Tesi Istituzioni di Diritto Pubblico

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Tesi Istituzioni di Diritto Pubblico
Università degli Studi di Messina
Facoltà di Economia
Corso di Laurea in Economia e Commercio
Tesi
Istituzioni di Diritto Pubblico
“Il Nuovo regime giuridico dei Consorzi per le Aree, i Nuclei e le
Zone di Sviluppo Industriale in Calabria - Il caso del Nucleo
Industriale di Crotone”
Relatore:
Chiar.mo Prof Giuseppe Falzea
Anno Accademico 2001-2002
Candidato
Fabio Lizzi
Matr. 80749W
INDICE
Capitolo Primo
L’EVOLUZIONE LEGISLATIVA DEI CONSORZI E DELLE
AREE INDUSTRIALI_______________________________________1
1.1 L’evoluzione e le motivazioni della legislazione statale sui consorzi
Industriali dell’intervento nel Mezzogiorno _________________________1
1.2 L’infrastruttura industriale____________________________________5
1.3 Origini e finalità delle A..S.I..(aree di sviluppo industriali)____________6
1.4 Il contributo delle A.S.I. allo sviluppo industriale: aspetti positivi ed
elementi critici ______________________________________________13
1.5 Le aree e i nuclei di sviluppo industriale_________________________16
1.6 I Consorzi d’industrializzazione e la loro prima esperienza negli anni
’60_______________________________________________________ 24
1.6.1 I Poli di sviluppo e programmazione economica____________24
1.6.2 I Poli di sviluppo_____________________________________25
1.7 La “nuova politica” di localizzazione industriale e programmazione
economica degli anni ’60_______________________________________29
1.8 La natura giuridica_________________________________________34
1.9 I Controlli, la Vigilanza e la Tutela sui Consorzi Industriali__________47
1.9.1 Evoluzione e storia della disciplina sui controlli____________47
1.9.2 La vigilanza e la tutela________________________________60
Capitolo Secondo
I POTERI DELLE REGIONI________________________________65
2.1 L’istituzione delle Regioni___________________________________65
2.2 La delega di funzioni alle Regioni______________________________67
2.3 Attribuzione alle Regioni di compiti di intervento straordinario_______69
2.4 Attribuzioni alle Regioni di funzioni amministrative in ordine ai Nuclei e
alle Aree industriali___________________________________________71
2.5 Ampliamento delle Deleghe delle Funzioni e dei Compiti Amministrativi
alle Regioni_________________________________________________77
2.6 La disciplina dei Consorzi d’industrializzazione in Calabria__________78
2.7 Riordino delle funzioni amministrative regionali e locali____________80
Capitolo Terzo
IL NUOVO REGIME GIURIDICO DEI CONSORZI PER LE
AREE, I NUCLEI
E LE ZONE DI SVILUPPO
INDUSTRIALE____________________________________________86
3.1 Il nuovo ruolo dei Consorzi__________________________________86
3.2 L’evoluzione del Progetto di Legge (PP.LL. N.256/5^ e 260/5^)_____89
1
3.3 I nuovi “Consorzi per lo Sviluppo Industriale” in Calabria__________90
3.4 Lo statuto_______________________________________________92
3.5 Gli organi_______________________________________________93
3.6 L’Assemblea Generale______________________________________93
3.7 Il Comitato Direttivo_______________________________________94
3.8 Il Presidente_____________________________________________96
3.9 Il Direttore______________________________________________96
3.10 Il Collegio dei Revisori dei Conti_____________________________96
3.11 La Funzione dei Consorzi__________________________________97
3.12 Delega alle Province_____________________________________100
3.13 I Programmi di Attività___________________________________100
3.14 Il Bilancio_____________________________________________101
3.15 Il Capitale e i mezzi finanziari______________________________102
3.16 Le Funzioni della Regione_________________________________102
3.17 Il Controllo e la Vigilanza_________________________________103
3.18 I Piani Regolatori delle Aree_______________________________104
3.19 Le Opere di Urbanizzazione_______________________________105
3.20 Manutenzione ed Esercizio Infrastrutture_____________________106
3.21 Passaggio dal vecchio al nuovo regime________________________106
3.22 Conflitto d’interesse Regione-Stato__________________________108
Capitolo Quarto
IL NUCLEO INDUSTRIALE DI CROTONE _________________113
4.1 La struttura territoriale della Provincia di Crotone________________113
4.1.1 Struttura Economica_________________________________113
4.1.2 Contesto Socio-economico____________________________114
4.1.3 Contesto Storico____________________________________116
4.1.4 La situazione attuale_________________________________119
4.1.5 Gli obbiettivi Strategici_______________________________122
4.1.6 Le infrastrutture_____________________________________123
4.2 Il Consorzio per il Nucleo di Industrializzazione di Crotone________127
4.3 Gli Obbiettivi___________________________________________128
4.4 Fanno parte del consorzio _________________________________131
4.5 Le infrastrutture e gli insediamenti presenti nell’area______________132
4.6 Regolamenti Ambientali e Piano Regolatore____________________143
4.7 Il nuovo statuto__________________________________________145
4.8 Intesa istituzionale di programma tra il governo della Repubblica e la
Regione Calabria____________________________________________156
CONCLUSIONI___________________________________________160
2
INDICE DELLE FIGURE E DELLE TABELLE
I NUCLEI INDUSTRIALI SUL TERRITORIO NAZIONALE____________________64
I NUCLEI E LE AREE INDUSTRIALI IN CALABRIA________________________112
PLANIMETRIA CONSORZIO PER IL NUCLEO INDUSTRIALE DI CROTONE__130
TABELLA 1: ENTI CONSORZIATI_______________________________________131
TABELLA 2: PRINCIPALI INSEDIAMENTI PRODUTTIVI IN ESERCIZIO
NELL’AGGLOMERATO________________________________________________132
TABELLA 3: DATI RELATIVI ALLE AZIENDE DELLA ZONA PAPANICIARO –
COMPARTO A -_______________________________________________________133
TABELLA 4: DATI RELATIVI ALLE AZIENDE DELLA ZONA PASSOVECCHIO –
COMPARTO B -_______________________________________________________134
TABELLA 5: DATI RELATIVI ALLE AZIENDE DELLA ZONA PASSOVECCHIO –
COMPARTO B -_______________________________________________________135
TABELLA 6: DATI RELATIVI ALLE AZIENDE DELLA ZONA PASSOVECCHIO –
COMPARTO B -_______________________________________________________136
TABELLA 7: DATI RELATIVI ALLE AZIENDE DELLA ZONA PASSOVECCHIO
(ex AIPP) – COMPARTO C-_____________________________________________137
TABELLA 8: DATI RELATIVI ALLE AZIENDE LOCALITA’ ZIGARI –
COMPARTO D-_______________________________________________________138
TABELLA 9: GESTIONE E CARATTERISTICHE DELLE INFRASTRUTTURE__143
TABELLA 10: DESTINAZIONE DELLE SUPERFICI________________________144
TABELLA 11: FONDO CONSORTILE____________________________________155
TABELLA
12:
INTERVENTI
INFRASTRUTTURALI
AGGLOMERATO
DI
CROTONE____________________________________________________________157
TABELLA 13: STUDI DI FATTIBILITA’ AGGLOMERATO DI CROTONE______157
3
CAPITOLO PRIMO
L’EVOLUZIONE LEGISLATIVA DEI CONSORZI E
DELLE AREE INDUSTRIALI
1.1
L’evoluzione e le motivazioni della legislazione statale sui
consorzi Industriali dell’intervento nel Mezzogiorno
Immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale, si
manifesta nel paese una volontà politica di interventi per lo sviluppo
industriale nel Mezzogiorno.
Tali interventi si fondano sulla predisposizione di un complesso di
iniziative pubbliche straordinarie, coordinate in un piano organico poliennale.
Sin dalla prima fase, (quella degli anni ’50, della pre
industrializzazione), l’intervento a favore del Mezzogiorno si fonda sulla
istituzione della Cassa per il Mezzogiorno, quale strumento d’intervento
straordinario, oltre che sullo stanziamento di ingenti fondi per l’attuazione
coordinata delle misure operative.
Il primo piano poliennale era teso a realizzare il complesso delle
infrastrutture per lo sviluppo sia agricolo che industriale del Mezzogiorno,
1
attraverso un vasto programma di opere pubbliche (acquedotti, fognature,
rete ferroviaria, ecc…) prevedendo inoltre agevolazioni ed erogazione di
contributi, oltre ai finanziamenti alle iniziative interessate.1
Tale intervento viene identificato con il c.d. Primo tempo, che ha
inizio proprio con la legge del 10/08/1950, n. 646, istitutiva della Cassa per il
Mezzogiorno.
In base a tale orientamento venivano fissate le finalità istituzionali
della Cassa onde l’intervento straordinario mirava sia alla creazione delle
infrastrutture e del capitale fisso sociale, al fine di provocare uno sviluppo
autopropulsivo, ed utilizzare gli strumenti classici delle esenzioni, contributi e
finanziamenti, che, in definitiva si limitavano ad offrire solo un complesso
coordinato di agevolazioni per le singole infrastrutture industriali.
Era infatti opinione diffusa che lo sviluppo di una regione
sottosviluppata dipendesse dalla convenienza che un imprenditore privato
aveva ad investire, per cui il compito dello Stato era quello di promuovere
queste opportunità, allestendo le infrastrutture necessarie al fine di rendere
competitivi, rispetto alle altre regioni, i costi d’impianto e di funzionamento
delle industrie.
Una simile impostazione mostrò, negli anni immediatamente
successivi, evidenti segni di fallimento, non solo per la dispersione degli
interventi infrastrutturali che si erano verificati in assenza di un
coordinamento delle iniziative e di una vera e propria programmazione, ma
anche per l’esigenza evidente di superare la prevalente funzionalizzazione
della maggior parte delle opere realizzate per l’agricoltura (oltre che destinate
1
V.G.PESCATORE, L’intervento straordinario nel Mezzogiorno d’italia, Milano, 1962
2
alla pre-industrializzazione): Il tutto in funzione di un decollo delle regioni
meridionali, che consideravano prioritario lo sviluppo dell’agricoltura.
Ed ecco che il c.d. secondo tempo, dell’intervento straordinario
trova nello “schema Vanoni” e nella scelta dell’industrializzazione del
Mezzogiorno la sua linea ispiratrice, i cui schemi legislativi portanti si
riscontrano in particolare nelle leggi 29/07/1957, n. 634, nella legge
18/07/1959, n. 5555 e nella legge 20/09/1962, n. 1462.
Con il c.d. “schema Vanoni” si assiste ad una chiara
trasformazione dell’intervento dello Stato e della sua funzione della spesa
pubblica, non più orientati verso uno sviluppo indiscriminato delle imprese e
non “indirizzato”, in funzione dell’aumento del prodotto netto e
dell’allargamento della base produttiva.
Si avverte, insomma la necessità di adottare agevolazioni orientate
al perseguimento di ben determinati obbiettivi, fra cui: l’assorbimento della
forza lavoro disoccupata o sottoccupata, l’incremento della produttività e
l’industrializzazione del Mezzogiorno, superando il tipo di intervento
precedente rivolto prevalentemente allo sviluppo dell’agricoltura; la c.d. pre
industrializzazione (cioè la creazione dei prerequisiti funzionali per un
eventuale futuro sviluppo industriale) al fine di superare un sistema
parzialmente correttivo delle tendenze di sviluppo e inadeguato a risolvere i
problemi dello sviluppo nel Mezzogiorno. 2
Si prospetta, cosi, la necessità di un intervento dello Stato volto a
favorire direttamente l’industrializzazione del Sud.
La politica meridionalistica tende a diventare politica di
2
DE RITA, COLLIDA’, BARABBA, Il Meridionalismo in crisi?, Milano, 1966.
3
localizzazione industriale nel Mezzogiorno, modificando il processo di
allocazione degli interventi con l’introduzione di agevolazioni di tipo
finanziario (incentivi creditizi e contributi a fondo perduto) fiscale e
infrastrutturale, tale da invogliare gli investitori privati a destinare i loro
investimenti nel Mezzogiorno.
La stessa legge n. 634/57 introduceva l’obbligo per le imprese e
per gli Enti pubblici di riservare al Mezzogiorno una quota dei loro
investimenti globali, prevedendo un tipo di intervento ancora più diretto.
Ed ecco che il ruolo dello Stato non è più esterno, come nel caso
del c.d. “protezionismo liberale”3, ma neppure di mediazione di tipo
compensativo come era stato (nel c.d. primo tempo) nella prima fase
dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno.
Ne deriva un ruolo di mediazione orientata al perseguimento di
particolari obbiettivi di tipo localizzativo nel quadro di progressione degli
ambiti di intervento dello Stato, che si realizza con riferimento all’intervento
per il Mezzogiorno nella formula di passaggio dallo Stato costruttore (primo
tempo della politica meridionalistica), allo Stato-finanziatore e allo Statoimprenditore.
In tale contesto la legge 634/57, accanto agli strumenti di tipo
agevolativo, prevede dei “soggetti apparato”, cui viene attribuito il compito
di erogare e/o gestire gli ausili finanziari (Cassa per il Mezzogiorno, Istituti di
Credito Speciale, Partecipazione Statale, ecc…) in modo più o meno stabile, a
seconda dei tipi d’intervento o in relazione all’ambito territoriale in cui si
3
V.G.AMATO, Il Governo dell’industria in Italia, Bologna 1972
4
inserisce l’intervento stesso. 4
Uno di questi “soggetti apparato”, previsti dalla L. 634/57, sono
proprio i Consorzi per le aree di sviluppo industriale.
1.2 L’infrastruttura industriale
Per infrastruttura industriale si intende l’insieme di tutte quelle
opere di attrezzatura industriale (allacciamenti stradali e ferroviari, fognature,
nonché di tutte le iniziative ritenute utili per lo sviluppo industriale della zona
di cui all’art. 21 della legge n°634/57, che, in base alla cd. “teoria delle
economie esterne”5 doveva essere in grado di eliminare i fattori negativi (le
cd. diseconomie), che rendevano eccessivamente gravoso per un’impresa
l’insediamento in regioni, in larga misura meridionali, che di tali strutture,
erano fortemente carenti: al punto che tali proprie siffatte carenze secondo la
prevalente teoria, avevano creato il profondo divario di sviluppo diseguale tra
il Nord e il Sud dell’Italia.6
In fase di inizializzazione dei numerosi compiti assegnati ai
Consorzi dalla legge istitutiva, per poter rimuovere le oggettive difficoltà che
si frapponevano ad un organico processo di industrializzazione, la L. n.
1462/62, all’art. 3, prevedeva l’assunzione a carico della Cassa per il
Mezzogiorno della spesa occorrente per le opere infrastrutturali eseguite dai
Consorzi per le aree e i nuclei industriali nel Mezzogiorno, sino ad un
massima dell’85% della, spesa, ivi compresi gli oneri afferenti alle relative
espropriazioni; e poteva altresì concedere agli stessi Consorzi, un contributo
4
Cfr.BARCELLONA, Democrazia e Diritto, nel saggio Legislazione e stratificazione sociale, n. 3, 1975
5
V.A.YOUNG, Increasing retourns and economic progress, in Economic Journal 1928
6
V.DI GIOACCHINO, La politica edilizia negli anni ’60, in quaderni di rassegna sindacale, n°43,
1973
5
sino al 5O% della spesa per la costruzione di rustici industriali.
Dai suddetti finanziamenti restano escluse le spese di
espropriazione degli immobili da cedere alle imprese industriali.
La Cassa per il Mezzogiorno, inoltre, poteva assumere a proprio
carico la spesa occorrente per la redazione dei Piani Regolatori dei Consorzi
stessi. La legge n°1462/62, autorizzava, altresì, la Cassa a concedere contributi
per la costruzione di case popolari destinate all’alloggio dei lavoratori addetti
alle industrie situate nelle aree e nei nuclei industriali.
La concessione di queste due ultime agevolazioni erano
subordinate al rispetto dei criteri e delle modalità fissati nel c.d. “Piano di
coordinamento “.
1.3. Origini e finalità delle A.S.I. (Aree di Sviluppo Industriali)
L’adozione delle aree di sviluppo industriali, quale strumento della
politica d’intervento straordinario nel Mezzogiorno d’Italia, risale alla fine
degli anni ‘50.
Nel 1957, infatti, con la n°634, che proroga e rifinanzia la Cassa
per il Mezzogiorno (nata con la L. 646/50), comincia la nuova fase
dell’intervento straordinario, orientata ad una politica di industrializzazione e
di sviluppo delle infrastrutture.
Nella nuova legge sull’intervento straordinario nel Mezzogiorno, la
L. n. 64/86, viene definito il concetto di “aree di sviluppo industriali” con
le quali “promuovere ed operare tutte quelle trasformazioni ambientali atte
a potenziare e a sviluppare le forze di attrazione ubicazionali e, quindi, a
costituire delle aree di concentrazione geografica e di gravitazione degli
6
sviluppi industriali, rispetto all’intero territorio meridionale “.
Tali aree di sviluppo industriale potevano articolarsi in più “nuclei
industriali’
Alla individuazione e definizione concreta di tali aree erano
preposti i Consorzi, costituiti da più Enti comunali.
L’approntamento delle infrastrutture generali era a carico dei Consorzi stessi,
che potevano comunque beneficiare di un contributo da parte della Cassa per
il Mezzogiorno, di entità non superiore alla metà della spesa corrente. Alle
imprese localizzatesi nelle aree, infatti, erano concessi vari incentivi sia di tipo
creditizio che fiscale.
Ma la possibilità di concedere particolari agevolazioni anche alle
piccole e medio imprese, che si localizzavano al di fuori delle aree di
industrializzazione costituiva, però, una evidente contraddizione del dettato
legislativo e di fatto, ciò, aumentava l’incentivo alla localizzazione fuori dalle
aree dei Consorzi.
Nonostante, nella realizzazione della prima fase dell’intervento
straordinario nel Mezzogiorno (pre-industrializzazione), sia stato perseguito
l’obiettivo di contenere il più possibile la disoccupazione, di governare i flussi
migratori e di assorbire la forza lavoro espulsa dal settore agricolo, oramai in
fase di fisiologico ridimensionamento occupazionale, non si è riusciti a
perseguire appieno l’obiettivo di realizzare le condizioni più congrue per il
processo di industrializzazione autonomo delle regioni meridionali, sulla base
di adeguate economie esterne, che avrebbero dovuto, come già detto,
garantire condizioni di indifferenza territoriale, non processi di localizzazione
industriale.
7
Invece con la legge per il Mezzogiorno, la L. n. 717/65, si è
proceduto ad una riformulazione della politica di intervento straordinario.
Con essa viene rilanciato il ruolo dei Consorzi e delle A.S.I.
attraverso un aumento dei finanziamenti, che possono raggiungere fino
all’85% delle spese per le infrastrutture consortili.
L’obiettivo da perseguire, era quello di una concentrazione
dell’intervento della Cassa per il Mezzogiorno sulle aree industriali, suscettibile
di più rapido sviluppo, coerentemente con la scelta strategica dello sviluppo
territorialmente concentrato
Sono gli anni in cui viene elaborandosi la strategia meridionalistica
dello sviluppo concentrato, cd. “per poli “, assumendosi che i nuovi
insediamenti manifatturieri, concentrati in un ristretto ambito geografico,
avrebbero progressivamente diffuso, in tutto il territorio Meridionale,
dinamiche positive di crescita, sia in termini di domanda che in termini di
offerta di beni.
Le A.S.I. nascono e si sviluppano in tutto il Mezzogiorno per
rispondere ad una scelta di localizzazione programmata degli insediamenti
industriali:7
a) Per sopperire alle diseconomie esterne presenti nel territorio
meridionale che, anche a causa della mancata industrializzazione
manifestava notevoli carenze infrastrutturali e vuoti funzionali
notevoli,
si
sceglie
di
dotare
ciascuna
area
o
nucleo
d’industrializzazione di una attrezzatura minima funzionale;
7
Cfr.AA.VV. Aree attrezzate e servizi alla produzione nello sviluppo del Mezzogiorno, Formez,
Napoli, 1989.
8
b) Per soddisfare le esigenze insediative all’industria di origine esterna
(soprattutto alle imprese del Centro-Nord) si adottò un criterio molto
elastico, in modo che l’attivazione di impianti, più che di imprese (in
quanto i centri direzionali rimangono al Nord) potesse far si che il
fabbisogno di connessioni funzionali con l’ambiente espresso dalle
nuove presenze produttive, risultasse limitato di spessore. La
conseguente domanda e quindi la predisposizione di una
infrastrutturazione primaria (approvvigionamento idrico ed elettrico,
opere di difesa idraulica, raccolta acque reflue, ecc...) fa perno rispetto
ad esigenze di maggiore contenuto professionale e di più elevata
valenza strategica;
c) Per abbattere gli elevati costi d’insediamento per impianti che,
essendo di grandi dimensioni,avrebbero comportato un’elevata spesa,
fu previsto, un forte abbattimento dei costi sopportati dalle imprese,
per l’acquisto e la dotazione della relative infrastrutture produttive,
onde favorire la successiva rivendita dei terreni a cosi realmente
contenuti.
L’intervento delle A.S.I. è proseguito per tutto il corso degli anni
Ottanta, senza mutamenti rilevanti nel quadro legislativo, che pure andava
evolvendosi per altri aspetti, con le leggi nn. 853/71 e 186/76.
I Consorzi di industrializzazione hanno proseguito la loro politica
di infrastrutturazione di base che ha consentito la realizzazione, nonché il
completamento, di molte opere.
9
La loro attività ha offerto un contributo ai processi di
industrializzazione del territorio meridionale, essendo risultate funzionali alle
esigenze imprenditoriali, costituite essenzialmente da una domanda di spazi
liberi ed infrastrutturati.
E’ oramai evidente che questa stagione dello sviluppo economico
si è chiusa definitivamente, in quanto è mutato il contesto internazionale in
cui è inserita l’economia nazionale e, con essa, i soggetti economici del
Mezzogiorno; si sono trasformati radicalmente dalla metà degli anni ‘70, gli
orientamenti strategici della grande impresa settentrionale, prima impegnati su
una filosofia di risanamento finanziario e produttivo, e poi caratterizzati da
logiche di internazionalizzazione che trascendono l’approccio al problema
dello squilibrio tra Nord e Sud, interno al nostro sistema.
Mutano, in tal modo, i protagonisti dello sviluppo meridionale e,
seppure con difficoltà, viene a galla una imprenditoria locale che deve
costituire il principale referente della nuova politica meridionalistica per i
prossimi dieci anni.
In sostanza, è mutato l’insieme delle opportunità e dei vincoli; di
conseguenza obiettivi e la strumentazione disponibile per le nuove tecnologie
di sviluppo devono trovare definizione e adeguamento.
In particolare, in ordine alle A.S.I., conviene ricordare che:
1) Nate, per lo più negli anni della delocalizzazione della grande impresa,
si ritrovano spesso con una dotazione di infrastrutturazione specifica
poco adeguata al fabbisogno di un’utenza industriale di piccola e
10
media dimensione;
2) Hanno una cospicua dotazione di infrastrutture, ma una cultura
gestionale degli impianti alquanto modesta, quando nella fase attuale
dello sviluppo industriale è prevalente il consumo di servizi rispetto a
quello delle infrastrutture. Non è infatti i caso che i processi
insediativi, ultimi, delle imprese industriali nel Mezzogiorno
evidenzino una sostanziale indifferenza, se non addirittura il privilegia
mento della localizzazione extra-A.S.I.: sono evidentemente altri
fattori attrattivi, rispetto territorio attrezzato, a orientare le scelte di
localizzazione delle imprese;
3) La variabile “spazio” e il relativo “costo” assumevano peso decisivo
nella fase degli “investimenti ad alta intensità di capitale”. Oggi,
con l’automazione dei processi produttivi, e con l’informatizzazione
negli uffici, gli insediamenti industriali si caratterizzano per essere
capital saving (cioè, a forte risparmio, anche di territorio); di
conseguenza si riduce di molto il richiamo di un’offerta di spazio
produttivo a prezzo controllato.
Detto ciò, sembra superfluo osservare che le A.S.I. si configurano,
come l’emblema di tutta la strumentazione meridionalistica che ha trovato
definizione nei passati trent’anni di intervento straordinario.
Negli anni Ottanta, i profondi mutamenti strutturali dell’economia
nazionale ed internazionale, frutto delle risposte agli shocks esogeni ed
endogeni degli anni Settanta, e l’accelerazione dei processi di innovazione
11
tecnologica, hanno trasformato in profondità l’insieme di opportunità e di
vincoli.
Oggi lo sviluppo industriale è fortemente condizionato dalla
presenza o meno di “esternalità”, che comprendono una crescente gamma
di fattori materiali ed immateriali.
Questa circostanza, genera la necessità di superare una
impostazione della politica industriale in termini esclusivamente quantitativi;
ovvero, finanziari, legata all’entità delle risorse e degli incentivi finanziari, in
direzione di una maggiore enfasi agli aspetti qualitativi, mirata quindi a
migliorare le condizioni “ambientali”, in cui si sviluppa il tessuto industriale.
Inoltre, le nuove tecnologie e la loro interazione con
l’organizzazione dell’impresa hanno avuto un notevole impatto sulla domanda
di localizzazione. Oggi le imprese esprimono, una domanda di spazio diversa
dal passato, sia per quantità (diminuita) che per qualità (aumentata). Ne è
conseguita più in generale, l’urgenza di ridefinire gli obiettivi e la
strumentazione delle strategie di promozione dello sviluppo.
La formazione delle politiche regionali, ha dovuto considerare, in
modo più accurato ed articolato tutto l’insieme di nuovi fattori localizzativi,
oggi operanti, ovvero fattori logistici, tecnico-produttivi, finanziari, di
marketing e di formazione. Conseguentemente si è avviata una riflessione sul
ruolo e le funzioni, dei Consorzi e delle aree di sviluppo industriale, i cui
risultati vengono recepiti nel nuovo quadro legislativo d’intervento
straordinario del Mezzogiorno.
12
1.4. Il contributo delle A.S.I. allo sviluppo industriale: aspetti positivi ed
elementi critici
In sostanza con le A.S.I., si disponeva di uno strumento capace di
contemperare insieme le esigenze sia generali che scientifiche delle imprese
per conseguire, al meglio gli obiettivi alle quali erano preposte, che possiamo
succintamente individuare con:
a) L’ottimizzazione dell’offerta di infrastrutture e di suoli;
b) La riduzione dei conflitti tra i richiedenti d’uso, dei suoli migliori, per
ubicazione e locazione;
c) L’offerta dei servizi alle imprese;
d) La difesa ed il controllo ambientale.
Se per l’operatore pubblico, l’utilità dell’agglomerato industriale era
data, sia dai positivi effetti ambientali e urbanistici, (comportanti il minor
consumo di suolo, contenimento di pressione sull’ambiente e riduzione di
inevitabili impatti) che dai positivi effetti economico-gestionali (comportanti
minori costi di insediamento e dalla possibilità di realizzare un’offerta
congiunta di una serie di servizi di base e avanzati); per l’operatore privato,
invece, derivava dalla concreta possibilità di venire in possesso di un “suolo
aziendale”, già infrastrutturato, riducendo notevolmente i costi e i tempi
d’insediamento, oltre alla possibilità di usufruire di uno spazio qualificato dal
punto di vista igienico-sanitario e dell’ambiente di lavoro.
Da ciò le A.S.I., potevano conseguire un insieme di risultati, fra i quali:
13
1) Fungere da veri e propri Fulcri d’attrazione di imprese da altre
province e regioni;
2) Da validi supporto, a sostegno della imprenditoria locale e basi per la
nascita di nuove;
3) Da contributo per i livelli occupazionali del territorio interessato,
onde proporsi come soggetti attivi delle politiche di risanamento delle
condizioni ambientali per il rafforzamento delle infrastrutture
primarie preesistenti.
Tuttavia l’esperienza trentennale della politica delle A.S.I., non ha
mancato di evidenziarne fattori critici e distorsioni tali da indurre ad una
riflessione e di conseguenza ad una riformulazione dell’intervento, per
rimuovere le incongruenze e gli errori, rendendolo, finalmente, adeguato alle
nuove esigenze del sistema produttivo meridionale.
Con il mantenimento del contesto sociale, in cui le A.S.I. si
trovarono ad operare dalla fine degli anni ‘70 in poi, emerse sempre più
l’importanza dei fattori legati alla qualità dell’ambiente socio-economico; che
andava, via via, ad assumere un ruolo di grande rilievo e di incidenza tale da
imporre una trasformazione dei tradizionali agglomerati (non sempre organici
e funzionali) che diventano luoghi e strumenti in cui gli utenti possono
disporre, anche cooperando e dialogando tra loro, sia di servizi efficienti che
di tutti quei fondamentali riferimenti e collegamenti, ritenuti indispensabili allo
sviluppo di produzioni moderne e concorrenziali.
Ed è proprio dalla consapevolezza delle carenze sopraelencate che
14
si è partiti per riformulare nuove e più incisive azioni di intervento.
Fra i tanti fattori critici, quelli che hanno avuto più peso nella
esperienza A.S.I., sono stati: I ritardi di attuazione; l’incompletezza
dell’intervento infrastrutturale; mancata corrispondenza tra le caratteristiche
dell’offerta infrastrutturale delle A.S.I. e la domanda da parte delle imprese
(caratterizzata da specifici processi produttivi); l’eccessivo distacco tra le aree
urbane e la carenza dei collegamenti (reti di trasporto); la smodata
proliferazione del fenomeno “agglomerativo”, spesso svincolato da una reale
e preesistente richiesta insediativa; infine, la scarsa attività promozionale degli
Enti gestori.
Questi aspetti, appena illustrati, hanno portato i soggetti
programmatori ad una riflessione sulla necessità di:
a) Ridurre la diversificazione tra le scelte insediative (A.S.I. e N.I.) e
quelle di localizzazione spontanea;
b) Riprogrammare i contenuti dell’agglomerazione, inserendo nella
connotazione delle strutture e degli Enti di gestione, direttrici,
concernenti la fornitura dei servizi, la riprogrammazione insediativa
civile, la rete dei trasporti, ecc...;
c) Di progettare e realizzare un network informativo e funzionale fra le
aree, per supportare azioni di integrazione sistematica tra territori e
settori produttivi, interni ed esterni delle aree.
Per cui si prospetta l’esigenza di concepire l’attrezzatura delle aree,
15
non più limitata alla singola infrastruttura primaria, ma aperta all’insediamento
di servizi agglomerativi basati sulle esigenze funzionali delle attività produttive
da insediare (aree attrezzate).
Sulla base di quanto detto, le A.S.I. potrebbero svolgere
un’auspicabile funzione promozionale di “trascinamento”dello sviluppo,
anche con l’anticipazione della domanda potenziale di aree attrezzate e di
concessione di servizi, non ancora emersa.
1.5 Le Aree e i Nuclei di Sviluppo Industriale
Dunque, l’area (o il nucleo) di sviluppo industriale rappresenta lo
strumento di concretizzazione della politica meridionalistica, già visto nelle
scelte imprenditoriali, diretto verso una concentrazione degli investimenti per
coordinare attraverso una più efficiente rete infrastrutturale, il sistema delle
convenienze
all’investimento.
Il
tutto
allo
scopo
di
facilitare
l’industrializzazione e allo stesso tempo di concentrare gli sforzi economici e
finanziari in un numero delimitato di zone, dotate di risorse naturali e con
favorevole ubicazione geografica, per promuovere la nascita degli
insediamenti industriali, punti nevralgici dell’economia meridionale.
In questo contesto, dal punto di vista funzionale assumono
decisiva rilevanza le attività industriali, che devono costituire la base dinamica
della nuova politica di industrializzazione.
Dal punto di vista giuridico, l’area di sviluppo industriale trae la
sua origine dallo sviluppo della zona industriale, istituita con la legge speciale
16
dell’08/07/1904, n° 351, per il “per il risorgimento della città di Napoli “,
con cui veniva creata una zona apposita per gli insediamenti industriali.8
La zona industriale, così istituita dalla legge speciale, non si
sviluppa tuttavia in maniera tipica, tant’è che a volte assume rilevanza
prettamente urbanistica, cioè con funzione regolatrice di edificabilità, mentre
altre volte con funzione generalmente di politica economica, svolgendo
un’azione disciplinatrice ed incentivante dello sviluppo industriale.
Il dettato legislativo della L. n. 634/57, facendo riferimento a
“determinate zone”, fa nascere il dubbio che si possa trattare delle vecchie
zone industriali previste da precedenti leggi di incentivazione per il
Mezzogiorno.
