PICCOLO PRINCIPE (IL)

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PICCOLO PRINCIPE (IL)
RASSEGNA STAMPA CINEMATOGRAFICA
PICCOLO PRINCIPE (IL)
Editore S.A.S. Via Goisis, 96/b - 24124 BERGAMO
Tel. 035/320.828 - Fax 035/320.843 - Email: [email protected]
LE PETIT PRINCE
1
Regia: Mark Osborne
Interpreti: personaggi animati
Genere: Animazione/Fantasy - Origine: Francia - Anno: 2015 - Soggetto: tratto dal romanzo omonimo di Antoine de Saint-Exupéry - Sceneggiatura: Bob Persichetti, Irena Brignull - Musica: Hans Zimmer, Richard Harvey - Montaggio: Matt Landon, Carole Kravetz - Durata: 108' Produzione: Orange Studio, M6 Films, LPPTV, On Animation Studios, in co-produzione con Lucky Red in collaborazione con RTI - Distribuzione: Lucky Red (2016)
Antoine de Saint Exupery, aristocratico
francese, scrittore e poeta, nasce nel
1900. Grande appassionato di volo,
scrive alcuni libri legati alle sue esperienze aviatorie, e pubblica per la prima
volta 'Il piccolo Principe' nel 1943. Non
ha però il tempo per gioire del successo
del libro, perché scompare nel 1944
mentre compie un volo di ricognizione
sul Mediterraneo in missione per le
Forze della Francia liberata. I resti del
suo aereo abbattuto sono stati ritrovati
solo nel 2004 al largo delle coste di
Marsiglia. La storia dell'incontro tra
l'anziano aviatore, la bambina e il Piccolo Principe passa attraverso tanti sottili strati di fantasia e accavallarsi di
epoche da acquistare quella libertà del
racconto che diventa forse il vero segreto di un successo ormai lunghissimo e
crescente. Come in tutte le grandi favole, il testo ha una parte collocata in uno
scenario dapprima contemporaneo (belli i disegni che ricostruiscono la città
degli anni Quaranta) e poi, allo scattare
dei meccanismi fantastici, una del tutto
fuori dal tempo e dalla storia. Il libro
vanta traduzioni in oltre 250 lingue ed è
tra i più venduti di tutti tempi. C'è
quindi qualcosa che sfonda la barriera
degli anni e della atmosfere per entrare
in una patrimonio di fantasia, mistero,
capacità di tenerezza e commozione in
grado di conquistare generazioni di
bambini e piccoli. Questo primo incontro con il cinema vince la scommessa di
incantare grazie ad un approccio onirico e visionario, ad un pregevole lavoro
sulla stop motion, alla scelta del regista
Osborne di servirsi delle tecniche avanziate senza togliere il fascino della poesia della pagina scritta. Ne esce un prodotto di convincente efficacia, in grado
di toccare tutti gli spunti evidenti e nascosto di un testo che diventa ben presto metafora di vita, di costume, di ci-
viltà. Dal punto di vista pastorale, il
film è da valutare come consigliabile e
certamente poetico.
Commissione Nazionale Valutazione Film:
Consigliabile/poetico
'Il piccolo principe' di Antoine de SaintExupéry viene gioiosamente tradito nel
prodigioso cartone animato firmato
Mark Osborne. Così come gli adulti
non riescono a capire il disegno di un
elefante nello stomaco di un serpente
all'inizio del capolavoro letterario per
l'infanzia dell'eccentrico scrittore francese datato 1943, così alcuni puristi
dell'originale 'Piccolo principe' si sono
scagliati contro questo interessante cartoon a tecnica mista: in parte animazione 3d al computer e in parte stop motion a passo uno. Perché i puristi si sono arrabbiati? Troppe infedeltà.
