzi di sviluppo industriale sembra finalmente assumere una configurazione giuridica 45 unitaria, vengono conferiti loro più ampi spazi operativi specie nel settore dei servizi alle imprese e vengono assimilati alle società per azioni e resi più snelli ed efficienti, come da tempo, reclamava la Confindustria. Recentemente, a seguito del D.L. 08/02/1995, n. 32, (convertito dalla legge 07/04/1995, n. 104), si è provveduto all’abrogazione del comma XII dell’articolo 2 L n°237/93, per cui i Consorzi industriali non vengono più assimilati alle S.p.A., pur rimanendo sempre a tutti gli effetti e.p.e. Questa legge è stata in un certo senso emanata per fare ordine sulla normativa applicabile a tali Enti, facendo tacere opinioni e tesi discordanti che si erano formate a seguito della loro equiparazione alle società private, specificatamente alle S.p.A. Infatti tale assimilazione comportava l’applicazione di norme, dettate specificatamente per le società per azioni, agli enti pubblici economici (in quanto tali,come i Consorzi industriali) in contrasto con la disciplina dettata per i Consorzi industriali: ad esempio, era previsto l’obbligo per i Consorzi medesimi all’iscrizione nel registro e imprese ( obbligo a cui il Consorzio non era affatto tenuto) e, l’estensione agli stessi della disciplina fallimentare (tipici delle società private) mentre per legge i Consorzi, non possono fallire, potendo applicarsi solo una disciplina liquidatoria. Per tale effetto è necessario l’intervento dei competenti organi regionali che dovranno procedere quanto prima, mediante appositi provvedimenti legislativi all’adeguamento della normativa vigente. 46 1.9 I Controlli, la Vigilanza e la Tutela sui Consorzi Industriali 1.9.1. Evoluzione e storia della disciplina sui controlli Strettamente connessa con la natura giuridica dei Consorzi A.S.I. è la problematica dei controlli sugli atti di quegli Enti, e più in generale, della vigilanza e della tutela sulla attività svolta. Le posizioni della dottrina, anche qui, si possono sostanzialmente ricondurre a due indirizzi: il primo inquadra la figura dei Consorzi nella più ampia categoria degli enti amministrativi dipendenti dalle Regioni e sottopone il controllo sugli atti non già al CO.RE.CO., di cui all’articolo 130 C., ma agli organi di amministrazione attiva della Regione. Il secondo indirizzo, invece, sostiene che la disciplina di controllo sui Consorzi ai quali partecipano insieme agli Enti territoriali anche altri enti è analoga a quella prevista per i Consorzi composti esclusivamente da Comuni e Province. Di conseguenza anche i Consorzi per le aree e i nuclei sono assoggettati ai controlli previsti per Comuni, Province, e loro Consorzi dalla legge Scelba. Il Consiglio di Stato è intervenuto nella materia con diverse sentenze, fra le quali due di particolare importanza. Con la prima del 26 Luglio 1978, n. 758, Sez. IV, ha sostenuto la tesi “autonomistica” e quindi l’analogia dei Consorzi A.S.I. con quelli composti da Comuni e Province. Con la seconda, del 27 Settembre 1979, n. 738, Sez. IV, si è 47 sostenuto la natura “strumentale” di questi Enti parificandoli agli enti amministrativi dipendenti dalle Regioni. Con la prima decisione richiamata, confermativa di quella del T.A.R. di Roma, Sez. 1, 8 Gennaio 1975, n. 3, si stabilisce che la vigilanza e il controllo sugli atti del Consorzio industriale di Frosinone spetta al Comitato regionale di controllo (ex in. 130 della C.), in forza dell’art. 61 della L. 10/02/53, n. 62. (art. 130 della Costituzione: Un organo della Regione, costituito nei modi stabiliti da legge della Repubblica, esercita, anche in forma decentrata, il controllo di legittimità sugli atti delle Province, dei Comuni e degli altri enti locali. In casi determinati dalla legge può essere esercitato il controllo di merito, nella forma di richiesta motivata agli enti deliberanti di riesaminare la loro deliberazione.) Questa tesi si basa su due argomenti: da un lato i Consorzi industriali vengono identificati con i “Consorzi amministrativi territoriali formati da Comuni e Province previsti dalla legge comunale e provinciale”, anche se dotati di caratteristiche loro proprie. A questi, pertanto, si applica l’art. 61 della L. n. 62/53, che include tra i Consorzi di Comuni e di Province anche i Consorzi cui partecipano, oltre a questi Enti territoriali, anche Enti a base non territoriale, in conformità della previsione dell’art. 172 R. D. 3 Marzo 1934, n. 383. Dall’altro punto di vista, si afferma nella decisione che “l’intera disciplina del controllo regionale sugli atti degli Enti sub-regionali è finalizzata 48 con riguardo alla località e non alla territorialità degli Enti stessi”. Sempre secondo il Consiglio di Stato, “Non vi è dubbio che i Consorzi di sviluppo siano enti locali, anche sotto questo profilo deve convenirsi che non si può negare, ma debba conformarsi, l’applicabilità dell’art. 61 della legge nei confronti di d Consorzi”. Circa la pretesa competenza dei Consorzi A.S.I. a quelli fra enti territoriali, si fa notare in dottrina che tra queste due figure esiste una differenza molto accentuata. Inizialmente i Consorzi industriali erano sottoposti alla vigilanza e alla tutela da Ministero dell’industria e Commercio, in conformità dell’u.c. dell’art. 21, L. 634/57, modificato dall’art. 8 della L. n. 555/59. AI predetto dicastero venivano trasmessi per l’esercizio dei compiti sopraindicati, le deliberazioni del Consiglio Generale e del Comitato Direttivo, nonché il bilancio di previsione e il rendiconto consuntivo. Non vale pertanto per i Consorzi industriali, l’art. 165, T.U., Com. Prov., 1934, secondo cui la “vigilanza e la tutela (...) nei riguardi dei Consorzi, sono esercitate, rispettivamente, dal Prefetto e dalla Giunta Provinciale Amministrativa”. Solo nel 1971, con la legge 6 Ottobre, n°853, all’art. 4, sono state trasferite alle Regioni: “le attribuzioni di competenza (...) del Ministero dell’industria (...) relative ai Consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale”, e i poteri di vigilanza e tutela. 49 Stabilito che il controllo sugli atti degli enti infraregionali spetta alle Regioni, bisognerà individuare l’organo regionale che, in concreto dovrà esercitarlo. Il Consiglio di Stato ha ribadito, nella prima decisione, il carattere della “località”dei Consorzi industriali e, indirettamente, li ha ricompresi nella figura di quegli “altri enti locali” espressamente previsti dall’art. 130 C. Il significato da attribuire all’espressione “altri enti locali” è, tuttora, molto controverso; soprattutto in dottrina. Secondo una prima tesi, più restrittiva, “per altri enti locali” si devono intendere esclusivamente gli enti a base territoriale e a struttura democratica diversi dai Comuni e dalle Province: pertanto i Consorzi tra enti territoriali, le Comunità montane, i Comprensori ove siano strutturali a base territoriale e con organizzazione rappresentativa. Tale tesi si basa sull’esigenza, evidente nel tessuto costituzionale, di tenere distinto, sul piano dell’autonomia (e della garanzia costituzionale medesima) i Comuni, le Province e gli enti associativi di Comuni e Province da tutti gli altri enti locali che, diversissimi per struttura, finzioni e natura giuridica, possono apparentarsi fra loro soltanto per il carattere (estrinseco e poco significativo sul piano giuridico) locale. Non avrebbe senso, secondo tale tesi, estendere la garanzia dell’art. 130 C. a tutti gli enti locali, parificandoli nel trattamento del controllo a Comuni e Province, quando solo per questi, (e non per altri) la Costituzione, agli artt., 5, 114 e 128 prevede un regime garantito di autonomia, giungendo 50 ad affermare solennemente che: “la Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni”. Una tesi, più estensiva, ricomprende nella espressione “altri enti locali” tutti gli enti di rilievo locale, anche quelli che non hanno base territoriale, e struttura democratica nemmeno di secondo grado. Tale tesi, interpretando, in modo pregnante, l’art. 130, arriva a sostenere che è proprio tale articolo che garantisce sul piano costituzionale l’autonomia di qualsiasi altro ente locale, tanto nei confronti dello Stato, quanto nei confronti della Regione; e ne deduce che il deferimento dal controllo all’organo previsto dall’art. 130 C., è uno degli aspetti, anzi, l’aspetto essenziale della garanzia costituzionale dell’autonomia dei tali enti Alcune Regioni hanno disciplinato con legge la competenza ad esercitare la vigilanza ed il controllo sugli atti dei Consorzi industriali. La Regione Basilicata, ad esempio, ha stabilito che le funzioni esercitate dal Ministero dell’industria siano esercitate dalla Giunta regionale( L.R. 4 Maggio, 1973, n°10). La Regione Abruzzo ha istituito un’apposita commissione per la vigilanza e la sugli atti dei Consorzi, composta in modo profondamente diverso dall’organo parla l’art. 130 C. Molte leggi regionali affidano al Comitato regionale e alle sezioni provinciali rispettivamente. il controllo sugli atti dei “Consorzi con partecipazione delle Province” e dei “Consorzi ai quali partecipano i Comuni”. 51 Si può rilevare pertanto, che non ci sarebbe alcuna ragione per escludere da tali competenze gli atti dei Consorzi Industriali, i quali, pur non essendo consorzi tra soli enti territoriali, sono pur sempre consorzi cui partecipano Comuni e Province. Di conseguenza il controllo sugli atti dei Consorzi industriali spetta all’organo di cui all’art. 130 C., non in forza dell’art. 61, ma delle apposite leggi regionali. La Regione Lazio, con l’art. 3, L.R. 20/12/78, n°74, ha stabilito che il Comitato regionale eserciti il controllo sugli atti degli altri enti dei consorzi ai quali partecipano le Province e le sezioni decentrate esercitino il controllo sugli atti dei Consorzi tra Comuni. Al Comitato e alle sezioni, questa legge ha ancora rinviato il controllo sugli atti rispettivamente “degli altri enti locali a livello sub-provinciale”. Regione Sardegna, invece, ha disciplinato il controllo sugli atti dei Consorzi per le aree e i nuclei di industrializzazione, con la L.R. 23/10/78, n. 62, (al capo VI° e ai Consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale, istituiti ai sensi delle leggi per il Mezzogiorno, agli artt. 38, 39 e 40), sottoponendo al controllo del CO.RE.CO. (Comitato regionale di controllo), le deliberazioni concernenti i seguenti oggetti: a) Bilanci preventivi; b) Regolamenti dei servizi; c) Regolamenti sullo stato giuridico ed il trattamento economico del personale, tabelle organiche; d) Assunzione, sotto qualsiasi forma, di personale non di ruolo. E al controllo del CO.CI.CO. (Comitato circoscrizionale di controllo), tutte le altre deliberazioni (circa i contratti, regolamenti, impegni, spese, ecc...). 52 Mentre le deliberazioni relative alle modifiche dello Statuto e l’ammissione nel Consorzio di nuovi Enti, pur restando fermi i controlli di legittimità e di merito, vengono demandati alla competenza della Giunta regionale, su proposta dell’Assessorato all’industria. Inoltre restano attribuite, salva altra disposizione di legge, al Presidente della Giunta regionale e all’Assessorato dell’industria, la vigilanza, l’amministrazione attiva ed il controllo sugli organi. Ne consegue che spetta all’organo di controllo previsto dall’art. 130 C. ogni potere di vigilanza spettante alla Regione e perciò, secondo questa tesi, gli atti dei Consorzi vanno sottoposti, a seguito di questa legge regionale, al controllo del Comitato o delle sezioni decentrate. I Consorzi industriali sono sottoposti al controllo dell’organo di cui all’art. 130 C., in base alle leggi regionali e non in base all’art. 61 della legge Scelba. Questo significa che l’estensione, le forme e gli effetti del controllo non sono quelli previsti nella legge Scelba, ma quelli già spettanti al Ministero dell’Industria. Di qui l’insostenibilità di un controllo più penetrante o addirittura dell’ingerenza della Regione nell’amministrazione dei Consorzi industriali. Si presenta, infine, un’altra ipotesi, che si realizza quando le Regioni non abbiano legiferato sugli organi di controllo di cui all’art. 130 C. o comunque non abbiano disposto nulla sulla loro competenza. 53 Allora è d’obbligo il riferimento alla L. n. 853/71, che trasferisce alle Regioni i poteri di vigilanza e di controllo sugli atti dei Consorzi industriali, senza individuare, peraltro, l’organo regionale cui spettano tali poteri. I Consorzi industriali, indubbiamente, assumono posizioni distinte verso lo Stato e la Regione. Il legislatore, però, non ha specificato l’ampiezza delle competenze legislative e amministrative regionali nei confronti dei Consorzi Industriali. Nemmeno l’art. 65, del D.P.R. 24/07/77, n. 616, ha chiarito bene gli aspetti del problema. Il legislatore delegato, però, non ha inteso inserire i Consorzi Industriali nella categoria degli “enti amministrativi dipendenti dalle Regioni”. Infatti, l’art. 13, del citato decreto riconosce alle Regioni, con riferimento a questi ultimi enti “le finzioni legislative e amministrative riguardanti l’istituzione, i controlli, la fusione, la soppressione e l’estinzione”. C’è da aggiungere, poi, che i Consorzi Industriali operano nelle materie dell’Urbanistica e dello sviluppo industriale. La prima ricade nella competenza regionale; la seconda, viceversa, è propria dello Stato. Essi, pertanto, non possono essere considerati “enti pubblici locali operanti nelle materie di spettanza regionale”, come il citato articolo 13 definisce gli enti amministrativi dipendenti dalle Regioni. In base all’argomento utilizzato dal Consiglio di Stato, si può affermare che i Consorzi industriali sono principalmente consorzi tra enti territoriali. La base territoriale non sembra elemento sufficiente per far 54 rientrare i Consorzi nel novero dell’art. 130 C., quali “Enti locali” in senso rigoroso. E’ determinante, ai fini che qui interessano, il profilo funzionale, infatti i Consorzi operano in una materia (l’industria) che è rimasta di competenza statale. Per quest’ultimo, rilievo si fa notare che: “la mancanza di una generale competenza delle Regioni nella materia nella quale i Consorzi operano, deve riportare ad interpretare restrittivamente i poteri che le Regioni medesime possono esercitare nei confronti ditali enti. E, per quanto riguarda il controllo, si deve ritenere che esso possa essere esercitato soltanto nelle forme e con le garanzie che il legislatore costituzionale ha ritenuto compatibile con la salvaguardia dell’autonomia degli Enti che non sono dipendenti dalle Regioni” Con la decisione del 27/09/79, n. 738, Sez. IV°, il Consiglio di Stato mutava completamente opinione e stabiliva che il controllo sugli atti dei Consorzi Industriali non spettava più al Co.Re.Co., bensì agli organi di amministrazione attiva della regione, a loro volta sottoposti al controllo della Commissione statale di cui all’art. 125 della Costituzione. Questo orientamento viene condiviso anche da talune interpretazioni dottrinali che sottolineano per i Consorzi Industriali la natura giuridica di enti amministrativi dipendenti dalle Regioni Sono considerati enti pararegionali e non rientrano fra gli “altri enti locali” di cui all’art 130 C. Si fa notare inoltre, che: “per loro la Costituzione non prescrive 55 che il controllo sugli atti sia effettuato ad opera dei Comitati regionali di controllo, e che tale esercizio sia effettuato nei modi e nei limiti (quanto al controllo di merito) indicati dal predetto articolo. I limiti stabiliti dall’art. 130 C. al controllo dei Comuni, Province ed altri enti locali traggono la loro giustificazione dalla autonomia politica ditali enti. “Una specifica posizione di autonomia deve ritenersi garantita non solo agli enti territoriali minori (Comuni e Province), ma anche a tutte quelle altre forme associative che delle prime costituiscono diretta proiezione (Corte Cost. 28/11/1972, n. 164; Corte Cost. 26/06/l 974, n. 186); concetto, questo, che è stato poi precisato dalla dottrina nel senso che è il carattere esponenziale dell’Ente e quindi la sua attitudine istituzionale ad esprimere le istanze del corpo sociale cui è legato da un rapporto di rappresentatività fiduciaria (diretta o indiretta) ciò che ne rende rilevante l’azione sulla base di autonome scelte politiche”. La anzidetta giustificazione non sussiste nei riguardi degli enti pararegionali per quanto attiene alla relazione di dipendenza con l’ente maggiore; i poteri di direzione, autorizzazione, ispezione, controllo repressivo, sostituzione, ecc… dell’ente “maggiore” sull’ente da esso dipendente non incontrano alcun limite costituzionale. Ciò vale ovviamente anche per i poteri spettanti dapprima al “Ministero dell’industria ed ora alle Regioni sui Consorzi….“. Contro la pretesa natura di “ente locale” attribuita al Consorzio e il 56 conseguente controllo dei suoi atti da parte del Co.Re.Co., in dottrina emergono altri rilievi. Infatti: “Per affermare che un determinato Consorzio deriva il suo carattere di autonomia degli enti territoriali in esso consorziati, occorrerebbe dimostrare che tale Consorzio è stato costituito dalla legislazione appunto come “derivazione diretta” di quegli enti territoriali, concorrerebbe, cioè, a dimostrare che il fine in finzione del quale il Consorzio è stato ideato è visto come derivazione di un fine proprio degli enti territoriali consorziati e che l’interesse della sua creazione mira a soddisfare immediatamente e direttamente un interesse di tali enti (...). Nel caso dei Consorzi A.S.I. non siamo in presenza di enti dotati di un grado di autonomia tale da poterli ascrivere alla categoria degli enti locali, ma si tratta di enti di servizi ausiliari della Cassa per il Mezzogiorno, e quindi dello Stato, fino alla legge n. 853/71, ed ora ausiliari tanto dello Stato quanto della Regione “. Ai fini della individuazione dell’organo di controllo, sempre in dottrina, emerge un’altra posizione contraria alla tesi che considera i Consorzi sullo stesso piano degli enti locali. Prima di illustrare brevemente i rilievi critici da quest’ultima espressi, sembra opportuno riportare alcuni passi della circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri circa l’esatta individuazione dell’organo di controllo “Per quanto riguarda il trasferimento delle funzioni di vigilanza esercitate dal Ministero dell’Industria. non si ritiene applicabile al riguardo 57 l’art. 61 della L. 10/02/53, n. 60, che si riferisce ai Consorzi tipici di Comuni e Province, tra i quali non sono compresi quelli in esame aventi natura mista; inoltre la devoluzione del controllo ai Comitati mal si concilierebbe con quelle esigenze che hanno finora richiesto l’intervento, a tal fine, di un organo centralizzato dello Stato, nel quale potessero confluire i rappresentanti di varie amministrazioni interessate. Si potrebbe anzi soggiungere che la specialità di tale controllo (non ricadente nell’ambito di applicazione dell’art. 130 C., in quanto i Consorzi in esame non possono essere assimilabili nella categoria di “enti locali” nel senso voluto da questa norma), concreti un principio della legislazione statale che le Regioni devono tener presente nella emanazione delle suddetta normativa”. Il primo rilievo che emerge dalla tesi poc’anzi accennata riguarda innanzitutto la legislazione. Infatti, in base alla legislazione vigente: “Le Regioni sono chiamate dall’art. 50 del D.p.r. n°218/78….ad esercitare la vigilanza e la tutela sui Consorzi industriali; tale legislazione è, pertanto, la stessa su cui si fondava il controllo ordinario del Ministero dell’industria e Commercio e non quella su cui si prevedeva il controllo del Prefetto e delle G.P.A. sugli atti degli Enti locali territoriali, modificata dalla L. n°60/53”. Il secondo rilievo trae spunto dalla sentenza della Corte Costituzionale (n. 178/73) che contrappone gli “ Enti democratici” agli “Enti funzionali”. Questi ultimi devono ritenersi soggetti ai poteri di supremazia della Regione che ha facoltà di incidere sul loro ordinamento, sulla loro attività e sul sistema dei controlli relativi ad essi. 58 Gli “ Enti democratici” “sono soggetti ad una particolare tutela costituzionale, sottratta alla competenza regionale, mentre quelli “funzionali” operanti nelle materie di competenza regionale nei confronti dei quali i poteri di supremazia dell’Ente Regione e la potestà legislativa sono pieni tanto in ordine ai controlli quanto alla struttura e all’attività, salvi s’intende i principi generali(…)“ E’ secondo questi criteri che va letto l’art. 65 del D.P.R. n°616/77, da cui emerge con evidenza la natura dei Consorzi Industriali quali “Enti di diritto pubblico locali” con funzioni strumentali-funzionali rispetto alla regione Sempre secondo questa tesi, gli organi politici della Regione esercitano un controllo di efficienza sull’attività dei Consorzi ed un controllo di merito urbanistico sui loro a piani regolatori. Su queste tesi, sentenze e convinzioni, si è basata fino a qualche tempo fa, l’impalcatura legislativa del sistema dei controlli applicabile ai Consorzi di sviluppo industriale. Precisamente fino alla emanazione delle seguenti leggi: La legge n°317/91, che all’art. 36, IV comma, recita: “I Consorzi di sviluppo industriale, costituitosi ai sensi della vigente legislazione nazionale e regionale, sono enti pubblici economici “. Poi con il successivo (in ordine temporale), DL. N. 149/93, dove all’art. 2, XII comma, dispone: “Ai Consorzi, di cui al comma IV, si applica la normativa generale in materia di società per azioni. Il controllo 59 regionale si esplica sui piani economici e finanziari“. Per concludere, la L. n. 104/95, aggiunge al IV°comma dell’art. 36, L. 3 17/91, il seguente periodo: “Spetta alle Regioni soltanto il controllo sui piani economici e finanziari “, e abroga il comma XII, dell’art. 2, D.L. n. 149/93. 