Stop a UberPop in tutta Italia «Concorrenza sleale ai tassisti»
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Stop a UberPop in tutta Italia «Concorrenza sleale ai tassisti»
18 Mercoledì 27 Maggio 2015 Corriere della Sera # Cronache Stop a UberPop in tutta Italia «Concorrenza sleale ai tassisti» Il commento Un errore pensare di fermare tutto a colpi di denunce Serve innovazione Il Tribunale accoglie il ricorso delle auto bianche. L’azienda: andiamo avanti Cos’è UberPop è uno dei servizi di Uber, la società che offre la possibilità di prenotare un’auto con conducente via smartphone. In particolare, UberPop consente di mettere a disposizione la propria auto per trasportare i clienti Per essere accettati in UberPop bisogna avere la patente (non meno di 10 punti e nessuna sospensione negli ultimi 10 anni) e almeno 21 anni di età Un intricato sistema composto da cinque società tra Italia e Olanda per fare «concorrenza sleale» a quello che nella Penisola può essere messo in piedi da un semplice imprenditore artigiano con licenza. Tante sono le srl (o «bv», all’estero) che Uber utilizza per gestire l’intero sistema UberPop, servizio di trasporto passeggeri definito abusivo da tutte le autorità — già dalle «cinque giornate» di scioperi selvaggi che bloccarono Milano nell’aprile del 2014 — e da ieri fuorilegge anche per il Tribunale del capoluogo lombardo che, con un’ordinanza pilota nazionale, ha disposto il blocco della app e del sito Internet, lo stop al servizio di trasporto erogato, nonché il rimborso dei costi processuali, una penale di 20 mila euro al giorno da pagare in caso di inadempienza con ordinanza pubblicata online per 30 giorni. Da Uber — che non ha mai interrotto il servizio anche dopo gli stop in altri Paesi — la replica è sfrontata: «Andiamo avanti». Il giudice del Tribunale civile di Milano Claudio Marangoni si è preso del tempo per acco- 58 I Paesi nel mondo in cui sono operativi i servizi di Uber, mentre le città sono circa 290 1,2 Miliardi Quanto è riuscito a raccogliere Uber dai finanziatori nelle ultime settimane del 2014 gliere in via cautelare il ricorso d’urgenza presentato dalle (numerose) organizzazioni sindacali dei tassisti il 17 aprile scorso. Ma alla fine, dopo 14 giorni dall’udienza, in un lungo documento di 18 pagine, ha dato ragione alle auto bianche, sostenute in giudizio dai legali dello studio Pavia e Ansaldo. «Una decisione che Uber dovrà rispettare e che spronerà le amministrazioni a controlli più attenti di quelli finora svolti» per l’avvocato Marco Giustiniani. Da Uber, la manager italiana Benedetta Arese resta in silenzio, così parla Zac De Kievit, «direttore legale europeo»: «Siamo dispiaciuti — spiega —. Rispettiamo la decisione ma non la capiamo. Faremo appello. Intanto continuiamo a operare con UberBlack (il servizio con autisti Ncc, legale finché non viola le norme su stazionamento e tariffe fisse, ndr) e per 15 giorni con UberPop». Interessante analizzare la struttura di Uber in Italia, emersa per la prima volta ieri. Al vertice della piramide c’è l’olandese Uber International bv che controlla al 100% le con- nazionali Uber bv e Uber international holding bv. Quest’ultima a sua volta controlla il 100% dell’italiana Uber Italy srl e dell’olandese Raiser operations bv. Uber bv è il soggetto responsabile del servizio in Italia; Uber Italy dell’attività di marketing e logistica. Nonostante ciò è Raiser operations a stipulare i contratti con i driver; contratti però pagati da Uber bv che rice- L’ordinanza pilota Blocca il servizio, la app e il sito: multa di 20 mila euro al giorno in caso di inadempienza ve anche i pagamenti dei clienti. «Un sistema di ditte fatto per nascondersi — spiega Giovanni Maggiolo di Unica Filt Cgil — è la deriva liberista del fare soldi senza investire sui lavoratori (Uber non paga i contributi Inps e Inail ai lavoratori) e neppure sui mezzi di produzione (le vetture sono dei driver). Il giudice ha fatto il suo dovere, la concorrenza sleale è palese». di Edoardo Segantini Sindacati uniti — dall’Unione artigiani («Abbiamo ripagato la fiducia dalla categoria») al Satam («Primo passo per la difesa del nostro lavoro») — consumatori divisi. E se Codacons e Unione consumatori attaccano l’ordinanza del giudice, dal Movimento consumatori — che il 26 marzo ha depositato un esposto all’Antitrust — ribattono: «Uber usa pratiche commerciali scorrette». Reagisce anche la politica: l’ex ministro dei Trasporti Ncd Maurizio Lupi («Vincono legge e buon senso»), il leader leghista Matteo Salvini («I taxi siano guidati da chi sa farlo»), il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia («Servizio illegale e pericoloso») e il M5s («Bene il Tribunale, ma regole obsolete»). Controcorrente il vicepresidente del Senato Linda Lanzillotta (Pd): «UberPop non è il diavolo». Di certo, ora, amministrazioni, vigili e giudici di pace (che ieri a Torino, nonostante l’ordinanza, hanno restituito la patente a due UberPop), hanno un riferimento in più. Giacomo Valtolina © RIPRODUZIONE RISERVATA Il servizio di trasporto Dove Uber funziona Dove Uber deve affrontare problemi legali o rischia il divieto 19 novembre 2014 Toronto Il Comune ha chiesto di vietare il servizio per motivi di sicurezza Dove Uber (UberPop e UberBlack) è vietato 8 dicembre 2014 Amsterdam Francia La nuova legge vieta il trasporto di persone senza licenza 15 aprile 2014 Bruxelles UberPop è stato dichiarato illegale 18 marzo 2015 Germania Una corte regionale ha bloccato il servizio a livello nazionale 19 marzo 2015 Seul (Corea del Sud) L’autorità giudiziaria ha messo sotto inchiesta i vertici 9 dicembre 2014 Spagna 8 dicembre 2014 Portland (Oregon) California Diverse denunce chiedono di bloccare l’applicazione 22 novembre 2014 Colombia Le app di prenotazione auto che non siano di taxi sono fuorilegge 26 novembre 2014 Nevada Ieri ITALIA Stop al servizio UberPop 8 dicembre 2014 Rio de Janeiro Dichiarato illegale Taiwan Si sta studiando di proibire il servizio 7 dicembre 2014 Nuova Delhi Il servizio è stato bloccato dopo un caso di stupro 28 novembre 2014 Thailandia Il noleggio auto via app viene multato Fonti: Uber, Bloomberg, Reuters Australia Quasi tutti gli Stati hanno proibito le corse Corriere della Sera «Macchina requisita e ora rischio la condanna» La conducente: «Non sono un’abusiva, svolgo un servizio. È la categoria intoccabile» Chi è Anna Calderelli ha 55 anni e un passato da imprenditrice Ha iniziato a trasportare con la sua auto gli utenti di UberPop «Per me Uber è un servizio legale, qualsiasi cosa dicano i giudici. E sa cosa? Io ci tengo alla legalità...». Anna Calderelli, ex imprenditrice monzese di 55 anni, per il Tribunale di Milano, da ieri, è una «tassista abusiva». Pronti via, dopo soltanto un mese e mezzo da autista UberPop, la notte del 19 marzo ha visto i vigili milanesi requisire la sua Toyota Prius. «Due clienti mi hanno fatto un agguato, lo sapevo che non dovevo caricarli, avevo un presentimento». Sequestro ai fini della confisca, multa (minima prevista) di 1.750 euro, sospensione della patente di quattro mesi per violazione dell’artico- lo 86 del codice della strada sul trasporto pubblico non di linea. Con il giudice di Pace che, in attesa dell’udienza del 10 giugno, accoglie la sospensiva. Dopo l’ordinanza di ieri, però, Anna è meno ottimista sul suo destino: «Ora ho minori chance di essere assolta. È un fatto giuridico rilevante, un precedente, non una cosa da poco... Ma non capisco». Che cosa? «Perché le leggi della concorrenza debbano valere per edicolanti, panettieri e ristoratori ma non per i tassisti, che peraltro non svolgono un