lo scisma evitato

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lo scisma evitato
E c u m e n is m o
l
A
detta di quanti erano presenti a Canterbury all’incontro a porte chiuse tra i
38 primati delle province
anglicane,
invitati
dall’arcivescovo di Canterbury Justin
Welby dall’11 al 16 gennaio, c’è un
momento che rappresenta efficacemente quanto avvenuto nella settimana che ha fatto pendere l’ago verso la
conservazione dell’unità, invece che
verso lo scisma.1 È la celebrazione eucaristica finale nella cripta della cattedrale di Canterbury, durante la quale
ciascun arcivescovo ha lavato i piedi
agli altri, e ha benedetto colui che a sua
volta gli stava lavando i piedi. Poco prima, il fondatore dell’Arca Jean Vanier
aveva condotto i presenti in una riflessione su Giovanni 13.
Conflitti e lacrime
Così lo ha raccontato, più di un
mese dopo, il primate della Chiesa
d’Inghilterra Justin Welby, il primus inter pares tra tutti i capi delle province
sparse per il globo, nella sua prolusione al Sinodo generale della sua Chiesa
a Westminster: «Sedevamo in un semicerchio intorno all’altare, preparato
per l’eucaristia. Da un lato, leggermente in avanti, il pastorale di san
Gregorio, papa Gregorio Magno, che
inviò Agostino nel 597 a rievangelizzare queste isole, almeno secondo la tradizione romana. Il pastorale è meraviglioso, ispirato io credo all’Apocalisse,
con intagliato un agnello d’avorio che
resiste all’attacco di un drago. Ero presente quando è arrivato, il venerdì prima dell’inizio dell’incontro, e ho guar-
Comunione anglicana
o scisma evitato
I primati delle province ang licane
decidono di rimanere uniti
dato mentre quelli che lo toglievano
dall’imballo si commuovevano per la
sua bellezza e il suo significato storico.
Il suo prestito per quella settimana da
parte del priore di San Gregorio al Celio, con la benedizione e l’attivo supporto dell’ambasciatore britannico
presso la Santa Sede e delle autorità
italiane, e molto sostegno da parte del
Vaticano stesso, è stato un simbolo di
unità ecumenica estremamente significativo.
Dall’altra parte dell’altare c’erano
i Vangeli di Agostino, prestati per quel
giorno dal Corpus Christi College di
Cambridge, semplicemente per il servizio. Anche questo è stato un dono di
cui siamo grati. Sono datati autenticamente al VI secolo, e sono decorati
con magnifiche miniature. Anch’essi
hanno offerto un potente simbolismo
alla nostra decisione di continuare nel
solco della tradizione iniziata tanto
tempo fa.
Davanti all’altare, durante il ministero della Parola, sedeva Jean Vanier,
che ci aveva parlato il giovedì sera e
che durante la celebrazione eucaristica
ha riflettuto sul c. 13 di Giovanni, la lavanda dei piedi. Ci ha guidato sia nella
meditazione su quel passo, sia nel lavarci i piedi l’un l’altro, cosicché tutti i
primati si sono lavati i piedi a vicenda.
Mi è sembrato, mentre sedevo lì,
che molto di quello che stiamo vivendo, come Comunione anglicana, come
popolo di Dio, fosse simboleggiato nel
modo in cui tutto era disposto: il ministero del Sacramento ci ricordava che
attraverso il sacramento noi riaffermiamo la nostra cattolicità, la nostra unità
essenziale con tutti i cristiani in ogni
luogo e in ogni tempo; il pastorale ci
parlava della sconfitta del Male, della
chiamata all’unità, dell’essere pastori
del popolo di Dio, in semplicità e santità; i Vangeli, la Parola delle Scritture,
ci svela la vita di Gesù nostro Salvatore, Parola e Sacramento insieme; e lo
stesso Jean Vanier, un simbolo vivente
di che cosa significhino la vera semplicità e sequela per la vita della Chiesa
oggi.
