edizione 2016: rassegna stampa
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edizione 2016: rassegna stampa
MIDDLE EAST NOW FESTIVAL RASSEGNA STAMPA Selezione articoli dalla rassegna stampa del festival Copia di df906f1482ac5c9b64c109bdd674032b la Repubblica 7&/&3%¹ "13*-& 5&"530$034*/* -BTBSUB(BSEJ VODMPXOUBSHBUP 'BNJMJF'MP[ UN clown inquietante, uscito da una fiaba nera. Stasera al Teatro Corsini di Barberino di Mugello c’è “La sarta” di e con Gardi Hutter, una delle più grandi clown del mondo. La regia è di Michael Vogel della mitica compagnia Familie Floz. La Hutter gira per il mondo col suo teatro clownesco: ha fatto oltre 3.000 rappresentazioni in 29 paesi. Dice lei stessa: «Il mondo de ‘La sarta’ è il tavolo della sartoria. Sbirciando fra gli occhielli si intravede la stoffa di mille racconti. Tra bambole di pezza e manichini danzanti danzanti Gardi Hutter cuce la trama dello spettacolo senza risparmiare sforbiciate e cattiverie. Nella scatola da cucito si aprono abissi e con così tanti rocchetti, perfino il destino può perdere il filo... Peccato che uno spettacolo così curioso e bizzarro non sia programmato a Firenze: un applauso al Teatro Corsini. 5FBUSP$PNVOBMF$PSTJOJB#BSCFSJOPEJ.VHFMMP TUBTFSBPSFFVSPJOGP ª3*130%6;*0/&3*4&37"5" *MDJOFNB 5VSDIJBF4JSJB "SBCJB4BVEJUBF *TSBFMFFDDP GJMNDPOQSJNF .JEEMF&BTU/PX % -"%0//"μ%0//" *OBMUPJMEPDVNFOUBSJP JTSBFMJBOPi8PNFOJOTJOLwEJ*SJT ;BLJHJSBUPEBVOBQBSSVDDIJFSB BE)BJGB2VJTPQSBi#BSBLBI NFFUT#BSBLBIwEJ.BINPVE 4BCCBI"SBCJB4BVEJUB ODICI donne intrappolate in un salone di parrucchiere a Gaza, mentre fuori gli uomini di Hamas sparano e il vicinato sembra impazzire per il furto di una leonessa dallo zoo. Sarà l’esplosivo “Degradé” di Tarzan e Arab Nasser, coppia di gemelli rivelazione del cinema palestinese, ad aprire, martedì all’Odeon (ore 21), la nuova edizione di Middle East Now, il festival diretto da Lisa Chiari e Roberto Ruta che da sette anni tenta di raccontare attraverso il grande schermo – ma con ampie e ben congegnate digressioni in altre frontiere della creatività, dalla musica alla cucina – le mille sfaccettature della contemporaneità complessa e affascinante dei paesi dell’area mediorientale. Ampio il programma che, fino a domenica 10 vedrà alternarsi sugli schermi della sala di piazza Strozzi e dello Stensen 44 titoli, 38 dei quali in anteprima italiana, in una sorta di viaggio lungo do- dici diverse nazioni. Dalla Turchia, con una retrospettiva dedicata alla regista Yesim Ustaoglu, autrice fra l’altro dell’acclamato “Journey to the Sun”, storia dell’amicizia impossibile fra un turco e un curdo (l’8, ore 22.30), fino all’Arabia Saudita, paese in cui il cinema è stato bandito nel 1972 e da cui proviene una commedia romantica, “Barakah meets Barakah” di Mahmoud Sabbah, che è di per sé una sfida alle asprezze del regime (l’8; 20.45). E ancora la