1.9.2 La vigilanza e la tutela Il penultimo comma dell’art. 50 T.U. 06/03/78, n. 218, stabilisce che i Consorzi Industriali sono “sottoposti alla vigilanza e alla tutela delle regioni che le esercitano ai sensi della legislazione vigente”. Secondo certe valutazioni dottrinali:26 “Tale disposizione, che tiene conto anche dell’art. 65, D.P.R. n. 616/77, porta a confermare la tesi secondo la quale le potestà che le Regioni possono esercitare nei confronto dei Consorzi di sviluppo sono (oltre l’approvazione dei piani e l’approvazione degli statuti) sostanzialmente potestà di controllo, il cui ambito è per di più delimitato dalla legislazione statale, nell’ultimo comma dello stesso art. 50, contraddice tale conclusione”. La vigilanza è stata meglio specificata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione con il termine di sorveglianza. La vigilanza in senso stretto, invece, è un controllo formale di legittimità di atti amministrativi. Anche la sorveglianza si esplica con un controllo, ma ha per oggetto l’attività 26 Cfr.G.SCOCA, Commento alla sentenza del Consiglio di Stato, N. 783/79 60 del controllato e per di più con modalità generiche. Essa: “si manifesta nel proporre ad autorità che ne hanno il potere l’adozione di determinate misure nei confronti del controllato, se il controllo è ad esito negativo”. E’ quindi una figura di controllo elementare, che può dirsi preliminare, perché non sbocca in una misura ma in un atto di denuncia.27 La tutela, invece, è un controllo formale di opportunità di atti. La denominazione è un residuo di tempi passati, allorché si riteneva che gli enti pubblici minori fossero da parificare agli incapaci e che perciò occorresse l’intervento, nei loro confronti, di un tutore che era lo Stato. La tutela è, oggi, un controllo limitato ad atti tassativamente elencati dalle norme (c.d. tassatività del controllo tutorio). Essa agisce sull’efficacia dell’atto da controllare, che l’atto non acquista se non è intervenuto il controllo positivo Fatta questa breve premessa, sembra opportuno esaminare la natura e la disciplina della funzione di vigilanza e tutela già attribuita al Ministero dell’industria e ora in toto trasferita alle Regioni. A questo proposito si fa rilevare che: “L’attività di controllo più che impedire all’ente controllato di “sbagliare” nel singolo atto, ossia di porre in essere un’azione (o inazione) amministrativa illegittima (o, nei casi di controllo di merito, inopportuna) è finalizzata alla cura di interessi pubblici più generali, riferibili ad una comunità di interessi per i quali il “centro d’imputazione” deve essere ravvisato nell’ente controllante. In questo quadro si affievolisce e scompare la contrapposizione, 27 V.M.S.GIANNINI, Istituzioni di Diritto Amministrativo, Milano 1981, pag. 49 61 non fittizia ma prevalentemente formale, tra amministrazione attiva e controllo; le norme attributive di poteri di “vigilanza e tutela” assumono significati più pieni, implicando: a) L’affidamento all’entità controllante del compito di curare come propri interessi pubblici esercitati dall’entità controllata; b) Il riconoscimento all’autorità controllante di un ambito di attribuzioni che include la sfera delle attribuzioni dell’entità controllata per modo che quest’ultimo non è separato dal primo ma ne fa parte integrante; c) Il conferimento all’entità controllante di poteri di “ingerenza” nell’attività amministrativa dell’entità controllata, i quali si traducono in poteri di cogestione seppur ovviamente esercitati secondo modalità particolari proprie dell’attività di controllo. In altri termini, secondo questa interpretazione, l’attività di controllo sarebbe attività amministrativa nè più nè meno dell’attività sottoposta a controllo. L’attività di vigilanza e di tutela sarebbe identica, così come quella esercitata dallo Stato sugli enti “strumentali” ad esso facenti capo. Anche gli atti, come le autorizzazioni, le opportunità, gli annullamenti, e le sostituzioni nei quali si esprime la vigilanza e la tutela sarebbero atti di amministrazione, sottoposti al normale regime di tutti gli atti della Regione. Sarebbe questa una conclusione obbligata: dal momento che le Regioni, mediante il ricorso a formule organizzative, non possono sottrarre 62 ambiti della loro attività al controllo statale previsto dall’art. 125 C.; ritenere diversamente condurrebbe a fare dell’attività degli enti amministrativi dipendenti una sorta di zona franca, di oasi privilegiata, in contrasto con i postulati di completezza ed organicità dell’ordinamento. Per cui i Consorzi di sviluppo industriale, appare evidente che, nei loro confronti, le funzioni di vigilanza e tutela come quelle di indirizzo e di coordinamento siano di competenza degli organi statutari, e cioè della Giunta e del Consiglio Regionale secondo il riparto di competenze stabilito dalle disposizioni statutarie. 63 I NUCLEI INDUSTRIALI SUL TERRITORIO NAZIONALE Agrigento, Ancona, Apuana (MS), Ascoli Piceno, Aussa, Corno (UD), Avellino, Avezzano (AQ), Bari, Benevento, Brindisi, Cagliari, Caltagirone (CT), Caltanissetta, Campobasso, Caserta, Casoli (CH), Catania, Chilivani Ozieri (SS), Cosenza, Crotone, Enna, Foggia, Frosinone, Gaeta (LT), Gela, Iglesias (CA), Lamezia Terme (CZ), L'Aquila, Lecce, Macomer (NU), Matera, Messina, Monfalcone (GO), Napoli, Nuoro, Nuoro Prato Sardo (NU), Olbia (SS), Oristano, Palermo, Padova, Pescara, Portoscuso (CA), Potenza, Predda, Niedda, Ragusa, Reggio Calabria, Rieti, Roma Latina, Salerno, Sassari, Siniscola (NU), Siracusa, Sulmona (AQ), Taranto, Tempio Pausania (SS), Teramo, Termoli (CB), Tortolì (NU), Trapani, Ula Tirso (OR), Vasto (CH), Isernia-Venafro, Verona, Vibo Valentia, Villacidro (CA). 64 CAPITOLO SECONDO I POTERI DELLE REGIONI 2.1 L’istituzione delle Regioni Quando l’Assemblea costituente – eletta dal popolo il 2 Giugno 1946 – dovette ridisegnare la fisionomia da dare all’ordinamento repubblicano, si orientò (a larga maggioranza) verso uno Stato “regionale”, in cui le regioni fossero il punto di riferimento per superare il centralismo statale e spostare in periferia i poteri pubblici.28 Un progetto, non per disaggregare, ma per tenere più unita la Repubblica attraverso la creazione di nuovi enti territoriali (le regioni) ai quali riconoscere funzioni oltre che amministrative anche legislative, e cioè la capacità di disciplinare direttamente determinate materie (indicate nell’art. 117 della Costituzione: “La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempre ché le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni: 65 a) Ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione; b) Circoscrizioni comunali; c) Polizia locale urbana e rurale; d) Fiere e mercati; e) Beneficenza Istruzione artigiana professionale ed assistenza scolastica f) Musei e biblioteche di enti locali; g) Urbanistica; h) Turismo ed industria alberghiera; i) Tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale; j) Viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale; k) Navigazione e porti lacuali; l) Acque minerali e termali; m) Cave e torbiere; n) Caccia; o) Pesca nelle acque interne; 28 MARTINEZ, Lineamenti di Diritto Regionale, Pag. 3 66 p) Agricoltura e foreste; q) Artigianato. Altre materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione.” mediante norme legislative aventi lo stesso valore formale delle leggi dello Stato. Le regioni ed i loro statuti nascono con molto ritardo rispetto alla Costituzione del 1948 (le prime elezioni per la costituzione dei Consigli regionali si tengono solo il 7 e 8 giugno 1970) e soprattutto fra diffidenze, difficoltà e resistenze, sia politiche sia degli apparati ministeriali dello Stato, gelosi di privarsi di parti consistenti di funzioni e poteri. Ma diventano, col passare degli anni, veri e propri soggetti politici che rappresentano e curano gli interessi generali della comunità regionale, ponendosi come momento essenziale di raccordo tra lo Stato e il sistema delle autonomie locali. 2.2 La delega di funzioni alle Regioni Il Governo della Repubblica è delegato ad emanare, entro un biennio dall’entrata in vigore dell’art. 17 della legge 16/05/1970, n. 281, per regolare, simultaneamente per tutte le Regioni, il passaggio alle Regioni, ai sensi della disposizione VIII transitoria della Costituzione, delle funzioni ad esse attribuite dall’art. 117 della Costituzione e del relativo personale dipendente dallo Stato, con l’osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi: a) Attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato nelle materie 67 indicate dall’art. 117 della Costituzione saranno trasferite alle Regioni. Nelle stesse materie resta riservata allo Stato la funzione di indirizzo e di coordinamento delle attività delle Regioni che attengono ad esigenze di carattere unitario, anche con riferimento agli obiettivi del programma economico nazionale ed agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali. Saranno altresì stabiliti vincoli atti a garantire l’inalienabilità, l’indisponibilità e la destinazione dei beni di cui ciò sia necessario alla tutela degli interessi generali dello Stato in rapporto alla natura dei beni; b) Il trasferimento delle funzioni statali alle Regioni avverrà per settori organici di materie e dovrà effettuarsi mediante il trasferimento degli uffici periferici dello Stato. Qualora gli uffici stessi siano titolari anche di competenze statali residue e le funzioni trasferite siano prevalenti, si provvede, di massima, alla delega ai sensi dell’art. 118, secondo comma, della Costituzione, ferma restando, in ogni caso, la necessità di regolare i rapporti finanziari tra Stato e Regioni secondo le disposizioni degli articoli 8 e 18 della legge 16/05/1970 n. 281, e di prevedere i rimedi da esperire in caso di inattività degli organi regionali nell’esercizio delle funzioni delegate; c) Per ciascuna delle funzioni statali attribuite alle Regioni verrà stabilito il contingente del personale statale, anche delle amministrazioni centrali, da trasferire alle Regioni stesse, riducendosi contemporaneamente e corrispondentemente i ruoli organici delle Amministrazioni statali interessate; d) Nel trasferimento delle funzioni di cui sopra dovranno essere 68 rispettate le esigenze dell’autonomia e del decentramento, ai sensi degli articoli 5 e 118 della Costituzione, conservando, comunque, alle province, ai comuni ed agli altri enti locali le funzioni di interesse esclusivamente locale, decentrate dalle norme vigenti, fino a quando non sia provveduto al riordinamento e alla distribuzione delle funzioni amministrative tra gli enti locali. Le norme delegate saranno emanate con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri competenti e con quelli per l’interno, per il tesoro, per le finanze e per il bilancio e la programmazione economica, e con l’obbligo di sentire preventivamente le Regioni, le quali potranno comunicare le proprie osservazioni entro e non oltre 60 giorni dalla comunicazione delle norme proposte. Decorso tale termine, le norme verranno sottoposte, unitamente alle eventuali osservazioni delle Regioni, al parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali di cui all’art. 52 della legge 10 febbraio 1953, n. 62. L’emanazione di norme legislative da parte delle Regioni nelle materie stabilite dall’art. 117 della Costituzione si svolge nei limiti dei principi fondamentali quali risultano da leggi che espressamente li stabiliscono per le singole materie o quali si desumono dalle leggi vigenti. 2.3 Attribuzioni alle Regioni di compiti di intervento straordinario Con l’art. 4 della legge 06/10/1971, n. 853, gli interventi straordinari già affidati alla Cassa per il Mezzogiorno a norma del testo unico 30 giugno 1967, n. 1523, relativi alle materie di competenza regionale di cui 69 all’art. 117 della Costituzione, sono realizzati dalle Regioni a decorrere dall’entrata in vigore dei decreti di trasferimento delle funzioni corrispondenti, emanati ai sensi dell’art. 17 della legge 1970, n. 281. Nell’attuazione dei predetti interventi le Regioni si attengono alle norme della legge 06/10/1971, n. 853, agli indirizzi del programma economico nazionale e dei piani regionali, nonché alle direttive del CIPE. Per l’attuazione dei compiti loro affidati le Regioni eseguono le rilevazioni e le indagini ritenute necessarie. Sono trasferite alle Regioni le attribuzioni di competenza del Comitato dei Ministri e del Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato e del Ministero dei lavori pubblici, relative ai Consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale, ivi comprese quelle attinenti i piani regolatori delle aree e dei nuclei. Al finanziamento degli interventi straordinari si provvede con il Fondo per il finanziamento di programmi regionali di sviluppo di cui all’art. 9 della legge 16 maggio 1970, n. 281, nonché con assegnazioni a carico dell’apporto di cui all’art. 17 della legge 06/10/1971, n. 853. Per le finalità di cui sopra è riservata alle Regioni i cui territori sono compresi in tutto o in parte tra quelli indicati dall’art. 1 del testo unico 30 giugno 1967, n. 1523, una quota non inferiore al 60 per cento dell’ammontare complessivo delle disponibilità del predetto Fondo. Alle predette regioni è riservata pari quota delle spese autorizzate con leggi generali o speciali per interventi relativi alle materie di cui all’art. 117 della Costituzione. 70 2.4 Attribuzioni alle Regioni di funzioni amministrative in ordine ai Nuclei e alle Aree industriali Dopo il trasferimento alle regioni meridionali, attuato con la legge n. 853 del 1971, delle funzioni amministrative esercitate da organi dello Stato in ordine ai Consorzi industriali costituiti nel mezzogiorno e dopo il D.P.R. n. 8 del 1972 che ribadiva quel trasferimento e ne ampliava la portata riferendosi ad ogni Consorzio, ovunque costituito, una nuova disposizione riguardante il trasferimento delle funzioni sui Consorzi avrebbe avuto il solo effetto di eliminare alcuni dubbi sulla permanenza o meno di residue competenze in capo ad organi statali.29 Nasce cosi una disposizione che non ha connotati di chiarezza esemplari, ma che non appare imprigionata neppure in una logica ripetitiva o confermativa, il D.P.R. 24/07/1977, n. 616, art. 65, trasferisce alle Regioni le funzioni a mministrative dei Nuclei e delle Aree industriali: “ Ferme restando le funzioni amministrative trasferite alle regioni relativamente ai piani regolatori, spettano alle regioni le funzioni amministrative in ordine all’assetto di consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale e tutte le funzioni esercitate dallo Stato o da altri enti pubblici, esclusi i comuni e le province, in materia di assetto, sistemazione e gestione di zone industriali e aree industriali attrezzate, e di realizzazione di infrastrutture per nuovi insediamenti industriali, fatte salve le competenze dello Stato ai sensi della legge 2 maggio 1976 m 183.” Le funzioni amministrative rilevanti in ordine ai Consorzi d’industrializzazione sono: 29 A.BARBERA F.BASSANINI, I nuovi poteri delle regioni e degli enti locali, Milano 1978, Pag. 393 71 a) La vigilanza e la tutela, attribuite dal t.u. n. 1523 del 1967 (art. 144) al Ministro dell’industria, che la esercita attraverso un’apposita commissione cui partecipano anche rappresentanti del Ministero dell’interno e del Comitato dei ministri per il mezzogiorno; b) La proposta d’approvazione e l’approvazione dello statuto riservate (art. 145 t.u. cit.) rispettivamente al Presidente del Consiglio dei Ministri – previa deliberazione del Comitato dei ministri per il mezzogiorno integrato con la partecipazione del Ministro dell’interno – e al Presidente della Repubblica; c) La promozione della modificazione dello statuto riservata (art. 145 t.u. cit.) al Ministro per il mezzogiorno di concerto col Ministro dell’industria. Il relativo procedimento può essere iniziato anche dagli enti locali interessati; d) La proposta d’approvazione e l’approvazione dei piani regolatori riservate (art. 146 t.u. cit.) rispettivamente al Ministro dei lavori pubblici – previa deliberazione del Comitato dei ministri per il mezzogiorno – e al Presidente del Consiglio dei Ministri. Non dissimile il sistema delle competenze relative ai Consorzi istituiti con leggi speciali salva, ovviamente, la sostituzione, nei diversi procedimenti, degli organi preposti all’amministrazione del mezzogiorno con gli altri organi dell’amministrazione dello Stato. 30 La vicenda del trasferimento delle funzioni amministrative relative ai Consorzi d’industrializzazione dallo Stato alle Regioni si è svolta in maniera alquanto complessa, sicché non è del tutto semplice neppure l’identificazione 30 E.CAPACCIOLI F.SATTA, Commento al Decreto 616, Milano 1980, Pag. 1025 72 dell’esatta area di applicazione dell’articolo in esame. Il discorso deve essere tenuto distinto per i consorzi costituiti nel mezzogiorno e per quelli costituiti, in base a leggi speciali, in altre regioni del paese: a) Per quanto attiene ai primi, l’art 4, 4° comma, della legge 6 ottobre 1971 n 853, ha trasferito alle regioni le attribuzioni del Comitato dei ministri e del Ministro per il mezzo giorno, del Ministro dell’industria e del Ministro dei lavori pubblici. Residuavano allo Stato, dopo tale trasferimento, le sole attribuzioni relative alla proposta d’approvazione ed all’approvazione degli statuti (di spettanza del Presidente del Consiglio e del Presidente della Repubblica) e l’approvazione dei piani regolatori consortili (Presidente del Consiglio). Successivamente, con l’art. 1, lett. a, del D.P.R. n 8 del 1972 anche la competenza ad approvare il piano regolatore consortile - stante la sua equiparazione legale al piano territoriale di coordinamento - veniva trasferita dal Presidente del Consiglio alle regioni a statuto ordinario. Al momento dell’emanazione dell’art. 65 in esame le uniche funzioni amministrative relative ai consorzi d’industrializzazione siti nel mezzogiorno che residuavano allo Stato erano, pertanto, quelle di proposta e di approvazione degli statuti. Ad esse soltanto, dunque, deve ritenersi circoscritto il campo d’applicazione della norma di trasferimento del D.P.R. n. 616. b) Per quanto attiene ai secondi, invece, l’unico trasferimento di funzioni precedente al D.P.R. ti. 616 è stato quello disposto dal D.P.R. n. 8 del 1972 (art. 1, lett. a) in ordine ai procedimenti di 73 pianificazione urbanistica ed in particolare all’approvazione del piano regolatore, consortile in quanto equiparato al piano territoriale di coordinamento, nonché alla vigilanza e tutela (art 4 stesso decreto delegato). Residuavano pertanto allo Stato - e ad esse deve ritenersi circoscritta l’area di applicazione dell’art 65 in esame - le attribuzioni relative tanto alla proposta d’approvazione ed all’approvazione degli statuti che alla promozione della modificazione degli stessi. Dal trasferimento delle competenze nella materia statutaria deriva il potere delle regioni a statuto ordinario di conferire la personalità giuridica ai consorzi di nuova istituzione: il che, del resto, sembra in accordo col disposto dell’art. 13 dello stesso D.P.R. n. 616 in punto di “ordinamento degli enti amministrativi dipendenti dalla regione”. Che il senso della norma in esame sia quello, sopra indicato, di una conferma di trasferimenti di attribuzioni già avvenuti (in materia urbanistica, di vigilanza e controllo, etc.) e di conferimento alle regioni di poteri in ordine alla istituzione di nuovi consorzi d’industrializzazione ed alla regolamentazione statutaria sia dei nuovi che di quelli già esistenti, è confermato dall’iter formativo della norma stessa. La Commissione Giannini, infatti, aveva formulato, per i Consorzi in discorso, la proposizione normativa XXXII allo scopo di eliminare ogni eventuale dubbio “circa la competenza regionale in ordine all’approvazione di piani urbanistici e di altri progetti d’intervento attinenti alla realizzazione e alla gestione di opere pubbliche o d’interesse pubblico all’interno dell’area industriale”. La proposizione normativa era dettata anche come ”presupposto per una eventuale diversa disciplina regionale dell’intervento nelle aree 74 industriali “. Il senso della proposta era, dunque, esplicitamente quello della conferma, in via interpretativa, dei precedenti trasferimenti e del completamento del trasferimento alle regioni della materia nella sua globalità. Lo schema di decreto delegato approvato dal Consiglio dei ministri il 18 febbraio 1977 e trasmesso alle regioni il successivo giorno 24 prevedeva, invece, all’art. 42 che “ferme restando le funzioni amministrative trasferite alle regioni relativamente ai piani regolatori, sono delegate alle regioni le funzioni amministrative in materia di consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale istituiti con leggi vigenti dello Stato”: un ben révirement - come si vede - se è vero, come è stato ritenuto , che esso limitava l’area del trasferimento ai soli consorzi del mezzogiorno e retrocedeva il trasferimento delle funzioni, già effettuato con la legge n. 853 del 1971, a mera delega. La reazione regionale ad un simile orientamento restrittivo ha portato al testo attuale ove, al di là della conferma dei trasferimenti già avvenuti in materia urbanistica, è disposto il trasferimento, e non già la delega, di tutti i poteri relativi all’ “assetto” dei consorzi di industrializzazione nel mezzogiorno e all’ “assetto, sistemazione e gestione” dei consorzi istituiti con leggi speciali nonché, in genere, alla realizzazione di infrastrutture per nuovi insediamenti industriali. Se si pone mente al fatto che dal trasferimento sono escluse le sole competenze già spettanti agli enti locali territoriali (comuni e province) e quelle riservate allo Stato dalla legge n. 183 del 1976, recante la disciplina dell’intervento straordinario nel mezzogiorno per il quinquennio 1976-80, la conclusione non può che essere che il trasferimento è stato, alla 75 fine, effettuato per l’intera materia della localizzazione industriale, ogni qual volta questa si realizzi nella forma del consorzio (d’industrializzazione) tra enti locali, territoriali e non. Si è, dunque, ritornati in pieno alla proposta della Commissione Giannini del trasferimento globale. Se, infatti, ai poteri di pianificazione territoriale si aggiungono quelli di natura organizzativa - di assetto e sistemazione, cioè di creazione di consorzi, di attribuzione agli stessi della personalità giuridica senza bisogno di interventi dall’esterno, di regolamentazione integrale del loro funzionamento , quelli di gestione e di controllo - vigilanza e tutela - sui risultati della gestione ed infine quelli di intervento diretto - realizzazione di infrastrutture per nuovi insediamenti -, non pare possa negarsi che il trasferimento della materia è stato integrale o meglio integralmente completato. Con il che non si vuol dire che il trasferimento integrale del “comparto” dei consorzi d’industrializzazione abbia conferito alle regioni una posizione di rilievo nel settore della politica industriale. Si tratta, invero, di un comparto di per se limitato, al quale restano estranei tutti i momenti dell’attività produttiva industriale (ad es. finanziamento, agevolazioni, assistenza etc.) ad esclusione della localizzazione : non a caso l’art. 65 in esame si chiude con la riserva allo Stato della materia degli incentivi (“... fatte salve le competenze dello Stato ai sensi della legge 2 maggio 1976, n. 183 “). Infine, anche nella submateria della localizzazione restano riservate allo Stato le attribuzioni di maggior rilievo basti pensare alle opere pubbliche d’interesse statale, alle iniziative industriali di cui all’art 14 della legge n. 853 del 1971 (tutt’ora in vigore, sebbene formalmente abrogato dall’art. 5 della legge n. 350 del 1976), agli impianti di produzione di energia elettrica ed alle centrali elettronucleari, la cui 76 localizzazione è mantenuta dall’art. 81 del D.P.R. n. 616 alla competenza dello Stato. Si può in definitiva concludere condividendo l’opinione di coloro che ritengono essere la partecipazione delle regioni alla politica di sviluppo economico alquanto modesta, in particolare in riferimento al settore industriale. 