Il maestro Taslakian ed il coro al-Fayha
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Il maestro Taslakian ed il coro al-Fayha
Il maestro Taslakian ed il coro al-Fayha’ Tutto ha avuto inizio a partire dal 2003. Un piccolo gruppo di persone non aveva idea di cosa fosse lo stile “a cappella”, ma dopo anni di pazienza e fatica, ne è diventato il protagonista indiscusso. http://www.youtube.com/watch?v=TTK0uR4wRIY Quest’arte, portata in Libano dagli emigranti armeni, si è sviluppata grazie al maestro Barkev Taslakian, che l’ha adattata all’arabo e l’ha rinnovata con l’aiuto del compositore Edward Turkian. Il sogno del maestro Taslakian, originario di Musa Dagh (Turchia), iniziò a prendere forma nel 2004, grazie all’infinito supporto dell’Unione dei Comuni di Fayha’; il coro ha iniziato ad attraversare regioni e teatri, intonando armonie in cui si uniscono la grazia del patrimonio orientale e lo spirito internazionale del coro stesso, in modo da proporre un’immagine artistica che rifletta l’accuratezza e la bellezza dell’esecuzione. Nel 2005 Taslakian e il suo gruppo si sono fatti conoscere a livello internazionale, vincendo il secondo premio al Festival Internazionale del Coro di Varsavia, per poi ottenere il primo premio nel 2007 come Miglior Coro e come Miglior Maestro. Da allora, il coro ha preso il volo, saldamente guidato dal maestro armeno-libanese, arrivando a partecipare alle manifestazioni più importanti, infatti, era presente alla cerimonia di Beirut, Capitale Mondiale del Libro e all’inaugurazione dei Giochi della Francofonia nel 2009. Da Tripoli, il coro Fayha’ ha conquistato il mondo e ha portato la musica a un nuovo livello internazionale partendo dalla musica araba e continua a regalare grandi emozioni. Il maestro si racconta Tra i vari cori e gruppi musicali formatisi di recente, il Fayha’ è un coro speciale nel suo genere. Nato nel 2004, questo coro è composto da 40 membri, tra donne e uomini, che eseguono canzoni arabe, inglesi, francesi e armene senza accompagnamento musicale (stile che è definito “a cappella”), diretti dal maestro Barkev Taslakian, appassionato di quest’arte da quando era bambino; ha affrontato grandi difficoltà per poter salire il primo gradino della scala e ritiene di avere ancora molta strada da fare in futuro. Quando si chiede a Taslakian la storia della nascita del coro, si rifiuta di rispondere in modo tradizionale, “perché tutto è iniziato molti anni fa e poi, finalmente, siamo riusciti a creare questo e altri cori”. Ci riporta alla metà degli anni ’80, “il giorno in cui ho iniziato a lavorare nel settore del coro”. Poi, si tuffa sempre più nel passato, “quando gli armeni sono arrivati in Libano con il loro stile ‘a cappella’, ossia il canto senza accompagnamento musicale. E quando mi sono affacciato al mondo, ho scoperto che c’era un coro ad ‘Anjar; infatti, nel 1972 è stato fondato il coro Komitas e 4 anni dopo vi ho fondato io stesso un coro, iniziando a lavorare in base a quello stile.” L’apertura Taslakian rimprovera agli armeni di aver avuto un atteggiamento di chiusura fino al 1997. “Si preparavano sei mesi circa per realizzare un concerto nel villaggio in cui vivevano gli armeni e la storia finiva qui. Non pensavamo, come i libanesi, al modo di salvaguardare il patrimonio arabo. La nostra principale preoccupazione era il patrimonio armeno, questo era il nostro concetto di coro fino al 1997; valutavamo il livello con il numero di errori commessi durante il concerto e il risultato era sempre positivo. La fortuna, però, era dalla mia parte. Un giorno il maestro Harutiun Topikian è arrivato in Libano e vi ha istituito il primo corso di direzione del coro. Fui il primo allievo di quella classe nel 1986 e allo stesso tempo mi dedicavo al canto. Mi spostavo da ‘Anjar a Beirut ogni giorno, d’estate e d’inverno, per apprendere le competenze per dirigere un coro e il maestro si era affezionato a me e mi incoraggiava a resistere, nonostante le difficoltà di quei giorni. Ho completato i miei studi con Yervant Yerkanian tra il 1992 e il 1998, raggiungendo un livello di professionalità in cui non erano più concessi errori e poi ho continuato a lavorare per migliorare le mie prestazioni. Quando i direttori d’orchestra sono arrivati