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27/05/2012
FILOLOGIA ROMANZA I‐Z
a.a. 2011‐12
prof. Roberto Tagliani
Unità didattica C: Il Cligés di Chrétien de Troyes
DIAPOSITIVE E MATERIALI COMMENTATI A LEZIONE
(limitatamente a quelli non pubblicati nella dispensa)
AVVERTENZA IMPORTANTE
I materiali qui raccolti sono stati presentati e discussi durante le lezioni relative
all’unità didattica C ‐ Il Cligés di Chrétien de Troyes del corso di Filologia romanza I‐Z
dell’a.a. 2011‐12 (prof. R. Tagliani) avente per oggetto l’analisi del citato romanzo.
Tali materiali INTEGRANO i contenuti della dispensa dal titolo Il “Cligés” di Chrétien
de Troyes: materiali di studio, disponibile dal 10 maggio 2012 presso la libreria Coop
di Via Festa del Perdono a Milano, che contiene, tra l’altro, tutti gli altri materiali
proiettati a lezione che non sono stati raccolti in questo file.
I materiali iconografici sono tratti dalla rete internet e impiegati in questo documento
p
senza scopo
p di lucro.
esclusivamente a titolo didattico ed esemplificativo,
Lo studio di queste diapositive NON SOSTITUISCE IN ALCUN MODO la preparazione
della dispensa.
Milano, maggio 2012
R.T.
Università degli studi di Milano – Filologia romanza I‐Z, a.a. 2011‐12 – prof. R. Tagliani
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LA ROTA VERGILI
«Quest’ordine biografico, in cui succedettero le principali opere virgiliane, assunse nel Medioevo il significato di una precisa distinzione gerarchica non solo d
dei tre generi poetici, ma anche di h d
tre stati sociali (pastore, contadino, guerriero) e di tre stili. La corrispondenza gerarchica si estese ai corrispondenti alberi (faggio, albero da frutta, alloro o cedro), nonché alle località (pascolo, campo arato, castello o città), agli strumenti (bastone, aratro, spada), agli animali (pecora, bove, cavallo). Tali corrispondenze vennero raccolte in un particolare schema grafico costituito da cerchi concentrici e chiamato rota Virgili». (cfr. E. R. Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino (1948), Firenze, La nuova Italia, 1992, p. 258). Università degli studi di Milano – Filologia romanza I‐Z, a.a. 2011‐12 – prof. R. Tagliani
OTTICA MEDIEVALE E TESTI LETTERARI
(a proposito dei vv. 706‐742 di Cligés)
Flamenca, vv. 6606‐6617
tr.: «Il bacio è il vero segnale della gioia che l’amor
cortese adduce attraverso gli occhi, per i quali ha
stabilito una porta chiara,
chiara pura,
pura luminosa,
luminosa nella quale si
riguarda spesso quando va o viene dentro o fuori, e da
un cuore si riversa in un altro; e fa tanto immedesimare
l’un cuore con l’altro, che a ciascuno d’essi pare di morire
d’accoramento se, quando l’altro gli vien meno, non lo
rivede immediatamente nello specchio dove il loro
desiderio li fa accorrere».
Baisars es vera antressegna
Del joi que fin’Amors aporta
Per oilz, per cui ha faita porta
Clara e pura e luisen,
On si ve es mira soven,
Quan vai ni ve dins ni defora,
 Gli occhi sembrano configurarsi come «gli
E d’un cor en autre s’encora;
specchianti battenti di una porta attraverso cui
E fai cel[s] cors fan encorar
passa Amore, che nell’entrare o uscire da essa vi si
L’us en l’autre, ques acorar
riguarda, così come vi si rispecchia l’immagine
dell’amato, la cui venuta desiderata l’amante può
Pensa cascus quan l’autre il faill
spiare trepidante guardando (pare) nei battenti
S’ades nol ve sus el miraill
splendidi.»
On lur desir los fai venir.
(Favati 1963)
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FERITOIE E STROMBATURE
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interno
esterno
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IL VALORE DI MIREOR: SPECULUM O SPECULAR? ‐ I
Le teorie antiche – e poi medievali – rappresentavano il processo della visione secondo due modelli concorrenti:
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la fisiologia e l’ottica medievale hanno dapprima accettato l’idea dell’estramissione, trasmessa dal Timeo di Platone: un raggio visivo, testimonianza di una sorta di potenza visiva dell’uomo, e differente per essenza dai raggi luminosi come noi li concepiamo, uscito dal «fuoco interiore», si proietta verso le cose, fino a che un altro «fuoco» promanante dagli oggetti porta la loro forma all’incontro con lo sguardo: da questo duplice movimento trae origine la visione (questa rappresentazione del “raggio
rappresentazione del raggio visivo
visivo” è alla base delle credenze popolari del è alla base delle credenze popolari del
malocchio e della seduzione). Secondo Favati è quanto descritto nel Cligés: Alessandro parlerebbe di un fuoco che brilla in lui e che va cercando la forma dell’essere amato, prima che tale forma giunga al cuore come un’immagine che attraversa lo specchio degli occhi senza danneggiare la pupilla.