Invece dal contesto normativo si evince che l’intero territorio
meridionale e le diverse modalità operative e gestionali, costituiscono elementi
di diversificazione notevole delle zone industriali dei Consorzi stessi.
Tuttavia in sede esplicativa al fine di differenziare, anche solo
formalmente, il nuovo istituto della zona industriale, nel 1959, si preferiva
sostituire al termine “classico” di zona, quello di area di sviluppo industriale
a cui si aggiunge nel 1960, l’ulteriore termine di nucleo di industrializzazione.
Esistono differenze sostanziali fra i due concetti di zona, previsti
dalle due normative; e cioè mentre le zone industriali sono dettate più
dall’esigenza di risolvere i problemi di ordine congiunturale, quelle previste dal
8
V.G.FALZONE, Le zone industriali, Palermo, 1962
17
legislatore deI ‘57, sono inquadrate in una visione coordinata di sviluppo9
Infatti le differenze tra le zone industriali tradizionali e le aree e i
nuclei di industrializzazione, veniva così spiegata dalla prima circolare del
Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno del 07/10/59, n. 21354, : “Le zone
industriali, stipate e installate su di una ristretta porzione di territorio
comunale... riflettevano essenzialmente preoccupazioni di carattere
congiunturale e talora moventi extra-economici, e non si ponevano….
problemi di razionale localizzazione nel senso sopratutto dell’interesse
generale, così da evitare squilibri economici regionali e prevenire le
conseguenze sfavorevoli “.
Invece “le aree di sviluppo industriale “ comprendono ambiti
territoriali sufficientemente ampi ed omogenei, localizzati, cioè in
corrispondenza di un adeguato numero di Comuni appartenenti
eventualmente anche a diverse province, che, per certe caratteristiche geodemografiche, debbono servire per “promuovere ed operare tutte quelle
trasformazioni ambientali atte a potenziarne ed a svilupparne le forze di
attrazione
ubicazionale
e,
quindi,
a
costituire,
delle
aree
di
concentrazione, rispetto all’intero territorio meridionale “.
Mentre le prime si caratterizzano per le particolari agevolazioni di
cui usufruiscono come: cessioni gratuite o a prezzo di favore, di aree da parte
dei Comuni (nel caso delle zone ex. art. 21, L. 634/57, le agevolazioni si
applicherebbero a tutto il territorio del Mezzogiorno); le altre zone si
9
Cfr.M.ANNESI. Aspetti giuridici della disciplina degli interventi nel Mezzogiorno, Roma, 1966
18
differenziano sulla base di altri elementi, quali infrastrutture, limiti di
contribuzione, ecc...
Caratteristica della nuova legislazione è che le zone non sono
istituite dalla legge, ma si lascia l’iniziativa di promuovere la loro creazione alle
amministrazioni locali.
Elemento comune alle vecchie zone, che rimane radicato nella
nuova nozione, é l’esistenza dell’istituto consortile, al quale vengono affidate
la gestione e lo sviluppo della zona stessa, anche tramite l’acquisizione in
forma coatta delle aree occorrenti, allo scopo di realizzare le infrastrutture
necessarie, o di cedere, e eventualmente, locare ad operatori economici i
terreni occorrenti per gli insediamenti industriali.
Ai sensi dell’art. 21 della 634/57, infatti, : “allo, scopo di favorire,
nuove iniziative industriali di cui sia prevista la concentrazione in una
determinata zona, i Comuni, le Province, e Camere di Commercio,
Industria e Agricoltura e gli altri Enti interessati, possono costituirsi in
Consorzi con il compito di eseguire, sviluppare e gestire le opere di
attrezzatura della zona...”.
Mentre con la circolare 08/06/1960, n°5621, il Comitato dei
Ministri per il Mezzogiorno ha sviluppato il concetto di nucleo
d’industrializzazione, la stessa circolare riporta che il “fenomeno” della
concentrazione industriale può essere, infatti, sostanzialmente graduato in due
categorie:
1) La grande concentrazione provocata essenzialmente dall’esistenza
19
di importanti e numerose iniziative industriali che si localizzano in
una determinata area e che abbisognano di un vasto ambiente
territoriale ed umano aventi particolari caratteristiche geoeconomiche;
2) La concentrazione minore è, invece, effetto del fenomeno di
agglomerazione di un numero più limitato di imprese industriali, che
sfruttano più circoscritti mercati, materie prime esistenti in loco, o
alcune caratteristiche naturali ed infrastrutturali, assenti in zone
limitrofe.
In fondo i “nuclei” vengono a corrispondere agli agglomerati nei
quali sono distribuite le industrie all’interno di un’area. Ogni nucleo, infatti,
dovrebbe accogliere di regola, un solo agglomerato
Il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno ha ritenuto
opportuno, sulla base di iniziative emanate per le aree di sviluppo industriale,
stabilire che possano essere costituite oltre a tali aree, i nuclei di
industrializzazione, atti a favorire i processi concentrazione industriale
minore con la predisposizione delle necessarie infrastrutture al fine di ridurre
il costo collettivo degli insediamenti.
Per cui il nucleo riguarda un fenomeno di concentrazione minore,
comprendente un numero più circoscritto di piccole e medie industrie,
inserite in contesti più limitati. sfruttanti materie prime esistenti in loco e
situazioni ambientali, nonché infrastrutturali mancanti in zone vicine.
Ad ogni area o nucleo corrisponde, così, un Consorzio
20
Industriale, con la conseguenza che il procedimento di individuazione
dell’area o del nucleo, coincide con il procedimento di formazione del
Consorzio, cioè con la prima fase di questo.
Il principio delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale è alla base
di una politica volta alla costruzione di strutture in grado di assorbire, con il
tempo, altre unità produttive addizionali e di causare profonde trasformazioni
nell’ambiente locale, di gran lunga maggiori di quelle ottenibili con i
tradizionali interventi pubblici.
Al fine di raggiungere ciò, le aree in questione dovevano
rispondere alle due seguenti principali esigenze:
1) La suscettività a fornire quel complesso di fattori agglomerativi ed
ubicazionali (riserva di manodopera, infrastrutture di base,
inizializzazione del processo di sviluppo industriale, ecc...), che
costituiscono lo stimolo e l’attrazione alla localizzazione delle scelte
degli imprenditori;
2) L’esistenza di organismi consortili dotati di un’ampia sfera di
attribuzioni, di competenza, di mezzi e rappresentativi di una vasta
coesione di interessi locali Con le circolari 07/10/59, n. 2 1534, e
08/06/60, n°5621, il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno fissava
le condizioni e i requisiti minimi occorrenti per l’individuazione delle
aree e dei nuclei.10
10
F.TERESI, Le aree industriali nella legislazione statale e regionale e nel sistema d’intervento pubblico,
in Foro Amministrativo, 1979, Pag. 1418
21
La prima ditali condizioni era determinante, in quanto consisteva
nella certificazione della esistenza di una effettiva tendenza alla
concentrazione industriale, nonché da un minimo di insediamenti: cui si
aggiungono i requisiti secondari ed accessori.
Ma mentre i requisiti di prima fascia avevano un valore
determinante, nel senso che se non venivano soddisfatti non poteva sorgere
l’area o il nucleo industriale, i requisiti secondari e quelli accessori
“integravano la qualificazione già operata, consentendo una valutazione più
precisa delle concrete possibilità del territorio di accogliere un adeguato
numero di iniziative”. 11
E’ pertanto evidente l’aspetto innovativo rispetto alla prima fase
dell’intervento straordinario, non identificabile nella infrastruttura, oltretutto
già prevista nella c.d. pre-industrializzazione, dalla legge istitutiva della Cassa
per il Mezzogiorno, quanto nella previsione di un certo numero di
comprensori, aree e nuclei d’industrializzazione, che avrebbero dovuto
facilitare l’insediamento di impianti industriali.
La stessa legge 634/57 prevedeva, con l’istituzione di tali Enti, la
necessità di eseguire e gestire le opere infrastrutturali necessarie per
l’attrezzatura delle zone in conformità della politica meridionalistica, volta non
solo alla concentrazione degli interventi, ma alla promozione di qualsiasi altra
iniziativa ritenuta utile allo sviluppo industriale della zona.12
11
Cfr.S.SCARANTINO, I Comprensori di sviluppo industriale, programmazione economica e
assetto del territorio, Milano 1971
12
V.V.GIOVANNELLI e P.CALANDRA, Problemi giuridici dei Consorzi di sviluppo industriale
nel Mezzogiorno, Milano 1966
22
Attraverso questo nuovo Ente, si cercava di coinvolgere la classe politica
locale, non solo nella realizzazione e nella esecuzione delle opere
infrastrutturali, ma anche nella determinazione e nella progettazione della
stessa impostazione accentratrice che, fino ad allora, aveva caratterizzato la
Cassa per il Mezzogiorno.
Pertanto i Consorzi Industriali vengono a costituire la struttura
amministrativa che avrebbe dovuto attuare la nuova politica degli
insediamenti industriali nel Mezzogiorno, assolvendo a compiti di mediazione
a livello sociale complessivo, in quanto rivolti a compensare e a comporre gli
interessi contrastanti e a realizzare i processi d’industrializzazione nel loro
impatto sul territorio e sulla struttura sociale meridionale, onde ridefinire il
quadro generale di riferimento per mezzo dello strumento specifico del piano
regolatore dell’area o del nucleo13
In quest’ottica, i Consorzi industriali si presentano come la sede
più adeguata per la formazione di un personale politico capace di comporre i
problemi locali con il livello nazionale, dal punto di vista e sul territorio della
linea d’industrializzazione, della programmazione e dello sviluppo e quindi
come la possibile chiave di sviluppo industriale nel Mezzogiorno14
13
V.SERNINI, Critica del diritto, n°4, 1975
23
1.6 I Consorzi d’industrializzazione e la loro prima esperienza negli
anni ‘60
1.6.1 I Poli di sviluppo e programmazione economica
Fin dalla loro costituzione i Consorzi hanno rilevato gravi
disfunzioni in merito alle enormi difficoltà finanziarie che li costringevano a
dipendere sempre più spesso e volentieri dalla Cassa per il Mezzogiorno, o
addirittura dalle stesse industrie che anticipavano i fondi necessari, con chiari
effetti distorsivi.
Una simile situazione portò a qualificarli come sede di mediazione
di interessi e un potenziale centro appetibile per la classe politica locale, ma
nel complesso dotato di un limitato potere decisionale in merito alle grandi
scelte di localizzazione, che venivano prese altrove e a più alti livelli.
Con il Consorzio si veniva a creare un sistema di mediazione di
interessi per la burocrazia della Cassa, gli Enti locali, la grande e la piccola
impresa locale, i proprietari edili e quelli delle aree, le organizzazioni dei
lavoratori, i disoccupati, etc..., e inoltre, il fatto stesso che “in una regione
sottosviluppata, come il Mezzogiorno, il potere di formulare, selezionare, i
progetti relativi allo sviluppo del comprensorio, che lo Stato avrebbe dovuto
finanziare, collocava il Consorzio al centro di intense pressioni locali e
conflitti d’interesse; i quali divennero, presto, una catena di rapporti clientelari
tra Stato e regioni meridionali e furono subito conquistati dai potenti gruppi
locali”
Questo fenomeno di feudalizzazione degli organi consortili
14
Cfr.FERRARI-BRAVO, Stato e sottosviluppo, Milano 1972
24
sembra farsi più pericoloso, tanto da minacciare la carica innovativa per cui
erano stati istituiti all’interno della politica d’intervento straordinario nel
Mezzogiorno.
Nella circolare n°1840 del 25/03/64 deI Comitato dei Ministri per
il Mezzogiorno, si affermava “la necessità che i Consorzi, configurati per legge
come enti di diritto pubblico, sfruttino la loro capacità autonoma, ponendo
innanzitutto la massima cura nell’assegnare i posti di responsabilità a uomini
tecnicamente preparati.. Cioè occorre evitare l’errore di porre al vertice
persone illustri per altri meriti”.
Si renderà, quindi, assolutamente necessario che i dirigenti dei
Consorzi specie il Presidente, il Comitato Direttivo e il Direttore, vengano
scelti, come lo statuto consortile prevede, tra persone aventi i requisiti di
sicura ed accertata esperienza in materia economica, amministrativa e
industriale.
1.6.2 I Poli di sviluppo
Uno degli elementi più eclatanti di una chiara disfunzione
dell’istituto consortile è rappresentato dall’eccessiva proliferazione del
fenomeno dei poli di sviluppo.
Si ripeteva l’esperienza negativa della prima fase dell’intervento nel
Mezzogiorno, stravolgendo la politica di base,ispiratrice delle aree e dei nuclei
d’industrializzazione. Aree e nuclei tendevano a moltiplicarsi in modo
incontrollato, vanificando, cosi, non solo il controllo delle autorità preposte,
25
ma anche le potenzialità di sviluppo in esse concentrate.
A questo fenomeno della proliferazione se ne contrappone un
altro e cioè quello della concentrazione degli investimenti.
Si realizza, insomma, un profondo divario tra la dinamica degli
investimenti dinamica del sorgere delle aree industriali e quindi della spesa
pubblica infrastrutturale nel Mezzogiorno, tra una concentrazione delle prime
e una forte dispersione delle seconde.
Gli insediamenti del Sud sono talvolta, vere e proprie cattedrali
nel deserto, grossi stabilimenti semiautomatizzati nel settore della
petrolchimica e della siderurgia, ad alta intensità di capitale e a bassa intensità
di lavoro, dotati di scarsa capacità diffusiva, che però riescono ad ottenere le
maggiori agevolazioni di tipo creditizio, infrastrutturale e fiscale.
Il fenomeno dei poli di sviluppo riflette processi di
concentrazione territoriale (oltre che settoriale e finanziario) del capitalismo
mondiale, anche in vista del nuovo orientamento della classe politica del
Governo verso un diverso tipo di sviluppo nel Mezzogiorno.
Dei poli di sviluppo si parlò, per la prima volta, nella relazione al
Parlamento del Ministro per il Mezzogiorno, nel 196115
Teorizzati dal Perroux e sostenuti in Italia dal Graziani e dal Saraceno i poli di
sviluppo industriale trovano una precisa formulazione politica nel 1960, nella
Relazione illustrata dal Ministro Pastore in un convegno sulla politica di
15
Cfr.Guida per i Consorzi per le aree e i nuclei di industrializzazione nel Mezzogiorno, Roma 1969
26
sviluppo nel Mezzogiorno, dove si sottolinea come “...un’accelerazione sulla
politica del Mezzogiorno, in grado di dare alla espansione economica un
andamento cumulativo, abbisogna di una struttura industriale integrata e
moderna, che faccia perno sui poli di sviluppo, opportunamente precisati dal
punto di vista della localizzazione geografica, della definizione settoriale e
della strumentazione istituzionale, i soli suscettibili di realizzare una non
indubbia, magari lenta, crescita, ma comunque profondamente strutturale e di
assicurare agli investimenti, il massimo degli effetti moltiplicativi collaterali”16
Ed è proprio così che nascono i Consorzi per le Aree e i Nuclei di
sviluppo industriale, organismi associativi a carattere facoltativo, tra Comuni,
Province, Camere di Commercio e di Enti interessati a favorire nuove
iniziative industriali,di cui sia prevista la concentrazione in una determinata
zona
Era avvertita l’esigenza che la politica del Mezzogiorno
necessitasse di “ una ulteriore fase di programmazione dell’intervento nel suo
insieme”, accentrando le differenziazioni dell’intervento nel Mezzogiorno,
puntando sull’integrale sviluppo delle strutture produttive di quelle zone che
possono diventare veri e propri poli di sviluppo, cercando di favorire l’esodo
dalla zone più povere.
La questione meridionale restava così affidata “alla creazione di
efficienti poli di sviluppo, con un massiccio processo industriale e con
un’agricoltura irrigua inserita nel mercato interno ed internazionale”.
16
Cfr.G.PASTORE, I lavoratori dello Stato, Firenze 1963
27
I poli, avevano finalità produttive ben precise, a breve e a medio
termine, con costi complessivi comparativamente bassi: il tutto doveva servire
a creare, nel Mezzogiorno, un autonomo meccanismo di sviluppo.
L’intervento pubblico era così teso, da una parte, a sollecitare le
tendenze espansive presenti nel Sud e,dall’altra, verso le Zone di sistemazione,
laddove non erano previsti rilevanti investimenti industriali, in contesti
caratterizzati da un’agricoltura povera e tradizionale, zone destinate al
progressivo abbandono e spopolamento
Il nuovo orientamento della politica meridionalistica era oramai
tracciato: “assecondare l’indirizzo spontaneamente manifestatosi nelle
decisioni imprenditoriali per una concentrazione degli investimenti, onde
accrescere il sistema delle convenienze già approntato dalla realizzazione delle
infrastrutture ambientali e della politica degli incentivi”17
Sono le tendenze di mercato, dunque, ad agevolare l’intervento
pubblico e non viceversa.
Va inoltre scomparendo qualsiasi elemento di scelta dal basso: è
quasi sempre il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno (prima della sua
soppressione) che sceglie le aree di sviluppo e poi le comunica agli organi
locali, grazie anche all’ambiguità della stessa legge 634/57 e alla luce delle
circolari attuative.
A ciò aggiungasi un altro fattore deterrente, quale quello della
spesa pubblica, sempre più assistenziale in riferimento alle c.d. zone di
28
sistemazione.
Ed è proprio tale orientamento che autoalimenta quella tendenza
alla dispersione e alla proliferazione delle aree, dei Consorzi industriali ed
opere infrastrutturali, anche in assenza di consistenti insediamenti industriali.
1.7 La “nuova politica” di localizzazione industriale e programmazione
economica degli anni ‘60
Con la presentazione della Relazione Pastore (1961), illustrativa
dei risultati del 1° decennio di intervento straordinario, alla Camera dei
Deputati, prese avvio il dibattito politico istituzionale: tutto incentrato sul
problema della programmazione economica. Veniva, per tale via, riconosciuta
l’insufficienza degli interventi necessari per il processo d’industrializzazione
del Mezzogiorno per la inadeguata localizzazione delle industrie nel Sud e per
la loro scarsa capacità diffusiva; inoltre si riconosceva il ruolo subalterno degli
Enti pubblici e degli Istituti di credito rispetto alle tendenze iniziali, senza
contare il fatto che il boom economico non aveva fatto altro che allargare il
divario fra il Sud ed il resto d’Italia.
La situazione che si era venuta a creare era talmente disastrosa da
indurre i politici e gli economisti ad un’azione di razionalizzazione di tutta
l’azione meridionalistica in funzione di un vero e proprio intervento
programmato.
Sulla base di ciò la maggioranza diede al Governo l’incarico di
17
Cfr.MD’ANTONIO e V.PARLATO, Cronache Meridionali, 1963
29
predisporre uno schema organico di sviluppo, costituito nella cd. Nota
Aggiuntiva o (nota La Malfa).
Ed ecco la cd. terza via che torna a riproporsi, in quanto
“prefigura un modello istituzionale che accantonava il protezionismo liberale
e dall’altro i dibattiti precedenti sulla programmazione. Il sostegno all’industria
si inserisce in un quadro di scelte statali e perciò sgancia lo sviluppo e i suoi
frutti dalla sola creatività imprenditoriale. Si scopre anzi che lo sviluppo segue
le linee “politiche” e si rivendica una competenza a fissarle”18
Uno
dei
maggiori
ostacoli
all’efficienza
dell’intervento
straordinario consisteva proprio nell’abnorme proliferazione delle aree e dei
nuclei di industrializzazione, causata dalla forza di interessi arretrati e
parassitari, che si opponevano ad una visione centralizzata degli interventi e
spesso incoraggiata dagli organi dirigenti dell’apparato della Cassa per il
Mezzogiorno. Ma proprio questa sarà l’alternativa statale: assorbimento
completo dell’intervento per il Mezzogiorno nella politica di programmazione
o mantenimento della struttura straordinaria; la programmazione, infatti,
implica la ristrutturazione dell’apparato che gestisce l’intervento nel
Mezzogiorno ed il superamento della politica meridionalistica, come politica
aggiuntiva e settoriale.
Sulla localizzazione degli interventi, il programma economico
nazionale (Piano Pieraccini) distingue tre aree economiche in relazione ai
livelli e alle tendenze di sviluppo.
18
Cfr.CHIARIMONTE, Un piano per il Mezzogiorno
30
a) Aree di sviluppo primario (Italia nord-occidentale);
b) Aree di sviluppo secondario;
c) Aree di depressione (che oltre al Mezzogiorno comprendono
alcune regioni dell’Italia centrale e altre zone dell’Italia del
nord—orientale, laddove si poneva come obbiettivo, per la
massimizzazione dello sviluppo economico, la necessità di
concentrare maggiormente gli investimenti in certi paesi,
prevedendo l’intensificazione degli interventi, in un certo numero
di “aree di sviluppo industriale”, caratterizzate da notevoli
possibilità di sviluppo industriale, agricolo e turistico).
L’intervento intensivo, all’interno delle “aree di sviluppo globale”,
doveva essere tale che gli investimenti avrebbero dovuto localizzarsi in
prevalenza in tali aree, in particolare nelle aree e nei nuclei di
industrializzazione, che complessivamente avrebbero dovuto assorbire circa
l’80% dei nuovi posti di lavoro nell’industria (mentre prima il 50% era
destinato alle aree di sviluppo agricolo).
Si sottolineava inoltre che l’intervento pubblico avrebbe dovuto
incoraggiare l’installazione nel Mezzogiorno delle grandi imprese industriali
capaci di esercitare effetti propulsivi sull’ambiente economico. 19
Con la legge 26/06/1965, n. 717, viene adottata la linea della concentrazione
contenuta nel Piano Economico, confermando la scelta dei poli di sviluppo,
che aveva precedentemente ispirato la legge 29/09/1962, n. 1462.
31
I principali aspetti di tale disciplina in merito ai Consorzi
industriali, sono:
a) Agganciamento
della
politica
meridionalistica
alla
programmazione economica nazionale, mediante l‘inserimento
degli organi dell’intervento straordinario nel sistema di
programmazione economica. La nuova disciplina si caratterizza per
l’intento di operare una razionalizzazione degli interventi nel
Mezzogiorno, per una marcata centralizzazione, nonché per il
rafforzamento dei poteri d’indirizzo, nel quadro della politica di
programmazione nazionale, con l’introduzione dell’istituto del “piano
pluriennale di coordinamento”. Si ha inoltre la soppressione del
Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno, che fino alla precedente
normativa aveva assunto finzioni di controllo e di coordinamento.
Esso aveva, inoltre, diversi poteri fra i quali: autorizzare la Cassa ad
intervenire con i contributi per finanziare i Consorzi industriali;
deliberare sugli statuti dei Consorzi per le aree e nuclei determinare le
modalità di assunzione, da parte della Cassa, degli oneri a carico dei
Consorzi per l’esecuzione delle opere e di attrezzature o per la
redazione del piano regolatore e per la concessione di contributi per
la costruzione di case destinate ad alloggi per i lavoratori; determinare
le modalità per la concessione dei contributi per invasi approvare i
piani regolatori dei Consorzi per le aree e i nuclei industriali. Le
attribuzioni del Comitato dei Ministri, istituito con la legge n°646/50,
vengono pertanto trasferite al C.l.R. ( Comitato interministeriale per
19
Cfr.G.AMATO,Il governo dell’industria in Italia, Bologna 1972
32
la ricostruzione), salvo i poteri di direttiva e di vigilanza verso la
Cassa e i suoi organismi, i quali vengono trasferiti ad un nuovo
organo, il Ministro per gli interventi nel Mezzogiorno. Il nuovo
Comitato, oltre ad essere un organo preparatorio per la
predisposizione e la formulazione dei piani di coordinamento,
diventerà titolare delle attribuzioni svolte precedentemente dal
Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno. 20
b) Unificazione e centralizzazione del coordinamento dell‘intervento
ordinario e straordinario, mediante lo strumento del Piano
pluriennale di coordinamento. Tale piano dovrà essere predisposto
d’intesa con le amministrazioni statali o regionali, e formulato
dall’apposito Comitato costituito in seno al C.I.R., cui spetta il
compito di approvano, armonizzarlo in attuazione del Programma
economico nazionale e sulla base dei piani regionali, impegnando cosi
le amministrazioni centrali e la Cassa per il Mezzogiorno ad adottare i
provvedimenti necessari per la loro attuazione. Spetta infatti al Piano
di coordinamento individuare i comprensori di concentrazione: zone
irrigue e zone di valorizzazione agricola ad esse connesse; aree e
nuclei di sviluppo industriale, comprensori di sviluppo turistico.
Ulteriore aspetto della centralizzazione e dell’unificazione è dato dal
fatto che i piani di coordinamento hanno per oggetto “ tutti gli
interventi pubblici diretti a promuovere ed agevolare la localizzazione
delle attività produttive e di quelle a carattere sociale nei territori
meridionali “.
20
V.TOZZI, Intervento pubblico e industrializzazione del Mezzogiorno, Roma
33
c) Partecipazione delle regioni alla predisposizione del piano di
coordinamento degli interventi nel Mezzogiorno , la cui definitiva
approvazione spetta, come già visto al C.I.R.
A tale scopo:
1) Il C.I.R. viene integrato, per le decisioni riguardanti i piani di
coordinamento degli interventi nel Mezzogiorno, dai
Presidenti delle Giunte Regionali;
2) I1 Comitato dei Ministri istituito in seno al C.I.R. opera
“d’intesa con le amministrazioni regionali interessate” e viene
anch’esso integrato dai Presidenti delle Giunte Regionali;
3) A ciascuna Regione viene riconosciuta la facoltà di presentare
proposte per gli interventi da effettuare nel proprio territorio.
Vengono di fatto ignorate le competenze spettanti alle Regioni e
agli Enti locali non solo per quel che concerne l’elaborazione dei piani, ma
anche per l’attuazione dei piani regionali.
1.8 La natura giuridica
Ai politici e agli economisti del tempo, la decisione di istituire enti
quali i Consorzi industriali era parsa come l’iniziativa più audace per
l’intervento straordinario nelle regioni meridionali.
Nelle loro intenzioni, i Consorzi di sviluppo industriale avrebbero
34
dovuto favorire la concentrazione di attività industriali in attrezzati ed
efficienti “poli di sviluppo”, da dove poi si sarebbe irradiata fino alle zone
più povere e depresse del sud.
Tuttavia solo parte dei propositi sperati si sono realizzati, perché
sia gli investimenti pubblici che quelli privati nel Mezzogiorno, sin dalla
costituzione delle A.S.I., presso la Cassa, non sono stati tutti indirizzati verso i
poli e le aree di sviluppo, anche perché circa il 60% di questi sono stati
dirottati verso altre zone, preferendo così scelte tecnicamente ed
economicamente più vantaggiose.
Le difficoltà ed ambiguità con cui tale ente si è dovuto scontrare,
durante il suo cammino, non sono state però soltanto di natura economica,
ma anche giuridica. Si pensi soltanto alle innumerevoli e contrastanti
vicissitudini riguardo alla sua natura giuridica, che lo hanno condizionato
fortemente, rallentandone l’attività..
Il legislatore, definì, a scanso di equivoci, il Consorzio di sviluppo
industriale come ente di diritto pubblico, attribuendogli le caratteristiche
dell’ente associazione. Infatti, come già detto sui soggetti partecipanti al
Consorzio, si riscontra la presenza sia di Enti locali ed istituzionali che di Enti
pubblici e privati, senza alcuna preclusione, a patto che naturalmente la loro
attività sia subordinata alle finalità dell’ente e cioè allo sviluppo industriale del
Mezzogiorno.
Si era, così, preferita una soluzione democratica a quella
territoriale, con la piena consapevolezza dei difetti della prima e dei pregi della
35
seconda (quest’ultima ispirata al modello di agency anglosassone).
Ed ecco che il Consorzio industriale viene inquadrato come ente
politico che associa in se organismi pubblici e privati.21
I poteri che gli vengono attribuiti dalla legge traggono
legittimazione da un’ampia rappresentatività democratica.
Il momento tecnico è subordinato a quello politico e cioè a quello
dello sviluppo economico del Mezzogiorno.
In primo luogo, occorre notare che i Consorzi non sono coattivi:
nel senso che non esiste, infatti, alcuna norma di legge che obblighi gli Enti
operanti in una certa zona a parteciparvi.
La prevalenza di tale elemento volontaristico consente di
qualificare gli enti in esame come strutture pubbliche a base associativa, di
carattere non necessario, non assimilabili nè ai Consorzi amministrativi, nè a
quelli previsti dalla legge comunale e provinciale.22
I Consorzi, infatti, non sono organi ausiliari dei Comuni, bensì
enti autonomi e “collegati” all’Agenzia per la promozione dello sviluppo del
Mezzogiorno (adesso soppressa con D.l.g.s. del 03/04/93, n. 96) ed alle
regioni; infatti la loro costituzione e regolamentazione avviene a mezzo di un
procedimento specificamente ed interamente disciplinato dalla legge (art. 50,
T.U., n. 218/78) diverso da quello vigente per i Consorzi degli enti locali, e
21
V.G.DI GIANDOMENICO, Consorzi industriali per lo sviluppo del Mezzogiorno, Napoli 1973,
Pag. 6
36
che si conclude con l’approvazione del relativo statuto mediante un atto di
competenza sia dell’autorità governativa locale, sia del Presidente della
Repubblica (fino al 1977, attualmente di spettanza della Regione).
Pertanto si può affermare che i Consorzi di sviluppo industriale
costituiscano una tipologia di enti pubblici sostanzialmente diversa dai
normali consorzi comunali e provinciali.
Da ciò, una conseguenza molto rilevante, purtroppo spesso
dimenticata dagli attuali organi di vigilanza: ai Consorzi industriali devono
applicarsi le sole norme specificatamente dettate per essi, e non anche le
norme delle leggi comunali e provinciali.
Rimane da stabilire, adesso, se i Consorzi possano rientrare nella
pur ampia ed eterogenea categoria dei Consorzi amministrativi, rispetto ai
quali si devono verificare le seguenti caratteristiche:
1) L’assorbimento dei compiti viene considerato come proprio di
ciascuno dei soggetti consorziati;
2) La strumentalità, di conseguenza, del Consorzio rispetto allo scopo
che legittima la partecipazione ad esso dei singoli consociati;
3) L’assorbimento dei compiti stessi come la sola ragione d’essere del
Consorzio, esclusa perciò ogni finalità estranea ad essi.
A ben guardare, nessuno di questi caratteri si ritrova nei Consorzi
22
Cfr.S.SCARANTINO, I Comprensori di sviluppo industriale, programmazione economica e
assetto del territorio, Milano 1971, Pag. 21
37
industriali. Non il primo, in quanto l’interesse che può muovere un ente a
consociarsi è sì quello di favorire lo sviluppo industriale di una zona, ma non
è necessariamente un suo fine istituzionale; si pensi, ad esempio, agli Enti
provinciali e del Turismo, agli Enti di sviluppo agricolo che, pur partecipando
a numerosissimi Consorzi industriali, indubbiamente hanno finalità statutarie
proprie e ben diversificate da questi ultimi. Non quindi il secondo carattere,
che deriva dal primo.
E nemmeno il terzo, posto che il Consorzio può assumere,per
espressa disposizione della legge istitutiva, “ qualsiasi iniziativa volta a
favorire lo sviluppo industriale del comprensorio”.
Tale finalità è talmente vasta ed imprecisata, che verrebbero
legittimate le iniziative più varie e impensate.
Da quanto detto si può dunque evincere che i Consorzi industriali
non possono essere assimilati ai Consorzi amministrativi
Circa le finalità prioritarie e specifiche per il raggiungimento delle
quali i Consorzi sono stati istituiti, occorre osservare che esse vincolano i
Consorzi stessi al soddisfacimento di interessi che, seppure localizzati,
trascendono da quelli dei singoli associati.
Ne consegue che, manca, per questi ultimi, la possibilità di
influenzare in modo determinante le vicende dell’Ente, le quali sono fissate
preventivamente dalla legge. Sembra, al riguardo, corretto inquadrare i
Consorzi di sviluppo industriale fra le istituzioni, anziché fra le corporazioni;
tanto più che al conseguimento dello scopo comune i mezzi degli associati
38
contribuiscono in misura assai modesta, mentre la parte di gran lunga
prevalente della spesa è sostenuta da altri enti, in particolar modo dallo Stato
tramite le regioni.
