edizione 2016: rassegna stampa

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edizione 2016: rassegna stampa
MIDDLE EAST NOW FESTIVAL
RASSEGNA STAMPA
Selezione articoli dalla rassegna stampa del festival
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UN clown inquietante, uscito da una fiaba nera. Stasera
al Teatro Corsini di Barberino di Mugello c’è “La sarta”
di e con Gardi Hutter, una delle più grandi clown del
mondo. La regia è di Michael Vogel della mitica
compagnia Familie Floz. La Hutter gira per il mondo col
suo teatro clownesco: ha fatto oltre 3.000
rappresentazioni in 29 paesi. Dice lei stessa: «Il mondo
de ‘La sarta’ è il tavolo della sartoria. Sbirciando fra gli
occhielli si intravede la stoffa di mille racconti. Tra
bambole di pezza e manichini danzanti danzanti Gardi
Hutter cuce la trama dello spettacolo senza risparmiare
sforbiciate e cattiverie. Nella scatola da cucito si aprono
abissi e con così tanti rocchetti, perfino il destino può
perdere il filo... Peccato che uno spettacolo così curioso e
bizzarro non sia programmato a Firenze: un applauso al
Teatro Corsini.
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ODICI donne intrappolate in un
salone di parrucchiere a Gaza,
mentre fuori gli uomini di Hamas sparano e il vicinato sembra impazzire per il furto di una leonessa
dallo zoo. Sarà l’esplosivo “Degradé” di
Tarzan e Arab Nasser, coppia di gemelli
rivelazione del cinema palestinese, ad
aprire, martedì all’Odeon (ore 21), la
nuova edizione di Middle East Now, il festival diretto da Lisa Chiari e Roberto Ruta che da sette anni tenta di raccontare
attraverso il grande schermo – ma con
ampie e ben congegnate digressioni in
altre frontiere della creatività, dalla musica alla cucina – le mille sfaccettature
della contemporaneità complessa e affascinante dei paesi dell’area mediorientale. Ampio il programma che, fino a domenica 10 vedrà alternarsi sugli schermi
della sala di piazza Strozzi e dello Stensen 44 titoli, 38 dei quali in anteprima
italiana, in una sorta di viaggio lungo do-
dici diverse nazioni. Dalla Turchia, con
una retrospettiva dedicata alla regista
Yesim Ustaoglu, autrice fra l’altro
dell’acclamato “Journey to the Sun”, storia dell’amicizia impossibile fra un turco
e un curdo (l’8, ore 22.30), fino all’Arabia Saudita, paese in cui il cinema è stato
bandito nel 1972 e da cui proviene una
commedia romantica, “Barakah meets
Barakah” di Mahmoud Sabbah, che è di
per sé una sfida alle asprezze del regime
(l’8; 20.45). E ancora la Siria, oggi più
che mai al centro dei riflettori con lo
struggente, premiatissimo documentario “A Syrian Love Story” di Sean McAllister che racconta la tormentata storia
d’amore di una coppia di attivisti (il 9;
20.45); l’Iran, con “Starless Dreams” del
documentarista di culto Mehrdad
Oskouei, girato in un carcere minorile;
l’Egitto, con la superstar Khaled Abol Naga interprete del film di chiusura, il thriller “Eyes of a Thief” della regista palestinese Najwa Najjar (il 10; 21), per proseguire con Israele, Libano, Afghanistan,
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Marocco e Bahrein. Ma se “Live & Love
Middle East”, e cioè vivere e amare il Medio Oriente, è il leit motiv di questa edizione del festival, ecco allora che lo sguardo su questi territori si allarga andando
ad abbracciare suggestioni e contaminazioni nuove e differenti. Largo allora alla
danza, con la performance “Love-ism”
del coreografo israeliano Mor Shani (l’8
alle 18 alle Murate); alla fotografia, con
le mostre sulla Siria di Natalie Naccache
e di Omar Imam alla Aria Art Gallery
(dal 9 al 27); all’illustrazione, con i coloratissimi lavori della giovane artista libanese Nour Flayhan da Amblè (idem); alla musica, con una performance della
cantante algerina Souad Massi all’Odeon (il 10, ore 21) e infine alla buona tavola, con lo chef e “food activist” libanese Kamal Mouzawak, che proporrà una
cena al Teatro del Sale (il 7) e una lezione sul tabbouleh alla scuola Cordon Bleu
(il 9). Biglietti euro 5/6; programma
completo www.middleastnow.it.
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03/04/2016
LETTURA – Corriere della Sera
PAG. 37
Edizione del: 01/04/16
Estratto da pag.: 18
Foglio: 1/2
Peso: 1-1%,18-28%
Servizi di Media Monitoring
Il presente documento è ad uso esclusivo del committente.
112-136-080
Sezione: TOSCANA CULTURA E SPETTACOLI
Dir. Resp.: Paolo Ermini
Tiratura: n.d. Diffusione: n.d. Lettori: n.d.
Peso: 1-1%,18-28%
Servizi di Media Monitoring
Il presente documento è ad uso esclusivo del committente.
112-136-080
Sezione: TOSCANA CULTURA E SPETTACOLI
Edizione del: 01/04/16
Estratto da pag.: 18
Foglio: 2/2
Il sogno
e l' incubo
Il fotografo Omar Imam ha
esplorato, in modo ironico e
simbolico, i sentimenti più profondi
dei rifugiati siriani che vivono
nei campi in Libano
on il progetto Live, love, refugee ho
esplorato la condizione psicologica
dei rifugiati siriani in Libano, che
cercano di tirare avanti nonostante
la guerra e la lontananza dalle loro
case", spiega Omar Imam. "È un'evocazione visiva del
loro dolore, che convive con la speranza di ricostruirsi
una vita in un posto nuovo. Le persone che ho incontrato stanno vivendo un incubo, ma non hanno mai rinunciato alla loro dignità di esseri umani". La visione di
Imam ribalta la rappresentazione tipica dei rifugiati
siriani, coinvolgendoli in un processo di catarsi che si
basa sui loro sogni e sulle loro paure più profonde. Le
immagini sono simboliche e surreali, e mostrano uomini e donne che hanno perso le loro radici e lottano
ogni giorno per sopravvivere.
Più di un milione di rifugiati siriani sono arrivati in
Libano dall'inizio della guerra.
Omar Imam è un fotografo e regista siriano. Ha lasciato Damasco nel z 012 e oggi vive a Beirut.
Dovevamo nutrirci d'erba . Non riuscivo a
mandarla giù, ma dovevo sforzarmi per dare il
buon esempio ai bambini.
Aminah, 4o anni, con uno dei suoi figli. Sirianapalestinese, vive in una tenda nel campo
profughi di Bekaa, nel nord del Libano. È
scappata coni figli dal campo palestinese di
Yarmuk, nella parte sud di Damasco, durante
l'assedio del 2013, quando centinaia di persone
morirono di fame . Suo marito è rimasto invece
bloccato a Damasco perché il governo libanese
aveva chiuso la frontiera . Durante l'assedio di
Yarmuk e nei due mesi successivi Aminah ha
perso 70 chili (passando da 115 a 45). Per la
tensione non riusciva più a mangiare.
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In Libano mi sono ritrovata a vivere in spazi
ristretti. Oggi quando sto all'aria aperta provo
un senso di ansia.
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Noi uomini non contiamo più niente. I nostri
testicoli sono in pericolo.
Hael, 45 anni. Hael era un medico, ma ha lasciato il
lavoro dopo la morte del figlio di sette anni. "I
miliziani hanno fatto una retata nel nostro
quartiere e hanno portato via i miei fratelli. Ho
riconosciuto il corpo di uno di loro solo da un
tatuaggio. Sarei morto se non fosse stato perla
prontezza di mia moglie. Ha mentito ai soldati per
salvarmi la vita. Poi qui nel campo è cambiato
tutto. Noi uomini abbiamo perso potere. Le nostre
mogli non ci obbediscono più perché sono loro a
ricevere gli aiuti umanitari. Se provo ad andare io
all'Unhcr o dalle ong, si rifiutano di darmi lo
scatolone con il cibo".
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Ma almeno, prima del divorzio, teneva i molestatori
lontano da me e dalle nostre figlie.
Sopra: Rawd, 43 anni. Divorziata e madre di
cinque figlie, due delle quali sposate. "Il ruolo
degli uomini è cambiato durante la rivoluzione.
Mio marito aveva paura di uscire a causa dei
checkpoint, quindi dovevo fare tutto io. Unavolta
un uomo mi ha detto che mi avrebbe trovato un
lavoro, ma in cambio avrei dovuto passare la notte
con lui".
Dato che mia moglie non può vedere, le racconto io la
trama delle sue serie tv preferite. A volte cambio un
po' la storia perfarla contenta.
A sinistra: Bassam, 39 anni. "Sono rimasto
ustionato quando avevo due anni. Per questo mio
padre ha lasciato mia madre. Alla fine ho sposato
una donna che non poteva vedere il mio volto
sfregiato. È cieca e anche un po' sorda. Qui nel
campo è stata visitata dai medici delle ong, che
hanno studiato il suo caso a fondo. Alla fine ci
hanno lasciato questo bastone".
Da sapere
La mostra e il festival
♦ Live, love, refugee di Omar Imam è in mostra all'Aria
art gallery a Firenze dal 9 al 27 aprile 2oi6.
L'esposizione, realizzata con il sostegno di The arab
fund for arts and culture (Afac), fa parte della settima
edizione del festival Middle East now , che si è aperto
a Firenze il 5 aprile (e si concluderà il io aprile). Il
festival, che quest'anno ha come tema "Live & love
Middle East", esplora il Medio Oriente
contemporaneo attraverso i racconti e le storie
personali di chi lo vive e lo ama, tra cinema,
documentari, arte, musica, cibo, incontri e altri eventi.
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Se non conoscete le acrobazie del
potete iniziare guardando Speed Sisteìs.
Protagoniste cinque ragazze di Aericho e dintorni che,
una sgommata dopo l'altra, sono riuscite a correre con gli uonnm. E, come loro,
hanno un problema: non stare troppo ferme al checkpoint
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i può fare, e duesta volta Obama noti c'entra. Parliamo di
essere donne che vanno forte in macchina,
in Palestina. Maysoon Jayyusi, Betty Saadeh, Marah Zahalka, Noor Daoud e Mona
Pmiab sono le Speed Sisters, il primo team
tutto al femminile del mondo arabo.
Gareggiano in competizioni di driftirrg,
una disciplina sportiva che premia non la
velocità ma l'abilità, ovvero la capacità di
completare, valutati (la una giuria, un percorso prestabilito di curve e controcurve.
Nella definizione tecnica , si tratta di «guidare in perdita di aderenza controllata
dell'asse posteriore dell'auto». Tradotto in
soldoni: sbandare «artisticamente », senza
fare testacoda né uscire di strada nc andare a sbattere.