Hanno invece fatto benissimo questi
avventurieri dell'animazione provenienti da Hollywood (Osborne è il regista
enfant prodige appena trentottenne nel
2008 per "Kung Fu Panda"), ma finanziati con ben 80 milioni di dollari dal
francese Dimitri Rassam, a rielaborare
la fonte letteraria regalandoci un'interessante variazione del testo sacro assai
organica, invece, alla malinconia fantasy della pagina scritta. A partire dalla
sua protagonista adorabile, ovvero una
ragazzina senza nome disegnata ricordando il viso sensibile e furbetto di Audrey Hepburn. Lei, così intelligente da
essere destinata alla prestigiosa Werth
Academy (Leon Werth fu l'amico di
Saint-Exupery cui lo scrittore dedicò il
romanzo) da una madre più invadente e
ambiziosa dell'Anna Magnani di "Bellissima", troverà nel vicino di casa aviatore pazzo l'agente del cambiamento
che potrebbe portarla fuori dall'asettico
isolamento metropolitano che la soffoca. Come in "Up" della Pixar, la casa di
un vecchio misantropo appassiona il
giovane perché architettonicamente
stramba rispetto agli anonimi blocchi di
cemento in cui vive la bimba abbandonata dalla mamma a studiare in totale
solitudine. Come in "Inside Out", eccoci di fronte a una giovane donna nel
passaggio traumatico tra infanzia e adolescenza. Il vecchio ha una storia da
raccontarle e, guarda caso, la favola di
questo segaligno e imprevedibile navigatore dei cieli corrisponde fedelmente
proprio al 'Piccolo principe' di SaintExupery.
Lui le narra di un bambino alieno incontrato in mezzo al deserto in gioventù, triste perché solo (proprio come la
bambina) e in cerca di un modo di tornare nell'asteroide di cui è "Principe"
dove lo aspetta una rosa da lui tanto
amata. È questa l'idea brillante del cartoon: la bimba vive dentro un'animazione 3d al computer affilata e modernissima mentre i racconti del vecchio
aviatore circa l'incontro con il Piccolo
Principe sono mostrati a passo uno con
la struggente fragilità di un sogno fatto
di cartapesta dai colori pastello. Il contrasto visivo enfatizza, peraltro, il sospetto che il vecchio inventi un sacco di
frottole. Stupenda la seconda parte in
cui ii vecchio si ammala e la bimba decide di partire con il suo aereo per visitare quei luoghi fantastici, trovando addirittura un Piccolo Principe diventato
giovane uomo senza memoria di sé
(come il Peter Pan di Robin Williams
per "Hook" di Spielberg). Negli ultimi
minuti tutto torna.
Brillanti i doppiatori italiani scelti a
partire da Toni Servillo per il vecchio
aviatore, un impertinente Stefano Accorsi come volpe e un infido Alessandro Gassmann al posto di Benicio del
Toro per incarnare il letale serpente.
Altro che tradimenti. Questa è la ver-
sione cinematografica più brillante del
capolavoro francese. Buon successo
mondiale in attesa di capire se anche
negli Stati Uniti, dove verrà distribuito
a marzo 2016, verrà apprezzato nella
sua originalità magari con qualche candidatura agli Oscar del 2017.
Il Messaggero - 02/01/16
Francesco Alò
Si vorrebbe non entrare mai nella diatriba libro vs film. Anche solo per non
ripetere cose già dette all'infinito. Allora, premesso che il libro è un capolavoro e il film no (e non per un pregiudizio
aprioristico), resta da vedere cosa non
ha funzionato. Intanto, e iniziamo dalla
fine, non si può rimuovere dall'economia del racconto l'elemento della morte
che è centrale nella mitologia di 'Il piccolo principe' e dell'apprendistato alla
vita che ne deriva. In secondo luogo, va
bene reinventare, ma se poi il film finisce per assomigliare al 'solito' cartone
animato per famiglie, perché scomodare Saint-Exupéry? Restano dunque le
ambizioni (sbagliate) di un'opera strutturata su (almeno) tre livelli diversi, nei
quali ciò che funziona (e non è necessariamente un complimento) sono solo le
stereotipate dinamiche famigliari cui fa
da contrappeso l'anziano pilota sciroccato della porta accanto. Un po' pochino. Anche visivamente il film è piuttosto inerte e pesante, come frenato dalle
proprie velleità autoriali che non riesce
a gestire adeguatamente. Anche l'alternarsi fra animazione contemporanea e
calligrafia del passato è piuttosto stanca. Così come è il film rischia di non
piacere troppo ai più piccoli e lasciare
insoddisfatti i genitori che accompagnano fiduciosi i figli al cinema sperando che non si tratti del 'solito' cartone. Invece si tratta proprio del 'solito'
cartone.
