La fortuna di visitare un paese come l`India

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La fortuna di visitare un paese come l`India
“La fortuna di visitare un paese come l’India”
Recentemente sono stata in India con un viaggio di turismo solidale in collaborazione con Project for people.
Abbiamo visitato Calcutta, Varanasi, Khajouraho, Agra e Delhi.
Mi viene chiesto di raccontare l’India … ma parlare dell’India a chi non l’ha mai visitata, a chi non la visiterà
mai …. come si fa?
Come si racconta un paese così?
Posso dire che come al solito un pezzetto del mio cuore è rimasto laggiù.
La vita dell’India si svolge per la strada perché l’India è un grande
mercato. Le strade hanno molte facce e si trasformano nel corso della
giornata. Le persone passano lente, colorate e ci guardano incuriosite, noi
così pallidi e vestiti perlopiù di bianco e nero. Non sono invadenti, fintanto
che noi non facciamo loro un cenno, si limitano a fissare i nostri occhi con
intensità e quando noi li salutiamo solo allora ci rispondono sorridenti e
quasi riconoscenti. Intanto i risciò strombazzano ogni minuto come da noi
accade solo dopo la finale dei mondiali di calcio, passando a pochi
millimetri da ogni possibile ostacolo presente, un altro risciò, una
bicicletta, un bambino, un cane oppure una mucca, un vecchio che dorme
per strada. Ma loro non si scompongono, nessuno di loro e dopo qualche
giorno anche per noi diventa naturale sfidare la sorte ad ogni incrocio.
Gli indiani non si lamentano, non li senti mai maledire i loro milioni
di dei, invece li ringraziano sentitamente portando piccoli doni ai loro
numerosi altari, tutto il giorno e li festeggiano ad ogni occasione. Credono
a queste divinità per noi alquanto strane, bizzarre, pittoresche, ma tutto
sommato decisamente e comunque umane nelle loro stravaganze. E ci
credono davvero, sentono la loro presenza e la loro influenza costante
nelle loro umili vite. Tanto che alla fine le loro vite sono semplici: semplice diventa obbedire alla legge della
famiglia, anche quando ti chiede di sposarti ragazzino o ragazzina, per non dire bambino o bambina, senza
aver mai incontrato prima il tuo partner, semplice è pensare che comunque lui o lei passerà tutta la vita con
te e che per nessun plausibile motivo potrai comunque liberartene; semplice credere che tanto andrà bene
perché comunque non può andare diversamente e quindi è semplice pensare che basta impegnarsi per far
andare bene le cose e quelle andranno bene.
Tanti bambini, sorridenti bambini vestiti di niente, senza giochi, in branco, vivono per strada dall’alba
al tramonto e parlano tutte le lingue del mondo: in tal modo possono comunicare con tutti i turisti. Bambini
che lavorano come e più dei grandi per la strada. A scuola non ci vanno, perché dovrebbero: si impara di più
per strada; inoltre alla sera devono tornare a casa con qualche soldo e quelli non si trovano sui banchi. Si
inventano di tutto, sono molto operosi; riescono ad essere carini quando parlano con qualcuno anche se
hanno freddo e fame e non sai mai dove finisce il loro personaggio e dove è nascosto il bambino vero.
Perché in fondo anche se è facile per noi dimenticarlo, sono ancora dei bambini sotto quegli stracci che non
gli è permesso lavare per fare ancora più compassione. E noi distogliamo addirittura lo sguardo alla loro
insistenza. Ma se invece li guardiamo negli occhi allora forse debolmente il bambino che c’è in loro si
manifesta, quello che ancora sa essere riconoscente anche solo per un sorriso, un po’ di ascolto, uno
scherzo.
Ho fatto tante foto dei loro splendidi visi, dei vestiti colorati delle bambine, foto che loro mi pregavano di fare
per potersi poi rivedere ridendo come pazzi.
Ma le foto che non ho fatto sono quelle che mi ricordo di più, foto di bambini malformati, storpi ai
quali non viene neppure concessa una carrozzina per trascinare i loro arti deformi e che si muovono
agilissimi strisciando per terra come anguille. Le foto dei bambini della stazione di Agra, assoldati da chissà
chi per spillare qualsiasi cosa a chiunque; quel pacchettino di colla nascosto tra le pieghe dei loro stracci che
ciucciavano in continuazione e i loro occhi luccicanti e sconvolti, le ferite rimarginate sui loro visi. Chi
potrebbe sopportare una vita del genere senza un qualche tipo di dolce droga?