Si sono conosciute nel 2009 a una corsa
dove si erano iscritte singolarmente e, da
quel momento, fanno gruppo. Poi le loro strade si sono
incrociate coli quella di Amber Fares, regista di origini libanesi nata e cresciuta in
Canada. Solo dopo gli attentati dell'U settembre e le aggressioni verbali subite dalla
sua famiglia («Tornatevene da dove siete
venuti») Amber iia preso davvero coscienza delle sue radici. Così, quando le hanno
offerto un lavoro di sei mesi in Palestina,
ha accettato - «Per capire meglio cosa significa vivere in quella parte di mondo» finendo per stabilirsi a Ramallah, dove si
è fermata diversi anni prima di tornare in
America, ma a Brooklyn.
Dal suo incontro con le donne-pilota palestinesi è nato Speed Sisterz, documentario prodotto dalla stessa Fares, presentato
per la prima volta al festival Hot Does di
Toronto nel 2015, che ora debutta in Italia
nell'ambito di Middle Fast Now, il festival
di cinema e cultura clc] Medio Oriente organizzato a Firenze dall'associazione non
profit Map of Creation (dal 5 al 10 aprile,
la settima edizione); 80 minuti di sgommate in località dai notai biblici come Jericho, Nablus, Bethlehem, tanta adrenalina, interni familiari, ma anche gas lacrimogeni, proiettili di gomma e checkpoint,
per raccontare la Palestina di oggi al di là
di luoghi comuni e pregiudizi.
«Una squadra di clornie drifters lit strano in
tutto il mondo, ma immagino che per tanti sia ancora più singolare che la cosa accada qui». Maysoon ,layyusi, al telefono, trasmette la rassicurante fermezza che mostra
nel documentario. Ha 39 anni, è la leader
delle Speecf Sisters, anche adesso che vive
in Giordania con il marito, conosciuto durante una gara. Negli ultimi otto mesi la Palestinian Motor Sport and Motorcycle Federation (Pmsmf) ha sospeso ogni attività per la situazione generale sempre più tesa con Israele, ma lei resta in contatto con
le quattro colleghe e spera di poter tornare presto a correre. «In Palestina siamo tutte donne forti, perché dobbiamo proteggerci dalle difficoltà dell'occupazione, e siamo
molto più libere di decidere delle nostre vite di quanto si creda. Non c'è dif erenza tra
uomini e donne, quando sei intrappolato in
coda a un checkpoint. È paradossale, ma l]
siamo tutti uguali».
Le lunghe attese ai posti di blocco rendono i palestinesi frenetici nel loro modo di guidare, una volta che sono riusciti
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a superarli. «Possono passare ore prima
di introversi, perciò per reazione spingiamo sul gas, cercando di recuperare un po'
del tempo perduto. Dal momento elle non
possiamo controllare le nostre vite, almeno riusciamo a controllare le nostre macchine. Guidare veloce ti th sentire libera, il
drifting ti dà la sensazione di essere padrona di ciò che fai».
Le Speed Sisters, infatti, non si limitano a
bruciare qualche semaforo: che si tratti di
Liti mercato della frutta, di uno spiazzo per
l'atterraggio di elicotteri o di una qualche
strada chiusa delle città, mettono di traverso le auto che padri, fratelli e amici le hanno aiutate a preparare. h stato Klialed Qad-
titoli e trofei. F c'è una cosa che Atnber Fares ricorda bene dei tre anni di riprese, dal
2010 al 2013: «Mi aspettavo che gli uomini avrebbero cercato di tenerle alla larga da
quel mondo. Sono rimasta sorpresa nel vedere, invece, come le incoraggiavano».
l ti Rete le Sisters scatenano compienti come: «Dovreste combattere l'occupazione
con le pietre, non coti lo sport e i vestiti di
tiioda», oppure: «Questo è il segno clic la
fine del inondo è vicina». Ma sono in tanti
a difenderle. «Sono donne profondaniente legate al loro Paese e alla loro cultura»,
spiega F ares , «vogliono Fare parte dei sistema e non chiamarsi fuori. Stanno ridefinendo i confini della società, ma lo fanno
doura, fondatore nel 2005 della Federazione, a volerle in gara assieme ai maschi, con
cui non si contendono premi in denaro, ma
con dolcezza».
maYsoon lavorava con i contingenti delle Nazioni Unite quando ha iniziato ad
«VISTO CHE NON POSSIAMO CONTROLLARE
LE NOSTRE VITE, ALMENO RIUSCIAMO
A CONTROLLARE LE NOSTRE MACCHINE:
GUIDARE VELOCE
I1i%.
TI Ii%. SENTIRE IIIIEIE
appassionarsi di drifting. «1 priori tempi
noti avevo detto nulla in famiglia. Quando
gli inglesi si sono accorti del mio talento, si
sono offerti cli pagarmi un corso eli guida
sportiva e, allora, ai miei fio raccontato che
si trattava di lezioni per imparate a guidare
in condizioni di pericolo, in caso di oflènsive israeliane. Col tempo, ho spiegato la verità, li ho rassicurati, noti tre ne sono uscita con un "Lo faccio e bastaa". Così si sono
tranquillizzati, e ora sono fieri di rie».
Le Speed Sisters vengono da contesti economici e culturali differenti, ma sono tutte convinte di un fatto: «Siamo noi donne
a dover operare il cambiamento che cerchiamo, non possiamo aspettare che sia
il inondo che ci circonda a farlo per noi.
Penso all'Arabia Saudita, dove alle donne
è proibito guidare: non è la religione, tra è
la società a dire che non lo possono fare.
Ci miietteranao più tempo, ma riusciranno
anche loro a stringere un volante tra le mani. Durante un viaggio in America ho visto The Iluiaiiit; Ground, un documenta-
rio s u stupri subiti dalle stude ntess
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campus s universitari degli. Stati
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capito aria cosa: la vita, per le dorate, non
è semplice da nessuna parte».
111
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TEF.IPO DI LETTURA PREVISTO: 2 MINUTI
Una coppia da ridere contro la censura
In Italia la commedia romantica di Sabbagh, proibita in Arabia Saudita. «Ironia sui divieti assurdi»
a Arabia Saudita, un Paese senza sale cinematografiche, ora ha
la sua prima commedia romantica (che non verrà
proiettata in patria). Barakah
meets Barakah, primo lungometraggio del regista 33enne
Mahmoud Sabbagh, è stato
presentato in anteprima italiana al «Middle East Now» di Firenze e, dopo aver girato il circuito dei festival, in autunno
sarà distribuito anche in 11 Paesi arabi.
I protagonisti sono Barakah
(che significa «benedizione
divina»), un timido impiegato
comunale della città di Gedda,
interpretato dall'attore comico
Hisham Fageeh, e Bibi (Fatima
al-Banawi), una bella e ricca
blogger di cui lui si innamora
(e scopre che anche lei si chiama in realtà Barakah, ma non
ha mai usato il vero nome, vergognandosene). «È un film su
come i millennials vivono lo
spazio pubblico
spiega Sabbagh . Ho usato la commedia per raggiungere un pubblico più ampio. E poi prendersi
gioco della nostra situazione è
sempre meglio che lamentarsi». L'attore protagonista è no-
to anche perché nel 2013 riadattò la canzone «No woman,
no cry» di Bob Marley per ironizzare sul diritto a guidare
l'auto negato alle donne saudite: «No woman, no drive» diventò virale.
Barakah e Barakah si innamorano ma non possono frequentarsi in una società segregata; l'unico spazio di contatto
è quello virtuale. Così Bibi testa i limiti delle libertà concesse su Instagram, pubblicando
foto di se stessa senza velo ma
solo dalle labbra in giù, e il regista si diverte a pixelare ogni
tanto delle parti del corpo della ragazza oppure immagini di
alcolici. «I film venduti in dvd
o mostrati sulle linee aeree
saudite vengono censurati in
questo modo
spiega
e io
volevo mostrarne l'assurdità».
È un film ottimista perché,
se da una parte si mostra il
contrasto tra il passato
più
«moderno», «meno ideologico», rispetto al presente
il
regista crede tuttavia nella
possibilità del cambiamento.
«Tra gli anni 5o e 70, Gedda
era il centro della produzione
culturale saudita. La gente andava in auto in spazi aperti simili ai drive-in, a guardare i
film. Non c'erano film locali
ma si proiettavano quelli italiani, americani, egiziani. Poi è
esplosa la rivoluzione islamica
in Iran, e nel 1979 ci fu anche la
presa degli ostaggi per mano
di fanatici alla Mecca, e allora
c'è stata una svolta: le autorità
saudite hanno ceduto il controllo del discorso culturale e
sociale ai conservatori».
Però i millennials
che sono oltre metà della popolazione
vogliono più spazio. Ci
sono «iniziative dal basso»,
come i café all'aperto, messi
spesso sotto pressione dalla
polizia religiosa, o i festival artistici. «Mi hanno invitato a
mostrare il film in comunità
chiuse, dove ci si può togliere
il velo, dove vivono gli stranieri. Ma ho rifiutato. Sarebbe
stata una vergogna per un film
sullo spazio pubblico. Spero di
mostrarlo all'aperto, un giorno».
II regista
Mahmoud
Sabbagh è nato
a Gedda nel
1983. Ha un
master
conseguito alla
Columbia
School of
Journalism di
New York.
Il film è stato
presentato a
Firenze
nell'ambito del
Festival Middle
East Now
Viviana Mazza
© RIPRODUZIONE RISERVATA
«Barakah
meets
Barakah»
Fatima
al-Banawi e
Hisham Fageeh
in una
scena del film
diretto da
Sabbagh
Edizione del: 05/04/16
Estratto da pag.: 13
Foglio: 1/1
Peso: 23%
Servizi di Media Monitoring
Il presente documento è ad uso esclusivo del committente.
075-120-080
Sezione: FESTIVAL E RASSEGNE
Dir. Resp.: Norma Rangeri
Tiratura: 11.524 Diffusione: 39.056 Lettori: n.d.
22/04/2016
F - Magazine
PAG. 31
22/04/2016
F - Magazine
PAG. 31
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<DALLA PRIMA DI CRONACA
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E loro storie sono state raccontate dalla fotografa libanese Natalie Naccache nel
progetto “Our Limbo”: una sorta di maxidiario collettivo fatto di scatti, ma anche
annotazioni, pensieri e disegni
che sarà in mostra da sabato al
27 aprile alla Aria Art Gallery di
borgo Ss. Apostoli, in occasione
del festival “Middle East Now”.
Come è nato “Our Limbo”?
«Dalla frustrazione. Stavo ricevendo una serie di incarichi
da magazine e quotidiani internazionali e mi sono resa conto
che stavo facendo sempre le
stesse foto, con le stesse immagini di profughi che si trovano su
tutti i media. E che il mio pubblico stava iniziando a soffrire di
una sorta di esaurimento di compassione: a nessuno interessava
più quello che stava succedendo; non c’era più empatia. Così
ho scelto di documentare gli effetti psicologici legati al lasciare
la propria terra e al non potervi
più ritornare: all’essere confinati, insomma, in una sorta di limbo. Quando ho incontrato Sima,
una giovane donna vivace e calorosa, col suo tatuaggio sul polso
con su scritto “Damasco”, ho capito che era la persona giusta».
Ha scelto un gruppo di persone benestanti. Perché?