Ci siamo lavati i piedi a vicenda, e
ciascuno ha recitato una preghiera di
benedizione su quello che gli aveva lavato i piedi, prima di lavare i piedi di
altri primati; un cospicuo contrasto con
quello che spesso viene riportato sui
conflitti all’interno della Comunione.
Molti di noi hanno pianto».2
Un’unità basata
sulle relazioni
L’incontro di gennaio segna il culmine di una crisi che parte 13 anni fa,
nel 2003, con la decisione della Chiesa
episcopaliana (TEC), la provincia anglicana degli Stati Uniti, di ordinare
vescovo Gene Robinson, un prete impegnato pubblicamente e stabilmente
in una relazione omosessuale. Le scelte liberal sull’insegnamento etico, e in
particolare sulla sessualità, delle province statunitense e canadese hanno
portato le province del sud del mondo
a una rottura della comunione, con la
nascita di una struttura «dissidente»,
chiamata Chiesa anglicana del nord
America (ACNA), e di un raggruppamento «antagonista» del Sud denominato GAFCON, dalla Global Angli-
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can Future Conference che ebbe luogo a Gerusalemme nel 2008, poco
prima della Conferenza di Lambeth.
La Comunione anglicana si descrive come una comunione di Chiese autonome e indipendenti: a livello locale, cioè nelle varie province che sono
spesso Chiese nazionali, l’insegnamento ecclesiale viene fatto oggetto di
discernimento e promulgato attraverso i Sinodi. Gli strumenti di comunione, cioè quello che lega insieme le varie province in tutto il mondo (cioè la
Conferenza di Lambeth, il Consiglio
consultivo anglicano e l’Assemblea dei
primati), non hanno una consistenza
giuridica ma relazionale; di conseguenza non c’è nessuna autorità sovra-locale che possa dire a una provincia che cosa può o non può fare. E tuttavia le scelte delle singole province
hanno un impatto sulla Comunione,
come evidenziano le vicende dell’ultimo quindicennio.
L’arcivescovo di Canterbury è riconosciuto come «punto focale e strumento di unità» all’interno della Comunione, ed è per questo che Justin
Welby si sta spendendo instancabilmente – e abilmente – per conservare
l’unità tra le diverse anime della Chiesa anglicana. Il suo predecessore, Rowan Williams, aveva cercato di dare
una soluzione formalizzando in qualche modo i legami di comunione tra le
province con il Patto anglicano (2009), al
quale ciascuna provincia doveva votare la propria adesione entro il 2012,
ma solo una piccola parte lo ha fatto,
perciò in sostanza la soluzione non era
stata recepita.
Le posizioni hanno quindi continuato a distanziarsi. L’Assemblea dei
primati di Dublino nel 2011 è stata disattesa da 15 su 38, in segno di protesta contro le decisioni delle Chiese
nordamericane. Nel luglio 2015 la
Convenzione generale della Chiesa
episcopaliana ha riformulato i suoi canoni sul matrimonio per renderli «sessualmente neutri», e ha approvato
delle liturgie per il matrimonio di coppie omosessuali; in settembre è stata la
volta della Chiesa anglicana del Canada, la cui Commissione sui canoni matrimoniali ha presentato un rapporto
al Consiglio del Sinodo generale, in
cui si esamina la possibilità di «estendere il canone matrimoniale alle cop-
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pie omosessuali senza diminuire, danneggiare o limitare le ricche implicazioni teologiche del matrimonio come
viene tradizionalmente inteso». Sulla
stessa via si trovano altre province come il Brasile, la Nuova Zelanda, la
Scozia, il Galles, l’India del Sud e il
Sudafrica.