Ed ancora, i Consorzi non sono nemmeno enti territoriali, non
sussistendo nei loro confronti connotati essenziali che la dottrina attribuisce a
tale categoria: vale a dire, da una parte, il potere d’imperio finalizzato al
soddisfacimento della generalità degli interessi esistenti in una certa zona; e,
dall’altra, l’appartenenza necessaria all’Ente di tutti i soggetti che
appartengono al territorio in ragione del domicilio o della residenza.
Riguardo al primo requisito, infatti, è di tutta evidenza che
l’industrializzazione dell’area o del nucleo, sebbene implichi una serie di
attività collegate di diversa natura, non esaurisce le materie oggetto della
competenza tipica degli enti locali territoriali.
Riguardo al secondo requisito è altrettanto evidente che il
Consorzio, come già accennato in precedenza, non è composto da tutti i
soggetti del comprensorio, ma solo da quelli che hanno un interesse
particolarmente qualificato allo sviluppo industriale della zona.
Esso, inoltre, può comprendere altri soggetti che non
appartengono al comprensorio; tale è il caso, già considerato, dei Comuni
confinanti che sono indirettamente interessati ai risultati dell’attività del
Consorzio.
D’altra parte, l’elemento territoriale ha un rilievo autonomo sotto
due profili:
39
1) Il diritto all’integrità del territorio, che riceve specifica tutela nel caso
di conflitto di competenza fra Consorzi finitimi;
2) La particolare qualificazione giuridica che il territorio stesso riceve,
come già visto precedentemente, ad opera del Consorzio, attraverso il
piano regolatore. In tal senso si può parlare dei Consorzi di sviluppo
industriale come di enti a “base territoriale”.
A rivoluzionare tutte le concezioni sulla natura giuridica dei
Consorzi di sviluppo industriale, intervengono due successive sentenze della
Corte di Cassazione con cui si sancisce che i Consorzi sono a tutti gli effetti
“enti pubblici economici”, pur non avendo questi alcun scopo di lucro e la
natura di enti privati; con evidenti diversità di soluzioni circa il sistema di
contabilità, il regime dei controlli e quello fiscale, rispetto al sistema applicato
fino a tale periodo.
La suprema Corte giunge a tale sentenza argomentando che la
caratteristica peculiare dell’ente pubblico economico è rappresentata
dall’esercizio di un’attività (a nulla rilevando se esclusiva o prevalente)
imprenditoriale, che rappresenti lo strumento per il raggiungimento dei fini
istituzionali e per il soddisfacimento di pubbliche esigenze. In pratica, si
tratterebbe di un’attività operante nel settore economico, preordinata al
raggiungimento di risultati patrimoniali di conservazione, scambio e
produzione di beni e servizi, a nulla rilevando che non esiste il perseguimento
di uno scopo primario di lucro, anche se in regime di monopolio. 23
23
Cfr.E.POLITO, L’ordinamento tributario italiano, Milano 1978
40
D’altronde l’esercizio da parte dei Consorzi di un’attività
imprenditoriale, in conformità dei principi esposti, nelle citate sentenze della
Corte di Cassazione, non è assolutamente in contrasto con il contenuto
normativo della legge istitutiva, la quale dà la facoltà ai Consorzi di assumere
qualsiasi iniziativa ritenuta utile per lo sviluppo industriale della zona.
Si aggiunge, inoltre, che lo statuto-tipo dei Consorzi industriali
prevede, come si è già ampiamente illustrato precedentemente, per il
raggiungimento dei propri fini istituzionali, la possibilità per gli stessi enti: di
procedere all’acquisto di aree ed immobili per l’impianto di aziende e servizi,
la gestione di opere, la costruzione di rustici industriali, la vendita alle imprese
delle aree acquistate, di riscuotere rendite derivanti dal patrimonio consortile e
riscuotere canoni locativi nonché i proventi derivanti dalla amministrazione
dei fondi.24
Afferma la Suprema Corte di Cassazione che: “Una tale attività di
rilevante portata ed operante nell’ambito competitivo dell’economia agraria,
industriale e commerciale, al pari di quella svolta da imprese private, non può
non conferire al Consorzio il carattere di ente pubblico economico”.
Il riferimento alle imprese private richiama la natura sostanziale
dell’attività esplicata dai Consorzi.
Si fa rilevare infatti, che i compiti affidati dalla legge, e ancora più
dagli statuti, ai Consorzi, sottolineano il carattere imprenditoriale delle attività,
in analogia con le note caratteristiche indicate nell’art. 2082 del codice civile.
24
V.S.STRIANO, Problematiche fiscali dei Consorzi delle aree d’industrializzazione, 1979
41
La dottrina dominante non ha mai accettato la decisione che
qualificherebbe i Consorzi di sviluppo industriale come enti pubblici
economici, eccependo che gli enti pubblici sogliono distinguersi in autarchici
ed economici: i primi importerebbero l’esercizio di poteri d’imperio, mentre i
secondi l’esercizio di un’attività imprenditoriale, alla stregua dei privati.
Pertanto si ha un ente pubblico economico tutte le volte che
l’ente svolga professionalmente “un’attività economica organizzata al fine
della produzione e dello scambio di beni o di Servizi” (art. 2082 CC.).
A questo punto secondo siffatta interpretazione, è ovvio che i
Consorzi non rientrano nella categoria degli enti pubblici economici, in
quanto certamente essi non sono titolari d’impresa, ma svolgono, viceversa,
finzioni pubblicistiche, in molte delle quali è rilevante il momento della
supremazia (si pensi ad es. ai penetranti piani urbanistici).
Manca, tra l’altro, nei Consorzi industriali, qualsiasi scopo di lucro
avendo la loro azione natura prevalentemente promozionale.
I Consorzi si limitano a porre in essere le premesse e le condizioni
perché le imprese possano svolgere la loro attività economica, ma da questa
essi ne restano fuori; i loro interventi rimangono a monte della gestione
d’impresa
Sicuramente i Consorzi hanno uno scopo ed una funzione
economica, anzi questi costituiscono proprio la loro ragion d’essere.
E’ facile, a questo punto, discernere gli enti che svolgono una
42
funzione di impulso e di regolamentazione dell’economia e che quindi
esercitano poteri pubblici, da quelli che, invece, svolgono attività di
produzione per il mercato, e di intermediazione nello scambio, al pari degli
imprenditori privati.
Di conseguenza la qualificazione di ente pubblico economico è
riscontrabile solo in quest’ultimo tipo di enti e non anche nei primi
A rendere ancora più ambigua ed incerta la qualificazione della
natura giuridica dei Consorzi industriali, sono intervenute nel 1977 e nel 1983
altre sentenze sempre della Corte di Cassazione e del T.A.R. della Campania
definiscono tali organismi come enti pubblici non economici, o addirittura
come veri e propri enti locali. Considerando che i soggetti partecipanti
possono
essere
vari
e
molteplici,
come
ampiamente
illustrato
precedentemente, affermare, come fa la sentenza del T. A. R. della Campania,
che ci si trovi di fronte ad un ente locale del tipo degli enti locali istituzionali,
sembra alquanto azzardato.
Forse, in definitiva, ci si poteva accontentare, fino a qualche anno
fa, di una qualificazione meno impegnativa, che però, realisticamente
prendeva atto della insostenibilità complessiva delle tesi prospettate: “I
Consorzi di sviluppo industriale possono qualificarsi come enti associativi,
a base territoriale, con compiti di pianificazione urbanistica e di
propulsione allo sviluppo globale del territorio interessato”.25
Ma, con l’entrata in vigore del IV°comma dell’articolo 36, L. n.
25
Cfr.E.PALAZZOLO, Economia e Credito, 1978, n. 2, pag. 520
43
317/91,: “I Consorzi di sviluppo industriale, costituiti ai sensi della vigente
legislazione nazionale e regionale, sono enti pubblici economici”.
Si risolve, cosi, definitivamente un problema interpretativo che ha
agitato per lungo tempo la dottrina e la giurisprudenza italiana, creando dei
conflitti, spesse volte, deleteri per la loro gestione.
Questa legge inquadra, con un valore di interpretazione
autentica, i Consorzi di sviluppo industriale, costituiti in base alla legislazione
statale, sia in base alle leggi regionali come enti pubblici economici,
collocando i Consorzi industriali nell’ambito della contrattazione privatistica.
Si tratta di una definizione legislativa che, oltre a risolvere il
problema interpretativo prospettato, ha il grande pregio di rendere omogenee,
finalmente le varie figure dei Consorzi industriali, che trovano la loro fonte
istitutiva, volta per volta, o nella legislazione sul Mezzogiorno o in leggi statali
speciali o infine, in leggi regionali.
Indipendentemente dalla configurazione dottrinale che si voglia
dare all’istituto “ente pubblico economico” (sulla nozione in dottrina, non vi
è ancora una soluzione univoca) è comunque oramai pacifico che, nel più
grande alveo delle privatizzazioni e della ricerca di efficienza del settore
pubblico, l’ente pubblico economico rappresenta una delle vie più ricche di
prospettive.
La necessità di addivenire ad una reale trasformazione dell’ente
pubblico economico in senso privatistico impone, però, di eliminare taluni
equivoci.
44
Il riassetto normativo, sia pure allo stato embrionale, anche alla
luce di chiare pronunzie giurisprudenziali (Corte di Cassazione, Sez. Un., nn.
6178 e 6179, n. 13452 del 1991, n. 11436 del 1992) definisce in termini
sempre più trasparenti gli enti pubblici economici, come strutture di tipo
imprenditoriale rispondenti alle regole del C.C., tanto che risulta regolarmente
applicabile ad essi la disciplina dettata in materia di S.p.A., (ai sensi dell’art. 12,
comma XII, D.L. 25/05/1993, n. 149, convertito con modificazioni, dalla L.
19/07/1993, n. 237) e che per i rapporti di lavoro trovano applicazione le
norme di diritto privato.
Queste ultime due normative, infatti, hanno caratterizzato in
termini marcatamente privatistici i Consorzi industriali per renderli più rapidi
nelle decisioni e più snelli nelle procedure.
Mentre, i momenti tipicamente gestionali sono soggetti alle norme
di diritto privato (sicché è da escludere qualsiasi coloritura pubblicistica), il
profilo pubblico degli e.p.e. si riduce al momento genetico (ossia istituzione
ed organi), ed a quello finale (valutazione e approvazione dei risultati), fino
alla possibile liquidazione del Consorzio.
Sempre di stampo pubblico sono le norme sulle designazioni e
nomine degli organi, sul funzionamento degli organi collegiali (L. n. 14/78),
nonché la legislazione antimafia, sugli appalti e contro il riciclaggio del denaro
sporco.
Sotto questo profilo, pertanto la categoria dei Consorzi di
sviluppo industriale sembra finalmente assumere una configurazione giuridica
45
unitaria, vengono conferiti loro più ampi spazi operativi specie nel settore dei
servizi alle imprese e vengono assimilati alle società per azioni e resi più snelli
ed efficienti, come da tempo, reclamava la Confindustria.
Recentemente, a seguito del D.L. 08/02/1995, n. 32, (convertito
dalla legge 07/04/1995, n. 104), si è provveduto all’abrogazione del comma
XII dell’articolo 2 L n°237/93, per cui i Consorzi industriali non vengono più
assimilati alle S.p.A., pur rimanendo sempre a tutti gli effetti e.p.e.
Questa legge è stata in un certo senso emanata per fare ordine
sulla normativa applicabile a tali Enti, facendo tacere opinioni e tesi
discordanti che si erano formate a seguito della loro equiparazione alle società
private, specificatamente alle S.p.A.
Infatti tale assimilazione comportava l’applicazione di norme,
dettate specificatamente per le società per azioni, agli enti pubblici economici
(in quanto tali,come i Consorzi industriali) in contrasto con la disciplina
dettata per i Consorzi industriali: ad esempio, era previsto l’obbligo per i
Consorzi medesimi all’iscrizione nel registro e imprese ( obbligo a cui il
Consorzio non era affatto tenuto) e, l’estensione agli stessi della disciplina
fallimentare (tipici delle società private) mentre per legge i Consorzi, non
possono fallire, potendo applicarsi solo una disciplina liquidatoria.
Per tale effetto è necessario l’intervento dei competenti organi
regionali che dovranno procedere quanto prima, mediante appositi
provvedimenti legislativi all’adeguamento della normativa vigente.
46
1.9 I Controlli, la Vigilanza e la Tutela sui Consorzi Industriali
1.9.1. Evoluzione e storia della disciplina sui controlli
Strettamente connessa con la natura giuridica dei Consorzi A.S.I. è
la problematica dei controlli sugli atti di quegli Enti, e più in generale, della
vigilanza e della tutela sulla attività svolta.
Le posizioni della dottrina, anche qui, si possono sostanzialmente
ricondurre a due indirizzi: il primo inquadra la figura dei Consorzi nella più
ampia categoria degli enti amministrativi dipendenti dalle Regioni e
sottopone il controllo sugli atti non già al CO.RE.CO., di cui all’articolo 130
C., ma agli organi di amministrazione attiva della Regione.
Il secondo indirizzo, invece, sostiene che la disciplina di controllo
sui Consorzi ai quali partecipano insieme agli Enti territoriali anche altri enti è
analoga a quella prevista per i Consorzi composti esclusivamente da Comuni e
Province. Di conseguenza anche i Consorzi per le aree e i nuclei sono
assoggettati ai controlli previsti per Comuni, Province, e loro Consorzi dalla
legge Scelba.
Il Consiglio di Stato è intervenuto nella materia con diverse
sentenze, fra le quali due di particolare importanza.
Con la prima del 26 Luglio 1978, n. 758, Sez. IV, ha sostenuto la
tesi “autonomistica” e quindi l’analogia dei Consorzi A.S.I. con quelli
composti da Comuni e Province.
Con la seconda, del 27 Settembre 1979, n. 738, Sez. IV, si è
47
sostenuto la natura “strumentale” di questi Enti parificandoli agli enti
amministrativi dipendenti dalle Regioni.
Con la prima decisione richiamata, confermativa di quella del
T.A.R. di Roma, Sez. 1, 8 Gennaio 1975, n. 3, si stabilisce che la vigilanza e il
controllo sugli atti del Consorzio industriale di Frosinone spetta al Comitato
regionale di controllo (ex in. 130 della C.), in forza dell’art. 61 della L.
10/02/53, n. 62.
(art. 130 della Costituzione: Un organo della Regione, costituito
nei modi stabiliti da legge della Repubblica, esercita, anche in forma
decentrata, il controllo di legittimità sugli atti delle Province, dei Comuni
e degli altri enti locali. In casi determinati dalla legge può essere
esercitato il controllo di merito, nella forma di richiesta motivata agli enti
deliberanti di riesaminare la loro deliberazione.)
Questa tesi si basa su due argomenti: da un lato i Consorzi
industriali vengono identificati con i “Consorzi amministrativi territoriali
formati da Comuni e Province previsti dalla legge comunale e provinciale”,
anche se dotati di caratteristiche loro proprie. A questi, pertanto, si applica
l’art. 61 della L. n. 62/53, che include tra i Consorzi di Comuni e di Province
anche i Consorzi cui partecipano, oltre a questi Enti territoriali, anche Enti a
base non territoriale, in conformità della previsione dell’art. 172 R. D. 3
Marzo 1934, n. 383.
Dall’altro punto di vista, si afferma nella decisione che “l’intera
disciplina del controllo regionale sugli atti degli Enti sub-regionali è finalizzata
48
con riguardo alla località e non alla territorialità degli Enti stessi”.
Sempre secondo il Consiglio di Stato, “Non vi è dubbio che i
Consorzi di sviluppo siano enti locali, anche sotto questo profilo deve
convenirsi che non si può negare, ma debba conformarsi, l’applicabilità
dell’art. 61 della legge nei confronti di d Consorzi”.
Circa la pretesa competenza dei Consorzi A.S.I. a quelli fra enti
territoriali, si fa notare in dottrina che tra queste due figure esiste una
differenza molto accentuata. Inizialmente i Consorzi industriali erano
sottoposti alla vigilanza e alla tutela da Ministero dell’industria e Commercio,
in conformità dell’u.c. dell’art. 21, L. 634/57, modificato dall’art. 8 della L. n.
555/59.
AI predetto dicastero venivano trasmessi per l’esercizio dei
compiti sopraindicati, le deliberazioni del Consiglio Generale e del Comitato
Direttivo, nonché il bilancio di previsione e il rendiconto consuntivo.
Non vale pertanto per i Consorzi industriali, l’art. 165, T.U., Com.
Prov., 1934, secondo cui la “vigilanza e la tutela (...) nei riguardi dei
Consorzi, sono esercitate, rispettivamente, dal Prefetto e dalla Giunta
Provinciale Amministrativa”.
Solo nel 1971, con la legge 6 Ottobre, n°853, all’art. 4, sono state
trasferite alle Regioni: “le attribuzioni di competenza (...) del Ministero
dell’industria (...) relative ai Consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo
industriale”, e i poteri di vigilanza e tutela.
49
Stabilito che il controllo sugli atti degli enti infraregionali spetta
alle Regioni, bisognerà individuare l’organo regionale che, in concreto dovrà
esercitarlo.
Il Consiglio di Stato ha ribadito, nella prima decisione, il carattere
della “località”dei Consorzi industriali e, indirettamente, li ha ricompresi nella
figura di quegli “altri enti locali” espressamente previsti dall’art. 130 C.
Il significato da attribuire all’espressione “altri enti locali” è,
tuttora, molto controverso; soprattutto in dottrina. Secondo una prima tesi,
più restrittiva, “per altri enti locali” si devono intendere esclusivamente gli enti
a base territoriale e a struttura democratica diversi dai Comuni e dalle
Province: pertanto i Consorzi tra enti territoriali, le Comunità montane, i
Comprensori ove siano strutturali a base territoriale e con organizzazione
rappresentativa.
Tale tesi si basa sull’esigenza, evidente nel tessuto costituzionale,
di tenere distinto, sul piano dell’autonomia (e della garanzia costituzionale
medesima) i Comuni, le Province e gli enti associativi di Comuni e Province
da tutti gli altri enti locali che, diversissimi per struttura, finzioni e natura
giuridica, possono apparentarsi fra loro soltanto per il carattere (estrinseco e
poco significativo sul piano giuridico) locale.
Non avrebbe senso, secondo tale tesi, estendere la garanzia
dell’art. 130 C. a tutti gli enti locali, parificandoli nel trattamento del controllo
a Comuni e Province, quando solo per questi, (e non per altri) la Costituzione,
agli artt., 5, 114 e 128 prevede un regime garantito di autonomia, giungendo
50
ad affermare solennemente che: “la Repubblica si riparte in Regioni,
Province e Comuni”.
Una tesi, più estensiva, ricomprende nella espressione “altri enti
locali” tutti gli enti di rilievo locale, anche quelli che non hanno base
territoriale, e struttura democratica nemmeno di secondo grado. Tale tesi,
interpretando, in modo pregnante, l’art. 130, arriva a sostenere che è proprio
tale articolo che garantisce sul piano costituzionale l’autonomia di qualsiasi
altro ente locale, tanto nei confronti dello Stato, quanto nei confronti della
Regione; e ne deduce che il deferimento dal controllo all’organo previsto
dall’art. 130 C., è uno degli aspetti, anzi, l’aspetto essenziale della garanzia
costituzionale dell’autonomia dei tali enti
Alcune Regioni hanno disciplinato con legge la competenza ad
esercitare la vigilanza ed il controllo sugli atti dei Consorzi industriali. La
Regione Basilicata, ad esempio, ha stabilito che le funzioni esercitate dal
Ministero dell’industria siano esercitate dalla Giunta regionale( L.R. 4 Maggio,
1973, n°10).
La Regione Abruzzo ha istituito un’apposita commissione per la
vigilanza e la sugli atti dei Consorzi, composta in modo profondamente
diverso dall’organo parla l’art. 130 C.
Molte leggi regionali affidano al Comitato regionale e alle sezioni
provinciali rispettivamente. il controllo sugli atti dei “Consorzi con
partecipazione delle Province” e dei “Consorzi ai quali partecipano i
Comuni”.
51
Si può rilevare pertanto, che non ci sarebbe alcuna ragione per
escludere da tali competenze gli atti dei Consorzi Industriali, i quali, pur non
essendo consorzi tra soli enti territoriali, sono pur sempre consorzi cui
partecipano Comuni e Province. Di conseguenza il controllo sugli atti dei
Consorzi industriali spetta all’organo di cui all’art. 130 C., non in forza dell’art.
61, ma delle apposite leggi regionali.
La Regione Lazio, con l’art. 3, L.R. 20/12/78, n°74, ha stabilito
che il Comitato regionale eserciti il controllo sugli atti degli altri enti dei
consorzi ai quali partecipano le Province e le sezioni decentrate esercitino il
controllo sugli atti dei Consorzi tra Comuni. Al Comitato e alle sezioni, questa
legge ha ancora rinviato il controllo sugli atti rispettivamente “degli altri enti
locali a livello sub-provinciale”.
Regione Sardegna, invece, ha disciplinato il controllo sugli atti dei
Consorzi per le aree e i nuclei di industrializzazione, con la L.R. 23/10/78, n.
62, (al capo VI° e ai Consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale,
istituiti ai sensi delle leggi per il Mezzogiorno, agli artt. 38, 39 e 40),
sottoponendo al controllo del CO.RE.CO. (Comitato regionale di controllo),
le deliberazioni concernenti i seguenti oggetti: a) Bilanci preventivi; b)
Regolamenti dei servizi; c) Regolamenti sullo stato giuridico ed il trattamento
economico del personale, tabelle organiche; d) Assunzione, sotto qualsiasi
forma, di personale non di ruolo.
E al controllo del CO.CI.CO. (Comitato circoscrizionale di
controllo), tutte le altre deliberazioni (circa i contratti, regolamenti, impegni,
spese, ecc...).
52
Mentre le deliberazioni relative alle modifiche dello Statuto e
l’ammissione nel Consorzio di nuovi Enti, pur restando fermi i controlli di
legittimità e di merito, vengono demandati alla competenza della Giunta
regionale, su proposta dell’Assessorato all’industria.
Inoltre restano attribuite, salva altra disposizione di legge, al
Presidente della Giunta regionale e all’Assessorato dell’industria, la vigilanza,
l’amministrazione attiva ed il controllo sugli organi.
Ne consegue che spetta all’organo di controllo previsto dall’art.
130 C. ogni potere di vigilanza spettante alla Regione e perciò, secondo questa
tesi, gli atti dei Consorzi vanno sottoposti, a seguito di questa legge regionale,
al controllo del Comitato o delle sezioni decentrate.
I Consorzi industriali sono sottoposti al controllo dell’organo di
cui all’art. 130 C., in base alle leggi regionali e non in base all’art. 61 della legge
Scelba.
Questo significa che l’estensione, le forme e gli effetti del controllo
non sono quelli previsti nella legge Scelba, ma quelli già spettanti al Ministero
dell’Industria.
Di qui l’insostenibilità di un controllo più penetrante o addirittura
dell’ingerenza della Regione nell’amministrazione dei Consorzi industriali.
Si presenta, infine, un’altra ipotesi, che si realizza quando le
Regioni non abbiano legiferato sugli organi di controllo di cui all’art. 130 C. o
comunque non abbiano disposto nulla sulla loro competenza.
53
Allora è d’obbligo il riferimento alla L. n. 853/71, che trasferisce
alle Regioni i poteri di vigilanza e di controllo sugli atti dei Consorzi
industriali, senza individuare, peraltro, l’organo regionale cui spettano tali
poteri. I Consorzi industriali, indubbiamente, assumono posizioni distinte
verso lo Stato e la Regione.
Il legislatore, però, non ha specificato l’ampiezza delle competenze
legislative e amministrative regionali nei confronti dei Consorzi Industriali.
Nemmeno l’art. 65, del D.P.R. 24/07/77, n. 616, ha chiarito bene gli aspetti
del problema.
Il legislatore delegato, però, non ha inteso inserire i Consorzi
Industriali nella categoria degli “enti amministrativi dipendenti dalle Regioni”.
Infatti, l’art. 13, del citato decreto riconosce alle Regioni, con riferimento a
questi ultimi enti “le finzioni legislative e amministrative riguardanti
l’istituzione, i controlli, la fusione, la soppressione e l’estinzione”.
C’è da aggiungere, poi, che i Consorzi Industriali operano nelle
materie dell’Urbanistica e dello sviluppo industriale. La prima ricade nella
competenza regionale; la seconda, viceversa, è propria dello Stato.
Essi, pertanto, non possono essere considerati “enti pubblici locali
operanti nelle materie di spettanza regionale”, come il citato articolo 13
definisce gli enti amministrativi dipendenti dalle Regioni.
In base all’argomento utilizzato dal Consiglio di Stato, si può
affermare che i Consorzi industriali sono principalmente consorzi tra enti
territoriali. La base territoriale non sembra elemento sufficiente per far
54
rientrare i Consorzi nel novero dell’art. 130 C., quali “Enti locali” in senso
rigoroso. E’ determinante, ai fini che qui interessano, il profilo funzionale,
infatti i Consorzi operano in una materia (l’industria) che è rimasta di
competenza statale.
Per quest’ultimo, rilievo si fa notare che: “la mancanza di una
generale competenza delle Regioni nella materia nella quale i Consorzi
operano, deve riportare ad interpretare restrittivamente i poteri che le Regioni
medesime possono esercitare nei confronti ditali enti. E, per quanto riguarda
il controllo, si deve ritenere che esso possa essere esercitato soltanto nelle
forme e con le garanzie che il legislatore costituzionale ha ritenuto compatibile
con la salvaguardia dell’autonomia degli Enti che non sono dipendenti dalle
Regioni”
Con la decisione del 27/09/79, n. 738, Sez. IV°, il Consiglio di
Stato mutava completamente opinione e stabiliva che il controllo sugli atti dei
Consorzi Industriali non spettava più al Co.Re.Co., bensì agli organi di
amministrazione attiva della regione, a loro volta sottoposti al controllo della
Commissione statale di cui all’art. 125 della Costituzione.
Questo orientamento viene condiviso anche da talune
interpretazioni dottrinali che sottolineano per i Consorzi Industriali la natura
giuridica di enti amministrativi dipendenti dalle Regioni
Sono considerati enti pararegionali e non rientrano fra gli “altri
enti locali” di cui all’art 130 C.
Si fa notare inoltre, che: “per loro la Costituzione non prescrive
55
che il controllo sugli atti sia effettuato ad opera dei Comitati regionali di
controllo, e che tale esercizio sia effettuato nei modi e nei limiti (quanto al
controllo di merito) indicati dal predetto articolo.
I limiti stabiliti dall’art. 130 C. al controllo dei Comuni, Province
ed altri enti locali traggono la loro giustificazione dalla autonomia politica
ditali enti.
“Una specifica posizione di autonomia deve ritenersi garantita non
solo agli enti territoriali minori (Comuni e Province), ma anche a tutte quelle
altre forme associative che delle prime costituiscono diretta proiezione (Corte
Cost. 28/11/1972, n. 164; Corte Cost. 26/06/l 974, n. 186); concetto, questo,
che è stato poi precisato dalla dottrina nel senso che è il carattere esponenziale
dell’Ente e quindi la sua attitudine istituzionale ad esprimere le istanze del
corpo sociale cui è legato da un rapporto di rappresentatività fiduciaria (diretta
o indiretta) ciò che ne rende rilevante l’azione sulla base di autonome scelte
politiche”.
La anzidetta giustificazione non sussiste nei riguardi degli enti
pararegionali per quanto attiene alla relazione di dipendenza con l’ente
maggiore; i poteri di direzione, autorizzazione, ispezione, controllo repressivo,
sostituzione, ecc… dell’ente “maggiore” sull’ente da esso dipendente non
incontrano alcun limite costituzionale.
Ciò vale ovviamente anche per i poteri spettanti dapprima al
“Ministero dell’industria ed ora alle Regioni sui Consorzi….“.
Contro la pretesa natura di “ente locale” attribuita al Consorzio e il
56
conseguente controllo dei suoi atti da parte del Co.Re.Co., in dottrina
emergono altri rilievi.
Infatti: “Per affermare che un determinato Consorzio deriva il suo
carattere di autonomia degli enti territoriali in esso consorziati, occorrerebbe
dimostrare che tale Consorzio è stato costituito dalla legislazione appunto
come “derivazione diretta” di quegli enti territoriali, concorrerebbe, cioè, a
dimostrare che il fine in finzione del quale il Consorzio è stato ideato è visto
come derivazione di un fine proprio degli enti territoriali consorziati e che
l’interesse della sua creazione mira a soddisfare immediatamente e
direttamente un interesse di tali enti (...).
Nel caso dei Consorzi A.S.I. non siamo in presenza di enti dotati
di un grado di autonomia tale da poterli ascrivere alla categoria degli enti
locali, ma si tratta di enti di servizi ausiliari della Cassa per il Mezzogiorno, e
quindi dello Stato, fino alla legge n. 853/71, ed ora ausiliari tanto dello Stato
quanto della Regione “.
Ai fini della individuazione dell’organo di controllo, sempre in
dottrina, emerge un’altra posizione contraria alla tesi che considera i Consorzi
sullo stesso piano degli enti locali.
Prima di illustrare brevemente i rilievi critici da quest’ultima
espressi, sembra opportuno riportare alcuni passi della circolare della
Presidenza del Consiglio dei Ministri circa l’esatta individuazione dell’organo
di controllo “Per quanto riguarda il trasferimento delle funzioni di vigilanza
esercitate dal Ministero dell’Industria. non si ritiene applicabile al riguardo
57
l’art. 61 della L. 10/02/53, n. 60, che si riferisce ai Consorzi tipici di Comuni e
Province, tra i quali non sono compresi quelli in esame aventi natura mista;
inoltre la devoluzione del controllo ai Comitati mal si concilierebbe con quelle
esigenze che hanno finora richiesto l’intervento, a tal fine, di un organo
centralizzato dello Stato, nel quale potessero confluire i rappresentanti di varie
amministrazioni interessate. Si potrebbe anzi soggiungere che la specialità di
tale controllo (non ricadente nell’ambito di applicazione dell’art. 130 C., in
quanto i Consorzi in esame non possono essere assimilabili nella categoria di
“enti locali” nel senso voluto da questa norma), concreti un principio della
legislazione statale che le Regioni devono tener presente nella emanazione
delle suddetta normativa”.
Il primo rilievo che emerge dalla tesi poc’anzi accennata riguarda
innanzitutto la legislazione. Infatti, in base alla legislazione vigente: “Le
Regioni sono chiamate dall’art. 50 del D.p.r. n°218/78….ad esercitare la
vigilanza e la tutela sui Consorzi industriali; tale legislazione è, pertanto, la
stessa su cui si fondava il controllo ordinario del Ministero dell’industria e
Commercio e non quella su cui si prevedeva il controllo del Prefetto e delle
G.P.A. sugli atti degli Enti locali territoriali, modificata dalla L. n°60/53”.
Il secondo rilievo trae spunto dalla sentenza della Corte
Costituzionale (n. 178/73) che contrappone gli “ Enti democratici” agli “Enti
funzionali”.
Questi ultimi devono ritenersi soggetti ai poteri di supremazia
della Regione che ha facoltà di incidere sul loro ordinamento, sulla loro
attività e sul sistema dei controlli relativi ad essi.
58
Gli “ Enti democratici” “sono soggetti ad una particolare tutela
costituzionale, sottratta alla competenza regionale, mentre quelli “funzionali”
operanti nelle materie di competenza regionale nei confronti dei quali i poteri
di supremazia dell’Ente Regione e la potestà legislativa sono pieni tanto in
ordine ai controlli quanto alla struttura e all’attività, salvi s’intende i principi
generali(…)“
E’ secondo questi criteri che va letto l’art. 65 del D.P.R. n°616/77,
da cui emerge con evidenza la natura dei Consorzi Industriali quali “Enti di
diritto pubblico locali” con funzioni strumentali-funzionali rispetto alla
regione
Sempre secondo questa tesi, gli organi politici della Regione
esercitano un controllo di efficienza sull’attività dei Consorzi ed un controllo
di merito urbanistico sui loro a piani regolatori.
Su queste tesi, sentenze e convinzioni, si è basata fino a qualche
tempo fa, l’impalcatura legislativa del sistema dei controlli applicabile ai
Consorzi di sviluppo industriale.
Precisamente fino alla emanazione delle seguenti leggi: La legge
n°317/91, che all’art. 36, IV comma, recita: “I Consorzi di sviluppo
industriale, costituitosi ai sensi della vigente legislazione nazionale e
regionale, sono enti pubblici economici “.
Poi con il successivo (in ordine temporale), DL. N. 149/93, dove
all’art. 2, XII comma, dispone: “Ai Consorzi, di cui al comma IV, si applica
la normativa generale in materia di società per azioni. Il controllo
59
regionale si esplica sui piani economici e finanziari“.