«Perché normalmente queste persone vengono ignorate
dai media. Nonostante non soffrano fame o privazioni, la casa
in cui sono nate e cresciute è stata loro strappata via. Queste giovani donne hanno fatto volontariato in montagna per aiutare i
rifugiati, e sentono di non avere
il diritto di lamentarsi perché, a
differenza di tanti altri, hanno
un tetto sopra la testa e cibo sulla tavola. Questa consapevolezza ha creato in loro un fardello
emotivo che parlando con me sono riuscite a esprimere, e che io
ho cercato di trasmettere nel
mio progetto».
Ha scelto di mescolare i suoi
scatti con materiali forniti
dalle protagoniste come frasi, foto prese da Instagram e
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ricordi vari. Come mai?
«Ho iniziato a lavorare con i ritratti delle ragazze, che incollavo su un quaderno aggiungendovi delle annotazioni: sentivo una
specie di muro creativo perché
non riuscivo a rappresentare i loro sentimenti solo con le foto.
Finché non ho deciso di partire
proprio da lì: da un diario che raccontasse una storia e in cui si mescolassero media diversi, come
interviste, illustrazioni o poesie.
Ho anche dato alle ragazze degli
spazi liberi in cui potessero
esprimersi e questo si è trasformato in una specie di terapia
che le ha aiutate a combattere il
loro senso di colpa. Diana, per
esempio, ha raccontato un incubo che aveva avuto su Homs; altre hanno fatto dei disegni».
Perché ha scelto un gruppo di
sole donne?
«Non volevo escludere il punto di vista maschile, ma quello
di Sima era un gruppo di amiche
in cui non c’erano uomini. Credo
che il dramma dell’esilio sia universale».
Cosa pensa della rappresentazione dei profughi da parte
dei media occidentali?
«Credo che le crisi umanitarie
siano rappresentate in modo superficiale, puntando su immagini familiari che stanno creando
una specie di effetto opposto, di
congelamento delle emozioni».
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’È chi, come Natalie Naccache, ha
scelto di raccontare il dramma
della Siria partendo dalle storie
di chi, pur non soffrendo fame o privazioni materiali, è comunque costretto a
vivere nel limbo di un esilio. E chi invece ha voluto avvicinarsi all’inferno dei campi profughi, ma
cercando di ribaltarne la rappresentazione sostituendo ai
numeri e alle statistiche paure e sentimenti profondi. Come il fotografo e regista siriano Omar Imam, protagonista
di “Live, love, refugee”, la seconda mostra ospitata dalla
Aria Art Gallery di borgo Ss.
Apostoli da sabato al 27 aprile in occasione del festival
“Middle East Now”. Nei campi libanesi, Imam ha coinvolto i rifugiati in un processo di
catarsi, chiedendo loro di ricreare i loro
sogni attraverso set improvvisati: il risultato sono immagini simboliche e
spesso surreali, che evocano i mondi interiori di uomini e donne che hanno perso le loro radici e che quotidianamente
lottano per la sopravvivenza. Perché,
racconta lui stesso, «le persone che ho
incontrato vivono vite da incubo, ma in
loro ho sempre colto il desiderio e la for-
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za di continuare a vivere come esseri
umani». La Siria sarà, del resto, una delle grandi protagoniste della kermesse
cinematografica diretta da Roberto Ruta e Lisa Chiari, in partenza stasera
all’Odeon (ore 21) con il concerto del
musicista iraniano Makan Ashgvari,
un corto della regista turca Yesim
Ustaoglu e la proiezione di “Degradé”,
lungometraggio dei gemelli di culto del
cinema palestinese Tarzan & Arab
Abunasser, presentato all’ultimo festival di Cannes. Il paese devastato dal
2011 dalla guerra civile sarà raccontato, fra gli altri, da “A Syrian Love Story”
di Sean McAllister, documentario pluripremiato, in programma
sabato alle 20.45, incentrato sulla storia di Amer
e Raghda, compagni di
militanza politica e
amanti, di cui il regista
ha seguito la tormentata
relazione, fatta di arresti, prigionie, lotta e sogni infranti, per oltre cinque anni. Ancora, sempre dalla Siria, l’anteprima del documentario
“District Zero” di Pablo
Iraburu, Jorge Fernández Mayoral, Pablo Tosco,
girato nel campo profughi di Zaatari
(venerdì, ore 18), il corto “Another
Kind of Girl”, primo film girato da un rifugiato, la diciassettenne Khaldiya Jibawi (domenica, 16.45), e l’anteprima
del progetto di documentario “Mr. Gay
Syria” della giovane regista turca Ayse
Toprak, sulla battaglia di un attivista
per i diritti gay (sabato, 17.45). HS
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DLE
di MARIA GROSSO
0.00Eccetto un flash in un salotto
agghiacciante - con relativa padrona di
casa - non appaiono. Mentre la camera
scala dall'esterno i tanti piani di un
palazzone di Beirut, con le sue finestre
illuminatè a tratti. Ombre fugaci, le
intravediamo che piegano un lenzuolo.
Intanto la voce over scorre. «Anche a
causa del colore della pelle, quelle che
fanno meglio il loro lavoro sono quelle
invisibili». Un letto rifatto e vuoto in un
ambiente che lo contiene a stento,
sottofondo sonoro di stoviglie, un asse
da stiro con il ferro lasciato in attesa.
Una tv che riporta il numero dei morti
dell'ultimo attentato. Il cielo stellato
della capitale del Libano. La camera
T FESTIVAL ' . Z24 5u:
«smette di rèspirare». «Quando sentiamo
di stupri e uccisioni, di fughe, pensiamo:
noi non siamo così. Noi le chiamiamo
lavoratrici. Anche se per tre anni sono
una nostra proprietà ... Le istituzioni
sono dalla nostra parte». A volte «il
vedere» cinematografico è come un'eco
profonda di significati in fuoricampo.
Così in A maid for each, il documentario
di Maher Abi Samra, che sposa
intimamente lo spirito della 7ma
edizione del Middle East Now - dal 5 al
10 aprile sotto la guida artistica di lisa
Chiari e Roberto Ruta -, è tutto un voler
andare oltre la patina dell'apparenza (al
di là delle rappresentazioni più consuete,
11 sono i Paesi del Medio Oriente
raccontati al festival). Angolatura nodale
del film, la scrivania del capo di una
delle tante agenzie (in Libano circa 500),
che gestiscono i flussi di lavoratrici
domestiche provenienti dall'estero, le
più ricercate dalle famiglie benestanti,
anche come esternazione di status
sociale. «A ciascuna la sua», sottolinea
con doloroso sarcasmo il titolo. Dietro
tutto questo, un mercato di donne che
attraversa il pianeta (quello libanese
convoglia solo il 2% del fenomeno nei
Paesi del Golfo), denunciato, tra gli altri,
da una inchiesta di Laura Kasinof, su
Good (Usa), e su Internazionale. Allora le
ragazze - c'è chi la preferisce «calma»,
chi non vuole sia «bassa», chi non
sopporta quelle che dal «catalogo»
sembrano «vecchie», un
tempo le più ricercate
erano minorenni ... diventano frecce su un
grafico tracciato dal
proprietario sulla vetrina
dell'agenzia, come
pacchi dai Paesi di
provenienza: Sri Lanka,
Bangladesh, Etiopia
Filippine ... dove
vengono agganciate tra
le.più vulnerabili ... E
mentre, racconta
Kasinof, a fronte di
condizioni di lavoro
inumane, sia dal punto di vista degli
orari, sia dei salari - con forme vere e
proprie di reclusione in casa, sottrazione
di passaporto e indebitamento della
lavoratrice nei confronti dei mediatori e,
a causa del nefasto sistema dello
sponsor, la «kafala», nei confronti del
datore di lavoro, con conseguenti abusi
fisici e psicologici, stupri e omicidi - si
rafforza il movimento di
sensibilizzazione sindacale (in Libano è
proibita l'organizzazione delle
collaboratrici domesti che), lo sguardo di
Maher Abi Samra percorre un grattacielo
di specchi con illustrazioni di cameriere
ammiccanti.
30/03/2016
Corriere.it – La 27 Ora
2016
30
MAR
Il documentario di Ambra Fares racconta la ribellione ai
conformismi della società musulmana che dapprima ha lasciato
perplessi parenti e genitori. E poi è diventato motivo d’orgoglio. Per
tutti
Speed sister: l’emancipazione corre veloce,
anche per le ragazze arabe
di Jacopo Storni
«All’inizio la gente ci guardava come se fossimo atterrate dallo spazio, adesso hanno cambiato idea e
quando ci vedono gareggiare, fanno il tifo per noi».
Sono donne e sono arabe, corrono in macchina e rischiano la vita, sono piloti di rally su strada.
Maysoon, Mona, Marah, Noor, Betty. Ci sono luoghi comuni che dipingono le donne arabe sottomesse
agli uomini, barricate nelle proprie case e avvolte nei propri chador. Ma ci sono documentari capaci
diribaltare stereotipi e pregiudizi e mostrare al pubblico spaccati di realtà oltre i preconcetti. Uno di
questi è Speed Sisters, firmato da Ambra Fares,canadese di origini libanesi, travolgente e palpitante
racconto della vita di queste cinque donne arabe pilota. Una specie di Fast & Furios in versione araba e
femminile, che sarà proiettato, in prima visione italiana, al Cinema Odeon di Firenze domenica 10 aprile
nell’ambito di Middle East Now, il festival su cinema e cultura mediorientale (in programma a Firenze dal 5
al 10 aprile,).
Speed sisters, i motori come passione insostituibile. Sono le “sorelle di velocità”, cinque giovani ragazze
palestinesi, casco in testa e piede sull’acceleratore. Cercano di conquistare uno sport dominato dagli
uomini all’interno di una società conservatrice. «Quando corro in macchina, sono la ragazza più felice
del mondo» dice una di loro. E un’altra: «Voglio che tutto il mondo sappia che rappresento la Palestina
dei motori».
30/03/2016
Corriere.it – La 27 Ora
Cresciute in famiglie musulmane, hanno affermato la loro identità femminile attraverso il rally,
una ribellione ai conformismi della società musulmana che dapprima ha lasciato perplessi parenti e
genitori, ma che poi è diventato un motivo d’orgoglio. Per tutti. «Quando ero piccola – racconta
Maysoon – i miei genitori mi impedivano di fare attività dopo scuola, volevano che tornassi subito a
casa. Quando ho detto loro che avrei voluto correre in macchina, mi hanno chiesto cosa pensassi di
dimostrare». Oggi Maysoon è il capitano delle squadra femminile, è tutt’ora musulmana e frequenta la
moschea.
