cap. 2. i documenti del magistero

Transcript

cap. 2. i documenti del magistero
CAP. 2. I DOCUMENTI DEL MAGISTERO
SCHEMA DEL CAPITOLO
1. Documenti dei Pontefici
1.1.GIOVANNI PAOLO II, Lettera Apostolica “Salvifici doloris” (1984)
1.2.GIOVANNI PAOLO II, Motu proprio “Dolentium Hominum” (1985)
1.3.GIOVANNI PAOLO II, Esortazione Apostolica post-sinodale “Christifideles laici” (1988)
1.4.GIOVANNI PAOLO II, Lettera al cardinale Fiorenzo Angelini per l’istituzione della
Giornata Mondiale del Malato (1992)
1.5.BENEDETTO XVI, Motu proprio “Sul servizio della carità” (2012)
2. Documenti del Magistero della Chiesa Universale
2.1.PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DEGLI OPERATORI SANITARI,
I laici nel mondo della sofferenza e della salute (1987)
2.2.PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DEGLI OPERATORI SANITARI,
Carta degli operatori sanitari (1994)
2.3.CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE,
Nota circa il Ministro del Sacramento dell'Unzione degli Infermi (2005)
3. Documenti della Chiesa Italiana
3.1.CONSULTA NAZIONALE CEI PER LA PASTORALE DELLA SANITA’,
La Pastorale della Salute nella Chiesa Italiana (1989)
3.2.CONSULTA NAZIONALE CEI PER LA PASTORALE DELLA SANITA’,
Le Istituzioni cattoliche in Italia – Identità e ruolo (2000)
3.3.COMMISSIONE EPISCOPALE PER IL SERVIZIO DELLA CARITA’ E DELLA SALUTE
Predicate il Vangelo e curate i malati. La Comunità cristiana e la pastorale della salute
(2006)
4. Altri documenti
4.1. COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA LITURGIA, Direttorio liturgico pastorale per
l’uso Romano dei Sacramenti e dei Sacramentali (1967)
4.2. PAOLO VI, Costituzione apostolica: Sacra unctionem infirmorum. (1972)
4.3. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Rito dell’unzione e cura pastorale degli
infermi (1972)
4
4.4. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Evangelizzazione e sacramenti della
Penitenza e dell’Unzione degli Infermi (1974)
4.5. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Evangelizzazione e testimonianza della
carità (1990)
4.6. Catechismo della Chiesa Cattolica (1997)
4.7. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE Istruzioni circa la preghiera
per ottenere da Dio la guarigione (2000)
Essendo molti i documenti che riguardano la pastorale della salute sia per le fonti, sia per i
contenuti, sia per i destinatari, abbiamo scelto i maggiori, raggruppandoli per sezioni.
1. DOCUMENTI DEI PONTEFICI
1.1.GIOVANNI PAOLO II, Lettera Apostolica “Salvifici doloris” (1984)
PREMESSA
L' 11 febbraio 1984 il beato Giovanni Paolo II indirizzò alla Chiesa Cattolica una
Lettera Apostolica “Salvifici doloris” per presentare e commentare una delle più laceranti
esperienze umane: la sofferenza. I 31 paragrafi della Lettera, suddivisi in 8 capitoli, fu il
primo documento di un pontefice che affrontò, in modo organico, l’argomento.
Presentandolo la Lettera apostolica, il Papa, ha riassunto anche significato:
“Ho ritenuto opportuno e significativo nell'Anno Santo della Redenzione esortare tutti i
cristiani a meditare, con più profondità e maggiore convinzione, sul valore insostituibile
della sofferenza per la salvezza del mondo. Tale lettera vuole essere di aiuto a guardare a
Cristo crocefisso e accettare il ‘Vangelo della sofferenza’ con amore e coraggio nel
disegno misterioso, ma sempre amoroso, della divina provvidenza. Infatti, ciò che per la
ragione rimane inscindibile enigma, per la fede alla luce del Cristo morto e risorto diventa
messaggio di elevazione e di salvezza”1.
Da questo documento, intessuto da continui rimandi alla Bibbia, emergono tre
impegni:
- il tema della sofferenza umana deve occupare un adeguato spazio nella catechesi e
nell'educazione alla fede delle comunità; infatti l'azione pastorale della Chiesa in questo
“settore” non può ridursi a momenti specifici ma deve abbracciare tutta l'esistenza;
- secondo l’insegnamento di Gesù, i colpiti dalla sofferenza, devono essere i privilegiati
dell’attenzione e dalla solidarietà della Chiesa;
- la cura dei malati è missione di tutta la comunità cristiana.
Dunque, la speciale sollecitudine del beato Giovanni Paolo II espressa in questa
Lettera deve stimolare e rinnovare l'atteggiamento di tutti coloro che operano nel settore
della salute.
1
GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale dell’8 febbraio 1984, Osservatore Romano, 9 febbraio 1984, pg. 1.
5
Il testo è composto da otto capitoli.
Dopo un' “introduzione generale” nella quale è evidenziato che la Chiesa è tenuta a
ricercare I' incontro con l'uomo in modo particolare “sulla via della sua sofferenza” poiché
questa è inseparabile dall’esistenza terrena di ogni persona (cfr.: nn. 1-4)2, è presentata
la sgradevole esperienza del dolore e della sofferenza che non può essere ridotta
unicamente alla malattia (cfr.: nn. 5-8).
Di seguito si tratta dei rapporti tra la sofferenza e le altre dimensioni della natura umana:
- rapporto tra sofferenza e malattia; infatti la sofferenza è più ampia e più complessa della
malattia;
- rapporto tra sofferenza e male; infatti la sofferenza fa sgorgare nel cuore delI'uomo
I'interrogativo: "cosa ho fatto di male?";
- rapporto tra sofferenza e solidarietà3.
Nella “terza parte” si ricercano della risposta ai “perché” sul senso della sofferenza,
sul valore della sofferenza, sull’interpretazione della sofferenza dell’ innocente.
Con questi paragrafi si vuole sfatare un'idea ancora diffusa: la diretta connessione tra
peccato individuale e sofferenza come espressione punitiva per delle colpe (cfr.: nn.9-13).
La “quarta parte” s’intitola “Gesù Cristo: la sofferenza vinta dall'amore” (cfr.: nn.1418).
Qui si rileva che il Signore Gesù nel suo itinerario terreno ha vinto per sempre il peccato e
la morte; la parola ultima e definitiva non è più loro ma di Cristo. Tutto avvenne mediante
“un itinerario di amore”: Dio dona il suo Figlio al mondo e il Figlio accetta la sofferenza e la
morte.
Il contenuto della “quinta parte” è riassunto nel titolo: “Noi partecipiamo delle stesse
sofferenze di Cristo” (cfr.: nn. 19-24).
Il Papa, prendendo come riferimento alcuni brani delle lettere di san Paolo, illustra
sinteticamente la teologia della croce e della gloria per evidenziare come avviene, anche
oggi, la partecipazione mistica alla corporeità storica del Cristo sofferente.
La sesta parte, “Il Vangelo della sofferenza” (cfr.: nn. 25-21), pone l’accento sul
valore della testimonianza anche attraverso questo aspetto con I' accettazione della
sofferenza personale e delle sofferenze apostoliche che il seguire il Signore Gesù
comporta.
E sull'esempio di Cristo, ogni uomo è invitato a essere il “buon Samaritano” del
Vangelo (cfr.: nn. 28-30), personaggio principale della “settima parte”. E il buon
Samaritano mostra che il Vangelo è I'antitesi della passività di fronte alla sofferenza (cfr.:
n.30).
L’ impegno a lottare per lenire il dolore dell'uomo deve impegnare tutti,
particolarmente chi opera nella sanità: questo è l'insegnamento dell' “ottava parte”.
La Lettera Apostolica è riassumibile in sei argomenti:
- cos'è la sofferenza;
- perché esiste la sofferenza;
- Cristo, mediante un gesto d'amore, ha dato il senso alla sofferenza;
- il cristiano è invitato a partecipare alle sofferenze di Cristo;
- vivendo il vangelo della sofferenza;
2
“Il tema della sofferenza…è un tema universale che accompagna l'uomo ad ogni grado della longitudine e della
latitudine geografica: esso, in un certo senso, coesiste con lui nel mondo, e perciò esige di essere costantemente ripreso”
(n. 2).
3
Queste tematiche riguardano la prima e la seconda parte della Lettera.
6
- assumendo le caratteristiche del buon Samaritano.
PISTE DI LETTURA
INTRODUZIONE
Nei versetti 1-4 si afferma che la Chiesa deve ricercare I'incontro con l'uomo
particolarmente nell’aspetto della sua sofferenza. L’enciclica “Redemptor hominis” afferma
che in Cristo “ogni uomo diventa la via della Chiesa” (cfr.: n. 7); la sofferenza è una via
privilegiata.
Non possiamo scordare che uno dei maggiori campi d'azione del cristianesimo, fin
dall'origine, fu quello assistenziale concretizzatosi nell'attenzione verso i fragili e i
sofferenti.
L’esempio l’offrì Gesù stesso. “Tutte le volte che incontri Gesù nei vangeli, lo trovi o
che sta guarendo qualcuno o che ha appena finito di guarire qualcuno o che sta andando
a guarire qualcuno”4. Infatti le guarigioni, o meglio l'assistenza al sofferente, costituirono
una parte importante del ministero del Cristo. Quando Matteo riassunse l'attività del
Signore Gesù in Galilea scrisse: “Percorreva tutta la Galilea insegnando nelle loro
sinagoghe, predicando il Vangelo del Regno e sanando ogni malattia e ogni infermità del
popolo. La sua fama si era sparsa per tutta la Siria; e gli presentavano tutti i malati, afflitti
da varie malattie e sofferenze, indemoniati e lunatici e paralitici, e li guarì” (Mt. 4,23-24 e
paralleli Mc. 1,28.32.34; Lc. 4,37-40).
