Fabbrica di carta. I libri che raccontano l`Italia industriale, Laterza
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Fabbrica di carta. I libri che raccontano l`Italia industriale, Laterza
Giorgio Bigatti - Giuseppe Lupo (a cura di), Fabbrica di carta. I libri che raccontano l’Italia industriale, Laterza, Roma Bari 2013, pp. XVI-332. Un periodo molto importante della storia dell’Italia contemporanea riguarda le notevoli modificazioni economiche, sociali e culturali che, a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, hanno trasformato un paese agricolo come il nostro in un moderno paese industriale, soprattutto nell’area settentrionale della penisola. Questo periodo storico non è praticamente confrontabile con altri periodi della storia nazionale per il balzo in avanti della economia, del benessere materiale, con gradazioni diverse, diffuso in vasti strati della popolazione. Va anche detto che le più giovani generazioni dei ceti meno abbienti hanno beneficiato, in questa fase, di un proficuo arricchimento culturale tramite le scolarizzazioni di massa. Questa epocale industrializzazione si è riflessa anche nella coeva attività letteraria e pertanto i due curatori del volume, Bigatti - storico della economia - e Lupo - storico della letteratura; hanno saputo comporre una raccolta di testi che riesce a far capire il valore complessivo della esperienza industriale per una cultura come quella letteraria sovente accusata di essere distante o indifferente ai problemi del lavoro. Rispetto alla produzione narrativa e poetica dedicata alla industria è sufficiente, per apprezzare subito questa antologia, «scorrere i nomi degli autori che compaiono (da Primo Levi a Bianciardi, da Calvino a Ottieri, da Gadda a Mastronardi) per accorgersi - come scrive Giuseppe Berta - di quale massa di intelligenza critica abbia smosso in passato l’universo di fabbrica». Brani ricavati dalle opere degli autori appena citati e di altri narratori e poeti sono stati scelti sulla base di spunti tematici omogenei, desunti da testi di autori diversi e, a seconda dell’argomento specifico, raccolti insieme e posti in sezioni distinte fra di loro. Ciò è stato fatto da parte dei curatori della antologia per facilitare l’approccio del lettore, desideroso di conoscere un momento significativo della letteratura italiana contemporanea in qualche modo definibile come aziendale. Come suggerisce il titolo della prima e più ricca sezione della antologia (Panorami dell’Italia industriale), molti sono gli aspetti che possono essere presi in esame a proposito del passaggio dell’Italia da paese agricolo a paese industriale. Uno di questi aspetti, in particolare, riguarda l’esodo nel giro di pochissimi anni, di migliaia di lavoratori che, con le loro famiglie, si sono spostati dalle campagne alle città, dalle regioni del Sud a quelle del Nord Italia alla ricerca di un dignitoso e sicuro posto di lavoro. Questo trasferimento non prevedibile di masse di lavoratori in territori distanti dalla terra delle loro origini che è stato appunto il fenomeno dell’inurbamento, avvenuto in Italia a partire dagli anni Cinquanta, mutò profondamente il paesaggio urbano delle grandi città settentrionali e le loro periferie, invase dalle ingombranti presenze di capannoni, di ciminiere e di officine di ogni grandezza ed estensione. sinergie, rivista di studi e ricerche n. 93, Gennaio-Aprile 2014, pp. 243-245 ISSN 0393-5108 – DOI 10.7433/ s93.2014.14 244 RECENSIONI Fin dalla metà degli anni Cinquanta un eccezionale imprenditore come Adriano Olivetti aveva evitato di concentrare nella sua città, Ivrea, tutta la sua produzione industriale, che avrebbe provocato un enorme squilibrio nei consuetudinari rapporti umani della comunità locale a causa di un abnorme ed inarrestabile flusso migratorio. Egli decise pertanto di decentrare in Campania un suo stabilimento rappresentativo come le altre sue fabbriche, di un grande e operativo prestigio tecnologico, come viene enunciato nel romanzo di Ottiero Ottieri intitolato Donnarumma all’assalto (1959), un brano del quale è riportato nella antologia. A questo modo Olivetti arginò un prevedibile flusso migratorio nel territorio del Canavese già, dal punto di vista occupazionale, saturo e creò altrove le premesse di una attività produttiva moderna in grado di risollevare le sorti della economia depressa di una regione povera dell’Italia meridionale. Nell’antologia si trovano inoltre brani tratti dalle opere narrative di molti scrittori che attraverso piena