Book of abstracts - Università della Valle d`Aosta
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Scritture e linguaggi del turismo Prospettive a confronto 10 e 11 novembre 2016 BOOK OF ABSTRACTS Carl Spitzweg (ca. 1845), Turisti inglesi nella Campagna romana 2 LAURA BALBIANI Università della Valle d’Aosta [email protected] Modi di vedere, modi di viaggiare. L’esperienza delle Alpi nel diario di viaggio di Elisa von der Recke Dal 1804 al 1806 la scrittrice tedesca Elisa von der Recke (1754-1833) compie un lungo viaggio attraverso la Germania e l’Italia. Il suo interesse e la sua partecipazione per gli avvenimenti storico-politici che stavano sconvolgendo l’Europa, la curiosità e l’acuto spirito di osservazione fanno dei suoi diari di viaggio un documento di notevole rilevanza per una lettura sociale, politica e antropologica, oltre che paesaggistica, dei luoghi che attraversa. Dovendo necessariamente compiere una selezione tra la grande ricchezza di materiali offerta dal Tagebuch einer Reise (Berlin 1815-1817), ho scelto di incentrare la mia analisi sul quarto volume, e precisamente sulla parte riguardante il soggiorno a Torino, il passaggio del Moncenisio e la visita della Savoia fino in Svizzera; qui il gruppetto dei viaggiatori, allarmato oltre misura per gli sviluppi delle campagne napoleoniche, decide di rientrare velocemente in patria e interrompe bruscamente il viaggio. L’elemento dominante è dunque la geografia della Savoia, segnata dall’esperienza della montagna e dello spazio alpino. I racconti di viaggio si legittimano sull’assunto “scrivo ciò che vedo”, si fondano sulla prospettiva empirica e percettiva che garantisce aderenza alla realtà e quindi fa sì che il viaggio diventi occasione per una costruzione/riproduzione discorsiva dei luoghi in quanto oggetti di conoscenza. La relazione tra vedere e conoscere è molto stretta, poiché il vedere non è soltanto un processo cognitivo, ma un’attività che si esplica in un preciso contesto e attraverso tecniche specifiche, scegliendo un determinato punto di vista e particolari modalità di osservazioneve. In questo contributo mi propongo di indagare come le diverse modalità della visione prendano forma e siano trasmesse nel testo: le strategie descrittive, i deittici, le scelte lessicali e, in particolare, i verbi di percezione. Ciò che è interessante analizzare è quindi il rapporto tra la struttura discorsiva del testo e la realtà percepita, i segni linguistici attraverso cui si trasmette la propria visione della realtà e, in questo caso, l’esperienza dello spazio alpino. PAOLA BIANCHI Università della Valle d’Aosta [email protected] Declinazioni del grand tour negli itinerari italiani: il caso di Torino e degli Stati sabaudi (fine XVII-inizio XIX secolo) Vasta al punto da occupare intere sezioni di biblioteche o da caratterizzare librerie specialistiche nelle principali città europee, la letteratura dedicata alla storia e alle pratiche del grand tour, nella sua più tradizionale forma del viaggio attraverso il Vecchio Continente con approdo nella Penisola italiana, è senza dubbio un genere ampiamente collaudato. Divenuto spesso l’espressione dei vari approcci ‘nazionali’ alla lettura di una comune matrice culturale europea, il fenomeno del grand tour o viaggio di formazione (come è bene 3 intenderlo in senso lato) ha dato origine, infatti, a una documentazione assai ricca, ma anche molto variegata: oltre alle guide e agli itinerari, anche diari di viaggio, memorialistica, carteggi stesi da e fra viaggiatori, tutte fonti che, più o meno soggettivamente, creavano un complesso gioco di specchi fra rappresentazione e realtà, entro cui non è sempre facile attribuire attendibilità ai vari testimoni. Attraverso l’analisi incrociata fra osservazioni e stereotipi, fatti e miti, lo studio di questo fenomeno può, d’altro canto, delineare una koiné culturale sopravvissuta in Europa a lungo, a dispetto delle singole esperienze. Questo intervento è volto a superare la sola convenzionale descrizione del grand tour come inesausta e prioritaria ricerca di rovine, di grandi musei a cielo aperto concentrati nelle tappe canoniche delle più famose città d’arte italiane (Roma, Firenze, Venezia, da una certa epoca Napoli). Accanto alla classica tendenza a