Per concludere, la L. n. 104/95, aggiunge al IV°comma dell’art.
36, L. 3 17/91, il seguente periodo: “Spetta alle Regioni soltanto il controllo
sui piani economici e finanziari “, e abroga il comma XII, dell’art. 2, D.L. n.
149/93.
1.9.2 La vigilanza e la tutela
Il penultimo comma dell’art. 50 T.U. 06/03/78, n. 218, stabilisce
che i Consorzi Industriali sono “sottoposti alla vigilanza e alla tutela delle
regioni che le esercitano ai sensi della legislazione vigente”.
Secondo certe valutazioni dottrinali:26 “Tale disposizione, che tiene
conto anche dell’art. 65, D.P.R. n. 616/77, porta a confermare la tesi secondo
la quale le potestà che le Regioni possono esercitare nei confronto dei
Consorzi di sviluppo sono (oltre l’approvazione dei piani e l’approvazione
degli statuti) sostanzialmente potestà di controllo, il cui ambito è per di più
delimitato dalla legislazione statale, nell’ultimo comma dello stesso art. 50,
contraddice tale conclusione”.
La vigilanza è stata meglio specificata dalla giurisprudenza della
Corte di Cassazione con il termine di sorveglianza. La vigilanza in senso
stretto, invece, è un controllo formale di legittimità di atti amministrativi.
Anche la sorveglianza si esplica con un controllo, ma ha per oggetto l’attività
26
Cfr.G.SCOCA, Commento alla sentenza del Consiglio di Stato, N. 783/79
60
del controllato e per di più con modalità generiche. Essa: “si manifesta nel
proporre ad autorità che ne hanno il potere l’adozione di determinate misure
nei confronti del controllato, se il controllo è ad esito negativo”. E’ quindi una
figura di controllo elementare, che può dirsi preliminare, perché non sbocca
in una misura ma in un atto di denuncia.27
La tutela, invece, è un controllo formale di opportunità di atti. La
denominazione è un residuo di tempi passati, allorché si riteneva che gli enti
pubblici minori fossero da parificare agli incapaci e che perciò occorresse
l’intervento, nei loro confronti, di un tutore che era lo Stato. La tutela è, oggi,
un controllo limitato ad atti tassativamente elencati dalle norme (c.d.
tassatività del controllo tutorio). Essa agisce sull’efficacia dell’atto da
controllare, che l’atto non acquista se non è intervenuto il controllo positivo
Fatta questa breve premessa, sembra opportuno esaminare la
natura e la disciplina della funzione di vigilanza e tutela già attribuita al
Ministero dell’industria e ora in toto trasferita alle Regioni.
A questo proposito si fa rilevare che: “L’attività di controllo più
che impedire all’ente controllato di “sbagliare” nel singolo atto, ossia di porre
in essere un’azione (o inazione) amministrativa illegittima (o, nei casi di
controllo di merito, inopportuna) è finalizzata alla cura di interessi pubblici
più generali, riferibili ad una comunità di interessi per i quali il “centro
d’imputazione” deve essere ravvisato nell’ente controllante.
In questo quadro si affievolisce e scompare la contrapposizione,
27
V.M.S.GIANNINI, Istituzioni di Diritto Amministrativo, Milano 1981, pag. 49
61
non fittizia ma prevalentemente formale, tra amministrazione attiva e
controllo; le norme attributive di poteri di “vigilanza e tutela” assumono
significati più pieni, implicando:
a) L’affidamento all’entità controllante del compito di curare come
propri interessi pubblici esercitati dall’entità controllata;
b) Il riconoscimento all’autorità controllante di un ambito di attribuzioni
che include la sfera delle attribuzioni dell’entità controllata per modo
che quest’ultimo non è separato dal primo ma ne fa parte integrante;
c) Il conferimento all’entità controllante di poteri di “ingerenza”
nell’attività amministrativa dell’entità controllata, i quali si traducono
in poteri di cogestione seppur ovviamente esercitati secondo
modalità particolari proprie dell’attività di controllo.
In altri termini, secondo questa interpretazione, l’attività di
controllo sarebbe attività amministrativa nè più nè meno dell’attività
sottoposta a controllo.
L’attività di vigilanza e di tutela sarebbe identica, così come
quella esercitata dallo Stato sugli enti “strumentali” ad esso facenti capo.
Anche gli atti, come le autorizzazioni, le opportunità, gli
annullamenti, e le sostituzioni nei quali si esprime la vigilanza e la tutela
sarebbero atti di amministrazione, sottoposti al normale regime di tutti gli atti
della Regione. Sarebbe questa una conclusione obbligata: dal momento che le
Regioni, mediante il ricorso a formule organizzative, non possono sottrarre
62
ambiti della loro attività al controllo statale previsto dall’art. 125 C.; ritenere
diversamente condurrebbe a fare dell’attività degli enti amministrativi
dipendenti una sorta di zona franca, di oasi privilegiata, in contrasto con i
postulati di completezza ed organicità dell’ordinamento.
Per cui i Consorzi di sviluppo industriale, appare evidente che, nei
loro confronti, le funzioni di vigilanza e tutela come quelle di indirizzo e di
coordinamento siano di competenza degli organi statutari, e cioè della Giunta
e del Consiglio Regionale secondo il riparto di competenze stabilito dalle
disposizioni statutarie.
63
I NUCLEI INDUSTRIALI SUL TERRITORIO NAZIONALE
Agrigento, Ancona, Apuana (MS), Ascoli Piceno, Aussa, Corno (UD),
Avellino, Avezzano (AQ), Bari, Benevento, Brindisi, Cagliari, Caltagirone
(CT), Caltanissetta, Campobasso, Caserta, Casoli (CH), Catania, Chilivani
Ozieri (SS), Cosenza, Crotone, Enna, Foggia, Frosinone, Gaeta (LT), Gela,
Iglesias (CA), Lamezia Terme (CZ), L'Aquila, Lecce, Macomer (NU), Matera,
Messina, Monfalcone (GO), Napoli, Nuoro, Nuoro Prato Sardo (NU), Olbia
(SS), Oristano, Palermo, Padova, Pescara, Portoscuso (CA), Potenza, Predda,
Niedda, Ragusa, Reggio Calabria, Rieti, Roma Latina, Salerno, Sassari,
Siniscola (NU), Siracusa, Sulmona (AQ), Taranto, Tempio Pausania (SS),
Teramo, Termoli (CB), Tortolì (NU), Trapani, Ula Tirso (OR), Vasto (CH),
Isernia-Venafro, Verona, Vibo Valentia, Villacidro (CA).
64
CAPITOLO SECONDO
I POTERI DELLE REGIONI
2.1 L’istituzione delle Regioni
Quando l’Assemblea costituente – eletta dal popolo il 2 Giugno
1946 – dovette ridisegnare la fisionomia da dare all’ordinamento
repubblicano, si orientò (a larga maggioranza) verso uno Stato “regionale”, in
cui le regioni fossero il punto di riferimento per superare il centralismo statale
e spostare in periferia i poteri pubblici.28
Un progetto, non per disaggregare, ma per tenere più unita la
Repubblica attraverso la creazione di nuovi enti territoriali (le regioni) ai quali
riconoscere funzioni oltre che amministrative anche legislative, e cioè la
capacità di disciplinare direttamente determinate materie (indicate nell’art. 117
della Costituzione: “La Regione emana per le seguenti materie norme
legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello
Stato, sempre ché le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse
nazionale e con quello di altre Regioni:
65
a) Ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti
dalla Regione;
b) Circoscrizioni comunali;
c) Polizia locale urbana e rurale;
d) Fiere e mercati;
e) Beneficenza Istruzione
artigiana professionale ed assistenza
scolastica
f) Musei e biblioteche di enti locali;
g) Urbanistica;
h) Turismo ed industria alberghiera;
i) Tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale;
j) Viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale;
k) Navigazione e porti lacuali;
l) Acque minerali e termali;
m) Cave e torbiere;
n) Caccia;
o) Pesca nelle acque interne;
28
MARTINEZ, Lineamenti di Diritto Regionale, Pag. 3
66
p) Agricoltura e foreste;
q) Artigianato.
Altre materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi della
Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme
per la loro attuazione.” mediante norme legislative aventi lo stesso valore
formale delle leggi dello Stato.
Le regioni ed i loro statuti nascono con molto ritardo rispetto alla
Costituzione del 1948 (le prime elezioni per la costituzione dei Consigli
regionali si tengono solo il 7 e 8 giugno 1970) e soprattutto fra diffidenze,
difficoltà e resistenze, sia politiche sia degli apparati ministeriali dello Stato,
gelosi di privarsi di parti consistenti di funzioni e poteri. Ma diventano, col
passare degli anni, veri e propri soggetti politici che rappresentano e curano gli
interessi generali della comunità regionale, ponendosi come momento
essenziale di raccordo tra lo Stato e il sistema delle autonomie locali.
2.2 La delega di funzioni alle Regioni
Il Governo della Repubblica è delegato ad emanare, entro un
biennio dall’entrata in vigore dell’art. 17 della legge 16/05/1970, n. 281, per
regolare, simultaneamente per tutte le Regioni, il passaggio alle Regioni, ai
sensi della disposizione VIII transitoria della Costituzione, delle funzioni ad
esse attribuite dall’art. 117 della Costituzione e del relativo personale
dipendente dallo Stato, con l’osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) Attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato nelle materie
67
indicate dall’art. 117 della Costituzione saranno trasferite alle Regioni.
Nelle stesse materie resta riservata allo Stato la funzione di indirizzo e
di coordinamento delle attività delle Regioni che attengono ad
esigenze di carattere unitario, anche con riferimento agli obiettivi del
programma economico nazionale ed agli impegni derivanti dagli
obblighi internazionali. Saranno altresì stabiliti vincoli atti a garantire
l’inalienabilità, l’indisponibilità e la destinazione dei beni di cui ciò sia
necessario alla tutela degli interessi generali dello Stato in rapporto
alla natura dei beni;
b) Il trasferimento delle funzioni statali alle Regioni avverrà per settori
organici di materie e dovrà effettuarsi mediante il trasferimento degli
uffici periferici dello Stato. Qualora gli uffici stessi siano titolari anche
di competenze statali residue e le funzioni trasferite siano prevalenti,
si provvede, di massima, alla delega ai sensi dell’art. 118, secondo
comma, della Costituzione, ferma restando, in ogni caso, la necessità
di regolare i rapporti finanziari tra Stato e Regioni secondo le
disposizioni degli articoli 8 e 18 della legge 16/05/1970 n. 281, e di
prevedere i rimedi da esperire in caso di inattività degli organi
regionali nell’esercizio delle funzioni delegate;
c)
Per ciascuna delle funzioni statali attribuite alle Regioni verrà
stabilito il contingente del personale statale, anche delle
amministrazioni centrali, da trasferire alle Regioni stesse, riducendosi
contemporaneamente e corrispondentemente i ruoli organici delle
Amministrazioni statali interessate;
d)
Nel trasferimento delle funzioni di cui sopra dovranno essere
68
rispettate le esigenze dell’autonomia e del decentramento, ai sensi
degli articoli 5 e 118 della Costituzione, conservando, comunque, alle
province, ai comuni ed agli altri enti locali le funzioni di interesse
esclusivamente locale, decentrate dalle norme vigenti, fino a quando
non sia provveduto al riordinamento e alla distribuzione delle
funzioni amministrative tra gli enti locali.
Le norme delegate saranno emanate con decreto del Presidente della
Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto
con i Ministri competenti e con quelli per l’interno, per il tesoro, per le
finanze e per il bilancio e la programmazione economica, e con l’obbligo di
sentire preventivamente le Regioni, le quali potranno comunicare le proprie
osservazioni entro e non oltre 60 giorni dalla comunicazione delle norme
proposte. Decorso tale termine, le norme verranno sottoposte, unitamente
alle eventuali osservazioni delle Regioni, al parere della Commissione
parlamentare per le questioni regionali di cui all’art. 52 della legge 10 febbraio
1953, n. 62.
L’emanazione di norme legislative da parte delle Regioni nelle
materie stabilite dall’art. 117 della Costituzione si svolge nei limiti dei principi
fondamentali quali risultano da leggi che espressamente li stabiliscono per le
singole materie o quali si desumono dalle leggi vigenti.
2.3 Attribuzioni alle Regioni di compiti di intervento straordinario
Con l’art. 4 della legge 06/10/1971, n. 853, gli interventi
straordinari già affidati alla Cassa per il Mezzogiorno a norma del testo unico
30 giugno 1967, n. 1523, relativi alle materie di competenza regionale di cui
69
all’art. 117 della Costituzione, sono realizzati dalle Regioni a decorrere
dall’entrata in vigore dei decreti di trasferimento delle funzioni corrispondenti,
emanati ai sensi dell’art. 17 della legge 1970, n. 281. Nell’attuazione dei
predetti interventi le Regioni si attengono alle norme della legge 06/10/1971,
n. 853, agli indirizzi del programma economico nazionale e dei piani regionali,
nonché alle direttive del CIPE.
Per l’attuazione dei compiti loro affidati le Regioni eseguono le
rilevazioni e le indagini ritenute necessarie.
Sono trasferite alle Regioni le attribuzioni di competenza del
Comitato dei Ministri e del Ministro per gli interventi straordinari nel
Mezzogiorno, del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato e
del Ministero dei lavori pubblici, relative ai Consorzi per le aree e i nuclei di
sviluppo industriale, ivi comprese quelle attinenti i piani regolatori delle aree e
dei nuclei.
Al finanziamento degli interventi straordinari si provvede con il
Fondo per il finanziamento di programmi regionali di sviluppo di cui all’art. 9
della legge 16 maggio 1970, n. 281, nonché con assegnazioni a carico
dell’apporto di cui all’art. 17 della legge 06/10/1971, n. 853.
Per le finalità di cui sopra è riservata alle Regioni i cui territori
sono compresi in tutto o in parte tra quelli indicati dall’art. 1 del testo unico
30 giugno 1967, n. 1523, una quota non inferiore al 60 per cento
dell’ammontare complessivo delle disponibilità del predetto Fondo. Alle
predette regioni è riservata pari quota delle spese autorizzate con leggi generali
o speciali per interventi relativi alle materie di cui all’art. 117 della
Costituzione.
70
2.4 Attribuzioni alle Regioni di funzioni amministrative in ordine ai
Nuclei e alle Aree industriali
Dopo il trasferimento alle regioni meridionali, attuato con la legge
n. 853 del 1971, delle funzioni amministrative esercitate da organi dello Stato
in ordine ai Consorzi industriali costituiti nel mezzogiorno e dopo il D.P.R. n.
8 del 1972 che ribadiva quel trasferimento e ne ampliava la portata riferendosi
ad ogni Consorzio, ovunque costituito, una nuova disposizione riguardante il
trasferimento delle funzioni sui Consorzi avrebbe avuto il solo effetto di
eliminare alcuni dubbi sulla permanenza o meno di residue competenze in
capo ad organi statali.29
Nasce cosi una disposizione che non ha connotati di chiarezza
esemplari, ma che non appare imprigionata neppure in una logica ripetitiva o
confermativa, il D.P.R. 24/07/1977, n. 616, art. 65, trasferisce alle Regioni le
funzioni a mministrative dei Nuclei e delle Aree industriali: “ Ferme restando
le funzioni amministrative trasferite alle regioni relativamente ai piani
regolatori, spettano alle regioni le funzioni amministrative in ordine
all’assetto di consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale e tutte le
funzioni esercitate dallo Stato o da altri enti pubblici, esclusi i comuni e le
province, in materia di assetto, sistemazione e gestione di zone industriali
e aree industriali attrezzate, e di realizzazione di infrastrutture per nuovi
insediamenti industriali, fatte salve le competenze dello Stato ai sensi della
legge 2 maggio 1976 m 183.”
Le funzioni amministrative rilevanti in ordine ai Consorzi
d’industrializzazione sono:
29
A.BARBERA F.BASSANINI, I nuovi poteri delle regioni e degli enti locali, Milano 1978, Pag. 393
71
a) La vigilanza e la tutela, attribuite dal t.u. n. 1523 del 1967 (art. 144) al
Ministro dell’industria, che la esercita attraverso un’apposita
commissione cui partecipano anche rappresentanti del Ministero
dell’interno e del Comitato dei ministri per il mezzogiorno;
b) La proposta d’approvazione e l’approvazione dello statuto riservate
(art. 145 t.u. cit.) rispettivamente al Presidente del Consiglio dei
Ministri – previa deliberazione del Comitato dei ministri per il
mezzogiorno integrato con la partecipazione del Ministro dell’interno
– e al Presidente della Repubblica;
c) La promozione della modificazione dello statuto riservata (art. 145
t.u. cit.) al Ministro per il mezzogiorno di concerto col Ministro
dell’industria. Il relativo procedimento può essere iniziato anche dagli
enti locali interessati;
d) La proposta d’approvazione e l’approvazione dei piani regolatori
riservate (art. 146 t.u. cit.) rispettivamente al Ministro dei lavori
pubblici – previa deliberazione del Comitato dei ministri per il
mezzogiorno – e al Presidente del Consiglio dei Ministri.
Non dissimile il sistema delle competenze relative ai Consorzi
istituiti con leggi speciali salva, ovviamente, la sostituzione, nei diversi
procedimenti, degli organi preposti all’amministrazione del mezzogiorno con
gli altri organi dell’amministrazione dello Stato. 30
La vicenda del trasferimento delle funzioni amministrative relative
ai Consorzi d’industrializzazione dallo Stato alle Regioni si è svolta in maniera
alquanto complessa, sicché non è del tutto semplice neppure l’identificazione
30
E.CAPACCIOLI F.SATTA, Commento al Decreto 616, Milano 1980, Pag. 1025
72
dell’esatta area di applicazione dell’articolo in esame.
Il discorso deve essere tenuto distinto per i consorzi costituiti nel
mezzogiorno e per quelli costituiti, in base a leggi speciali, in altre regioni del
paese:
a) Per quanto attiene ai primi, l’art 4, 4° comma, della legge 6 ottobre
1971 n 853, ha trasferito alle regioni le attribuzioni del Comitato dei
ministri e del Ministro per il mezzo giorno, del Ministro dell’industria
e del Ministro dei lavori pubblici. Residuavano allo Stato, dopo tale
trasferimento,
le
sole
attribuzioni
relative
alla
proposta
d’approvazione ed all’approvazione degli statuti (di spettanza del
Presidente del Consiglio e del Presidente della Repubblica) e
l’approvazione dei piani regolatori consortili (Presidente del
Consiglio). Successivamente, con l’art. 1, lett. a, del D.P.R. n 8 del
1972 anche la competenza ad approvare il piano regolatore consortile
- stante la sua equiparazione legale al piano territoriale di
coordinamento - veniva trasferita dal Presidente del Consiglio alle
regioni a statuto ordinario. Al momento dell’emanazione dell’art. 65
in esame le uniche funzioni amministrative relative ai consorzi
d’industrializzazione siti nel mezzogiorno che residuavano allo Stato
erano, pertanto, quelle di proposta e di approvazione degli statuti. Ad
esse soltanto, dunque, deve ritenersi circoscritto il campo
d’applicazione della norma di trasferimento del D.P.R. n. 616.
b) Per quanto attiene ai secondi, invece, l’unico trasferimento di
funzioni precedente al D.P.R. ti. 616 è stato quello disposto dal
D.P.R. n. 8 del 1972 (art. 1, lett. a) in ordine ai procedimenti di
73
pianificazione urbanistica ed in particolare all’approvazione del piano
regolatore, consortile in quanto equiparato al piano territoriale di
coordinamento, nonché alla vigilanza e tutela (art 4 stesso decreto
delegato). Residuavano pertanto allo Stato - e ad esse deve ritenersi
circoscritta l’area di applicazione dell’art 65 in esame - le attribuzioni
relative tanto alla proposta d’approvazione ed all’approvazione degli
statuti che alla promozione della modificazione degli stessi.
Dal trasferimento delle competenze nella materia statutaria deriva
il potere delle regioni a statuto ordinario di conferire la personalità giuridica ai
consorzi di nuova istituzione: il che, del resto, sembra in accordo col disposto
dell’art. 13 dello stesso D.P.R. n. 616 in punto di “ordinamento degli enti
amministrativi dipendenti dalla regione”.
Che il senso della norma in esame sia quello, sopra indicato, di una
conferma di trasferimenti di attribuzioni già avvenuti (in materia urbanistica,
di vigilanza e controllo, etc.) e di conferimento alle regioni di poteri in ordine
alla
istituzione
di
nuovi
consorzi
d’industrializzazione
ed
alla
regolamentazione statutaria sia dei nuovi che di quelli già esistenti, è confermato dall’iter formativo della norma stessa.
La Commissione Giannini, infatti, aveva formulato, per i Consorzi
in discorso, la proposizione normativa XXXII allo scopo di eliminare ogni
eventuale dubbio “circa la competenza regionale in ordine all’approvazione di
piani urbanistici e di altri progetti d’intervento attinenti alla realizzazione e alla
gestione di opere pubbliche o d’interesse pubblico all’interno dell’area
industriale”. La proposizione normativa era dettata anche come ”presupposto
per una eventuale diversa disciplina regionale dell’intervento nelle aree
74
industriali “.
Il senso della proposta era, dunque, esplicitamente quello della
conferma, in via interpretativa, dei precedenti trasferimenti e del
completamento del trasferimento alle regioni della materia nella sua globalità.
Lo schema di decreto delegato approvato dal Consiglio dei
ministri il 18 febbraio 1977 e trasmesso alle regioni il successivo giorno 24
prevedeva, invece, all’art. 42 che “ferme restando le funzioni amministrative
trasferite alle regioni relativamente ai piani regolatori, sono delegate alle
regioni le funzioni amministrative in materia di consorzi per le aree e i nuclei
di sviluppo industriale istituiti con leggi vigenti dello Stato”: un ben
révirement - come si vede - se è vero, come è stato ritenuto , che esso
limitava l’area del trasferimento ai soli consorzi del mezzogiorno e
retrocedeva il trasferimento delle funzioni, già effettuato con la legge n. 853
del 1971, a mera delega.
La reazione regionale ad un simile orientamento restrittivo ha
portato al testo attuale ove, al di là della conferma dei trasferimenti già
avvenuti in materia urbanistica, è disposto il trasferimento, e non già la delega,
di tutti i poteri relativi all’ “assetto” dei consorzi di industrializzazione nel
mezzogiorno e all’ “assetto, sistemazione e gestione” dei consorzi istituiti con
leggi speciali nonché, in genere, alla realizzazione di infrastrutture per nuovi
insediamenti industriali. Se si pone mente al fatto che dal trasferimento sono
escluse le sole competenze già spettanti agli enti locali territoriali (comuni e
province) e quelle riservate allo Stato dalla legge n. 183 del 1976, recante la
disciplina dell’intervento straordinario nel mezzogiorno per il quinquennio
1976-80, la conclusione non può che essere che il trasferimento è stato, alla
75
fine, effettuato per l’intera materia della localizzazione industriale, ogni qual
volta questa si realizzi nella forma del consorzio (d’industrializzazione) tra enti
locali, territoriali e non. Si è, dunque, ritornati in pieno alla proposta della
Commissione Giannini del trasferimento globale.
Se, infatti, ai poteri di pianificazione territoriale si aggiungono
quelli di natura organizzativa - di assetto e sistemazione, cioè di creazione di
consorzi, di attribuzione agli stessi della personalità giuridica senza bisogno di
interventi dall’esterno, di regolamentazione integrale del loro funzionamento , quelli di gestione e di controllo - vigilanza e tutela - sui risultati della gestione
ed infine quelli di intervento diretto - realizzazione di infrastrutture per nuovi
insediamenti -, non pare possa negarsi che il trasferimento della materia è
stato integrale o meglio integralmente completato. Con il che non si vuol dire
che
il
trasferimento
integrale
del
“comparto”
dei
consorzi
d’industrializzazione abbia conferito alle regioni una posizione di rilievo nel
settore della politica industriale. Si tratta, invero, di un comparto di per se
limitato, al quale restano estranei tutti i momenti dell’attività produttiva
industriale (ad es. finanziamento, agevolazioni, assistenza etc.) ad esclusione
della localizzazione : non a caso l’art. 65 in esame si chiude con la riserva allo
Stato della materia degli incentivi (“... fatte salve le competenze dello Stato
ai sensi della legge 2 maggio 1976, n. 183 “). Infine, anche nella submateria
della localizzazione restano riservate allo Stato le attribuzioni di maggior
rilievo basti pensare alle opere pubbliche d’interesse statale, alle iniziative
industriali di cui all’art 14 della legge n. 853 del 1971 (tutt’ora in vigore,
sebbene formalmente abrogato dall’art. 5 della legge n. 350 del 1976), agli
impianti di produzione di energia elettrica ed alle centrali elettronucleari, la cui
76
localizzazione è mantenuta dall’art. 81 del D.P.R. n. 616 alla competenza dello
Stato.
Si può in definitiva concludere condividendo l’opinione di coloro
che ritengono essere la partecipazione delle regioni alla politica di sviluppo
economico alquanto modesta, in particolare in riferimento al settore
industriale.
2.5 Ampliamento delle Deleghe delle Funzioni e dei Compiti
Amministrativi alle Regioni
Nell’ottica della costituzione dello stato federale, alle Regioni
vengono attribuiti ulteriori nuovi poteri. E mentre prima le Regioni, tramite il
Co.Re.Co., esercitavano soltanto il controllo sui P.E.F. ( Piani Economici
Finanziari ) dei Consorzi, oggi lo stato con il D.L. 31/03/1998 N° 112
conferisce funzioni e compiti amministrativi alle regioni e agli altri enti locali.
Infatti spetta alle Regioni disciplinare le funzioni che riguardano la materia
“industria”.
La
materia
“industria”
comprende:
qualsiasi
attività
imprenditoriale diretta alla lavorazione e alla trasformazione di materie prime,
alla produzione e allo scambio di semilavorati, di merci e di beni anche
immateriali, con esclusione delle funzioni relative ad attività artigianali ed alle
altre attività produttive di spettanza regionale in base all’art. 117 della
Costituzione e ad ogni altra disposizione vigente.
Sono comprese nella materia “industria” anche le attività
d’erogazione e scambio di servizi a sostegno dell’industria, con esclusione
comunque delle attività creditizie, d’intermediazione finanziaria, delle attività
77
concernenti le società fiduciarie e di revisione e di quelle d’assicurazione.
Sono delegate alle Regioni anche le funzioni amministrative
concernenti l’attuazione di interventi dell’Unione Europea, fatte salve le
funzioni e i compiti conservati dallo Stato.
Le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano
disciplinano, con proprie leggi, le aree industriali e le aree ecologicamente
attrezzate, dotate delle infrastrutture e dei sistemi necessari a garantire la tutela
della salute, della sicurezza e dell’ambiente. Disciplinano altresì le forme di
gestione unitaria delle infrastrutture e dei servizi delle aree ecologicamente
attrezzate da parte dei soggetti pubblici o privati, anche costituiti ai sensi di
quanto previsto dall’art. 12 della legge 23/12/1992 N° 498 e dall’art. 22 della
legge 08/06/1990 N° 142, nonché le modalità d’acquisizione dei terreni
compresi
nelle
aree
industriali,
ove
necessario
anche
mediante
l’espropriazione. Gli impianti produttivi localizzati nelle aree ecologicamente
attrezzate sono esonerati dall’acquisizione delle autorizzazioni concernenti
l’utilizzazione dei servizi ivi presenti.
Le Regioni e le Province Autonome individuano le aree
scegliendole tra le zone o i nuclei industriali già esistenti, anche se totalmente
o parzialmente dimessi.
2.6 La disciplina dei Consorzi d’industrializzazione in Calabria
Dopo aver visto come lo Stato ha delegato le funzioni
amministrative sui consorzi, ora vediamo come la regione Calabria ha
disciplinato con proprie leggi questi Enti. Cominciamo con la L.R.
04/09/1972, n. 4 (abrogata dalla L.R. 24/12/2001, n. 38) che riguarda
78
l’esercizio della vigilanza e della tutela da parte della regione sui consorzi per le
aree ed i nuclei di sviluppo industriale operanti in Calabria.
I consorzi per le aree ed i nuclei industriali operanti in Calabria
sono sottoposti alla vigilanza e alla tutela della Regione, nei limiti e con le
modalità stabiliti dalle norme vigenti. La vigilanza e la tutela sono esercitate
attraverso un'apposita Commissione nominata dal Presidente della Giunta
regionale e composta da:
1) L'assessore regionale all'Industria che la presiede;
2) Un rappresentante dell'Assessorato regionale della Urbanistica;
3) Un rappresentante dell'Assessorato regionale agli Enti Locali.
I rappresentanti degli Assessorati saranno designati dagli Assessori
competenti, nell'ambito del personale in servizio presso la Regione. Per
l'espletamento dei propri compiti la Commissione si avvale di un funzionario
che svolge le funzioni di segretario, e di un dattilografo, in servizio presso
l'Assessorato dell'Industria. La Commissione, in casi di particolare necessità,
può avvalersi di esperti nominati dal Consiglio regionale a norma dell'art. 68
dello Statuto. Alla spesa per il funzionamento della Commissione si fa fronte
con i fondi stanziati sul capitolo, relativo al funzionamento dell'Assessorato
all'Industria.
Quando l'attività del Consorzio risulta non conforme agli scopi
per i quali e' stato costituito o, comunque, quando vengano accertate
persistenti irregolarità nel funzionamento di esso, il Presidente della Giunta
regionale, sentito il parere della Commissione di cui sopra, può sciogliere gli
organi del Consorzio e affidare la gestione a un Commissario straordinario
fino alla rinnovazione degli organi ordinari, da effettuare entro il termine
79
massimo di 6 mesi da fissare nel decreto di nomina del Commissario.
I revisori dei conti dei singoli Consorzi sono nominati con decreto
del Presidente della Giunta regionale sentita la Commissione e osservate le
norme statutarie del Consorzio interessato. Su proposta dell'Assessore
regionale all'Industria, sentita la Commissione, la Giunta regionale delibera la
promozione del procedimento di approvazione o di modifica degli Statuti dei
Consorzi.
Con la L.R. 05/08/1992, n. 12 (abrogata dalla L.R. 24/12/2001, n.
38) la Regione esercita, nell’ambito del proprio territorio, il controllo di
legittimità sugli atti delle province, dei comuni e degli altri enti locali ai sensi
dell’art. 130, I Comma della Costituzione, i controlli sono esercitati da un
Comitato (Co.Re.Co.) articolato in sezioni, costituite nei modi stabiliti dalla
legge.
2.7 Riordino delle funzioni amministrative regionali e locali
In attuazione del principio di sussidiarietà e degli altri principi
indicati nell’articolo 118 della costituzione, nell’articolo 4, comma 3, della
legge 15/03/1997, n. 59 e negli articoli 3 e seguenti del decreto legislativo
18/08/2000, n. 267. La regione Calabria con la legge regionale 12/08/2002,
n. 34, detta i criteri e disciplina gli strumenti, le procedure e le modalità per il
riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi esercitati dai Comuni dalle
Province, dagli altri Enti locali, dalle autonomie funzionali e dalla Regione,
nelle materie di cui agli articoli 117, comma 3 e 4, e 118 della Costituzione,
cosi come individuate nelle leggi e nei decreti legislativi di conferimento delle
funzioni medesime.
80
Con la legge regionale 12/08/2002, n. 34, la Regione Calabria
provvede al pieno conferimento agli Enti locali di tutte le funzioni e i compiti
amministrativi relativi alla cura degli interessi delle comunità locali, riservando
a sé esclusivamente le funzioni ed i compiti che richiedono necessariamente
l’esercizio unitario a livello regionale. Il conferimento di cui sopra avviene con
riferimento ai seguenti settori:
a) Sviluppo economico e attività produttive;
b) Territorio, ambiente e infrastrutture;
c) Servizi alla persona e alla comunità;
d) Polizia amministrativa regionale e locale.
Il riordino di funzioni e competenze tra Regione e gli Enti locali
avviene secondo i principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione e nel
pieno rispetto dei reciproci ambiti di autonomia, oltre che nel perseguimento
dell’obbiettivo della piena integrazione tra i sistemi organizzativi dei vari Enti
interessati.
Il conferimento delle funzioni e dei compiti agli Enti locali è
attuato, per ogni singola materia, nei tre mesi dal trasferimento dallo Stato alla
Regione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, organizzative e
strumentali, ovvero, se il trasferimento è precedente all’entrata in vigore della
legge regionale 12/08/2002, n. 34, entro centoottanta giorni.