ed autonoma inventiva hanno valorizzato il processo di industrializzazione cui si è fatto cenno. Sempre in questa antologia ritroviamo testimonianze di scrittori che si misero a disposizione di grandi aziende nazionali, sia private sia statali, diventando collaboratori assidui di riviste edite da quelle aziende e che espressero l’intento di divulgare l’immagine tecnologica e decisamente moderna della produttività industriale di tali aziende, affinché fossero così apprezzate dalla fascia più estesa possibile della opinione pubblica più autorevole e non soltanto nazionale. Tra le numerose riviste c’era anche quella che portava il titolo di «Notizie Olivetti» (1952-1968), una delle prestigiose riviste dell’imprenditore di Ivrea, che incoraggiò il «dibattito che proprio in quegli anni ha coinvolto intellettuali, filosofi, sociologi, artisti, scienziati, impegnati a proporre un confronto dialettico tra il versante umanistico e il versante tecnologico del sapere, tradizionalmente distanti fra loro». La collaborazione alle riviste aziendali in molti casi, per quanto riguarda alcuni letterati, era stata confermata durante le visite fatte da loro stessi proprio in quelle aziende, alle riviste delle quali erano già stati invitati a collaborare, come fu il caso di poeti come Giorgio Caproni, Franco Fortini ed altri ancora, di cui vengono riportate le testimonianze nella antologia. Di tutt’altra consistenza emotiva restano le testimonianze di coloro che possiamo definire i protagonisti del lavoro in fabbrica che sono stati appunto in quella epoca, gli stessi operai. Ci sono addirittura operai diventati per così dire autori della loro opera prima come operai, e tra questi possiamo ricordare Valerio Bertini, Sergio Civinini, Luigi Davì, Tommaso di Ciaula e Antonio Pennacchi. Anche di questi operai scrittori sono riportati nella antologia brani significativi delle loro opere narrative, nelle quali emerge, con linguaggio immediato e scarno, la fatica quotidiana dello stressante lavoro in fabbrica, vista tuttavia come luogo dove nasce e si fortifica un senso di appartenenza e di indiscussa solidarietà con tutti RECENSIONI 245 coloro che, dentro e fuori la fabbrica, volevano lavorare per vivere, anche a costo di grandi sacrifici per sé e per i propri familiari. In un'altra sezione della antologia vengono riproposti brani tratti da opere di scrittori ben conosciuti tra cui Giancarlo Buzzi, Libero Bigiaretti, e Paolo Volponi. Connotazione obbligata di questa sezione sono le singole figure dei dirigenti d’azienda, senza alcun dubbio protagonisti delle opere degli scrittori indicati. Essi fanno congetturare al lettore dei vari romanzi che può esistere qualche spunto bibliografico tratto dalla reale e nota conoscenza con dirigenti o consulenti d’azienda, proprio da parte di alcuni degli stessi autori dei romanzi antologizzati in questa sezione della raccolta. Come si è detto a proposito dei romanzi dei cosiddetti operai-scrittori, anche in questo caso l’esperienza di fabbrica dei dirigenti d’azienda sembra essere stata riflessa nei brani delle opere da loro scritte. Il disagio, lo spaesamento nella situazione in cui responsabilmente essi si trovano a dovere operare, riconfermano, pure a livelli gerarchici ben distinti da quelli degli operai, le difficoltà che esistevano in fabbrica nei rapporti umani e nell’affrontare le mansioni da ricoprire e gli obiettivi da raggiungere. L’ultima sezione di questo libro è costituita da una ridotta appendice che raccoglie i brani tratti da opere narrative di giovani autori, pubblicata tra la fine del Novecento e il primo decennio del nuovo secolo a testimonianza di una letteratura d’azienda posteriore alla morte della fabbrica tradizionale. Possiamo dire a conclusione di questi appunti che per la prima volta con questo libro ci troviamo di fronte ad una raccolta organica ed esaustiva dei testi di ben 48 scrittori e poeti, accuratamente selezionati per fare conoscere gli aspetti principali della cosiddetta letteratura aziendale italiana del Novecento. Oltre l’attenta curatela di Giorgio Bigatti e Giuseppe Lupo vanno considerate come essenziali la prefazione di Alberto Meomartini e la introduzione di Antonio Calabrò a conferma dell’indubbio impegno collettivo con il quale è stata realizzata questa antologia, dotata di apparati bio-bibliografici a cura di Silvia Cavalli correlati con una bibliografia generale indicativa solo dei testi utilizzati per allestire l’intera raccolta Fabbrica di carta. Umberto Casari 246 RECENSIONI