Jean d`Ormesson è nato nel 1925 a Parigi ed è uno

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Jean d`Ormesson è nato nel 1925 a Parigi ed è uno
Jean d’Ormesson è nato nel 1925 a Parigi ed è uno dei più celebri
scrittori e intellettuali francesi. Tradotto in tutto il mondo, è membro
dell’Académie Française ed è stato per anni direttore del «Figaro». È
stato presidente dell’Unesco e ambasciatore francese all’Onu. I suoi
libri più noti in Italia sono A Dio piacendo, La gloria dell’Impero,
Il vento della sera, Il romanzo dell’ebreo errante e i più recenti La
Conversazione e Un giorno me ne andrò senza aver detto tutto,
pubblicati da Edizioni Clichy rispettivamente nel 2013 e nel 2014.
Che cosa strana è il mondo, già uscito nel 2010 per Barbès Editore, è
il suo più grande best-seller e il libro che lo ha fatto diventare uno degli
scrittori più amati dalle nuove e nuovissime generazioni di lettori.
Gare du Nord
La frenesia e la multiculturalità della parigina Gare du Nord raccontano il
carattere composito della collana di narrativa contemporanea di Edizioni
Clichy, dedicata alla scrittura di stampo letterario, principalmente
francofona ma non solo: storie, esseri umani, vite, colori, suoni, silenzi,
tematiche forti, autori dal linguaggio inconfondibile, senza timore di
assumere posizioni di rottura di fronte all’establishment culturale e sociale o
di raccontare abissi, sperdimenti, discese ardite ma anche voli e flâneries.
«C’est une chose étrange à la fin que le monde»
de Jean d’Ormesson
© 2010 Robert Laffont - Paris
Per l’edizione italiana:
© 2015 Edizioni Clichy - Firenze
Edizioni Clichy
Via Pietrapiana, 32
50121 - Firenze
www.edizioniclichy.it
Isbn: 978-88-6799-162-4
Jean d’Ormesson
Che cosa strana
è il mondo
Traduzione di Tommaso Gurrieri
Edizioni Clichy
Che cosa strana è il mondo
Indice
Prologo
Che la luce sia!
Perché c’è qualcosa invece di niente?
La morte: un inizio?
Ringraziamenti
Indice dei nomi e dei luoghi
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Prologo
Il filo del labirinto
Un bel mattino di luglio, sotto un sole che picchiava
forte, mi sono chiesto da dove veniamo, dove andiamo e
cosa facciamo su questa Terra.
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Il sogno del Vecchio
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Il filo del labirinto
Da dove veniamo? Da molto lontano. Dietro di me ci
sono fiumi di sperma e di sangue, montagne di cadaveri,
un sogno collettivo e strano che si trascina sotto i teschi,
nelle iscrizioni sulle pietre e sul marmo, nei libri, poi nelle
macchine - e che chiamiamo il passato. E torrenti e deserti e oceani d’oblio.
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Il sogno del Vecchio
Non c’era niente.
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Il filo del labirinto
Dove andiamo? Chi lo sa? Davanti a me, c’era... cosa
c’era? Qualcos’altro. Qualcos’altro che non esisteva ancora e che chiamiamo il futuro. Qualcosa di diverso, e
anche di molto diverso - eppure di simile. Qualcos’altro,
ma la stessa cosa. E la morte.
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Il sogno del Vecchio
Non c’era niente.
Nessuna risata, nessun pianto, nessun albero, nessuna nuvola. Nessuna luce. Nessuna risposta e nessuna domanda. L’eternità. Il vuoto. L’infinito.
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Il filo del labirinto
E noi che abbiamo la fortuna di essere nati e di non
essere già morti, cosa facciamo su questa Terra?
Cose grandi, cose belle. Scoperte, conquiste, invenzioni, capolavori. E piccole cose mediocri, insignificanti,
spesso sconsolanti, a volte disonorevoli.
Ho dormito molto. Ho perso molto tempo. Ho commesso un bel po’ di errori. Quel che c’era di meno inutile
sotto il sole, era di amarci gli uni con gli altri.
Siamo andati avanti di progresso in progresso. Questi
progressi hanno sempre cambiato tutto del nostro modo
di sentire, di pensare e di vivere. Non hanno mai cambiato niente nella nostra condizione umana: nascere, soffrire
e morire.
Abbiamo fatto quasi tutto ciò che eravamo capaci di
fare - e, alla fine dei conti, quasi niente.
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Il sogno del Vecchio
Non c’era né spazio né tempo. C’era qualcos’altro.
Non c’era niente. E il niente era tutto.
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Il filo del labirinto
La vita è molto allegra. È breve, ma lunga. Accade che
sia incantevole. Detestiamo lasciarla. È una valle di lacrime - e una valle di rose. In hac lacrimarum valle. In hac
valle rosarum.
Ho riso molto. Il mondo mi diverte. Mi piacciono le
parole, l’ironia, lo sci a primavera, il coraggio, i pendii
coperti di olivi e di pini che scendono verso il mare, l’ammirazione, l’insolenza, i bistrot sulle isole, le contraddizioni dell’esistenza, lavorare e non fare niente, la velocità
e la speranza, i film di Lubitsch e di Cukor, Cary Grant,
Gene Tierney, Sigourney Weaver e Keira Knightley. Ho
avuto fortuna. Sono nato. Non mi lamento. Morirò, naturalmente. Aspettando, vivo.
Gli imbecilli abbondano, i rompiscatole esagerano e
succede a dei poveracci, a una manciata di egoisti - chiamo egoisti quelli che non pensano a me - di infilarsi tra di
loro. Ma parecchie persone mi sono piaciute molto. Ne
ho amata qualcuna e, anche quando non mi amavano, o
non mi amavano abbastanza secondo me, era piuttosto
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delizioso. Non ho pianto sulla vita. Ero contento di esserci.
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Il sogno del Vecchio
Non c’era niente. Ma il tutto era già nel niente. E il
tempo e la storia erano nascosti sotto l’eterno.
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Il filo del labirinto
Ho parlato molto delle società passeggere in cui abbiamo vissuto. Non mi sono fatto da solo. Non sono stato
troppo presuntuoso né troppo soddisfatto di me da credere di non dovere niente agli altri. Devo tutto a quelli
che sono venuti prima di me e che mi hanno istruito e
cresciuto. Sono il frutto di un passato dal quale vengo. Le
origini mi appartengono come appartengono a tutti. E
mi interessano.
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