La Regione esercita le funzioni di programmazione, di indirizzo, di
coordinamento e di controllo.
In caso di mancata attuazione da parte degli Enti locali delle
funzioni e dei compiti conferiti ai sensi della presente legge, la Regione
esercita il potere sostitutivo sugli Enti locali inadempienti. A tal fine il
81
Presidente della Giunta regionale, su proposta dell’Assessore competente per
materia, assegna all’ente inadempiente il termine di novanta giorni per
provvedere. Trascorso inutilmente il predetto termine, la Giunta regionale,
dispone l’intervento sostitutivo con un commissario ad acta, nominato
secondo quanto previsto dalla legislazione vigente, che deve provvedere entro
sessanta giorni. Gli oneri finanziari dell’intervento sono a carico dell’ente
inadempiente.
E’ fatto obbligo alla Regione di provvedere al trasferimento agli
Enti locali delle risorse finanziarie, umane, organizzative e strumentali
necessarie per l’esercizio delle funzioni e dei compiti ad essi conferiti.
Le funzioni regionali concernenti la materia industria sono
comprensive di qualsiasi attività imprenditoriale diretta alla lavorazione ed alla
trasformazione di materie prime, alla produzione e allo scambio di
semilavorati, di beni e merci anche immateriali, nonché l’erogazione e
scambio di servizi finalizzati al sostegno di tali attività.
E’ istituito il Fondo unico regionale per le attività produttive nel
quale confluiscono le risorse statali di cui all’art. 19, comma 5, del d. lgs. n.
112 del 1998 e tutte le ulteriori risorse comunque destinate ad interventi di
sostegno di qualunque genere per l’industria.
Sono riservati alla Regione le funzioni e i compiti amministrativi
riguardanti:
a) La partecipazione alla elaborazione delle politiche e degli interventi
comunitari e nazionali in materia industria, salvo quanto previsto
dall’art. 18 del d. lgs. n. 112 del 1998;
b) L’elaborazione ed attuazione degli interventi di politica industriale e
82
di promozione dello sviluppo economico tenuto conto della
vocazione delle specifiche parti del territorio;
c) L’agevolazione dell’accesso al credito e la capitalizzazione delle
imprese;
d) L’attribuzione del Fondo unico regionale per le attività produttive;
e) Il coordinamento ed il miglioramento dei servizi e dell’assistenza alle
imprese, attraverso lo sportello regionale;
f) Gli interventi a sostegno dello sviluppo della commercializzazione e
dell’internazionalizzazione delle imprese;
g) La determinazione delle modalità di formazione e di attuazione degli
strumenti della programmazione negoziata, per quanto concerne le
relazioni tra Regione, Enti locali e soggetti privati, anche in relazione
alle competenze che verranno affidate ai soggetti responsabili.
La Regione, con apposita legge, disciplina l’individuazione delle
aree industriali e le aree ecologicamente attrezzate, dotate delle infrastrutture e
dei sistemi necessari a garantire la tutela della salute, della sicurezza e
dell’ambiente, nell’ambito delle linee di assetto territoriale di cui all’art. 5 della
L. R. n. 7/78, garantendo la partecipazione degli Enti locali interessati al
procedimento di individuazione di tali aree. Vengono altresì disciplinate le
forme di gestione di cui all’art. 26 del d. lgs. n. 112 del 1998 e le modalità di
acquisizione dei terreni compresi nelle aree di cui sopra.
Sono attribuite alle Province funzioni amministrative e compiti
concernenti:
a) La concessione di agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi e di
qualsiasi altro beneficio comunque riferito all’industria, ivi compresi
83
quelli per le piccole e medie imprese nonché l’erogazione di
contributi ai consorzi, nei casi e per i fini di cui all’art. 19, comma 2,
del d. lgs. n. 112 del 1998;
b) La programmazione negoziata e la promozione della concertazione
tra gli Enti locali, le associazioni imprenditoriali, sindacali e gli Enti
ad autonomia funzionale;
c) La
promozione
ed
il
coordinamento
dei
progetti
di
ammodernamento dei sistemi produttivi locali;
d) La promozione ed il coordinamento delle gestioni associate
intercomunali degli sportelli unici, nel rispetto delle competenze
comunali;
e) I programmi di innovazione e trasferimento tecnologico;
f) I programmi di sostegno alla ristrutturazione, riconversione e
sviluppo di singoli settori industriali ed a gli investimenti per impianti
ed acquisto di macchine;
g) I programmi per lo sviluppo aziendale finalizzati ad incrementare
l’occupazione;
h) Lo sviluppo e la qualificazione dell’impresa cooperativa nonché il
sostegno alla realizzazione, al potenziamento ed alla diffusione sul
territorio regionale dei servizi reali alle imprese;
i) L’accertamento di speciali qualità delle imprese che siano
specificatamente richieste dalla legislazione vigente;
j)
La promozione ed il sostegno alla costruzione di consorzi tra piccole
e medie imprese industriali.
Le Province, inoltre, concorrono, anche in riferimento all’articolo
84
3 della legge 488/92, alla formazione delle attività previste da questa legge. Al
fine di favorire lo sviluppo socio economico locale, le Province promuovono
gli istituti e gli strumenti di programmazione negoziata previsti dalla
legislazione nazionale vigente, anche mediante apposite modalità di confronto
e concertazione tra Enti locali, forze economiche e sociali, Camere di
commercio, industria, artigianato e agricoltura e altri soggetti pubblici e
privati.
Ai Comuni sono attribuite funzioni e compiti amministrativi
concernenti:
a) Programmazione e pianificazione degli obbiettivi comunali di
sviluppo territoriale, economico, sociale e culturale, in sintonia con il
programma provinciale e regionale;
b) Individuazione e gestione, singolarmente o in forma associata, delle
aree ecologicamente attrezzate per attività produttive e individuano le
aree industriali per insediamenti produttivi da parte di consorzi di
imprese;
c) Rilascio delle concessioni o autorizzazioni per la realizzazione,
l’ampliamento, la cessione, la riattivazione, la localizzazione e la
rilocalizzazione di impianti produttivi in conformità alle disposizioni
della legge regionale, incluso il rilascio delle concessioni o
autorizzazioni edilizie.
Al fine di perseguire gli obbiettivi di coordinamento e
semplificazione del corpo normativo regionale in vigore, si procede al
riordino delle norme mediante l’emanazione di testi unici riguardanti le
materie e i settori omogenei.
85
CAPITOLO TERZO
IL NUOVO REGIME GIURIDICO DEI CONSORZI
PER LE AREE, I NUCLEI E LE ZONE DI SVILUPPO
INDUSTRIALE
3.1 Il Nuovo ruolo dei Consorzi
La Proposta di legge regionale ( PP. LL. N. 256/5^ e 260/5^ )
introduce una riforma organica della disciplina dei Consorzi per le aree di
sviluppo industriale al fine di predisporre degli strumenti di politica industriale
regionale adeguati alle nuove esigenze dell’economia.
Le profonde trasformazioni dei rapporti economici avvengono
all’insegna della mondializzazione e della competitività tra sistemi economici
territoriali.
La realizzazione del mercato comune e, più in generale, l’apertura
dei mercati alla concorrenza internazionale, uniti alle trasformazioni
dell’organizzazione di impresa nel segno della flessibilità e della mobilità,
hanno reso obsoleti i vecchi strumenti di politica industriale.
Il nodo centrale è che le imprese per insediarsi in un’area devono
trovare un ambiente favorevole, fatto di servizi, efficienza amministrativa,
capitale umano, reti di fiducia e di cooperazione.
86
Se le imprese non lo trovano in un luogo possono andare a
cercarlo in un altro, anche al di fuori dell’originaria area geografica di
appartenenza. In sostanza, nella nuova organizzazione economica si compete
sempre più tra “sistemi territoriali”.
E tali sistemi territoriali devono potersi adeguare con rapidità e
flessibilità agli incessanti mutamenti del mondo della produzione e dei servizi;
autonomia e deburocratizzazione diventano aspetti fondamentali per il
successo economico di un sistema territoriale e quindi della sua capacità di
attrarre nuove imprese, favorirne l’insediamento e la crescita.
Partendo da queste premesse occorre modificare in profondità il
ruolo, la struttura, la logica di funzionamento dei consorzi i quali
concentravano la loro attività soprattutto nella assegnazione di aree alle
imprese a prezzi politici e nella realizzazione di opere pubbliche, più o meno
costose, non sempre collegate alla reale vocazione del territorio di riferimento.
Ora, invece, i compiti dei Consorzi diventano assai più ambiziosi e
sono essenzialmente diretti a promuovere lo sviluppo economico dei territori
in cui operano, realizzando le migliori condizioni ambientali per il
consolidamento e l’espansione delle attività produttive e dei servizi già
esistenti e per il sorgere di nuove iniziative.
La gamma delle attività che, alla luce di questa funzione, i
Consorzi sono chiamati a svolgere è molto ampia: insieme al più tradizionale
compito di acquisizione delle aree e di assegnazione delle stesse agli
imprenditori, c’è tutta una serie di nuove competenze dirette a rendere
l’ambiente più favorevole all’intrapresa economica e ad attrarre nuove
imprese: creazione di servizi di assistenza, di consulenza, promozione di patti
87
territoriali e di contratti di area, realizzazione e gestione di infrastrutture a
servizio della imprese, iniziative per favorire l’orientamento e la formazione
professionale.
Per lo svolgimento di tali attività e per l’erogazione dei servizi è
previsto un complesso di strumenti istituzionali che vanno dalla gestione
diretta del servizio all’appalto a terzi, dalla costruzione e gestione alla
conclusione di accordi con altre amministrazioni pubbliche.
L’imprenditore che intende investire in Calabria deve trovare la
massima convenienza a farlo. Per raggiungere questi obbiettivi necessitano
norme di semplificazione dell’attività amministrativa, con l’uso della
conferenza di servizi, che deve pervenire ad una decisione entro breve tempo
e dei meccanismi che consentono il rapido superamento dell’inerzia di
qualsiasi pubblica amministrazione.
Il nuovo ruolo assegnato ai Consorzi richiede flessibilità operativa
e aderenza alle specifiche esigenze delle realtà locali. Perciò si è inteso
attribuire il massimo risalto alla sua autonomia, che è innanzitutto statutaria e
che si riflette nell’ampia possibilità riconosciuta a svariati soggetti di
partecipare al Consorzio. Nella medesima prospettiva si inserisce la drastica
riduzione degli atti sottoposti al controllo di legittimità da parte
dell’Assessorato all’Industria che riguarderà solo pochi atti fondamentali,
contribuendo, anche per questa via a rendere più rapida l’attività del
Consorzio. E’ conservata comunque la possibilità, in caso di gravi irregolarità,
di sciogliere gli Organi dei Consorzi.
Tutte le novità postulano un adeguamento della macchina
organizzativa ai nuovi compiti. L’organizzazione deve essere snella, efficiente
88
e deburocratizzata; ciò passa attraverso la riduzione dell’attuale composizione
degli organi del Consorzio e l’assetto delle competenze che privilegia la netta
separazione delle attività “politiche “ di indirizzo con quelle di gestione.
Ad evitare il pericolo di interventi episodici e non coordinati è
previsto che il Consorzio operi sulla base di strumenti programmatori ben
definiti, di proiezione quinquennale che siano coerenti con gli indirizzi definiti
dalla Regione.
3.2 L’evoluzione del Progetto di Legge (PP. LL. N. 256/5^ e N.
260/5^)
In attesa del riordino dell’organizzazione dell’amministrazione
regionale e degli enti sub-regionali, anche economici, la regione in attuazione
dell’art. 65 D.P.R. 24/07/1977 N° 616, ed a norma dell’art. 36 della legge
5/10/1991 N° 317, della legge 19/07/1993 N° 237 e 08/08/1995 N° 314,
con la Legge Regionale 29/05/1997 N° 13 si tenta di disciplinare per la prima
volta, dopo la legge 4/72, l’assetto, le funzioni e la gestione dei Consorzi per
le Aree ed i Nuclei di Sviluppo Industriale.
Questa legge è stata rinviata dal Commissario di Governo della
Regione Calabria al Consiglio Regionale perché in contrasto con la normativa
nazionale.
Finalmente, questo disegno di legge, viene riformulato con
deliberazione del Consiglio Regionale N° 388 del 10/01/2000, ma il
Commissario di governo lo rinvia al Consiglio Regionale per la modifica degli
art. 18, c. 6 e 5; art. 22; art. 25 in aperta violazione delle leggi nazionali.
La nuova amministrazione regionale, insediatasi nel mese di
89
Giugno 2000 tenta una forzatura e riapprova, il testo originario, con la
maggioranza assoluta dei suoi componenti ed il governo nazionale in risposta
pone la questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale.
Dopo queste vicende il progetto di legge viene riesaminato dalla
Prima Commissione Permanente-Politica Istituzionale, nelle sedute del 28
Novembre e 19 Dicembre 2001, nelle quali viene definito il nuovo testo
mediante modifica degli art. 18 e 22 nonché stralcio dell’art. 25, il relatore sarà
l’On. Gianfranco Leone. Questa è l’evoluzione del progetto di legge ( PP. LL.
N. 256/5^ e N. 260/5^ ) che sarà successivamente approvato dal Consiglio
Regionale, risultante dalle ricerche effettuate presso la Prima Commissione
Permanente-Politica Istituzionale.
3.3 I nuovi “Consorzi per lo Sviluppo Industriale” in Calabria
La Regione Calabria, con la legge regionale 24/12/2001 N° 38,
disciplina l’assetto, la costituzione ed il funzionamento dei Consorzi per le
Aree, i Nuclei e le Zone di Sviluppo Industriale in attuazione dell’art. 65 del
D.P.R. 616/1977.
Il fine è quello di predisporre degli strumenti di politica industriale
per la Regione, adeguati alle esigenze che si stanno sviluppando nell’ambito
dell’economia regionale. Il nodo centrale è quello di permettere alle imprese
che vogliono insediarsi nelle aree industriali di trovare un ambiente
complessivamente più favorevole a quello che è lo sviluppo dell’imprenditoria
stessa.
In effetti si è cercato di far diventare i Consorzi come dei sistemi
territoriali capaci di accogliere e di dare tutti quelli che sono i servizi necessari
90
all’imprenditoria, realizzando le migliori condizioni ambientali in termini di
servizi, di assistenza, di consulenza, di promozione di quegli strumenti nuovi
che vanno dai patti territoriali ai contratti d’area, in maniera che chi decide di
fare impresa in Calabria ha tutte le agevolazioni possibili per procedere in
questa direzione.
I Consorzi per le Aree, i Nuclei e le Zone di sviluppo industriale
assumono la denominazione unica di “ Consorzi per lo Sviluppo Industriale”,
l’area di competenza coincide di norma con il territorio della provincia
d’appartenenza.
I Consorzi sono Enti Pubblici Economici costituiti per la
promozione dell’industrializzazione e dell’insediamento d’attività produttive,
sono anche strumenti della Regione per la promozione industriale secondo il
coordinamento, l’indirizzo ed il controllo della Giunta Regionale.
I Consorzi già costituiti hanno sede in Crotone, Cosenza, Lamezia
Terme, Reggio Calabria e Vibo Valentia, (possono trasferire la sede in altro
comune della provincia, ovvero istituire sedi operative previa deliberazione
dell’Assemblea generale).
Per quanto riguarda il Consorzio di Lamezia Terme per il quale
era in atto una procedura di liquidazione, questo prosegue senza soluzione di
continuità tutte le attività e rapporti in essere di competenza del già esistente “
Consorzio per il Nucleo di Industrializzazione di Lamezia Terme”, la cui
procedura di liquidazione, per effetto della nuova legge, viene sospesa.
Continua ad operare sul territorio di pertinenza del vecchio Ente , utilizzando
a tal fine: i locali dell’attuale sede, il personale dipendente, nonché i beni
strumentali, le infrastrutture e le opere di urbanizzazione, tuttora esistenti.
91
Possono partecipare ai Consorzi, oltre la Regione con una quota
non inferiore al 25%, i Comuni, le Province, le Comunità Montane, le Camere
di Commercio, altri Enti ed Istituti pubblici, Associazioni d’imprenditori,
Istituti di Credito, Imprese e Consorzi d’Imprese, nonché altri soggetti
previsti dall’art. 36 della legge 317/91, che abbiano interesse ed operino nelle
aree di pertinenza del Consorzio.
3.4 Lo statuto
Lo Statuto disciplina l’organizzazione ed il funzionamento dei
Consorzi stabilendo, nel rispetto della legislazione statale e regionale, in
particolare:
a) L’ammontare iniziale del fondo di dotazione dei Consorzi ed i criteri
per la determinazione dei conferimenti;
b) I requisiti e le modalità d’ammissione di nuovi soggetti partecipanti;
c) I criteri generali per l’esercizio delle funzioni attribuite o delegate ai
Consorzi dalle leggi statali e regionali;
d) La composizione e il funzionamento degli organi consortili e le
relative norme di nomina e rinnovo;
e) Le competenze attribuite ai singoli organi;
f) I criteri per il ripiano di eventuali disavanzi da parte dei soggetti
partecipanti.
Lo statuto e le relative modificazioni sono adottati dall’assemblea
Generale del Consorzio e approvate con Decreto del Presidente della Regione
su conforme deliberazione della Giunta Regionale.
92
3.5 Gli organi
Sono organi dei Consorzi di Sviluppo Industriale:
•
L’Assemblea Generale;
•
Il Comitato direttivo;
•
Il Presidente;
•
Il Collegio dei Revisori dei Conti.
•
Il Direttore
La durata in carica degli Organi è fissata in 5 anni per i membri
dell’ Assemblea Generale ed il Comitato Direttivo, con possibilità di
rielezione per una sola volta, e in 3 anni per il Collegio dei Revisori dei Conti.
Ai componenti degli organi suddetti si applicano, in materia di incompatibilità,
le disposizioni nazionali e regionali vigenti
3.6 L’Assemblea Generale
L’Assemblea Generale è composta dai legali rappresentanti dei
soggetti consorziati o loro delegati. L’Assemblea Generale è Competente sui
seguenti atti fondamentali:
a) Adotta lo Statuto e le modificazioni a maggioranza assoluta dei
componenti assegnati e, dopo la terza votazione, a maggioranza
semplice;
b) Elegge il Comitato Direttivo ed il Presidente;
c) Decide sull’ammissione al Consorzio di nuovi partecipanti e sulla
decadenza dei consorziati;
d) Determina le quote a carico dei consorziati e quelle necessarie per
riparare eventuali disavanzi;
93
e) Propone l’affidamento al Consorzio di nuove funzioni da parte degli
enti consorziati;
f) Fissa le indennità spettanti ai membri del Comitato Direttivo, al
Presidente, al Collegio dei Revisori dei Conti e l’entità del gettone di
presenza ai componenti dell’Assemblea Generale.
g) Approva entro il 31 Ottobre di ogni anno, il Piano Economico
Finanziario (P.E.F.) relativo all’esercizio successivo, ed entro il 30
Aprile, il Bilancio di Esercizio predisposto dal Comitato Direttivo. Il
termine di approvazione del Bilanci di Esercizio può essere prorogato
eccezionalmente al 30 Giugno, previa apposita deliberazione del
comitato direttivo;
h) Delibera sulla contrazione dei mutui;
i) Adotta gli strumenti urbanistici di competenza del Consorzio.
3.7 Il Comitato Direttivo
Il Comitato Direttivo, presieduto dal Presidente del Consorzio, è
composto da un numero variabile da cinque a sette membri di cui uno
nominato dal Presidente della Giunta Regionale, previa deliberazione della
Giunta regionale, ed i rimanenti dall’Assemblea Generale.
Il Comitato Direttivo compie tutti gli atti di amministrazione non
riservati all’Assemblea Generale e che non rientrino nelle competenze previste
dalle leggi o dallo Statuto, del Presidente e dei dirigenti. In particolare:
a) approva i regolamenti riguardanti il funzionamento del Consorzio e lo
svolgimento dei suoi servizi;
b) disciplina l’ordinamento degli uffici e dei servizi, le piante organiche e
94
le relative variazioni secondo le disposizioni di cui all’articolo 6,
commi 1, 2,4 e 9della legge n. 127/97, in quanto compatibili;
c) approva la proposta del Piano Economico e Finanziario e, sulla base
degli indirizzi definiti dall’Assemblea Generale, gli accordi di
programma;
d) stabilisce, nel rispetto della normativa e della contrattazione vigente, il
trattamento giuridico ed economico del personale;
e) approva i regolamenti per cedere in proprietà o in uso alle imprese gli
immobili di cui il Consorzio ha acquisito la disponibilità;
f) nomina il Direttore Generale del Consorzio, scegliendolo tra il
proprio personale di ruolo con qualifica dirigenziale, munito di laurea.
In difetto può conferire, con scelta motivata e con modalità di
evidenza pubblica, il relativo incarico, mediante contratto a termine, di
durata non superiore a quella dell’Assemblea Generale a esperti o
professionisti estranei all’amministrazione dell’ente, in possesso del
diploma di laurea, di età non superiore a 60 anni, che, in posizione
dirigenziale, abbiano maturato esperienza almeno quinquennale di
direzione di Enti Pubblici o privati in materia di sviluppo industriale
negli ultimi dieci anni decorrenti dalla data di pubblicazione del
bando. In sede di prima applicazione i Direttori comunque nominati
alla data del 30 giugno 2000 sono confermati senza ulteriori formalità.
Quando il numero dei membri del Comitato Direttivo da
sostituire è superiore almeno alla metà dei componenti si provvede al totale
rinnovo.
Possono essere componenti del Comitato Direttivo anche soggetti
95
esterni all’Assemblea Generale, purché in possesso di comprovata e
documentata esperienza in materia di sviluppo industriale.
3.8 Il Presidente
Il Presidente è eletto dall’Assemblea Generale a scrutinio segreto e
a maggioranza assoluta dei componenti assegnati. Dopo la terza votazione è
sufficiente la maggioranza semplice.
Il Presidente ha la rappresentanza legale del Consorzio ed esercita
le funzioni demandategli dallo Statuto.
3.9 Il Direttore
Il Direttore ha la responsabilità gestionale del Consorzio; gli
spettano, secondo le disposizioni dello Statuto e del regolamento, tutti i
compiti, compresa l’adozione di atti che impegnano il Consorzio verso
l’esterno, che la legge e lo Statuto stesso non abbiano riservato agli organi
consortili.
3.10 Il Collegio dei Revisori dei Conti
Il Collegio dei Revisori dei Conti è composto da un Presidente e
da due membri effettivi e due supplenti iscritti all’albo di cui al decreto
legislativo n. 88 del 1992, 31è eletto dal Consiglio Regionale con una votazione
per i membri effettivi ed una per i membri supplenti, ed è nominato con
decreto del Presidente della Giunta Regionale.
31
F.GALGANO Diritto Commerciale “Le Società”, Bologna 1999 Pag. 294
96
3.11 La Funzione dei Consorzi
I Consorzi di sviluppo industriale, nell’ambito dei territori dei
comuni consorziati in cui operano, provvedono in particolare:
a) alla redazione, in conformità alle indicazioni del Piano regionale di
sviluppo, dei piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo
industriale;
b) agli studi, ai progetti ed alle iniziative per promuovere lo sviluppo
produttivo nelle zone di intervento;
c) alla ricerca tecnologica, progettazione, sperimentazione, acquisizione
di conoscenze e prestazione di assistenza tecnica, organizzativa e di
mercato connessa al progresso ed al rinnovamento tecnologico,
nonché alla promozione di attività di consulenza e di assistenza, con
particolare riguardo al reperimento, alla diffusione e all’applicazione di
innovazioni tecnologiche;
d) alla promozione di attività di consulenza e assistenza per la nascita di
nuove iniziative imprenditoriali e per il loro consolidamento;
e) alla assunzione, sulla base di apposite convenzioni con la Regione e gli
enti locali, di iniziative per favorire l’orientamento e la formazione
professionale dei lavoratori, dei quadri direttivi ed intermedi e dei
giovani imprenditori, ivi comprese le iniziative finalizzate
all’introduzione di nuove tecnologie e metodi per il miglioramento
della qualità;
f) a curare la promozione di patti territoriali e contratti d’area;
g) all’acquisizione e alla progettazione di aree attrezzate per insediamenti
produttivi, ivi compresa l’azione promozionale per l’insediamento di
97
attività produttive in dette aree, alla progettazione e alla realizzazione
delle opere di urbanizzazione e dei servizi, nonché all’attrezzatura
degli spazi pubblici destinati ad attività collettive. La gestione delle
opere di urbanizzazione, delle infrastrutture e dei servizi può essere
attuata anche avvalendosi di cooperative, Consorzi di gestione e
società a capitale misto;
h) alla vendita, all’assegnazione e alla concessione alle imprese di lotti in
aree attrezzate. A tal fine, il Comitato Direttivo dei Consorzi con
proprio atto individua le aree ed i criteri per l’assegnazione;
i) alla costruzione in aree attrezzate di fabbricati, impianti, laboratori per
attività industriali e artigianali, commerciali all’ingrosso ed al minuto,
depositi e magazzini;
j)
alla vendita, alla locazione e alla locazione finanziaria alle imprese di
fabbricati e impianti in aree attrezzate;
k) alla realizzazione e gestione di aree produttive, artigianali, commerciali
all’ingrosso ed al minuto o destinate a centri e servizi commerciali.
Tali aree possono essere individuate anche dagli strumenti urbanistici
comunali;
l) all’assunzione e promozione dell’erogazione di servizi per favorire
l’insediamento e lo sviluppo delle attività produttive, anche attraverso
la cessione di aree per l’insediamento di aziende di servizio
convenzionate con i Consorzi;
m) all’esercizio delle attività previste dall’articolo 63 della legge 23
dicembre 1998, n. 448;
n) alla costruzione e gestione di impianti di depurazione degli scarichi
98
degli insediamenti produttivi, salvo quanto previsto dalla legge
regionale n. 10/97;
o) alla realizzazione e alla gestione di impianti tecnologici per la
distribuzione di gas metano e per la realizzazione e la gestione di altri
impianti a rete;
p) al recupero degli immobili industriali preesistenti per la loro
destinazione a fini produttivi e all’attuazione di programmi di
reindustrializzazione;
q) alla prosecuzione della gestione in atto degli impianti di acquedotto,
fognatura e depurazione fino al momento del loro trasferimento al
gestore del servizio idrico integrato ai sensi della legge regionale 3
ottobre 1997, n. 10;
r) alla riscossione delle tariffe e dei contributi per l’utilizzazione da parte
di terzi di opere e servizi realizzati o gestiti dai Consorzi;
s) a promuovere la costituzione ovvero a partecipare a società consortili
di cui all’articolo 27 della legge 5 ottobre 1991, n. 317;
t) all’assunzione di ogni altra iniziativa idonea al raggiungi mento dei fini
istituzionali, anche mediante la promozione di società e di Consorzi di
gestione a capitale misto.
Nell’esercizio delle loro attività i Consorzi si attengono a criteri di
efficacia, efficienza ed economicità, perseguendo l’equilibrio tra i costi
globalmente derivanti dalla loro attività di programmazione, ivi compresi
quelli del personale.
99
3.12 Delega alle Province
Sono delegate alle Province le funzioni amministrative di cui
all’art. 2 D.L. 20/05/1993 N° 149 convertito in legge 19/07/1993 N° 237,
ossia la delega all’approvazione degli strumenti urbanistici dei Consorzi,
mentre non devono intervenire sulla programmazione industriale, questo
emendamento è stato inserito su richiesta dell’On. Borrello (risulta dal
resoconto sommario della Commissione) in quanto sarebbe contraddittorio
rispetto al quadro legislativo attuale non attribuire tale delega alle Province.
3.13 I Programmi di Attività
I Consorzi svolgono le proprie funzioni istituzionali sulla base di
programmi quinquennali di attività e di organizzazione, che si conformano
agli indirizzi definiti dalla Regione nei propri piani generali e settoriali di
sviluppo economico. I piani sono elaborati sulla base di criteri che tengano
conto della sussistenza di processi di ristrutturazione e di conversione
industriale già in stato di avanzamento e della presenza di gravi fenomeni di
degrado ambientale, economico e sociale.
I programmi e le attività sono approvati dall’Assemblea Generale
entro 180 giorni dal suo insediamento e trasmessi alla Regione entro 10 giorni
dall’adozione. Essi devono indicare:
a) le azioni di promozione delle attività produttive e gli specifici
interventi per realizzarle;
b) le risorse finanziarie necessarie e le diverse fonti di provvista;
c) le misure organizzative adeguate a sostenere le azioni prescelte,
riguardanti la razionalizzazione delle strutture consortili, al fine di
100
ridurne i costi e migliorarne l’esistenza;
d) l’eventuale costituzione di società o consorzi o la partecipazione a loro
per la gestione di servizi consortili o per le attività di assistenza alle
imprese.
La Regione, entro 30 giorni dal ricevimento dei programmi, al fine
di esaminare contestualmente i vari interessi coinvolti, indice una conferenza
di servizi alla quale sono invitati a partecipare, oltre agli Enti pubblici o privati
consorziati, anche altri soggetti direttamente o indirettamente interessati dagli
interventi previsti in detti programmi ed attività, nonché i dirigenti dei
Dipartimenti regionali interessati.
La Giunta regionale, tenuto conto delle osservazioni raccolte nella
conferenza di servizi, approva i programmi entro e non oltre 60 giorni dalla
data di svolgimento della stessa conferenza, trascorsi i quali opera l’istituto del
silenzio-assenso.
3.14 Il Bilancio
Il bilancio del Consorzio si conforma alle norme stabilite dallo
Stato in modo da consentire la lettura per programmi, obiettivi ed interventi.
32
I Consorzi devono predisporre ed approvare entro il 31 ottobre
di ogni anno il piano economico-finanziario, concernente i programmi di
investimento e di attività relativi all’esercizio dell’anno successivo e farlo
pervenire entro dieci giorni alla Giunta Regionale che esercita il controllo
entro 30 giorni dal ricevimento, trascorsi i quali, si intende approvato.
32
GIUSEPPE FARNETI Gestione e Contabilità dell’Ente Locale, Rimini 1997, Pag. 101
101
3.15 Il Capitale e i mezzi finanziari
Il capitale di proprietà dei Consorzi è formato dai conferimenti dei
partecipanti al momento della loro costituzione e da quelli successivi, dai
contributi in conto capitale, aumentato degli utili e diminuito delle perdite
derivanti dalla loro attività.
I mezzi finanziari di cui i Consorzi possono disporre sono
costituiti oltre che da quelli provenienti dai mezzi propri e da quelli derivanti
dallo svolgimento della propria attività, anche:
a) dal contributo annuale di dotazione ordinaria da parte degli altri
organismi partecipanti, ripartito secondo i criteri indicati nello statuto;
b) dai fondi regionali, statali e comunitari appositamente destinati alla
realizzazione, gestione e manutenzione di opere e servizi;
c) da finanziamenti concessi da istituti di credito anche a medio termine.
3.16 Le Funzioni della Regione
I Consorzi di Sviluppo Industriale diventano strumenti della
Regione per le attività di promozione industriale nel territorio regionale con
particolare riferimento alla realizzazione di infrastrutture.
La Giunta regionale:
a) emana atti di indirizzo e di coordinamento dell’attività dei Consorzi;
b) approva i piani economici e finanziari dei Consorzi.
La Giunta regionale esercita il controllo sul Piano economico e
finanziario (P.E.F.).
Il controllo sul P.E.F. è esercitato entro 40 giorni dal ricevimento
dell’atto ed il termine può essere sospeso, per una sola volta con richiesta da
102
parte dell’Assessorato all’Industria, di chiarimenti o elementi integrativi,
ricevuti i quali la Giunta, entro i successivi 30 giorni, dovrà esprimersi
definitivamente.
3.17 Il Controllo e la Vigilanza
Il controllo interno sull’attività dei Consorzi di sviluppo industriale
spetta al Collegio dei Revisori dei Conti.
La vigilanza sull’attività dei Consorzi di sviluppo industriale è
esercitata dalla Giunta Regionale, anche mediante l’acquisizione delle
necessarie informazioni dal Collegio dei Revisori dei Conti e tende a verificare
il rispetto delle prescrizioni e degli indirizzi della programmazione regionale,
generale e di settore, e della pianificazione territoriale.
