settembre musica

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settembre musica
Città
di Torino
Assessorato
per
la Cultura
martedì 9 settembre 1986, ore 16
San Francesco d'Assisi
Insieme
Stumentale
Italiano
Massimo Marin,
Grazyna Teodorek, violini
Luciano Patrignani, viola
Sergio Patria, violoncello
Claudio Montafia, flauto
Edgardo Garnero, clarinetto
Franco Ruffa, pianoforte
SETTEMBRE MUSICA
L'Insieme Strumentale Italiano è costituito da musicisti piemontesi, di nascita o di attività, unitisi nell'autunno del '79 per svolgere
attività cameristica. H a al suo interno diverse formazioni stabili,
anche se la struttura principale è quella di vero e proprio insieme
con organico variante a seconda dei programmi. Nei suoi quasi sette anni di attività ha suonato in tutta Italia per le più importanti
società concertistiche.
I membri dell'ISI svolgono inoltre u n a vasta e notevole attività solistica e alternano gli impegni concertistici all'insegnamento in conservatorio.
Franz Liszt
(1811 - 1886)
La notte
per violino e pianoforte
Epitalamio
per violino e pianoforte
Vergessener Walzer
versione per violoncello e pianoforte
La lugubre gondola
per violoncello e pianoforte
Cari Maria von Weber
(1786-1826)
Trio in sol
per flauto,
Allegro
Scherzo.
Schàfers
Finale.
minore op. 63
violoncello e pianoforte
moderato
Allegro vivace
Klage. Andante espressivo
Allegro
Quintetto in si bemolle maggiore op. 34
per clarinetto, due violini, viola e violoncello
Allegro
Fantasia. Adagio ma non troppo
Minuetto. Capriccio presto
Rondò. Allegro gioioso
Non è facile, pur nell'odierno pullulare di ^visitazioni che
sottopone ogni angolo del repertorio ad una sorta di energica pulizia pasquale, imbattersi in un concerto da camera tutto
dedicato a Liszt e Weber ché sia l'uno che l'altro coltivarono tale genere in misura abbastanza episodica e con risultati
creativi discontinui o comunque non paragonabili agli esiti
conseguiti in altri settori. In particolare, per quanto riguarda Liszt, le poche sue musiche cameristiche, sommerse dal
Niagara dei lavori destinati al pianoforte, sono rimaste pressoché ignorate sia per l'esiguità formale che per la palese occasionalità di concezione. Inoltre, se si escludono una ignota
Sonata per violino e pianoforte del 1832/35 e, destinato allo
stesso organico, un Gran Duo concertante sulla romanza "Il
Mattino" di Lafont scritto negli anni fra il 1837 ed il 1849
e di recente ripubblicato, la produzione da camera di Franz
Liszt si compone esclusivamente di brani trascritti e / o adattati, cosa che non ha certo favorito il loro ingresso nel normale repertorio. Interessato a diffondere attraverso le più
svariate metamorfosi ciò che della propria (e altrui) creatività gli sembrava meritevole, Liszt non esitò a redigere una serie di versioni alternative di quei brani che, appartenendo al
suo ultimo periodo produttivo, presentarono, già nell'originale veste pianistica, non pochi problemi agli ascoltatori finde-siècle i quali, avendo ormai assimilato il Liszt giovanile
e quello della maturità, trovavano oltremodo sconcertante
l'inarrestabile evolversi dell'ungherese. Difatti tutti questi lavori recano inconfondibile il marchio espressivo del tardo
Liszt sia nella scrittura scarnita e ridotta all'essenziale che
nella condotta armonica e formale sempre più svincolata dalla
tradizione ed evocante atmosfere dense di pregnanti anticipazioni ora debussiste ora schoenberghiane. La frammentazione e semplificazione del materiale, un tempo addirittura
sovrabbondante permette ai musicista di mirare dritto allo
scopo conseguendo risultati tanto più significativi quanto
maggiore è l'economia dei mezzi adoperati, ciò che appare
pienamente riscontrabile nelle quattro composizioni in programma che esamineremo in breve seguendone l'ordine cronologico. La notte, il brano più ampio e complesso, è una