Gesù, conferì il mandato di "andare e guarire", ai Dodici e agli altri discepoli che, nel
corso della storia, s’identificheranno con tutti i credenti, insostituibili artefici della missione
di salvezza, come ben descritto da Marco: ”E questi saranno i segni che
accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni [...]
imporranno le mani ai malati e questi guariranno” (Mc.11,2).
Anche tutta l'azione della chiesa apostolica fu accompagnata dal segno delle guarigioni
(cfr.: At. 3, 1-10; 5,12-28); san Paolo ricordò tra i carismi presenti nella comunità di Corinto
i “doni di guarigione” (cfr.: 1 Cor. 12,9 e 12,28); la lettera di san Giacomo parlò del
“ministero di guarigione” mediante l'azione del presbitero e la preghiera della comunità
(cfr.: Gc. 5, 13-14).
Dobbiamo riconoscere che nelle varie epoche della storia, quando quella dello
Stato in campo assistenziale e sociale era quasi nulla, la Chiesa ha assicurato
costantemente la sua presenza attraverso l'opera di istituzioni dedicate alla cura dei
sofferenti e degli emarginati presenti nelle aree più povere della sanità società.
“Il ‘vangelo della carità’ - ricorda il documento Evangelizzazione e testimonianza della
carítà - ha saputo scrivere, in ogni epoca, pagine luminose di santità e di civiltà in mezzo
alla nostra gente: è ininterrotta la catena dei santi e delle sante che con la forza del loro
amore operoso hanno dato testimonianza al vangelo e reso più umano il volto del nostro
Paese. È un'eredità che serve custodire, approfondire e rinnovare”(n. 11).
IL MONDO DELL'UMANA SOFFERENZA
La vita dell'uomo è continuamente minacciata dalla sofferenza, dai pericoli e dalla
morte; basti pensare alle malattie, alle calamità naturali, alla convivenza civile minacciata,
4
F. MAC NUT, Il carisma delle guarigioni, Paoline, Roma 1978, pg. 14.
7
alla violazione dei diritti dell'uomo, agli errori umani... e al rischio di autodistruzione per
eventuali guerre nucleari. Dunque, nessuna esistenza umana e nessuna epoca storica,
sfugge al dolore. L’uomo soffre, dunque, quando sperimenta un qualsiasi male!
Ognuno vorrebbe eliminare la sofferenza e sviluppare una vita senza questo
intoppo.
La sofferenza è assurda; di fronte a questa illogicità e alla quotidiana pervasa da fatica,
dolore, anni che scorrono velocemente, ogni uomo si chiede “il perché”. Molti, come C.
Bernard, affermano: “Non mi lamento di soffrire, ma di soffrire per nulla”5, oppure come J.
Cotureau: “Non credo in Dio. Se Dio esistesse sarebbe il male in persona. Preferisco
negarlo piuttosto che addossagli la responsabilità del male”6.
Il Papa, ben conscio dell’enigmaticità e dell’ intangibilità della sofferenza, dedica
alla tematica la seconda parte della Lettera Apostolica evidenziando due grandi sofferenze
profondamente radicate nell’umanità: la sofferenza fisica (il dolore del corpo) e la
sofferenza morale (il dolore dell’anima) (cfr.: n.5).
Nell'Antico Testamento questa fu identificata come:
-il pericolo di morte propria o dei propri figli, specialmente i primogeniti e gli unici;
-la mancanza di prole perché tutto si sarebbe concluso con la morte;
-la nostalgia per la patria quando il popolo d'Israele era esule a Babilonia;
-la persecuzione e l’ostilità dell'ambiente;
-la derisione e I'abbandono degli amici e dei vicini;
-la incomprensione del motivo per cui i cattivi prosperino e i giusti soffrano.
In queste pagine della Lettera apostolica, anche se mai citati esplicitamente,
ritornano i termini di salute e di malattia secondo l'accezione oggi diffusa7.
La salute come pure la malattia non sono eventi unicamente personali ma sociali
investendo anche le scelte e I'agire della società, come pure la sfida della comunione e
della solidarietà (cfr.: n. 8).
ALLA RICERCA DELLA RISPOSTA ALL’ INTERROGATIVO SUL SENSO DELLA
SOFFERENZA
Gli interrogativi spontanei e naturali di fronte alla sofferenza, al dolore e al male
riguardano la causa, la ragione, lo scopo e il senso: “Perché? Come mai? A che scopo?
Che senso ha tutto questo? Da dove deriva? Che male ho fatto?”.
Domande alle quali è difficilissimo rispondere chiamando in causa Dio stesso.
Un esempio, tra i più espressivi, è Giobbe, l’uomo giusto che è tormentato da innumerevoli
sofferenze.
Il libro di Giobbe si apre raccontando la prosperità di questo giusto (cfr.: Gb. 1, 1-5)
che, improvvisamente, s’interrompe ed è provato da terribili e molteplici dolori (perde i
beni, i figli e le figlie e lui stesso è colpito da una grave malattia). Immediatamente, in
Giobbe, sgorga l’interrogativo: “Che male ho fatto perché Dio mi punisca cosi?” (cfr.: Gb.
3).
5
L. JERPHAGNON, Le mal et l’esistence, Cerf, Paris 1955, pg. 139.
J. COTUREAU, Thomas l’imposteur, 1923.
7
Cfr. la definizione OMS: “Stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non solo assenza di malattia e di
infermità”; CONSULTA NAZIONALE CEI PER LA PASTORALE SANITARIA, La pastorale della salute nella Chiesa italiana,
Roma 1989, n. 6; PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER GLI OPERATORI SANITARI, Carta degli Operatori
Sanitari, Città del Vaticano 1994, n. 9.
6
8
Tre vecchi conoscenti, che lo visitano nel periodo delle disgrazie, tentano di convincerlo
che è colpito da grandi disavventure conseguenze dei gravi reati che ha commesso. La
sofferenza, secondo loro, è la pena per le colpe di cui si è macchiato. E’ voluta da Dio,
assolutamente giusto, per conservare “un ordine di giustizia” nel cosmo. Giobbe, da una
parte, contesta queste affermazioni ritenendosi vittima senza colpa di un’ingiusta
punizione; dall'altra parte, da credente, continua a sperare nell’amore di Dio (cfr.: Gb. 42
2-4).
Il dramma più gravoso è “il silenzio di Dio”; attende la sua risposta e non si dà pace finché
non la ottiene. E questa fiducia, alla fine, gli dà ragione.
Dio rimprovera i tre conoscenti e riconosce che Giobbe non è colpevole. E il testo termina
affermando: “(di nuovo) possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di
buoi e mille asine. Ebbe anche sette figli e tre figlie [...]. Dopo tutto questo, Giobbe visse
ancora centoquarant'anni e vide figli e nipoti di quattro generazioni” (Gb. 42,12-16). La sua
“sofferenza d’innocente” deve essere accettata come un mistero, non essendo l’uomo in
grado di penetrare con la sua intelligenza questo meandro.
Il libro di Giobbe, ricorda il biblista G. Helewa, mostra che “un individuo può soffrire,
e soffrire molto, senza che per questo debba essere ritenuto in qualche modo colpevole e
da Dio punito”8. Anzi, “l'autore ha voluto farci assistere ad una metamorfosi: da grande
sofferente alla ricerca di Dio quale era, Giobbe si è convertito in un grande credente che
ha trovato il suo Dio”9.
Un aspetto importante, che risuona più volte nell’Antico Testamento, è il mostrare la
sofferenza rilevante anche per la conversione.
Dio è il colpevole o il lontano dalla sofferenza?
La dottrina della Chiesa non approva un'interpretazione che escluda totalmente Dio da
questo aspetto, anche se si è concordi nel riconoscere che il Creatore non è la causa
ultima della sofferenza umana causata da svariate situazioni, come pure non condivide
quella visione doloristica che nel passato ha mitizzato e assolutizzato il dolore.
La tendenza attuale è di celebrare il valore della salute e della vita, per cui nasce l'obbligo
morale della loro tutela, pure se, come ricorda il Papa in questa Lettera, anche il dolore e
la sofferenza sono impregnati di valori.
Ma per percepire l’autentica risposta al "perché" della sofferenza, afferma il Papa, è
fondamentale volgere lo sguardo alla Rivelazione dell'amore divino che si è manifestato
totalmente nell'Incarnazione.
GESÙ CRISTO: LA SOFFERENZA VINTA DALL'AMORE
Il passaggio più importante della Lettera è il richiamo alla nascita di Cristo, descritta
dal Papa con il testo dell'evangelista Giovanni: “Dio infatti ha tanto amato il mondo che ha
dato il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita
eterna” (Gv. 3, 16). Dio dona al mondo il Figlio che non abolisce la sofferenza ma le offre
una luce nuova.
E il Figlio unigenito ha ben inteso questo; infatti, all'inizio della sua missione, leggendo un
brano del profeta Isaia concluse affermando che in quel giorno la profezia si adempiva:
“Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato con I'unzione e mi ha
mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la
8
G. HELEWA, Sofferenza – Approccio biblico (A.T.), in AA. VV., Dizionario di teologia pastorale sanitaria,
Camilliane, Torino 1997, pg. 1169.
9
Sofferenza – Approccio biblico (A.T.), op. cit., pg. 1700.
9
liberazione, ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di
grazia del Signore” (Lc. 4,18-19). Ricordano i teologi M. Flick e Z. Alszeghy: “Cristo è il
Liberatore, Cristo è il Guaritore; Cristo è colui che viene a liberare la creazione dalla
servitù del peccato che I'ha coinvolta e viene a ricostruire il ‘disegno prioritario’ della
creazione; Cristo è colui che assumendo la natura umana dà un significato al dolore”10.
Il Messia, già secondo I'Antico Testamento, era colui che avrebbe liberato l’uomo
dalla schiavitù, dalle condizioni di sofferenza e di malattia, ridonando gli equilibri della
salute fisica e morale e del rapporto con Dio e con gli altri.
Possiamo quindi affermare che il centro del pensiero del Papa è il seguente: nel mondo
sono presenti la sofferenza e il male perché si è interrotto I'equilibrio tra I'uomo e se
stesso, tra I'uomo e l'altro uomo, tra l'uomo e il cosmo, tra l'uomo e Dio. Tutto ciò è
riconducibile come punto di partenza al peccato originale. Spiega Helewa: “Dal racconto
della creazione, traspare l’ intenzione di scagionare il Creatore e di non fare risalire, alla
creazione come tale, le disarmonie che rendono penosa I'esistenza umana. L’uomo soffre
perché, allontanandosi da Dio, si è procurato questa disgrazia: è espulso dal giardino,
(cfr.: Gn. 3, 23) ossia non è più nella condizione di avvalersi di un rapporto integro con iI
suo Creatore [...].Cedere alla lusinga del tentatore (cfr.: Gn. 3,1-7) è più che un errore
mentale: è una ribellione a Dio, la hybris di una creatura che si rifiuta di gestire come tale i
propri giorni. Genesi, dunque, dei mali che proliferano nella storia e pesano sull'essere
umano è la tremenda realtà del peccato"11.
Cristo, vivendo il dolore e la morte, situazioni comuni a tutti gli uomini, divenne
realmente "uno di noi"; con la sua divinità egli spezza la tragica frontiera del dolore,
feconda il soffrire, apre il morire dell'uomo all'alba della risurrezione. Da questa morte
straordinaria, sorge la nuova umanità dei figli di Dio (cfr.: Rm. 6,6), la nuova Gerusalemme
come terra nuova sulla quale si affaccia un nuovo cielo (cfr. Ap. 21,1-2) e nasce, come da
un parto sofferto, la nuova creazione (cfr.: Rm. 8, 19-22).
Questo è l’ annuncio del cristianesimo, l'unica religione che presenta Dio coinvolto in prima
persona nel destino di salvezza dell'uomo. La redenzione è un atto di amore perché Dio
non ha salvato l’uomo da lontano o dal di fuori, ma dal di dentro e da vicino,
condividendone il suo destino.
Gesù, afferma il Papa, con la croce ha tagliato il male alla radice (cfr.: n. 13). Ricorda il
cardinale G.F. Ravasi, che l’esperienza del male rimane “si” angosciante come un carcere,
ma l’ingresso del Figlio di Dio in quel carcere segna una svolta: esso non è sbarrato per
sempre, in un’immanenza che si consuma in se stessa, ma viene aperto per un “oltre”12.
PARTECIPI DELLE SOFFERENZE DI CRISTO
In questo capitolo il Papa sostiene che la sofferenza dell’uomo, partecipando a
quella redentiva di Cristo, è rilevante per tutti, per la società e per il mondo.
Una sofferenza offerta è un capitale che una persona consegna a Dio per le necessità
degli uomini e per la loro salvezza. Una sofferenza offerta, anche se il corpo è
profondamente malato, totalmente inabile, quasi incapace di vivere e di agire, costituisce
un’espressiva lezione per i sani e si trasforma in fonte redentrice di vita.
10
M. FLICK – Z. ALSZEGHY, Il mistero della croce, Morcelliana, Brescia 1978, pg. 155; cfr. anche n. 12 SD.
Cfr.: Sofferenza – Approccio biblico (A.T.), op. cit., pp. 1664-1665.
12
Cfr.: G.F. RAVASI, Sulle tracce di un incontro. Soglie del mistero per credenti in cammino, San Paolo, Milano 201,
pg. 81.
11
10
La fonte di riferimento di questa partecipazione è la teologia di san Paolo più volte
citata che ha come centro l'incorporazione a Cristo e le sue conseguenze. Essendo il
battezzato parte di un unico corpo con Cristo, le sue e le nostre sofferenze ora sono le
stesse; di conseguenza, anche le sofferenze dell'uomo hanno valore di espiazione.
Questo significa che la Redenzione compiuta da Cristo è incompleta?
“No”, risponde il Papa; “questo significa solo che la redenzione, operata in forza dell'amore
soddisfattorio, rimane costantemente aperta a ogni amore che si esprime nell'umana
sofferenza. In questa dimensione - nella dimensione dell'amore - la redenzione già
compiuta fino in fondo, si compie, in un certo senso, costantemente” (n.24).
Per comprendere il concetto dobbiamo compiere tre passaggi.
-Dalla sofferenza di Cristo alla sofferenza del cristiano.
Alcuni brani di san Paolo pongono in un rapporto diretto la sofferenza del Cristo e quella
del cristiano: “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia
carne quello che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo che è la Chiesa”
(Col.1,24); “Infatti come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così per mezzo di Cristo
abbonda anche la nostra consolazione; come siete partecipi delle sofferenze così lo siete
anche delle consolazioni” (1 Cor. 1,5-7)13.
-L’incorporazione a Cristo e le sue conseguenze.
E’ questo un tema cardine della teologia paolina che ha come punti di riferimento la
seconda lettera ai Corinzi (12,12-13,27) che riguarda il discorso sul corpo e sulle sue
membra e la lettera ai Romani (6,3-5) che concerne il significato del battesimo. Il
battesimo, nei primi secoli, era amministrato per immersione; l’uomo “riemergeva”
dall’acqua rinato a vita nuova, cioè era divenuto tutt’uno con “il corpo di Cristo” e, di
conseguenza, era destinato alla risurrezione e alla vita eterna.
-La valorizzazione delle sofferenze “in” Cristo.
Ben si comprende, che essendo ormai l’uomo “un unico corpo con Cristo”, le sofferenze
del Signore Gesù e quelle del battezzato sono le stesse. Il sacrificio di Cristo è già
completo ma la sua sofferenza espiatrice può assumere questa caratteristica anche
mediante la collaborazione dell’uomo se questa è vissuta in unione con Lui.
IL VANGELO DELLA SOFFERENZA
In questo capitolo, il sesto, il Papa ripropone nuovamente e più intensamente
alcune idee espresse in precedenza.
Gesù ha profondamente partecipato al dolore dell'uomo soffrendo fisicamente,
psicologicamente e spiritualmente: ha chiesto conforto umano (cfr.: Mt. 26,38-40); nel
Getsemani ha avuto paura e ha pianto; in preda all'angoscia ha sudato sangue (cfr.: Mt.
26, 44). Inoltre, non ha nascosto ai suoi discepoli la necessità della sofferenza (cfr.: Lc.
9,23; Mt. 7,13-14; Gv. 15, 18-21).
Accanto a Cristo è sempre presente la Madonna nella quale “numerose ed intense
sofferenze si assommarono in una tale connessione e concatenazione, che furono prova
della sua fede incrollabile” (n. 25). E sul Calvario, con a fianco il discepolo prediletto,
raggiunse il vertice del dolore. Oggi la Madonna è vicino, dolcemente e maternamente, a
ogni sofferenza umana per consolare e infondere speranza.
13
Altri brani: 2 Cor. 4,8-10; Rm. 12,1.
11
Gesù, dunque, ha vissuto e annunciato il Vangelo della sofferenza, continuato e
vivificato nella storia mediante la vita eroica di molti uomini che hanno accettato la
sofferenza per Cristo e per il Regno.
Il “Vangelo della sofferenza” ha illuminato i periodi di malattia di alcuni santi trasformandoli
in occasione di conversione e di crescita spirituale. Si pensi a san Francesco d'Assisi e
sant'Ignazio di Loyola che in queste situazioni hanno trovato “una nuova misura di tutta la
propria vita e della propria vocazione” (n. 26).
Il “Vangelo della sofferenza” sollecita a superare il senso d’inutilità che accompagna varie
sofferenze umane: “il sofferente non solo è utile agli altri ma adempie un servizio
insostituibile [...], le sofferenze umane, unite con la sofferenza redentrice di Cristo,
costituiscono un particolare sostegno per le forze del bene, aprendo la strada alla vittoria
di queste forze salvifiche” (n.21). Infatti “quanto più l'uomo è minacciato dal peccato,
quanto più pesanti sono le strutture del peccato che porta in sé il mondo d'oggi, tanto più
grande è l'eloquenza che la sofferenza umana in sé possiede. E tanto più la Chiesa sente
il bisogno di ricorrere al valore delle sofferenze umane per la salvezza del mondo” (n.27).
IL BUON SAMARITANO
Il buon Samaritano è additato come esempio per coloro che assistono il sofferente.
Nel racconto evangelico si afferma semplicemente che la vittima dell’aggressione è “un
volto umano”, come quelli che incontriamo quotidianamente.
Come ha agito il Samaritano? San Luca utilizza tre verbi: lo vide, ne ebbe compassione,
gli si fece vicino (cfr.: Lc 10, 33).