Oppure le foto dei giacigli delle persone o delle famiglie sui marciapiedi di Calcutta, di Delhi: tutti i loro
possedimenti in un metro quadrato di terra sporca dove devono mangiare, dormire, lavarsi e vivere. Di notte
un gran freddo, di giorno troppo caldo e le ore di luce lunghissime da far passare.
Divertente era invece per noi vedere come si lavano al
mattino alle fontane per strada: che abilità, che tecnica,
che igiene: riescono addirittura a non spogliarsi mai!
Facile per noi dire che sono sporchi: ma loro mica
possono scegliere di farsi un bel bagno caldo!
Chissà, magari anche la mia bimba adottata a
distanza, Jotshna, sarebbe finita per la strada se non
avesse potuto andare a scuola: con una madre tredicenne
e senza il padre …. Invece ho potuto incontrarla ora, ventenne, splendida, vivace e a modo suo spensierata.
Un po’ impacciata e timida, ma solo un po’: non rientrava nel suo personaggio di adolescente riconoscente e
serena. Abbiamo chiacchierato amabilmente in perfetto inglese, ho conosciuto la sua mamma, la nonna e la
zia e sono stata nella loro … casa: in pochi metri vivono una sopra l’altra ma sono tutte bellissime,
coloratissime, sorridentissime. Forse lei fingeva un po’ tutta questa gioia quando mi ha incontrata perché in
fondo non mi aveva mai vista, ero un’estranea per lei; cosa potevamo avere in comune? Eppure c’è stato un
attimo in cui lei è stata davvero se stessa ed è stato evidente anche per me che non la conoscevo, un
momento in cui si è commossa profondamente ed è rimasta senza parole, lei peraltro così chiacchierona: è
stato quando le ho mostrato la sua foto da bambina, la foto che mi è stata mandata quando ho iniziato
l’adozione quasi 15 anni fa: guardando quella foto forse si è vista come mai prima, una bambina, una
bellissima bambina e forse è riuscita anche a vedersi com’è adesso, una bellissima adolescente. Per noi è
scontato ricordarci come eravamo da bambini, ma loro spesso non si sono mai visti in una foto. E’ stato un
bel momento, una grande emozione.
Così ora mi mancano i colori dell’India, i rumori, i
sapori, persino gli odori, insomma tutte quelle cose che
avrebbero dovuto spaventarmi prima di partire e che hanno
reso questo viaggio particolare, speciale; anche perché ho
potuto conoscere da vicino, grazie soprattutto alla
condivisione del viaggio con i mediatori locali, una cultura
tanto diversa dalla nostra e per questo affascinante,
incredibile, emozionante. Mi manca la semplicità di queste
persone che si incontrano per strada ed iniziano a
chiacchierare intensamente come se si conoscessero da
una vita. Mi mancano i bambini che ti chiamano dall’altro
lato della strada e ti corrono incontro come se non stessero
aspettando altri che te da ore ed ore ed ore; e le donne che
ridacchiano sotto il velo del Sari quando noi rivolgiamo loro
un saluto indiano.
Certo poi come viaggiatori di passaggio non ci dobbiamo soffermare per forza sui problemi dell’India,
tanto poi a noi è concesso tornare a casa: chi ci pensa più! Vagamente ci ricordiamo di aver letto sulla guida
di una spaventosa crescita demografica, con cifre che fanno paura; comunque si vede, per le strade, nei
treni, negli autobus aperti, senza nemmeno le porte, dove tutte quelle persone di una città con milioni di
abitanti possono entrare e uscire direttamente durante la corsa; tutto quello smog appiccicato ai capelli alla
sera, poi lo dimentichiamo: chi se lo ricorda più che in quelle strade ci vivono intere famiglie 24 ore al giorno
e ci dormono persino! Chi ci pensa a quei bambini disgraziati, che sorridono o meglio ridono solo grazie alla
colla: tanto qui i nostri bambini si preparano al Natale!
Ma penso che se abbiamo la fortuna e l’onore di vedere un paese come l’India il minimo che
possiamo poi fare è raccontare quello che abbiamo visto a chi non lo vedrà mai perché il mondo è uno solo
e non possiamo semplicemente dimenticarci dell’altra metà. Se vogliamo migliorare la nostra vita sulla terra,
dovrà migliorare la vita di tutti e dovremo lavorare insieme per questo, pensando ad ogni persona, ad ogni
paese, ad ogni sperduto villaggio, cercando e valorizzando le cose che ci uniscono molto più di quelle che ci
dividono.
Lucia Pappalardo