dall’Armenia, sono stato il loro primo e ultimo allievo e oggi parlano di me in televisione con molto orgoglio.” Il maestro Taslakian ha avviato diversi cori oltre ad aver istituito gruppi scout e cori nella scuola femminile alMaqased. Oggi esprime con convinzione le sue teorie: “Non è importante quello che diciamo ma come lo diciamo”. L’arte e la direzione del coro sono diventate parti essenziali della vita di Barkev Taslakian, a tal punto che ha fatto un patto con la sua compagna, ossia che non l’avrebbe sposata finché lei non avesse mantenuto la promessa di cantare nel coro. “Dal 1997, ho deciso di cambiare lo stile dei miei cori; avevo un coro a Beirut e un altro ad ‘Anjar, il Komitas, appartenente al circolo culturale armeno Hamaskain. Ho ritenuto necessario modificare il metodo per acquisire familiarità con il nostro patrimonio non armeno, perché è nostro dovere di libanesi occuparci del patrimonio arabo a modo nostro, tanto più che in precedenza non c’era mai stata l’idea di cantare a cappella. Possiamo, così, diffondere il patrimonio armeno anche tra chi non è nostro connazionale. Ho pensato che, cantando canzoni arabe, avrei conquistato il pubblico arabo e trasmesso il messaggio che l’unione tra le culture è molto importante. Senza dubbio, la prima fase è stata molto difficile considerando che, prima del Fayha’, non c’erano cori a Tripoli e per trovare un pubblico che assista ai concerti o per ottenere convocazioni devi essere conosciuto, così abbiamo deciso di lavorare per rendere le cose più facili. Grazie a Dio, il progetto è andato a buon fine e, in una prima fase, abbiamo cantato in armeno e in altre lingue alcune canzoni arabe, poi abbiamo iniziato a tenere la maggior parte dei concerti in arabo.” I premi Taslakian aveva già presentato una proposta ad una delle amministrazioni di Tripoli interessate e racconta: “Il mio obiettivo primario era di far arrivare il coro ai più importanti concerti e ci siamo esibiti a Shmustar, a Baalbek, a Omar alMoukhtar e Rashaya, nonostante tutti fossero contrari all’idea, considerando che in queste regioni non c’è una folta presenza armena e quindi non ci sarebbe stata l’affluenza sperata. Ho detto loro che mi sarei esibito anche se ci fosse stato un solo armeno. Infatti, abbiamo cantato in una sala molto piccola, ancora in fase di ristrutturazione nel 2000. Per caso, era presente in quella sala un comitato interessato alla musica non armena ed era incuriosito dal coro che cantava senza strumenti musicali; si trovava lì perché aveva ricevuto l’invito e desiderava patrocinare la musica e le belle arti. Queste persone erano così interessate al canto al punto che hanno contattato il resto dei membri dell’associazione durante la pausa; l’anno dopo ho partecipato ad un concorso tra i migliori cori del Libano che offriva al vincitore la possibilità di rappresentare il Libano al Festival della Canzone Araba di Tunisi. Se fossimo rimasti isolati ad ‘Anjar, non avremmo saputo di questo festival, invece abbiamo potuto parteciparvi con un coro di 22 membri che hanno avuto la meglio sugli altri cori, alcuni dei quali contavano anche 85 coristi. Non c’è equità in questo tipo di gara perché siamo gli unici a non avere l’accompagnamento musicale e, secondo me, in un concorso tra cori devono essere esclusi gli strumenti, affinché l’attenzione sia rivolta soltanto al coro. Oltre a questo, in quell’occasione, eravamo l’unico coro che cantava in armeno e quindi eravamo quasi certi che il premio non sarebbe stato nostro, perché non era logico rappresentare il Libano al Festival della Canzone Araba con canzoni armene. Ciononostante io e il coro abbiamo dato il massimo e, infatti, la giuria ci ha assegnato il primo premio. Nel 2002, abbiamo partecipato al Festival del Libano con alcune canzoni arabe, e siamo stati nominati – noi, un coro armeno – miglior coro arabo e questo è un grande risultato. Da allora, abbiamo iniziato a ricevere chiamate dall’estero e ci siamo impegnati a far conoscere il patrimonio libanese e arabo. Tre anni dopo, quando abbiamo cantato a Tripoli, ci siamo dedicati alla formazione del coro e abbiamo ricominciato a lavorare. Siamo partiti dalla Casa dell’Arte e poi ci siamo trasferiti all’istituto al-Rabita al-Thaqafia (l’associazione culturale ), dove ho iniziato una nuova fase, grazie anche al sostegno del presidente di al-Rabita e sindaco di Tripoli Rashid Jamali. Ho firmato un contratto con il comune, sotto la giurisdizione dell’Unione dei Comuni di Fayha’ e con il sostegno di Tripoli, El Mina e della Fondazione Safadi. Abbiamo anche ricevuto un finanziamento dal centro Sa‘d Hariri. Questo sostegno ci ha fatto raggiungere un grande risultato al Festival di Varsavia”. Difficoltà e problemi Taslakian discute a lungo sulle difficoltà incontrate per formare il coro. “L’idea era rivolta alle nuove generazioni ma i genitori erano riluttanti a mandare i loro figli e da qui nasce il mio disappunto, tanto più che l’idea prevalente e il modello di canto del nostro tempo è quello che vediamo in televisione, e la maggior parte dei genitori non ha la minima idea di quello che c’è oltre, perciò è stato difficile convincerli a mandare soprattutto le loro figlie, perché l’idea di lavorare nell’ambito del canto non è nemmeno presa in considerazione. Con il tempo, hanno scoperto che non sappiamo solo cantare ma anche salvaguardare le tradizioni libanesi, il patrimonio e la lingua e ora incoraggiano i figli a unirsi al coro.” Taslakian ricorda il primo concerto che ha tenuto con il suo coro a Tripoli. “Amo quando il pubblico applaude a lungo; in quell’occasione, mi sono alzato e ho detto che eravamo ancora agli inizi e ho promesso loro che avremmo continuato a lavorare per migliorare sempre di più. In quel periodo, mi criticavano e mi accusavano di presunzione ma, in realtà, il mio coro era ancora un principiante, mentre oggi posso dire che, di arte, ne sappiamo qualcosa”. Il maestro si lamenta del fatto che non è fortunato nel trovare belle voci che possano soddisfare tutto ciò che gli passa per la mente. “In 22 anni, non ho trovato voci molto belle, anzi, la maggior parte è uguale a quelle dei cori che ho fondato io stesso, così, a volte, sono stato costretto a preparare voci mediocri e più scarse del solito. Per questo, alcuni musicisti mi designano come il maestro che può fare qualsiasi cosa. Non c’è dubbio che le voci debbano avere un metodo e una base, alcuni sono sottoposti a dure esercitazioni perché non sono pronti ad essere membri dei cori, ma, se questa è la loro ambizione, anche se sarà solo uno su cento a cantare, io sono ansioso di lavorare con loro e non tolgo loro le speranze; a questo proposito sono conosciuto per la mia pazienza e costanza”. Le voci soliste Il coro del maestro Barkev Taslakian comprende 4 voci soliste, ossia: Rami Dandachi, Roula Abubakr, Ma‘n Zakaria e “infine è tornato nel coro Mahmud Sa’d che stava lavorando in Kuwait. Non è un requisito basilare che le voci soliste siano belle ma devono sapere come cantare e, se la voce è anche bella, è un punto a loro favore.” La cosa di cui più è orgoglioso il maestro è la grande eterogeneità dei membri del coro Fayha’, in quanto è rappresentato il tessuto della società con le sue diverse classi e appartenenze politiche e religiose, così come è orgoglioso dei 40 giovani del coro, tra ragazzi e ragazze, che non utilizzano nessuna parola straniera durante le loro conversazioni, e aggiunge che “come armeni siamo consapevoli del valore della lingua e dobbiamo mantenere le nostre tradizioni e i nostri costumi.” Taslakian parla del suo modo di relazionarsi con i membri del coro. “All’inizio, li avevo scoraggiati, finché mi sono convinto che erano come pasta duttile nelle mie mani, che potevo plasmare a mio piacimento e l’ho fatto per assicurarmi che nessuno si illuda troppo. Sono stati necessari mesi per cancellare dalla mente dei coristi la propensione ad imitare gli artisti nello stile e nella voce, per essere sicuri di ottenere una qualità corretta del canto. Roula Abubakr, per esempio, eseguiva canzoni dei Rahbani e dopo quello che può essere chiamato lavaggio del cervello, ha iniziato a odiare le canzoni e il suo gusto musicale si è elevato. Credo che dobbiamo prendere esempio dai grandi artisti ma non copiarli. Se questo mio comportamento dovesse indurre qualcuno ad abbandonare il coro, smetterei; tutti dicono a Ma‘n Zakaria che ha una bella voce e ciononostante non deve illudersi. Ma‘n ha una capacità di canto impressionante e se continuerà in questo campo, sarà