ripercorrere gli itinerari monumentali dell’antichità e a seguire le tracce artistiche che l’eredità del passato più fulgido aveva lasciato nella Penisola, non cessò l’esplorazione della ‘modernità’, oggi diremmo della ‘contemporaneità’: l’interesse, cioè, dei viaggiatori per le dinamiche politiche, sociali e culturali a loro coeve. In tal senso, gli antichi Stati italiani non avevano cessato di esercitare curiosità fra gli stranieri; la rivitalizzarono certamente allo scorcio del cosiddetto antico regime, grazie a una nuova accelerazione degli uomini, delle idee e delle forme della sociabilità. È quanto cercherò di mostrare da una prospettiva meno nota di altre: e cioè restituendo la situazione in una città – Torino – per molti aspetti europea e in una realtà territoriale – gli Stati sabaudi – protesa, tramite il corridoio alpino, fra spazi italiani e spazi europei, lungo percorsi del grand tour che si consolidarono tra la fine del Sei e tutto il Settecento. VALENTINA CRESTANI Università degli Studi di Torino [email protected] Il turismo sostenibile e la montagna: prospettive linguistiche italiane e tedesche Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo (2004), il turismo sostenibile nelle sue varie sottocategorie di turismo verde, ecoturismo, turismo alternativo, turismo sociale e turismo accessibile (cfr. Moretti 2015: 68ss.) risponde ai bisogni dei turisti e delle regioni che li accolgono. Esso si basa su tre requisiti costitutivi: tutela delle risorse naturali; rispetto dell’identità socio-culturale della popolazione ospitante; equa distribuzione dei benefici socio-economici. I tre principi sono da ricondurre al concetto di capacità di carico turistico, definita dall’OMT come “il numero massimo di persone che visitano, nello stesso periodo, una località turistica senza compromettere l’ambiente fisico, economico e socio-culturale, e senza ridurre la soddisfazione dei turisti”. In particolare il turismo montano, che per sua natura si realizza su spazi limitati, può trarre vantaggi dallo sviluppo di un’ottica di sostenibilità, se si considera anche il fatto che la principale categoria di turisti visitatori di zone montane sono persone interessate a dedicarsi ad attività sportive e ricreative in alternativa allo sci alpino, visto tradizionalmente come principale fattore attrattivo. La Valle d’Aosta, che incarna il prototipo di meta turistica nell’ambito del turismo montano, è stata una delle regioni italiane a creare un marchio di certificazione di turismo accessibile; “Oasi”, acronimo per ospitalità, accessibilità, sostenibilità e incontro, è il marchio che contraddistingue il turismo di montagna ecosostenibile e accessibile, ottenuto da vari comuni quali Ayas, Morgex, Saint Marcel e altri. La Valle d’Aosta, come le altre regioni italiane con un buon sviluppo del turismo montano, deve affrontare la concorrenza di paesi 4 quali Svizzera, Austria e Germania, anch’essi orientati a certificazioni di qualità nell’ambito della sostenibilità e poco distanti dal territorio italiano. Il presente contributo intende analizzare il discorso del turismo sostenibile in ambito montano, ponendo a confronto testi appartenenti a vari generi testuali, il cui focus tematico è la sostenibilità in alcuni sottosettori del turismo quali la ricettività e la gastronomia, tenendo conto anche di aspetti normativi nazionali ed europei. I testi oggetto di analisi sono in lingua italiana e tedesca. Principale metodologia di studio è la “kontrastive Textologie” (Spillner 1982), integrata con osservazioni di carattere semiotico sul rapporto fra parola e immagine. In particolare, mi propongo di rispondere alle seguenti domande: 1. Quali differenze culturali, veicolate da differenze linguistiche, emergono in testi italiani e tedeschi che trattano temi similari relativi alla sostenibilità nel turismo montano (ad esempio siti web di strutture ricettive che operano secondo criteri di sostenibilità)? 2. Quali strategie linguistiche e semiotiche sono adottate ai fini di una presentazione visibilmente ottimale del territorio montano e di un aumento dell’attrattività di varie tipologie di turisti di lingua italiana e tedesca? MARCO CUAZ Università della Valle d’Aosta [email protected] Le montagne, le terme e la neve. L’invenzione dell’industrie des étrangers Per millenni i viaggiatori erano passati accanto alle montagne senza vederle. Poi, all’improvviso, verso la fine del Settecento, le videro; le osservarono, le esplorarono. Questa “rivoluzione dello sguardo” modificò i destini della Valle d’Aosta. Una Valle “sperduta fra orrende montagne” entrò nei circuiti del viaggio europeo insieme ai miti del “paesaggio pittoresco”, della “natura incontaminata e selvaggia”, delle virtù miracolose delle acque termali, dell’aria pura e rarefatta, delle camminate in alta quota. L’opposto della città, luogo insano dove si concentrava la degenerazione dell’umanità. Un intreccio di miti romantici, cristiani e positivisti che, nella seconda metà dell’Ottocento, servirono ad alcuni intellettuali e imprenditori locali per inventare l’industrie des étrangers. Dapprima fu la moda della villeggiatura estiva nelle stazioni termali o negli alberghi d’alta montagna, dove sembrava che ogni genere di malattia potesse scomparire. Poi fu l’invenzione dello sci che trasformò la maledizione della neve in un dono del cielo. In questo processo di invenzione di una nuova Valle d’Aosta le guide di viaggio, i libri illustrati, le cartoline, i dépliants pubblicitari ebbero un ruolo strategico, indicando al turista cosa guardare e come guardarlo, forgiando la mente del viaggiatore e mediando i gusti del pubblico con l’offerta del territorio. 5 DORIT KLUGE Hochschule für Wirtschaft, Technik und Kultur, Berlin [email protected] Rebalancing Tourism and Heritage: Creative Approaches and New Instruments in Demarketing In every era of human history since the beginning of travel, heritage and tourism have had an effect on each other. Heritage causes mobility and mobility creates and changes heritage. One of the most frequently cited examples is the city of Venice, which was inscribed on the World Heritage list in 1987. At all times from the Middle Ages on, tourism and travel took effect on the heritage and can even be regarded as an integral part of it. Venice and its cultural treasures wouldn’t exist without its travel and tourism history. But sometimes tourism also changes cities in a way that they become an artificial tourist attraction while normal life is relocated to the surrounding areas. Another European World Heritage site, the Lascaux cave in France discovered in 1940 and inscribed on the World Heritage list in 1979, has a much shorter and different tourism biography than Venice. But both sites have in common that at a certain point in their history they began to suffer from the high tourism pressure so that authorities had and still have to redistribute the visitors or even to decrease their total number. One of the reasons for such a development is that mobility usually causes a shift from a single to a mass phenomenon. Apart from these quantitative aspects, the quality of tourism changes as well. This evolution can be explained by the dynamics or stability in the two dimensions of space and time. In general, tangible cultural heritage is spatially fixed and temporally more stable than dynamic. Tourism however constantly seems to be expanding boundaries in space and time. As a consequence, heritage cannot develop to the same extent as tourism does. In order to find a solution, the protagonists of both sides, heritage management and tourism management, should try to reduce the tourism quantity and to reroute it into quality. The general objectives should be to rebalance the supply and demand sides and to stimulate sustainability. In situations of tourism oversaturation, demarketing as an aspect (and not as an antagonist) of marketing could bring forward measures to reduce the quantity of tourists in a permanent or temporary way, to change the quality of tourism and to redistribute the tourists spatially. Creative approaches consist in selecting the adapted demarketing strategy, in combining old and new marketing instruments as well as traditional and new media to obtain an effective demarketing-mix. The first part of the paper exposes the phases of the destinations’ development where problems of overcrowding in tourism occur and we will put this idea into relation with Russo’s concept of the “vicious circle”. Furthermore, the role of heritage as a tourism product and the challenges arising from the concept of heritage and tourism sustainability will be problematized. The second part deals with the role of demarketing compared to classical marketing and the different types of demarketing. Then we will sum up their application to heritage tourism and address the essential demarketing strategies and instruments in this context. In the conclusion we will see what difficulties arise from the use of these strategies and instruments in the present and in the future. 