ricomposizione operata da Liszt nel 1863/64 de // Penseroso (secondo brano delle Années de Pèlerinage italiane,
1838/39) trasformato da episodica contemplazione dell'omonima statua michelangiolesca ad estesa, commossa elegia suggerita, questa volta, dal Michelangelo poeta e redatto in
triplice stesura (pianoforte, orchestra, violino e piano). Assai più breve e decisamente ottimistico è l'Epitalamio composto nel febbraio 1872 come augurio per le nozze dell'allora
celebre violinista ungherese Ede Remény (1828-1898) oggi unicamente ricordato per i furibondi litigi avuti con Brahms,
già suo accompagnatore in tournée, a proposito della paternità delle Danze Ungheresi. Tanto in questa come nella versione pianistica il brano procede in tono contemplativo
muovendo dal sommesso scampanio iniziale per èspandersi
in un seguito di brevi frasi dai disegni sempre più fitti; la ripresa del materiale in fortissimo è seguita da un lungo diminuendo e da una eterea, impalpabile coda. Dei due lavori,
assai più tardi, adattati alla combinazione violoncellopianoforte il Vergessener Walzer (intitolato di solito Valse
oubliée e trascritto da Ferruccio Busoni) appartiene ad una
serie di quattro creati fra il 1881 e il 1885: brevi brani di carattere evocativo nei quali l'oblio richiamato nel titolo si manifesta attraverso curiosi effetti di lontananza fonica ed un
tono vagamente scettico, disincantato, come se l'abate Liszt
contemplasse con ironica indulgenza il mondo e le sue vanità salottiere.
Ben altra è invece l'atmosfera che si sprigiona dal secondo
dei pezzi intitolati La lugubre gondola composti rispettivamente nel 1882, poche settimane prima della morte di Wagner, e nel 1885 (quest'ultimo, appunto, adattato per violino
o violoncello e pianoforte). Il presagio della scomparsa di
Wagner (alla cui memoria Liszt dedicò altri due straordinari
lavori pianistici: Richard Wagner - Venezia e Presso la tomba di Richard Wagner, marzo e maggio 1885) si trasforma
qui in uno straziante addio alla vita affidato ad un tormentoso melodizzare che si origina ed esaurisce in enigmatiche
serie di suoni. Anche per Weber, come si è detto, la musica
da camera rivestì un interesse abbastanza marginale tant'è
vero che nel suo catalogo ricco di circa centocinquanta numeri le composizioni cameristiche non arrivano alla decina
e, ciò che più conta, conseguono livelli qualitativi alquanto
discontinui. Stimolato essenzialmente dai problemi del teatro musicale, attratto dalle possibilità virtuosistiche del pianoforte, dalla direzione d'orchestra e dagli aspetti praticoorganizzativi della musica Weber intese il genere cameristico in senso estroverso, quasi spettacolare trasferendo nei piccoli organici il proprio gusto per l'espressività plastica, densa
di contrasti dinamici ed attenta, più che a problemi costruttivi (non a caso rinunciò ad affrontare il quartetto per archi)
a tutte le seduzioni coloristiche. Attento alle crescenti risorse tecniche e timbriche degli strumenti a fiato, soprattutto
a quelle del clarinetto allora valorizzate da un grandissimo
solista quale Heinrich Joseph Bàrmann, Weber seppe accortamente proiettarle nella propria concezione della musica da
camera realizzando proprio intorno al clarinetto ed al flauto le migliori sue composizioni in questo genere. Composto
nel 1815 e dedicato per l'appunto al celebre Bàrmann, il Gran
Quintetto op. 34 (si noti l'iperbolica aggettivazione, tipicamente romantica), costituisce con quelle di Mozart e Brahms
una specie di trinità venerata da tutti i clarinettisti; ma, lungi dal possedere il supremo, trascendentale equilibrio del lavoro mozartiano o l'intimismo struggente che pervade il
Quintetto di Brahms (l'uno e l'altro, per giunta, capolavori
di costruttivismo dialogante) il brano appare come un fantasmagorico campionario di virtuosismi solistici ossequiosamente accompagnati da un servizievole quartetto d'archi.