motivo d’orgoglio per il Libano e i paesi arabi. È stato richiesto in Francia per completare lì i suoi studi musicali. Nessuno ha iniziato da solista con me; anche se qualcuno è venuto a cantare da solista dall’inizio ed era già conosciuto, ha ricominciato a lavorare con me passo dopo passo, come qualsiasi membro del coro. Un giovane, Tareq Masri, ha lavorato con me per un periodo prima di lasciare il coro, non so che fine abbia fatto. Devo ammettere che era uno dei giovani migliori e una delle voci più belle; Dio gli ha donato un grande talento, ma purtroppo non ha continuato con me.” Il maestro torna a spiegare il suo modo di lavorare con il coro. “Facciamo evolvere le canzoni e impariamo gli uni dagli altri. Imparo qualcosa dal coro ogni giorno.” Per ciò che riguarda i diritti letterari dell’autore della canzone (tanto più che Taslakian realizza con il coro Fayha’ canzoni in una forma nuova), Taslakian dice: “Noi non cambiamo le note musicali, naturalmente cambiano le nostre interpretazioni. Le canzoni sono assegnate da Edward Turkian e cantiamo Zaki Nassif e Rahbani, il patrimonio siriano e iracheno e il repertorio inedito che eseguiamo serve a salvaguardare il patrimonio, rispettando i diritti di proprietà intellettuale e letteraria. Tutte le canzoni sono adatte per il nostro stile, anche se, naturalmente, ci sono canzoni più facili. Mi rammarico, però, del fatto che i media non ci rendono giustizia: i giornali e le riviste parlano raramente dei nostri concerti e per di più in maniera insignificante. Hanno giocato un ruolo importante Zaven Kouyoumdjian col suo programma “Sireh wenfatahet” (“La discussione è aperta”) e Ghassan Bin Jiddu col suo programma “Hiwar Maftuh” (“Dialogo aperto”).” Riguardo ai progetti per il nuovo anno, il maestro parla di una serie di attività nei paesi arabi ma anche a New York, Roma e Londra. Il debutto artistico Così, finisce il racconto del legame del maestro con il suo coro. Ma si tuffa sempre più nel passato, raccontando della sua infanzia e di come si è appassionato all’arte: “Mio padre suonava la fisarmonica. Purtroppo, un incidente lo costrinse sulla sedia a rotelle. I miei genitori hanno avuto il primo figlio dopo 13 anni di matrimonio e mia madre ha sempre fatto in modo di tenermi lontano dall’arte perché, a parer suo, non faceva guadagnare. Ma la mia passione mi indusse a rubare lo strumento musicale dall’armadio, per poi andare a suonarlo dai vicini. Quando mia madre venne a saperlo, s’infuriò; poi mi permise di suonare in casa, ma mi ha sempre proibito di assistere a concerti. Poco dopo, fece a pezzi la fisarmonica e non ebbi più nessuno strumento musicale. Questo non mi ha impedito di avvicinarmi a quest’arte. L’amore per la musica è cresciuto con me e non era una sfida con nessuno. Col passare del tempo, ho imparato a suonare tutti gli strumenti senza che ne avessi nemmeno uno. Sono entrato nel gruppo scout, dove ho imparato a suonare il flauto. È stato in quel periodo che ho pensato di formare un gruppo, così ho riunito gli amici che suonavano strumenti per organizzare concerti gratuiti ad ‘Anjar e abbiamo iniziato a suonare ai matrimoni. In chiesa, ho imparato ad usare l’organo e ho cercato di imparare a leggere le note, tuttavia non c’erano ancora conservatori ad ‘Anjar alla fine degli anni ῾70 e agli inizi degli anni ῾80.” Da quel momento, ha avuto l’attitudine a dirigere. “Amavo riunire le persone e dar loro istruzioni, ero appassionato dello spirito e dell’armonia che c’era, ma non era una mia ambizione quella di diventare maestro. E quando ho deciso di studiare, ho dovuto dimenticare tutto ciò che avevo imparato per ripartire da zero. Nel 1985, quando mi è stato offerto di dirigere il coro, non avevo la minima idea di cosa fare. Comprai un diapason (uno strumento che si mette vicino l’orecchio per controllare le voci). All’inizio, siamo stati chiamati per cantare due canzoni a una festa armena ma mi sono chiesto perché ci accontentavamo di due canzoni, perché non realizzavamo un concerto vero e proprio. Nel 1986, ho iniziato a lavorare seriamente nella direzione del coro”. Fonte: “al-Seyassah”, Kuwait, 3 gennaio 2009. www.dar-al-seyassah.com/news_details.asp?nid=41659 Greta Persano Centro Studi e Ricerche di Orientalistica