Nell’esercizio del potere di vigilanza, il Presidente della Giunta
Regionale, su proposta dell’Assessore all’industria od autonomamente, può:
a) disporre ispezioni per accertare il regolare funzionamento dei
Consorzi;
b) provvedere, previa diffida, agli organi dell’ente al compimento di atti
resi obbligatori da disposizioni di legge e di regolamento, anche con la
nomina di commissari ad acta.
Nei casi in cui sia maturata la scadenza statutaria senza che si sia
provveduto da parte dell’Assemblea alla formale proroga dell’Ente ai sensi e
nel rispetto delle previsioni di cui all’articolo 37 ter, comma 7, della legge
regionale n. 10/1998, il Presidente della Giunta Regionale, su proposta
dell’Assessore all’industria od autonomamente, procede alla nomina di un
Commissario straordinario di liquidazione.
103
3.18 I Piani Regolatori delle Aree
Gli strumenti urbanistici di cui all’articolo 51 del D.P.R. 6 marzo
1978, n. 218 e relative varianti sono adottati dall’Assemblea del Consorzio,
previo parere dei comuni consorziati. Gli strumenti urbanistici sono approvati
dalla provincia ed hanno valenza di piani territoriali di coordinamento ai sensi
dell’articolo 5 della legge 1150/1942.
Per le espropriazioni si applicano le disposizioni della legge 25
giugno 1865, n. 2359 e successive modificazioni e integrazioni, 33salvo quanto
disposto dall’articolo 53 del D.P.R. n. 218/1978 e le relative funzioni sono
esercitate dai Presidenti dei Consorzi, previa comunicazione ai sindaci dei
territori interessati.
I Consorzi possono avvalersi delle procedure d’urgenza di cui alla
legge 3 gennaio 1978 n. 1 e successive modificazioni e integrazioni.
Ai fini della progettazione e della realizzazione degli interventi, i
Consorzi possono concludere con la Regione e con gli altri enti pubblici
accordi di programma ove sono stabiliti gli obiettivi, i tempi e le modalità di
attuazione e le previsioni di spesa. In caso di partecipazione del comune o dei
comuni interessati all’accordo di programma, ove l’accordo comporti
variazioni degli strumenti urbanistici, si applicano le norme di cui all’articolo
27, commi 4 e 5,della legge 8 giugno 1990, n. 142 e dell’articolo 1, comma 59,
della legge 28 dicembre 1995, n. 549 e successive modificazioni ed
integrazioni.
Per aree ecologicamente attrezzate si intendono quelle che sono
dotate o si dotano delle strutture e degli impianti idonei ad assicurare la tutela
33
F.GALGANO, Diritto Privato, Milano 1996, Pag. 120
104
dell’ambiente, della salute e della sicurezza, oltre ad adeguati impianti e sistemi
di monitoraggio ambientale dei livelli atmosferici, acustici ed elettromagnetici.
I Consorzi che si sono dotati dell’attrezzatura di tutela ambientale,
della salute e della sicurezza richiedono alla Provincia di dichiararne la
qualificazione come area ecologicamente attrezzata. Il Presidente della
Provincia, previa opportuna verifica, provvede con proprio atto al relativo
riconoscimento.
3.19 Le Opere di Urbanizzazione
I Comuni possono affidare ai Consorzi di sviluppo industriale la
realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione relative alle aree attrezzate
per insediamenti produttivi e delle infrastrutture e delle opere per il loro
allacciamento ai pubblici servizi, sulla base di una convenzione tipo
predisposta dai Consorzi stessi.
La realizzazione diretta può avere ad oggetto le opere di
urbanizzazione interne all’area di intervento e quelle esterne, ivi comprese le
aree acquisite dal Consorzio o dai comuni, che risultino funzionali e
necessarie alla piena attrezzatura dell’area interessata. La realizzazione può
anche avere ad oggetto in tutto o in parte le opere o le infrastrutture
necessarie ad allacciare la zona ai pubblici servizi. Il Consorzio può altresì
assumere la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione, anche non di
pertinenza dell’area interessata, purché funzionali alle attrezzature della stessa.
La realizzazione delle opere di urbanizzazione deve avvenire in
base a progetti esecutivi predisposti dal Consorzio ed approvati
dall’amministrazione comunale.
105
La determinazione delle spese per le opere da realizzare, le
modalità di valutazione e di cessione delle opere e delle relative aree sono
stabilite sulla base della convenzione.
Le convenzioni stipulate tra Consorzio e Comuni sulla base della
convenzione tipo costituiscono, a favore del Consorzio, atto di concessione
per la realizzazione delle opere indicate.
3.20 Manutenzione ed Esercizio Infrastrutture
La Regione, la Provincia, i Comuni e altri enti possono affidare ai
Consorzi di sviluppo industriale la manutenzione e l’esercizio delle opere di
urbanizzazione, delle infrastrutture e degli allacci a servizio delle attività
produttive e da realizzare nell’ambito del territorio di competenza e dei suoi
accessi.
Per le opere per le quali è prevista, a norma dell’atto di
affidamento, la consegna all’ente pubblico titolare, i compiti di manutenzione
ed esercizio sono svolti dal Consorzio fino al giorno della consegna stessa. Per
tutte le altre opere ed impianti il Consorzio svolgerà i relativi compiti per il
tempo della sua durata.
I Consorzi di sviluppo industriale provvedono alla determinazione
e riscossione dei corrispettivi dovuti dalle imprese per i servizi di
manutenzione delle opere e per la gestione degli impianti.
3.21 Passaggio dal vecchio al nuovo regime
Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della Legge
Regionale 24/12/2001 N° 38, il Presidente della Giunta Regionale, su
106
proposta dell’Assessore all’industria, delibera lo scioglimento degli organi
ordinari già esistenti, contestualmente, nomina un commissario straordinario
che provvede fino alla nomina dei nuovi Consigli di amministrazione e
comunque per un periodo non superiore a nove mesi:
a) Alla gestione dei Consorzi;
b) Alla redazione dell’ inventario delle loro infrastrutture e dei loro beni
patrimoniali realizzati con finanziamenti pubblici;
c) Alla stesura di una relazione sullo stato delle attività e passività;
d) All’adeguamento dello statuto del Consorzio alle norme della nuova
legge.
I Commissari dei Consorzi di amministrazione straordinaria
esistenti alla data di entrata in vigore della legge assumono e svolgono le
funzioni sopra descritte.
I Commissari adottano nel termine di 100 giorni dalla nomina,
tutti gli atti necessari per consentire la nomina dell’assemblea generale dei
Consorzi, che deve essere insediata entro i successivi 30 giorni, l’assemblea
provvederà alla nomina del Consiglio di amministrazione, dai verbali della
seduta del Consiglio Regionale del 15/01/2001 risulta che il motivo per cui è
stato deciso il commissaria mento dei Consorzi è l’insediamento di nuovi
organi che dovranno procedere ad approvare il nuovo statuto, che è il
documento da cui nascerà il nuovo Ente.
I Consorzi la cui durata scade prima dell’entrata in vigore della
nuova legge, sono prorogati di un anno.
Entro 180 giorni dall’entrata in vigore della nuova legge potranno
essere istituiti nuovi Consorzi in aree con almeno 150.000 abitanti che
107
abbiano una vocazione industriale.
I soggetti proponenti (Comuni, Province,Enti pubblici e soggetti
privati) dovranno garantire al costituendo Consorzio un patrimonio in beni e
in risorse pari almeno a 100 miliardi di cui il 40% in risorse finanziarie. La
giunta regionale, previo parere vincolante della competente commissione
consiliare, procederà all’approvazione. Per quanto riguarda la possibilità di
costituzione di nuovi Enti, và precisato che è stata oggetto di un intenso
dibattito in Consiglio, principalmente per quanto i limiti imposti dalla nuova
legge, infatti la soluzione adottata impone in risorse finanziarie solo il 40% dei
100 miliardi che costituiscono il patrimonio iniziale e tenendo conto che la
Regione apporta il 25%, quindi diventa più facile e meno oneroso per
Comuni e Province reperire le necessarie risorse finanziarie.
3.22 Conflitto d’interesse Regione-Stato
Il Consiglio Regionale a seguito di rinvio , del Commissario di
Governo della Regione Calabria, ha riapprovato i progetti di legge riunificati
( PP. LL. N. 256/5^ e N. 260/5^) con la maggioranza assoluta dei suoi
componenti.
Il Governo della Repubblica, in risposta a questo atto
insubordinazione, ha promosso, davanti alla Corte Costituzionale la questione
di legittimità delle seguenti norme: art. 18, comma 5 “Nel caso di accertata
impossibilità di funzionamento degli organi consortili o di riscontrate
gravi irregolarità nella gestione e nel perseguimento delle finalità
istituzionali,
il
Presidente
della
giunta
regionale,
su
proposta
dell’Assessore all’industria od autonomamente, può procedere allo
108
scioglimento degli organi stessi ed alla nomina di un Commissario
straordinario.” e comma 6 “La gestione commissariale non può avere
durata superiore a sei mesi. Entro tale termine devono essere ricostituiti
gli organi di amministrazione ordinaria”, art. 22 “Qualora sia opportuno
effettuare l’esame contestuale di più interessi pubblici coinvolti in un
procedimento amministrativo di iniziativa del Consorzio, il Direttore
indice la conferenza dei servizi e uffici interessati. Le conferenze sono
indette, in particolare, qualora si debbano acquisire intese, concerti, nulla
osta o assensi comunque denominati servizi o uffici dell’amministrazione
regionale, provinciale, comunale o di altre amministrazioni. In tal caso le
determinazioni concordate nella conferenza tra tutte le amministrazioni
intervenute tengono conto degli atti predetti. Si considera acquisito
l’assenso dell’amministrazione la quale, regolarmente convocata, non
abbia partecipato alla conferenza o vi abbia partecipato tramite
rappresentanti privi della competenza ad esprimere definitivamente la
volontà, salvo che essa non comunichi al Presidente del Consorzio il
proprio motivato dissenso entro venti giorni dalla conferenza stessa
ovvero dalla data di ricevimento della comunicazioni delle determinazioni
adottate, qualora queste ultime abbiano contenuto sostanzialmente diverso
da quelle originariamente previste. Resta salvo quanto disposto
dall’articolo 14, della legge 07/08/1990 n. 241, e successive modifiche ed
integrazioni.” Ed articolo 25 “Al fine di potenziare e riqualificare l’offerta
di appetibilità del territorio calabrese e favorire la realizzazione di nuovi
insediamenti produttivi, la Giunta regionale, di concerto con i Presidenti
dei Consorzi e previo parere della Commissione consiliare competente,
109
entro il termine di 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, individua, per singolo Consorzio, le filiere produttive da
privilegiare, tenendo conto della vocazione dei singoli territori.”.
I motivi sono:
a) Per l’articolo 18 commi 5 e 6, prevedendo che in caso di accertata
impossibilità di funzionamento degli organi consortili o di riscontrate
gravi irregolarità nella gestione e nel perseguimento delle finalità
istituzionali che il Presidente della Giunta regionale possa procedere
allo scioglimento degli organi stessi ed alla nomina di un commissario
straordinario, per un periodo non superiore a sei mesi, che provvede
alla gestione ordinaria ed alla ricostituzione degli organi statutari.
Forme di ingerenza della regione sulla attività e sugli organi dei
consorzi per le aree di sviluppo industriale che ponendosi in contrasto
sia con la disciplina statale di riferimento di cui all’articolo 36 della
legge n. 341/91 e all’articolo 11 della legge n. 341/95 che
configurando i Consorzi come Enti Pubblici Economici, attribuisce
alla regione soltanto il controllo sui piani economici e finanziari di
detti enti locali territoriali, sia con il principio di buona
amministrazione di cui all’articolo 97 della Costituzione non che con il
principio di autonomia degli enti locali territoriali di cui all’articolo 128
della Costituzione;
b) Per i medesimi motivi sopra esposti è censurabile l’articolo 25 che
prevede che la regione individui in ciascun Consorzio “ Le filiere
produttive da privilegiare tenendo conto della vocazione dei singoli
territori.”;
110
c) L’articolo 22 che prevede il procedimento della conferenza dei servizi
non è in linea con la recentissima disciplina statale di cui agli articoli
da 9 a 12 della legge 24/11/2000 n. 340 che ha ulteriormente
modificato le disposizioni vigenti della legge n. 241/90 in materia di
conferenza dei servizi.
Per i su esposti motivi il Commissario di Governo della Regione
Calabria ha rinviato il provvedimento a nuovo esame del Consiglio Regionale.
Questo è quanto risulta dal telegramma inviato dal Commissario di Governo
al Presidente del Consiglio Regionale ed al Presidente della Giunta Regionale.
111
REGIONE CALABRIA
I NUCLEI E LE AREE INDUSTRIALI IN CALABRIA
Consorzio per lo sviluppo
industriale della Provincia
di Cosenza
Consorzio per le aree industriali
del comprensorio di Lamezia
Terme
Consorzio per il nucleo di
industrializzazione di
Crotone
Consorzio per il nucleo di
sviluppo industriale di Vibo
Valentia
Consorzio per lo sviluppo
industriale della Provincia di
Reggio Calabria
112
CAPITOLO QUARTO
IL NUCLEO INDUSTRIALE DI CROTONE
4.1 La struttura del territoriale della Provincia di Crotone
4.1.1 Struttura Economica
La provincia di Crotone é classificata in numerose statistiche e
graduatorie come un’area del Mezzogiorno particolarmente svantaggiata.
Questa posizione di svantaggio ha assunto, con il passare degli
anni, una connotazione per molti aspetti “assoluti”, poiché permangono limiti
strutturali che
collocano il territorio crotonese agli ultimi posti delle
graduatorie degli indici socio economici nazionali.
D’altra parte, questa condizione trova una sua concreta
rappresentazione nel “primato” che assegna ad alcune aree della provincia di
Crotone (cfr. Commissione Parlamentare d’Indagine sulla Povertà in Italia)
quali i comuni di Isola Capo Rizzuto e Cutro, la qualificazione di zone più
povere della Calabria, a fronte del fatto che nella stessa provincia, città
capoluogo, sono domiciliate le imprese più ricche e importanti della Regione.
I dati più recenti relativi al Prodotto Interno Lordo (PIL)
provinciale pro capite delle 103 province italiane, collocano al 101° posto la
113
provincia di Crotone.
Le esportazioni nella provincia, nel 1997, ammontano a 31.026
milioni di lire, incidono per il 6,7% sulle esportazioni regionali. Il 22,28 %
dell’export crotonese è costituito da prodotti agricoli, il 21,65 % da minerali
ferrosi e non; il 20,47 % da
prodotti metalmeccanici. La variazione
percentuale rispetto al 1996 ha fatto registrare un regresso pari al -28,95%.
Gli indicatori degli scambi commerciali in entrata e uscita
dall’economia locale, attestano
“come ad ogni 100 lire importate
corrispondano solo circa 17 lire esportate”, quota modesta rispetto al dato
della Calabria (60,8) e dell’Italia (112,3).
L’andamento produttivo del crotonese è praticamente simmetrico
a quello del resto della Calabria, con un progressivo disavanzo della bilancia
commerciale.
4.1.2. Contesto Socio-economico
La “biografia” socio economica della Provincia di Crotone si
prefigura come un caso tipico, per molti aspetti addirittura paradigmatico, di
“localismo incompleto”. Sebbene con modalità diverse da quelle tipiche
dell’assistenzialismo dei “colletti bianchi”, burocratico e terziario, lo Stato ha
esercitato un ruolo molto importante nella formazione e nella crisi del
modello agro-industriale del crotonese.
L’intervento dello Stato nell’economia locale é stato massiccio.
Nel corso degli anni ‘50 il territorio é stato interessato al grande intervento
pubblico della Riforma Agraria che ha scomposto il vecchio assetto del
monopolio agricolo latifondista, connettendo al mercato, in un mercato locale
114
inesistente, protetto e paternalista.
Anche nel settore delle produzioni industriali, con la fornitura di
energia elettrica a basso costo, dopo la costruzione di invasi e centrali
idroelettriche nella vicina Sila, la mano pubblica è stata tutt’altro che invisibile.
La società e l’economia del crotonese erano caratterizzate, anche rispetto al
resto della Calabria, da una situazione di piena occupazione, e di forte
egualitarismo sociale.
Per decenni, l’intelaiatura istituzionale é stata tenuta nella camicia
di forza di un’altra provincia, quella di Catanzaro, diversa e talvolta
configgente con l’orizzonte di crescita della stessa città di Crotone, nel livello
elementare e frammentario delle microscopiche e deboli autonomie dei
comuni.
Per questo, nonostante le dinamiche evolutive, il modello storico
dello sviluppo del crotonese é rimasto per lungo tempo “intrappolato” nella
prigionia di uno sviluppo senza autonomia.
Negli anni Ottanta avviene la fine del protezionismo statale, il
crollo del fragile equilibrio instaurato dal protezionismo statale nell’industria,
finalizzato alla piena occupazione e al controllo sociale, nonché dalla
pianificazione degl’interventi nel settore agricolo comprensoriale, con
l’obiettivo di convogliare una massa imponente di offerta di lavoro nei flussi
migratori verso il “centro” dello sviluppo nazionale (triangolo industriale) ed
europeo (Comunità Economica Europea).
In questo periodo, il declino dei vecchi impianti industriali di base,
nel settore chimico e metallurgico, la forte crisi sociale provocata
dall’espandersi di fenomeni di devianza giovanile e di criminalità organizzata e
115
dalla trasformazione del mercato del lavoro, si sovrappongono
e si
intrecciano fino a produrre una emergenza che sfocia nello scoppio di un
conflitto sociale, noto come i “fuochi” di Crotone.
Tali “fuochi” segnano il limite invalicabile e la trasformazione
radicale dello scenario. La vecchia industria di base cade così non solo per via
della crisi verticale del comparto chimico a seguito dello shock petrolifero, ma
anche in virtù della diversa divisione internazionale ed europea del lavoro e
della produzione industriale.
4.1.3. Contesto Storico
Durante gli anni italiani del “boom economico”, per via degli
insediamenti industriali presenti sul territorio (chimica, metallurgia, energia), la
città, divaricandosi dal resto del comprensorio, conseguiva traguardi di
benessere e di crescita unici nella storia recente della Calabria.
Crotone appariva come una città ricca, moderna, una sorta di
piccola Milano del Sud, il volto di un altro mezzogiorno fino a quando, a
partire dai primi anni ‘70, la crisi del comparto chimico nazionale e
internazionale si manifestava localmente sotto forma di un vero e proprio
“sciopero degli investimenti” e in un graduale abbandono delle prospettive di
rafforzamento e di rinnovamento degli impianti esistenti, già obsoleti.
Tutto questo si sostanziava nell’annullamento del programmato
raddoppio Montedison, nella mancata realizzazione dell’impianto dei
cosiddetti “fanghi rossi”, anche a causa della scoperta di un vasto bacino
archeologico su cui dovevano sorgere i nuovi impianti industriali.
I mancati investimenti nei processi di produzione, la messa sul
116
mercato degli impianti ormai usurati, rilevati dalle holding di Stato,
determinarono una situazione
allo stesso tempo di prosecuzione e
abbandono.
Il collasso industriale ha messo a nudo la “questione ecologica”
sia a livello nazionale, con l’eliminazione del fosforo dalla produzione dei
detersivi, che a livello locale, con la rilevazione di un alto tasso
d’inquinamento ambientale e con il Rapporto dell’Organizzazione Mondiale
della Sanità sull’incidenza di malattie neoplastiche nell’area urbano-industriale.
All’inizio degli anni novanta, la situazione dell’area di Crotone,
interessata da una macro localizzazione strategica di difesa atlantica (Base
Nato F-16 - di Isola Capo Rizzuto) appariva in bilico tra una “riconversione
militare del territorio” e la ricerca di una “autodeterminazione territoriale”,
capace di dare centro alle scelte, ai progetti, alla programmazione di medio e
lungo periodo.
Nonostante le problematiche storiche, proprio all’inizio di questo
decennio si intensificano le dinamiche di rinnovamento, su nuove basi dello
sviluppo locale. Pertanto:
a) Nasce il progetto di una reindustrializzazione del crotonese, facendo
leva su nuove soggettività, accompagnate nell’esperienza di un
nuovo soggetto misto, pubblico-privato, quale è
“Crotone
Sviluppo”;
b) L’istituzione della Provincia apre una nuova fase di insediamento sul
territorio di una rete di sostegno e di servizio allo sviluppo socio
economico e alla qualificazione degli stili di vita;
c) Viene confermata in sede nazionale ed europea la vocazione
117
industriale dell’area, con programmi di sostegno allo sviluppo locale,
in linea con le regole del mercato e la nuova dimensione globale ed
euromediterranea dei processi economici.
La stipula del Contratto d’Area e della Sovvenzione Globale va
nella direzione di recupero del deposito tecnico, formativo e culturale della
passata esperienza industriale, considerata come prerequisito per una più
rapida
ripresa
dell’economia
locale
industriale,
impostando
una
modernizzazione ecologica del territorio, nel contesto di un programma di
sviluppo sostenibile.
I punti sopra elencati possono considerarsi come variabili di
rottura, attraverso le quali l’utilizzo dei Fondi Strutturali può divenire il
carburante per l'avvio del motore dello sviluppo della “Provincia Sostenibile”
di Crotone.
Con la nascita della nuova provincia (1991) e con l’avvio dei
processi di riconversione
del sistema economico locale vengono alla
superficie le contraddizioni e i limiti strutturali dell’impianto territoriale, per
cui si può affermare che da una fase di “sviluppo senza autonomia” si rischia
di permanere in una condizione di “autonomia senza sviluppo”.
L’evento alluvionale (1996) ha svolto la funzione di
“evidenziatore” di tali tare e limiti strutturali. La lettura dell’intera vicenda
alluvionale resterebbe superficiale, persino ininfluente, se non si collegassero
le dinamiche emergenziali da essa suscitate con processi socio economici e
culturali più “profondi” che hanno interessato la società della città capoluogo
e l’intera provincia.
L’alluvione ha aperto un più specifico e complesso problema di
118
collocazione della provincia nello scenario geo-istituzionale regionale e geoeconomico interregionale.
4.1.4. La situazione Attuale
L’area di Crotone é oggi una periferia del sistema industriale
europeo. Il declino del vecchio impianto industriale é anche un riflesso di un
rapido processo di trasformazione e ristrutturazione tecnologica delle
strutture produttive avviato con l’unificazione dei mercati europei.
La Provincia di Crotone é una zona contraddistinta da problemi
strutturali di riconversione economica e sociale, con una popolazione e una
superficie significativa nel contesto regionale..
La Provincia di Crotone é interessata da fenomeni di arretratezza socio economico - culturale.
L’area é caratterizzata da un
ampio e intenso processo di
mutamento sociale ed economico principalmente nel settore industriale
(grandi imprese esterne pubbliche e private, PMI locali connesse
all’insediamento
chimico,
semichimico,
metallurgico,
energetico,
agroalimentare) e dei servizi, specie quelli pubblici, quale risultante della
recente trasformazione istituzionale del comprensorio, prima appartenente
alla provincia di Catanzaro, in nuova provincia .
1) La zona industriale di Crotone é un unità territoriale con i
seguenti caratteri morfologici: il tasso medio di disoccupazione
risulta superiore alla media nazionale e comunitaria, registrata negli
ultimi tre anni;
2) Le zone rurali presentano le seguenti caratteristiche: la densità
119
della popolazione é inferiore ai 100 abitanti per kmq; il tasso di
occupazione in agricoltura rispetto all’occupazione complessiva é
superiore al doppio della media comunitaria; esistono gravi problemi
derivanti dall’invecchiamento della popolazione attiva del settore
agricolo; ci sono zone rurali che hanno un elevato tasso di
disoccupazione causato dalla ristrutturazione di una attività
determinante nel settore agricolo, quale é stata, per esempio, quella del
settore bieticolo-saccarifero nel comune di Strongoli; esistono zone
costiere dipendenti dalla pesca che, per effetto di interventi di tutela
ambientale e ristrutturazione del settore ittico, hanno subito un
decremento dell’occupazione, come nel caso dell’area compresa nella
perimetrazione della Riserva Naturale Marina di Capo Rizzuto.
3) I poli urbani provinciali, specie quello del capoluogo di
provincia Crotone sono zone densamente popolate che si
contraddistinguono per i seguenti aspetti: disoccupazione di lunga
durata superiore alla media comunitaria; gravi problemi di bonifica
delle aree industriali degradate; elevato livello di povertà, con
condizioni abitative precarie nei comuni di Isola Capo Rizzuto, Cutro
e nella città di Crotone che, a seguito dell’evento alluvionale, il
Governo nazionale ha inserito nel
programma di risanamento
urbanistico e miglioramento della vita urbana denominato “Contratto
di Quartiere”, individuando nel Quartiere Fondo Gesù un’area urbana
degradata e povera; situazione ambientale particolarmente degradata;
elevato tasso di criminalità e di delinquenza; basso livello d’istruzione
della popolazione.
120
Crotone più che essere una provincia cuscinetto, tra un area e
l’altra della regione, più che residualizzarsi in un area di mezzo, si prospetta
come una “provincia ponte”, snodo intermedio tra il sistema locale
metropolitano reggino-gioiese-siciliano e il corridoio di sviluppo adriatico che
si protende oltre Taranto fino all’area della sibaritide e del Pollino.
Lo sviluppo sostenibile del sistema Crotone potrebbe percorrere
questa via: esso potrebbe trovare il suo break even point in una sovvenzione
globale che non si dovrebbe esaurire in una sorta di laissez faire
dell’imprenditoria.
Lo sviluppo dell’area non può assumere forme di anarchica
autoregolazione, né tanto meno può confidare nell’automatica regia della
“mano invisibile” del mercato, poiché quanto più la programmazione e il
progetto di sviluppo sostenibile si misura con gli effetti della disgregazione
dei vecchi assetti tanto più é necessario offrire garanzie di certezza e di
stabilità nel governo della modernizzazione del cambiamento locale.
L’interazione positiva tra Sovvenzione Globale e Fondi Strutturali
deve essere messa a profitto non come una mera sommatoria di risorse
finanziarie disponibili una tantum, ma come un valore aggiunto progressivo e
cumulativo che, annullando il rischio di un dumping di imprese esterne,
proponga l’urgenza di un percorso unitario e concertato tra soggetti
istituzionali ed attori economici e sociali locali per progettare, concertare e
cogestire lo sviluppo complessivo della Provincia.
Ciò per evitare che il mercato esterno al sistema locale, accetti
del tutto occasionalmente il vincolo della localizzazione di lunga durata sul
territorio, sprigionando di fatto una campagna di conquista e colonizzazione,
121
le cui conseguenze sarebbero ancora una volta mortificanti e desertificanti
per il territorio e la società provinciale.
4.1.5 Gli obbiettivi strategici
Gli obiettivi strategici, emersi dai colloqui con i testimoni
primeggiati, che la Provincia di Crotone intende perseguire sono:
a) un rinnovato ed efficace impegno per far crescere l’occupazione, con
particolare riferimento a quella giovanile e femminile, fortemente
penalizzate dalla conformazione del mercato del lavoro provinciale;
b) un rinnovato ed efficace impegno per lo sviluppo di imprese
competitive, capaci di acquisire quote crescenti del mercato
nazionale ed internazionale, promuovendo l’affermazione e il
decollo di industrie di trasformazione e dei relativi servizi finanziari e
reali;
c)
un rinnovato ed efficace impegno per la tutela e la salvaguardia
ambientale;
d) un rinnovato ed adeguato impegno per le pari opportunità e il
miglioramento della qualità della vita nel sociale.
La logica dello sviluppo crotonese se non é sistemica non ha
sbocchi e rischia di produrre danni di lungo periodo ad un territorio e a una
popolazione che per risorse materiali e immateriali può e deve dare molto,
nel quadro della divisione del lavoro regionale, allo sviluppo della Calabria.
Il tempo perduto va recuperato: in questi anni la provincia, nella
complessità della sua formazione economico-sociale, è cresciuta poco.
122
4.1.6 Le infrastrutture
Sulla dimensione regionale Crotone é la città che maggiormente
sente il peso dell’isolamento. Il disegno delle reti ne penalizza in effetti il
ruolo: la stessa ferrovia che non garantisce certo elevati standard ed
opportunità di raccordo agli assi portanti della mobilità interregionale, sembra
determinare un vincolo alle comunicazioni locali agendo da barriera su alcune
direttrici. Pur dotata di un aereoporto e di un porto, l’insufficienza nei
collegamenti integratici e nei servizi ne limitano di fatto le prospettive di
crescita.” Crotone é, dunque, un bacino di traffico con pesanti blocchi
infrastrutturali.
a) Strade: La strada statale 106 Jonica (Reggio Calabria Taranto,)
trova Crotone in posizione baricentrica tra il 240° e il 250° km. Essa
collega la provincia di Crotone con quella di Catanzaro; il tracciato ha
carattere discontinuo. La “E 90” (SS. 106) avrebbe dovuto costituire
il punto focale dell’ammodernamento viario calabrese; essa é stata
ammodernata da Crucoli a Cirò Marina, A sud di Cirò Marina
l’utenza veicolare torna sulla vecchia sezione fino a Crotone
(recentemente è stato costruito un piccolo tratto di circa 5Km
all’ingresso nord di Crotone), con attraversamenti urbani ( Torre
Melissa) continuando così fino ai confini provinciali con Catanzaro.
La SS 107, Statale Silana crotonese, collega la provincia con
l’Altipiano della Sila, specie con il centro abitato dell’area Silana, San
Giovanni
in Fiore. La SS 107 é una strada
fin qui molto
sottovalutata poiché il ruolo strategico che potrà assumere nel
prossimo futuro non é stato ancora ben valutato e compreso. La
123
Statale Silana avrà bisogno di essere innervata di nodi, aree e
piattaforme tecnologiche specifiche per essere trasformata nella più
moderna vettoriale tra Jonio e Tirreno, funzionale agli spostamenti
turistici, tra aree parco di grande rilevanza naturale e ambientale, quali
la Sila, la Riserva Marina di Capo Rizzuto, la foce e il bacino fluviale
del Neto, ecc…Vi sono poi tracciati minori tortuosi, scarsamente
custoditi, privi di manutenzione, quali la strada statale 492 StrongoliSavelli, la 109 e 109 ter Cutro Roccabernarda Mesoraca Petilia
Policastro. Nello schema della Rete Transeuropea di Trasporto fino
al 2010 la viabilità interna alla Regione Calabria é costituita dalla A3
Salerno-Reggio Calabria, dalla SS. 534 nel tratto compreso tra
l’autostrada Salerno Reggio Sibari, dalla SS. 280 dei Due Mari
Lamezia Catanzaro e dalla direttrice ionica, da Catanzaro a Sibari, per
Taranto. Crotone si pone geograficamente nell’arco microterritoriale
che si aggancia all’ autostrada Sibari-Taranto, in collegamento tra i
corridoi plurimodali tirrenico e adriatico.
b) Ferrovia: Il versante jonico calabrese ha il suo punto di debolezza e
un punto di forza potenziale, nella rete ferroviaria che collega l’area
metropolitana di Reggio Calabria con la prima città del corridoio
adriatico pugliese, Taranto. Come si é detto per la strada “E 90”,
anche sulla direttrice ferroviaria, Crotone é collocata in una posizione
baricentrica. Per la vetustà della rete, sebbene implementata con un
sistema di controllo del traffico, con centro a Sibari, occorrerebbe un
serio e cantierabile progetto ferroviario di adeguamento e
modernizzazione, una sorta di Ferrovia Jonica. L’urgenza di un
124
potenziamento della rete ferroviaria esistente pone nel mirino delle
priorità l’elettrificazione, il raddoppio del tracciato lungo la linea che
costeggia la provincia, la riqualificazione delle piccole stazioni
provinciali, il potenziamento dei collegamenti veloci con le altre
province della Calabria, lo studio di un progetto di ferrovia leggera
che ripercorra il tracciato storico delle Ferrovie Calabro Lucane e
della Ferrovia Val di Neto, in prosecuzione verso San Giovanni in
Fiore, altopiano della Sila, come raccordo park-to-park, mare-monti,
a fini turistico ambientali L’obiettivo dovrebbe essere quello di
captare volumi di traffico coerenti con l’offerta, incentivare la
intermodalità, promuovendo un orientamento al trasporto ferrato tra
passeggeri e utenza commerciale.
c) Aeroporto: L’aeroporto “Sant’Anna” è una Società Consortile per
Azioni, costituita nel 1993, con un capitale sociale di 2.400.000.000,
interamente versato. Il primo volo è stato effettuato nel giugno del
1996. Il traffico passeggeri dell’aereoporto risente dei buoni risultati
del turismo nella stagione estiva. Per le merci le carenze sono
strutturali, proprio quando sarebbe possibile ripensare al ruolo
commerciale dello scalo pitagorico. E’ in corso il progetto di
costruzione della nuova aerostazione.
d) Distretto portuale: Il Porto di Crotone é fornito di strutture con 8
accosti nel porto nuovo di lunghezza complessiva di metri 8.250; un
accosto é utilizzato per ricevere prodotti petroliferi destinati alla
domanda dell’entroterra. Il movimento si compone per il 35 % da
navigazione internazionale e per il 65% da navigazione di cabotaggio;
125
la composizione del movimento merci é per il 52% dovuta a traffico
di prodotti industriali e per il 48 % di traffico di prodotti
commerciali; le merci sono per il 50% di tipo secco e per il restante
50% liquide. I traffici commerciali registrati dai dati disponibili sui
porti calabresi ( Crotone, Vibo Valentia, Gioia Tauro ) denotano una
crescita del movimento merci – sbarchi e imbarchi - del 118 %, tutto
effettuato dal porto di Gioia Tauro ( 151 %), Crotone e Vibo hanno
evidenziato una contrazione, rispettivamente, del 20 e del 7,6%. Nella
logica sistemica di sviluppo del territorio il Porto deve diventare il
nodo delle relazioni internazionali anche in una logica di integrazione
e combinazione con il porto di Gioia Tauro. Pertanto sono da
sviluppare le condizioni affinché il porto, la città ed il territorio
possano costituirsi come soggetti attivi di strategie e di pratiche di
tipo corporativo, e sviluppare le condizioni affinché Crotone divenga
una città portuale fungendo da “piazza di affari”.