2.5 Ampliamento delle Deleghe delle Funzioni e dei Compiti Amministrativi alle Regioni Nell’ottica della costituzione dello stato federale, alle Regioni vengono attribuiti ulteriori nuovi poteri. E mentre prima le Regioni, tramite il Co.Re.Co., esercitavano soltanto il controllo sui P.E.F. ( Piani Economici Finanziari ) dei Consorzi, oggi lo stato con il D.L. 31/03/1998 N° 112 conferisce funzioni e compiti amministrativi alle regioni e agli altri enti locali. Infatti spetta alle Regioni disciplinare le funzioni che riguardano la materia “industria”. La materia “industria” comprende: qualsiasi attività imprenditoriale diretta alla lavorazione e alla trasformazione di materie prime, alla produzione e allo scambio di semilavorati, di merci e di beni anche immateriali, con esclusione delle funzioni relative ad attività artigianali ed alle altre attività produttive di spettanza regionale in base all’art. 117 della Costituzione e ad ogni altra disposizione vigente. Sono comprese nella materia “industria” anche le attività d’erogazione e scambio di servizi a sostegno dell’industria, con esclusione comunque delle attività creditizie, d’intermediazione finanziaria, delle attività 77 concernenti le società fiduciarie e di revisione e di quelle d’assicurazione. Sono delegate alle Regioni anche le funzioni amministrative concernenti l’attuazione di interventi dell’Unione Europea, fatte salve le funzioni e i compiti conservati dallo Stato. Le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano disciplinano, con proprie leggi, le aree industriali e le aree ecologicamente attrezzate, dotate delle infrastrutture e dei sistemi necessari a garantire la tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente. Disciplinano altresì le forme di gestione unitaria delle infrastrutture e dei servizi delle aree ecologicamente attrezzate da parte dei soggetti pubblici o privati, anche costituiti ai sensi di quanto previsto dall’art. 12 della legge 23/12/1992 N° 498 e dall’art. 22 della legge 08/06/1990 N° 142, nonché le modalità d’acquisizione dei terreni compresi nelle aree industriali, ove necessario anche mediante l’espropriazione. Gli impianti produttivi localizzati nelle aree ecologicamente attrezzate sono esonerati dall’acquisizione delle autorizzazioni concernenti l’utilizzazione dei servizi ivi presenti. Le Regioni e le Province Autonome individuano le aree scegliendole tra le zone o i nuclei industriali già esistenti, anche se totalmente o parzialmente dimessi. 2.6 La disciplina dei Consorzi d’industrializzazione in Calabria Dopo aver visto come lo Stato ha delegato le funzioni amministrative sui consorzi, ora vediamo come la regione Calabria ha disciplinato con proprie leggi questi Enti. Cominciamo con la L.R. 04/09/1972, n. 4 (abrogata dalla L.R. 24/12/2001, n. 38) che riguarda 78 l’esercizio della vigilanza e della tutela da parte della regione sui consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale operanti in Calabria. I consorzi per le aree ed i nuclei industriali operanti in Calabria sono sottoposti alla vigilanza e alla tutela della Regione, nei limiti e con le modalità stabiliti dalle norme vigenti. La vigilanza e la tutela sono esercitate attraverso un'apposita Commissione nominata dal Presidente della Giunta regionale e composta da: 1) L'assessore regionale all'Industria che la presiede; 2) Un rappresentante dell'Assessorato regionale della Urbanistica; 3) Un rappresentante dell'Assessorato regionale agli Enti Locali. I rappresentanti degli Assessorati saranno designati dagli Assessori competenti, nell'ambito del personale in servizio presso la Regione. Per l'espletamento dei propri compiti la Commissione si avvale di un funzionario che svolge le funzioni di segretario, e di un dattilografo, in servizio presso l'Assessorato dell'Industria. La Commissione, in casi di particolare necessità, può avvalersi di esperti nominati dal Consiglio regionale a norma dell'art. 68 dello Statuto. Alla spesa per il funzionamento della Commissione si fa fronte con i fondi stanziati sul capitolo, relativo al funzionamento dell'Assessorato all'Industria. Quando l'attività del Consorzio risulta non conforme agli scopi per i quali e' stato costituito o, comunque, quando vengano accertate persistenti irregolarità nel funzionamento di esso, il Presidente della Giunta regionale, sentito il parere della Commissione di cui sopra, può sciogliere gli organi del Consorzio e affidare la gestione a un Commissario straordinario fino alla rinnovazione degli organi ordinari, da effettuare entro il termine 79 massimo di 6 mesi da fissare nel decreto di nomina del Commissario. I revisori dei conti dei singoli Consorzi sono nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale sentita la Commissione e osservate le norme statutarie del Consorzio interessato. Su proposta dell'Assessore regionale all'Industria, sentita la Commissione, la Giunta regionale delibera la promozione del procedimento di approvazione o di modifica degli Statuti dei Consorzi. Con la L.R. 05/08/1992, n. 12 (abrogata dalla L.R. 24/12/2001, n. 38) la Regione esercita, nell’ambito del proprio territorio, il controllo di legittimità sugli atti delle province, dei comuni e degli altri enti locali ai sensi dell’art. 130, I Comma della Costituzione, i controlli sono esercitati da un Comitato (Co.Re.Co.) articolato in sezioni, costituite nei modi stabiliti dalla legge. 2.7 Riordino delle funzioni amministrative regionali e locali In attuazione del principio di sussidiarietà e degli altri principi indicati nell’articolo 118 della costituzione, nell’articolo 4, comma 3, della legge 15/03/1997, n. 59 e negli articoli 3 e seguenti del decreto legislativo 18/08/2000, n. 267. La regione Calabria con la legge regionale 12/08/2002, n. 34, detta i criteri e disciplina gli strumenti, le procedure e le modalità per il riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi esercitati dai Comuni dalle Province, dagli altri Enti locali, dalle autonomie funzionali e dalla Regione, nelle materie di cui agli articoli 117, comma 3 e 4, e 118 della Costituzione, cosi come individuate nelle leggi e nei decreti legislativi di conferimento delle funzioni medesime. 80 Con la legge regionale 12/08/2002, n. 34, la Regione Calabria provvede al pieno conferimento agli Enti locali di tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi delle comunità locali, riservando a sé esclusivamente le funzioni ed i compiti che richiedono necessariamente l’esercizio unitario a livello regionale. Il conferimento di cui sopra avviene con riferimento ai seguenti settori: a) Sviluppo economico e attività produttive; b) Territorio, ambiente e infrastrutture; c) Servizi alla persona e alla comunità; d) Polizia amministrativa regionale e locale. Il riordino di funzioni e competenze tra Regione e gli Enti locali avviene secondo i principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione e nel pieno rispetto dei reciproci ambiti di autonomia, oltre che nel perseguimento dell’obbiettivo della piena integrazione tra i sistemi organizzativi dei vari Enti interessati. Il conferimento delle funzioni e dei compiti agli Enti locali è attuato, per ogni singola materia, nei tre mesi dal trasferimento dallo Stato alla Regione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, organizzative e strumentali, ovvero, se il trasferimento è precedente all’entrata in vigore della legge regionale 12/08/2002, n. 34, entro centoottanta giorni. La Regione esercita le funzioni di programmazione, di indirizzo, di coordinamento e di controllo. In caso di mancata attuazione da parte degli Enti locali delle funzioni e dei compiti conferiti ai sensi della presente legge, la Regione esercita il potere sostitutivo sugli Enti locali inadempienti. A tal fine il 81 Presidente della Giunta regionale, su proposta dell’Assessore competente per materia, assegna all’ente inadempiente il termine di novanta giorni per provvedere. Trascorso inutilmente il predetto termine, la Giunta regionale, dispone l’intervento sostitutivo con un commissario ad acta, nominato secondo quanto previsto dalla legislazione vigente, che deve provvedere entro sessanta giorni. Gli oneri finanziari dell’intervento sono a carico dell’ente inadempiente. E’ fatto obbligo alla Regione di provvedere al trasferimento agli Enti locali delle risorse finanziarie, umane, organizzative e strumentali necessarie per l’esercizio delle funzioni e dei compiti ad essi conferiti. Le funzioni regionali concernenti la materia industria sono comprensive di qualsiasi attività imprenditoriale diretta alla lavorazione ed alla trasformazione di materie prime, alla produzione e allo scambio di semilavorati, di beni e merci anche immateriali, nonché l’erogazione e scambio di servizi finalizzati al sostegno di tali attività. E’ istituito il Fondo unico regionale per le attività produttive nel quale confluiscono le risorse statali di cui all’art. 19, comma 5, del d. lgs. n. 112 del 1998 e tutte le ulteriori risorse comunque destinate ad interventi di sostegno di qualunque genere per l’industria. Sono riservati alla Regione le funzioni e i compiti amministrativi riguardanti: a) La partecipazione alla elaborazione delle politiche e degli interventi comunitari e nazionali in materia industria, salvo quanto previsto dall’art. 18 del d. lgs. n. 112 del 1998; b) L’elaborazione ed attuazione degli interventi di politica industriale e 82 di promozione dello sviluppo economico tenuto conto della vocazione delle specifiche parti del territorio; c) L’agevolazione dell’accesso al credito e la capitalizzazione delle imprese; d) L’attribuzione del Fondo unico regionale per le attività produttive; e) Il coordinamento ed il miglioramento dei servizi e dell’assistenza alle imprese, attraverso lo sportello regionale; f) Gli interventi a sostegno dello sviluppo della commercializzazione e dell’internazionalizzazione delle imprese; g) La determinazione delle modalità di formazione e di attuazione degli strumenti della programmazione negoziata, per quanto concerne le relazioni tra Regione, Enti locali e soggetti privati, anche in relazione alle competenze che verranno affidate ai soggetti responsabili. La Regione, con apposita legge, disciplina l’individuazione delle aree industriali e le aree ecologicamente attrezzate, dotate delle infrastrutture e dei sistemi necessari a garantire la tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente, nell’ambito delle linee di assetto territoriale di cui all’art. 5 della L. R. n. 7/78, garantendo la partecipazione degli Enti locali interessati al procedimento di individuazione di tali aree. Vengono altresì disciplinate le forme di gestione di cui all’art. 26 del d. lgs. n. 112 del 1998 e le modalità di acquisizione dei terreni compresi nelle aree di cui sopra. Sono attribuite alle Province funzioni amministrative e compiti concernenti: a) La concessione di agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi e di qualsiasi altro beneficio comunque riferito all’industria, ivi compresi 83 quelli per le piccole e medie imprese nonché l’erogazione di contributi ai consorzi, nei casi e per i fini di cui all’art. 19, comma 2, del d. lgs. n. 112 del 1998; b) La programmazione negoziata e la promozione della concertazione tra gli Enti locali, le associazioni imprenditoriali, sindacali e gli Enti ad autonomia funzionale; c) La promozione ed il coordinamento dei progetti di ammodernamento dei sistemi produttivi locali; d) La promozione ed il coordinamento delle gestioni associate intercomunali degli sportelli unici, nel rispetto delle competenze comunali; e) I programmi di innovazione e trasferimento tecnologico; f) I programmi di sostegno alla ristrutturazione, riconversione e sviluppo di singoli settori industriali ed a gli investimenti per impianti ed acquisto di macchine; g) I programmi per lo sviluppo aziendale finalizzati ad incrementare l’occupazione; h) Lo sviluppo e la qualificazione dell’impresa cooperativa nonché il sostegno alla realizzazione, al potenziamento ed alla diffusione sul territorio regionale dei servizi reali alle imprese; i) L’accertamento di speciali qualità delle imprese che siano specificatamente richieste dalla legislazione vigente; j) La promozione ed il sostegno alla costruzione di consorzi tra piccole e medie imprese industriali. Le Province, inoltre, concorrono, anche in riferimento all’articolo 84 3 della legge 488/92, alla formazione delle attività previste da questa legge. Al fine di favorire lo sviluppo socio economico locale, le Province promuovono gli istituti e gli strumenti di programmazione negoziata previsti dalla legislazione nazionale vigente, anche mediante apposite modalità di confronto e concertazione tra Enti locali, forze economiche e sociali, Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e altri soggetti pubblici e privati. Ai Comuni sono attribuite funzioni e compiti amministrativi concernenti: a) Programmazione e pianificazione degli obbiettivi comunali di sviluppo territoriale, economico, sociale e culturale, in sintonia con il programma provinciale e regionale; b) Individuazione e gestione, singolarmente o in forma associata, delle aree ecologicamente attrezzate per attività produttive e individuano le aree industriali per insediamenti produttivi da parte di consorzi di imprese; c) Rilascio delle concessioni o autorizzazioni per la realizzazione, l’ampliamento, la cessione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi in conformità alle disposizioni della legge regionale, incluso il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie. Al fine di perseguire gli obbiettivi di coordinamento e semplificazione del corpo normativo regionale in vigore, si procede al riordino delle norme mediante l’emanazione di testi unici riguardanti le materie e i settori omogenei. 85 CAPITOLO TERZO IL NUOVO REGIME GIURIDICO DEI CONSORZI PER LE AREE, I NUCLEI E LE ZONE DI SVILUPPO INDUSTRIALE 3.1 Il Nuovo ruolo dei Consorzi La Proposta di legge regionale ( PP. LL. N. 256/5^ e 260/5^ ) introduce una riforma organica della disciplina dei Consorzi per le aree di sviluppo industriale al fine di predisporre degli strumenti di politica industriale regionale adeguati alle nuove esigenze dell’economia. Le profonde trasformazioni dei rapporti economici avvengono all’insegna della mondializzazione e della competitività tra sistemi economici territoriali. La realizzazione del mercato comune e, più in generale, l’apertura dei mercati alla concorrenza internazionale, uniti alle trasformazioni dell’organizzazione di impresa nel segno della flessibilità e della mobilità, hanno reso obsoleti i vecchi strumenti di politica industriale. Il nodo centrale è che le imprese per insediarsi in un’area devono trovare un ambiente favorevole, fatto di servizi, efficienza amministrativa, capitale umano, reti di fiducia e di cooperazione. 86 Se le imprese non lo trovano in un luogo possono andare a cercarlo in un altro, anche al di fuori dell’originaria area geografica di appartenenza. In sostanza, nella nuova organizzazione economica si compete sempre più tra “sistemi territoriali”. E tali sistemi territoriali devono potersi adeguare con rapidità e flessibilità agli incessanti mutamenti del mondo della produzione e dei servizi; autonomia e deburocratizzazione diventano aspetti fondamentali per il successo economico di un sistema territoriale e quindi della sua capacità di attrarre nuove imprese, favorirne l’insediamento e la crescita. Partendo da queste premesse occorre modificare in profondità il ruolo, la struttura, la logica di funzionamento dei consorzi i quali concentravano la loro attività soprattutto nella assegnazione di aree alle imprese a prezzi politici e nella realizzazione di opere pubbliche, più o meno costose, non sempre collegate alla reale vocazione del territorio di riferimento. Ora, invece, i compiti dei Consorzi diventano assai più ambiziosi e sono essenzialmente diretti a promuovere lo sviluppo economico dei territori in cui operano, realizzando le migliori condizioni ambientali per il consolidamento e l’espansione delle attività produttive e dei servizi già esistenti e per il sorgere di nuove iniziative. La gamma delle attività che, alla luce di questa funzione, i Consorzi sono chiamati a svolgere è molto ampia: insieme al più tradizionale compito di acquisizione delle aree e di assegnazione delle stesse agli imprenditori, c’è tutta una serie di nuove competenze dirette a rendere l’ambiente più favorevole all’intrapresa economica e ad attrarre nuove imprese: creazione di servizi di assistenza, di consulenza, promozione di patti 87 territoriali e di contratti di area, realizzazione e gestione di infrastrutture a servizio della imprese, iniziative per favorire l’orientamento e la formazione professionale. Per lo svolgimento di tali attività e per l’erogazione dei servizi è previsto un complesso di strumenti istituzionali che vanno dalla gestione diretta del servizio all’appalto a terzi, dalla costruzione e gestione alla conclusione di accordi con altre amministrazioni pubbliche. L’imprenditore che intende investire in Calabria deve trovare la massima convenienza a farlo. Per raggiungere questi obbiettivi necessitano norme di semplificazione dell’attività amministrativa, con l’uso della conferenza di servizi, che deve pervenire ad una decisione entro breve tempo e dei meccanismi che consentono il rapido superamento dell’inerzia di qualsiasi pubblica amministrazione. Il nuovo ruolo assegnato ai Consorzi richiede flessibilità operativa e aderenza alle specifiche esigenze delle realtà locali. Perciò si è inteso attribuire il massimo risalto alla sua autonomia, che è innanzitutto statutaria e che si riflette nell’ampia possibilità riconosciuta a svariati soggetti di partecipare al Consorzio. Nella medesima prospettiva si inserisce la drastica riduzione degli atti sottoposti al controllo di legittimità da parte dell’Assessorato all’Industria che riguarderà solo pochi atti fondamentali, contribuendo, anche per questa via a rendere più rapida l’attività del Consorzio. E’ conservata comunque la possibilità, in caso di gravi irregolarità, di sciogliere gli Organi dei Consorzi. Tutte le novità postulano un adeguamento della macchina organizzativa ai nuovi compiti. L’organizzazione deve essere snella, efficiente 88 e deburocratizzata; ciò passa attraverso la riduzione dell’attuale composizione degli organi del Consorzio e l’assetto delle competenze che privilegia la netta separazione delle attività “politiche “ di indirizzo con quelle di gestione. Ad evitare il pericolo di interventi episodici e non coordinati è previsto che il Consorzio operi sulla base di strumenti programmatori ben definiti, di proiezione quinquennale che siano coerenti con gli indirizzi definiti dalla Regione. 3.2 L’evoluzione del Progetto di Legge (PP. LL. N. 256/5^ e N. 260/5^) In attesa del riordino dell’organizzazione dell’amministrazione regionale e degli enti sub-regionali, anche economici, la regione in attuazione dell’art. 65 D.P.R. 24/07/1977 N° 616, ed a norma dell’art. 36 della legge 5/10/1991 N° 317, della legge 19/07/1993 N° 237 e 08/08/1995 N° 314, con la Legge Regionale 29/05/1997 N° 13 si tenta di disciplinare per la prima volta, dopo la legge 4/72, l’assetto, le funzioni e la gestione dei Consorzi per le Aree ed i Nuclei di Sviluppo Industriale. Questa legge è stata rinviata dal Commissario di Governo della Regione Calabria al Consiglio Regionale perché in contrasto con la normativa nazionale. Finalmente, questo disegno di legge, viene riformulato con deliberazione del Consiglio Regionale N° 388 del 10/01/2000, ma il Commissario di governo lo rinvia al Consiglio Regionale per la modifica degli art. 18, c. 6 e 5; art. 22; art. 25 in aperta violazione delle leggi nazionali. La nuova amministrazione regionale, insediatasi nel mese di 89 Giugno 2000 tenta una forzatura e riapprova, il testo originario, con la maggioranza assoluta dei suoi componenti ed il governo nazionale in risposta pone la questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale. Dopo queste vicende il progetto di legge viene riesaminato dalla Prima Commissione Permanente-Politica Istituzionale, nelle sedute del 28 Novembre e 19 Dicembre 2001, nelle quali viene definito il nuovo testo mediante modifica degli art. 18 e 22 nonché stralcio dell’art. 25, il relatore sarà l’On. Gianfranco Leone. Questa è l’evoluzione del progetto di legge ( PP. LL. N. 256/5^ e N. 260/5^ ) che sarà successivamente approvato dal Consiglio Regionale, risultante dalle ricerche effettuate presso la Prima Commissione Permanente-Politica Istituzionale. 3.3 I nuovi “Consorzi per lo Sviluppo Industriale” in Calabria La Regione Calabria, con la legge regionale 24/12/2001 N° 38, disciplina l’assetto, la costituzione ed il funzionamento dei Consorzi per le Aree, i Nuclei e le Zone di Sviluppo Industriale in attuazione dell’art. 65 del D.P.R. 616/1977. Il fine è quello di predisporre degli strumenti di politica industriale per la Regione, adeguati alle esigenze che si stanno sviluppando nell’ambito dell’economia regionale. Il nodo centrale è quello di permettere alle imprese che vogliono insediarsi nelle aree industriali di trovare un ambiente complessivamente più favorevole a quello che è lo sviluppo dell’imprenditoria stessa. In effetti si è cercato di far diventare i Consorzi come dei sistemi territoriali capaci di accogliere e di dare tutti quelli che sono i servizi necessari 90 all’imprenditoria, realizzando le migliori condizioni ambientali in termini di servizi, di assistenza, di consulenza, di promozione di quegli strumenti nuovi che vanno dai patti territoriali ai contratti d’area, in maniera che chi decide di fare impresa in Calabria ha tutte le agevolazioni possibili per procedere in questa direzione. I Consorzi per le Aree, i Nuclei e le Zone di sviluppo industriale assumono la denominazione unica di “ Consorzi per lo Sviluppo Industriale”, l’area di competenza coincide di norma con il territorio della provincia d’appartenenza. I Consorzi sono Enti Pubblici Economici costituiti per la promozione dell’industrializzazione e dell’insediamento d’attività produttive, sono anche strumenti della Regione per la promozione industriale secondo il coordinamento, l’indirizzo ed il controllo della Giunta Regionale. I Consorzi già costituiti hanno sede in Crotone, Cosenza, Lamezia Terme, Reggio Calabria e Vibo Valentia, (possono trasferire la sede in altro comune della provincia, ovvero istituire sedi operative previa deliberazione dell’Assemblea generale). Per quanto riguarda il Consorzio di Lamezia Terme per il quale era in atto una procedura di liquidazione, questo prosegue senza soluzione di continuità tutte le attività e rapporti in essere di competenza del già esistente “ Consorzio per il Nucleo di Industrializzazione di Lamezia Terme”, la cui procedura di liquidazione, per effetto della nuova legge, viene sospesa. Continua ad operare sul territorio di pertinenza del vecchio Ente , utilizzando a tal fine: i locali dell’attuale sede, il personale dipendente, nonché i beni strumentali, le infrastrutture e le opere di urbanizzazione, tuttora esistenti. 91 Possono partecipare ai Consorzi, oltre la Regione con una quota non inferiore al 25%, i Comuni, le Province, le Comunità Montane, le Camere di Commercio, altri Enti ed Istituti pubblici, Associazioni d’imprenditori, Istituti di Credito, Imprese e Consorzi d’Imprese, nonché altri soggetti previsti dall’art. 36 della legge 317/91, che abbiano interesse ed operino nelle aree di pertinenza del Consorzio. 3.4 Lo statuto Lo Statuto disciplina l’organizzazione ed il funzionamento dei Consorzi stabilendo, nel rispetto della legislazione statale e regionale, in particolare: a) L’ammontare iniziale del fondo di dotazione dei Consorzi ed i criteri per la determinazione dei conferimenti; b) I requisiti e le modalità d’ammissione di nuovi soggetti partecipanti; c) I criteri generali per l’esercizio delle funzioni attribuite o delegate ai Consorzi dalle leggi statali e regionali; d) La composizione e il funzionamento degli organi consortili e le relative norme di nomina e rinnovo; e) Le competenze attribuite ai singoli organi; f) I criteri per il ripiano di eventuali disavanzi da parte dei soggetti partecipanti. Lo statuto e le relative modificazioni sono adottati dall’assemblea Generale del Consorzio e approvate con Decreto del Presidente della Regione su conforme deliberazione della Giunta Regionale. 92 3.5 Gli organi Sono organi dei Consorzi di Sviluppo Industriale: • L’Assemblea Generale; • Il Comitato direttivo; • Il Presidente; • Il Collegio dei Revisori dei Conti. • Il Direttore La durata in carica degli Organi è fissata in 5 anni per i membri dell’ Assemblea Generale ed il Comitato Direttivo, con possibilità di rielezione per una sola volta, e in 3 anni per il Collegio dei Revisori dei Conti. Ai componenti degli organi suddetti si applicano, in materia di incompatibilità, le disposizioni nazionali e regionali vigenti 3.6 L’Assemblea Generale L’Assemblea Generale è composta dai legali rappresentanti dei soggetti consorziati o loro delegati. L’Assemblea Generale è Competente sui seguenti atti fondamentali: a) Adotta lo Statuto e le modificazioni a maggioranza assoluta dei componenti assegnati e, dopo la terza votazione, a maggioranza semplice; b) Elegge il Comitato Direttivo ed il Presidente; c) Decide sull’ammissione al Consorzio di nuovi partecipanti e sulla decadenza dei consorziati; d) Determina le quote a carico dei consorziati e quelle necessarie per riparare eventuali disavanzi; 93 e) Propone l’affidamento al Consorzio di nuove funzioni da parte degli enti consorziati; f) Fissa le indennità spettanti ai membri del Comitato Direttivo, al Presidente, al Collegio dei Revisori dei Conti e l’entità del gettone di presenza ai componenti dell’Assemblea Generale. g) Approva entro il 31 Ottobre di ogni anno, il Piano Economico Finanziario (P.E.F.) relativo all’esercizio successivo, ed entro il 30 Aprile, il Bilancio di Esercizio predisposto dal Comitato Direttivo. Il termine di approvazione del Bilanci di Esercizio può essere prorogato eccezionalmente al 30 Giugno, previa apposita deliberazione del comitato direttivo; h) Delibera sulla contrazione dei mutui; i) Adotta gli strumenti urbanistici di competenza del Consorzio. 3.7 Il Comitato Direttivo Il Comitato Direttivo, presieduto dal Presidente del Consorzio, è composto da un numero variabile da cinque a sette membri di cui uno nominato dal Presidente della Giunta Regionale, previa deliberazione della Giunta regionale, ed i rimanenti dall’Assemblea Generale. Il Comitato Direttivo compie tutti gli atti di amministrazione non riservati all’Assemblea Generale e che non rientrino nelle competenze previste dalle leggi o dallo Statuto, del Presidente e dei dirigenti. In particolare: a) approva i regolamenti riguardanti il funzionamento del Consorzio e lo svolgimento dei suoi servizi; b) disciplina l’ordinamento degli uffici e dei servizi, le piante organiche e 94 le relative variazioni secondo le disposizioni di cui all’articolo 6, commi 1, 2,4 e 9della legge n. 127/97, in quanto compatibili; c) approva la proposta del Piano Economico e Finanziario e, sulla base degli indirizzi definiti dall’Assemblea Generale, gli accordi di programma; d) stabilisce, nel rispetto della normativa e della contrattazione vigente, il trattamento giuridico ed economico del personale; e) approva i regolamenti per cedere in proprietà o in uso alle imprese gli immobili di cui il Consorzio ha acquisito la disponibilità; f) nomina il Direttore Generale del Consorzio, scegliendolo tra il proprio personale di ruolo con qualifica dirigenziale, munito di laurea. In difetto può conferire, con scelta motivata e con modalità di evidenza pubblica, il relativo incarico, mediante contratto a termine, di durata non superiore a quella dell’Assemblea Generale a esperti o professionisti estranei all’amministrazione dell’ente, in possesso del diploma di laurea, di età non superiore a 60 anni, che, in posizione dirigenziale, abbiano maturato esperienza almeno quinquennale di direzione di Enti Pubblici o privati in materia di sviluppo industriale negli ultimi dieci anni decorrenti dalla data di pubblicazione del bando. In sede di prima applicazione i Direttori comunque nominati alla data del 30 giugno 2000 sono confermati senza ulteriori formalità. Quando il numero dei membri del Comitato Direttivo da sostituire è superiore almeno alla metà dei componenti si provvede al totale rinnovo. Possono essere componenti del Comitato Direttivo anche soggetti 95 esterni all’Assemblea Generale, purché in possesso di comprovata e documentata esperienza in materia di sviluppo industriale. 3.8 Il Presidente Il Presidente è eletto dall’Assemblea Generale a scrutinio segreto e a maggioranza assoluta dei componenti assegnati. Dopo la terza votazione è sufficiente la maggioranza semplice. Il Presidente ha la rappresentanza legale del Consorzio ed esercita le funzioni demandategli dallo Statuto. 3.9 Il Direttore Il Direttore ha la responsabilità gestionale del Consorzio; gli spettano, secondo le disposizioni dello Statuto e del regolamento, tutti i compiti, compresa l’adozione di atti che impegnano il Consorzio verso l’esterno, che la legge e lo Statuto stesso non abbiano riservato agli organi consortili. 3.10 Il Collegio dei Revisori dei Conti Il Collegio dei Revisori dei Conti è composto da un Presidente e da due membri effettivi e due supplenti iscritti all’albo di cui al decreto legislativo n. 88 del 1992, 31è eletto dal Consiglio Regionale con una votazione per i membri effettivi ed una per i membri supplenti, ed è nominato con decreto del Presidente della Giunta Regionale. 31 F.GALGANO Diritto Commerciale “Le Società”, Bologna 1999 Pag. 294 96 3.11 La Funzione dei Consorzi I Consorzi di sviluppo industriale, nell’ambito dei territori dei comuni consorziati in cui operano, provvedono in particolare: a) alla redazione, in conformità alle indicazioni del Piano regionale di sviluppo, dei piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale; b) agli studi, ai progetti ed alle iniziative per promuovere lo sviluppo produttivo nelle zone di intervento; c) alla ricerca tecnologica, progettazione, sperimentazione, acquisizione di conoscenze e prestazione di assistenza tecnica, organizzativa e di mercato connessa al progresso ed al rinnovamento tecnologico, nonché alla promozione di attività di consulenza e di assistenza, con particolare riguardo al reperimento, alla diffusione e all’applicazione di innovazioni tecnologiche; d) alla promozione di attività di consulenza e assistenza per la nascita di nuove iniziative imprenditoriali e per il loro consolidamento; e) alla assunzione, sulla base di apposite convenzioni con la Regione e gli enti locali, di iniziative per favorire l’orientamento e la formazione professionale dei lavoratori, dei quadri direttivi ed intermedi e dei giovani imprenditori, ivi comprese le iniziative finalizzate all’introduzione di nuove tecnologie e metodi per il miglioramento della qualità; f) a curare la promozione di patti territoriali e contratti d’area; g) all’acquisizione e alla progettazione di aree attrezzate per insediamenti produttivi, ivi compresa l’azione promozionale per l’insediamento di 97 attività produttive in dette aree, alla progettazione e alla realizzazione delle opere di urbanizzazione e dei servizi, nonché all’attrezzatura degli spazi pubblici destinati ad attività collettive. La gestione delle opere di urbanizzazione, delle infrastrutture e dei servizi può essere attuata anche avvalendosi di cooperative, Consorzi di gestione e società a capitale misto; h) alla vendita, all’assegnazione e alla concessione alle imprese di lotti in aree attrezzate. A tal fine, il Comitato Direttivo dei Consorzi con proprio atto individua le aree ed i criteri per l’assegnazione; i) alla costruzione in aree attrezzate di fabbricati, impianti, laboratori per attività industriali e artigianali, commerciali all’ingrosso ed al minuto, depositi e magazzini; j) alla vendita, alla locazione e alla locazione finanziaria alle imprese di fabbricati e impianti in aree attrezzate; k) alla realizzazione e gestione di aree produttive, artigianali, commerciali all’ingrosso ed al minuto o destinate a centri e servizi commerciali. Tali aree possono essere individuate anche dagli strumenti urbanistici comunali; l) all’assunzione e promozione dell’erogazione di servizi per favorire l’insediamento e lo sviluppo delle attività produttive, anche attraverso la cessione di aree per l’insediamento di aziende di servizio convenzionate con i Consorzi; m) all’esercizio delle attività previste dall’articolo 63 della legge 23 dicembre 1998, n. 448; n) alla costruzione e gestione di impianti di depurazione degli scarichi 98 degli insediamenti produttivi, salvo quanto previsto dalla legge regionale n. 10/97; o) alla realizzazione e alla gestione di impianti tecnologici per la distribuzione di gas metano e per la realizzazione e la gestione di altri impianti a rete; p) al recupero degli immobili industriali preesistenti per la loro destinazione a fini produttivi e all’attuazione di programmi di reindustrializzazione; q) alla prosecuzione della gestione in atto degli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione fino al momento del loro trasferimento al gestore del servizio idrico integrato ai sensi della legge regionale 3 ottobre 1997, n. 10; r) alla riscossione delle tariffe e dei contributi per l’utilizzazione da parte di terzi di opere e servizi realizzati o gestiti dai Consorzi; s) a promuovere la costituzione ovvero a partecipare a società consortili di cui all’articolo 27 della legge 5 ottobre 1991, n. 317; t) all’assunzione di ogni altra iniziativa idonea al raggiungi mento dei fini istituzionali, anche mediante la promozione di società e di Consorzi di gestione a capitale misto. Nell’esercizio delle loro attività i Consorzi si attengono a criteri di efficacia, efficienza ed economicità, perseguendo l’equilibrio tra i costi globalmente derivanti dalla loro attività di programmazione, ivi compresi quelli del personale. 99 3.12 Delega alle Province Sono delegate alle Province le funzioni amministrative di cui all’art. 2 D.L. 20/05/1993 N° 149 convertito in legge 19/07/1993 N° 237, ossia la delega all’approvazione degli strumenti urbanistici dei Consorzi, mentre non devono intervenire sulla programmazione industriale, questo emendamento è stato inserito su richiesta dell’On. Borrello (risulta dal resoconto sommario della Commissione) in quanto sarebbe contraddittorio rispetto al quadro legislativo attuale non attribuire tale delega alle Province. 3.13 I Programmi di Attività I Consorzi svolgono le proprie funzioni istituzionali sulla base di programmi quinquennali di attività e di organizzazione, che si conformano agli indirizzi definiti dalla Regione nei propri piani generali e settoriali di sviluppo economico. I piani sono elaborati sulla base di criteri che tengano conto della sussistenza di processi di ristrutturazione e di conversione industriale già in stato di avanzamento e della presenza di gravi fenomeni di degrado ambientale, economico e sociale. I programmi e le attività sono approvati dall’Assemblea Generale entro 180 giorni dal suo insediamento e trasmessi alla Regione entro 10 giorni dall’adozione. Essi devono indicare: a) le azioni di promozione delle attività produttive e gli specifici interventi per realizzarle; b) le risorse finanziarie necessarie e le diverse fonti di provvista; c) le misure organizzative adeguate a sostenere le azioni prescelte, riguardanti la razionalizzazione delle strutture consortili, al fine di 100 ridurne i costi e migliorarne l’esistenza; d) l’eventuale costituzione di società o consorzi o la partecipazione a loro per la gestione di servizi consortili o per le attività di assistenza alle imprese. La Regione, entro 30 giorni dal ricevimento dei programmi, al fine di esaminare contestualmente i vari interessi coinvolti, indice una conferenza di servizi alla quale sono invitati a partecipare, oltre agli Enti pubblici o privati consorziati, anche altri soggetti direttamente o indirettamente interessati dagli interventi previsti in detti programmi ed attività, nonché i dirigenti dei Dipartimenti regionali interessati. La Giunta regionale, tenuto conto delle osservazioni raccolte nella conferenza di servizi, approva i programmi entro e non oltre 60 giorni dalla data di svolgimento della stessa conferenza, trascorsi i quali opera l’istituto del silenzio-assenso. 3.14 Il Bilancio Il bilancio del Consorzio si conforma alle norme stabilite dallo Stato in modo da consentire la lettura per programmi, obiettivi ed interventi. 32 I Consorzi devono predisporre ed approvare entro il 31 ottobre di ogni anno il piano economico-finanziario, concernente i programmi di investimento e di attività relativi all’esercizio dell’anno successivo e farlo pervenire entro dieci giorni alla Giunta Regionale che esercita il controllo entro 30 giorni dal ricevimento, trascorsi i quali, si intende approvato. 32 GIUSEPPE FARNETI Gestione e Contabilità dell’Ente Locale, Rimini 1997, Pag. 101 101 3.15 Il Capitale e i mezzi finanziari Il capitale di proprietà dei Consorzi è formato dai conferimenti dei partecipanti al momento della loro costituzione e da quelli successivi, dai contributi in conto capitale, aumentato degli utili e diminuito delle perdite derivanti dalla loro attività. I mezzi finanziari di cui i Consorzi possono disporre sono costituiti oltre che da quelli provenienti dai mezzi propri e da quelli derivanti dallo svolgimento della propria attività, anche: a) dal contributo annuale di dotazione ordinaria da parte degli altri organismi partecipanti, ripartito secondo i criteri indicati nello statuto; b) dai fondi regionali, statali e comunitari appositamente destinati alla realizzazione, gestione e manutenzione di opere e servizi; c) da finanziamenti concessi da istituti di credito anche a medio termine. 3.16 Le Funzioni della Regione I Consorzi di Sviluppo Industriale diventano strumenti della Regione per le attività di promozione industriale nel territorio regionale con particolare riferimento alla realizzazione di infrastrutture. La Giunta regionale: a) emana atti di indirizzo e di coordinamento dell’attività dei Consorzi; b) approva i piani economici e finanziari dei Consorzi. La Giunta regionale esercita il controllo sul Piano economico e finanziario (P.E.F.). Il controllo sul P.E.F. è esercitato entro 40 giorni dal ricevimento dell’atto ed il termine può essere sospeso, per una sola volta con richiesta da 102 parte dell’Assessorato all’Industria, di chiarimenti o elementi integrativi, ricevuti i quali la Giunta, entro i successivi 30 giorni, dovrà esprimersi definitivamente. 3.17 Il Controllo e la Vigilanza Il controllo interno sull’attività dei Consorzi di sviluppo industriale spetta al Collegio dei Revisori dei Conti. La vigilanza sull’attività dei Consorzi di sviluppo industriale è esercitata dalla Giunta Regionale, anche mediante l’acquisizione delle necessarie informazioni dal Collegio dei Revisori dei Conti e tende a verificare il rispetto delle prescrizioni e degli indirizzi della programmazione regionale, generale e di settore, e della pianificazione territoriale. Nell’esercizio del potere di vigilanza, il Presidente della Giunta Regionale, su proposta dell’Assessore all’industria od autonomamente, può: a) disporre ispezioni per accertare il regolare funzionamento dei Consorzi; b) provvedere, previa diffida, agli organi dell’ente al compimento di atti resi obbligatori da disposizioni di legge e di regolamento, anche con la nomina di commissari ad acta. Nei casi in cui sia maturata la scadenza statutaria senza che si sia provveduto da parte dell’Assemblea alla formale proroga dell’Ente ai sensi e nel rispetto delle previsioni di cui all’articolo 37 ter, comma 7, della legge regionale n. 10/1998, il Presidente della Giunta Regionale, su proposta dell’Assessore all’industria od autonomamente, procede alla nomina di un Commissario straordinario di liquidazione. 103 3.18 I Piani Regolatori delle Aree Gli strumenti urbanistici di cui all’articolo 51 del D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 e relative varianti sono adottati dall’Assemblea del Consorzio, previo parere dei comuni consorziati. Gli strumenti urbanistici sono approvati dalla provincia ed hanno valenza di piani territoriali di coordinamento ai sensi dell’articolo 5 della legge 1150/1942. Per le espropriazioni si applicano le disposizioni della legge 25 giugno 1865, n. 2359 e successive modificazioni e integrazioni, 33salvo quanto disposto dall’articolo 53 del D.P.R. n. 218/1978 e le relative funzioni sono esercitate dai Presidenti dei Consorzi, previa comunicazione ai sindaci dei territori interessati. I Consorzi possono avvalersi delle procedure d’urgenza di cui alla legge 3 gennaio 1978 n. 1 e successive modificazioni e integrazioni. Ai fini della progettazione e della realizzazione degli interventi, i Consorzi possono concludere con la Regione e con gli altri enti pubblici accordi di programma ove sono stabiliti gli obiettivi, i tempi e le modalità di attuazione e le previsioni di spesa. In caso di partecipazione del comune o dei comuni interessati all’accordo di programma, ove l’accordo comporti variazioni degli strumenti urbanistici, si applicano le norme di cui all’articolo 27, commi 4 e 5,della legge 8 giugno 1990, n. 142 e dell’articolo 1, comma 59, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 e successive modificazioni ed integrazioni. Per aree ecologicamente attrezzate si intendono quelle che sono dotate o si dotano delle strutture e degli impianti idonei ad assicurare la tutela 33 F.GALGANO, Diritto Privato, Milano 1996, Pag. 120 104 dell’ambiente, della salute e della sicurezza, oltre ad adeguati impianti e sistemi di monitoraggio ambientale dei livelli atmosferici, acustici ed elettromagnetici. I Consorzi che si sono dotati dell’attrezzatura di tutela ambientale, della salute e della sicurezza richiedono alla Provincia di dichiararne la qualificazione come area ecologicamente attrezzata. Il Presidente della Provincia, previa opportuna verifica, provvede con proprio atto al relativo riconoscimento. 3.19 Le Opere di Urbanizzazione I Comuni possono affidare ai Consorzi di sviluppo industriale la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione relative alle aree attrezzate per insediamenti produttivi e delle infrastrutture e delle opere per il loro allacciamento ai pubblici servizi, sulla base di una convenzione tipo predisposta dai Consorzi stessi. La realizzazione diretta può avere ad oggetto le opere di urbanizzazione interne all’area di intervento e quelle esterne, ivi comprese le aree acquisite dal Consorzio o dai comuni, che risultino funzionali e necessarie alla piena attrezzatura dell’area interessata. La realizzazione può anche avere ad oggetto in tutto o in parte le opere o le infrastrutture necessarie ad allacciare la zona ai pubblici servizi. Il Consorzio può altresì assumere la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione, anche non di pertinenza dell’area interessata, purché funzionali alle attrezzature della stessa. La realizzazione delle opere di urbanizzazione deve avvenire in base a progetti esecutivi predisposti dal Consorzio ed approvati dall’amministrazione comunale. 105 La determinazione delle spese per le opere da realizzare, le modalità di valutazione e di cessione delle opere e delle relative aree sono stabilite sulla base della convenzione. Le convenzioni stipulate tra Consorzio e Comuni sulla base della convenzione tipo costituiscono, a favore del Consorzio, atto di concessione per la realizzazione delle opere indicate. 3.20 Manutenzione ed Esercizio Infrastrutture La Regione, la Provincia, i Comuni e altri enti possono affidare ai Consorzi di sviluppo industriale la manutenzione e l’esercizio delle opere di urbanizzazione, delle infrastrutture e degli allacci a servizio delle attività produttive e da realizzare nell’ambito del territorio di competenza e dei suoi accessi. Per le opere per le quali è prevista, a norma dell’atto di affidamento, la consegna all’ente pubblico titolare, i compiti di manutenzione ed esercizio sono svolti dal Consorzio fino al giorno della consegna stessa. Per tutte le altre opere ed impianti il Consorzio svolgerà i relativi compiti per il tempo della sua durata. I Consorzi di sviluppo industriale provvedono alla determinazione e riscossione dei corrispettivi dovuti dalle imprese per i servizi di manutenzione delle opere e per la gestione degli impianti. 3.21 Passaggio dal vecchio al nuovo regime Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della Legge Regionale 24/12/2001 N° 38, il Presidente della Giunta Regionale, su 106 proposta dell’Assessore all’industria, delibera lo scioglimento degli organi ordinari già esistenti, contestualmente, nomina un commissario straordinario che provvede fino alla nomina dei nuovi Consigli di amministrazione e comunque per un periodo non superiore a nove mesi: a) Alla gestione dei Consorzi; b) Alla redazione dell’ inventario delle loro infrastrutture e dei loro beni patrimoniali realizzati con finanziamenti pubblici; c) Alla stesura di una relazione sullo stato delle attività e passività; d) All’adeguamento dello statuto del Consorzio alle norme della nuova legge. I Commissari dei Consorzi di amministrazione straordinaria esistenti alla data di entrata in vigore della legge assumono e svolgono le funzioni sopra descritte. I Commissari adottano nel termine di 100 giorni dalla nomina, tutti gli atti necessari per consentire la nomina dell’assemblea generale dei Consorzi, che deve essere insediata entro i successivi 30 giorni, l’assemblea provvederà alla nomina del Consiglio di amministrazione, dai verbali della seduta del Consiglio Regionale del 15/01/2001 risulta che il motivo per cui è stato deciso il commissaria mento dei Consorzi è l’insediamento di nuovi organi che dovranno procedere ad approvare il nuovo statuto, che è il documento da cui nascerà il nuovo Ente. I Consorzi la cui durata scade prima dell’entrata in vigore della nuova legge, sono prorogati di un anno. Entro 180 giorni dall’entrata in vigore della nuova legge potranno essere istituiti nuovi Consorzi in aree con almeno 150.000 abitanti che 107 abbiano una vocazione industriale. I soggetti proponenti (Comuni, Province,Enti pubblici e soggetti privati) dovranno garantire al costituendo Consorzio un patrimonio in beni e in risorse pari almeno a 100 miliardi di cui il 40% in risorse finanziarie. La giunta regionale, previo parere vincolante della competente commissione consiliare, procederà all’approvazione. Per quanto riguarda la possibilità di costituzione di nuovi Enti, và precisato che è stata oggetto di un intenso dibattito in Consiglio, principalmente per quanto i limiti imposti dalla nuova legge, infatti la soluzione adottata impone in risorse finanziarie solo il 40% dei 100 miliardi che costituiscono il patrimonio iniziale e tenendo conto che la Regione apporta il 25%, quindi diventa più facile e meno oneroso per Comuni e Province reperire le necessarie risorse finanziarie. 3.22 Conflitto d’interesse Regione-Stato Il Consiglio Regionale a seguito di rinvio , del Commissario di Governo della Regione Calabria, ha riapprovato i progetti di legge riunificati ( PP. LL. N. 256/5^ e N. 260/5^) con la maggioranza assoluta dei suoi componenti. Il Governo della Repubblica, in risposta a questo atto insubordinazione, ha promosso, davanti alla Corte Costituzionale la questione di legittimità delle seguenti norme: art. 18, comma 5 “Nel caso di accertata impossibilità di funzionamento degli organi consortili o di riscontrate gravi irregolarità nella gestione e nel perseguimento delle finalità istituzionali, il Presidente della giunta regionale, su proposta dell’Assessore all’industria od autonomamente, può procedere allo 108 scioglimento degli organi stessi ed alla nomina di un Commissario straordinario.” e comma 6 “La gestione commissariale non può avere durata superiore a sei mesi. Entro tale termine devono essere ricostituiti gli organi di amministrazione ordinaria”, art. 22 “Qualora sia opportuno effettuare l’esame contestuale di più interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo di iniziativa del Consorzio, il Direttore indice la conferenza dei servizi e uffici interessati. Le conferenze sono indette, in particolare, qualora si debbano acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati servizi o uffici dell’amministrazione regionale, provinciale, comunale o di altre amministrazioni. In tal caso le determinazioni concordate nella conferenza tra tutte le amministrazioni intervenute tengono conto degli atti predetti. Si considera acquisito l’assenso dell’amministrazione la quale, regolarmente convocata, non abbia partecipato alla conferenza o vi abbia partecipato tramite rappresentanti privi della competenza ad esprimere definitivamente la volontà, salvo che essa non comunichi al Presidente del Consorzio il proprio motivato dissenso entro venti giorni dalla conferenza stessa ovvero dalla data di ricevimento della comunicazioni delle determinazioni adottate, qualora queste ultime abbiano contenuto sostanzialmente diverso da quelle originariamente previste. Resta salvo quanto disposto dall’articolo 14, della legge 07/08/1990 n. 241, e successive modifiche ed integrazioni.” Ed articolo 25 “Al fine di potenziare e riqualificare l’offerta di appetibilità del territorio calabrese e favorire la realizzazione di nuovi insediamenti produttivi, la Giunta regionale, di concerto con i Presidenti dei Consorzi e previo parere della Commissione consiliare competente, 109 entro il termine di 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, individua, per singolo Consorzio, le filiere produttive da privilegiare, tenendo conto della vocazione dei singoli territori.”. I motivi sono: a) Per l’articolo 18 commi 5 e 6, prevedendo che in caso di accertata impossibilità di funzionamento degli organi consortili o di riscontrate gravi irregolarità nella gestione e nel perseguimento delle finalità istituzionali che il Presidente della Giunta regionale possa procedere allo scioglimento degli organi stessi ed alla nomina di un commissario straordinario, per un periodo non superiore a sei mesi, che provvede alla gestione ordinaria ed alla ricostituzione degli organi statutari. Forme di ingerenza della regione sulla attività e sugli organi dei consorzi per le aree di sviluppo industriale che ponendosi in contrasto sia con la disciplina statale di riferimento di cui all’articolo 36 della legge n. 341/91 e all’articolo 11 della legge n. 341/95 che configurando i Consorzi come Enti Pubblici Economici, attribuisce alla regione soltanto il controllo sui piani economici e finanziari di detti enti locali territoriali, sia con il principio di buona amministrazione di cui all’articolo 97 della Costituzione non che con il principio di autonomia degli enti locali territoriali di cui all’articolo 128 della Costituzione; b) Per i medesimi motivi sopra esposti è censurabile l’articolo 25 che prevede che la regione individui in ciascun Consorzio “ Le filiere produttive da privilegiare tenendo conto della vocazione dei singoli territori.”; 110 c) L’articolo 22 che prevede il procedimento della conferenza dei servizi non è in linea con la recentissima disciplina statale di cui agli articoli da 9 a 12 della legge 24/11/2000 n. 340 che ha ulteriormente modificato le disposizioni vigenti della legge n. 241/90 in materia di conferenza dei servizi. Per i su esposti motivi il Commissario di Governo della Regione Calabria ha rinviato il provvedimento a nuovo esame del Consiglio Regionale. Questo è quanto risulta dal telegramma inviato dal Commissario di Governo al Presidente del Consiglio Regionale ed al Presidente della Giunta Regionale. 111 REGIONE CALABRIA I NUCLEI E LE AREE INDUSTRIALI IN CALABRIA Consorzio per lo sviluppo industriale della Provincia di Cosenza Consorzio per le aree industriali del comprensorio di Lamezia Terme Consorzio per il nucleo di industrializzazione di Crotone Consorzio per il nucleo di sviluppo industriale di Vibo Valentia Consorzio per lo sviluppo industriale della Provincia di Reggio Calabria 112 CAPITOLO QUARTO IL NUCLEO INDUSTRIALE DI CROTONE 4.1 La struttura del territoriale della Provincia di Crotone 4.1.1 Struttura Economica La provincia di Crotone é classificata in numerose statistiche e graduatorie come un’area del Mezzogiorno particolarmente svantaggiata. Questa posizione di svantaggio ha assunto, con il passare degli anni, una connotazione per molti aspetti “assoluti”, poiché permangono limiti strutturali che collocano il territorio crotonese agli ultimi posti delle graduatorie degli indici socio economici nazionali. D’altra parte, questa condizione trova una sua concreta rappresentazione nel “primato” che assegna ad alcune aree della provincia di Crotone (cfr. Commissione Parlamentare d’Indagine sulla Povertà in Italia) quali i comuni di Isola Capo Rizzuto e Cutro, la qualificazione di zone più povere della Calabria, a fronte del fatto che nella stessa provincia, città capoluogo, sono domiciliate le imprese più ricche e importanti della Regione. I dati più recenti relativi al Prodotto Interno Lordo (PIL) provinciale pro capite delle 103 province italiane, collocano al 101° posto la 113 provincia di Crotone. Le esportazioni nella provincia, nel 1997, ammontano a 31.026 milioni di lire, incidono per il 6,7% sulle esportazioni regionali. Il 22,28 % dell’export crotonese è costituito da prodotti agricoli, il 21,65 % da minerali ferrosi e non; il 20,47 % da prodotti metalmeccanici. La variazione percentuale rispetto al 1996 ha fatto registrare un regresso pari al -28,95%. Gli indicatori degli scambi commerciali in entrata e uscita dall’economia locale, attestano “come ad ogni 100 lire importate corrispondano solo circa 17 lire esportate”, quota modesta rispetto al dato della Calabria (60,8) e dell’Italia (112,3). L’andamento produttivo del crotonese è praticamente simmetrico a quello del resto della Calabria, con un progressivo disavanzo della bilancia commerciale. 4.1.2. Contesto Socio-economico La “biografia” socio economica della Provincia di Crotone si prefigura come un caso tipico, per molti aspetti addirittura paradigmatico, di “localismo incompleto”. Sebbene con modalità diverse da quelle tipiche dell’assistenzialismo dei “colletti bianchi”, burocratico e terziario, lo Stato ha esercitato un ruolo molto importante nella formazione e nella crisi del modello agro-industriale del crotonese. L’intervento dello Stato nell’economia locale é stato massiccio. Nel corso degli anni ‘50 il territorio é stato interessato al grande intervento pubblico della Riforma Agraria che ha scomposto il vecchio assetto del monopolio agricolo latifondista, connettendo al mercato, in un mercato locale 114 inesistente, protetto e paternalista. Anche nel settore delle produzioni industriali, con la fornitura di energia elettrica a basso costo, dopo la costruzione di invasi e centrali idroelettriche nella vicina Sila, la mano pubblica è stata tutt’altro che invisibile. La società e l’economia del crotonese erano caratterizzate, anche rispetto al resto della Calabria, da una situazione di piena occupazione, e di forte egualitarismo sociale. Per decenni, l’intelaiatura istituzionale é stata tenuta nella camicia di forza di un’altra provincia, quella di Catanzaro, diversa e talvolta configgente con l’orizzonte di crescita della stessa città di Crotone, nel livello elementare e frammentario delle microscopiche e deboli autonomie dei comuni. Per questo, nonostante le dinamiche evolutive, il modello storico dello sviluppo del crotonese é rimasto per lungo tempo “intrappolato” nella prigionia di uno sviluppo senza autonomia. Negli anni Ottanta avviene la fine del protezionismo statale, il crollo del fragile equilibrio instaurato dal protezionismo statale nell’industria, finalizzato alla piena occupazione e al controllo sociale, nonché dalla pianificazione degl’interventi nel settore agricolo comprensoriale, con l’obiettivo di convogliare una massa imponente di offerta di lavoro nei flussi migratori verso il “centro” dello sviluppo nazionale (triangolo industriale) ed europeo (Comunità Economica Europea). In questo periodo, il declino dei vecchi impianti industriali di base, nel settore chimico e metallurgico, la forte crisi sociale provocata dall’espandersi di fenomeni di devianza giovanile e di criminalità organizzata e 115 dalla trasformazione del mercato del lavoro, si sovrappongono e si intrecciano fino a produrre una emergenza che sfocia nello scoppio di un conflitto sociale, noto come i “fuochi” di Crotone. Tali “fuochi” segnano il limite invalicabile e la trasformazione radicale dello scenario. La vecchia industria di base cade così non solo per via della crisi verticale del comparto chimico a seguito dello shock petrolifero, ma anche in virtù della diversa divisione internazionale ed europea del lavoro e della produzione industriale. 4.1.3. Contesto Storico Durante gli anni italiani del “boom economico”, per via degli insediamenti industriali presenti sul territorio (chimica, metallurgia, energia), la città, divaricandosi dal resto del comprensorio, conseguiva traguardi di benessere e di crescita unici nella storia recente della Calabria. Crotone appariva come una città ricca, moderna, una sorta di piccola Milano del Sud, il volto di un altro mezzogiorno fino a quando, a partire dai primi anni ‘70, la crisi del comparto chimico nazionale e internazionale si manifestava localmente sotto forma di un vero e proprio “sciopero degli investimenti” e in un graduale abbandono delle prospettive di rafforzamento e di rinnovamento degli impianti esistenti, già obsoleti. Tutto questo si sostanziava nell’annullamento del programmato raddoppio Montedison, nella mancata realizzazione dell’impianto dei cosiddetti “fanghi rossi”, anche a causa della scoperta di un vasto bacino archeologico su cui dovevano sorgere i nuovi impianti industriali. I mancati investimenti nei processi di produzione, la messa sul 116 mercato degli impianti ormai usurati, rilevati dalle holding di Stato, determinarono una situazione allo stesso tempo di prosecuzione e abbandono. Il collasso industriale ha messo a nudo la “questione ecologica” sia a livello nazionale, con l’eliminazione del fosforo dalla produzione dei detersivi, che a livello locale, con la rilevazione di un alto tasso d’inquinamento ambientale e con il Rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sull’incidenza di malattie neoplastiche nell’area urbano-industriale. All’inizio degli anni novanta, la situazione dell’area di Crotone, interessata da una macro localizzazione strategica di difesa atlantica (Base Nato F-16 - di Isola Capo Rizzuto) appariva in bilico tra una “riconversione militare del territorio” e la ricerca di una “autodeterminazione territoriale”, capace di dare centro alle scelte, ai progetti, alla programmazione di medio e lungo periodo. Nonostante le problematiche storiche, proprio all’inizio di questo decennio si intensificano le dinamiche di rinnovamento, su nuove basi dello sviluppo locale. Pertanto: a) Nasce il progetto di una reindustrializzazione del crotonese, facendo leva su nuove soggettività, accompagnate nell’esperienza di un nuovo soggetto misto, pubblico-privato, quale è “Crotone Sviluppo”; b) L’istituzione della Provincia apre una nuova fase di insediamento sul territorio di una rete di sostegno e di servizio allo sviluppo socio economico e alla qualificazione degli stili di vita; c) Viene confermata in sede nazionale ed europea la vocazione 117 industriale dell’area, con programmi di sostegno allo sviluppo locale, in linea con le regole del mercato e la nuova dimensione globale ed euromediterranea dei processi economici. La stipula del Contratto d’Area e della Sovvenzione Globale va nella direzione di recupero del deposito tecnico, formativo e culturale della passata esperienza industriale, considerata come prerequisito per una più rapida ripresa dell’economia locale industriale, impostando una modernizzazione ecologica del territorio, nel contesto di un programma di sviluppo sostenibile. I punti sopra elencati possono considerarsi come variabili di rottura, attraverso le quali l’utilizzo dei Fondi Strutturali può divenire il carburante per l'avvio del motore dello sviluppo della “Provincia Sostenibile” di Crotone. Con la nascita della nuova provincia (1991) e con l’avvio dei processi di riconversione del sistema economico locale vengono alla superficie le contraddizioni e i limiti strutturali dell’impianto territoriale, per cui si può affermare che da una fase di “sviluppo senza autonomia” si rischia di permanere in una condizione di “autonomia senza sviluppo”. L’evento alluvionale (1996) ha svolto la funzione di “evidenziatore” di tali tare e limiti strutturali. La lettura dell’intera vicenda alluvionale resterebbe superficiale, persino ininfluente, se non si collegassero le dinamiche emergenziali da essa suscitate con processi socio economici e culturali più “profondi” che hanno interessato la società della città capoluogo e l’intera provincia. L’alluvione ha aperto un più specifico e complesso problema di 118 collocazione della provincia nello scenario geo-istituzionale regionale e geoeconomico interregionale. 4.1.4. La situazione Attuale L’area di Crotone é oggi una periferia del sistema industriale europeo. Il declino del vecchio impianto industriale é anche un riflesso di un rapido processo di trasformazione e ristrutturazione tecnologica delle strutture produttive avviato con l’unificazione dei mercati europei. La Provincia di Crotone é una zona contraddistinta da problemi strutturali di riconversione economica e sociale, con una popolazione e una superficie significativa nel contesto regionale.. La Provincia di Crotone é interessata da fenomeni di arretratezza socio economico - culturale. L’area é caratterizzata da un ampio e intenso processo di mutamento sociale ed economico principalmente nel settore industriale (grandi imprese esterne pubbliche e private, PMI locali connesse all’insediamento chimico, semichimico, metallurgico, energetico, agroalimentare) e dei servizi, specie quelli pubblici, quale risultante della recente trasformazione istituzionale del comprensorio, prima appartenente alla provincia di Catanzaro, in nuova provincia . 1) La zona industriale di Crotone é un unità territoriale con i seguenti caratteri morfologici: il tasso medio di disoccupazione risulta superiore alla media nazionale e comunitaria, registrata negli ultimi tre anni; 2) Le zone rurali presentano le seguenti caratteristiche: la densità 119 della popolazione é inferiore ai 100 abitanti per kmq; il tasso di occupazione in agricoltura rispetto all’occupazione complessiva é superiore al doppio della media comunitaria; esistono gravi problemi derivanti dall’invecchiamento della popolazione attiva del settore agricolo; ci sono zone rurali che hanno un elevato tasso di disoccupazione causato dalla ristrutturazione di una attività determinante nel settore agricolo, quale é stata, per esempio, quella del settore bieticolo-saccarifero nel comune di Strongoli; esistono zone costiere dipendenti dalla pesca che, per effetto di interventi di tutela ambientale e ristrutturazione del settore ittico, hanno subito un decremento dell’occupazione, come nel caso dell’area compresa nella perimetrazione della Riserva Naturale Marina di Capo Rizzuto. 3) I poli urbani provinciali, specie quello del capoluogo di provincia Crotone sono zone densamente popolate che si contraddistinguono per i seguenti aspetti: disoccupazione di lunga durata superiore alla media comunitaria; gravi problemi di bonifica delle aree industriali degradate; elevato livello di povertà, con condizioni abitative precarie nei comuni di Isola Capo Rizzuto, Cutro e nella città di Crotone che, a seguito dell’evento alluvionale, il Governo nazionale ha inserito nel programma di risanamento urbanistico e miglioramento della vita urbana denominato “Contratto di Quartiere”, individuando nel Quartiere Fondo Gesù un’area urbana degradata e povera; situazione ambientale particolarmente degradata; elevato tasso di criminalità e di delinquenza; basso livello d’istruzione della popolazione. 120 Crotone più che essere una provincia cuscinetto, tra un area e l’altra della regione, più che residualizzarsi in un area di mezzo, si prospetta come una “provincia ponte”, snodo intermedio tra il sistema locale metropolitano reggino-gioiese-siciliano e il corridoio di sviluppo adriatico che si protende oltre Taranto fino all’area della sibaritide e del Pollino. Lo sviluppo sostenibile del sistema Crotone potrebbe percorrere questa via: esso potrebbe trovare il suo break even point in una sovvenzione globale che non si dovrebbe esaurire in una sorta di laissez faire dell’imprenditoria. Lo sviluppo dell’area non può assumere forme di anarchica autoregolazione, né tanto meno può confidare nell’automatica regia della “mano invisibile” del mercato, poiché quanto più la programmazione e il progetto di sviluppo sostenibile si misura con gli effetti della disgregazione dei vecchi assetti tanto più é necessario offrire garanzie di certezza e di stabilità nel governo della modernizzazione del cambiamento locale. L’interazione positiva tra Sovvenzione Globale e Fondi Strutturali deve essere messa a profitto non come una mera sommatoria di risorse finanziarie disponibili una tantum, ma come un valore aggiunto progressivo e cumulativo che, annullando il rischio di un dumping di imprese esterne, proponga l’urgenza di un percorso unitario e concertato tra soggetti istituzionali ed attori economici e sociali locali per progettare, concertare e cogestire lo sviluppo complessivo della Provincia. Ciò per evitare che il mercato esterno al sistema locale, accetti del tutto occasionalmente il vincolo della localizzazione di lunga durata sul territorio, sprigionando di fatto una campagna di conquista e colonizzazione, 121 le cui conseguenze sarebbero ancora una volta mortificanti e desertificanti per il territorio e la società provinciale. 4.1.5 Gli obbiettivi strategici Gli obiettivi strategici, emersi dai colloqui con i testimoni primeggiati, che la Provincia di Crotone intende perseguire sono: a) un rinnovato ed efficace impegno per far crescere l’occupazione, con particolare riferimento a quella giovanile e femminile, fortemente penalizzate dalla conformazione del mercato del lavoro provinciale; b) un rinnovato ed efficace impegno per lo sviluppo di imprese competitive, capaci di acquisire quote crescenti del mercato nazionale ed internazionale, promuovendo l’affermazione e il decollo di industrie di trasformazione e dei relativi servizi finanziari e reali; c) un rinnovato ed efficace impegno per la tutela e la salvaguardia ambientale; d) un rinnovato ed adeguato impegno per le pari opportunità e il miglioramento della qualità della vita nel sociale. La logica dello sviluppo crotonese se non é sistemica non ha sbocchi e rischia di produrre danni di lungo periodo ad un territorio e a una popolazione che per risorse materiali e immateriali può e deve dare molto, nel quadro della divisione del lavoro regionale, allo sviluppo della Calabria. Il tempo perduto va recuperato: in questi anni la provincia, nella complessità della sua formazione economico-sociale, è cresciuta poco. 122 4.1.6 Le infrastrutture Sulla dimensione regionale Crotone é la città che maggiormente sente il peso dell’isolamento. Il disegno delle reti ne penalizza in effetti il ruolo: la stessa ferrovia che non garantisce certo elevati standard ed opportunità di raccordo agli assi portanti della mobilità interregionale, sembra determinare un vincolo alle comunicazioni locali agendo da barriera su alcune direttrici. Pur dotata di un aereoporto e di un porto, l’insufficienza nei collegamenti integratici e nei servizi ne limitano di fatto le prospettive di crescita.” Crotone é, dunque, un bacino di traffico con pesanti blocchi infrastrutturali. a) Strade: La strada statale 106 Jonica (Reggio Calabria Taranto,) trova Crotone in posizione baricentrica tra il 240° e il 250° km. Essa collega la provincia di Crotone con quella di Catanzaro; il tracciato ha carattere discontinuo. La “E 90” (SS. 106) avrebbe dovuto costituire il punto focale dell’ammodernamento viario calabrese; essa é stata ammodernata da Crucoli a Cirò Marina, A sud di Cirò Marina l’utenza veicolare torna sulla vecchia sezione fino a Crotone (recentemente è stato costruito un piccolo tratto di circa 5Km all’ingresso nord di Crotone), con attraversamenti urbani ( Torre Melissa) continuando così fino ai confini provinciali con Catanzaro. La SS 107, Statale Silana crotonese, collega la provincia con l’Altipiano della Sila, specie con il centro abitato dell’area Silana, San Giovanni in Fiore. La SS 107 é una strada fin qui molto sottovalutata poiché il ruolo strategico che potrà assumere nel prossimo futuro non é stato ancora ben valutato e compreso. La 123 Statale Silana avrà bisogno di essere innervata di nodi, aree e piattaforme tecnologiche specifiche per essere trasformata nella più moderna vettoriale tra Jonio e Tirreno, funzionale agli spostamenti turistici, tra aree parco di grande rilevanza naturale e ambientale, quali la Sila, la Riserva Marina di Capo Rizzuto, la foce e il bacino fluviale del Neto, ecc…Vi sono poi tracciati minori tortuosi, scarsamente custoditi, privi di manutenzione, quali la strada statale 492 StrongoliSavelli, la 109 e 109 ter Cutro Roccabernarda Mesoraca Petilia Policastro. Nello schema della Rete Transeuropea di Trasporto fino al 2010 la viabilità interna alla Regione Calabria é costituita dalla A3 Salerno-Reggio Calabria, dalla SS. 534 nel tratto compreso tra l’autostrada Salerno Reggio Sibari, dalla SS. 280 dei Due Mari Lamezia Catanzaro e dalla direttrice ionica, da Catanzaro a Sibari, per Taranto. Crotone si pone geograficamente nell’arco microterritoriale che si aggancia all’ autostrada Sibari-Taranto, in collegamento tra i corridoi plurimodali tirrenico e adriatico. b) Ferrovia: Il versante jonico calabrese ha il suo punto di debolezza e un punto di forza potenziale, nella rete ferroviaria che collega l’area metropolitana di Reggio Calabria con la prima città del corridoio adriatico pugliese, Taranto. Come si é detto per la strada “E 90”, anche sulla direttrice ferroviaria, Crotone é collocata in una posizione baricentrica. Per la vetustà della rete, sebbene implementata con un sistema di controllo del traffico, con centro a Sibari, occorrerebbe un serio e cantierabile progetto ferroviario di adeguamento e modernizzazione, una sorta di Ferrovia Jonica. L’urgenza di un 124 potenziamento della rete ferroviaria esistente pone nel mirino delle priorità l’elettrificazione, il raddoppio del tracciato lungo la linea che costeggia la provincia, la riqualificazione delle piccole stazioni provinciali, il potenziamento dei collegamenti veloci con le altre province della Calabria, lo studio di un progetto di ferrovia leggera che ripercorra il tracciato storico delle Ferrovie Calabro Lucane e della Ferrovia Val di Neto, in prosecuzione verso San Giovanni in Fiore, altopiano della Sila, come raccordo park-to-park, mare-monti, a fini turistico ambientali L’obiettivo dovrebbe essere quello di captare volumi di traffico coerenti con l’offerta, incentivare la intermodalità, promuovendo un orientamento al trasporto ferrato tra passeggeri e utenza commerciale. c) Aeroporto: L’aeroporto “Sant’Anna” è una Società Consortile per Azioni, costituita nel 1993, con un capitale sociale di 2.400.000.000, interamente versato. Il primo volo è stato effettuato nel giugno del 1996. Il traffico passeggeri dell’aereoporto risente dei buoni risultati del turismo nella stagione estiva. Per le merci le carenze sono strutturali, proprio quando sarebbe possibile ripensare al ruolo commerciale dello scalo pitagorico. E’ in corso il progetto di costruzione della nuova aerostazione. d) Distretto portuale: Il Porto di Crotone é fornito di strutture con 8 accosti nel porto nuovo di lunghezza complessiva di metri 8.250; un accosto é utilizzato per ricevere prodotti petroliferi destinati alla domanda dell’entroterra. Il movimento si compone per il 35 % da navigazione internazionale e per il 65% da navigazione di cabotaggio; 125 la composizione del movimento merci é per il 52% dovuta a traffico di prodotti industriali e per il 48 % di traffico di prodotti commerciali; le merci sono per il 50% di tipo secco e per il restante 50% liquide. I traffici commerciali registrati dai dati disponibili sui porti calabresi ( Crotone, Vibo Valentia, Gioia Tauro ) denotano una crescita del movimento merci – sbarchi e imbarchi - del 118 %, tutto effettuato dal porto di Gioia Tauro ( 151 %), Crotone e Vibo hanno evidenziato una contrazione, rispettivamente, del 20 e del 7,6%. Nella logica sistemica di sviluppo del territorio il Porto deve diventare il nodo delle relazioni internazionali anche in una logica di integrazione e combinazione con il porto di Gioia Tauro. Pertanto sono da sviluppare le condizioni affinché il porto, la città ed il territorio possano costituirsi come soggetti attivi di strategie e di pratiche di tipo corporativo, e sviluppare le condizioni affinché Crotone divenga una città portuale fungendo da “piazza di affari”. I punti di debolezza del distretto portuale sono dati : 1) dall’incompleta viabilità; 2) dallo stato di fatiscenza delle strutture; 3) dalla mancanza di una rete interna di servizi materiali e immateriali; 4) dalla confusione e disconnessione delle presenze operative militare (Marina, Capitaneria di Porto e Guardia di Finanza), industriale, peschereccia, turistica; 5) dalla classificazione inadeguata, da ricollocare nella fascia 3° classe, categoria II. 126 Le Opportunità/azioni offerte dal distretto portuale potrebbero essere: 1) il collegamento con la Grecia nel breve periodo; 2) la vocazione al cabotaggio e al commercio internazionale; 3) creare un nodo di sostegno della crocieristica ed un nodo minore del transhipment tra il terminal di Gioia e quello di Taranto; 4) l’interporto. Il porto trova una sua naturale collocazione nel golfo di Taranto per cui il suo sviluppo deve essere valutato nell’orizzonte di una connessione con il “corridoio adriatico” e con le esigenze di articolarsi nel sistema complessivo delle specializzazioni del sistema portuale mediterraneo. 4.2 Il Consorzio per il Nucleo di Industrializzazione di Crotone Costituito ai sensi e per gli effetti dell’art. 21 della legge 1957 N° 634, è Ente Pubblico Economico ai sensi dell’art. 36 della legge 05/10/1991 N° 317. 34Ad esso si applicano le norme di cui al decreto legge 20/05/1993 N° 149 convertito in legge 19/07/1993 N° 237, nonché le norme di cui al decreto legge 23/06/1995 N° 244 convertito in legge 08/08/1995 N° 341. Lo statuto originario del Consorzio è stato approvato con Decreto del Presidente della Repubblica N° 2054 dell’ 11/10/1962, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica N° 92 del 05/04/1963. Lo statuto vigente è stato approvato con deliberazione della giunta regionale del 26 Aprile 1999 N°1397. 34 http://www.krol.it/provinc/cnikr/ 127 4.3 Gli Obbiettivi Il Consorzio ha lo scopo di favorire il sorgere di nuove iniziative industriali nel comprensorio sito nel Comune di Crotone, (di cui alla planimetria allegata a pag. 130) compreso tra le seguenti delimitazioni: a Nord con il fosso Torrente Passovecchio, ad Est con il rilevato della ferrovia statale Taranto - Reggio Calabria, a Sud con la strada provinciale per Papanice, ad Ovest con la strada provinciale per Papanice. A tal fine, esso provvede in particolare: a) agli studi, ai progetti, alle proposte per promuovere lo sviluppo industriale nel comprensorio; b) all’acquisto delle aree ed immobili occorrenti per l’impianto delle singole aziende e per i servizi comuni; c) all’esecuzione ed alla gestione di opere, di attrezzature e di servizi di interesse e di uso comune, ai sensi del 1° comma dell’articolo 21 della Legge 29 luglio 1957, n° 634, entro il suo comprensorio; d) alla costruzione di rustici industriali, ai sensi dell’art. 21 della Legge 29 luglio 1957, n° 634 modificato all’art. 6 della Legge 18 luglio 1959 n° 555; e) a vendere o cedere in uso ad imprese industriali le aree e gli immobili che il Consorzio abbia a qualsiasi titolo acquisito; f) a promuovere l’espropriazione di aree e di immobili necessari ai fini dell’attrezzatura della zona e della localizzazione industriale ai sensi del 5° comma dell’art. 21 della Legge 29 luglio 1957, n° 634 modificato dall’art. 5 della Legge 18 luglio 1959, n° 555, nonché ai sensi delle norme di cui al D.L. 23.6.1995 n° 244 convertito in Legge 8.8.1995 n° 128 341; g) a promuovere la costituzione, ovvero a partecipare a società consortili che abbiano finalità e caratteristiche previste dalla Legge 317/91 o che abbiano per finalità la gestione delle opere e/o servizi consortili; h) ad assumere qualunque iniziativa idonea al raggiungimento dei fini istituzionali. La cessione dei terreni di proprietà del Consorzio sarà effettuata a tutte le Imprese che intendono realizzare nuove iniziative nel comprensorio, sulla base di condizioni preventivamente fissate per le singole zone del comprensorio. In ogni caso, le condizioni debbono essere tali da costituire una concreta, effettiva integrazione degli incentivi previsti dalle disposizioni vigenti. 129 130 4.4 Fanno parte del consorzio TABELLA 1 – ENTI CONSORZIATI N Ente Consorziato Consiglieri Conf. In £ Conf. In € 1 Provincia di Crotone 12 50.000.000 25.822,84 2 Comune di Crotone 6 30.000.000 15.493,71 3 Camera C.I.A.A. Crotone 6 30.000.000 15.493,71 4 Assoper Catanzaro 10 50.000.000 25.822,84 5 A.R.S.S.A. di Cosenza 3 15.000.000 7.746,85 6 Comune di Strongoli 2 7.500.000 3.873,43 7 Cons. Bonif. Bassa Valle 1 5.000.000 2.582,28 1 2.500.000 1.291,14 1 2.500.000 1.291,14 del Neto-Crotone 8 Cons.Bonif.Castella/Capoc olonna-Isola C.R. 9 Cons. Bonif. Lipuda Fiume Nicà-Cirò M. 10 Comune di Cutro 1 2.500.000 1.291,14 11 Comune di Isola C.R. 1 2.500.000 1.291,14 12 Comune di Rocca di Neto 1 2.500.000 1.291,14 13 Banca CARIME S.p.a. 1 5.000.000 2.582,28 TOTALI 46 205.000.000 105.873,64 Possono esservi successivamente annessi a norma dell’art. 13 (della lettera d) dello Statuto, altri Enti di natura privata che abbiano lo scopo istituzionale di favorire lo sviluppo economico nei territori di cui alla legge 10 agosto 950 n° 646 e successive integrazioni, nonché altri soggetti di cui è fatta menzione nella legge 317/1991. 131 Il patrimonio può essere incrementato e dai conferimenti di nuovi Membri e da ulteriori apporti dei consorziati. I proventi del Consorzio sono costituiti: a) dalle rendite del proprio patrimonio; b) dal realizzo per le vendite e dai canoni per la concessione in locazione di aree e rustici industriali; c) dai proventi della gestione dei vari servizi esistenti e funzionanti nella zona e dai proventi di ogni altra prestazione effettuata dal Consorzio a favore delle Imprese; d) da contributi dello Stato, della Comunità Europea, della Regione e di altri Enti o dai fondi derivanti dai mutui contratti o da altre operazioni finanziarie; e) da altri eventuali contributi, lasciti e donazioni da parte sia di Enti sia di privati; f) dai proventi derivanti dalla amministrazione dei fondi di cui alle precedenti lettere. 4.5 Le infrastrutture e gli insediamenti presenti nell’area TABELLA 2 – PRINCIPALI INSEDIAMENTI PRODUTTIVI IN ESERCIZIO NELL’AGGLOMERATO Denominazione Produzione 1 2 Biomasse Italia S.p.a. Cellulosa 2000 S.p.a. 3 4 5 Sasol Italy S.p.a. Graziani F.sco & C. S.a.s. Mida S.r.l. e Salvaguardia Ambientale S.r.l. Energia Elettrica Paste semichimiche per cartiere Intermedi per detergenza Carpenteria Metallica Servizi Ambientali Addetti Fissi 36 110 96 150 70 132 1.850 1.820 1.860 1.800 1.480 2.630 2.480 1.880 2.000 2.780 2.540 2.780 3.760 4.000 3.480 2.450 2.730 2.630 2.600 1.800 2.800 2.600 2.600 2.030 2.300 2.200 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 Pisi Giuseppe + c54 Cerando Vincenzo & C. De Carlo Ceraudo Infante Vito Mo.Smo.De Marrelli Adolfo Covelli Gaetano Caseificio Cimino S.a.s. Metalcarpenteria COSMIC Lombardo Alessandro Elia Carmine Scotto Raffaele Pelle D. e Pelle F. Buscema Luigi Tricoli Alberto Tricoli Aldo De Lucia Arduino ICAS Siniscalchi Vrenna Gastronomia Buscema Legno e Disegno Scicchitano Adolfo COSEC Riganello Domenico Greco Biagio Marando Luigi 133 Galleri d’arte il Cubo 3.000 3.000 3.000 31 32 33 34 Papini G iuseppe Chemitalia Comberlegno CIME Trippini 3.000 30 CIME Trippin i Totale mq. 2.140 2.200 1 2 n. Ditta Assegnataria 29 Superfice Lotto Balzano F.Massimo Ditta Insediata I I E E E E I E E E I E E E E E E I E E E E E I E E I E E E E E E E Stato Attuale 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 1976 anno 1976 1976 Inizio Attività Pezzi speciali per acquedotti Prodotti per radiologia Serram. In legno e multistrato Prod.cornici e rest. mobili Costruzioni elettromeccaniche Costruzioni elettromeccaniche Pezzi speciali per mecc.ind. Affilatura lame per falegnamerie Minuterie per serramenti Infissi in legno Impianti di illuminazione Rottami ferrosi Rottami Ferrosi Autocarrozzeria Produzione formaggi Carpenteria metallica Carpenteria metallica Carpenteria metallica Prefabbricati in cemento Chiusini in ghisa Officina meccanica Lavorazione derrate alimentari Officina meccanica Prefabbricati in cemento Infissi in alluminio Costruzione attrezzi agricoli Autocarrozzeria Lavorazione Derrate alimentari Falegnameria Autocarrozzeria Produzione Pasti Officina Meccanica Prodotti da forno e su rgelati Officina Meccanica Attività Prevista Scuola apprendisti Commercio materiale elettrico Infissi e serrande in PVC Comm.serr.,mobili da cucina Deposito attrezzi agr.-abitazione Deposito Anche attività commerciale Anche concessionaria auto Anche concessionaria auto Infissi in legno Deposito abitazione Attività Reale 6 4 6 6 6 15 12 12 4 20 10 20 11 8 4 26 5 3 8 12 4 6 24 3 c. 4 6 Oc TABELLA 3 – DATI RELATIVI ALLE AZIENDE DELLA ZONA PAPANICIARO – COMPARTO A- Superfice Totale mq. 34.300 8.920 10.200 31.700 19.054 17.741 22.650 4.500 4.600 4.320 6.270 4.800 9.360 4.100 8.800 4.030 4.000 6.300 4.800 4.800 5.000 4000 3.200 3.200 4.200 5.000 3.200 3.200 9.700 5.600 3.400 7.830 3.640 4.630 Lotto 1 2 3 4 5 6 7 8 9 n. 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 134 32 33 34 Vetreria Lamanna Scerra Marcello Sartoria moderna Gatto V. I.C.E.L. Manfredi M. & C. S.n.c. Masseria del Marchesato Parrilla Aldo -ITO ICAM Casillo Francesco Lioplastic mare, sport Silpa Eredi Mazzei Danielle Linea S.Marco Buscema Francesco Delta Costruzioni Il frantoio Lamierplast Bricolage Calabrodental Dnetitalia Sestito Enrico Murano Siel Agronomica Daniele. G.A.M. S.a.a Valente Pasquale F.LLI Bruno Agroitaliaa Esposito Salvatore & Figli Esposito Salvatore & Figli Industria Molinotoria F.LLI Lorenzano AZ Rocca Maria S.a.s. Ditta Assegnataria Sitran Battaglia Pietro Compac Sofra mobili Edil Samà Ditta Insediata E E E E E E I I E E E E C E E I E E I E E E E E E E I P E E E I C C Stato Attuale 2000 1974 1996 1974 1988 1988 1974 1974 1974 1974 1974 1998 1994 1986 1981 2000 1981 2001 2001 1981 1992 1992 1992 anno Inizio Attività Lavorazione vetro Costruzioni elettromeccaniche Biancheria da corredo Calzificio Assemblaggio quadri elettrici Produzione serramenti e PVC Lavoraz.carni e produz.salumi Trasformazione ortofrutticoli Produz. Confezioni tessili Produz. Confezioni tessili Prod.art. mare e sport di plastica Laboratorio prova materiali Confezioni tessili Produzione acque gassate Lavorazione ortofrutticoli Coperture in acciaio ed eternit Produzione olio di oliva Produzione mobili Produzione vernici e stucchi Protesi dentarie e scheletrati Produzione Chiodi Carpenteria metallica Install. Cavi e motori elettrici Fitocosmetici Prodotti Caseari Insaccamento Prodotti agricoli Produzione cosmetici Produzione sementerai risicola ecc.. Magazzini frigoriferi Schiacciati per uso zootecnico Produzione Farine alimentari Produzione oli vegetalia Centro commerciale Rottamazione veicoli Attività Prevista Autotrasporti Autotrasporti Deposito attrezzature edili Commercio Attività commerciale Lavorazione ortofrutticoli Anche attività commerciale Anche attività commerciale Deposito cavi e materiale tel. Commercio mobili Commercio materiale edile Commercio cereali Commercio cereali Commercio oli Attività Reale 6 6 6 25 12 10 8 8 5 8 8 8 6 6 21 4 12 6 10 6 4 18 8 8 18 c. 36 8 Oc TABELLA 4– DATI RELATIVI ALLE AZIENDE DELLA ZONA PASSOVECCHIO – COMPARTO B- Superfice Totale mq. 12.000 30.100 4.000 8.000 6.000 6.500 9.800 51.000 5.250 5.500 3.200 8.100 3.000 54.120 235.000 54.920 11.000 8.000 11.500 11.500 20.000 20.000 12.000 21.260 10.100 14.000 70.000 11.000 31.000 400.000 244.000 18.000 4.300 4.000 Lotto n. 