Una lenta rivoluzione che ha portato queste cinque ragazze sui palcoscenici del Medio Oriente. È la
prima squadra di rally femminile del Medio Oriente. Corrono in circuiti improvvisati, nei parcheggi dei
mercati, ai margini delle strade. Non c’è spazio in Palestina, territori militari, terre ristrette, densamente
popolate. Correre in auto offre un senso d’evasione. Gareggiano anche per questo, queste cinque sorelle
di velocità. Fanno fischiare le ruote, abilissime nei testacoda, vanno in palestra, guidano la moto, hanno
il trucco sensuale e le unghie curatissime. Uno scandalo per qualcuno. Non per loro, donne
all’inseguimento di una passione sfrenata, cresciute all’ombra del conflitto israelo-palestinese, tra
militari e checkpoint. «La mia passione per l’automobilismo è nata nel traffico dei checkpoint e dei posti
di blocco» racconta una delle Speed Sisters. Donne pilota, che raccontano un altro Medio Oriente, dove
l’emancipazione femminile sale in macchina, scende su strada e cattura gli applausi e il tifo degli
uomini.
Un documentario che muove i primi passi dopo l’11 settembre. «Le cose cambiarono in modo
sostanziale – spiega la regista Ambra Fares – Le moschee nella nostra città, in Canada, furono assalite
con atti di vandalismo e i miei genitori ricevettero minacce al telefono. Cominciai a sentirmi come
un’estranea a casa mia e così ho ritenuto opportuno capire più a fondo il nostro patrimonio arabo, per
30/03/2016
Corriere.it – La 27 Ora
capire meglio quello che stava succedendo. Sono partita per il Medio Oriente e ho incontrato queste
ragazze palestinesi».
È nato così questo documentario, lungometraggio efficace per raccontare la condizione della donna
nell’Islam, tra difficoltà e luoghi comuni. «Queste donne pilota – ha detto la regista – mi hanno
insegnato molto sulla resistenza, mi hanno insegnato che cosa significa rimanere fedele ai sogni,
nonostante gli ostacoli infiniti».
01/04/2016
Corriere della Sera
PAG. 30
II salone i bellezza
specchio dei mondo
Online tutti i film
www.corriere.litliallettura
II salone di bellezza come metafora di
vita. Due film, presentati in questi giorni al
festival Middle East Now di Firenze (fino
al 10 aprile), attraversano le boutique dei
parrucchieri con frustrazione ed empatia.
Ma già prima di Dégradé, dei fratelli
palestinesi Tarzan e Arab Nasser, e
Women in Sink, regia dell'anglo-israeliana
Iris Zaki, al cinema numerose donne si
sono (ri)trovate tra specchi e acconciature
L'indirizzo
I lettori
possono
scriverci
all'indirizzo
email IaLettura
@corriere.it
in uno spazio all'apparenza «innocuo» e
frivolo, d'incontro e rivalità. I pettegolezzi
di Donne di Cukor (1939), le acconciature
cotonate di Fiori d'acciaio (1989), i ritratti
di Caramel (2007): su www.corriere.it/
Lalettura una rassegna per immagini e
video esplora un terreno che sa diventare
anche luogo di denuncia politica e sociale.
Su «la Lettura» #227 in edicola fino a
sabato l'analisi di Maria Grosso.
MIDDLE EAST NOW
Firenze, cinema Odeon
Si chiude oggi il Middle East Now, il festival di cinema mediorientale con l'anteprima italiana di «Eyes of a Thief», il film
di Najwa Najjar selezionato per rappresentare la Palestina agli Oscar, alle 21.
L'autrice sarà in sala insieme al suo cast
tra cui il divo egiziano I<haled Abol Naga
e la cantante algerina Souad Massi che si
esibirà in una performance dal vivo. Domani torna il Banff Mountain Film Festival alle 20,30: dedicato al cinema di
montagna e allo spirito dell'avventura.
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Edizione del: 05/04/16
Estratto da pag.: 15
Foglio: 1/1
Peso: 26%
Servizi di Media Monitoring
Il presente documento è ad uso esclusivo del committente.
112-108-080
Sezione: TOSCANA CULTURA E SPETTACOLI
Dir. Resp.: Paolo Ermini
Tiratura: n.d. Diffusione: n.d. Lettori: n.d.
Io chef, il divo, la cantante
I volli del «Middle East»
I)al Libano a 'lgitto, le stelle del Medio Oriente a Firenze
C'è un bel pezzo di Medio
Oriente in questi giorni a Firenze.
Perché, nonostante i travagli e le
tragedie che vive, questa vasta
area del mondo è un continente di
creatività in ebollizione. Lo testimonia il Middle East Now, il festival dedicato al cinema e alle arti
mediorientali (fino a domenica
all'Odeon e in altri luoghi della
città), nel cui ricco programma ci
si può tuffare per scoprirle i tanti
volti protagonisti di questa frenesia. A partire da uno dei più particolari, lo chef Kamal Mouzawak,
considerato uno dei più influenti
personaggi della scena culinaria
araba (ha fondato il primo mercato biologico libanese, nonché il
Tawlet, rinomato ristorante-cooperativa nel cuore di Beirut), che
stasera (al Teatro del Sale) sarà
l'animatore di una cena speciale,
«Lebanon Meets Florence» e sabato di una cooking-class sui segreti del perfetto Tabbouleh. Se
dal Libano ci si sposta all'Arabia
Saudita si scopre che, malgrado
nel paese degli sceicchi il cinema
sia bandito dal 1972, qualcuno si
permette di infrangere la legge; è
nato così il film Barakah Meets
Barakah, una stravagante commedia sentimentale (all'Odeon,
domani ore 20.45), che verrà presentata dall'attore protagonista
Hisham Fageeh, assunto agli onori della celebrità globale qualche
tempo fa con un cliccatissimo video dal titolo Noti Oman No Drive, in cui faceva il verso alla celebre canzone di Bob Marley, parodiando il divieto vigente nel suo
paese, che impedisce alle donne
di guidare l'auto.
Domenica (sempre all'Odeon,
ore 21), in chiusura del festival,
Eyes of Thief della palestinese
Najwa Najjar, che sarà presentato
in sala dalla regista e dall'attore
protagonista Khaled Abol Naga,
una specie di George Clooney egiziano: è una vera e propria star del
La cantautrice Souad Massi
cinema nordafricano, ma è anche
un attore impegnato e per certi
versi scomodo, molto amato dal
pubblico, ma non altrettanto dal
regime militare del suo Paese. Il
film è una sorta di thriller politico,
sospeso tra passato e presente, capace di gettare uno sguardo inedito sulla società palestinese con-
temporanea. Ad accompagnare il
divo egiziano ci sarà l'altra attrice
protagonista del film, la cantante
Souad Massi (che si esibirà in una
speciale performance prima del
film), nata ad Algeri, ma da molto
tempo residente in Francia, e da
anni impegnata nel celebrare attraverso la musica e la poesia la
grande letteratura araba classica,
ricordando agli arabi di oggi le loro origini, la loro storia, la loro
millenaria cultura, le lotte contro
le tirannie e le oppressioni. Libertà e vita sono i sentimenti al centro anche della performance che il
coreografo israeliano Mor Shani
metterà in scena alle Murate (domani ore 18), Lov-ism, in cui
l'amore prende la forma di una fede indissolubile C'è poi il fotografo siriano Omar Imam che sabato
all'Aria Art Gallery in Borgo SS.
Apostoli presenta la mostra Live,
Love, Refugee mettendo al centro
delle sue fotografie in bianco e nero sogni, paure, desideri dei rifugiati siriani nei campi profughi in
Libano.
Marco Luceri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
MIDDLE EAST NOW
Firenze, cinema Odeon
Oggi, quarta giornata dei festival di cinema mediorientale Middle East Now si
parla di Arabia Saudita, dove il cinema è
bandito dal 1972, e dei Bahrein: alle 20.
45, in anteprima italiana la commedia
saudita «Barakah rneets Barakah» di
Mahmoud Sabbagh presente in sala con
il protagonista Hisham Fageeh. Tra gli altri film alle 18 il dramma dei profughi siriani nel documentario «District Zero»
prodotto da Oxfam..
Pers.-I- , — ,'. La star del cinema Khaled Abol Naga, domani a Firenze per Middle East Now, parla di Giulio Regeni
e delle altre vittime del suo Paese: «I dettagli orribili di quell'assassinio rivelano il male che stiamo affrontando»
di Marco Luceri
Nello sguardo di Khaled
Abol Naga sembrano concentrarsi tutti gli istanti di un'intera esistenza. Sarà forse per questo che al di là del suo innegabile fascino, il grande divo egiziano - una star assoluta del
cinema all'ombra delle piramidi - non riesce a togliersi mai
di dosso quella vitale irrequietezza che lo ha portato a scelte
spesso difficili.
Già, perché dietro il glamour, i lustrini e i Lapis rouges
di una delle più importanti industrie di entertainment dell'Africa, Khaled Abol Naga nasconde la scorza di un coraggioso combattente, il cui mestiere, quello dell'attore,
significa per lui soprattutto
aderire a un'etica del pensiero
e impegnare la propria popolarità al servizio di un'idea (proprio nei giorni scorsi ha raccolto il grido di dolore che si è alzato dalla madre di Giulio Regeni e quello di tante altre
mamme che hanno visto i loro
figli sparire o essere uccisi nell'Egitto di Al-Sisi, postando sul
suo seguitissimo profilo Twitter i recenti articoli del Corriere
della Sera sul caso). Sarà proprio lui a chiudere domani sera a Firenze la settima edizione
del festival Middle East Now:
presenterà in sala (all'Odeon,
ore 21) uno dei suoi ultimi
film, Eyes of a Thief, della regista palestinese Najwa Najjar,
insieme a lei e alla coprotagonista, la cantante algerina
Souad Massi. Si tratta di un originale thriller politico sospeso
tra passato e presente, in cui
Khaled Abol Naga interpreta la
parte di Tareq, un misterioso
fuggiasco immerso nella brulicante società palestinese contemporanea.
Il film è un racconto sul
senso dell'amore, della perdita e sulla ricerca di una possibile identità . Un modo piuttosto inusuale di affrontare la
questione palestinese...
«Penso che al centro della vicenda ci siano soprattutto le
emozioni umane. E così che il
film cerca di farci aprire gli occhi sulla maniera in cui si vive
sotto l'occupazione, su come la
presenza costante di un muro
intorno alle persone riesca a tirar fuori sia il peggio che il meglio della gente: da azioni violente a slanci pacifisti. Questo è
valido sia in Palestina che in
qualsiasi altro paese: le emozioni delle persone che soffrono sono sempre autentiche. A
mio parere la parte più interessante nella scrittura del personaggio è l'approccio anti-eroico di Tareq. Metteremmo tutti
in discussione le nostre vite facendo scelte diverse se Il tempo
tornasse indietro o se avessimo
un'altra possibilità? Anche se
fossimo visti da tutti gli altri
come eroi, o il contrario?».
Per lei recitare è dunque
una questione di onestà?
«Credo proprio di sì. C'è
sempre un nucleo che ha a che
vedere con la condizione umana: bisogna cercare quello e
mantenere un atteggiamento
di onestà. All'inizio mi piaceva
l'idea di partecipare a un film
interamente girato in Palestina, perché ho molta fiducia
nell'idea di abbattere le barriere tra le persone, e credo che il
cinema sia lo strumento perfetto per farlo, perché è un linguaggio universale, fatto di
emozioni umane».
Un attore può contribuire a
cambiare il mondo?