Siria, oggi più che mai al centro dei riflettori con lo struggente, premiatissimo documentario “A Syrian Love Story” di Sean McAllister che racconta la tormentata storia d’amore di una coppia di attivisti (il 9; 20.45); l’Iran, con “Starless Dreams” del documentarista di culto Mehrdad Oskouei, girato in un carcere minorile; l’Egitto, con la superstar Khaled Abol Naga interprete del film di chiusura, il thriller “Eyes of a Thief” della regista palestinese Najwa Najjar (il 10; 21), per proseguire con Israele, Libano, Afghanistan, -0$"-* .0453& '6--.64*$ 5PSOBVOBEFMMF DPNCBUCBOEQJá JNQPSUBOUJEFMMB TDFOBGJPSFOUJOBJ%FM 4BOHSFDPOJMOVPWP EJTDPi*MSJUPSOP EFMMJOEJBOPw7JB #BSBDDBBGPSF 4$6-563&*/-&(/0 6GGJ[JGJOP0SF DIJVTPMVO &VSP $"''&%&--&.63"5& 1BUSPDJOBUPEBM $PNVOFFJOTFSJUPOFM QSPHFUUPEJ.VTJDB %BM7JWPJM$BNQVT -JWFQSFTFOUFSËQFSMB TVBTFSBUBJOBVHVSBMF EJFDJBSUJTUJDBOUBVUPSJ FEJOUFSQSFUJFQJáEJ EPEJDJNVTJDJTUJJOVO DPODFSUPDPMMFUUJWP 1[[BEFMMF.VSBUFPSF 8"3)0-".&/%0-" 6GGJ[J'JOP DIJVTP MVOFEÖ&VSP $0.#0 3JUNJDIFEFMMFTU &VSPQBDPOJ#BMLBO 5JS7JB.BOOFMMJPSF FVSP GFTUJWBM ("*"3"6 97 4"/50."50 4FSBUBSPDLDPOJM DIJUBSSJTUBEJ7BTDP 3PTTJ4UFG#VSOT 1JTUPJBWJB.POUBMFTF BPSFFVSP Marocco e Bahrein. Ma se “Live & Love Middle East”, e cioè vivere e amare il Medio Oriente, è il leit motiv di questa edizione del festival, ecco allora che lo sguardo su questi territori si allarga andando ad abbracciare suggestioni e contaminazioni nuove e differenti. Largo allora alla danza, con la performance “Love-ism” del coreografo israeliano Mor Shani (l’8 alle 18 alle Murate); alla fotografia, con le mostre sulla Siria di Natalie Naccache e di Omar Imam alla Aria Art Gallery (dal 9 al 27); all’illustrazione, con i coloratissimi lavori della giovane artista libanese Nour Flayhan da Amblè (idem); alla musica, con una performance della cantante algerina Souad Massi all’Odeon (il 10, ore 21) e infine alla buona tavola, con lo chef e “food activist” libanese Kamal Mouzawak, che proporrà una cena al Teatro del Sale (il 7) e una lezione sul tabbouleh alla scuola Cordon Bleu (il 9). Biglietti euro 5/6; programma completo www.middleastnow.it. ª3*130%6;*0/&3*4&37"5" .*/%$-6# "MMBDPOTPMMF4BNVFM 3PNBOPDBOUBOUFF GPOEBUPSFEFJ 4VCTPOJDB7JODJWJBMF 5PHMJBUUJPSF #"/%"#"3%0 *MHSVQQPGJPSFOUJOP UPSOBBM5IF$BHF OFMMVOJDBUBQQB UPTDBOBEFMUPVS JOWFSOBMFFEÒTVCJUP TPMEPVU&SSJRVF[F DPNQBHOJ TVPOFSBOOPUVUUJJ NJHMJPSJQF[[JBQBSUJSF EBMMVMUJNP i-JNQSPCBCJMFw #JHMJFUUJEJTQPOJCJMJ TPMPQFSTUBTFSB -JWPSOPWJBEFM 7FDDIJPMB[[BSFUUPPSF FVSPSFQMJDB EPNBOJ ."63*;*0/"//6$$* .VT.BSJOJQ[B 41BODSB[JP0SF FVSP ."3*"/*$)&;$"16$$* 7JMMB#BSEJOJDUB4 (JPSHJP'JOP .BSEPN DIJVTPMVO ("#3*&-,"/503 *M#JTPOUFW4BO /JDDPMÛS'JOP -VOWFOF %0/*&$0--&;*0/*%&-3& 1BMB[[P1JUUJ'JOP 0SFDIJVTP MVO&VSP &/3*$0#&/&55" 5PSOBCVPOJW.BHHJP S'JOP0SF 504$"/"A4&(/0 (&450."5&3*" (BND7JBSFHHJPQ[B .B[[JOJ0SF MVODIJVTPFVSP $)*/&4&1301"("/%" 7JMMB#FSUFMMJ'PSUF EFJ.BSNJ'JOP 0SFTBCPSF '0/5"/"$"45&--"/* #0/"-6.