I punti di debolezza del distretto portuale sono dati :
1) dall’incompleta viabilità;
2) dallo stato di fatiscenza delle strutture;
3)
dalla mancanza di una rete interna di servizi materiali e
immateriali;
4) dalla confusione e disconnessione delle presenze operative
militare (Marina, Capitaneria di Porto e Guardia di Finanza),
industriale, peschereccia, turistica;
5) dalla classificazione inadeguata, da ricollocare nella fascia 3°
classe, categoria II.
126
Le Opportunità/azioni offerte dal distretto portuale potrebbero essere:
1) il collegamento con la Grecia nel breve periodo;
2) la vocazione al cabotaggio e al commercio
internazionale;
3) creare un nodo di sostegno della crocieristica ed un
nodo minore del transhipment tra il terminal di
Gioia e quello di Taranto;
4) l’interporto.
Il porto trova una sua naturale collocazione nel golfo di Taranto
per cui il suo sviluppo deve essere valutato nell’orizzonte di una connessione
con il “corridoio adriatico” e con le esigenze di articolarsi nel sistema
complessivo delle specializzazioni del sistema portuale mediterraneo.
4.2 Il Consorzio per il Nucleo di Industrializzazione di Crotone
Costituito ai sensi e per gli effetti dell’art. 21 della legge 1957 N°
634, è Ente Pubblico Economico ai sensi dell’art. 36 della legge 05/10/1991
N° 317. 34Ad esso si applicano le norme di cui al decreto legge 20/05/1993
N° 149 convertito in legge 19/07/1993 N° 237, nonché le norme di cui al
decreto legge 23/06/1995 N° 244 convertito in legge 08/08/1995 N° 341.
Lo statuto originario del Consorzio è stato approvato con Decreto
del Presidente della Repubblica N° 2054 dell’ 11/10/1962, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica N° 92 del 05/04/1963. Lo statuto vigente
è stato approvato con deliberazione della giunta regionale del 26 Aprile 1999
N°1397.
34 http://www.krol.it/provinc/cnikr/
127
4.3 Gli Obbiettivi
Il Consorzio ha lo scopo di favorire il sorgere di nuove iniziative
industriali nel comprensorio sito nel Comune di Crotone, (di cui alla
planimetria allegata a pag. 130) compreso tra le seguenti delimitazioni: a Nord
con il fosso Torrente Passovecchio, ad Est con il rilevato della ferrovia statale
Taranto - Reggio Calabria, a Sud con la strada provinciale per Papanice, ad
Ovest con la strada provinciale per Papanice.
A tal fine, esso provvede in particolare:
a) agli studi, ai progetti, alle proposte per promuovere lo sviluppo
industriale nel comprensorio;
b) all’acquisto delle aree ed immobili occorrenti per l’impianto delle
singole aziende e per i servizi comuni;
c) all’esecuzione ed alla gestione di opere, di attrezzature e di servizi di
interesse e di uso comune, ai sensi del 1° comma dell’articolo 21 della
Legge 29 luglio 1957, n° 634, entro il suo comprensorio;
d) alla costruzione di rustici industriali, ai sensi dell’art. 21 della Legge 29
luglio 1957, n° 634 modificato all’art. 6 della Legge 18 luglio 1959 n°
555;
e) a vendere o cedere in uso ad imprese industriali le aree e gli immobili
che il Consorzio abbia a qualsiasi titolo acquisito;
f) a promuovere l’espropriazione di aree e di immobili necessari ai fini
dell’attrezzatura della zona e della localizzazione industriale ai sensi del
5° comma dell’art. 21 della Legge 29 luglio 1957, n° 634 modificato
dall’art. 5 della Legge 18 luglio 1959, n° 555, nonché ai sensi delle
norme di cui al D.L. 23.6.1995 n° 244 convertito in Legge 8.8.1995 n°
128
341;
g) a promuovere la costituzione, ovvero a partecipare a società consortili
che abbiano finalità e caratteristiche previste dalla Legge 317/91 o che
abbiano per finalità la gestione delle opere e/o servizi consortili;
h) ad assumere qualunque iniziativa idonea al raggiungimento dei fini
istituzionali.
La cessione dei terreni di proprietà del Consorzio sarà effettuata a
tutte le Imprese che intendono realizzare nuove iniziative nel comprensorio,
sulla base di condizioni preventivamente fissate per le singole zone del
comprensorio.
In ogni caso, le condizioni debbono essere tali da costituire una
concreta, effettiva integrazione degli incentivi previsti dalle disposizioni
vigenti.
129
130
4.4 Fanno parte del consorzio
TABELLA 1 – ENTI CONSORZIATI
N
Ente Consorziato Consiglieri Conf. In £ Conf. In €
1
Provincia di Crotone
12
50.000.000
25.822,84
2
Comune di Crotone
6
30.000.000
15.493,71
3
Camera C.I.A.A. Crotone
6
30.000.000
15.493,71
4
Assoper Catanzaro
10
50.000.000
25.822,84
5
A.R.S.S.A. di Cosenza
3
15.000.000
7.746,85
6
Comune di Strongoli
2
7.500.000
3.873,43
7
Cons. Bonif. Bassa Valle
1
5.000.000
2.582,28
1
2.500.000
1.291,14
1
2.500.000
1.291,14
del Neto-Crotone
8
Cons.Bonif.Castella/Capoc
olonna-Isola C.R.
9
Cons. Bonif. Lipuda Fiume
Nicà-Cirò M.
10
Comune di Cutro
1
2.500.000
1.291,14
11
Comune di Isola C.R.
1
2.500.000
1.291,14
12
Comune di Rocca di Neto
1
2.500.000
1.291,14
13
Banca CARIME S.p.a.
1
5.000.000
2.582,28
TOTALI
46
205.000.000
105.873,64
Possono esservi successivamente annessi a norma dell’art. 13
(della lettera d) dello Statuto, altri Enti di natura privata che abbiano lo scopo
istituzionale di favorire lo sviluppo economico nei territori di cui alla legge 10
agosto 950 n° 646 e successive integrazioni, nonché altri soggetti di cui è fatta
menzione nella legge 317/1991.
131
Il patrimonio può essere incrementato e dai conferimenti di nuovi
Membri e da ulteriori apporti dei consorziati.
I proventi del Consorzio sono costituiti:
a) dalle rendite del proprio patrimonio;
b) dal realizzo per le vendite e dai canoni per la concessione in locazione
di aree e rustici industriali;
c) dai proventi della gestione dei vari servizi esistenti e funzionanti nella
zona e dai proventi di ogni altra prestazione effettuata dal Consorzio a
favore delle Imprese;
d) da contributi dello Stato, della Comunità Europea, della Regione e di
altri Enti o dai fondi derivanti dai mutui contratti o da altre operazioni
finanziarie;
e) da altri eventuali contributi, lasciti e donazioni da parte sia di Enti sia
di privati;
f) dai proventi derivanti dalla amministrazione dei fondi di cui alle
precedenti lettere.
4.5 Le infrastrutture e gli insediamenti presenti nell’area
TABELLA 2 – PRINCIPALI INSEDIAMENTI PRODUTTIVI IN ESERCIZIO NELL’AGGLOMERATO
Denominazione
Produzione
1
2
Biomasse Italia S.p.a.
Cellulosa 2000 S.p.a.
3
4
5
Sasol Italy S.p.a.
Graziani F.sco & C. S.a.s.
Mida S.r.l. e Salvaguardia
Ambientale S.r.l.
Energia Elettrica
Paste semichimiche per
cartiere
Intermedi per detergenza
Carpenteria Metallica
Servizi Ambientali
Addetti
Fissi
36
110
96
150
70
132
1.850
1.820
1.860
1.800
1.480
2.630
2.480
1.880
2.000
2.780
2.540
2.780
3.760
4.000
3.480
2.450
2.730
2.630
2.600
1.800
2.800
2.600
2.600
2.030
2.300
2.200
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
Pisi Giuseppe + c54
Cerando Vincenzo & C.
De Carlo
Ceraudo
Infante Vito
Mo.Smo.De
Marrelli Adolfo
Covelli Gaetano
Caseificio Cimino S.a.s.
Metalcarpenteria
COSMIC
Lombardo Alessandro
Elia Carmine
Scotto Raffaele
Pelle D. e Pelle F.
Buscema Luigi
Tricoli Alberto
Tricoli Aldo
De Lucia Arduino
ICAS Siniscalchi
Vrenna
Gastronomia Buscema
Legno e Disegno
Scicchitano Adolfo
COSEC
Riganello Domenico
Greco Biagio
Marando Luigi
133
Galleri d’arte il Cubo
3.000
3.000
3.000
31
32
33
34
Papini G iuseppe
Chemitalia
Comberlegno
CIME Trippini
3.000
30
CIME Trippin i
Totale mq.
2.140
2.200
1
2
n.
Ditta Assegnataria
29
Superfice
Lotto
Balzano F.Massimo
Ditta Insediata
I
I
E
E
E
E
I
E
E
E
I
E
E
E
E
E
E
I
E
E
E
E
E
I
E
E
I
E
E
E
E
E
E
E
Stato Attuale
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
1976
anno
1976
1976
Inizio Attività
Pezzi speciali per acquedotti
Prodotti per radiologia
Serram. In legno e multistrato
Prod.cornici e rest. mobili
Costruzioni elettromeccaniche
Costruzioni elettromeccaniche
Pezzi speciali per mecc.ind.
Affilatura lame per falegnamerie
Minuterie per serramenti
Infissi in legno
Impianti di illuminazione
Rottami ferrosi
Rottami Ferrosi
Autocarrozzeria
Produzione formaggi
Carpenteria metallica
Carpenteria metallica
Carpenteria metallica
Prefabbricati in cemento
Chiusini in ghisa
Officina meccanica
Lavorazione derrate alimentari
Officina meccanica
Prefabbricati in cemento
Infissi in alluminio
Costruzione attrezzi agricoli
Autocarrozzeria
Lavorazione Derrate alimentari
Falegnameria
Autocarrozzeria
Produzione Pasti
Officina Meccanica
Prodotti da forno e su rgelati
Officina Meccanica
Attività Prevista
Scuola apprendisti
Commercio materiale elettrico
Infissi e serrande in PVC
Comm.serr.,mobili da cucina
Deposito attrezzi agr.-abitazione
Deposito
Anche attività commerciale
Anche concessionaria auto
Anche concessionaria auto
Infissi in legno
Deposito
abitazione
Attività Reale
6
4
6
6
6
15
12
12
4
20
10
20
11
8
4
26
5
3
8
12
4
6
24
3
c.
4
6
Oc
TABELLA 3 – DATI RELATIVI ALLE AZIENDE DELLA ZONA PAPANICIARO – COMPARTO A-
Superfice
Totale mq.
34.300
8.920
10.200
31.700
19.054
17.741
22.650
4.500
4.600
4.320
6.270
4.800
9.360
4.100
8.800
4.030
4.000
6.300
4.800
4.800
5.000
4000
3.200
3.200
4.200
5.000
3.200
3.200
9.700
5.600
3.400
7.830
3.640
4.630
Lotto
1
2
3
4
5
6
7
8
9
n.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
134
32
33
34
Vetreria Lamanna
Scerra Marcello
Sartoria moderna Gatto V.
I.C.E.L.
Manfredi M. & C. S.n.c.
Masseria del Marchesato
Parrilla Aldo -ITO
ICAM
Casillo Francesco
Lioplastic mare, sport
Silpa
Eredi Mazzei
Danielle
Linea S.Marco
Buscema Francesco
Delta Costruzioni
Il frantoio
Lamierplast
Bricolage
Calabrodental Dnetitalia
Sestito Enrico
Murano
Siel
Agronomica Daniele.
G.A.M. S.a.a
Valente Pasquale
F.LLI Bruno
Agroitaliaa
Esposito Salvatore & Figli
Esposito Salvatore & Figli
Industria Molinotoria
F.LLI Lorenzano
AZ
Rocca Maria S.a.s.
Ditta Assegnataria
Sitran
Battaglia Pietro
Compac
Sofra mobili
Edil Samà
Ditta Insediata
E
E
E
E
E
E
I
I
E
E
E
E
C
E
E
I
E
E
I
E
E
E
E
E
E
E
I
P
E
E
E
I
C
C
Stato Attuale
2000
1974
1996
1974
1988
1988
1974
1974
1974
1974
1974
1998
1994
1986
1981
2000
1981
2001
2001
1981
1992
1992
1992
anno
Inizio Attività
Lavorazione vetro
Costruzioni elettromeccaniche
Biancheria da corredo Calzificio
Assemblaggio quadri elettrici
Produzione serramenti e PVC
Lavoraz.carni e produz.salumi
Trasformazione ortofrutticoli
Produz. Confezioni tessili
Produz. Confezioni tessili
Prod.art. mare e sport di plastica
Laboratorio prova materiali
Confezioni tessili
Produzione acque gassate
Lavorazione ortofrutticoli
Coperture in acciaio ed eternit
Produzione olio di oliva
Produzione mobili
Produzione vernici e stucchi
Protesi dentarie e scheletrati
Produzione Chiodi
Carpenteria metallica
Install. Cavi e motori elettrici
Fitocosmetici
Prodotti Caseari
Insaccamento Prodotti agricoli
Produzione cosmetici
Produzione sementerai risicola ecc..
Magazzini frigoriferi
Schiacciati per uso zootecnico
Produzione Farine alimentari
Produzione oli vegetalia
Centro commerciale
Rottamazione veicoli
Attività Prevista
Autotrasporti
Autotrasporti
Deposito attrezzature edili
Commercio
Attività commerciale
Lavorazione ortofrutticoli
Anche attività commerciale
Anche attività commerciale
Deposito cavi e materiale tel.
Commercio mobili
Commercio materiale edile
Commercio cereali
Commercio cereali
Commercio oli
Attività Reale
6
6
6
25
12
10
8
8
5
8
8
8
6
6
21
4
12
6
10
6
4
18
8
8
18
c.
36
8
Oc
TABELLA 4– DATI RELATIVI ALLE AZIENDE DELLA ZONA PASSOVECCHIO – COMPARTO B-
Superfice
Totale mq.
12.000
30.100
4.000
8.000
6.000
6.500
9.800
51.000
5.250
5.500
3.200
8.100
3.000
54.120
235.000
54.920
11.000
8.000
11.500
11.500
20.000
20.000
12.000
21.260
10.100
14.000
70.000
11.000
31.000
400.000
244.000
18.000
4.300
4.000
Lotto
n.
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
61
62
63
64
65
135
66
67
68
La Cremeria di Locanto G.
Tresan sud
Cosmic
Sasol (ex Condea)
Pertusola
Meridional Cereali
Carmet
Agip
I.C.D.
Faber Mobili Elettrica sud
Graziani Francesco
Sorrentino Rodolfo
S.B.Balzano (ex Selenia)
Ilpa
O.C.M.A.
C.S.S. di Cava Luigi e F.lli
Lio S.a.s.
Centro servizi
Biomasse
Cellulosa 2000
Liviera Zugiani Giovanni
Cosec
Industria casearia
Perrone.
Sud Arca
Ismeg
Esac
Ai.pro.f.
Inductive
F.R.Manuali Tecnici
Gastronomia Busema
Ind.al..kro
ENEL
Esac
Ditta Assegnataria
Ditta Insediata
E
E
C
E
I
E
E
E
I
E
E
E
I
E
I
E
E
E
I
I
P
E
I
E
E
I
E
E
E
E
E
E
I
Stato Attuale
2001
2001
2001
1974
1974
1974
2001
1979
1997
1978
1978
2002
1980
1984
1984
1998
2002
1999
1998
anno
Inizio Attività
Derivati per pasticcerie
Apparecchi elettromedicali
Officina caldareria e meccanica
Intermedi per detergenza
Produz. Zinco, cadmio e germanio
Selez. E trattamento cereali
Carpenteria metallica
Disidratazione metano
Manufatti in cemento e in argilla
Mobili in legno Costr.Elettro mecc.
Carpenteria metallica
Produzione gruppi elettrogeni
Produzione serramenti in legno
Lavorazio ne prodotti agricoli
Pezzi speciali per acquedotti
Carpenteria metallica
Confezioni in pelle
Centrale elettrica
Prod. paste chimiche per cartiere
Officina meccanica
Pasti per mense
Prodotti caseari
Reti eletrosaldate
Produzione articoli da regalo
Produzione cosmetici
Trasformazione pomodori
Stoccaggio cereali selez. semi..
Prod.Mat.elettr. sabbiatura e vernic.
Manuali tecnici
Lavorazione derrate alimentari
Cibi precotti
Sottostazione elettrica
Mangimificio
Attività Prevista
Anche attività commerciale
Mercato ortofrutticolo
Deposito cereali
Commercio
Anche modesta attività comm.
Attività commerciale
Comprende 10.000 mq.Per amp.
Anche modesta att.ività comm.
Attività Reale
6
6
28
96
8
51
28
8
150
10
28
5
36
110
12
18
11
10
10
8
4
10
12
c.
Oc
TABELLA 5 – DATI RELATIVI ALLE AZIENDE DELLA ZONA PASSOVECCHIO – COMPARTO B-
4.200
10.000
4.000
4.000
4.000
6.000
13.000
19.000
10.200
7.500
10.500
10.000
8.500
3.550
7.465
3.500
70
71
72
73
74
75
76
77
78
79
80
81
82
83
84
Totale mq.
n.
69
Superfice
Lotto
Aurum
Scissor design S.r.l.
Gerardo Sacco S.r.l.
Elettro sud
Arcuri Francesco
Liotti S.p.a.
Touring sport club
Fattoria del Marchesato
Teknos S.r.l.
A.G.E.C. S.r.l.
Scicchitano Giovanni
Scicchitano Gaetano
Italsistemi
Fotovolt S.r.l.
Nuova chimpharma
Editoriale il Crotonese
Ditta Assegnataria
Ditta Insediata
C
C
C
P
P
E
E
E
C
E
C
C
P
C
C
E
Stato Attuale
2001
2001
2001
2001
2001
anno
Inizio Attività
Lavorazioni in oro
Confezioni tessili
Oggetti preziosi
Quadri elettrici – pannelli solari
Riciclaggio detriti
Liquori e condimenti
Forno a legna centro lattiero caseario
Alimentare
Arredi per ufficio
Tipografia
Lavorazione marmi
Produzioni tessili
Produzioni informatiche e telemat.
Sistemi fotovoltaici
Prodotti galenici
Stabilimento grafico editoriale
Attività Prevista
Attività Reale
8
8
8
12
8
8
12
18
6
8
10
6
10
6
c.
Oc
TABELLA 6 – DATI RELATIVI ALLE AZIENDE DELLA ZONA PASSOVECCHIO – COMPARTO B-
Legenda:
E: esercizio
C. costruzione
P: programma
I: inattiva
TABELLA 7–DATI RELATIVI
136
3.000
10
Euromoda
D’ippolito Ernesto
3.000
3.000
4.000
5.000
8.000
15
16
17
18
19
3.000
27
137
Marchio S.r.l.
Sapio
33
2.000
Ismeg
32
Di più
F.LLI Schirripa
Pzzuti Costruzioni Gener.
Eco service S.a.s.
Reperti S.n.c.
F.LLI Foti
Motorizzazione Civile
M.D.S. S.r.l.
31
7.000
2.000
26
25.000
3.000
25
30
1.000
24
29
2.000
23
8.000
4.000
22
28
D’alfonso Autotrasporti
21
Mazzei Salvatore S.r.l.
Resinmare
3.000
20
Salvaguardia Ambientale
Mida
Sammontana
Istituto Vendite Giudiziarie
Telecom
14
Colorificio Calabro
13
Datel
12
Comune di Crotone
11
3.000
4.000
9
Coop. Marmi Crotonese
ASL
2.000
8
Hera S.r.l.
Cinque colli S.a.s.
5.000
6
Esposito Francesco
Ciccarelli
Autotrasporti Mazza eredi
F.lli Brunetti
F.B. Arreda
Ditta Assegnataria
7
2.000
10.000
5
4.000
3
4
3.000
2.000
Totale mq.
n.
1
2
Superfice
Lotto
G.D.M. S.p.a. (Qiuper)
Comberlegno S.r.l.
Meridional Cereali
Mercatone Casa
Ditta Insediata
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
E
Stato Attuale
1974
1994
1996
2001
1988
1993
1993
1994
1980
1970
1990
1990
1990
1990
1990
1985
1985
1974
2002
1992
1989
1998
1998
1998
1985
1979
1985
1996
anno
Inizio Attività
Gas compressi, liquefatti e disciolti
Distribuzione prodotti alimentari
Produzione cosmetici
Centro distribuzioni
Commercio frutta
Prefabbricati
Servizi per l’ambiente
Vendita ed assistenza automobili
Olio combustibile
Uffici
Vendita e assistenza automobili
Calcestruzzi e bitumi
Trasporti contenitori
Manufatti in vetroresina
Trattamento rifiuti
Termodistruzione materiale osped.
Deposito
Deposito
Autotrasporti
Deposito
Deposito
Produzione vernici e colori
Servizi alle imprese
Deposito automezzi
Lavorazione marmi
Servizio veterinario
Produzioni gastronomichje
Produzione pelati e surgelati
Lavorazione cereali
Pneumatici
Trasporti oli minerali
Attrezzature per negozi
Lavorazione legno
Attività Prevista
Centro commerciale
Lavorazione e comm. legnami
Vendita mobili
Attività Reale
4
28
85
18
11
12
11
8
12
12
52
18
8
3
6
5
6
20
5
4
7
4
6
c.
Oc
ALLE AZIENDE DELLA ZONA PASSOVECCHIO(ex AIPP)COMPARTO C
15.000
10.000
11.800
6.000
31
32
27.000
24
30
100.000
23
29
32.000
22
17.500
8.000
21
12.000
6.000
20
28
10.000
19
27
10.000
18
5.000
3.000
17
10.000
3.000
16
26
3.000
25
3.000
15
3.000
14
3.000
9
10
10.000
4.000
8
13
3.000
7
3.000
10.000
6
10.000
5.000
5
12
Facino S.r.l.
7.500
4
11
Sansalone Vincenzo & C.
21.000
3
138
Sico
Simet
Autotrasporti Mazza G. er.
So.Se.Co.
Ascom
K.C.T.
Italsistemi
Onda blu
Bic Calabria
Gres 2000 S.r.l.
Cartasi shipping system
Italleather
Lucifero e Zurlo S.n.c.
Philosophia tessile
Progedil S.r.l.
Pugliese Orlando
Euro infissi italia
Macrì Fabio
Mediterranea service
Lavor sud
Laterfer
I Dioscuri
D’alessandro Costruzioni
Sarpi Umberto
Arredo inox
Nautica S.a.s.
Pastaoro
Fluff S.r.l.
L.P.T.
I.M.P. S.r.l.
Totale mq.
6.000
6.000
1
2
n.
Ditta Assegnataria
Superfice
Lotto
Ditta Insediata
C
C
P
C
P
C
C
P
P
P
E
C
C
C
C
C
C
C
C
C
E
P
C
C
C
C
E
E
P
P
E
E
Stato Attuale
2002
2002
2002
2002
anno
Inizio Attività
Manufatti in cemento ed in legno
Armadi e quadri elettrici
Servizi alle attività produttive
Centro commerciale
Centro commerciale
Ser. al sistema di trasp. intermodale
Centro ricerca
Servizi alle attività produttive
Incubatore imprese
Piastrelle in ceramica
Imbarcazioni in vertoresina
Conceria
Produzione olio di oliva
Abiti da sposa ed abbigliamento
Lavorazione acciaio da costruzione
Lavorazione
Serramenti in alluminio
Carpenteria metallica
Assemblaggi diffusori acustici
Lavori di falegnameria
Manufatti e materiali per l’edilizia
Produzione calze
Produzione baracche metalliche
Lavor. E cosrv. Frutta e ortaggi
Trasf e cons. carni
Confezioni tessili
Mobili metallici
Imbarcazioni in vetroresina
Pasta alimentare fresca
Prodotti a base ovatta di cellulosa
Lavorazione propilene
Imballaggio materiale plastico
Attività Prevista
Attività Reale
10
20
15
25
30
15
5
6
40
80
15
12
8
14
8
6
4
4
6
10
8
6
6
6
6
8
12
5
10
10
c.
8
8
Oc
TABELLA 8– DATI RELATIVI ALLE AZIENDE LOCALITA’ ZIGARI – COMPARTO D-
Dopo aver visto gli insediamenti presenti nell’agglomerato
vediamo le infrastrutture realizzate e da realizzare:
1) OPERE DI DIFESA DEL SEDIME : Sono stati effettuati i lavori di
sistemazione dei due canali di sponda vela e valle della donna con
sistemazione del letto dei torrenti Papaniciaro e Passovecchio.
Progettato il canale di gronda a difesa della zona di espansione;
2) OPERE STRADALI: Collegamenti con la viabilità esterna.
L’agglomerato è attraversato dalla SS. 106 ed è rapportato nella zona
portuale da uno svincolo a trombetta che sovrapassa la SS. 106 e la
zona FS in direzione della città e del porto. Sistema viario interno
all’agglomerato: Nella zona Nord dell’agglomerato sono state
realizzate 5 strade di penetrazione a servizio dei lotti industriali.
Realizzata nella zona Sud dell’agglomerato una strada di penetrazione
ad anello di servizio ai lotti artigianali. La strada litoranea di
collegamento porto – zona industriale in corso di realizzazione la
viabilità di servizio nella zona di espansione che si innesta sulla SS 106;
3) ILLUMINAZIONE STRADALE: Completata ed in esercizio dal
2001 la rete di illuminazione lungo tutte le strade consortili compresa
la SS.106. Completamente realizzata nella zona di espansione ma non
ancora in esercizio;
4) ENERGIA ELETTRICA: Collegamenti con la rete esterna: avviene
mediante una sottost. Alimentata da una linea a 150 KV e da 2 a 60
KV. Rete di distribuzione interna: Nella zona a Nord dell’agglomerato
è stato realizzato un elettrodotto in cavo da 20 KV a servizio dei lotti
139
industriali. Realizzata rete di distribuzione ai lotti artigianali a 20 KV.
In costruzione nuova cabina ENEL primaria di trasformazione da 50
a 20 KV ad esclusivo servizio dell’agglomerato della zona di
espansione;
5) METANO: Collegamenti con la rete esterna: nel tratto di costa
prospiciente l’agglomerato esiste un giacimento di gas. Portata max
condotta mc/h.: - Portata attuale mc/h.: - Portata utilizzata mc/h.: Tariffa L/mc.: ND Rete di distribuzione interna: Realizzati allacci in
alta pressione alle principali aziende Montedison, Pertusola, Cellulosa
Calabra, AIPP. Sono possibili ulteriori allacci su singole richieste
aziendali da concordare di volta in volta con la SNAM in base alle
esigenze aziendali e disponibilità. La rete a bassa pressione è da
realizzare;
6) ACQUA POTABILE: Opere di captazione e di adduzione:
Realizzato un acquedotto per l’approvvigionamento di acqua potabile
e industriale di complessiva potenzialità 3700 L/Sec di cui 600
destinati ad uso potabile. Portata max condotta l/sec: 23.00 Portata
attuale l/sec: 9.00 Portata utilizzata l/sec: 9.00 Tariffa €/mc.: 0,26
Rete di distribuzione interna: In esercizio di espansione rete interna
all’agglomerato, da realizzare nella zona di espansione;
7) IMPIANTO DI POTABILIZZAZIONE: Ente gestore: Ufficio
Acquedotti Regione Calabria. Descrizione: Dall’impianto di
chiarificazione (a Pulsator) la condotta di adduzione si sdoppia. Il
tratto a uso potabile confluisce ad un serbatoio che consente ad una
erogazione di 300 L/S con annesso impianto di potabilizzazione
140
(precedentemente installato presso l’impianto di S. Giorgio).Capacità
impianto: l/s: Potabilizzazione attuale l/s: Stato dell’opera:In
Esercizio;
8) ACQUA INDUSTRIALE: Opere di captazione e di adduzione:
Realizzato un acquedotto per l’approvvigionamento di acqua potabile
ed industriale di complessiva potenzialità 3700 L/Sec di cui 3100
destinati ad uso industriale. Portata max condotta l/sec: 3100.00
Portata attuale l/sec: -- Portata utilizzata l/sec: 150.50 Tariffa €/mc.:
0,11. Rete di distribuzione interna: In esercizio rete acqua industriale,
da realizzare nella zona di espansione;
9) IMPIANTO DI TRATTAMENTO ACQUE INDUSTRIALI: Ente
gestore: Ufficio Acquedotti Regione Calabria. Descrizione:
Dall’impianto di chiarificazione (a Pulsator) la condotta di adduzione
si sdoppia. Il tratto a uso industriale confluisce alle vasche di riserva
per complessivi 9000 MC. Capacità impianto: l/s: Trattamento attuale
l/s: Stato dell’opera:In Esercizio;
10) SMALTIMENTO ACQUE BIANCHE: Rete di raccolta interna:
Completata rete delle acque bianche che scaricano direttamente a mare
e nei torrenti Passovecchio e Papaniciaro. Portata max condotta l/sec:
-- Portata attuale l/sec: -- Portata utilizzata l/sec;
11) SMALTIMENTO ACQUE NERE: Rete di raccolta interna:
Realizzata intera rete di raccolta acque nere. Portata max condotta
l/sec: -- Portata attuale l/sec: -- Portata utilizzata l/sec;
12) RETE FOGNARIA MISTA: Rete di raccolta interna: Portata max
condotta l/sec: -- Portata attuale l/sec: -- Portata utilizzata l/sec: --
141
Tariffa L/mc.: ND;
13) DEPURATORE: Esistenza impianto a servizio dell’A.I. Stato
dell’opera:L’impianto è Funzionante, trattamento reflui misti, gestione:
Consorzio N.I. Crotone, addetti impianto: 4, ditta costruttrice:
Degremont Italia, anno di Costruzione: dal 1982 al 1986, laboratorio
chimico in loco, scarico liquami in uscita con destinazione mare,
smaltimento fanghi in discarica pubblica, accordi con altri Enti per
gestione servizi fanghi, potenzialità attuale mc/h: 600, capacità di
smaltimento dell’impianto: 350.000 MC;
14) OPERE FERROVIARIE: Collegamenti con la rete esterna: la
stazione di Crotone e lo scalo merci con fasce di binari di presa e
consegna erano preesistenti all’agglomerato e sono ubicati all’interno
di esso. Raccordi e servizi interni: esiste un raccordo a servizio della
Fertmont Ausidet (Montedison). Nella zona di espansione è previsto
un raccordo a servizio del centro smistamento merci con parco binari
di sosta, presa e consegna;
15) DISCARICA: Capacità di smaltimento dell’impianto: 350.000 MC,
distanza dall’agglomerato: 0.00 Servizio raccolta, opera in esercizio;
16) INCENERITORE: Opera necessaria.;
17) IMPIANTO INERTIZZAZIONE FANGHI : Opera necessaria..