FilmTv - 2015-52-23
Giona A Nazzaro
'Tutti i grandi sono stati piccoli (ma pochi di loro se ne ricordano)', scrive Antoine de Saint-Exupéry, dedicando a
'Léon Werth quando era piccolo' il proprio 'Petit prince', edito in America nel
1943. E lo stesso ripete l'anziano aviatore alla sua piccola amica nel film d'a-
nimazione che ne ha tratto Mark
Osborne con gli sceneggiatori Irena
Brignull e Bob Persichetti ("The Little
Prince", Francia, 2015,108'). Già in 'Pilota di guerra' (1942) si legge: 'L'enfance, ce grand territoire d'où chacun est
sorti! (...) Je suis de mon enfance comme d'un pays...'. L'infanzia, dunque, è il
territorio da dove ciascuno è partito, e
le si appartiene come a una patria. Di
questo paese che è stato ed è di tutti, e
della sua memoria, racconta ora "II piccolo principe" cinematografico. Lo fa
inserendo la fiaba di Saint-Exupery in
una cornice narrativa a noi contemporanea, e molto preoccupante.
Durante le vacanze scolastiche, una
donna in carriera addestra con metodo
la figlia alla sua stessa vita. Infatti, lo
chiama 'programma di vita', il suo metodo, e lo riassume in un tabellone a
riquadri appeso nella loro casa nuova,
grigia come ogni altra casa degli uomini e delle donne in carriera. Giorno di
lavoro dopo giorno di lavoro, ora di
studio dopo ora di studio, la ragazzina
deve seguirlo alla lettera, dalla pulizia
dei denti al mangiare e al dormire. Il
traguardo, per la fine dell'estate, è
l'ammissione alla prestigiosa, mitica
Accademia Werth (che il nome sia lo
stesso del Léon amica di Saint-Exupery
e una coincidenza curiosa).
A dieci anni è già il momento d'assicurarsi un posto in pole position nella gara del successo. Così pensa la madre, e
così deve pensare la figlia. Nella casa
accanto, però, c'è un mondo opposto al
loro. Tutto vi è felicemente precario,
imprevedibile. In quella villa cadente e
colorata abita un aviatore che dimostra
tutti i suoi molti anni, ma che non rinuncia alla speranza di rimettere in volo
l'aeroplano fermo in giardino. È lui che
alla ragazzina in carriera racconterà del
piccolo principe, e della loro avventura
di tanto tempo prima, nel bel mezzo del
Sahara...
Il film è realizzato con due diverse tecniche d'animazione. La prima, computerizzata, descrive la cornice narrativa.
Alla seconda, più tradizionale, Osborne
ricorre per immergere la sua piccola
protagonista nella fiaba. Quando si tratta di 'incontrare' l'universo di SaintExupery - anche attraverso i suoi dise-
gni, che nel film diventano i disegni del
vecchio aviatore -, la regia sceglie l'animazione detta a passo uno, o stop motion: un disegno o un oggetto ripresi
movimento per movimento, per 24 fotogrammi al secondo. Il risultato e la
riscoperta sullo schermo della leggerezza del libro, le cui pagine sono percorse
e messe in volo da colori e disegni.
Non mancano, tra i disegni originali di
Saint-Exupery, quello famoso che apre
il 'Petit Prince': un pitone lungo e disteso, con il corpo deformato da un elefante che ha ingoiato intero e vivo. Un capolavoro - racconta l'autore, tornando
indietro fino ai suoi sei anni che i grandi, troppo seri, scambiano per la silhouette di un cappello da uomo. Allora, per farsi capire anche da loro, il disegnatore ricomincia da capo, raffigurando in sezione l'elefante dentro il pitone. Sui due disegni altri adulti si sono
esercitati, dal 1943 a oggi. Il secondo è
diventato per alcuni un riferimento alla
vita intrauterina, passo necessario verso
l'infanzia, e il primo è diventato per altri il simbolo della condizione adulta,
quando un cappello ne garantisce la serietà.
Tra le due età corre la storia di Osborne, proprio come quella di SaintExupery. La sua meta, ovviamente, è la
stessa che nel film attende l'aviatore
disteso in un letto d'ospedale, e che nel
libro attende anche il piccolo principe,
morso nel deserto da un tenerissimo
serpente. Nel frattempo - è, questo frattempo, tutto il tempo che davvero possiamo dire nostro -, la piccola in carriera smette d'essere in carriera. E si decide a non dimenticare d'appartenere alla
propria infanzia.
Il Sole 24 Ore - 03/01/16
Roberto Escobar