* -VDDBW'SBUUB 'JOP.BSEPN PSFFVSP .*$)&-"/(&-0 '050(3"'"50%" "63&-*0".&/%0-" $BSSBSB1BM$VDDIJBSJ 'JOP.BSEPN PSF*OHSMJCFSP 03/04/2016 LETTURA – Corriere della Sera PAG. 37 Edizione del: 01/04/16 Estratto da pag.: 18 Foglio: 1/2 Peso: 1-1%,18-28% Servizi di Media Monitoring Il presente documento è ad uso esclusivo del committente. 112-136-080 Sezione: TOSCANA CULTURA E SPETTACOLI Dir. Resp.: Paolo Ermini Tiratura: n.d. Diffusione: n.d. Lettori: n.d. Peso: 1-1%,18-28% Servizi di Media Monitoring Il presente documento è ad uso esclusivo del committente. 112-136-080 Sezione: TOSCANA CULTURA E SPETTACOLI Edizione del: 01/04/16 Estratto da pag.: 18 Foglio: 2/2 Il sogno e l' incubo Il fotografo Omar Imam ha esplorato, in modo ironico e simbolico, i sentimenti più profondi dei rifugiati siriani che vivono nei campi in Libano on il progetto Live, love, refugee ho esplorato la condizione psicologica dei rifugiati siriani in Libano, che cercano di tirare avanti nonostante la guerra e la lontananza dalle loro case", spiega Omar Imam. "È un'evocazione visiva del loro dolore, che convive con la speranza di ricostruirsi una vita in un posto nuovo. Le persone che ho incontrato stanno vivendo un incubo, ma non hanno mai rinunciato alla loro dignità di esseri umani". La visione di Imam ribalta la rappresentazione tipica dei rifugiati siriani, coinvolgendoli in un processo di catarsi che si basa sui loro sogni e sulle loro paure più profonde. Le immagini sono simboliche e surreali, e mostrano uomini e donne che hanno perso le loro radici e lottano ogni giorno per sopravvivere. Più di un milione di rifugiati siriani sono arrivati in Libano dall'inizio della guerra. Omar Imam è un fotografo e regista siriano. Ha lasciato Damasco nel z 012 e oggi vive a Beirut. Dovevamo nutrirci d'erba . Non riuscivo a mandarla giù, ma dovevo sforzarmi per dare il buon esempio ai bambini. Aminah, 4o anni, con uno dei suoi figli. Sirianapalestinese, vive in una tenda nel campo profughi di Bekaa, nel nord del Libano. È scappata coni figli dal campo palestinese di Yarmuk, nella parte sud di Damasco, durante l'assedio del 2013, quando centinaia di persone morirono di fame . Suo marito è rimasto invece bloccato a Damasco perché il governo libanese aveva chiuso la frontiera . Durante l'assedio di Yarmuk e nei due mesi successivi Aminah ha perso 70 chili (passando da 115 a 45). Per la tensione non riusciva più a mangiare. .- 19 . _wa - 447 ti f , a ; o %kI, . lK - `•a }*a,' r , %q! 1 f, . •a,, ,à, ., <. ,- , 41 . , . _. , . s ,1 a í0 r*i> ` N -_ - _ . ' ;4t 5 . . _- Y In Libano mi sono ritrovata a vivere in spazi ristretti. Oggi quando sto all'aria aperta provo un senso di ansia. I. . ":M .Y Noi uomini non contiamo più niente. I nostri testicoli sono in pericolo. Hael, 45 anni. