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Le Regioni d’Italia
Umbria
Il sito ufficiale della regione: www.regione.umbria.it
Una città: Gubbio
Gubbio si trova ad un'altitudine di circa 500 m
ai piedi di tre monti ed è protetta da solide mura
medioevali. Sviluppatasi soprattutto nel
Medioevo, la sua lunga storia, è documentata
da testimonianze di tutte le epoche.
Sulle pendici del monte Foce sono stati
rinvenuti resti di insediamenti preistorici.
L'antica civiltà umbra è documentata dalle
Tavole di bronzo, scoperte nel 1444, scritte
parte in alfabeto umbro con elementi di lingua
etrusca (III e II sec. a.C.) e parte in alfabeto
latino (I sec. a.C.). Le Tavole descrivono
Veduta di Gubbio.
cerimonie religiose che si svolgevano nella
città.
Gubbio fu una delle prime città alleate di Roma e diventò municipio romano. Molte
sono ancora le testimonianze di quel periodo tra cui il Mausoleo, edificio circolare alto 9
metri, e il Teatro.
Terminato il periodo oscuro delle invasioni barbariche, Gubbio divenne gradualmente
una città-stato e fu ampliata verso il monte. In alto, nel punto più protetto, sorsero gli
edifici pubblici, sedi e simboli delle istituzioni su cui la città si reggeva: la Cattedrale ed
il palazzo del Comune.
Durante gli anni in cui Gubbio passò sotto il dominio dei signori di Urbino, furono
costruiti numerosi edifici importanti tra cui il palazzo Ducale. Notevole fu lo sviluppo
architettonico della città anche durante il dominio dello Stato della Chiesa. Lo
testimoniano i molti palazzi delle famiglie più ricche, l'Ospedale maggiore e molti altri
edifici significativi.
Oggi Gubbio è meta di numerosi turisti che apprezzano la sua struttura armonica e il
tranquillo stile di vita dei suoi abitanti.
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Un sito naturalistico: La Cascata delle Marmore
Le acque spumeggianti della Cascata delle Marmore
precipitano con tre salti, con un balzo complessivo di 165
metri, creando un effetto fantastico di luce e fragore. È la
cascata più alta d'Europa ma, contrariamente a quanto si
potrebbe pensare, non è interamente opera della natura. La
sua nascita è dovuta ad un'opera artificiale di sistemazione
idraulica realizzata dai Romani intorno al 300 a.C.. Prima di
allora il fiume Velino, giungendo nella piana di Rieti, creava
una vasta zona di acque stagnanti, paludose e quindi
malsane. Per bonificare quella terra occorreva far defluire le
acque cambiando il loro corso. I Romani fecero scavare un
canale che convogliasse le acque del Velino verso la rupe di
una località chiamata Marmore, e da lì le facesse precipitare
La cascata delle Marmore.
nelle acque sottostanti del fiume Nera.
Da circa 50 anni le acque della cascata sono utilizzate per
alimentare una centrale idroelettrica, per questo motivo è possibile visitare la cascata
solo in certi orari, quando viene aperta la diga che le trattiene. L’energia, prodotta dalla
cascata, ha reso possibile lo sviluppo industriale della vicina città di Terni mentre la
bonifica della pianura del Velino ha favorito l’agricoltura nel territorio circostante.
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Storie e leggende: La grotta della Sibilla
La Sibilla, secondo alcuni racconti, era una fata buona. Abitava in una misteriosa grotta
sulla quale sono nate, nel tempo, svariate leggende che ne hanno fatto un luogo magico e
fantastico.
Si racconta che un cavaliere errante francese avesse visitato la grotta la cui entrata era
angusta perché un masso ne ostruiva il passaggio, per questo era necessario scendere
carponi verso l'interno. Subito si incontrava un vano quadrato scavato nella roccia,
attraverso il quale filtrava appena qualche raggio di luce. Per proseguire bisognava
infilarsi in uno strettissimo cunicolo, che correva a precipizio nel cuore della roccia.
Il cavaliere non proseguì oltre il vano quadrato, un gruppo di giovani, successivamente,
dimostrò più coraggio e proseguì oltre, scendendo per circa tre chilometri lungo il tunnel
che si trasformava poi in un ampio corridoio. Il silenzio era di tomba, il buio densissimo.
A un tratto un vento violentissimo irruppe da una fessura che tagliava la caverna e i
giovani rischiarono di essere rapiti dal vortice come fuscelli. Le raffiche di vento li
respingevano e raggelavano, ed essi, scapparono inorriditi.
Altri curiosi poi, erano stati in grado di superare anche la foce del vento, tra questi un
prete che aveva accompagnato due giovani tedeschi. Secondo il suo racconto il vento
cessava dopo una trentina metri. Si continuava poi a camminare facilmente fino a
quando non ci si imbatteva in un ponte misterioso, lunghissimo e non più largo di un
trenta centimetri, sotto il ponte si apriva un baratro senza fondo, percorso da un fiume
fragorosissimo. Ma ecco che, appena uno metteva piede sul ponte, questo si allargava e
l'abisso si rimpiccioliva sempre più, mentre il fragore del fiume progressivamente si
spegneva. Al di là del ponte, la grotta si apriva in un pianoro attraversato da una strada
comodissima. Al termine della strada c’erano due dragoni, l'uno di fronte all'altro,
scolpiti in una pietra scintillante, i loro occhi erano come luminosissimi fari che
rischiaravano tutt'intorno. Oltre i due dragoni si apriva un corridoio strettissimo, lungo
cento passi, che immetteva su uno spiazzo quadrangolare. Lì c’erano due porte in
metallo che sbattevano violentemente l'una contro l'altra, tanto che avrebbero schiacciato
chi le volesse attraversare. I due tedeschi tentarono di varcarle precipitosamente e vi
riuscirono, ma il prete li attese poi invano per lungo tempo.
