EDGARDO MORTARA

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EDGARDO MORTARA
LA VERA STORIA DI
EDGARDO MORTARA
IL BIMBO RAPITO CON LA BENEDIZIONE DI PIO IX
La sera del 23 Giugno del 1858 la polizia dello Stato Pontificio, che a quei
tempi comprendeva ancora Bologna, si presentò alla porta della famiglia
ebrea di Marianna e Momolo Mortara per prendere uno dei loro otto figli,
Edgardo, (che all'epoca aveva sei anni) e trasportarlo a Roma dove sarebbe
stato allevato dalla Chiesa. La polizia agiva su ordine degli uffici vaticani
autorizzati da Papa Pio IX. I rappresentanti della Chiesa dissero che una
cameriera cattolica della famiglia Mortara aveva battezzato il piccolo
Edgardo durante una malattia ritenendo che se fosse morto sarebbe finito nel
limbo. Secondo le leggi dello Stato Pontificio il battesimo di Edgardo lo
rendeva cristiano e quindi una famiglia ebrea non poteva allevarlo anche se
era loro figlio. A Roma Pio IX assunse in prima persona la responsabilità del
rapimento, impegnandosi personalmente per difendere l'operato del
Sant'Uffizio e per far dare un'educazione cattolica al bambino. Il papa disse
di considerare Edgardo come un 'figlio' e lo volle accanto a sé‚ in tributi di
riverenza annuali, accompagnati da forme di umiliazione pubblica, che il
giovane giustificava come giusta punizione per le sofferenze provocate al
papa con il suo caso. Il 3 settembre del 2000, Giovanni Paolo II ha
beatificato Pio IX.
La difesa della razza, rivista diretta da Telesio Interlandi,
vide il suo primo numero il 5 agosto 1938 e venne
stampata, con cadenza quindicinale, fino al 1943. A partire
dal 20 settembre 1938 segretario di redazione della rivista
fu Giorgio Almirante, che divenne successivamente leader
del Msi (Movimento Sociale Italiano).
Siamo nel gennaio del 1936, la guerra infuria in Abissinia...
e dal fronte compare su Civiltà Fascista, un articolo di
Indro Montanelli, che fra l'altro scrive...
Ma molti anni più tardi Montanelli si dissocia, e a
disfatta avvenuta, scriverà:
"I più fecero come chi scrive, cioè nulla. Ci lasciammo
portare dagli avvenimenti quasi dissolvendoci in essi,
e senza contribuirvi nè in un senso nè nell'altro"
(L'Italia dell'Asse. 1a edizione Rizzoli, 1981).