Intervista al Procuratore Generale - Confederazione dell`Oratorio di
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Intervista al Procuratore Generale - Confederazione dell`Oratorio di
Intervista al Procuratore Generale Di ritorno dalla visita all’Oratorio di Birmingham per partecipare, nella solennità di Tutti i Santi (trasferita a domenica nel Regno Unito), alla Concelebrazione presieduta da Sua Grazia l’Arcivescovo Vincent Nichols nella chiesa oratoriana, dove sono state accolte le reliquie del Ven. Card. John Henry Newman, il Procuratore Generale ha risposto all’intervista del dr. Davide Zeggio, Responsabile dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della Procura: - Ci può parlare della sua visita a Birmingham? E’ stata un’esperienza davvero bella, di cui conservo un grato ricordo che spero di rinnovare nelle celebrazioni della beatificazione del Ven. Newman, la quale non dovrebbe essere lontana. Posso dire che questa visita alle memorie del grande Oratoriano è stata un pellegrinaggio, che ha avuto, per così dire, la sua preparazione prossima in Roma, il 29 ottobre scorso, a Palazzo della Cancelleria, quando, per iniziativa del “Centro Amici di Newman”, il prof. Fortunato Morrone ha tenuto una apprezzata conferenza su “L’urgenza di una nuova amicizia tra fede a ragione secondo John Henry Newman e Benedetto XVI”, alla quale era presente anche un illustre estimatore del Cardinale inglese, l’Ex-Presidente della Repubblica Italiana On. Sen. Francesco Cossiga, intervenuto nel dibattito. La celebrazione a cui ho partecipato a Birmingham è stata un alto momento di preghiera e occasione di un intenso contatto con il Venerabile nei luoghi in cui egli ha vissuto la sua esperienza di sacerdote cattolico e di figlio di San Filippo Neri dopo il suo ritorno da Roma con il Breve del beato Pio IX che istituiva l’Oratorio in Inghilterra. Se altrove Newman è vivo attraverso il suo insegnamento, consegnato alla poderosa opera dei suoi scritti, nell’Oratorio di Birmingham tutto parla di lui, a partire dallo stesso quartiere di Egbaston da lui scelto per portare l’annuncio di Cristo in una realtà segnata dalla industrializzazione, con il suo mondo di imprenditori bisognosi di un approccio razionale alla fede cristiana, e con le classi più umili, ben presenti (ieri come oggi) nel territorio della Parrocchia oratoriana, bisognose di incontrare Cristo nella vita di una società che stava profondamente cambiando. Scelta coraggiosa per un uomo di grande cultura e intellettuale per vocazione, quella di esercitare il ministero nelle concrete e difficili situazioni in cui vivevano gli uomini, senza peraltro rinunciare alla dimensione culturale che in Newman fu così potentemente presente. - Che cosa delle spoglie mortali del Cardinale è stato portato nella chiesa dell’Oratorio? Occorre una premessa: Newman è stato sepolto accanto ai suoi confratelli in una fossa del cimitero di Rednal, scavata nella terra, e lì, in quella terra, il suo corpo ha riposato per 108 anni. La sua tomba era uguale a tutte le atre. Il solo segno di distinzione era una placca di metallo posta sulla cassa, che recava le insegne cardinalizie di colui che Leone XIII volle Cardinale di Santa Romana Chiesa permettendogli di continuare a vivere nella semplicità del “dolce nido” oratoriano… Quella cassa di legno, priva di rivestimento metallico, è stata trovata quasi del tutto consunta a causa della elevata umidità del terreno e della natura geologica del suolo. Così, del tutto consunte sono anche le spoglie mortali del Venerabile. Sono stati estratti dalla fossa, insieme alla placca ed alle maniglie metalliche della cassa, solo frammenti induriti di materia che si possono identificare come indumenti e sostanze corporee: ciò che, a mio parere, si può definire “reliquiae ex exuviis”. Prezioso reperto, però, è una croce di legno duro, contornata di metallo e ancora pendente da un canovaccio: molto probabilmente la croce pettorale posta sul petto del Cardinale al momento della sepoltura. - Non rimane nient’altro della spoglia mortale di Newman? Fortunatamente, l’Oratorio di Birmingham, tra i tanti ricordi del Venerabile, ha conservato, per devozione, dei capelli, posti fin da subito in piccole teche che costituiscono ora preziose reliquie “ex corpore”. Abbondanti, invece, e ben conservati, sono gli abiti cardinalizi, insieme alla croce pettorale, al pastorale, alle mitrie, a paramenti e vasi liturgici usati dal Cardinale. Anche nella esposizione allestita nei locali dell’Oratorio nei giorni precedenti, alcuni di essi sono stati mostrati, con altri ricordi, ed hanno ricevuto la visita di numerose persone che hanno reso omaggio al Cardinale: tra esse alcuni Vescovi d’Inghilterra, che hanno celebrato nella chiesa dell’Oratorio, e l’Em.mo Card. Arcivescovo di Westminster, venuto in visita il 1 novembre. Nella Casa oratoriana, vero “santuario” newmaniano è la camera del Cardinale, custodita intatta dal momento della sua morte, con tutti gli oggetti a lui appartenuti; la cappella privata dove egli celebrava; e la preziosa biblioteca da lui sapientemente allestita, in cui si conserva, tra l’altro – ed è commovente vederlo – lo scrittoio sul quale Newman compose – scrivendo in piedi – l’Apologia pro vita sua. Davvero un “santuario”, che si visita con emozione: la presenza del Cardinale è così viva che si ha quasi l’impressione di vederlo sbucare da qualche