Gesù, con questa parabola, riporta la carità alla concretezza, mostrandoci chi chiede
l’intervento, che cosa chiede e come rispondere.
Scrive il Papa: “La parabola del buon Samaritano appartiene al Vangelo della
sofferenza. Essa indica, infatti, quale debba essere il rapporto di ciascuno di noi verso il
prossimo sofferente. Non ci è lecito passare oltre con indifferenza, ma dobbiamo fermarci
accanto a lui.
Buon Samaritano è ogni uomo che si ferma accanto alla sofferenza di un altro uomo,
qualunque esso sia. Quel fermarsi non significa curiosità, ma disponibilità [...].
Buon Samaritano è in definitiva colui che porta aiuto nella sofferenza, di qualunque natura
essa sia. Aiuto, in quanto possibile, efficace. In esso egli mette il suo cuore, ma non
risparmia neanche i mezzi materiali. Si può dire che dà se stesso, il suo proprio ‘io’,
aprendo questo ‘io’ all’altro. Tocchiamo qui uno dei punti-chiave di tutta l'antropologia
cristiana. L'uomo non può ‘ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé’
(cfr.: Gaudium et spes, 29).
Buon Samaritano è I'uomo capace appunto di tale dono di sé” (n. 28).
Parafrasando la parabola del buon samaritano la Lettera apostolica, illustra anche
concretamente le molteplici forme di attività da svolgersi a favore dei bisognosi d'aiuto.
Tre elementi da non dimenticare.
1. ll nostro rapporto con chi soffre.
2. Il servizio rivolto al sofferente è una vocazione.
3. Le espressioni costruttive del servizio.
1. ll nostro rapporto con chi soffre.
La parabola indica chi è il nostro prossimo: il fratello che richiede il nostro aiuto.
La parabola indica quale rapporto deve instaurarsi con lui; un rapporto ispirato a
commozione: "Se Cristo, conoscitore dell'interno dell'uomo, sottolinea questa
12
commozione, la commozione del samaritano, vuol dire che essa è importante per tutto il
nostro atteggiamento di fronte alla sofferenza altrui. Bisogna, dunque, coltivare in sé
questa sensibilità del cuore che testimonia la compassione verso il sofferente" (n. 28).
L'inevitabile senso del dovere è insufficiente, deve intersecarsi con il bisogno d’amore che
supera la legge.
2. Il servizio rivolto al sofferente è una vocazione.
Chiunque si chini, in qualsiasi modo, sui sofferenti - dagli uomini della scienza agli
operatori sanitari - più che una professione svolge una "vocazione" ed una "missione".
“Quest'attività assume, nel corso dei secoli, forme istituzionali organizzate e costituisce un
campo di lavoro nelle rispettive professioni. Quanto è da buon Samaritano la professione
del medico o dell'infermiere, o altre simili! In ragione del contenuto evangelico, racchiuso
in essa, siamo inclini a pensare, qui, piuttosto a una vocazione che non semplicemente ad
una professione (n.29).
3.Le espressioni costruttive del servizio.
“E le istituzioni che, nell'arco delle generazioni, hanno compiuto un servizio da samaritani,
ai nostri tempi si sono ancora maggiormente sviluppate e specializzate. Ciò prova,
indubbiamente, che I'uomo di oggi si ferma con sempre maggiore attenzione e perspicacia
accanto alle sofferenze del prossimo, cerca di comprenderle e di prevenirle sempre più
esattamente. Egli possiede anche una sempre maggiore capacità e specializzazione in
questo settore” (n.29).
Ma attenzione, afferma il Papa: “Le istituzioni sono molto importanti e indispensabili;
tuttavia, nessuna istituzione può da sola sostituire il cuore umano, la compassione umana;
l’amore umano, l’iniziativa umana quando si tratti di farsi incontro alla sofferenza dell’altro”
(n. 29).
E il beato Giovanni Paolo II conclude: “Guardando a tutto questo possiamo dire che la
parabola del Samaritano del Vangelo è diventata una delle componenti essenziali della
cultura morale e della civiltà universale umana. E pensando a tutti quegli uomini che, con
la loro scienza e la loro capacità, rendono molteplici servizi al prossimo sofferente, non
possiamo esimerci dal rivolgere al loro indirizzo parole di riconoscimento e di gratitudine”
(n.29).
La parabola del buon Samaritano, non può lasciare tranquillo nessuno; infatti c'è
sempre qualcosa che tutti possono e devono fare perché diminuisca la sofferenza nel
mondo e quella esistente riacquisti "dignità" e "significatività" non solo soprannaturale ma
anche umano (cfr.: n. 30).
CONCLUSIONE
Le parole conclusive del Papa al commento della parabola sono una valida sintesi della
Lettera apostolica, scritta dal beato Giovanni Paolo II anche sotto lo stimolo di una sofferta
esperienza personale: “Cristo allo stesso tempo ha insegnato all'uomo a fare del bene con
la sofferenza ed a far del bene a chi soffre. In questo duplice aspetto egli ha svelato fino in
fondo il senso della sofferenza” (n. 31).
13
1.2.GIOVANNI PAOLO II, Motu proprio “Dolentium Hominum”” (1985)
Con questo documento (11 febbraio 1985), il beato Giovanni Paolo II costituì la
“Pontificia Commissione per la Pastorale degli Operatori Sanitari”14.
Il Pontefice, dopo aver enunciato le motivazioni della sua decisione, specifica le
finalità del nuovo Organismo:
- diffondere, spiegare e difendere gli insegnamenti della Chiesa in materia di sanità e
favorirne la penetrazione nella pratica sanitaria;
- seguire con attenzione e studiare orientamenti programmatici e iniziative concrete di
politica sanitaria, a livello sia internazionale che nazionale, al fine di coglierne la rilevanza
e le implicanze per la pastorale della Chiesa (cfr.: DoH. n. 6).
“Si tratta di un documento di spiccata importanza pratica, perché crea nella Chiesa
l’0rganismo che può convogliare, animare ed articolare quanto nel vasto ambito della
sanità viene fatto nel nome del Vangelo”15:
1.3.GIOVANNI PAOLO II,
“Christifideles laici” (1988)
Esortazione
Apostolica
post-sinodale
La “Christifideles laici” è l’Esortazione Apostolica che seguì il Sinodo dei Vescovi
“Vocazione e Missione dei Laici nella Chiesa e nel mondo” e dedicò i numeri 53 e 54 alle
persone sofferenti individuate come “operai nella vigna del Signore”. Quindi, anche loro,
devono lavorare!
Il sofferente, per il beato Giovanni Paolo II è un “soggetto attivo e responsabile
nell’opera di evangelizzazione e di salvezza” (54). “A tutti e a ciascuno è rivolto l’appello
del Signore: anche i malati sono mandati come operai nella sua vigna. Il peso che affatica
le membra del corpo e scuote la serenità dell’anima, li chiama a vivere la loro vocazione
umana e cristiana e a partecipare alla crescita del regno di Dio in modalità nuove, anche
più preziose” (53).
Da questi due numeri deduciamo che i malati, gli anziani, i portatori di handicap e i fragili
hanno una vocazione da realizzare nella Chiesa e contribuiscono alla crescita del Regno,
perciò sono responsabili di evangelizzazione e di salvezza.
Ma quale contributo possono offrire? Aiutano i sani a donare un senso al loro soffrire, a
ridimensionare i propri problemi, a vivere la speranza, ad accettare il senso del limite e
della fragilità presenti nell’esistenza di ogni persona.
Sono degli “operai” con il loro esempio. Scriveva D. Bonhoffer: “Gesù ha procurato più
grazia agli uomini con le mani inchiodate sulla croce, rispetto a quando le stendeva libere
sul mare in tempesta”16.
Questi due numeri della “Christifideles laici” capovolgono il senso comune secondo
il quale gli infermi possono essere esclusivamente destinatari di attenzioni e di cure, non
14
Divenuta con la riforma della Curia Romana attuata dalla Costituzione “Pastor bonus” 28 giugno 1988 (cfr.
GIOVANNI PAOLO II, Pastor bonus, AAS 82-1988), Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari.
15
A.L. GALLO, voce: Chiesa-Magistero e mondo sanitario, in AA. VV., Dizionario di Teologia Pastorale Sanitaria,
Camilliane, Torino 1977, pg. 211.
16
D. BONHOEFFER, L’ora della tentazione, Queriniana, Brescia 1972, pg. 71.
14
soggetti attivi nel costruire la comunità cristiana. Ogni azione pastorale, quindi, va
programmata non solo “per” i malati ma soprattutto “con” i malati.
Convinzione, più volte ripresa dal Papa, anche frutto di esperienze personali. “Voi
che siete provati dalla sofferenza, siete pietre vive, sostegno della Chiesa. Per questo vi
ripeto oggi l’esortazione che feci nella mia lettera pastorale Salvifici doloris: ‘Chiediamo a
voi tutti che soffrite di sostenerci; proprio a voi che siete deboli, chiediamo che diventiate
una sorgente di forza per la Chiesa e per l’umanità’ ” (3 aprile 1987).
1.4.GIOVANNI PAOLO II, Lettera al cardinale Fiorenzo Angelini per
l’Istituzione della Giornata Mondiale del Malato (1992)
L'11 febbraio 1993, memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes, il beato
Giovanni Paolo II stabilì che la Chiesa Universale celebrasse la "Prima Giornata Mondiale
del Malato".