«Penso che siamo davvero
vivi solo quando riusciamo ad
aiutare gli altri a cambiare e
questo lo si deve fare anche opponendosi alla tirannia e all'ingiustizia. Le nostre voci fanno
la differenza. E storicamente
documentato che gli artisti
onesti di tutto il mondo hanno
cambiato leggi ingiuste e si sono schierati per i diritti umani
in molte situazioni. Si, possia-
mo cambiare il mondo, l'abbiamo già fatto e lo faremo ancora. Non abbiamo altra scelta».
Che idea si è fatto sulla vicenda di Giulio Regeni e qual
è il suo giudizio sul comportamento delle istituzioni egiziane?
«Per prima cosa, insieme a
milioni di egiziani, faccio le
mie più profonde condoglianze alla madre, alla famiglia e
agli amici di Giulio Regeni, oltre che a tutta l'Italia. I dettagli
orribili del suo assassinio e delle torture rivelano al mondo
tutto il male che stiamo affrontando nel nostro Paese. Nel
2011 la gente ha chiesto che il
regime si facesse da parte per
tutta una serie di crimini che
gli egiziani non potevano né
volevano più accettare. I brutali
assassinii della polizia egiziana
ad Alessandria hanno dato avvio a quella rivoluzione contro
la tirannia che ha portato alla
destituzione di Mubarak, ed è
triste e inaccettabile, oltre ogni
immaginazione, assistere al ri-
torno di queste stesse cose dopo quegli avvenimenti. Oggi,
nel 2016, gli stessi egiziani, gli
italiani e tutto il mondo sono
testimoni di crimini forse ancora peggiori, che vanno fermati una volta per tutte. Il regime di Al-Sisi deve prendersi le
sue responsabilità e raccontare
la verità al mondo, tutto deve
essere pubblico . Basta con le
piramidi di bugie , che servono
solo a proteggere chi fa del male alle persone . Le madri di tanti figli dispersi, torturati, fatti
scomparire o assassinati in
Egitto dividono con il mondo
una necessità senza precedenti, quella di sapere la verità, e di
perseguire gli individui e Il sistema responsabili di questi
crimini. Sono desolato e arrabbiato per il governo fascista che
ci ritroviamo in Egitto , che usa
la "guerra al terrorismo" come
scusa per perpetrare tirannia e
correzione... Possa Dio guidarci su un cammino di pace, per
porre fine a questa tirannia».
0 RIPRODUZIONE RISERVATA
I ttiei» della regista Najwa Najjar, sotto la conferenza della mamma di Giulio Regeni
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Domani
(ore 21)
all'Odeon
Khaled Abol
Naga presenta
il film «Eyes of
a Thief»
insieme alla
regista Najwa
Najjar (nella
foto) e alla
cantante
Souad Massi
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OurLimbo è un progetto fotografico della libanese Natali E, Naccache che parla di donne
si riarie scappate dal loro Paese; My Lebanan. Under the Olive Tree è un diario per
immagini e illustrazioni della giovanissima Nour Flayn. Assieme a Kamal Mouzawak, tra i
protagonisti della cultura gastronomica libanese, partecipano al festival Middle EastNow,
vetrina sul Medio Oriente di oggi e dei tanti registi, musicisti, creativi che ci vivono e lottano
per un quotidiano migliore, middleastnow it.
R5IIVAL
QUEL SAPOR
MEDIORIENTALE
A Firenze daI S ai 10 aprile, Middle East
Now(rniddleastnowit):film, mostre,
concerti, incontri e cene tutti legati
dal filo conduttore del Medio Oriente.
Parlando di cibo, showcooking
dello chef di Beirut Kamal Mouazwak,
creatore dei primo farmer's market del
Libano. Trai film in programma, Barakah
meefs Barakah (foto sopra) del saudita
Mehmoud Sabbah, Biglietti da € 5.
-.SE 9-1_.
E
~
STEti SEN DA MaRIEOI' 5í
Irta settimana in. M iddle East
0a martelli 5 a domenica 10, tra Otleon e Stensen , MIOOLE EAST ttOW, il festival di cinema (o non solo) interamente
dedicato al panorama mediorientale diventato un evento di culto della primavera cinematografica fiorentina. Al
centro dell 'edizione di quest'anno , che è anche il secondo tassello del più ampio cartellone Primavera di Cinema
Orientale, realizzato per Regione Toscana da Quelli della Compagnia di Fondazione Sistema Toscana , è il tenta Live
& Love Aliddle East, ovvero , vivere in Medio Oriente oggi, oltre II fragore delle bombe, le rovine, la paura , la fuga.
44 titoli, quasi tutti in anteprima
italiana , per un mosaico che
mette insieme ttungoruelraggi,
documentari, film d'animazione
e cortometraggi da tutta l'area,
Uno spazio retrospettivo speciale
è dedicato all'importante regista
turca Yesim Uslaoglu, special guest
dell'intera manifestazione. Un focus
è invece dedicato alla vita quotidiana
in Palestina, Libano, Siria e tran.
Una finestra speciale è riserA,ata
al Barhein . Dall'Arabia Saudita,
paese finora noto per la sua politica
a uticinenmtografìca, arriva ßarakah
meets ßarakah di rmlahmoud Sabbali,
prima commedia girata nel paese.
Altri interessanti titoli danno voce
invece a realtà dell'Iraq, Hurdistan,
Israele, Libia, Palestina, Egitto,
Giordania, Yemen , Afghanistan,
Siria, Algeria e Marocco.
Ricchissimo anche il calendario
degli eventi collaterali. Il famoso
ehef e food activist libanese , Hamai
Mouzawak , gio 7 presso Teatro
del Sale è protagonista della cena
speciale ' I chanon Meets Ulorence",
mentre sah 9 presso la Scuola d'Arte
Culinaria Cordon Bleu , è al centro
di una cooking class sui segreti del
perfetto Tabbouleh e sulla cucina
casalinga libanese.
La famosa cantante libanese Souad
Massi, considerata una delle più
celebri autrici e cantanti di musica
araba contemporanea, Propone
invece don[ 10 alle 21 all'Odeon una
performance speciale. Di scena testi
che lanciano un messaggio di sfida
all'isis, facendo appello alla creatività
e alla tolleranza dell'Islam dei poeti
classici e delle sue prime forme di
civilizzazione.
Da ven 8 a mer 27 a Aia Art
Galleiy due mostre fotografiche,
Our Limbo della giovane fotografa
libanese Natalie Naccache, e Lire,
Love, ltefregees del fotografo siriano
Ontar tnram , mentre presso Anihlé
trova spazio il progetto Aly Lelarron
della giovane artista e illustratrice
libanese Nora' frl;ryhall.
Da segnalare infine Festival 't'all{s,
striscia dedicata a prescnlazioni
e dibattiti tutti i giorni alle 1930
all'Odeon. 'i'ra gli eventi, curati da
Felicetta Ferrano: gin 7 presentazione
del libro Pop Parlestine Cuisine
di Fidaa Abtnliamdiya e Silvia
Chiarantini (con assaggio del "vero"
liunirnus palestinese); veli 8 incontro
con lo scrittore siriano Khaled
Khalifa, autore dei libro EI(gio
dell'ilio; sal) 9, preaentaziolie dei
libro L'Irax Cotrtenrporaneo di
Pejuiaii Abdohnohanunadi.
La mattina di dota 10, all'Odeon
la tavola rotonda 5'e vario! la parce,
raro 338 9868969 •- 0,55
214068 - pomeridiano 5 erro,
4 rida serale 6 giuro, 5 rid;
abbonamento 30 euro; talks
gratuito anta✓. ntiddteastnor .it
Ili d'. atto le • ii i, ,,.l :,il hr.l
arar 5
ore 21 corto Hotel di Y.
Ustaoglu - a seguire Degradà di
Tarzan & Arab Ahunasser
nier 6
ore 10 - 12.30 Middle EasI Ilari
Matinée dedicala agii studenti
ore 16 corto 74 di S. Chamani
Gol - a seguire 1Vonren in Sink
di I. Zaki
ore 17.30 cono Upslairs
Neighbour di P. Badkoheli - a
seguire Love Atarlrrre Kabul di
A. Palagi
ore 19.30 che cosa non é
l'islam lezione sulla convivenza
con L . Ceclich
ore 20 Veggie/Arab
degustazione rnediodeniale 15 curo
ore 21 corto A Love Story in 7
Clrapterdi B . Jaroudi - a seguire
Parisierxre di D. Arbid
gio7
ore 13 Middle Easl Noti Lunch
Boxe callo Sbitardi 0. Delafrej
- a seguire Dry Hot Sumrnerdi
S. Elbendary
ore 16 collo 1 Think This is tbc
Closest lo how F©otage Looked
di Y. Ffanieiri e M.Vaknil - a
seguire God's AMessagedi I.
Lerrier
dalle 17.30 Beirut Anirnaled
frana un accordo . O forse no?,
con la Partecipazimie di in1Purtaritï
giornalisti ed esperti di Medio
Oriente.
lliretlo da Lisa Chiari e Roberto
Ruta, il festival
è promosso
dall'associazione culturale Mali of
Creatimi, ed è sostenuto da Enti
Locali, Cassa di Risparmio di Firenze,
Oxfanl Italia, Gruppo 1Yliy tile 13est
Series: A Love Story ira 7
Chapler(II D Jaroudi, Un
Obus Partoutdi ZNajjar,
Norr, Rlohamad, Rayon di
I. Gebrayel, The Wind di L.
Ghaibeh, MA. Ghaibeh, S.
Nourallah e I. Ramadan,
t,lasssud di T. Iskandar, Like
there is aro tomorrov✓ di f,1.
Haddad
ore 17.50 A Maid lai Each di
M. Abi Sanira
ore 19 cado Talk Radio Telrran
di M Mansour
ore 19.30 presentazione libro
Pop Palestina. Viaggio nella
Cucina popolare Palestinese
- a seguire degustazione di
huniinus
ore 20.45 The Idol di H. Abu
Assad
ore 22.30 corto 1Vonren in Sink
di I. Zaki
Sil:nl,n -!viali. Ritti I,linnrui
ore 1830 DeiNarld (li Tarzan &
Arab Ahunasser
ore 21 Turkish Deliglrts
degustazione di dolci turchi - a
seguire Araf - Someivhere in
Reltreen di Y. Ustaoglu
veri 0
ore 13 Middle East Noci Lunch
Box - a seguire corto Talk
Radro Telrm di P9 ftlansour e
corto 74 di S. Chaniani Gol
ore 15.30 Focus Bahrain 5
corti: Steps di S. Yousif, Fish
R Traps di S. Yousif, Canary
dl PA. Rashed Burli, TlreGood
Orrendi M. Reshed Burli
Hotels Firenze, FS'f-Fondazione
Sisteana
Toscana,
Ambasciata
del Regno dei Marocco, 1sLttuio
Culturale Iraniano in Italia, Pontc33,
Azalai 'll'avel Design, Ponte33,
Istituto Stensen, NYtI Flnrence Villa
La Pietra, irleltin'Concept / Let7, Aria
Art Galles}', Amblé, e altre istituzioni
e partner locali e internauionali.
ore 16.30 corto Gilt tu mi,
Fattrerdli S. Salnlan -a seguire
Roshmia di S. Abu Jabal
are 18 corto 9 Days di I.