servizio di pubblica utilità come le categorie che ho citato. Perché la loro licenza dev’esse- re più protetta delle altre?». Una sera, fuori dal «Byblos», ritrovo per calciatori e veline, ha subito un’aggressione da un tassista. Denunciato. «Ho avuto paura, il clima è pesante. Non volevo ritorsioni». Anche perché, secondo lei, UberPop non compete con i tassì: «La mobilità sta cambiando». «Nei 45 giorni in cui ho lavorato — racconta — ho fatto 330 corse, tutte notturne con tariffe da cinque euro. Trasportando gruppi di ragazzini di 18 anni che non userebbero mai le auto bianche. Li vedo contare le monetine per tornare a casa dalla discoteca. Arrivano con il car sharing e tornano In 45 giorni ho fatto 330 corse, tutte notturne a 5 euro: ho portato a casa ragazzi che mai userebbero il taxi con UberPop. E niente stragi del sabato sera». Non guida per guadagnare, giura. Anzi, il lavoro, l’ha fatta riemergere dalle difficoltà. «Azienda fallita, matrimonio andato male, mi sono legata alla app perché mi permette di incontrare altre persone. Mi collego al sistema e rispondo alle chiamate: non è un lavoro, è una scelta. E il guadagno è un’inezia». In realtà i suoi colleghi dicono il contrario. «Perché si accordano con i clienti per risparmiando il 20% di commissione Uber. Ma io le cose illegali non le faccio. Sa cosa? Io ci tengo alla legalità». G. Valt. © RIPRODUZIONE RISERVATA S i può immaginare la soddisfazione dei tassisti italiani dopo la decisione del Tribunale di Milano di spegnere UberPop in tutto il Paese, secondo una strada già seguita in Germania e a Bruxelles. L’ordinanza cautelare urgente della magistratura accoglie il loro ricorso, presentato ad aprile. E stabilisce che l’applicazione smartphone della società americana — permettendo a chiunque, purché patentato, assicurato e con la fedina penale pulita, di offrire il servizio di auto pubblica — rappresenti una forma di concorrenza sleale verso i titolari di licenza e una violazione della disciplina amministrativa sui taxi. La soddisfazione dei tassisti è legittima e può essere, in parte, fatta propria dagli utenti. Ai quali il servizio UberPop, fornito da autisti dilettanti, non garantisce gli standard di sicurezza che è lecito aspettarsi dalle auto pubbliche. «Anche sul prezzo v’è poi da ridire», obietterebbe il Carlo Martello di Fabrizio de André: Uber trattiene il 20% dell’incasso. Non essendo soggetta ai vincoli del servizio pubblico come le auto bianche e quelle a noleggio con conducente, però, la società di San Francisco può modificare i suoi prezzi a piacimento in base all’unica legge che le va a genio: quella di domanda e offerta. Chi ha utilizzato UberPop a Milano durante la settimana del design sa che nei giorni di picco si pagano conti ben più salati che nei periodi normali. I tassisti però sbaglierebbero a pensare di poter contrastare l’evoluzione del mercato (e quella del diritto, che seguirà) a colpi di ricorsi: un’arma che tra l’altro può essere usata anche da Uber. Non saranno i tribunali a salvarli dal car pooling e dal car sharing, come non sono i tribunali a salvare l’industria editoriale, televisiva e musicale dalle trasformazioni del mondo digitale. Il tuono non si ferma a colpi di starnuti. Farebbero meglio, i tassisti, a rispondere all’innovazione con altra innovazione, possibilmente migliore. Qualcosa si sta muovendo, ma con qualche stop and go di troppo. Il successo di applicazioni come Mytaxi di Daimler Mercedes, alternativa a Uber e rivolta ai tassisti, lanciata a Milano ad aprile, o It Taxi, promossa dall’Unione dei Radiotaxi d’Italia e attiva nelle principali città italiane, è incoraggiante. Meno entusiasmante è la protesta dei radiotaxi, a Milano, contro la (giusta) introduzione del numero unico, 027777, voluta dal Comune. @SegantiniE © RIPRODUZIONE RISERVATA