Nella lettera di Istituzione inviata al cardinale Fiorenzo Angelini17, indicò, oltre che il
modo di celebrarla, alcune finalità:
- sensibilizzare il Popolo di Dio e di conseguenza ,le molteplici Istituzioni sanitarie
cattoliche e la stessa società civile, alla necessità di assicurare la migliore assistenza agli
infermi;
- richiamare l’,importanza della formazione spirituale e morale degli operatori sanitari;
- far meglio comprendere l'importanza dell'assistenza religiosa agli infermi da parte dei
sacerdoti diocesani e regolari, nonché di quanti vivono ed operano accanto a chi soffre.
1.5. BENEDETTO XVI, Motu Proprio “Sul servizio della carità”(2012)
L’11 novembre 2012 papa Benedetto XVI ha pubblicato una Lettera apostolica in
forma di Motu Proprio “Sul servizio della carità”, colmando una carenza del Codice di
Diritto Canonico già evidenziata dallo stesso Benedetto XVI nell’enciclica “Deus Caritas
est” (cfr.: n. 32).
Con questo Motu proprio è stato offerto un quadro normativo “che serva meglio ad
ordinare, nei loro tratti generali, le diverse forme ecclesiali organizzate del servizio della
Carità, che è strettamente collegata alla natura diaconale della Chiesa e del ministero
episcopale” (Proemio), soprattutto di fronte a nuove questioni e a nuove situazioni, in
particolare al rischio della “secolarizzazione della carità” che potrebbe ridurre la solidarietà
a semplice filantropia o umanitarismo. Pericolo ricordato anche da papa Francesco
nell’omelia della Messa concelebrata con i cardinali al termine del Conclave (14 marzo
2013): “Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma
se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma
non la Chiesa, Sposa del Signore”.
Dunque, papa Benedetto XVI, ha fissato delle norme giuridiche da seguirsi nelle molteplici
attività caritative e di raccolta fondi per attività caritatevoli, sottolineando che ogni iniziativa
17
GIOVANNI PAOLO II, Documenti Istitutivo Giornata Mondiale del Malato, Osservatore Romano, 8 novembre 1982,
pg. 1.
15
deve essere autorizzata e coordinata dal Vescovo diocesano. La normativa riguarda
anche le persone che lavorano in questi organismi, la loro scelta e la loro formazione.
Il tema della carità fu centrale nell’insegnamento di Benedetto XVI che nella sua
prima enciclica scrisse che “il centro della fede cristiana è Deus caritas est”. Per questo,
prosegue il Papa, “all’inizio del mio pontificato, desidero parlare dell’amore, del quale Dio
ci ricolma e che da noi deve essere comunicato agli altri” (n. 3). E il Papa prosegue:
“L'intima natura della Chiesa si esprime in un triplice compito: annuncio della Parola di Dio
(kerygma-martyria), celebrazione dei Sacramenti (leiturgia), servizio della carità (diakonia).
Sono compiti che si presuppongono a vicenda e non possono essere separati l’uno
dall’altro” (n. 25).
Dunque, il servizio della carità, è una dimensione costitutiva della missione della Chiesa
ed è espressione irrinunciabile sia delle piccole comunità locali che della Chiesa
universale; per questo necessita un’ “organizzazione quale presupposto per un servizio
comunitario ordinato” (n. 20).
Le opere di carità oggi, richiedono più che in passato anche “trasparenza”; per
questo “occorre garantire che la loro gestione sia realizzata in accordo con le esigenze
dell’insegnamento della Chiesa e con le intenzioni dei fedeli, e che rispettino anche le
legittime norme date dall’autorità civile” (n. 21).
Anche l’appellativo “cattolico” può essere utilizzato “solo con il consenso scritto
dell’autorità competente”, ovvero “del vescovo diocesano”, al quale spetta il compito di
“vigilare” affinché “siano sempre osservate le norme del diritto universale e particolare
della Chiesa”, e “coordinare nella propria circoscrizione le diverse opere di servizio di
carità”, curando che quanti vi operano “diano esempio di vita cristiana e testimonino una
formazione del cuore che documenti una fede all’opera nella carità” (n.11).
Una speciale attenzione il Papa la riserva alla “persona”. “L’attività caritativa della
Chiesa”, mette in guardia il Pontefice, “deve evitare il rischio di dissolversi nella comune
organizzazione assistenziale, divenendone una semplice variante”. “Pertanto, nell’attività
caritativa, le tante organizzazioni cattoliche non devono limitarsi a una mera raccolta o
distribuzione di fondi, ma devono sempre avere una speciale attenzione per la persona
che è nel bisogno e svolgere, altresì, una preziosa funzione pedagogica nella comunità
cristiana, favorendo l’educazione alla condivisione, al rispetto e all’amore secondo la
logica del Vangelo di Cristo” (Proemio). Un compito al quale già rispondono differenti
“iniziative organizzate”, in primo luogo la Caritas, “che si è giustamente guadagnata
l’apprezzamento e la fiducia dei fedeli e di tante altre persone in tutto il mondo per la
generosa e coerente testimonianza di fede, come pure per la concretezza nel venire
incontro alle richieste dei bisognosi” (n. 9).
“Pertanto, nell’attività caritativa, le tante organizzazioni cattoliche non devono limitarsi ad
una mera raccolta o distribuzione di fondi, ma devono sempre avere una speciale
attenzione per la persona che è nel bisogno e svolgere, altresì, una preziosa funzione
pedagogica nella comunità cristiana, favorendo l’educazione alla condivisione, al rispetto e
all’amore secondo la logica del Vangelo di Cristo” (Deus Caritas est n. 34).
È importante quindi che vescovi, preti, religiosi e laici, si soffermino a riflettere sul
servizio della carità non dimenticando l’aspetto organizzativo.
16
2. DOCUMENTI DEL MAGISTERO DELLA CHIESA UNIVERSALE
2.1.PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DEGLI OPERATORI
SANITARI : I laici nel mondo della sofferenza e della salute (1987)
Il documento esamina I'origine e il significato dell'impegno del fedele-cristiano-laico
in sanità.
"Il carattere sempre più interdisciplinare della scienza e dell'assistenza sanitaria
vede un crescente concorso dei laici e per numero e per responsabilità" 18; di
conseguenza, "la Chiesa per farsi promotrice esemplare, punto di riferimento per la
società, sia per la bimillenaria esperienza della quale è depositaria, sia per la luce che
essa riceve dalla fede in Cristo, medico delle anime e dei corpi" 19, necessita della loro
opera e della loro collaborazione.
Il documento è diviso in due parti, oltre un proemio nel quale si sottolineano alcuni
concetti base: salute e salvezza (cfr.: nn. 1-5), ministero o diaconia dell'assistenza
sanitaria (cfr.: nn. 6-7),vocazione e missione dei laici (cfr.: nn. 8-12).
Prima parte: "I laici e la sollecitudine per gli infermi” (nn. 13-33).
Dopo aver riproposto la missione comune di ogni cristiano come singolo (cfr.: n. 14), come
associato (cfr.: nn. 15-16), e come membro della Chiesa nei confronti dei sofferenti, così
ben evidenziata nella parabola del buon Samaritano, ricorda che la testimonianza deve
essere accompagnata dalla competenza (cfr.: nn. 20-22): "L’onestà e la competenza sono
indubbiamente una condizione indispensabile e difficilmente possono essere sostituite da
un altro tipo di zelo apostolico" (n. 20). Una competenza che si rende concreta nella
ricerca scientifica (cfr.: nn. 23-24), nell'educazione sanitaria (cfr.: nn. 25-28) e
nell'assistenza sanitaria (cfr.: nn. 29-33).
Seconda parte: "Professione e missione dei laici" (nn.34-56).
Si ripropone la nobiltà di questa Professione.
"L'operatore sanitario è un dono di Dio. Egli glorifica Dio nel corpo umano che cura e
serve. Poiché Cristo si è identificato con il malato come unico destinatario di amore, il
servizio reso al sofferente prolunga, non solo sull'altare, ma anche in ogni luogo di
sofferenza - che non impropriamente può essere chiamato 'tempio dell'umanità' - quella
liturgia in cui Cristo continua ad offrire al Padre il Suo sacrificio assieme a coloro che
soffrono uniti a Lui e continua a donare la Sua vita, assieme a tutti i buoni Samaritani di
oggi, perché I'uomo abbia a vivere in pienezza" (n. 36).
Questa nobile professione, impegna a difendere e promuovere la vita (cfr.: nn. 40-56)
soprattutto di fronte a quelle situazioni mediche e d’assistenza che rischiano di tradirla.
18
19
F. ANGELINI, Prefazione al documenti: I laici nel mondo della sofferenza e della salute, pg. 4.
Prefazione al documento, op. cit., pg. 4.
17
2.2.PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DEGLI OPERATORI
SANITARI: Carta degli Operatori Sanitari (1994)
Il documento è “una sintesi organica ed esauriente della posizione della Chiesa su
tutto quanto attiene all’affermazione, in campo sanitario, del valore primario e assoluto
della vita: di tutta la vita e della vita di ciascun essere umano” (Carta pg. 6). Indica cioè le
modalità per servire la vita nella sua sacralità, inviolabilità e qualità mediante I'assistenza
sanitaria, rilevando che I'operatore sanitario è ministro della vita e, di conseguenza, con la
sua attività s’impegna a una chiara testimonianza cristiana.
La “Carta degli Operatori Sanitari” è suddivisa in tre parti, oltre un’introduzione.
Introduzione (nn.1-10).
L’introduzione è delicata prevalentemente alla professione sanitaria che nell'ottica
cristiana è riconosciuta come “una nobile vocazione” coniugando professione, vocazione e
missione.