Tourna, T. Vroege, Floor van
der P.ieulen - a seguire Dïstrict
Zero di P. Iraburu, J. Fernandez
l,layoral e Fatto Tasca;
ore 18 Aria Art Galleiy (Borgo
SS Apostoli, 40r) Mostra
iotograh'ca Ow Limbo di
N. flaccache e Live, Love,
Relugess di 0. Roani (fino a
nier 27) - Anihlé (Piuzeelta dei
Del Bene la) Al y Lebanon di N.
Flayhan (fino a nier 27)
ore 19.30 incontro con lo
scrittore siriano K. Khalila
ore 2045 degustazione di dolci
tradizionali dal ßuhrein - a
seguire corto Stepsdi S. Yousif
e 3arakha meets Barakha di h1
Sabhagh
ore 22.30 Journey lo ihe Sun
di Y, Ustaoglu
sali 9
ore 14.45 corto Tuesdaydi Z.
Dernlrel - a seguire P<lndori's
Box CO Y. Ustaoglu
ore 17.15 Focus Greenhouse corto Sbitardi 0. Balafrej
ore 18 corta Mr. Gay Syria di
A. toprak -a seguire Baglardi
B, Bas e M. Birder
ore 18 Le Fluiate (Piana delle
P.iurale) Perlornrance di danza
conternporanea Love-1SAtdi
t'l. Stani
ore 19.30 presentazione libro
I'iron contemporaneo. Le
sfide intento e internazionali
di un paese strategico di P,
Ahdnhirohanrrn,Al P G. Canta
ore 20.45 corto Biue di A.
Dhabi - a seguire A Syrian lave
storydi S. flcAllisler
ore 22.30 Lantouii dl H.
Dormisliian
(toni 10
ore 11 Talk della domenica
Se vuoi la pace, trova un
accordo. D forse no? con
P Abdolinolraniniadl, H Cohen,
V. Mazza, A Negri, N. Pedde modera L. S. Battaglia
are 15 corto Dry Hot Surrrrrrer
di 5. Elbenclaiy - a seguire Tuk
Tukdi R. Saad
ore 16.45 corto Araother Kind
ofGirt di K Jihaeai - a seguire
Specd Sisteis di A. Fares
ore 18.30 Carlo Tchran di PA
Morin - a seguire Starles.s
dreams di PA. Oskouel
ore 20 aperitivo a cura del
ristorante La Valle dei Cedri
e di Silvia Ciiialanßini, piatti
mediorientali - 15 euro
ore 21 Closing Ceremony
Pruni aziene Middle Fasi
fiori Aranl miglior filln per
il pubblico e PrenOzioni
corlolnetraggi - corto Ave
Maria di B. Khalll - a seguire
Eyes of a Thiel di N. flajlar
Stensen
ore 11 Barakha meats Barakha
di M. Sabbagh
Jar:i i tt:ttnri in l freuze
5pvitanolo
RASSEGHE ® Middle East Now con Arab e Tarzan
La vita a Gaza nel salone
della parrucchiera
Giovanna Branca
D feci donne in un salone di bellezza attendono il loro turno per
un taglio di capelli, il trucco,
una depilazione. La musica che sprigiona dal cellulare della proprietaria serve
a coprire il fastidioso ronzio di un «corvo»: un drone israeliano che si aggira in
cielo. Siamo a Gaza, in Palestina, dove
lo scorrere normale della vita prevede
improvvisi black out, il razionamento
della benzina per far funzionare i generatori di corrente, il rumore dei fucili mitragliatori fuori dalla porta e l'attesa rassegnata di una nuova guerra. Dégradé
dei registi palestinesi Arab e Tarzan nomi d'arte dei gemelli nati e cresciuti
proprio a Gaza Ahmed e Mohammed
Nasser - racconta questa «normalità»
da un punto di vista esclusivamente
femminile, replicando all'intemo del salone di bellezza la chiusura forzata al resto del mondo della comunità che vive
nella Striscia. II film, presentato alla Semaine de la Critique di Cannes 2015,
apre oggi al cinema Odeon di Firenze la
settima Edizione del Middle East Now fino al 10. Per i gemelli Nasser Dégradé
è il primo lungometraggio, «realizzato
in un unico luogo pieno di specchi, in
22 giorni e con tantissime attrici» raccontano - Una delle clienti della parrucchiera e estetista Christina, una donna
russa arrivata in Palestina a seguito del
marito, è interpretata da Hiam Abbas,
che ha subito accettato il ruolo dopo
aver letto il copione nonostante il povero budget e i tempi di produzione strettissimi. «Volevamo parlare della yita reale di tutti i giorni a Gaza, che vista attraverso il muro viene spesso mal compresa. E soprattutto quella delle donne, immaginate sempre e solo coperte da un
velo e senza una voce propria. Per questo ci siamo concentrati sui personaggi
femminili: le donne a Gaza sono uguali
a quelle nel resto del mondo».
Fuori dal salone, mentre cala il sole, i
disordini e gli scontri a fuoco si moltiplicano. «Una metafora della condizione
orribile in cui viviamo» dicono i cineasti. Il conflitto non coinvolge però, co-
me ci si potrebbe aspettare, l'esercito
israeliano: si svolge tra gli uomini di Hamas e alcuni oppositori intorno a un leone portato in giro dal fidanzato dell'assistente di Christina. L'aneddoto arriva
dalla realtà. Dicono i registi: «Tempo fa
il governo ha attaccato una famiglia potente di Gaza per requisire un leone che
avevano comprato dallo zoo».
I due fratelli nei confronti di Hamas
non hanno molta simpatia: «Da loro il
cinema non viene affatto rispettato»
spiegano. Nati nello stesso anno che-,
ha visto la chiusura delle sale cinematografiche i Gaza, il 1988, saltavano la
scuola per «esplorare i cinema bruciati
e distrutti vicino a casa nostra, alla di
sperata ricerca dei poster dei film». Di
questa passione c'è traccia nel loro primo lavoro, un'esposizione di manifesti
cinematografici di film fittizi e titolati
come le missioni israeliane in Palestina: «Piogge estive», «Nuvole d'autunno» è così via. «Volevamo realizzare
una fantasia cinematografica su quelle
operazioni militari».
Dègradè non è l'unico film palestinese in programma al Middle East Now:
nei prossimi giorni verranno proiettatianche The Idol di Hany Abu Hassad storia di un ragazzo. di Gaza che ha vinto il programma televisivo Arab Idol - il
documentario Speed Sisters di Amber
Fared e il cortometraggio candidato
agli Oscar Ave Maria di Basil Khalil.
Tema di questa edizione del Festival
è «Love & Live in Middle East», una polifonia di voci di registi mediorientali che
raccontano la vita quotidiano in mezzo
alle guerre e i bombardamenti ma anche la speranza nel futuro. Tra f paesi-rappresentati anche la Siria, con A
Syrian Love Story di Sean McCallister,
documentario che racconta la storia
d'amore di due attivisti girato nell'arco
di cinque anni. Dalla selezione dell'ultima Berlinale viene invece la prima commedia romantica dell'Arabia Saudita:
Barakh meets Barakh di Mahmoud Sabbah. Ospite d'onore sarà la regista turca
Ye- imUstao ludi cui verranno proiettati quattro film compreso il più recente Araf (2012).
30/03/2016
Online
D'amore, di guerra. E speranza. Film e racconti dalla
vita in Medio Oriente a Firenze
Romanticismo casto e "pixelato" in Arabia Saudita. Donne arabe pilota da corsa.
Negozi di parruchiere a Gaza e Haifa. Ma anche le cicatrici di una famiglia siriana
seguita per cinque anni, da prima a dopo il conflitto civile ancora in corso. E la vita
nei campi profughi. Sono solo alcuni degli sguardi, come sempre inediti, della
rassegna "Middle East Now" in programma dal 5 al 10 aprile
DI ROBERTO DI CARO
31 marzo 2016
0
Portare in scena il Medio Oriente è un'impresa spericolata, oggi che l'Isis sgozza, stupra e devasta
Siria e Iraq, con la Libia che è già un'altra Somalia di guerra per bande, la democratica Tunisia
sotto attacco del terrorismo islamico, l'Egitto di nuovo scivolato nella morsa tra fanatismo religioso
e dittatura paramilitare, le “primavere arabe” diventate il fantasma di una speranza eccessiva
rivelatasi una trappola.
Dunque, chapeau a chi ancora riesce a farlo: Lisa Chiari e Roberto Ruta, che sette anni fa
s'inventarono a Firenze ilMiddle East Now festival e da allora a ogni edizione l'hanno ampliato
e arricchito, presentando in anteprima registi e opere poi strapremiati ai festival internazionali e
spesso arrivati nelle sale non solo d'essai, e aggiungendo spettacoli musicali, mostre fotografiche,
persino corsi di cucina. Ora, appuntamento sempre a Firenze dal 5 al 10 aprile, mirano a «far
conoscere un mondo nella sua quotidianità oltre la paura, gli attentati, le guerre. Il tema di questa
30/03/2016
Online
edizione è infatti “Live & Love Middle East”, vivere e amare il Medio Oriente, attraverso le storie
raccontante dal cinema, dagli artisti e dagli ospiti speciali che portiamo a Firenze».
Il carnet è assai ghiotto: 44 film dal Nordafrica all'Iran fino all'Afghanistan, mostre fotografiche sui
rifugiati siriani, dal vivo Soaud Massi la Joan Baez della musica araba, in cattedra lo chef
libanese Kamal Mouzawak, n.15 al mondo. E quest'anno anche danza contemporanea, la
performance Love-ism del giovane coreografo israeliano Mor Shani, duetto su santità e peccato
sulla falsariga dell' “Arte di amare” di Erich Fromm, venerdì 8 aprile ore 18 alle Murate.
Souad Massi
Varie le chicche. Ma cominciamo dai saloni di bellezza. Sì, proprio. Negozi di parrucchiere. Uno
nella Striscia di Gaza, l'altro a Haifa, Israele. In due pellicole che è come si specchiassero giocando
a rimpiattino, entrambi caleidoscopi di vite femminili che s'intrecciano in una difficile e instabile
quotidianità. La prima è fiction: Degradé dei “gemelli terribili” del cinema palestinese, Tarzan e
Arab Abunasser. Nel salone di Christine a Gaza, un giorno che c'è l'elettricità, s'affollano una
futura sposa, una donna incinta, una divorziata, una molto religiosa, una dipendente da droghe.
Bloccate dentro, perché fuori sparano, una famiglia ha rubato l'unica leonessa dello zoo, Hamas
vuole regolare vecchi conti aperti. Complicità, confidenze, vite sciorinate e messe a nudo:
protagonista la più talentuosa attrice emergente del cinema palestinese, Maisa Abd Elhadi. Sia
lei sia Tarzan & Arab sono a Firenze nei giorni del festival.