Un esito non scontato
Nel 2015 avrebbe dovuto partire la
preparazione della Conferenza di
Lambeth, il Sinodo globale di tutte le
province anglicane che si tiene ogni 10
anni ed era stato l’ultima volta nel
2008. Ma temendo che celebrarla nella situazione attuale equivalesse a formalizzare la rottura della comunione
tra le province del Nord e del Sud,
Welby l’ha sospesa, e nel corso degli
ultimi due anni ha viaggiato continuamente tra le province e cercato una
«via in avanti», come ha detto lui stesso, per preservare l’unità. E quando
ha invitato tutti i primati per l’incontro di gennaio a Canterbury (compreso il leader dell’ACNA, che pure formalmente non ne avrebbe avuto diritto), tutti hanno accettato.
L’esito è stato buono ma non era
per nulla scontato. Non si trattava di
accordarsi sull’insegnamento dottrinale sulla sessualità, ma sul rimanere o
meno in comunione. Pochi giorni prima dell’inizio si parlava insistentemente della probabilità che i primati
del Sud abbandonassero l’incontro in
anticipo (ma solo l’arcivescovo Stanley
Ntagali della Chiesa anglicana dell’Uganda lo ha fatto). Lo stesso Welby in
un’intervista alla BBC aveva detto:
«Uno scisma non sarebbe un disastro
(…) Dio è più grande dei nostri fallimenti; ma sarebbe un fallimento».
Welby ha poi rivelato come sono
arrivati alla decisione di non dividersi:
«Uno dei momenti in cui abbiamo votato – e non si vota spesso in questi incontri – è stato sulla domanda, quando tutto sembrava perduto, se avremmo camminato insieme o separatamente. E sembrava persa. Il voto di
camminare insieme, dopo un avvertimento, ripetuto due volte, che una simile scelta implicava una responsabilità personale a farlo nel modo giusto,
è stato unanime. È stato fatto per alzata di mano, ed è stato totale. Comunque le divisioni erano profonde, e lo
rimangono. Non dobbiamo farci illusioni sulla fragilità del processo, o
sull’esito».
Questa scelta si è concretizzata da
un lato nella condanna del pregiudizio
omofobico e della violenza, con un
impegno a offrire cura pastorale senza
discriminazioni rispetto all’orientamento sessuale, e dall’altro nell’esclusione per tre anni della Chiesa episcopaliana dagli organismi ecumenici e
dalle decisioni magisteriali o politiche
all’interno della Comunione anglicana, pur rimanendo parte delle strutture interne di collegamento.3
In questo modo Welby e i primati
hanno convenuto su una linea mediana, che scontenta gli estremi, ma consente alla Comunione nel suo insieme
lo spazio e il tempo per un processo di
riconciliazione e approfondimento
delle diverse posizioni. Il presidente
della TEC Michael Curry ha detto: «Il
dolore per molti sarà reale. Ma Dio è
più grande di tutto. Amo Gesù e amo
la Chiesa. Sono cristiano secondo la
tradizione anglicana. E come voi, come abbiamo detto in questo incontro,
m’impegno a “camminare insieme”
con voi come primati nella famiglia
anglicana». Egli stesso, eletto nel 2015
alla presidenza della TEC, è afroamericano e moderato, e potrà dare un
valido contributo nei prossimi anni
per sanare le tensioni con gli anglicani
africani. Dall’anno scorso è africano,
per la prima volta, anche il segretario
generale della Comunione anglicana,
l’arcivescovo nigeriano Josiah Atkins
Idowu-Fearon, teologicamente conservatore.
Così l’incontro dei primati ha raggiunto il risultato sperato (e assiduamente preparato) da Justin Welby: la
Conferenza di Lambeth si terrà, nel
2020.
Daniela Sala
1
Per una ricostruzione analitica delle vicende precedenti che qui sono richiamate, cf. Regnoatt. 18,2012,578; 14,2010,444; 16,2008,523;
Regno-doc. 15,2008,584.
2
Anglican News Service 15.2.2016.
3
Regno-doc. 3,2010,120.
4
Cf. Walking together in the service of God in the
World. Communiqué from the Primates of the Anglican
Communion, in ACNS 15.1.2016, prossimamente
su Regno-doc.