La nobiltà di questa professione-vocazione-missione trova il fondamento nel fatto che
I'operatore sanitario, accogliendo amorevolmente la vita, soprattutto se debole e malata
(cfr.: Carta 4) diventa collaboratore di Dio nel ridare la salute al corpo ammalato.
È importante, inoltre, la fedeltà alle norme morali ed etiche espresse dal Magistero, oltre
che una seria preparazione professionale (cfr.: Carta 6-7).
Il fedele-cristiano-laico operante in sanità inoltre, pone la carità alla base della sua
professione, perché è possibile offrire la propria collaborazione ministeriale all'amore di
Dio solo continuando la carità terapeutica che Cristo ha esercitato (cfr.: Carta 4).
Unicamente la carità permette di scoprire che chi sta di fronte è un uomo (cfr.: Carta 3).
La logica conseguenza della visione integrale del malato nel documento è riassunta con il
termine "atteggiamento di simpatia" (cfr.: Carta 2) che si esprime in comportamenti ben
concreti, identificati nella disponibilità, attenzione, comprensione, condivisione,
benevolenza, pazienza, dialogo. Infatti, "non basta la 'perizia scientifica e professionale'
ma occorre 'la personale partecipazione’ alle situazioni concrete del singolo paziente"
(Carta2).
Prima parte: “Il generare” (nn.11-34).
Gli operatori sanitari devono aiutare i genitori a procreare con responsabilità.
Ne consegue l’impegno nella difesa della vita sin dal suo concepimento e il servizio alla
vita ponendo
particolare attenzione alla valutazione etica di tre situazioni: la
manipolazione genetica, la regolazione della fertilità e la procreazione artificiale.
La Carta ribadisce apertura alla ricerca scientifica sottolineando che il giudizio morale dei
comportamenti deve essere valutato con criteri oggettivi.
Seconda parte: ”Il vivere” (nn. 35-113).
L'operatore sanitario accompagna il vivere delle persone lungo tutta l'esistenza terrena.
Nessuno, come l'operatore sanitario, è tanto vicino alla persona dal concepimento al
termine naturale della vita; nella salute e nella malattia.
Prevenzione, cura, terapia e riabilitazione sono gli impegni dell'operatore sanitario nel
campo della salute.
La Carta esamina anche alcune problematiche etiche. Il consenso informato del paziente,
la ricerca e la sperimentazione clinica, la donazione e i trapianti di organi, le dipendenze
da farmaci, alcool, stupefacenti, tabacco e la psicologia e la psicoterapia.
18
Terza parte: “Il morire” (nn.114-150).
Quando le condizioni di salute si deteriorano in modo irreversibile e letare, ossia l’uomo
entra nello stadio terminale del suo esistere terreno, gli operatori sanitari sono chiamati a
dare una speciale assistenza al morente. "Il morire – dunque - va curato come ultima fase
della vita e interpella la responsabilità dell'operatore sanitario come e non meno di ogni
altro momento del vivere umano, ma con una dedizione del tutto particolare, in conformità
con l'estrema importanza di questo momento terminale dell'esistere umano” (Carta 116).
Anche in questa parte sono evidenziate alcune questioni etiche per morire con serenità e
dignità: la proporzionalità delle cure, l’uso degli analgesici nei malati terminali, la verità al
malato, la soppressione della vita mediante l’eutanasia.
2.3.CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE,
Nota circa “il Ministro del Sacramento dell'Unzione degli Infermi (2005)
Nella Nota a firma del prefetto della Congregazione per dl Dottrina della Fede, il
cardinale J. Ratzinger e del Segretario della Congregazione il vescovo A. Amato, si
sottolinea che soltanto i sacerdoti (Vescovi e presbiteri) sono i Ministri del Sacramento
dell'Unzione degli Infermi.
Quindi, né diaconi né laici possono amministrare questo sacramento; qualsiasi azione
in questo senso costituisce simulazione del sacramento (cfr.: Nota introduttiva).
3. DOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANA
3.1.CONSULTA NAZIONALE CEI PER LA PASTORALE DELLA SANITA’
La Pastorale della Salute nella Chiesa Italiana (1989)
E’ il primo documento della Chiesa Italiana che tratta in modo organico la tematica
della Pastorale della Salute.
Il documento è composto da tre parti divisi in 82 paragrafi.
Prima parte: "Fondamento e motivazione della pastorale sanitaria" (nn. 5-21).
La prima parte evidenzia che nel contesto societario i concetti di persona, di salute e di
malattia sono percepiti in un’ottica di globalità superando le singole dimensioni a cui ci si
riferiva nel passato.
Una chiarificazione è presente, ad esempio, nella descrizione della salute che “non si
rapporta unicamente a fattori fisici ed organici, ma coinvolge le dimensioni psichiche e
spirituali della persona, estendendosi all’ambiente fisico, affettivo, sociale e morale in cui
la persona vive ed opera” (n. 6). Lo stesso vale anche per il concetto di malattia che “non
è più configurabile come semplice patologia, rilevabile attraverso analisi di laboratorio, la
malattia è intesa anche come malessere esistenziale, conseguenza di determinate scelte
di vita, di spostamenti di valori e di errate gestioni dell’ambiente materiale umano” (n. 7)..
Di conseguenza, anche l’opera pastorale della Chiesa nel mondo della salute, deve
assumere metodologie innovative.
19
E’ definita che cosa è la Pastorale della Salute: “Essa può essere descritta come la
presenza e l’azione della Chiesa per recare la luce e la grazia del Signore a coloro che
soffrono e a quanti ne prendono cura. Non viene rivolta solo ai malati, ma anche ai sani,
ispirando una cultura più sensibile alla sofferenza, all’emarginazione e ai valori della vita e
della salute” (n. 19).
Sono descritti gli “obiettivi generali”: evangelizzazione dei problemi sanitari, del
malato, dei suoi famigliari, degli operatori sanitari; umanizzazione dell’assistenza sanitaria;
sostegno alle famiglie; formazione degli operatori; sensibilizzazione del territorio (cfr.: n.
20).
S’identificano cinque campi d'azione: evangelizzazione e catechesi, celebrazione
dei sacramenti, umanizzazione della medicina e dell'assistenza ai malati, rilevanza dei
problemi morali, estensione della pastorale dall’ospedale al territorio (cfr.: n. 22).
Seconda parte: “I soggetti della pastorale sanitaria” (nn. 23-64).
In questa parte la Nota tratta l' identità e i compiti di chi assiste I'ammalato e dell'ammalato
stesso, ed identifica otto soggetti: comunità ecclesiale (cfr. nn. 23-25), malati (cfr. nn. 2632), i famigliari (cfr.: nn. 33-37), l’assistente religioso (cfr.: n. 38-42), i religiosi (cfr.: nn. 4348), le associazioni professionali sanitarie cattoliche (cfr. nn. 49-53), le istituzioni sanitarie
cattoliche (cfr. nn. 54-58), il volontariato (cfr. nn. 59-64).
Quattro osservazioni.
I.
Il primo soggetto è la comunità cristiana nella sua totalità(cfr.: n.23), quindi non
solo un’élite di persone ma tutta la Chiesa locale.
II.
Il malato (cfr.: nn. 26-32). In questi paragrafi non si rilevano unicamente i bisogni
e le attese dei sofferenti ma che questi, riprendendo un’espressione della
Christefidelis laici, sono soggetti e protagonisti dell’opera di evangelizzazione e
di salvezza: “Anche i malati sono mandati (dal Signore) come operai nella sua
vigna” (CL. 53).
III.
Anche i famigliari devono essere avvicinati, accompagnati e sostenuti nel
trasformare l’evento malattia in un avvenimento produttore di senso e di
speranza, sconfiggendo la solitudine relazionale.
IV.
Una particolare attenzione è riservata all'operatore sanitario cattolico del quale
si afferma: "Se ogni operatore sanitario deve considerare I'esercizio della
professione come un servizio prestato alla persona che soffre, a maggior
ragione, sono chiamati a fare proprie queste convinzioni coloro che sono mossi
nel loro operare dall'esempio di Cristo" (n. 52).
Terza parte: “Le strutture della pastorale della sanità” (nn. 65-81).
Anche la pastorale sanitaria richiede programmazione, organizzazione e strutture di
collegamento identificate nella Consulta Nazionale, in quelle Regionali e diocesane e nelle
Cappellanie ospedaliere.
3.2.CONSULTA NAZIONALE CEI PER LA PASTORALE DELLA SANITA’,
Le Istituzioni cattoliche in Italia – Identità e ruolo (2000)
“Le istituzioni sanitarie cattoliche costituiscono una specifica modalità con cui la
comunità ecclesiale mette in pratica il mandato di ‘curare gli infermi’. Esse, pertanto, sono
20
da considerarsi non solo utili ma necessarie alla missione della Chiesa, dando consistenza
e continuità all’azione caritativa e di promozione umana della comunità cristiana”20.
Il documento è diviso in quattro parti.
Prima parte: “Dalla memoria alla profezia” (nn. 9-13).
Contiene un exursum storico sull’opera svolta da queste istituzioni e le sfide che le
attendono nel futuro.
Seconda parte: “Riconoscersi per farsi riconoscere” (nn. 14-28).
Si propongono le caratteristiche fondamentali di un ospedale cattolico.
Terza parte: “I nodi dialettici” (nn. 29-34) e quarta parte: “Le risorse come risorsa”
(nn. 35-41).
Nella terza e quarta parte si affrontano i problemi di ordine amministrativo e il rapporto con
gli Enti pubblici.