6 GIUSEPPE LANDOLFI PETRONE Università della Valle d’Aosta [email protected] Itinerari di senso. Analisi semiotica di alcune guide turistiche della Valle d’Aosta La guida turistica, come genere testuale, è ben più antica di quella cui di solito si fa riferimento nel dibattito sulla diffusione del turismo di massa, e da sempre ha dovuto utilizzare quelle categorie che soltanto in tempi molto più recenti sono state codificate nell’ambito della semiotica del turismo. Il concetto su cui si basa questo contributo è quello di ‘itinerario’, vale a dire la costruzione dello spazio di valore affidato al turista. Lo spazio narrato, cioè i luoghi entro i quali si inseriscono i turisti con l’aiuto delle guide, crea un itinerario che può assumere significato assiologico o epistemico, in quanto proveniente direttamente dal territorio. Lo spazio narrante, ovvero l’insieme dei dispositivi che il testo mette in atto per generare un percorso di senso legato a quel territorio, dà luogo a un itinerario che di norma assume, o vorrebbe assumere, valore passionale ed emotivo: intende cioè toccare corde patemiche sollecitate allo scopo. Ancora prima che le tecniche di analisi della narratologia venissero introdotte nel campo della semiotica, le guide turistiche praticavano questo continuo ritaglio di spazio di valore che è l’itinerario. Gli itinerari montani, e quelli valdostani non fanno eccezione, sono sempre stati subordinati alle vie di accesso. Lo si vedrà analizzando la Guida illustrata della Valle d’Aosta (1888) di Carlo Ratti e Francesco Casanova e la prima Guida d’Italia del Touring Club Italiano (le famose guide rosse), che già nel 1914 dedicava ampio spazio a questa regione. In entrambi i casi la linea ferroviaria sembrava aprire nuove possibilità e quindi garantire flussi significativi di turisti, a cui però occorreva fornire itinerari di senso compiuto. Da questo punto di vista, la Valle d’Aosta rappresenta un oggetto di studio di grandissimo interesse, e basterebbero a dimostrarlo le molte guide specializzate che si propongono di valorizzare le esigenze di turisti dagli interessi più svariati (alpinisti, ciclisti, amanti del trekking, della flora alpina…). La Valle d’Aosta viene scoperta nel momento storico in cui si genera un rapporto dinamico fra montagna e valle, fra luogo di conquista alpina e luogo antropizzato, ricco di storia e di cultura. Questo rapporto cessa allora di essere una contrapposizione prettamente sintagmatica e diviene un processo in costante evoluzione, da cui si originano nuove relazioni fra piano del contenuto e piano dell’espressione; si produce così una sinergia tra elementi culturali specifici e l’effettiva conformazione del territorio. L’indagine, a carattere semiotico, prende in esame un ristretto corpus di testi selezionati ad hoc: oltre a quelle già citate, si farà riferimento anche alla più recente guida rossa del Touring, la prima dedicata interamente alla Valle, pubblicata nel 2008 in occasione del sessantesimo anniversario dell’Autonomia regionale. Riferendosi a un piccolo numerod i testi si possono intravvedere molto più nitidamente le trame della ricerca assiologica sottesa alla scelta degli itinerari valdostani. Il contributo si propone infine di capire se l’obiettivo che Bertarelli aveva enunciato nel 1914 risponda o meno agli interessi economici, sociali, culturali di oggi: creare grazie alle guide una ‘piccola cultura turistica’ e influire sul movimento turistico generale. 