Rinunciando a qualsiasi discussione (abbastanza inutile, del
resto) su pregi e limiti di tale posizione è bene rilevare, comunque, la solida scrittura del pezzo e l'incontestabile abilità mostrata dal compositore nel trarre partito sia dai
perfezionamenti tecnici del clarinetto che dalle risorse esecutive di Bàrmann divenute, grazie a questo e ad altri lavori
weberiani, patrimonio comune a tutti gli strumentisti. Di ben
altro valore è il Trio op. 63 per flauto, violoncello e pianoforte composto nel 1819, ultimo e maggiore contributo di Weber al repertorio cameristico. Rinunziando al predominio
d'uno strumento in favore d'un dialogare vivido e serrato
il compositore consegue, nei quattro brevi movimenti del brano, notevoli risultati espressivi: ambientato in un'atmosfera
pastorale (evidenziata dal flauto) a tratti segnata da impetuose aperture drammatiche sottolineate dal violoncello e dal
pianoforte il Trio raggiunge un equilibrio del tutto particolare sia nello svolgersi del discorso sia nel ruolo assegnato
agli interlocutori. Tanto l'impeto passionale dell'allegro moderato introduttivo felicemente screziato da melodismi folclorici, che il procedere vorticoso dello scherzo cui fa da trio
un irresistibile valzer paesano, l'elegiaca malinconia d e l I W
dante espressivo (sottotitolato Schàfers Klage - Lamento del
pastore - e composto nel 1816) ed i variegati atteggiamenti
del finale (allegro), dove si incontrano palesi anticipazioni
del Freischùtz, compongono un quadro fantasioso e suggestivo da annoverarsi fra le migliori pagine del primo Romanticismo tedesco.
Roberto Cognazzo
leggere di musica
Dopo un periodo di lungo silenzio, le monografie inglesi e francesi
su Liszt, uscite negli anni '70, hanno forse stimolato l'editoria italiana a colmare to stato lacunoso detta propria bibliografia sull'autore.
Ci riferiamo non solo alla pubblicazione, nel '79, delle Divagazioni
di un musicista romantico (1), ma soprattutto al volume di Rossana Da/monte (2), primo studio monografico lisztiano della letteratura musicate del nostro paese. Anche Weber sembra del tutto
ignorato in Italia; sono invece tradotti in inglese i suoi scritti letterari (3), mentre, sempre di Warrack (4) esiste un'agile e pur ricca
bibliografia suI compositore. Ancora, per un più ampio inquadramento storico-artistico del periodo che va dal primo
Romanticismo
di Weber a quello tardo di Liszt ricordiamo i volumi
dell'Einstein
(5) e del Di Benedetto (6).
Laura Cosso
(1) F. LISZT, Divagazioni di un musicista romantico, Roma, Salerno editrice 1979
(2) R. D A L M O N T E , Franz Liszt. La vita, l'opera, i testi musicati. Milano, Feltrinelli 1983
(3) C.M. VON WEBER, Writings of music (a cura di J. Warrack),
Cambridge, 1981
(4) J. WARRACK, Cari Maria von Weber, Londra, H Hamilton, 1968
(5) A. EINSTEIN, La musica nel periodo romantico, Firenze, Sansoni 1952
(6) R. DI BENEDETTO, L'Ottocento I, Torino, EDT 1982
La maggior parte dei testi indicati può essere consultata presso la Civica Biblioteca Musicale "Andrea Della Corte" - Villa Tesoriera - corso
Francia, 192
STAMPA TIPOGRAFIA ARTALE - TORINO