3.3.COMMISSIONE EPISCOPALE PER IL SERVIZIO DELLA CARITA’ E
DELLA SALUTE. Predicate il Vangelo e curate i malati. La Comunità
cristiana e la pastorale della salute (2006)
Il Documento, redatto a distanza di quasi vent’anni dalla Nota precedente (La pastorale
della salute nella Chiesa Italiana) è composto da tre parti.
Per meglio comprendere il testo riportiamo il paragrafo numero 4 che indica gli
obiettivi.
“-Favorire il discernimento delie sfide poste dal mondo della salute alla presenza e
all'azione della Chiesa, prospettando linee di collaborazione con tutti gli uomini di buona
volontà;
- offrire stimoli per un'educazione ai valori della salute e al senso della sofferenza,
interpretate alla luce del mistero di Gesù Cristo;
- sostenere I'integrazione della pastorale sanitaria nella pastorale d'insieme delie comunità
cristiane;
- promuovere una maggiore integrazione tra I'assistenza spirituale assicurata nelle
strutture sanitarie e la cura pastorale ordinaria nelle parrocchie, sviluppando forme di
collaborazione tra le cappellanie ospedaliere e le comunità ecclesiali territoriali;
-fornire indicazioni per il coinvolgimento di tutte le componenti del popolo di Dio nella
pastorale della salute, potenziando gli organismi di comunione e corresponsabilità;
- promuovere una maggiore organicità e progettualità della pastorale sanitaria, anche
mediante specifici itinerari formativi.
Esaminiamo le tre parti.
Prima parte: “Il mondo della salute oggi” (nn. 5-18).
Nella prima parte è presentata la situazione attuale del “pianeta sanità” essendo
impossibile operare fruttuosamente anche a livello pastorale senza conoscere il contesto
in cui si opera.
E’ quello sanitario un ambiente nel quale riscontriamo aspetti positivi (promozione
societaria della salute, progressi nel campo medico-scientifico, accresciuto interesse per
l’individualità e la globalità del malato…)21 e aspetti negativi (degrado d’umanità nella cura,
20
21
“La Pastorale della Salute nella Chiesa Italiana” n. 54
“La Chiesa italiana riconosce e apprezza i preziosi contributi offerti dalla ricerca scientifica per la migliore cura e per
21
atteggiamento prometeico nei confronti del vivere e del morire, passaggio dalla medicina
dei bisogni a quella dei desideri, indiscriminata adozione del modello aziendalistico, forte
aumento della burocrazia…)22.
Nell’odierno pluralismo culturale particolare attenzione va riservata ai problemi della
bioetica, dove si costata “spesso la mancanza di un’informazione corretta, e da ciò
conseguono giudizi e opinioni avventati e scarsamente fondanti. Si nota, inoltre,
un’insufficiente conoscenza delle posizioni sostenute della Chiesa, che sono spesso
riportate in modo improprio o sono giudicate inadeguate al tempo presente”(n.16).
Fondamentale, inoltre è l’invito a passare dal “curare” a “prendersi cura”, cioè a
considerare la persona nella totalità del suo essere.
Seconda parte: “Rendere ragione della speranza nel mondo della salute” (nn. 1947).
E’ la sezione “teologica” ed evidenzia che il messaggio cristiano è fondato sulla gioiosa
speranza dataci dalla Risurrezione di Cristo.
Una speranza che va annunciata e concretizza seguendo l’esempio del Signore Gesù, il
medico, che non solo guarisce ma soprattutto conforta e solleva il malato, l’afflitto
dall’angoscia esistenziale e chi si pone alla ricerca del significato di un’esistenza
tormentata dal dolore e dalla sofferenza.
Nel prendersi cura dei bisognosi d’aiuto è importante coltivare con più forza sia la
speranza terrena che quella escatologica, sforzandosi di superare alcuni discorsi
doloristici per aprirsi a un’autentica partecipazione al mistero pasquale di Cristo. Questa
visione trasforma la condizione di sofferenza in momento di grazia per sé e per gli altri.
Si indicano alcune linee operative per l’azione pastorale.
-L’ospitalità, che evocando significati antichi, rispecchia l’etimologia per cui al luogo della
cura fu assegnato il nome di “ospedale”, cioè l’ambiente che accoglie, ospita e cura. Non a
caso in Francia, l’ospedale era anche denominato “l’Hotel du bon Dieu”, ossia “l’Albergo
del buon Dio”, dove vigeva il motto: “Se sei malato vieni e ti guarirò, se non potrò guarirti ti
curerò, se non potrò curarti ti consolerò”(cfr.: n. 23).
-L’umanizzazione chiede invece attenzione al malato nella sua globalità di persona,
meritevole di rispetto e di venerazione dal concepimento alla morte naturale, oltre che la
sollecitudine alle dinamiche che rendono ogni ambiente a “misura d’uomo”.
Terza parte: La pastorale della salute nella comunità” (nn. 48-67).
Sono presentati gli orientamenti pastorali e i mezzi per realizzare un’azione adeguata ai
tempi, evidenziando l’importanza di passare “dall’agire improvvisato alla progettualità” e
valorizzando i diversi ambiti: consulte, consigli pastorali, associazioni, cappellanie.
Altrettanto importante è far maturare la convinzione della “responsabilità comune” che in
forza del battesimo grava non solo su alcuni membri della comunità, ma su tutti i cristiani,
compreso il malato, che come più volte affermato, non è solo termine e fonte di amore ma
soggetto responsabile della promozione del Regno. Il cambiamento di prospettiva è
l’assistenza sanitaria delle persone e incoraggia in tal senso ogni progresso rispettoso della persona umana.
Parimenti, riconosce e apprezza l’impegno profuso dai responsabili della vita politica e amministrativa nel promuovere
e salvaguardare il diritto, costituzionalmente sanzionato, alla tutela della salute dei cittadini, e nell’assicurare al mondo
sanitario il più alto livello scientifico e tecnico e le più ampie garanzie sociali” (n. 6).
22
“Accanto a innegabili e provvidenziali benefici, il progresso della scienza e della tecnica non manca d’ingenerare,
come ha fatto notare Giovanni Paolo II, ‘una sorta di atteggiamento prometeico dell’uomo che, in tal modo, si illude di
potersi impadronire della vita e della morte’. Tale atteggiamento porta larghi settori della scienza e della medicina a
ignorare i limiti inerenti alla condizione umana, contribuendo a coltivare l’immagine di un uomo padrone assoluto
dell’esistenza, arbitro insindacabile di sé, delle sue scelte e delle sue decisioni” (n. 9).
22
facilitato anche dalla nuova sensibilità sociale e civile che ha trovato un’espressione
significativa nelle diverse “carte dei diritti dei malati”.
Il Documento dedica l’ultimo paragrafo, il numero. 67, ad alcune attenzioni
particolari.
-I fedeli-cristiani-laici in forza del Battesimo, come partecipazione all’ufficio sacerdotale,
profetico e regale di Cristo, anche nella pastorale sanitaria, hanno un ruolo importante da
svolgere in comunione con tutte le altre vocazioni e ministeri.
- Un ruolo che va preparato e supportato dalla formazione sia iniziale che permanente.
- In questo paragrafo e in altri precedenti (cfr.: nn. 38-46) si rileva l’attualità delle Strutture
Sanitarie Cattoliche che mentre nel passato hanno svolto ruoli di supplenza e
d’integrazione, oggi si propongono come “faro profetico”, fornendo un contributo
essenziale alla soluzione del problema più drammatico della sanità: il distacco creatosi tra
cultura scientifica e umanistica.
-La Giornata mondiale del malato va maggiormente valorizzata come occasione educativa
e formativa della comunità. E’ opportuno andare oltre la dimensione cultuale già diffusa,
per proporre eventi anche culturali.
4. ALTRI DOCUMENTI
4.1.COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA LITURGIA, Direttorio liturgico
pastorale per l’uso Romano dei Sacramenti e dei Sacramentali (1967)
Il Direttorio riserva il capitolo sesto alla “Liturgia dei malati”: confessione,
comunione, Unzione degli infermi e il settimo alla “Liturgia dei moribondi”: viatico e
raccomandazione dell’anima.
4.2.PAOLO VI, Costituzione Apostolica: Sacra unctionem infirmorum
(1972)
La Costituzione Apostolica che attuava le indicazioni della “Sacrosanctum
Concilium” portò un notevole cambiamento nei confronti del sacramento degli infermi.
Papa Paolo VI auspicava che il sacramento che nel passato era stato erroneamente
denominato “Estrema Unzione” riacquistasse il suo significato originale, quello di Unzione
degli Infermi, estendendo l’amministrazione non solo a coloro che si trovavano in fin di vita
ma a coloro che erano in pericolo di morte a causa di una malattia o delle vecchiaia.
Perciò diede la seguente disposizione: “Il sacramento dell’Unzione degli Infermi si
conferisce a quelli che sono malati con serio pericolo, ungendoli sulla fronte e sulle mani
con olio d’oliva, o, secondo l’opportunità con olio vegetale, debitamente benedetto e
pronunciando, per una volta soltanto, queste parole: ‘Per questa santa unzione e per la
sua misericordia pietosa il Signore ti aiuti con la grazia dello Spirito Santo e liberato dai
peccati ti salvi e ti guarisca’ ”:
23
4.3.CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Rito dell’unzione e
cura pastorale degli infermi (1972)
Il rituale è composto da un “Introduzione generale” nella quale si evidenzia il
significato della malattia nella storia della salvezza e l’importanza del sacramento dei
malati.
Nelle sette parti si forniscono alcune indicazioni per lo svolgimento delle singole
celebrazioni specificando varie situazioni: dalle celebrazioni in una grande assemblea al
conferimento del sacramento ad un infermo in pericolo di morte.