7 UTE LEMKE Université de Savoie Mont Blanc, Chambéry [email protected] L’image de l’autre – Paris à travers des guides touristiques de Baedeker Les guides touristiques imprimés sont une source riche pour étudier l’évolution du tourisme et l’image des autres pays présentée à travers ces manuels du voyageur. On analysera les Baedekers de Paris en langue allemande parus pour la première fois en 1855 à l’occasion de l’exposition universelle de Paris et depuis réédités ainsi qu’actualisés régulièrement jusqu’à aujourd’hui. On se focalisera sur l’aspect historique en étudiant des guides parus entre 1855 et 1931/1937, date de la 20ème édition. Que sait-on des auteurs de ces guides ? Quel est l’impact des conflits franco-allemands comme p.ex. la guerre francoprussienne de 1870-1871, la Première Guerre mondiale ou l’occupation de la Ruhr par des troupes françaises et belges en 1923 ? Les guides touristiques, sont-ils au-dessus de la mêlée politique ? Une grande partie de ces manuels du voyageur est consacrée à la présentation des curiosités de la capitale française et peuvent témoigner des changements de Paris au travers des différentes éditions. On étudiera l’exemple de l’Arc de Triomphe et de la Cité Universitaire de Paris, deux lieux touristiques ayant une référence avec la Première Guerre mondiale, une référence difficile pour les Allemands après le Traité de Versailles. Mais l’image de l’autre, les différences culturelles sont aussi représentées par des informations pratiques qu’on a jugées nécessaires d’expliquer aux voyageurs allemands. Ainsi, les aspects concernant les liens entre tourisme, culture et politique seront au centre de cette intervention. MARIA GIOVANNA ONORATI Università della Valle d’Aosta [email protected] PAOLO GIARDULLO Università della Valle d’Aosta [email protected] Turismo esperienziale 2.0. Il caso della ristorazione in Valle d’Aosta raccontata su TripAdvisor Il turismo nel corso dell’ultimo decennio ha visto un’aumentata importanza dei così detti follow-up del viaggio. Pareri e giudizi di altri turisti acquistano rilevanza nella narrazione dei territori visitati influenzando, verosimilmente attraverso il passa-parola, la scelta della destinazione. Il web 2.0 ha contribuito enormemente ad amplificare questo fenomeno attraverso dinamiche che rilanciano la componente soggettiva dell’esperienza. Attraverso un’esplorazione della piattaforma TripAdvisor, con un particolare focus sul settore della ristorazione, si ricostruirà la narrazione di un’area alpina quale la Valle d’Aosta alla ricerca del ri-orientamento dell’offerta turistica territoriale da un modello d’attrazione piuttosto passivo, prevalentemente imperniato sulle seconde case e sull’alta montagna, verso un’offerta variegata in continuità con altri settori trainanti dell’economia di montagna quali quello agroalimentare e, di pari passo, quello collegato ai servizi, al patrimonio culturale, museale e artigianale. 8 ILARIA PARMA Touring Club Italiano, Milano [email protected] Attraverso l’Italia: sguardi fotografici sull’Italia dall’archivio del Touring Club Italiano Il mio intervento sarà volto a illustrare le peculiarità dell’archivio fotografico e a mettere in luce il ruolo di narratore e veicolo prima e, in seguito, di custode di memoria e di identità dell’Italia svolto dal Touring Club Italiano grazie alle campagne fotografiche condotte a partire dal 1899. In particolare, mi piacerebbe riuscire a mettere in luce la pluralità di sguardi e la stratificazione di temi che caratterizzano il nostro archivio: non soltanto turismo ma anche temi che vi si intrecciano e collegano; non soltanto fotografie di autori affermati, cui venivano commissionate le più importanti campagne fotografiche, ma anche fotografie di fotoamatori e di soci, chiamati parimenti a contribuire al mosaico di immagini che compone oggi un ritratto senza precedenti dell’Italia del secolo scorso; una commistione di toni alti e bassi attraverso cui leggere aspetti volta per volta diversi del turismo in Italia. Risiede in questo l’anima dell’archivio fotografico TCI ed è questo un buon punto di partenza per avviare una riflessione sulla fotografia come linguaggio, come interpretazione e come costruzione di identità. Una selezione di materiale fotografico sulla Val d’Aosta e sulle Alpi ci permetterà di avviare questa riflessione a partire proprio dalle immagini, protagoniste di questo intervento, e dai fili conduttori di queste giornate di studio. MARIA JOSÉ PEREGRIN RUBIO Università della Valle d’Aosta [email protected] GRACIA PEREGRIN RUBIO Universidad