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 135 66 67 68 La Cremeria di Locanto G. Tresan sud Cosmic Sasol (ex Condea) Pertusola Meridional Cereali Carmet Agip I.C.D. Faber Mobili Elettrica sud Graziani Francesco Sorrentino Rodolfo S.B.Balzano (ex Selenia) Ilpa O.C.M.A. C.S.S. di Cava Luigi e F.lli Lio S.a.s. Centro servizi Biomasse Cellulosa 2000 Liviera Zugiani Giovanni Cosec Industria casearia Perrone. Sud Arca Ismeg Esac Ai.pro.f. Inductive F.R.Manuali Tecnici Gastronomia Busema Ind.al..kro ENEL Esac Ditta Assegnataria Ditta Insediata E E C E I E E E I E E E I E I E E E I I P E I E E I E E E E E E I Stato Attuale 2001 2001 2001 1974 1974 1974 2001 1979 1997 1978 1978 2002 1980 1984 1984 1998 2002 1999 1998 anno Inizio Attività Derivati per pasticcerie Apparecchi elettromedicali Officina caldareria e meccanica Intermedi per detergenza Produz. Zinco, cadmio e germanio Selez. E trattamento cereali Carpenteria metallica Disidratazione metano Manufatti in cemento e in argilla Mobili in legno Costr.Elettro mecc. Carpenteria metallica Produzione gruppi elettrogeni Produzione serramenti in legno Lavorazio ne prodotti agricoli Pezzi speciali per acquedotti Carpenteria metallica Confezioni in pelle Centrale elettrica Prod. paste chimiche per cartiere Officina meccanica Pasti per mense Prodotti caseari Reti eletrosaldate Produzione articoli da regalo Produzione cosmetici Trasformazione pomodori Stoccaggio cereali selez. semi.. Prod.Mat.elettr. sabbiatura e vernic. Manuali tecnici Lavorazione derrate alimentari Cibi precotti Sottostazione elettrica Mangimificio Attività Prevista Anche attività commerciale Mercato ortofrutticolo Deposito cereali Commercio Anche modesta attività comm. Attività commerciale Comprende 10.000 mq.Per amp. Anche modesta att.ività comm. Attività Reale 6 6 28 96 8 51 28 8 150 10 28 5 36 110 12 18 11 10 10 8 4 10 12 c. Oc TABELLA 5 – DATI RELATIVI ALLE AZIENDE DELLA ZONA PASSOVECCHIO – COMPARTO B- 4.200 10.000 4.000 4.000 4.000 6.000 13.000 19.000 10.200 7.500 10.500 10.000 8.500 3.550 7.465 3.500 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 Totale mq. n. 69 Superfice Lotto Aurum Scissor design S.r.l. Gerardo Sacco S.r.l. Elettro sud Arcuri Francesco Liotti S.p.a. Touring sport club Fattoria del Marchesato Teknos S.r.l. A.G.E.C. S.r.l. Scicchitano Giovanni Scicchitano Gaetano Italsistemi Fotovolt S.r.l. Nuova chimpharma Editoriale il Crotonese Ditta Assegnataria Ditta Insediata C C C P P E E E C E C C P C C E Stato Attuale 2001 2001 2001 2001 2001 anno Inizio Attività Lavorazioni in oro Confezioni tessili Oggetti preziosi Quadri elettrici – pannelli solari Riciclaggio detriti Liquori e condimenti Forno a legna centro lattiero caseario Alimentare Arredi per ufficio Tipografia Lavorazione marmi Produzioni tessili Produzioni informatiche e telemat. Sistemi fotovoltaici Prodotti galenici Stabilimento grafico editoriale Attività Prevista Attività Reale 8 8 8 12 8 8 12 18 6 8 10 6 10 6 c. Oc TABELLA 6 – DATI RELATIVI ALLE AZIENDE DELLA ZONA PASSOVECCHIO – COMPARTO B- Legenda: E: esercizio C. costruzione P: programma I: inattiva TABELLA 7–DATI RELATIVI 136 3.000 10 Euromoda D’ippolito Ernesto 3.000 3.000 4.000 5.000 8.000 15 16 17 18 19 3.000 27 137 Marchio S.r.l. Sapio 33 2.000 Ismeg 32 Di più F.LLI Schirripa Pzzuti Costruzioni Gener. Eco service S.a.s. Reperti S.n.c. F.LLI Foti Motorizzazione Civile M.D.S. S.r.l. 31 7.000 2.000 26 25.000 3.000 25 30 1.000 24 29 2.000 23 8.000 4.000 22 28 D’alfonso Autotrasporti 21 Mazzei Salvatore S.r.l. Resinmare 3.000 20 Salvaguardia Ambientale Mida Sammontana Istituto Vendite Giudiziarie Telecom 14 Colorificio Calabro 13 Datel 12 Comune di Crotone 11 3.000 4.000 9 Coop. Marmi Crotonese ASL 2.000 8 Hera S.r.l. Cinque colli S.a.s. 5.000 6 Esposito Francesco Ciccarelli Autotrasporti Mazza eredi F.lli Brunetti F.B. Arreda Ditta Assegnataria 7 2.000 10.000 5 4.000 3 4 3.000 2.000 Totale mq. n. 1 2 Superfice Lotto G.D.M. S.p.a. (Qiuper) Comberlegno S.r.l. Meridional Cereali Mercatone Casa Ditta Insediata E E E E E E E E E E E E E E E E E E E E E E E E E E E E E E E E E Stato Attuale 1974 1994 1996 2001 1988 1993 1993 1994 1980 1970 1990 1990 1990 1990 1990 1985 1985 1974 2002 1992 1989 1998 1998 1998 1985 1979 1985 1996 anno Inizio Attività Gas compressi, liquefatti e disciolti Distribuzione prodotti alimentari Produzione cosmetici Centro distribuzioni Commercio frutta Prefabbricati Servizi per l’ambiente Vendita ed assistenza automobili Olio combustibile Uffici Vendita e assistenza automobili Calcestruzzi e bitumi Trasporti contenitori Manufatti in vetroresina Trattamento rifiuti Termodistruzione materiale osped. Deposito Deposito Autotrasporti Deposito Deposito Produzione vernici e colori Servizi alle imprese Deposito automezzi Lavorazione marmi Servizio veterinario Produzioni gastronomichje Produzione pelati e surgelati Lavorazione cereali Pneumatici Trasporti oli minerali Attrezzature per negozi Lavorazione legno Attività Prevista Centro commerciale Lavorazione e comm. legnami Vendita mobili Attività Reale 4 28 85 18 11 12 11 8 12 12 52 18 8 3 6 5 6 20 5 4 7 4 6 c. Oc ALLE AZIENDE DELLA ZONA PASSOVECCHIO(ex AIPP)COMPARTO C 15.000 10.000 11.800 6.000 31 32 27.000 24 30 100.000 23 29 32.000 22 17.500 8.000 21 12.000 6.000 20 28 10.000 19 27 10.000 18 5.000 3.000 17 10.000 3.000 16 26 3.000 25 3.000 15 3.000 14 3.000 9 10 10.000 4.000 8 13 3.000 7 3.000 10.000 6 10.000 5.000 5 12 Facino S.r.l. 7.500 4 11 Sansalone Vincenzo & C. 21.000 3 138 Sico Simet Autotrasporti Mazza G. er. So.Se.Co. Ascom K.C.T. Italsistemi Onda blu Bic Calabria Gres 2000 S.r.l. Cartasi shipping system Italleather Lucifero e Zurlo S.n.c. Philosophia tessile Progedil S.r.l. Pugliese Orlando Euro infissi italia Macrì Fabio Mediterranea service Lavor sud Laterfer I Dioscuri D’alessandro Costruzioni Sarpi Umberto Arredo inox Nautica S.a.s. Pastaoro Fluff S.r.l. L.P.T. I.M.P. S.r.l. Totale mq. 6.000 6.000 1 2 n. Ditta Assegnataria Superfice Lotto Ditta Insediata C C P C P C C P P P E C C C C C C C C C E P C C C C E E P P E E Stato Attuale 2002 2002 2002 2002 anno Inizio Attività Manufatti in cemento ed in legno Armadi e quadri elettrici Servizi alle attività produttive Centro commerciale Centro commerciale Ser. al sistema di trasp. intermodale Centro ricerca Servizi alle attività produttive Incubatore imprese Piastrelle in ceramica Imbarcazioni in vertoresina Conceria Produzione olio di oliva Abiti da sposa ed abbigliamento Lavorazione acciaio da costruzione Lavorazione Serramenti in alluminio Carpenteria metallica Assemblaggi diffusori acustici Lavori di falegnameria Manufatti e materiali per l’edilizia Produzione calze Produzione baracche metalliche Lavor. E cosrv. Frutta e ortaggi Trasf e cons. carni Confezioni tessili Mobili metallici Imbarcazioni in vetroresina Pasta alimentare fresca Prodotti a base ovatta di cellulosa Lavorazione propilene Imballaggio materiale plastico Attività Prevista Attività Reale 10 20 15 25 30 15 5 6 40 80 15 12 8 14 8 6 4 4 6 10 8 6 6 6 6 8 12 5 10 10 c. 8 8 Oc TABELLA 8– DATI RELATIVI ALLE AZIENDE LOCALITA’ ZIGARI – COMPARTO D- Dopo aver visto gli insediamenti presenti nell’agglomerato vediamo le infrastrutture realizzate e da realizzare: 1) OPERE DI DIFESA DEL SEDIME : Sono stati effettuati i lavori di sistemazione dei due canali di sponda vela e valle della donna con sistemazione del letto dei torrenti Papaniciaro e Passovecchio. Progettato il canale di gronda a difesa della zona di espansione; 2) OPERE STRADALI: Collegamenti con la viabilità esterna. L’agglomerato è attraversato dalla SS. 106 ed è rapportato nella zona portuale da uno svincolo a trombetta che sovrapassa la SS. 106 e la zona FS in direzione della città e del porto. Sistema viario interno all’agglomerato: Nella zona Nord dell’agglomerato sono state realizzate 5 strade di penetrazione a servizio dei lotti industriali. Realizzata nella zona Sud dell’agglomerato una strada di penetrazione ad anello di servizio ai lotti artigianali. La strada litoranea di collegamento porto – zona industriale in corso di realizzazione la viabilità di servizio nella zona di espansione che si innesta sulla SS 106; 3) ILLUMINAZIONE STRADALE: Completata ed in esercizio dal 2001 la rete di illuminazione lungo tutte le strade consortili compresa la SS.106. Completamente realizzata nella zona di espansione ma non ancora in esercizio; 4) ENERGIA ELETTRICA: Collegamenti con la rete esterna: avviene mediante una sottost. Alimentata da una linea a 150 KV e da 2 a 60 KV. Rete di distribuzione interna: Nella zona a Nord dell’agglomerato è stato realizzato un elettrodotto in cavo da 20 KV a servizio dei lotti 139 industriali. Realizzata rete di distribuzione ai lotti artigianali a 20 KV. In costruzione nuova cabina ENEL primaria di trasformazione da 50 a 20 KV ad esclusivo servizio dell’agglomerato della zona di espansione; 5) METANO: Collegamenti con la rete esterna: nel tratto di costa prospiciente l’agglomerato esiste un giacimento di gas. Portata max condotta mc/h.: - Portata attuale mc/h.: - Portata utilizzata mc/h.: Tariffa L/mc.: ND Rete di distribuzione interna: Realizzati allacci in alta pressione alle principali aziende Montedison, Pertusola, Cellulosa Calabra, AIPP. Sono possibili ulteriori allacci su singole richieste aziendali da concordare di volta in volta con la SNAM in base alle esigenze aziendali e disponibilità. La rete a bassa pressione è da realizzare; 6) ACQUA POTABILE: Opere di captazione e di adduzione: Realizzato un acquedotto per l’approvvigionamento di acqua potabile e industriale di complessiva potenzialità 3700 L/Sec di cui 600 destinati ad uso potabile. Portata max condotta l/sec: 23.00 Portata attuale l/sec: 9.00 Portata utilizzata l/sec: 9.00 Tariffa €/mc.: 0,26 Rete di distribuzione interna: In esercizio di espansione rete interna all’agglomerato, da realizzare nella zona di espansione; 7) IMPIANTO DI POTABILIZZAZIONE: Ente gestore: Ufficio Acquedotti Regione Calabria. Descrizione: Dall’impianto di chiarificazione (a Pulsator) la condotta di adduzione si sdoppia. Il tratto a uso potabile confluisce ad un serbatoio che consente ad una erogazione di 300 L/S con annesso impianto di potabilizzazione 140 (precedentemente installato presso l’impianto di S. Giorgio).Capacità impianto: l/s: Potabilizzazione attuale l/s: Stato dell’opera:In Esercizio; 8) ACQUA INDUSTRIALE: Opere di captazione e di adduzione: Realizzato un acquedotto per l’approvvigionamento di acqua potabile ed industriale di complessiva potenzialità 3700 L/Sec di cui 3100 destinati ad uso industriale. Portata max condotta l/sec: 3100.00 Portata attuale l/sec: -- Portata utilizzata l/sec: 150.50 Tariffa €/mc.: 0,11. Rete di distribuzione interna: In esercizio rete acqua industriale, da realizzare nella zona di espansione; 9) IMPIANTO DI TRATTAMENTO ACQUE INDUSTRIALI: Ente gestore: Ufficio Acquedotti Regione Calabria. Descrizione: Dall’impianto di chiarificazione (a Pulsator) la condotta di adduzione si sdoppia. Il tratto a uso industriale confluisce alle vasche di riserva per complessivi 9000 MC. Capacità impianto: l/s: Trattamento attuale l/s: Stato dell’opera:In Esercizio; 10) SMALTIMENTO ACQUE BIANCHE: Rete di raccolta interna: Completata rete delle acque bianche che scaricano direttamente a mare e nei torrenti Passovecchio e Papaniciaro. Portata max condotta l/sec: -- Portata attuale l/sec: -- Portata utilizzata l/sec; 11) SMALTIMENTO ACQUE NERE: Rete di raccolta interna: Realizzata intera rete di raccolta acque nere. Portata max condotta l/sec: -- Portata attuale l/sec: -- Portata utilizzata l/sec; 12) RETE FOGNARIA MISTA: Rete di raccolta interna: Portata max condotta l/sec: -- Portata attuale l/sec: -- Portata utilizzata l/sec: -- 141 Tariffa L/mc.: ND; 13) DEPURATORE: Esistenza impianto a servizio dell’A.I. Stato dell’opera:L’impianto è Funzionante, trattamento reflui misti, gestione: Consorzio N.I. Crotone, addetti impianto: 4, ditta costruttrice: Degremont Italia, anno di Costruzione: dal 1982 al 1986, laboratorio chimico in loco, scarico liquami in uscita con destinazione mare, smaltimento fanghi in discarica pubblica, accordi con altri Enti per gestione servizi fanghi, potenzialità attuale mc/h: 600, capacità di smaltimento dell’impianto: 350.000 MC; 14) OPERE FERROVIARIE: Collegamenti con la rete esterna: la stazione di Crotone e lo scalo merci con fasce di binari di presa e consegna erano preesistenti all’agglomerato e sono ubicati all’interno di esso. Raccordi e servizi interni: esiste un raccordo a servizio della Fertmont Ausidet (Montedison). Nella zona di espansione è previsto un raccordo a servizio del centro smistamento merci con parco binari di sosta, presa e consegna; 15) DISCARICA: Capacità di smaltimento dell’impianto: 350.000 MC, distanza dall’agglomerato: 0.00 Servizio raccolta, opera in esercizio; 16) INCENERITORE: Opera necessaria.; 17) IMPIANTO INERTIZZAZIONE FANGHI : Opera necessaria.. 142 TABELLA 9 – GESTIONE E CARATTERISTICHE DELLE INFRASTRUTTURE INFRASTRUTTURE Centro direzionale Difesa Terreno Sistemazione Terreno Opere Stradali Opere Ferroviarie Illuminazione Strade Reti Elettriche Cabina primaria elettrica Rete Metano Cabina decompr. metano Rete acqua potabile Impianto di potabilizzazione Rete acqua industriale Impianto tratt. Acque industriali Rete Fogn. Acque bianche Rete Fogn. Acque nere Rete Fogn. Acque miste Ipianto di depurazione Impianto di inert. fanghi Inceneritore Discarica CARATTERISTICHE A Servizio Disponibili ha ha ------208 20 ------208 20 24 ---208 20 208 20 ------- ENTE GESTORE C.N.I. Crotone ------C.N.I. Crotone Ente FF.SS. C.N.I. Crotone ENEL ENEL Sviluppo ml ---------12800 1500 10800 7000 ---- SNAM SNAM 1850 ---- 149 ---- 17 ---- C.N.I. Crotone Ufficio Acquedotti Regione Calabria C.N.I. Crotone Ufficio Acquedotti Regione Calabria C.N.I. Crotone 14100 ---- 208 ---- 20 ---- 8500 ---- 208 ---- 20 ---- 8600 208 20 C.N.I. Crotone 10000 ---------------- 208 ---------------- 20 ---------------- ---C.N.I. Crotone ------C.N.I. Crotone 4.6 Regolamenti Ambientali e Piano Regolatore L’area ricade nel Comune di Crotone. Nessun onere è dovuto per il rilascio della concessione ad edificare, il Piano Regolatore Territoriale è stato approvato, la variante di ampliamento approvata con decreto del Presidente della regione n° 321 del 11/6/1999. Nella zona di espansione 103 Ha saranno destinati a lotti industriali. Principali norme tecniche di attuazione del P.R. Industria Artigianato: Rapporto superficie coperta/superficie totale: a) 35 % per lotti inferiori a 10.000 mq b) 50 % per lotti superiori a 10.000 mq Altezza massima fabbricati m. NL %50 per lotti superiori a 10.000 mq 143 Altezza massima singole parti funzionali m. NL Distanza minima dal confine m. 6.0 Distanza minima dalla strada: m. 10.0/12.0 rispettivamente per lotti inferiori o superiori a 10.000 mq. Informazioni sul terreno: Altezza media s.l.m. (m.): 10.0, Natura geologica: origine alluvionale argilla e sabbia., Indagini geologiche effettuate: SI, Portanza indicativa del terreno (Kg/cmq): 1.0, Uso attuale del suolo: seminativo irriguo, Pendenza medio del terreno (%): 0, Disponibilità di lotti accessibili dal mare Ha: 0.0 Acquisizione dei terreni tramite esproprio tempo minimo 3 mesi. Modalità di assegnazione dei terreni con delibera del Comitato Direttivo. Il prezzo medio di acquisizione dei terreni:€/mq 10,00 Possibilità di affitto o vendita di capannoni industriali per i privati si ma quelli consortili no. (Note Affitto/vendita capannoni: La vendita o l’affitto fra privati è subordinata al parere favorevole del Consorzio (Regolamento Consortile approvato il 09.04.1993). TABELLA 10 DESTINAZIONE DELLE SUPERFICI Superfici Ha Totale dell’agglomerato 792 Destinati da Pr a verde servizi ecc.. Aree servizi alla Produzione Aree smistamento merci Aree per attrezzature tecnologiche Aree di verde archeologico Aree di verde attrezzato agr. Area Ferroviaria Viabilità Principale 437 Parcheggi 32 29 28 34 81 134 58 34 Superfici Ha Destinati dal Pr ad attività produttive Di cui a lotti artigianali Impegnata da stab. Prod. In esercizio 355 In costruzione In programma Inattivi Residua per nuovi insediamenti Lotto massimo disponibile Lotto minimo acquisibile 4 35 36 103 20 252 140 18 0,3 144 4.7 Il nuovo statuto Con delibera n. 4 del 04/07/2002 del Commissario Straordinario e successivamente con Decreto del Presidente della Regione Calabria n. 131 del 04/09/2002 (pubblicato sul B.U.R. del 01/10/2002) viene approvato il nuovo Statuto del Consorzio, il Consorzio per lo Sviluppo Industriale della provincia di Crotone è costituito per effetto della trasformazione operata dalla legge regionale n. 38 del 24/12/2001, del Consorzio per il nucleo di Industrializzazione di Crotone. Il nuova statuto è l’adeguamento del precedente statuto del C.N.I. di Crotone ai sensi della legge regionale 24/12/2001 n. 38. Viene fissata la durata fino al 2030, la sede prevista è in Crotone però potranno essere istituiti uffici periferici, sotto la diretta gestione della sede centrale, in altro territorio della provincia nel quale per effetto di un elevato sviluppo industriale si dovesse ravvisare la necessità di un’attività amministrativa decentrata. L’istituzione di detti uffici potrà essere disposta unicamente dall’assemblea generale costituita in seduta plenaria di tutti i componenti con la maggioranza dei due terzi. L’attività del Consorzio dovrà svolgersi in stretto coordinamento con la Regione e nel rispetto degli indirizzi programmatici e operativi e delle direttive che la Regione ritiene di emanare al fine dello sviluppo industriale. In ragione della sua natura e della stretta correlazione con l’economia regionale il Consorzio è sottoposto al controllo programmatico, economico, finanziario e sostitutivo della Regione. Il Consorzio per l’intero territorio della provincia di Crotone, provvede: 145 a) Alla redazione, in conformità alle indicazioni del Piano Regionale di Sviluppo, dei piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale esistenti e delle esigenze di sviluppo degli ambiti territoriali della provincia avente particolare vocazione industriale, commerciale e artigianale risultante da iniziative imprenditoriali in atto o potenziali; b) Agli studi, ai progetti ed alle iniziative per promuovere lo sviluppo produttivo nelle zone di cui alla lettera a) e comunque in tutte quelle in cui sia ritenuto utile un intervento finalizzato allo sviluppo della produzione e degli scambi; c) Alla ricerca tecnologica, progettazione, sperimentazione, acquisizione di conoscenze e prestazione di assistenza tecnica, organizzativa e di mercato connessa al progresso ed al rinnovamento tecnologico, nonché alla produzione di attività di consulenza ed assistenza, con particolare riguardo al recepimento, alla diffusione e all’applicazione di innovazioni tecnologiche; d) Alla promozione di attività di consulenza ed assistenza per la nascita di nuove iniziative imprenditoriali e per il loro consolidamento; e) All’assunzione, sulla base di apposite convenzioni con la Regione e gli Enti locali, di iniziative per favorire l’orientamento e la formazione professionale dei lavoratori, dei quadri direttivi ed intermedi e dei giovani imprenditori, ivi comprese le iniziative finalizzate all’introduzione di nuove tecnologie e metodi per il miglioramento della qualità, nonché iniziative di collaborazione interaziendale con 146 imprese operanti in zone a sviluppo avanzato al fine sia della formazione professionale sia di eventuali investimenti nella provincia; f) A curare la promozione di patti territoriali e contratti d’area; g) All’acquisizione e alla progettazione di aree attrezzate per insediamenti produttivi, ivi compresa l’azione promozionale per l’insediamento di attività produttive in dette aree, alla progettazione ed alla realizzazione di opere di urbanizzazione e dei servizi, nonché all’attrezzatura di spazi pubblici destinati ad attività collettive. La gestione delle opere di urbanizzazione, delle infrastrutture e dei servizi può essere attuata anche avvalendosi di cooperative, consorzi di gestione e società a capitale misto; h) Alla vendita, all’assegnazione ed alla concessione alle imprese di lotti in aree attrezzate. A tal fine il Comitato Direttivo del Consorzio, con proprio atto, individua le aree ed i criteri per l’assegnazione; i) Alla costruzione, in aree attrezzate, di fabbricati, impianti, laboratori per attività industriali e artigianali, commerciali all’ingrosso ed al minuto, depositi e magazzini; j) Alla vendita, alla locazione ed alla locazione finanziaria alle imprese, di fabbricati e impianti in aree attrezzate; k) Alla realizzazione e gestione di aree produttive, artigianali, commerciali all’ingrosso ed al minuto o destinate a centri o esercizi commerciali. Tali aree possono essere individuate anche dagli 147 strumenti comunali; l) All’assunzione e promozione dell’erogazione di servizi per favorire l’insediamento e lo sviluppo delle attività produttive, anche attraverso la cessione dì aree per l’insediamento dì aziende di servizio convenzionate con i Consorzi; m) Al riacquisto della proprietà di aree cedute per intraprese attività industriali o artigianali nell’ipotesi in cui il cessionario non abbia realizzato Io stabilimento nel termine di tre anni dalla cessione, nonché di acquistare unitamente alle aree cedute gli stabilimenti industriali o artigianali su di esse realizzati nel caso in cui sia cessata l’attività industriale o artigianale da più di tre anni. Il tutto con le modalità e le facoltà di cui all’art. 63 legge 23 dicembre 1998 n. 448. n) All’acquisto di stabilimenti nei quali la produzione sia dismessa al fine della riconversione per la realizzazione di iniziative produttive utili allo sviluppo dell’economia locale e dell’occupazione; o) Alla costruzione e gestione di impianti di depurazione degli scarichi degli insediamenti produttivi, salvo quanto previsto dalla legge regionale 3 ottobre 1997 n. 10 e delle altre disposizioni in materia; p) Alla realizzazione e alla gestione di impianti tecnologici per la distribuzione di gas metano e per la realizzazione e gestione di altri impianti a rete; q) Al recupero degli immobili industriali preesistenti per la loro 148 destinazione a fini produttivi e all’attuazione di programmi di reindustrializzazione, acquisendoli anche col ricorso a procedure coattive ed espropriative previste dalle leggi vigenti; r) Alla prosecuzione della gestione in atto degli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione fino al momento del loro trasferimento al gestore del servizio idrico integrato ai sensi della L. R. 3/10/97 n. 10; s) Alla riscossione delle tariffe, canoni e contributi per l’utilizzazione da parte di terzi di opere e servizi realizzati o gestiti dai Consorzi; t) A promuovere la costituzione ovvero a partecipare a società consortili di cui all’art. 27 della