Il rituale si conclude con un appendice riguardante il rito ordinario della comunione
degli infermi, il rito breve e il viatico.
4.4.CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Evangelizzazione e
Sacramenti della Penitenza e dell’Unzione degli Infermi (1974)
Negli anni ‘70 del ventesimo secolo la Chiesa Italiana ha proposto come tema di
riflessione: “Evangelizzazione e sacramenti”, e in questo contesto non poteva mancare
l’approfondimento anche dei sacramenti della Penitenza e dell’Unzione degli Infermi che si
è concretizzato nel documento che stiamo esaminando.
Il documento dedica la prima parte al Sacramento della Penitenza e la seconda
parte all’Unzione degli Infermi esaminandola da un punto di vista dottrinale ed offrendo
degli orientamenti pastorali, in particolare sottolineando l’importanza di una rinnovata
catechesi sul significato del sacramento. “Solo una costante evangelizzazione sul destino
ultimo dell’uomo, quanto mai urgente nella situazione culturale e religiosa moderna, può
rendere comprensibile il sacramento dell’unzione degli infermi nel suo valore di segno e
negli effetti che esso produce” (n. 128).
4.5.CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Evangelizzazione e
testimonianza della carità (1990)
“Evangelizzazione e testimonianza della carità” riguardava l’impegno pastorale della
Chiesa Italiana per gli anni ’90 del ventesimo secolo.
Nel documento, i vescovi italiani, ricordano che la carità è la via privilegiata della
nuova evangelizzazione perchè apre all'incontro con Dio principio e ragione ultima di ogni
amore e perché conduce ad amare l'uomo.
Pur non essendoci riferimenti particolari alla pastorale della salute, il documento
propone nove affermazioni che sono strettamente collegate con questo settore:
- si parla di servizio verso chi soffre (cfr.: n. 28);
- si accenna all'importanza di accogliere il malato (cfr.: n. 39);
- si rileva che il Vangelo della carità incoraggia le opere di misericordia corporali e spirituali
(cfr.: n. 39);
- si evidenzia I'inadeguatezza dei servizi socio-sanitari (cfr.: n. 46);
24
- si auspica che i giovani siano guidati a scegliere per il loro futuro professioni riguardanti
servizi socio-sanitari (cfr.: n. 46);
- si accenna alle vittime dell'aids, ai morenti abbandonati, ai pazienti psichiatrici, agli
anziani non autosufficienti (cfr.: n. 47);
-si sottolinea, riferendosi alla Salvifici Doloris il valore attivo e creativo di ogni tipo di
sofferenza (cfr.: n. 47);
-si esprime un apprezzamento agli istituti religiosi “che sono sorti con il carisma del
servizio della carità per i poveri espresso nella cura dei malati e degli anziani”' (n. 48);
- si insiste perché nelle istituzioni sanitarie venga assicurata l'assistenza religiosa, si formi
il personale, si promuova il volontariato e si creino spazi per l’intervento delle famiglie (cfr.:
n. 48).
4.6. Catechismo della Chiesa Cattolica (1997)
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica troviamo vari riferimenti alle tematiche della
pastorale della salute ma sono poco organizzati secondo la logica che solitamente
seguiamo nell’affrontare questo argomento.
Esaminiamo di seguito, a modo di sintesi, alcune indicazioni.
-L’origine della vita umana.
“Dio creò l'uomo a sua immagine” (n. 355).
-Natura e caratteristiche dell’uomo.
“Essendo ad immagine di Dio, I'individuo umano ha dignità di persona, non è soltanto
qualcosa, ma qualcuno” (n. 357). “La persona umana è un insieme corporeo e spirituale”
(366) dotato di varie dimensioni: biologica (cfr.: n. 364), spirituale (cfr.: n. 363), teologica
(cfr.: n. 363), etica (cfr.: n. 1206), psicologica (cfr.: n.368), sociale (cfr.: n. 361), ecologica
(cfr.: n. 373).
-La libertà.
Altro elemento sottolineato è quello della libertà “segno altissimo dell’immagine divina
(1731). “La libertà è il potere di agire e non agire” (n. 1731), “di scegliere tra il bene e il
male” (n. 1731), è ciò che “rende l’uomo responsabile dei suoi atti volontari” (n. 1734). La
libertà è responsabilità verso se stessi “capacità di conoscersi e di possedersi” (n. 357),
verso gli altri (n. 358) e verso il cosmo (n. 359). Riferendosi a Cristo si afferma “la grazia di
Cristo non si pone affatto in concorrenza con la nostra libertà, quando questa è in sintonia
con il senso della verità e del bene che Dio ha messo nel cuore dell’uomo” (n. 1742).
“Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi” (n. 1748).
-La finalità della vita umana.
“L'uomo è il vertice dell'opera della creazione” (n. 343). “Dio ha creato tutto per I'uomo, ma
l'uomo è stato creato per servire e amare Dio e per offrirgli tutta la creazione” (358).
“L'uomo e la donna sono chiamati a dominare la terra come amministratori di Dio. Questa
sovranità non deve essere un dominio arbitrario e distruttivo” (n. 373). “L'uomo è chiamato,
per grazia, ad una alleanza con il suo Creatore” (n. 357) che gli doni la felicità. “La vera
felicità si trova in Dio solo…; non nella ricchezza, nella gloria umana, per quanto utile
possa essere” (n. 1723).
Di conseguenza, non è lecito all'uomo disprezzare la vita corporale, “egli è tenuto a
considerare buono e degno di onore il proprio corpo creato da Dio e destinato alla
25
Risurrezione nell'ultimo giorno” (n. 364). Per questo sono condannate le azioni contro la
vita: aborto (cfr. nn. 2270.1.2.3.4), accanimento terapeutico (cfr. n. 2279), eutanasia (cfr.
nn. 2276.7).;
-La cura della salute.
“La salute fisica è un bene prezioso…, dobbiamo averne una cura ragionevole” (n. 2288)
anche se va “respinto un culto idolatrico del corpo” (n. 2288).
-L’itinerario relazionale della vita umana.
Dio ha voluto che le creature “vicendevolmente si completano” (n. 340). “Grazie alla
comune origine il genere umano forma una unità” (n. 360) quindi i rapporti sono regolati
dalla “legge di solidarietà umana e di carità” (n. 361).
4.7.CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE,
Istruzioni circa la preghiera per ottenere da Dio la guarigione
(2000)
Il documento, diviso in due parti (aspetti dottrinali e aspetti disciplinari), è una guida
che mostra l’ importanza della pratica liturgica della preghiera di guarigione: “Non soltanto
è lodevole la preghiera dei singoli fedeli che chiedono la guarigione propria o altrui, ma la
Chiesa nella liturgia chiede al Signore la salute degli infermi”. Disciplina, inoltre, le varie
liturgie che vanno predisposte con cura e celebrate con accuratezza.
Per questo sono espressi alcuni avvertimenti disciplinari affinché si eviti I'esasperato
sentimentalismo, la dannosa emotività e il pericoloso magismo a volte presente in alcune
riunioni di preghiera organizzate al fine di ottenere guarigioni prodigiose per i malati
partecipanti.
Talvolta si corre il rischio di trasformare le celebrazioni in azioni di culto improprie,
cedendo ad un devozionismo che non ha nulla a che vedere con la fede.
Il documento, dopo aver rilevato gli aspetti dottrinali, esplicita il senso e il valore,
nell'economia della salvezza, sia della salute che della malattia e ricorda i vari formulari
liturgici e le loro caratteristiche.
Riportiamo alcune disposizioni normative. .
“Art. 1. A ogni fedele è lecito elevare a Dio preghiere per ottenere la guarigione. Quando
tuttavia queste si svolgono in chiesa o in altro luogo sacro, è conveniente che esse siano
guidate da un ministro ordinato.
Art. 2. Le preghiere di guarigione si qualificano come liturgiche, se sono inserite nei libri
liturgici approvati dalla competente autorità della Chiesa; altrimenti sono non liturgiche.
Art. 4.
(1) Il Vescovo diocesano ha il diritto di emanare norme per la propria Chiesa particolare
sulle celebrazioni liturgiche di guarigione, a norma del can. 838 & 4.
(2) Coloro che curano la preparazione di siffatte celebrazioni liturgiche, devono attenersi
nella loro realizzazione a tali norme.
Art. 5.
(1) Le preghiere di guarigione non liturgiche si realizzano con modalità distinte dalle
celebrazioni liturgiche, come incontri di preghiera o lettura della Parola di Dio (...).
(2) Si eviti accuratamente di confondere queste libere preghiere non liturgiche con le
celebrazioni liturgiche propriamente dette.
26
(3) È necessario, inoltre, che nel loro svolgimento non si pervenga, soprattutto da parte di
coloro che le guidano, a forme simili all'isterismo, alla teatralità o al sensazionalismo.
Art. 8.
(1) Il ministero dell'esorcismo deve essere esercitato in stretta dipendenza con il Vescovo
diocesano (...).
(2) Le preghiere di esorcismo, contenute nel Rituale Romanum, devono restare distinte
dalle celebrazioni di guarigione, liturgiche e non liturgiche.
Art. 9. Coloro che guidano le celebrazioni di guarigione, liturgiche e non liturgiche, si
sforzino di mantenere un clima di serena devozione nell'assemblea e usino la necessaria
prudenza se avvengono guarigioni tra gli astanti. Terminata la celebrazione, potranno
raccogliere con semplicità e accuratezza eventuali testimonianze e sottoporre il fatto alla
competente autorità ecclesiastica”.
27