de Granada [email protected] Management de l’hospitalité et tourisme : l’information et l’accueil à l’Office du Tourisme de Grenade Littéralement, l’hospitalité est la relation de l’accueillant avec son hôte. Dans la pratique, l’accueil de l’hôte est bien plus que cela : c’est cette relation de sociabilité qui permet de faire sentir l’invité comme chez lui. Dans le monde du tourisme, l’hospitalité (l’accueil des clients) est l’une des composantes majeures de l’industrie touristique et du voyage : elle est essentielle pour promouvoir un lieu et un établissement touristique. Actuellement, à l’Office du Tourisme de Grenade, nous veillons à mettre en pratique ce principe. La courtoisie envers le client, la mise en place d’une série d’actions qui témoignent d’autant de marques d’attention envers lui nous ont permis de développer des stratégies pour augmenter notre chiffre d’affaires. Dans notre intervention, nous illustrerons quelques-unes de ces stratégies et précisément de la mise en place de la « Granada Card » (une offre touristique intégrant la visite des monuments et les transports publics). 9 ANNA MARIA PIOLETTI Università della Valle d’Aosta [email protected] ALESSANDRO CAVALIERE Consigliere nazionale Federalberghi, Aosta [email protected] Il ruolo dell’imprenditoria alberghiera valdostana nella definizione e costruzione della place identity Lo studio proposto analizza il ruolo del direttore di un hotel nella promozione di un luogo. Saranno analizzati quattro problemi: 1) qual è la main proposition che l’albergatore comunica all’ospite in termini di place identity (motivazione e fidelizzazione nella scelta della proposition, breve content analysis della comunicazione istituzionale dell’ente pubblico e della comunicazione online dell’azienda per verificare la corrispondenza con quanto proposto verbalmente); 2) quanto main proposition e place identity siano autonomamente create dall’albergatore e quanto invece siano indotte dalla comunicazione istituzionale voluta dall’ente pubblico e dai media locali; 3) qual è il successo della proposition promossa dall’albergatore e in che misura potremmo dire che questa place identity venga riconfermata anche nella percezione del turista ospite; 4) implicazioni di natura socio-demografica nella scelta e proposta della proposition e place identity ma anche di organizzazione manageriale con analisi delle differenze tra strutture a gestione familiare e strutture a gestione manageriale. ISABELLA PEZZINI Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale [email protected] Il museo, un dispositivo semiotico Il museo è un’idea e una figura architettonica strettamente legata allo sviluppo della città moderna e contemporanea. A partire dagli anni Sessanta del Novecento il suo ruolo e la sua concezione tradizionali sono stati messi in questione, come quelli di ogni altra istituzione. Ma intorno allo scadere del nuovo secolo esso è sembrato risorgere dalle sue ceneri come l’Araba Fenice, tanto da imporre il tema del ‘nuovo museo’ come un fenomeno emergente, anzitutto a livello architettonico. Il famoso Guggenheim Bilbao, concepito e realizzato dall’architetto Frank O. Gehry nel 1997, oggetto sorprendente, scintillante e magnifico, motore di rinascita della città basca che lo ha accolto, ha fissato nell’immaginario contemporaneo il museo come nuova icona di urbanità, capace di conferire una forte identità al luogo di insediamento, di fungere da catalizzatore di processi di rinnovamento, di funzionare come punto di riferimento e di attrazione per i flussi del turismo globale. Ma nella nostra epoca, va detto, proliferano musei di ogni tipo, anche come forma di reazione rispetto alla crescita esponenziale delle ‘nuvole’ di informazioni e di sollecitazioni a cui siamo continuamente esposti, come ricerca di spaziature per la memoria e l’identità dei luoghi e dei loro abitanti. L’attuale rinascita del museo conferma dunque la sua vocazione di dispositivo semiotico fondamentale, espressivo del modo in cui le società percepiscono se stesse e cercano di autorappresentarsi, raccogliendosi intorno a un proprio carattere e offrendo un’immagine 10 di sé, istituendo spazi pubblici di riflessione e di riconoscimento intorno a collezioni di oggetti e di opere, capaci di suscitare