angolo, all’improvviso… In quella semplicissima cappella, separata dalla camera solo da un tramezzo di legno che reca in immagini la vita di San Francesco di Sales, ho avuto la gioia di celebrare la S. Messa, lunedì mattina, prima di tornare a Roma. Come la prima volta che lì celebrai, alcuni anni fa, ho chiesto all’intercessione del nostro Venerabile, per tutti gli Oratoriani del mondo, il dono della semplicità e della fede di Padre Newman, il suo proposito di aderire a Cristo con l’intelligenza e nella concretezza della vita. Ai Padri di Birmingham, nel ricevere la notizia della riesumazione nell’agosto scorso, scrissi ciò di cui sono profondamente convinto: non è un grande rammarico la scarsità di reliquie delle spoglie mortali del grande Newman; ciò che di più prezioso rimane di lui è il suo pensiero, affidato a tante pagine, la riflessione forte e densa di un santo, innamorato della Verità incessantemente contemplata alla luce della ragione ed esposta con razionale ed appassionata intelligenza nel corso di tutta la vita. - Che cosa ci può dire della celebrazione del 2 novembre? Che mi ha colpito, innanzitutto, la solennità della Liturgia, segno di convinta e fedele adesione alla magnificenza con cui la Chiesa celebra il suo Mistero più caro. Ma anche la semplicità con cui le reliquie del Cardinale sono state accolte e collocate, provvisoriamente, nella cappella di S. Carlo, alla destra del presbiterio: pur compiuto dall’Arcivescovo e dal Preposito dell’Oratorio, il rito è stato semplicissimo e non ha per nulla anticipato gli onori liturgici che il Venerabile potrà avere solo dopo la beatificazione, che avverrà, presumibilmente, nel prossimo anno 2009. In questa occasione, ancora si è pregato per chiedere la glorificazione del Venerabile da parte della Santa Chiesa. L’ampia navata della chiesa era gremita di fedeli (e sarebbero stati ben di più se lo spazio avesse potuto accogliere quanti desideravano essere presenti). Omaggio significativo al Card. Newman è stata sicuramente la presenza di Sua Altezza Reale la Principessa Michael of Kent, quella di S. E. Francis Campbell, Ambasciatore d’Inghilterra presso la Santa Sede, e di numerose altre personalità, tra cui ricordo il Lord Mayor di Birmingham; Sir Derek Morris, Presidente dell’Oriel College di Oxford, Sir Ivor Roberts, Presidente del Trinity College della stessa Università (già Ambasciatore di 2 Inghilterra presso la Repubblica Italiana); P. Werner Christoph Brahtz, C.O. di Wien, in rappresentanza del Delegato della Sede Apostolica Rev.mo P. Felix Selden; diversi studiosi di Newman: P. Ian Ker, il Dott. Sheridan Gilley, e Mons. Roderick Strange, Rettore del Collegio Pontificio Beda di Roma; rappresentanti della Chiesa Anglicana, tra cui il Vescovo di Gibraltar, Most Rev. Geoffrey Rowell. - Ci sono notizie circa la data della beatificazione? Non posso dire nulla di più di quanto già ho detto: è assai prevedibile per il prossimo anno 2009, ma non posso – e neppure voglio – anticipare supposizioni, innanzitutto per rispetto nei confronti del Santo Padre, al Quale, unicamente, spetta di decidere la beatificazione e di fissarne data e luogo, quando sia completato l’iter del Processo canonico. - Può descriverci Newman in poche parole? Penso di aver dato una rapidissima sintesi della sua immensa figura accennando alla sua esperienza di fede vagliata alla luce della ragione: fides et ratio. E’ per questo che la grande Enciclica di Papa Giovanni Paolo II, che porta questo titolo, cita Newman come esempio. Ma occorrerebbe aggiungere tanti altri elementi, perché la personalità di questo Grande è una meravigliosa sinfonia. Oserei dire ancora questo, ben consapevole della inadeguatezza della mia risposta: John Henry Newman, che ci parla attraverso il suo cammino di conversione, continuato lungo l’intero corso della sua esistenza, come attraverso la vastità e la ricchezza dei suoi scritti, è compiutamente fotografato da due motti: “Cor ad cor loquitur”, e “Ex umbris et imaginibus in veritatem”. Il primo, scelto per lo stemma cardinalizio – e sentito da Newman così familiare da ritenerlo della Bibbia o dell’Imitazione di Cristo, mentre figura in una lettera di san Francesco di Sales già stata citata dallo stesso Newman nel 1855 in una conferenza sulla pastorale universitaria – esprime il principio fondamentale della vocazione cristiana che plasmò profondamente la sua vita, il suo pensiero teologico e le sue fatiche pastorali; il secondo – dettato da Newman da per la sua ultima dimora – è la cifra della sua intera visione del mondo, anzi è la figura secondo cui Newman concepiva la destinazione reale della nostra intelligenza, la quale, abitando la sfera della manifestazione (imago) e della parvenza (umbra), deve volere e cercare con tutta se stessa una certezza legittimata dalla verità. Di tale certezza Newman ha pensato le condizioni e ha messo a fuoco l’essenza: ha lavorato nella linea della ricerca “moderna”, senza cedere in nulla a quella che egli, nella sua Idea di università, chiamava la “apostasia dei nostri tempi”, cioè la persuasione diffusa – e oggi più di ieri – che dove è in gioco il nostro rapporto con l’Assoluto possiamo pervenire soltanto a posizioni opinabili, sulle quali è di buon gusto accettare che ognuno la pensi a modo suo, senza poter affermare niente di stabile, e quindi nulla che meriti di esser posto a fondamento della propria vita. 3