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IL VALORE DI MIREOR: SPECULUM O SPECULAR? ‐ II
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Il secondo modello è quello dell’intromissione: l’oggetto stesso emette delle particelle (secondo gli atomisti greci) o delle forme apparenti che vanno ad imprimersi nell’occhio (secondo Alhazen, sapiente egiziano del X secolo, che sarà ripreso da Ruggero Bacone nel XIII secolo). Gregory e Luttrell si pongono in questa prospettiva; si riferisce alla psicologia aristotelica (accessibile all’epoca di Chrétien, quando cominciano a circolare le traduzioni latine del De animae dei Parva Naturalia) che abbandona l’idea platonica del fuoco interiore, compara la percezione all’impronta di un sigillo e soprattutto costruisce la psicologia della percezione sull’opposizione tra i sensi esterni e il sensus communis, “virtù” interna incaricata di ricevere e coordinare le impressioni sensibili pervenute dall’esterno, prima di trasmetterle alle altre facoltà interne . Secondo questa lettura, il cuore ricopre qui il ruolo di “senso comune”, mentre li sans designa il senso della vista; il v. 715 offrirebbe dunque «l’immagine sorprendente di un cuore ardente a causa del senso della vista».
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Thomas d’Angleterre, Tristan
frammento di Carlisle, vv. 72‐88
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Qant Ysolt ente[nt] son corage,
Molt est lie[e] de l’a[vent]ure.
[Entr’e]ls i ad [mainte emveisure],
Car ambedeus sunt en espeir:
p
Dïent lur bon e lur voleir,
Baisent, enveisent e acolent.
A Branguain de l’amur parolent:
Tant ly promettent, tant li dïent
Que par fïance s’entrelïent,
E ele lur voleir consent.
Tuz lur bons font priv[ë]ement
E lur joië e lur deduit
E lur joië e lur deduit,
Quant il pöent e j[u]r e nuit.
[D]elitablë est le deport
Qui de sa dolur ad confort,
Car c[ë] est custome d’amur
De joie aveir aprés dolur.
Tr. «Quando Isotta comprende il suo cuore, / È assai lieta di quanto avviene. / [Tra loro] si i li
di
i
/ [T l ] i
scambiano [innumerevoli tenerezze], / poiché entrambi vivono nella speranza: / si dichiarano i propri pensieri e desideri, / si baciano, s’abbandonano al piacere e si abbracciano. / Parlano a Brangania a proposito del loro amore: / Tanto le promettono, tanto le dicono / Che, con reciproco impegno, stringono un patto, / Ed ella (Brangania) consente al loro volere / Compiono tutti i loro piaceri
volere. / Compiono tutti i loro piaceri nell’intimità / (così come) le loro gioie e i loro divertimenti, / (fino a) quanto possono, giorno e notte. / È dilettevole il piacere / che dal proprio dolore prende conforto, / poiché questo è il costume d’amore, / (vale a dire) aver gioia dopo il dolore.»
LINEE DI LETTURA: VALERIA BERTOLUCCI (1962)
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Cligès presenta differenze di stile e di “velocità” narrativa: passa dalla materia complessa alla iocosa materia
Diversità stilistica tra prima e seconda parte
Nella vicenda propriamente detta, vi sono numerosi rapporti con la comedia perfecta (es. personaggi topici: moglie, marito, nutrice, amante, servo).
Differenze retoriche tra il finale del Tristan di Thomas e di Cligès: tragedia e commedia
Abbassamento lessicale (fino al turpiloquio, all’osceno, al realismo fisiologico del “basso corporale”)
Da romanzo a commedia attraverso il fabliau.
Fenice non è Isotta: i rapporti con la Lidia con Ille e Galeron di Gautier d’Arras
Fenice non è Isotta: i rapporti con la Lidia, con Ille e Galeron di Gautier d
Arras e e
con la commedia latina di origine francese, nata su imitazione di Vitale di Blois.
Il problema dell’interpretatio nominis tra Lidia e Cligès.
Non Anti‐Tristan ma «contrappunto» a Tristan (ed è noto che il contrappunto è, in musica, un insieme di linee melodiche indipendenti presenti in una composizione musicale con tema dato, che si combinano secondo regole tramandate dalla tradizione musicale occidentale.
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LINEE DI LETTURA: KARL D. UITTI (1973)
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Virtuosismo tecnico di Cligès, che ne fa il romanzo più «puro e compiuto» tra quelli di Chrétien.
Intreccio che appare assurdo, che sprigiona la sua massima efficacia solo attraverso «il suo sapore di ironica presa in giro e raffinato humor».
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Alessandro e Cligès “cavalieri” e “greci” (valori romanzeschi e valori epici).
Amore e convenzioni ovidiane.
Non è la verità ma la finzione al centro del progetto letterario di Chrétien.
Alessandro e Cligès: due storie parallele o due storie differenti?
Tra realtà e finzione: Cligès romanzo a intreccio.
Strumentazione retorica sovrabbondante.
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Chrétien non è poeta “narratore” di una storia (narratore‐filologo) ma è “autore”.
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=> la storia raccontata si identifica con l’opera letteraria stessa.
In questa prospettiva egli incarna la translatio studii: è l’interprete della “nuova storia”, la sua storia.
Romanzo anti‐narrativo (anti‐romanzo)?
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