Un cavaliere e il suo scudiero provenienti sempre dalla Germania, di ritorno dal loro
fantastico viaggio nelle viscere dell'antro, narrarono che, dopo le porte metalliche, vi era
una porta fastosissima e che la grotta, quasi fosse di cristallo, brillava di mille luci
riflesse al chiarore delle torce. A questo punto una voce li interrogò, alla risposta del
cavaliere le porte si aprirono e una regina scintillante, con una moltitudine di damigelle
e di giovani, lo accolse festosa, tra lo sfolgorio abbagliante di vesti e di gioielli: era il
paradiso della Sibilla. La regina ricolmò il cavaliere tedesco di squisitissimi doni e lo
condusse attraverso le sale scintillanti del suo regno.
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La cucina regionale
La cucina umbra è rimasta legata alle sue tradizioni e non è influenzata delle vicine
regioni. In essa sono presenti ricette povere che, a volte, utilizzano ingredienti che si
trovano solo nella zona.
La carne è la vera protagonista delle tavole umbre e viene cucinata con metodi semplici,
come la griglia o lo spiedo, che ne esaltano anche grazie all’utilizzo di aromi profumati.
L’arista, un taglio di carne ricavato del maiale, invece viene cotta in forno, ricoperta con
un trito di aglio e rosmarino e avvolta in una rete fatta con pelle di maiale.
La coratella composta dall’insieme di cuore, polmoni, milza e fegato d’agnello, viene
cotta a pezzi con cipolla e rosmarino, bagnata con vino e insaporita con alloro.
In Umbria si cucina anche la selvaggina tra cui i palombacci, specie di piccioni selvatici,
che vengono rosolati e cotti in un tegame con alcuni aromi, tagliati poi a metà e serviti
su fette di pane abbrustolite: il tutto viene infine ricoperto con un sugo fatto con il collo,
la testa, i ventrigli e i fegatini tritati finissimi, e insaporito con acciughe.
Tipiche sono le minestre di farro che vengono cucinate in diversi modi, ad esempio con
cipolla sedano e pomodori oppure con pancetta, patate e pomodoro, e una spolverata
finale di formaggio pecorino.
Un prodotto tipico dell’Umbria è il tartufo nero di Norcia utilizzato per fare un’ottima
frittata o per guarnire e insaporire i primi piatti.
Tra i primi piatti sono caratteristici anche gli spaghetti al ranceto conditi con un sugo a
base di pancetta, insaporito con la maggiorana.
Lu Pizzallocu è un pane lungo e dolce fatto con farina, zucchero, olio e lievito.
Con l’aiuto di un adulto puoi preparare questo piatto tipico:
La Bandiera
Ingredienti per 4 persone
½ kg di peperoni
½ kg di pomodori maturi
1 cipolla
3 cucchiai d'olio
sale
Preparazione
Fai soffriggere in 3 cucchiai d'olio la cipolla
affettata, facendo attenzione a non farla dorare.
Quindi unisci i peperoni tagliati a fette e, dopo
circa 10 minuti, aggiungi anche i pomodori
spellati e privati di semi.
Aggiungi il sale e lascia cuocere per circa ½ ora
mescolando di tanto in tanto.
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Una festa popolare: La corsa dei Ceri di Gubbio
La Festa dei Ceri è tra le più antiche manifestazioni folcloristiche
italiane e conserva tuttora un ruolo fondamentale per gli abitanti di
Gubbio. Pare infatti che alla sua origine ci sia un solenne atto di
devozione degli abitanti della città verso il loro amato vescovo
Ubaldo Baldassini, patrono della città, morto nel maggio del 1160.
Da allora, ogni 15 maggio, la cittadinanza si reca in processione
percorrendo le vie della città fino al Monte Ingino dove,
nell'omonima Basilica, riposa il corpo di S. Ubaldo, per offrire le
candele di cera. Verso la fine del 1500, le candele vennero
sostituite con tre imponenti strutture di legno, i Ceri, formate da
due prismi ottagonali sovrapposti e attraversati da un asse che si
collega ad una barella per consentirne il trasporto a spalla. Sulla
Un momento della
corsa dei ceri.
sommità del Cero sono fissate tre piccole Statue che
rappresentano i Santi Ubaldo, Giorgio e Antonio.
I grossi ceri vengono portati di corsa passando per le strette vie medievali di Gubbio fino
alla Basilica. Durante il percorso i Ceri oscillano, sfiorando e spesso toccando mura e
finestre; i ceraioli, cioè gli uomini che li trasportano, devono essere molto abili e forti.
La corsa viene accompagnata da suonatori che allietano il percorso con musiche e canti
popolari.
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