legge 5 ottobre 1991 n. 317; u) All’assunzione di ogni iniziativa idonea al raggiungimento dei fini istituzionali, anche mediante la promozione di società e di consorzi di gestione a capitale misto; v) Ad esprimere pareri, prima del rilascio di licenze, concessioni e autorizzazioni da parte delle competenti autorità locali, sulla conformità urbanistica delle costruzioni da insediare nel territorio consortile e sulle loro destinazioni d’uso; w) A compiere tutte le operazioni, commerciali, industriali, immobiliari, mobiliari, finanziarie ritenute dal Comitato Direttivo necessarie ed utili per il conseguimento delle finalità istituzionali ed assumere partecipazioni ed interessenze in altri enti o soggetti aventi scopo analogo o affine al proprio; 149 x) A contrarre finanziamenti con enti o istituti bancari anche garantiti da ipoteche, accendere ipoteche e rilasciare fideiussioni; y) A compiere tutte le attività indicate nell’art. 12 legge regionale 24 dicembre 2001 n. 38 che non siano previste nell’elencazione che precede. Fermo restando tutte le attività derivanti dalle finalità di cui sopra il Consorzio, nell’ambito territoriale di competenza e nel rispetto della programmazione e degli indirizzi della Regione, svolge le attività di cui all’art. 36, comma 5 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, all’art. 11 del D.L. 23 giugno 1995, n. 244, convertito con la legge 8 agosto 1995 n. 341, quelle di cui all’art. 63 della legge 23 dicembre 1998 n. 448, all’art. 26 del D.lgs 31 marzo 1998 n. 112 e art. 2 D.P.R. 20 ottobre 1998 n. 447. Gli strumenti urbanistici sono adottati dall’Assemblea Generale nel rispetto e con la procedura prevista dalle leggi nazionali e dalla legge urbanistica regionale n. 19 del 16 aprile 2002 previo, parere obbligatorio dei comuni i cui territori sono interessati dai medesimi strumenti urbanistici e sono approvati secondo le procedure previste per l’approvazione degli strumenti urbanistici comunali. Per la redazione dei piani degli agglomerati industriali attrezzati e per l’attuazione delle opere di urbanizzazione e delle infrastrutture necessarie per insediamenti produttivi, compresi nei programmi di deindustrializzazione, si applicano le disposizioni di cui all’art. 2, comma 11, 11 bis e ter legge 19 luglio 1993 n. 237 e art 11 D giugno 1995, n. 244 convertito con legge 8 150 agosto 1995 n. 341 e successive modificazioni ed integrazioni nonché l’art. 37ter comma 8 legge regionale 22 settembre 1998 n. 10 , fermo restando l’applicazione delle disposizioni di cui al D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 ( T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia). L’approvazione dei progetti delle opere pubbliche occorrenti per le attività di cui sopra, nonché dei progetti delle opere occorrenti per l’attuazione delle iniziative di cui agli artt. 49,50 e 56 del T.U. 6 marzo 1978 n. 218, equivale a dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità delle opere medesime. Per tutte le opere realizzate, si applicano le disposizioni di cui all’art. 37-ter comma 8 legge regionale 22 settembre 1998 n. 105. Per le espropriazioni si applicano, fino all’entrata in vigore del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 le disposizioni di cui alla legge 25 giugno 1865 n. 2359 e successive modifiche ed integrazioni. Si applicano, altresì, le disposizioni di cui alla legge 3 gennaio 1978 n. 1 e successive modifiche ed integrazioni residuate all’abrogazione operata dal D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327. Tutta l’attività istituzionale del Consorzio è svolta mediante l’adozione di programmi quinquennali di attività e di organizzazione in conformità agli indirizzi definiti dalla Regione nei propri piani generali e settoriali di sviluppo economico. I programmi sono elaborati sulla base di criteri che tengano conto della sussistenza di processi di ristrutturazione e riconversione industriale già in stato di avanzamento e della presenza di rilevanti fenomeni di degrado 151 ambientale, economico e sociale. Per la realizzazione dei programmi il Consorzio potrà costituire società o consorzi o partecipare a società e consorzi, per la gestione dei servizi consortili e per l’assistenza alle imprese. I programmi , oltre a quanto sarà ritenuto utile in relazione alle esigenze del territorio, devono necessariamente indicare: a) le azioni e le iniziative di promozione delle attività produttive e gli specifici interventi per realizzarle; b) le risorse finanziarie per realizzarle e le diverse fonti di provvista; c) le misure organizzative adeguate a sostenere le azioni prescelte, riguardanti la razionalizzazione delle risorse consortili al fine di ridurne i costi e realizzare miglioramenti; d) l’eventuale costituzione di società, di consorzi o di partecipazioni di cui al comma precedente. I programmi sono adottati dall’Assemblea Generale entro il termine perentorio di giorni 180 dal suo insediamento e sono trasmessi alla Regione che provvederà all’approvazione definitiva nei termini e con le modalità di cui all’art. 14 legge regionale 24 dicembre 2001 n. 38. Il capitale sociale è formato: a) dai conferimenti a suo tempo effettuati dai soci del Consorzio per il Nucleo di Industrializzazione di Crotone in complessive lire 152 205.000.000 pari ad Euro 105.873,66; b) dai conferimenti che saranno versati dai nuovi soci ovvero che risulteranno da eventuali integrazioni. c) dai contributi in conto capitale, aumentati dagli utili e diminuiti dalle perdite derivanti dall’attività del Consorzio; d) nella fase iniziale conseguente all’adozione dello statuto, il fondo consortile nonché l’attribuzione delle relative quote ai singoli consorziati viene determinato come risulta dalla successiva (tabella 11). I mezzi finanziari sono costituiti da quelli derivanti: a) dall’utilizzazione di mezzi propri; b) da entrate conseguenti alle varie attività svolte dal Consorzio; c) dai fondi regionali, statali e comunitari appositamente destinati alla realizzazione,gestione e manutenzione di opere e servizi; d) dal contributo annuale di dotazione ordinaria da parte dei soci che sarà fissato in sede di approvazione del P.E.F. a cadenza triennale e ripartito fra i soci in ragione delle quote di ciascuno di essi; e) da finanziamenti concessi dagli istituti di credito anche a medio termine. Il patrimonio del Consorzio è costituito da: 153 a) attività e passività finanziarie; b) beni mobili, immobili, crediti, titoli di credito e beni in natura; c) beni destinati al servizio del Consorzio ed altre attività non disponibili; d) passività consolidate e diverse. Le opere realizzate dal Consorzio, ivi comprese quelle trasferite ai sensi dell’art. 3 della legge 1 marzo 1986 n. 64, fanno parte del patrimonio del Consorzio che vi provvede alla manutenzione e gestione; I beni costituenti il patrimonio del Consorzio sono descritti in appositi inventari indicanti gli elementi atti a farne conoscere la consistenza ed il valore. Al fine di un corretto equilibrio tra i beni già nel patrimonio del Consorzio per il Nucleo di Industrializzazione di Crotone e quelli del Consorzio, acquisiti dopo l’approvazione del presente statuto, per i primi viene assunto il valore di acquisto come iscritti negli atti contabili. La quota sociale unitaria derivante dal fondo consortile formato secondo quanto previsto dallo statuto, si ricava dividendo il fondo medesimo per il numero dei soci già esistenti provenienti dal C.N.I. Crotone sia nella forma individuale sia nella forma associata, unitamente alla Regione aumentato in modo tale da consentire l’attribuzione di più quote ai soci maggiormente rappresentativi di interessi generali e di categoria, in guisa che sia sempre presente il rapporto di un terzo per la Regione e due terzi per gli 154 altri soci. Considerato che, operate le associazioni previste dallo statuto, il numero dei soci provenienti dal C.N.I. Crotone è pari a 12, al fine di assicurare il rapporto di cui sopra appare equo aumentare detto numero (12) di 24 quote, sicché il numero totale delle quote diviene pari a 36. All’atto dell’approvazione dello statuto, considerato l’apporto della Regione e di eventuali nuovi soci, il fondo consortile è indicato in 504.000,00 (pari a lire 975.880.080) per cui la quota sociale, tenuto conto del totale delle quote pari a 36, è di Euro 14.000,00. Considerate le quote versate dai soci provenienti dal C.N.I. Crotone e la partecipazione della Regione e la possibilità che partecipano nuovi soci, la distribuzione delle quote può regolarsi come di seguito: TABELLA 11 – FONDO CONSORTILE N. 1 Ente Consorziato Vecchio Statuto Cons. Conf. In € Regione Calabria Nuovo Statuto Quote Conf. In € 12 168.000, 00 2 Provincia di Crotone 12 25.822,84 3 42.000,00 3 Comune di Crotone 6 15.493,71 2 28.000,00 4 Camera C.I.A.A. Crotone 6 15.493,71 3 42.000,00 5 Assoper 10 25.822,84 3 42.000,00 6 A.R.S.S.A. di Cosenza 3 7.746,85 1 14.000,00 7 Comune di Strongoli 2 3.873,43 1 14.000,00 8 Cons. Bonif. Bassa Valle del Neto-Crotone 1 2.582,28 1 (*) 14.000,00 9 Cons.Bonif.Castella/Capocolonna-Isola C. R. 1 1.291,14 10 Cons. Bonif. Lipuda Fiume Nicà-Cirò M. 1 1.291,14 11 Comune di Cutro 1 1.291,14 1 14.000,00 12 Comune di Isola C.R. 1 1.291,14 1 14.000,00 13 Comune di Rocca di Neto 1 1.291,14 1 14.000,00 155 14 Banca CARIME S.p.a. 15 Sottoscrizioni riservate a nuovi soci Totali. 1 46 2.582,28 105.873, 1 14.000,00 6 84.000,00 36 504.000, 00 64 (*) I Consorzi di bonifica sono stati associati a norma dello statuto. In caso di mancanza di istanze di partecipazione per le sei quote a disposizione di nuovi soci le quote si accrescono progressivamente in ragione di una quota cadauno ai soci esistenti, secondo l’ordine di esposizione sopra indicato, esclusa la Regione. Circa il rapporto tra gli importi versati dai soci provenienti dal C.N.I. Crotone ed il valore delle attuali quote e la prevista associazione tra i soci che avevano versato una quota di importo modesto in relazione a quella versata dagli altri, per detti soci non vengono chieste integrazioni ne disposti rimborsi. Nel caso in cui l’Assemblea Generale, con la speciale maggioranza prevista, ritenga di aumentare il numero delle quote mediante l’ammissione di nuovi soci, la Regione potrà aumentare le proprie quote in rapporto pari agli aumenti effettuati, in misura tale che sia sempre presente il rapporto di un terzo a due terzi. 4.8 Intesa istituzionale di programma tra il governo della Repubblica e la Regione Calabria L’accordo di programma tra il governo della Repubblica e la Regione Calabria persegue, nel quadro di una complessiva strategia regionale di irrobustimento del sistema produttivo calabrese, l’obbiettivo strategico di innalzare sensibilmente il grado di attrattività, soprattutto nei confronti delle 156 iniziative imprenditoriali extraregionali, esercitato dal territorio della regione. Al fine di garantire maggiore incisività al programma delineato nell’accordo, tramite la concentrazione degli investimenti previsti, la Regione ha provveduto all’individuazione di alcune aree di rilevanza strategica per il sistema produttivo regionale sulle quali concentrare gli investimenti, tre quelle già attualmente meglio predisposte ad accogliere gli insediamenti produttivi, tra queste aree rientra anche l’agglomerato industriale di Crotone. TABELLA 12 – INTERVENTI INFRASTRUTTURALI AGGLOMERATO DI CROTONE N. Titolo di intervento Localizzazione 1 Ampliamento della Z.I. – Agglomerato Infrastrutturazione primaria industriale della località Zigari Crotone 2 Ampliamento della Z.I. – Agglomerato Infrastrutturazione primaria industriale della località Passovecchio Crotone Soggetto attuatore Consorzio per lo di sviluppo industriale della provincia di Crotone Consorzio per lo di sviluppo industriale della provincia di Crotone Costi € 6.394.250 € 3.934.730 TABELLA 13 – STUDI DI FATTIBILITA’ AGGLOMERATO DI CROTONE N. Titolo di intervento 1 Studio di fattibilità “Centro smistamento merci 1° lotto (raccordo ferroviario ed infrastrutture a servizio) – località Zigari” Studio di fattibilità per la realizzazione di edifici e magazzini a completamento del centro smistamento merci 2 Localizzazione Agglomerato industriale Crotone Agglomerato industriale Crotone Soggetto attuatore Consorzio per lo di sviluppo industriale della provincia di Crotone Consorzio per lo di sviluppo industriale della provincia di Crotone Costi € 126.500 € 100.000 Il trasferimento delle risorse finanziarie statali previste per l’anno 2002 verrà disposto nei confronti della Regione in un’unica soluzione, entro 180 giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo e per gli anni 2003, 2004, 2005 entro 120 giorni dalla data di trasmissione al Servizio competente del Ministero dell’Economia e delle Finanze di rapporti semestrali di 157 monitoraggio. L’ammontare dei trasferimenti terrà conto dell’entità delle risorse finanziarie effettivamente utilizzate dalla Regione, risultanti dai suddetti rapporti di monitoraggio. La Regione si impegna, in funzione della tempistica e delle modalità attuative delle anzidette azioni e strumenti, a promuovere l’attivazione del necessario processo negoziale ed istruttorio. Tale processo, che dovrà prevedere anche il coinvolgimento di altre amministrazioni responsabili di tali misure, è finalizzato a definire e stipulare, coerentemente con quanto previsto, dal sul citato complemento di programmazione, protocolli aggiuntivi al presente accordo relativi all’attuazione di: a) Azioni di marketing territoriale per l’attrazione di investimenti esterni e l’avvio di reti di cooperazione interregionale; b) Un sistema integrato di agevolazioni per la realizzazione di investimenti produttivi (sistemi territoriali, filiere settoriali); c) Strumenti di finanza di progetto per attuare, in collaborazione con il settore privato, la realizzazione di infrastrutture e la gestione dei connessi servizi. La Regione si impegna a proporre iniziative relative alla sicurezza e legalità anche per gli interventi previsti dall’ accordo di programma, quali: a) Controllo preventivo de in itinere di eventuali condizionamenti negli appalti e subappalti di esecuzione dei lavori, servizi e forniture e nella conduzione dei cantieri; b) Controllo del rischio di infiltrazioni criminali nell’affidamento delle aree e nella gestione d’impresa; 158 c) Definizione e applicazione di accordi di sicurezza finalizzati al presidio delle aree e delle reti di comunicazione in/out, nonché alla salvaguardia dei siti e delle opere infrastrutturali previste nelle aree industriali per una sicura fruibilità del bene; d) Concentrazione, con la partecipazione delle parti sociali e della società civile, di protocolli di legalità articolati per azioni di prevenzione e contrasto delle fenomenologie criminose nel tessuto economico e produttivo Regionale; e) Implementazione di progetti per l’emersione del lavoro sommerso e del lavoro irregolare e per l’applicazione della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. 159 Conclusioni I Consorzi per lo sviluppo industriale, come abbiamo visto sono stati istituiti nel dopoguerra, con il fine di incentivare lo sviluppo industriale anche al sud, quando le istituzioni hanno “finalmente” preso atto del grado di “arretratezza economica” del Mezzogiorno d’Italia ed a seguito del fallimento della riforma agraria, dovuto all’abbandono delle terre da parte dei contadini meridionali per andare a lavorare nelle fabbriche del nord del paese rendendo cosi possibile il “Miracolo economico Italiano”. Iniziano cosi gli interventi straordinari per il mezzogiorno mediante l’istituzione della “Cassa per il Mezzogiorno” con priorità degli interventi a favore dei Consorzi per lo sviluppo industriale. Questi Enti in quasi cinquanta anni di attività hanno realizzato moltissime infrastrutture, favorendo lo sviluppo industriale in agglomerati e fornendo servizi alle imprese. Possiamo dire che in questi anni i Consorzi hanno perso di vista il loro obbiettivo principale che è quello di favorire l’insediamento di nuovi impianti industriali, in appositi agglomerati, favorendo cosi lo sviluppo industriale del sud del paese (visto che i Consorzi sono situati quasi totalmente nelle regioni meridionali, tranne 7 che si trovano nelle ex aree depresse del centro-nord). 160 Essi infatti sono diventati degli “erogatori di servizi”. La loro attività principale non è quella di promuovere lo sviluppo industriale in un’area ma quella di fornire servizi alle imprese. Inoltre, se a questo aggiungiamo il fatto che nell’Assemblea Generale dei Consorzi siedono persone delegate dai soci (altri Enti Pubblici) di colori politici diversi che non fanno altro che dare instabilità all’Ente, si arriva a capire come mai si è perso l’effettivo oggetto sociale dei Consorzi. Le cose cominciano a cambiare agli inizi degli anni ’90 con il riordino delle P.A. e con la delega da parte dello Stato alle Regioni delle funzioni di controllo e di indirizzo dei Consorzi Industriali. Dopo tanti ritardi finalmente la Regione Calabria dà un nuovo regime giuridico ai Consorzi per le aree, i nuclei e le zone di sviluppo industriale con la Legge Regionale 24/12/2001 n. 38, prevedendo la modifica degli statuti dei cinque Consorzi presenti sul territorio regionale e recuperando il Consorzio per il nucleo industriale di Lamezia Terme per il quale era in corso una procedura di liquidazione. Con questa legge si dà innanzitutto più stabilità all’amministrazione dell’Ente ed infatti è prevista una partecipazione della Regione non inferiore al 25%. Quindi diventa più forte il peso della Regione nell’Assemblea Generale. I Consorzi diventano strumenti della Regione e pertanto devono sottostare alle direttive della Giunta e dell’Assessore all’industria, che esercitano sugli stessi l’attività di vigilanza e controllo. Adesso, con la riforma, i Consorzi sono effettivamente dotati di tutti gli strumenti per lanciare lo sviluppo industriale delle regioni meridionali e creare, cosi, nuova occupazione. L’orientamento da prediligere è quello di 161 attuare delle politiche di “Marketing Territoriale” promuovere gli agglomerati, mostrando agli imprenditori le potenzialità e i punti di forza di queste aree. Tra poco con l’ingresso nell’U.E. dei paesi dell’est si abbasseranno tutti gli indici sociologici e le regioni meridionali usciranno fuori dalle aree di intervento dell’U.E. per lo sviluppo industriale (Obbiettivo 1). Cosi ancora un’altra volta il meridione rischia di perdere il treno che porta allo sviluppo industriale. Se non vogliamo che ciò accada bisogna convincere gli imprenditori di altre aree d’Europa e d’Italia ad investire in queste Regioni e questo compito spetta ai Consorzi per lo sviluppo industriale. In fondo non è difficile, basta solo convincersi che il “Marketing Territoriale” è ciò che serve per attrarre gli imprenditori ed il “Direct Marketing” (organizzare fiere, convegni, ecc…) è lo strumento ideale per entrare in contatto con gli imprenditori. Pertanto è necessario realizzare piani di marketing efficaci che riescano nelle intenzioni e che non abbiano costi eccessivi. D’altra parte, al fine di assicurare maggiore sviluppo agli insediamenti industriali deve essere necessariamente dilatato il concetto di “industria” nel senso che gli agglomerati industriali dovranno necessariamente diventare agglomerati non solo di produzione ma anche, forse e soprattutto, di servizi. Da qui ne consegue che probabilmente in un prossimo futuro negli agglomerati industriali Calabresi si vedranno sempre di meno ciminiere e sempre di più imprese che producono beni sotto forma di servizi, per cui si dovrà pensare sempre di più alla dotazione delle stesse aree industriali di nuove e diverse infrastrutture quali per esempio la fibra ottica. L’epoca della deindustrializzazione sembra definitivamente superata attraverso la creazione di piccole e medie imprese che operano in 162 settori diversi rispetto al passato e la grande industria pesante sta lasciando il posto al settore agroalimentare e dei servizi. La crescita del meridione d’Italia passa attraverso la crescita dei Consorzi industriali. Tale concetto sembra essere definitivamente acclarato dal legislatore regionale laddove nella nuova legge di riforma dei Consorzi si dice che i Consorzi sono strumenti per l’attuazione della politica industriale della regione Calabria, questa affermazione legislativa è stata corroborata nei fatti con il recente accordo di programma quadro tra il governo della repubblica e la regione Calabria quando si sono destinate notevoli risorse su base triennale ai Consorzi industriali Calabresi. Pensiamo che la strada imboccata sia quella giusta in considerazione del fatto che gli agglomerati industriali rappresentano l’habitat naturale perché nuove imprese possano nascere e crescere soprattutto in considerazione del fatto che gli agglomerati industriali sono aree ecologicamente attrezzate capaci, pertanto, di assicurare servizi a chi vuole fare impresa. Da questa considerazione discende che bisogna evitare la polverizzazione dell’intervento pubblico nelle nuove politiche industriali al fine di costruire, anche sull’esperienza di altri paesi Europei tipo l’Irlanda, tutta una serie di distretti industriali capaci di andare a costituire l’asse portante di una nuova politica di crescita e di sviluppo del meridione d’Italia. 163 BIBLIOGRAFIA V.G.PESCATORE, L’intervento straordinario nel Mezzogiorno d’Italia, Milano, 1962 De RITA, COLLIDA’, BARABBA, Il Meridionalismo in crisi?, Milano, 1966. V.G.AMATO, Il Governo dell’industria in Italia, Bologna 1972 Cfr.BARCELLONA, Democrazia e Diritto, nel saggio Legislazione e stratificazione sociale, n. 3, 1975 V.A.YOUNG, Increasing retourns and economic progress, in Economic Journal 1928 V.DI GIOACCHINO, La politica edilizia negli anni ’60, in quaderni di rassegna sindacale, n°43, 1973 Cfr.AA.VV.Aree attrezzate e servizi alla produzione nello sviluppo del Mezzogiorno, Formez, Napoli, 1989. 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