Negozi di parrucchiere. Uno nella Striscia di Gaza, l'altro a Haifa, Israele. In due pellicole che è
come si specchiassero giocando a rimpiattino, entrambi caleidoscopi di vite femminili che
s'intrecciano in una difficile e instabile quotidianità. La prima è fiction: Degradé dei “gemelli
terribili” del cinema palestinese, Tarzan e Arab Abunasser. Nel salone di Christine a Gaza, un
giorno che c'è l'elettricità, s'affollano una futura sposa, una donna incinta, una divorziata, una
molto religiosa, una dipendente da droghe. Bloccate dentro, perché fuori sparano, una famiglia ha
rubato l'unica leonessa dello zoo, Hamas vuole regolare vecchi conti aperti. Complicità, confidenze,
vite sciorinate e messe a nudo: protagonista la più talentuosa attrice emergente del cinema
palestinese, Maisa Abd Elhadi. Sia lei sia Tarzan & Arab sono a Firenze nei giorni del festival.
Documentario è invece Women in Sink, della giovane regista israeliana Iris Zaki. Che il suo
primo cortometraggio, My Kosher Shifts, lo girò al bancone di un hotel per ebrei ultraortodossi a
Londra, dove appunto lavorava come receptionist. Presa diretta, Women in Sink. Con la telecamera
30/03/2016
Online
piazzata sopra il lavandino nel negozio di parrucchiera di una cristiano-araba ad Haifa, spazio di
libertà provvisoria per le clienti arabe, ebree, cristiane, ricche e povere. Tutte, ciascuna a suo modo,
alle prese con l'amore, la storia e la politica, che sballottano e tranciano le loro esistenze come i
marosi fanno coi fuscelli sull'acqua.
Women in Sink è un documentario della giovane regista israeliana Iris Zaki. Che il suo primo
cortometraggio, My Kosher Shifts, lo girò al bancone di un hotel per ebrei ultraortodossi a Londra,
dove appunto lavorava come receptionist. Presa diretta, Women in Sink. Con la telecamera piazzata
sopra il lavandino nel negozio di parrucchiera di una cristiano-araba ad Haifa, spazio di libertà
provvisoria per le clienti arabe, ebree, cristiane, ricche e povere. Tutte, ciascuna a suo modo, alle
prese con l'amore, la storia e la politica, che sballottano e tranciano le loro esistenze come i marosi
fanno coi fuscelli sull'acqua.
L'altro film palestinese presentato in anteprima a Firenze è di quelli che proprio non ti aspetti.
Perché la storia è tutta vera, ed è quella del primo e unico “racing team” arabo di sole
donne pilota, Noor, Marah, Betty, Mona e Maysoon il loro capitano: belle, giovani, spigliate,
combattive, casco in testa ma chiome al vento. S'intitola Speed Sisters, regista è Amber Fares,
intreccia adrenalina e intimità, acceleratore e confessioni, speranze, sfide, battaglie. Non ultime,
contro i luoghi comuni della e sulla cultura araba.
"Speed Sister" è la storia è tutta vera del primo e unico “racing team” arabo di sole donne pilota,
Noor, Marah, Betty, Mona e Maysoon il loro capitano: belle, giovani, spigliate, combattive, casco in
testa ma chiome al vento. Regista è Amber Fares, che intreccia adrenalina e intimità, acceleratore e
confessioni, speranze, sfide, battaglie. Non ultime, contro i luoghi comuni della e sulla cultura
araba.
Inaspettato, ma le sorprese non vengono mai da sole, ancheBarakh meets Barakh Barakah,
dell'esordienteMahmoud Sabbagh, protagonista l'attore comico Hisham Fageeh. Perché è la
prima commedia saudita della storia. Commedia romantica che narra del timido e
ovviamente castissimo innamoramento di un impiegato comunale di Jeddah per la ricca e bella
blogger Bibi. Con quello che succede ai blogger in Arabia Saudita, l'unico dubbio è che racconti
un'Arabia felix del tutto immaginaria, in cui, come recita una didascalia subito dopo i titoli di testa,
“le zone pixelate che vedrete in qualche scena del film sono del tutto normali e non sono da
intendersi come un riferimento alla censura”.
Un'immagine da Barakah meets Barakah
Se qualcuno sospetta che tanta quotidianità per noi inattesa o sconosciuta, dalle romaticherie
saudite alle Fast & Furious palestinesi, finisca per funzionare come un diversivo rispetto ai disastri
e alle devastazioni che stanno falciando il mondo islamico, non tema: c'è in cartellone al Middle
East Now Festival, attraverso film e mostre, un'esaustiva disamina delle catastrofi contemporanee
di quella fetta di mondo. A Syrian Love Story, documentario girato nell'arco di cinque anni dal
30/03/2016
Online
cinquantenne inglese Sean Macallister, segue il viaggio di Amer e Raghda dal loro attivismo
politico in Siria nel 2009 alla loro vita di rifugiati in Libano e infine di esiliati in Francia. Ciò che,
quando leggiamo di quanti scappano dalle loro case bombardate per saltare su un barcone, per noi
è numero o al più un'immagine tanto toccante quanto facile da scordare, qui è storia personale che
si dispiega nel tempo in tutta la sua durezza e disperazione quotidiana.
A Syrian Love Story, documentario girato nell'arco di cinque anni dal cinquantenne inglese Sean
Macallister, segue il viaggio di Amer e Raghda dal loro attivismo politico in Siria nel 2009 alla loro
vita di rifugiati in Libano e infine di esiliati in Francia. Ciò che, quando leggiamo di quanti
scappano dalle loro case bombardate per saltare su un barcone, per noi è numero o al più
un'immagine tanto toccante quanto facile da scordare, qui è storia personale che si dispiega nel
tempo in tutta la sua durezza e disperazione quotidiana.
Alla Siria sono dedicate anche le due belle mostre fotografiche annesse alla rassegna. Live, love,
refugees, del sirianoOmar Imam: scatti nei campi profughi in Libano a persone alle quali chiede
però di ricreare i loro sogni (di fuga, d'amore, d'odio) dando così vita a immagini anche simboliche
che incrociano incubo e speranza. E Our Limbo, della libaneseNatalie Naccache, che all'altra fa
un po' da contraltare perché segue e restituisce la vita di cinque giovani siriane middle class
espatriate per studiare prima che la guerra riducesse il loro paese a un cumulo di rovine, e ora
disperse tra Qatar, Dubai, Libano, Londra, New York. Con maggior fortuna dei loro connazionali,
ma nella stessa impossibilità di tornare.
Un'immagine dalla mostra "Live, love, refugees" di Omar Imam
L'altra faccia del dramma siriano-iraqeno sono le complicità sotterranee, le connivenze
mascherate, i traffici illeciti, le guerre dichiarate a un nemico (contro l'Isis) e combattute contro un
altro (contro i curdi). Parliamo della Turchia di Recep Tayyp Erdogan. Che reprime le proteste,
arresta i giornalisti, espropria i giornali per aver denunciato i traffici sottobanco di armi e petrolio
con quello Stato islamico che a parole si afferma di combattere. Alla regista turca Yeşim
Ustaoğlu è dedicata quest'anno la retrospettiva del Festival.
30/03/2016
Online
La regista turca Yesim Ustaoglu
Lei è un personaggio. Nata nel 1960, ha fatto l'architetto, la giornalista, il critico cinematografico, la
sceneggiatrice, per darsi infine alla regia nei primi anni Novanta. Journey to the Sun, del '99, ha
fatto scalpore e certo non le ha guadagnato la benevolenza del potere perché è stato il primo film
turco ad affrontare, spezzando un tabù, la questione curda: racconta appunto la storia di una
coraggiosa amicizia tra un turco e un curdo. Pandora's box, del 2008 ragiona sul ruolo della
memoria come meccanismo di fuga, Araf, del 2012, sulla condizione dei giovani, come sospesi in
un paese in cui l'economia è cresciuta ma quanto a diritti sta precipitando nel totalitarismo in
nome della religione e di un uso discrezionale del potere. A Firenze parlerà anche del nuovo film
che ha in lavorazione, Clair-Obscur.
Edizione del: 01/04/16
Estratto da pag.: 70
Foglio: 1/1
Peso: 35%
Servizi di Media Monitoring
Il presente documento è ad uso esclusivo del committente.
144-138-080
Sezione: TOSCANA CULTURA E SPETTACOLI
Dir. Resp.: Pier Francesco De Robertis
Tiratura: 84.352 Diffusione: 109.938 Lettori: n.d.
Khalïfa, grido contro il regime
«Aiutateci a conquistare la libertà»
di STEFANO VETUSTI
È DI NUOVO in Italia lo scrittore siriano Khaled Khalifa, tra le
voci più apprezzate della letteratura araba contemporanea. La ristampa del suo libro più conosciuto, `Elogio dell'odio', pubblicato
in italiano da Bompiani nel 2011,
lo porta a incontrare studenti universitari e lettori in una mini tournée tra atenei e spazi di cultura.
Dopo le tappe a Venezia, Napoli,
Roma, l'8 aprile sarà a Firenze, al
Middle Est Now, il festival di cinema arte e cultura contemporanea
dal Medio Oriente che si tiene tra
cinema Odeon, Stensen e altri luoghi della città fino al10 aprile. Venerdì Khaled Khalifi sarà al cinema Odeon, in piazza Strozzi, alle
19,30, per un incontro con Chiara
Comito di Editoria Araba e con il
pubblico ( ingresso gratuito), sul
tema «Elogio della Siria». Nei
suoi libri Khalifa racconta la repressione del regime e «la bellezza resistente» del popolo siriano.
E' stato colpito dalla censura e da
atti di brutalità . Nel 2012, di rientro a casa dopo una serie di conferenze in Europa, è stato sequestrato dagli uomini della sicurezza siriana che gli hanno anche spezzato una mano, per impedirgli di
scrivere . E' stato costretto a lasciare il suo Paese e oggi risiede negli
Stati Uniti «Assad deve essere
giudicato per i crimini che sta
commettendo, altrimenti quello
che accade in Siria diventerà una
speranza per tutte le dittature del
mondo. Senza un minimo di giustizia, il futuro della Siria sarà
sempre instabile» ha detto ieri lo
scrittore siriano che ha incontrato a Napoli gli studenti dell'università Orientale . Khalifa ha raccontato la Siria sotto il giogo della
dittatura e quella devastata in questi anni da una rivoluzione «seconda solo alla rivoluzione francese
per la sua portata radicale», sottolineando che vede i siriani « lasciati
completamenti soli dalla comunità internazionale a versare il loro
sangue». Parole amare, quelle di
Khalifa : « Quando sono scoppiate
le primavere arabe nel 2011 - ha
raccontato - ero a Milano, ero con-
tento e chiedevo la solidarietà del
mondo nei confronti della rivoluzione; poi però, io come il popolo
siriano, abbiamo scoperto una verità amara e cioè di essere soli nella lotta per la costruzione di una
Siria democratica». Nel suo prossimo libro, in italiano «L'operazione faticosa della morte», «narra la storia di un giovane che attraversa tutta la Siria in guerra per
poter seppellire il corpo del padre
nel cimitero della loro cittadina
d'origine». Il programma degli appuntamenti di Middle East Now è
sul sito www.iddleastnow.it
1
FULVIO PALOSCIA
DA PICCOLA chiesi a mia zia perché
esistono cattiveria, violenza, ingiustizia. Lei mi risposte con una
storia: un tempo il bene e il male erano amici. Il male disse al bene: ti vedo stanco, perché non ti appoggi a me? Così avvenne, Il male corruppe il bene, portandolo sulle sue spalle». Gli occhi scintillanti della cantante algerina Souad Massi parlano da soli, e seguono
il suono di una voce piccola ma potente. Sono
occhi che di male ne hanno visto molto; è
una voce piena di forza , che si scioglie in un
folk rock dove la lingua araba sta comodissima nei ritmi e suoni occidentali. Le canzoni
dellaJoan Baez algerina, tributo alla tolleranza nell'Islam piagato dall'Isis, sono diventate bandiere. Milioni i contatti su Youtube.