142
TABELLA 9 – GESTIONE E CARATTERISTICHE DELLE INFRASTRUTTURE
INFRASTRUTTURE
Centro direzionale
Difesa Terreno
Sistemazione Terreno
Opere Stradali
Opere Ferroviarie
Illuminazione Strade
Reti Elettriche
Cabina primaria
elettrica
Rete Metano
Cabina decompr.
metano
Rete acqua potabile
Impianto di
potabilizzazione
Rete acqua industriale
Impianto tratt. Acque
industriali
Rete Fogn. Acque
bianche
Rete Fogn. Acque nere
Rete Fogn. Acque miste
Ipianto di depurazione
Impianto di inert. fanghi
Inceneritore
Discarica
CARATTERISTICHE
A Servizio
Disponibili
ha
ha
------208
20
------208
20
24
---208
20
208
20
-------
ENTE GESTORE
C.N.I. Crotone
------C.N.I. Crotone
Ente FF.SS.
C.N.I. Crotone
ENEL
ENEL
Sviluppo
ml
---------12800
1500
10800
7000
----
SNAM
SNAM
1850
----
149
----
17
----
C.N.I. Crotone
Ufficio Acquedotti
Regione Calabria
C.N.I. Crotone
Ufficio Acquedotti
Regione Calabria
C.N.I. Crotone
14100
----
208
----
20
----
8500
----
208
----
20
----
8600
208
20
C.N.I. Crotone
10000
----------------
208
----------------
20
----------------
---C.N.I. Crotone
------C.N.I. Crotone
4.6 Regolamenti Ambientali e Piano Regolatore
L’area ricade nel Comune di Crotone. Nessun onere è dovuto per
il rilascio della concessione ad edificare, il Piano Regolatore Territoriale è stato
approvato, la variante di ampliamento approvata con decreto del Presidente
della regione n° 321 del 11/6/1999. Nella zona di espansione 103 Ha saranno
destinati a lotti industriali.
Principali norme tecniche di attuazione del P.R. Industria
Artigianato:
Rapporto superficie coperta/superficie totale:
a) 35 % per lotti inferiori a 10.000 mq
b) 50 % per lotti superiori a 10.000 mq
Altezza massima fabbricati m. NL %50 per lotti superiori a 10.000 mq
143
Altezza massima singole parti funzionali m. NL
Distanza minima dal confine m. 6.0
Distanza minima dalla strada: m. 10.0/12.0 rispettivamente per lotti inferiori o
superiori a 10.000 mq.
Informazioni sul terreno: Altezza media s.l.m. (m.): 10.0, Natura
geologica: origine alluvionale argilla e sabbia., Indagini geologiche effettuate:
SI, Portanza indicativa del terreno (Kg/cmq): 1.0, Uso attuale del suolo:
seminativo irriguo, Pendenza medio del terreno (%): 0, Disponibilità di lotti
accessibili dal mare Ha: 0.0
Acquisizione dei terreni tramite esproprio tempo minimo 3 mesi.
Modalità di assegnazione dei terreni con delibera del Comitato Direttivo. Il
prezzo medio di acquisizione dei terreni:€/mq 10,00
Possibilità di affitto o vendita di capannoni industriali per i privati
si ma quelli consortili no. (Note Affitto/vendita capannoni: La vendita o
l’affitto fra privati è subordinata al parere favorevole del Consorzio
(Regolamento Consortile approvato il 09.04.1993).
TABELLA 10 DESTINAZIONE DELLE SUPERFICI
Superfici
Ha
Totale dell’agglomerato
792
Destinati da Pr a verde
servizi ecc..
Aree servizi alla Produzione
Aree smistamento merci
Aree per attrezzature
tecnologiche
Aree di verde archeologico
Aree di verde attrezzato agr.
Area Ferroviaria
Viabilità Principale
437
Parcheggi
32
29
28
34
81
134
58
34
Superfici
Ha
Destinati dal Pr ad attività
produttive
Di cui a lotti artigianali
Impegnata da stab. Prod.
In esercizio
355
In costruzione
In programma
Inattivi
Residua per nuovi
insediamenti
Lotto massimo disponibile
Lotto minimo acquisibile
4
35
36
103
20
252
140
18
0,3
144
4.7 Il nuovo statuto
Con delibera n. 4 del 04/07/2002 del Commissario Straordinario
e successivamente con Decreto del Presidente della Regione Calabria n. 131
del 04/09/2002 (pubblicato sul B.U.R. del 01/10/2002) viene approvato il
nuovo Statuto del Consorzio, il Consorzio per lo Sviluppo Industriale della
provincia di Crotone è costituito per effetto della trasformazione operata
dalla legge regionale n. 38 del 24/12/2001, del Consorzio per il nucleo di
Industrializzazione di Crotone.
Il nuova statuto è l’adeguamento del precedente statuto del C.N.I.
di Crotone ai sensi della legge regionale 24/12/2001 n. 38.
Viene fissata la durata fino al 2030, la sede prevista è in Crotone
però potranno essere istituiti uffici periferici, sotto la diretta gestione della
sede centrale, in altro territorio della provincia nel quale per effetto di un
elevato sviluppo industriale si dovesse ravvisare la necessità di un’attività
amministrativa decentrata. L’istituzione di detti uffici potrà essere disposta
unicamente dall’assemblea generale costituita in seduta plenaria di tutti i
componenti con la maggioranza dei due terzi.
L’attività del Consorzio dovrà svolgersi in stretto coordinamento
con la Regione e nel rispetto degli indirizzi programmatici e operativi e delle
direttive che la Regione ritiene di emanare al fine dello sviluppo industriale.
In ragione della sua natura e della stretta correlazione con
l’economia regionale il Consorzio è sottoposto al controllo programmatico,
economico, finanziario e sostitutivo della Regione.
Il Consorzio per l’intero territorio della provincia di Crotone,
provvede:
145
a) Alla redazione, in conformità alle indicazioni del Piano Regionale di
Sviluppo, dei piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo
industriale esistenti e delle esigenze di sviluppo degli ambiti territoriali
della provincia avente particolare vocazione industriale, commerciale
e artigianale risultante da iniziative imprenditoriali in atto o potenziali;
b) Agli studi, ai progetti ed alle iniziative per promuovere lo sviluppo
produttivo nelle zone di cui alla lettera a) e comunque in tutte quelle
in cui sia ritenuto utile un intervento finalizzato allo sviluppo della
produzione e degli scambi;
c) Alla ricerca tecnologica, progettazione, sperimentazione, acquisizione
di conoscenze e prestazione di assistenza tecnica, organizzativa e di
mercato connessa al progresso ed al rinnovamento tecnologico,
nonché alla produzione di attività di consulenza ed assistenza, con
particolare riguardo al recepimento, alla diffusione e all’applicazione
di innovazioni tecnologiche;
d) Alla promozione di attività di consulenza ed assistenza per la nascita
di nuove iniziative imprenditoriali e per il loro consolidamento;
e)
All’assunzione, sulla base di apposite convenzioni con la Regione e
gli Enti locali, di iniziative per favorire l’orientamento e la formazione
professionale dei lavoratori, dei quadri direttivi ed intermedi e dei
giovani imprenditori, ivi comprese le iniziative finalizzate
all’introduzione di nuove tecnologie e metodi per il miglioramento
della qualità, nonché iniziative di collaborazione interaziendale con
146
imprese operanti in zone a sviluppo avanzato al fine sia della
formazione professionale sia di eventuali investimenti nella provincia;
f)
A curare la promozione di patti territoriali e contratti d’area;
g)
All’acquisizione e alla progettazione di aree attrezzate per
insediamenti produttivi, ivi compresa l’azione promozionale per
l’insediamento di attività produttive in dette aree, alla progettazione
ed alla realizzazione di opere di urbanizzazione e dei servizi, nonché
all’attrezzatura di spazi pubblici destinati ad attività collettive. La
gestione delle opere di urbanizzazione, delle infrastrutture e dei
servizi può essere attuata anche avvalendosi di cooperative, consorzi
di gestione e società a capitale misto;
h) Alla vendita, all’assegnazione ed alla concessione alle imprese di lotti
in aree attrezzate. A tal fine il Comitato Direttivo del Consorzio, con
proprio atto, individua le aree ed i criteri per l’assegnazione;
i) Alla costruzione, in aree attrezzate, di fabbricati, impianti, laboratori
per attività industriali e artigianali, commerciali all’ingrosso ed al
minuto, depositi e magazzini;
j)
Alla vendita, alla locazione ed alla locazione finanziaria alle imprese,
di fabbricati e impianti in aree attrezzate;
k) Alla realizzazione e gestione di aree produttive, artigianali,
commerciali all’ingrosso ed al minuto o destinate a centri o esercizi
commerciali. Tali aree possono essere individuate anche dagli
147
strumenti comunali;
l)
All’assunzione e promozione dell’erogazione di servizi per favorire
l’insediamento e lo sviluppo delle attività produttive, anche attraverso
la cessione dì aree per l’insediamento dì aziende di servizio
convenzionate con i Consorzi;
m) Al riacquisto della proprietà di aree cedute per intraprese attività
industriali o artigianali nell’ipotesi in cui il cessionario non abbia
realizzato Io stabilimento nel termine di tre anni dalla cessione,
nonché di acquistare unitamente alle aree cedute gli stabilimenti
industriali o artigianali su di esse realizzati nel caso in cui sia cessata
l’attività industriale o artigianale da più di tre anni. Il tutto con le
modalità e le facoltà di cui all’art. 63 legge 23 dicembre 1998 n. 448.
n) All’acquisto di stabilimenti nei quali la produzione sia dismessa al fine
della riconversione per la realizzazione di iniziative produttive utili
allo sviluppo dell’economia locale e dell’occupazione;
o) Alla costruzione e gestione di impianti di depurazione degli scarichi
degli insediamenti produttivi, salvo quanto previsto dalla legge
regionale 3 ottobre 1997 n. 10 e delle altre disposizioni in materia;
p) Alla realizzazione e alla gestione di impianti tecnologici per la
distribuzione di gas metano e per la realizzazione e gestione di altri
impianti a rete;
q)
Al recupero degli immobili industriali preesistenti per la loro
148
destinazione a fini produttivi e all’attuazione di programmi di
reindustrializzazione, acquisendoli anche col ricorso a procedure
coattive ed espropriative previste dalle leggi vigenti;
r)
Alla prosecuzione della gestione in atto degli impianti di acquedotto,
fognatura e depurazione fino al momento del loro trasferimento al
gestore del servizio idrico integrato ai sensi della L. R. 3/10/97 n. 10;
s)
Alla riscossione delle tariffe, canoni e contributi per l’utilizzazione da
parte di terzi di opere e servizi realizzati o gestiti dai Consorzi;
t) A promuovere la costituzione ovvero a partecipare a società
consortili di cui all’art. 27 della legge 5 ottobre 1991 n. 317;
u) All’assunzione di ogni iniziativa idonea al raggiungimento dei fini
istituzionali, anche mediante la promozione di società e di consorzi di
gestione a capitale misto;
v)
Ad esprimere pareri, prima del rilascio di licenze, concessioni e
autorizzazioni da parte delle competenti autorità locali, sulla
conformità urbanistica delle costruzioni da insediare nel territorio
consortile e sulle loro destinazioni d’uso;
w) A compiere tutte le operazioni, commerciali, industriali, immobiliari,
mobiliari, finanziarie ritenute dal Comitato Direttivo necessarie ed
utili per il conseguimento delle finalità istituzionali ed assumere
partecipazioni ed interessenze in altri enti o soggetti aventi scopo
analogo o affine al proprio;
149
x) A contrarre finanziamenti con enti o istituti bancari anche garantiti da
ipoteche, accendere ipoteche e rilasciare fideiussioni;
y) A compiere tutte le attività indicate nell’art. 12 legge regionale 24
dicembre 2001 n. 38 che non siano previste nell’elencazione che
precede.
Fermo restando tutte le attività derivanti dalle finalità di cui sopra
il Consorzio, nell’ambito territoriale di competenza e nel rispetto della
programmazione e degli indirizzi della Regione, svolge le attività di cui all’art.
36, comma 5 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, all’art. 11 del D.L. 23 giugno
1995, n. 244, convertito con la legge 8 agosto 1995 n. 341, quelle di cui all’art.
63 della legge 23 dicembre 1998 n. 448, all’art. 26 del D.lgs 31 marzo 1998 n.
112 e art. 2 D.P.R. 20 ottobre 1998 n. 447.
Gli strumenti urbanistici sono adottati dall’Assemblea Generale
nel rispetto e con la procedura prevista dalle leggi nazionali e dalla legge
urbanistica regionale n. 19 del 16 aprile 2002 previo, parere obbligatorio dei
comuni i cui territori sono interessati dai medesimi strumenti urbanistici e
sono approvati secondo le procedure previste per l’approvazione degli
strumenti urbanistici comunali.
Per la redazione dei piani degli agglomerati industriali attrezzati e
per l’attuazione delle opere di urbanizzazione e delle infrastrutture necessarie
per insediamenti produttivi, compresi nei programmi di deindustrializzazione,
si applicano le disposizioni di cui all’art. 2, comma 11, 11 bis e ter legge 19
luglio 1993 n. 237 e art 11 D giugno 1995, n. 244 convertito con legge 8
150
agosto 1995 n. 341 e successive modificazioni ed integrazioni nonché l’art. 37ter comma 8 legge regionale 22 settembre 1998 n. 10 , fermo restando
l’applicazione delle disposizioni di cui al D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 ( T.U.
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia).
L’approvazione dei progetti delle opere pubbliche occorrenti per
le attività di cui sopra, nonché dei progetti delle opere occorrenti per
l’attuazione delle iniziative di cui agli artt. 49,50 e 56 del T.U. 6 marzo 1978 n.
218, equivale a dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità
delle opere medesime.
Per tutte le opere realizzate, si applicano le disposizioni di cui
all’art. 37-ter comma 8 legge regionale 22 settembre 1998 n. 105. Per le
espropriazioni si applicano, fino all’entrata in vigore del D.P.R. 8 giugno 2001
n. 327 le disposizioni di cui alla legge 25 giugno 1865 n. 2359 e successive
modifiche ed integrazioni. Si applicano, altresì, le disposizioni di cui alla legge
3 gennaio 1978 n. 1 e successive modifiche ed integrazioni residuate
all’abrogazione operata dal D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327.
Tutta l’attività istituzionale del Consorzio è svolta mediante
l’adozione di programmi quinquennali di attività e di organizzazione in
conformità agli indirizzi definiti dalla Regione nei propri piani generali e
settoriali di sviluppo economico.
I programmi sono elaborati sulla base di criteri che tengano conto
della sussistenza di processi di ristrutturazione e riconversione industriale già
in stato di avanzamento e della presenza di rilevanti fenomeni di degrado
151
ambientale, economico e sociale.
Per la realizzazione dei programmi il Consorzio potrà costituire
società o consorzi o partecipare a società e consorzi, per la gestione dei servizi
consortili e per l’assistenza alle imprese.
I programmi , oltre a quanto sarà ritenuto utile in relazione alle
esigenze del territorio, devono necessariamente indicare:
a) le azioni e le iniziative di promozione delle attività produttive e gli
specifici interventi per realizzarle;
b) le risorse finanziarie per realizzarle e le diverse fonti di provvista;
c) le misure organizzative adeguate a sostenere le azioni prescelte,
riguardanti la razionalizzazione delle risorse consortili al fine di
ridurne i costi e realizzare miglioramenti;
d) l’eventuale costituzione di società, di consorzi o di partecipazioni di
cui al comma precedente.
I programmi sono adottati dall’Assemblea Generale entro il
termine perentorio di giorni 180 dal suo insediamento e sono trasmessi alla
Regione che provvederà all’approvazione definitiva nei termini e con le
modalità di cui all’art. 14 legge regionale 24 dicembre 2001 n. 38.
Il capitale sociale è formato:
a)
dai conferimenti a suo tempo effettuati dai soci del Consorzio per il
Nucleo di Industrializzazione di Crotone in complessive lire
152
205.000.000 pari ad Euro 105.873,66;
b) dai conferimenti che saranno versati dai nuovi soci ovvero che
risulteranno da eventuali integrazioni.
c) dai contributi in conto capitale, aumentati dagli utili e diminuiti dalle
perdite derivanti dall’attività del Consorzio;
d) nella fase iniziale conseguente all’adozione dello statuto, il fondo
consortile nonché l’attribuzione delle relative quote ai singoli
consorziati viene determinato come risulta dalla successiva (tabella
11).
I mezzi finanziari sono costituiti da quelli derivanti:
a) dall’utilizzazione di mezzi propri;
b)
da entrate conseguenti alle varie attività svolte dal Consorzio;
c) dai fondi regionali, statali e comunitari appositamente destinati alla
realizzazione,gestione e manutenzione di opere e servizi;
d) dal contributo annuale di dotazione ordinaria da parte dei soci che
sarà fissato in sede di approvazione del P.E.F. a cadenza triennale e
ripartito fra i soci in ragione delle quote di ciascuno di essi;
e) da finanziamenti concessi dagli istituti di credito anche a medio
termine.
Il patrimonio del Consorzio è costituito da:
153
a) attività e passività finanziarie;
b) beni mobili, immobili, crediti, titoli di credito e beni in natura;
c) beni destinati al servizio del Consorzio ed altre attività non
disponibili;
d) passività consolidate e diverse.
Le opere realizzate dal Consorzio, ivi comprese quelle trasferite ai
sensi dell’art. 3 della legge 1 marzo 1986 n. 64, fanno parte del patrimonio del
Consorzio che vi provvede alla manutenzione e gestione;
I beni costituenti il patrimonio del Consorzio sono descritti in
appositi inventari indicanti gli elementi atti a farne conoscere la consistenza ed
il valore.
Al fine di un corretto equilibrio tra i beni già nel patrimonio del
Consorzio per il Nucleo di Industrializzazione di Crotone e quelli del
Consorzio, acquisiti dopo l’approvazione del presente statuto, per i primi
viene assunto il valore di acquisto come iscritti negli atti contabili.
La quota sociale unitaria derivante dal fondo consortile formato
secondo quanto previsto dallo statuto, si ricava dividendo il fondo medesimo
per il numero dei soci già esistenti provenienti dal C.N.I. Crotone sia nella
forma individuale sia nella forma associata, unitamente alla Regione
aumentato in modo tale da consentire l’attribuzione di più quote ai soci
maggiormente rappresentativi di interessi generali e di categoria, in guisa che
sia sempre presente il rapporto di un terzo per la Regione e due terzi per gli
154
altri soci.
Considerato che, operate le associazioni previste dallo statuto, il
numero dei soci provenienti dal C.N.I. Crotone è pari a 12, al fine di
assicurare il rapporto di cui sopra appare equo aumentare detto numero (12)
di 24 quote, sicché il numero totale delle quote diviene pari a 36.
All’atto dell’approvazione dello statuto, considerato l’apporto della
Regione e di eventuali nuovi soci, il fondo consortile è indicato in 504.000,00
(pari a lire 975.880.080) per cui la quota sociale, tenuto conto del totale delle
quote pari a 36, è di Euro 14.000,00.
Considerate le quote versate dai soci provenienti dal C.N.I.
Crotone e la partecipazione della Regione e la possibilità che partecipano
nuovi soci, la distribuzione delle quote può regolarsi come di seguito:
TABELLA 11 – FONDO CONSORTILE
N.
1
Ente Consorziato
Vecchio Statuto
Cons.
Conf.
In €
Regione Calabria
Nuovo Statuto
Quote Conf.
In €
12
168.000,
00
2
Provincia di Crotone
12
25.822,84
3
42.000,00
3
Comune di Crotone
6
15.493,71
2
28.000,00
4
Camera C.I.A.A. Crotone
6
15.493,71
3
42.000,00
5
Assoper
10
25.822,84
3
42.000,00
6
A.R.S.S.A. di Cosenza
3
7.746,85
1
14.000,00
7
Comune di Strongoli
2
3.873,43
1
14.000,00
8
Cons. Bonif. Bassa Valle del Neto-Crotone
1
2.582,28
1 (*)
14.000,00
9
Cons.Bonif.Castella/Capocolonna-Isola C. R.
1
1.291,14
10
Cons. Bonif. Lipuda Fiume Nicà-Cirò M.
1
1.291,14
11
Comune di Cutro
1
1.291,14
1
14.000,00
12
Comune di Isola C.R.
1
1.291,14
1
14.000,00
13
Comune di Rocca di Neto
1
1.291,14
1
14.000,00
155
14
Banca CARIME S.p.a.
15
Sottoscrizioni riservate a nuovi soci
Totali.
1
46
2.582,28
105.873,
1
14.000,00
6
84.000,00
36
504.000,
00
64
(*) I Consorzi di bonifica sono stati associati a norma dello statuto.
In caso di mancanza di istanze di partecipazione per le sei quote a
disposizione di nuovi soci le quote si accrescono progressivamente in ragione
di una quota cadauno ai soci esistenti, secondo l’ordine di esposizione sopra
indicato, esclusa la Regione.
Circa il rapporto tra gli importi versati dai soci provenienti dal
C.N.I. Crotone ed il valore delle attuali quote e la prevista associazione tra i
soci che avevano versato una quota di importo modesto in relazione a quella
versata dagli altri, per detti soci non vengono chieste integrazioni ne disposti
rimborsi.
Nel caso in cui l’Assemblea Generale, con la speciale maggioranza
prevista, ritenga di aumentare il numero delle quote mediante l’ammissione di
nuovi soci, la Regione potrà aumentare le proprie quote in rapporto pari agli
aumenti effettuati, in misura tale che sia sempre presente il rapporto di un
terzo a due terzi.
4.8 Intesa istituzionale di programma tra il governo della Repubblica e
la Regione Calabria
L’accordo di programma tra il governo della Repubblica e la
Regione Calabria persegue, nel quadro di una complessiva strategia regionale
di irrobustimento del sistema produttivo calabrese, l’obbiettivo strategico di
innalzare sensibilmente il grado di attrattività, soprattutto nei confronti delle
156
iniziative imprenditoriali extraregionali, esercitato dal territorio della regione.
Al fine di garantire maggiore incisività al programma delineato
nell’accordo, tramite la concentrazione degli investimenti previsti, la Regione
ha provveduto all’individuazione di alcune aree di rilevanza strategica per il
sistema produttivo regionale sulle quali concentrare gli investimenti, tre quelle
già attualmente meglio predisposte ad accogliere gli insediamenti produttivi,
tra queste aree rientra anche l’agglomerato industriale di Crotone.
TABELLA 12 – INTERVENTI INFRASTRUTTURALI AGGLOMERATO DI CROTONE
N.
Titolo di intervento
Localizzazione
1
Ampliamento della Z.I. – Agglomerato
Infrastrutturazione primaria industriale
della località Zigari
Crotone
2
Ampliamento della Z.I. – Agglomerato
Infrastrutturazione primaria industriale
della località Passovecchio Crotone
Soggetto
attuatore
Consorzio per lo
di sviluppo
industriale della
provincia
di
Crotone
Consorzio per lo
di sviluppo
industriale della
provincia
di
Crotone
Costi
€ 6.394.250
€ 3.934.730
TABELLA 13 – STUDI DI FATTIBILITA’ AGGLOMERATO DI CROTONE
N.
Titolo di intervento
1
Studio di fattibilità “Centro
smistamento merci 1° lotto
(raccordo ferroviario ed
infrastrutture a servizio) –
località Zigari”
Studio di fattibilità per la
realizzazione di edifici e
magazzini a completamento
del centro smistamento
merci
2
Localizzazione
Agglomerato
industriale
Crotone
Agglomerato
industriale
Crotone
Soggetto
attuatore
Consorzio per lo
di sviluppo
industriale
della
provincia
di
Crotone
Consorzio per lo
di sviluppo
industriale
della
provincia
di
Crotone
Costi
€ 126.500
€ 100.000
Il trasferimento delle risorse finanziarie statali previste per l’anno
2002 verrà disposto nei confronti della Regione in un’unica soluzione, entro
180 giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo e per gli anni 2003, 2004,
2005 entro 120 giorni dalla data di trasmissione al Servizio competente del
Ministero dell’Economia e delle Finanze di rapporti semestrali di
157
monitoraggio. L’ammontare dei trasferimenti terrà conto dell’entità delle
risorse finanziarie effettivamente utilizzate dalla Regione, risultanti dai
suddetti rapporti di monitoraggio.
La Regione si impegna, in funzione della tempistica e delle
modalità attuative delle anzidette azioni e strumenti, a promuovere
l’attivazione del necessario processo negoziale ed istruttorio.
Tale processo, che dovrà prevedere anche il coinvolgimento di
altre amministrazioni responsabili di tali misure, è finalizzato a definire e
stipulare, coerentemente con quanto previsto, dal sul citato complemento di
programmazione, protocolli aggiuntivi al presente accordo relativi
all’attuazione di:
a) Azioni di marketing territoriale per l’attrazione di investimenti esterni
e l’avvio di reti di cooperazione interregionale;
b) Un sistema integrato di agevolazioni per la realizzazione di
investimenti produttivi (sistemi territoriali, filiere settoriali);
c) Strumenti di finanza di progetto per attuare, in collaborazione con il
settore privato, la realizzazione di infrastrutture e la gestione dei
connessi servizi.
La Regione si impegna a proporre iniziative relative alla sicurezza e
legalità anche per gli interventi previsti dall’ accordo di programma, quali:
a) Controllo preventivo de in itinere di eventuali condizionamenti negli
appalti e subappalti di esecuzione dei lavori, servizi e forniture e nella
conduzione dei cantieri;
b) Controllo del rischio di infiltrazioni criminali nell’affidamento delle
aree e nella gestione d’impresa;
158
c) Definizione e applicazione di accordi di sicurezza finalizzati al
presidio delle aree e delle reti di comunicazione in/out, nonché alla
salvaguardia dei siti e delle opere infrastrutturali previste nelle aree
industriali per una sicura fruibilità del bene;
d) Concentrazione, con la partecipazione delle parti sociali e della
società civile, di protocolli di legalità articolati per azioni di
prevenzione e contrasto delle fenomenologie criminose nel tessuto
economico e produttivo Regionale;
e) Implementazione di progetti per l’emersione del lavoro sommerso e
del lavoro irregolare e per l’applicazione della normativa sulla
sicurezza nei luoghi di lavoro.
159
Conclusioni
I Consorzi per lo sviluppo industriale, come abbiamo visto sono
stati istituiti nel dopoguerra, con il fine di incentivare lo sviluppo industriale
anche al sud, quando le istituzioni hanno “finalmente” preso atto del grado di
“arretratezza economica” del Mezzogiorno d’Italia ed a seguito del fallimento
della riforma agraria, dovuto all’abbandono delle terre da parte dei contadini
meridionali per andare a lavorare nelle fabbriche del nord del paese rendendo
cosi possibile il “Miracolo economico Italiano”.
Iniziano cosi gli interventi straordinari per il mezzogiorno
mediante l’istituzione della “Cassa per il Mezzogiorno” con priorità degli
interventi a favore dei Consorzi per lo sviluppo industriale. Questi Enti in
quasi cinquanta anni di attività hanno realizzato moltissime infrastrutture,
favorendo lo sviluppo industriale in agglomerati e fornendo servizi alle
imprese.
Possiamo dire che in questi anni i Consorzi hanno perso di vista il
loro obbiettivo principale che è quello di favorire l’insediamento di nuovi
impianti industriali, in appositi agglomerati, favorendo cosi lo sviluppo
industriale del sud del paese (visto che i Consorzi sono situati quasi
totalmente nelle regioni meridionali, tranne 7 che si trovano nelle ex aree
depresse del centro-nord).
160
Essi infatti sono diventati degli “erogatori di servizi”. La loro
attività principale non è quella di promuovere lo sviluppo industriale in
un’area ma quella di fornire servizi alle imprese. Inoltre, se a questo
aggiungiamo il fatto che nell’Assemblea Generale dei Consorzi siedono
persone delegate dai soci (altri Enti Pubblici) di colori politici diversi che non
fanno altro che dare instabilità all’Ente, si arriva a capire come mai si è perso
l’effettivo oggetto sociale dei Consorzi.
Le cose cominciano a cambiare agli inizi degli anni ’90 con il
riordino delle P.A. e con la delega da parte dello Stato alle Regioni delle
funzioni di controllo e di indirizzo dei Consorzi Industriali.
Dopo tanti ritardi finalmente la Regione Calabria dà un nuovo
regime giuridico ai Consorzi per le aree, i nuclei e le zone di sviluppo
industriale con la Legge Regionale 24/12/2001 n. 38, prevedendo la modifica
degli statuti dei cinque Consorzi presenti sul territorio regionale e
recuperando il Consorzio per il nucleo industriale di Lamezia Terme per il
quale era in corso una procedura di liquidazione.
Con
questa
legge
si
dà
innanzitutto
più
stabilità
all’amministrazione dell’Ente ed infatti è prevista una partecipazione della
Regione non inferiore al 25%. Quindi diventa più forte il peso della Regione
nell’Assemblea Generale. I Consorzi diventano strumenti della Regione e
pertanto devono sottostare alle direttive della Giunta e dell’Assessore
all’industria, che esercitano sugli stessi l’attività di vigilanza e controllo.
Adesso, con la riforma, i Consorzi sono effettivamente dotati di
tutti gli strumenti per lanciare lo sviluppo industriale delle regioni meridionali
e creare, cosi, nuova occupazione. L’orientamento da prediligere è quello di
161
attuare delle politiche di “Marketing Territoriale” promuovere gli
agglomerati, mostrando agli imprenditori le potenzialità e i punti di forza di
queste aree. Tra poco con l’ingresso nell’U.E. dei paesi dell’est si
abbasseranno tutti gli indici sociologici e le regioni meridionali usciranno fuori
dalle aree di intervento dell’U.E. per lo sviluppo industriale (Obbiettivo 1).
Cosi ancora un’altra volta il meridione rischia di perdere il treno che porta allo
sviluppo industriale. Se non vogliamo che ciò accada bisogna convincere gli
imprenditori di altre aree d’Europa e d’Italia ad investire in queste Regioni e
questo compito spetta ai Consorzi per lo sviluppo industriale. In fondo non è
difficile, basta solo convincersi che il “Marketing Territoriale” è ciò che
serve per attrarre gli imprenditori ed il “Direct Marketing” (organizzare fiere,
convegni, ecc…) è lo strumento ideale per entrare in contatto con gli
imprenditori. Pertanto è necessario realizzare piani di marketing efficaci che
riescano nelle intenzioni e che non abbiano costi eccessivi.
D’altra parte, al fine di assicurare maggiore sviluppo agli
insediamenti industriali deve essere necessariamente dilatato il concetto di
“industria”
nel
senso
che
gli
agglomerati
industriali
dovranno
necessariamente diventare agglomerati non solo di produzione ma anche,
forse e soprattutto, di servizi. Da qui ne consegue che probabilmente in un
prossimo futuro negli agglomerati industriali Calabresi si vedranno sempre di
meno ciminiere e sempre di più imprese che producono beni sotto forma di
servizi, per cui si dovrà pensare sempre di più alla dotazione delle stesse aree
industriali di nuove e diverse infrastrutture quali per esempio la fibra ottica.
L’epoca della deindustrializzazione sembra definitivamente
superata attraverso la creazione di piccole e medie imprese che operano in
162
settori diversi rispetto al passato e la grande industria pesante sta lasciando il
posto al settore agroalimentare e dei servizi.
La crescita del meridione d’Italia passa attraverso la crescita
dei Consorzi industriali. Tale concetto sembra essere definitivamente
acclarato dal legislatore regionale laddove nella nuova legge di riforma dei
Consorzi si dice che i Consorzi sono strumenti per l’attuazione della politica
industriale della regione Calabria, questa affermazione legislativa è stata
corroborata nei fatti con il recente accordo di programma quadro tra il
governo della repubblica e la regione Calabria quando si sono destinate
notevoli risorse su base triennale ai Consorzi industriali Calabresi.
Pensiamo che la strada imboccata sia quella giusta in
considerazione del fatto che gli agglomerati industriali rappresentano l’habitat
naturale perché nuove imprese possano nascere e crescere soprattutto in
considerazione del fatto che gli agglomerati industriali sono aree
ecologicamente attrezzate capaci, pertanto, di assicurare servizi a chi vuole
fare impresa. Da questa considerazione discende che bisogna evitare la
polverizzazione dell’intervento pubblico nelle nuove politiche industriali al
fine di costruire, anche sull’esperienza di altri paesi Europei tipo l’Irlanda,
tutta una serie di distretti industriali capaci di andare a costituire l’asse
portante di una nuova politica di crescita e di sviluppo del meridione d’Italia.
163
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