relazioni fra mondi e sfere d’interesse in apparenza distanti. La storia stessa del museo è rappresentativa di una costante ricerca critica sul modo di concepire questa istituzione relativamente ad alcuni parametri fondamentali. Uno di questi certamente riguarda la relazione inglobante/inglobato, e cioè da un lato il rapporto fra contenitore e contenuto, fra architettura del museo e opere, reperti, collezioni in esso ospitate, e d’altro lato il rapporto fra testo e contesto, fra il museo e il suo intorno. Un altro parametro, che difficilmente può prescindere dal precedente, riguarda il dialogo fra il museo e i suoi frequentatori: il modo cioè in cui il museo configura una sua ‘personalità’ semiotica, cioè si pone come un destinante, ‘custode’ e interprete di determinati valori che esprime e propone al visitatore-destinatario attraverso la propria politica culturale, istituendola nel migliore dei casi come un dialogo fruttuoso fra memoria individuale e memoria collettiva. FRANÇOISE RIGAT Università della Valle d’Aosta [email protected] L’écrit au musée : traduction et adaptation On abordera la traduction de l’écrit d’aide à la visite dans les expositions (panneaux, fiches de salle, étiquette, dépliant, etc.). Le but de notre exposé est, au-delà de la question de la traduction des contenus présentés aux visiteurs étrangers lors d’une expérience de visite, d’interroger les liens entre médiation et interculturalité. Car s’il est indéniable que, pour l’institution muséale, parler la langue de l’autre favorise le rapprochement du visiteur, il nous faut questionner le type de rapport à l’Autre qui est instauré dans ces dispositifs de médiation et la manière dont ils le rendent « lisible ». On se penchera d’abord, sur quelques aspects de la langue-culture qui rendent l’écrit opaque et nécessitent une adaptation, une négociation dirait Umberto Eco, entre le texte source et le texte d’arrivée si l’on veut qu’il soit véritablement compris par le visiteur étranger. Car celui-ci est certes un amateur, un visiteur idéal et imaginé, mais également un touriste, comme on l’oublie trop souvent, c’est-à-dire un visiteur culturellement différent qui souhaite en quelque manière « s’enrichir » et entrer en contact avec la culture du pays qu’il visite. Ce faisant, on défendra l’idée que l’écrit muséal peut devenir un instrument précieux pour faciliter une réflexion et une appropriation de la culture de l’Autre. Ensuite, on montrera que s’acquitter de l’original ne suffit pas, pour peu que l’on veuille faire une véritable activité de médiation, c’est-à-dire faciliter un travail d’appropriation des connaissances tout en prenant en compte les attentes et le point de vue du visiteur étranger. La médiation dans le musée ne saurait en effet être seulement didactique et valorisation de l’objet mais elle doit tenir compte de l’expérience, du savoir du visiteur et, dans notre cas, du visiteur étranger. 11 CRISTINA SCARPOCCHI Università della Valle d’Aosta [email protected] I luoghi della tratta degli schiavi in Africa: immagini e discorsi tra dark tourism e preservazione della memoria Il dark tourism, concettualizzato solo recentemente come una delle forme emergenti del turismo contemporaneo, consiste nella visita di luoghi che sono stati teatro di eventi drammatici, guerre, omicidi, disastri ambientali o in generale di eventi legati al tragico e alla morte. Le forme che questo fenomeno ha assunto nel corso del tempo sono molto diversificate e sono state oggetto di classificazione e analisi da parte di un crescente numero di studiosi che ne hanno analizzato le forme di comunicazione, l’immagine, i discorsi e le rappresentazioni del territorio che ne derivano. Nella gran parte dei casi, le destinazioni legate a eventi tragici e cruenti si connotano come esperienze educative e memoriali. Tuttavia il mercato turistico internazionale implica che i luoghi della memoria divengano oggetto di voyeurismo, di mercificazione e della volontà di esperire l’alterità come trasgressione etica e morale. L’intervento ha come obiettivo quello di mettere in evidenza la rilevanza che la riqualificazione e valorizzazione dei luoghi legati alla tratta degli schiavi in Africa riveste dal punto di vista storico, culturale e di preservazione della memoria.