Stasera all'Odeon Massi chiude il « Middle East Now», il festival del cinema mediorientale, con un concerto e la proiezione del film
Eye of a thief ( alle 21 ), girato nei territori occupati dalla regista palestinese Najwa Najjar. É il racconto del conflitto visto attraverso
l'amore e la vita di una donna come tante,
Leila, che però custodisce un segreto. «Girare in un clima di guerra - racconta Massi mi ha fatto provare vergogna: io sarei tornata a casa mia in totale libertà, lì invece le persone sono ostaggio della violenza».
Le sue canzoni affondano le radici nelle
origini della poesia islamica , per raccontarne la tolleranza.
« Sono cresciuta in una famiglia che mi ha
trasmesso il rispetto per me stessa e per gli
altri; l'Islam che mi è stato tramandato è di
grande apertura mentale. Come artista sento un dovere: mostrare la bellezza della cultura musulmana in un momento in cui si vuole
invece occultarla. É fondamentale che noi artisti ci si opponga all'oscurantismo: quello interna al nostro mondo, ma anche lo sguardo
pieno di pregiudizi che arriva da fuori».
Lei sa cos'è l'esilio, perché l'ha vissuto
quando è stata minacciata dì morte dai
fondamentalisti e costretta a chiedere asilo alla Francia. Cosa pensa delle forze politiche che vedono i migranti come una minaccia?
«Quello che accade a siriani, libici, iracheni è doppiamente atroce: c'è il massacro inferto dai fondamentalisti,ma ci sono anche i
bombardamenti di forze straniere. t l'ora
che i capi di stato dei Paesi occidentali facciano i conti con una situazione che loro stessi
hanno determinato sostenendo i dittatori, rifornendoli di armi».
La primavera araba?
«All'inizio, solo speranza. Era bellissimo
veder scendere in piazza studenti, ma anche
donne, anziani, tutti a rivendicare la libertà.
Ma le conseguenze sono state caotiche: oggi
le persone hanno paura di quella stessa libertà. E di esprimerla».
L'arte per lei è un'arma o un rifugio?
«Prima è stato un rifugio perché dovevo
proteggermi. Poi è diventata un'arma. Anche noi artisti, come i politici, abbiamo un
pubblico. Solo che esercitiamo un potere positivo».
Ha paura?
«Lotto, Combatto, Andando in scena. Comunicando bellezza»,
@RIFROOUZIONERIS[RV4TF
N FRANCIA
Souad Massi, dopo
e minacce ha
asciato l'Algeria per
a Francia. Stasera
all'Odeon Eyeofa
thief, il suo ultimo
film
; iG i,,
MIDDLE
5T MOW
Alle 18 "District zero" prodotto da
Oxfam e Commissione europea, è
un commovente documentario
sui profughi siriani intrappolati
nel gigantesco campo di Zaatari,
in Giordania. Intervengono il
direttore generale di Oxfam Italia,
Roberto Barbieri e il giornalista
Umberto de Giovannangeli. Si
prosegue con la commedia, da
una parte l'Arabia Saudita, dove il
cinema è bandito dal 1972, e
dall'altra il Bahrein, isola sciita fra i
sunniti, con i suoi giovani registi.
Dall'Arabbia viene "Barakah
meets Barakah" (ore 20.45); una
stravagante storia d'amore tra un
umilefunzionariocomunalee la
rampolla di una ricca famiglia,
reginetta su Instagram. In sala ci
saranno il regista Mahmoud
Sabbagh e il protagonista Hisham
Fageeh, attore comico
popolarissimo in Arabia Saudita,
creatore del video "No woman,
no drive", che su YouTube ha
oltre 13 milioni di views. Dal
Bahrein arrivano invece i quattro
cortometraggi a cui è dedicato il
focus pomeridiano a cura di Laura
Aimone, aperto da "Steps" del
giovane regista Salman Yousif,
ospite del festival (dalle 15.30).
Cinema Odeon p.zza Strozzi, dalle
ore 15.30
MIDDLE EAST NOW
Quello tra Amer e Raghda è un
amore nato in un carcere siriano.
Lui e lei hanno condiviso la
militanza politica, la prigionia e
poi un viaggio verso la speranza
di libertà, e adesso la loro storia è
stata raccontata in un
documentario. "Syrian love story"
è stato realizzato con cinque anni
di riprese dal regista Sean
McAllister che si è imbattuto per
la prima volta nella coppia nel
2009, quando Raghda era di
nuovo in carcere e aveva lasciato
Amer a prendersi cura dei loro
quattro figli. Il film è l'evento
principale della giornata del
Middle east now a l cinema Odeon
dove sarà presente in sala anche il
regista, lui stesso arrestato dai
servizi segreti siriani. Cinema
Odeon, p.zza Strozzi, ore 20.45
MIDDLE EAST NOW
L'anteprima italiana al cinema
Odeon di "The Idol", nuovo lavoro
del regista palestinese due volte
candidato all'Oscar Hany
Abu-Assad sull'incredibile storia
di Mohammad Assaf, il ragazzino
di Gaza vincitore del talent show
Arab Idol (nelle sale il 14aprile)
apre la serata del Middle east now
a cui interviene l'autore in
collegamento Skype, e che prima
della proiezione regala un
assaggio del vero hummus
palestinese. Dedicata alla Turchia
invece la serata allo Stensen che
apre con l'ultimo lavoro della
regista Yesim Ustaglou "AraC, che
racconta un triangolo amoroso tra
due giovani lavoratrici di una
stazione di servizio e un uomo
molto più maturo. Cinema Odeon,
p.zza Strozzi, ore 20.45/Auditorium
Stensen, vie don Minzoni, ore 21
05/04/2016
Il Sole 24 Ore
Online
Speed Sisters, donne pilote in Medio Oriente
di Arianna Garavaglia
Da oggi fino al 10 aprile torna Middle East Now, rassegna dedicata al Medio
Oriente contemporaneo. In programma film, concerti e mostre fotografiche. Da
non perdere il documentario sulle donne pilote palestinesi e le immagini
dedicate ai rifugiati siriani
Donne e motori. Sono questi gli ingredienti del documentario"Speed Sisters", della regista Amber
Fares.
Protagoniste cinque donne palestinesi, membri di una squadra automobilistica tutta al femminile,
l'unica in tutto il Medio Oriente.
La pellicola segue le protagoniste tra allenamenti e gare in un settore dominato, a ogni latitudine, dagli
uomini.
Il documentario non presenta solo le difficoltà di queste donne in un mondo maschile ma è un film
adrenalinico, sulla velocità, lo spirito agonistico, un po' in stile Fast and Furious.
Il documentario è uno degli appuntamenti di Middle East Now (5-10 aprile), rassegna dedicata al
Medio Oriente contemporaneo.
Il festival di Firenze esplora quest'area vitale e turbolenta attraverso film, mostre fotografiche, concerti e
cibo. In programma 44 film, quasi tutti in anteprima italiana ed europea, provenienti da un'area
geografica che dal Marocco arriva fino all'Afghanistan.
Tema dell'edizione 2016 è "Live & Love Middle East", vivere e amare il Medio Oriente, una terra che
nonostante la guerra, la paura e la fuga è viva e creativa e che proprio attraverso la creatività e l'arte
cerca di raccontare la quotidianità di quest'area o di immaginare una vita diversa.
Tra i protagonisti dell'edizione di quest'anno grande spazio è dedicato alla Siria.
Da questo paese arriva il documentario "A Syrian Love Story" di Sean McAllister (2015), girato
nell'arco di cinque anni, sulla storia d'amore di una coppia di attivisti minacciata dagli orrori della guerra.
05/04/2016
Il Sole 24 Ore
Online
Dedicate alla Siria anche due mostre fotografiche: "Our Limbo", della fotografa libanese Natalie
Naccache, e "Live, Love, Refugees" del siriano Omar Imam.
Entrambi i progetti riguardano i rifugiati siriani, in fuga da cinque anni di guerra, da due punti di vista
diversi.
"Our Limbo" ha per protagoniste cinque donne siriane della classe media che hanno lasciato il loro
paese ma che vivono la nostalgia della loro terra e la consapevolezza di essersi lasciate alle spalle un
mondo e un popolo intrappolato tra terrorismo e campi profughi.
"Live, Love, Refugees" affronta i sogni dei profughi siriani nei campi libanesi. Gli scatti evocano i
mondi, i ricordi, le speranze di uomini e donne che hanno perso tutto. «Le persone che ho incontrato –
raccontato Imam - vivono vite da incubo, ma in loro ho sempre colto il desiderio e la forza di continuare
a vivere come esseri umani».
Ad aprire il festival è " Degradé" (2015), primo lungometraggio dei fratelli palestinesi Tarzan & Arab
Nasser che ha debuttato a Cannes. Il film è girato in un salone di parrucchiere a Gaza dove dodici
donne rimangono intrappolate mentre fuori imperversano scontri causati dal furto di una leonessa dallo
zoo di Gaza.
MIDDLE EAST NOW
Dove: Firenze
Quando: dal 5 al 10 aprile
MOSTRE: OUR LIMBO della fotografa libanese Natalie Naccache e LIVE, LOVE, REFUGEE del
fotografo siriano Omar Imam
DOVE: Aria Art Gallery – Borgo SS. Apostoli, 40r
QUANDO: 9 aprile / 27 aprile 2016
BIGLIETTI: ingresso libero
5 aprile 2016
il k
CULTURE/Middle East Now
Until April 10
Odeon Cinema and various venues , Florence
Middle East Now is currently underway, showcasing the best in cinema from Palestine,
Syria, Lebanon and beyond. Numerous cultural and culinary events round out the program, including "Love-ism;'a contemporary dance performance staged by Israeli choreographer Mor Shani, inspired by Erich Fromm's TheArtofLoving (April8, 6pm, Le Murate). Two free photography exhibitions will open on April 9 at Aria Art Gallery: Natalie
Naccache's"Our Limbo"and Omar Imam's"Live, Love, Refugee;'which both shed light
on the experiences of Syrian refugees. Though the film festival ends on April 10, the
exhibitions stay open until April 27. For the full program, see www.middleastnow.it.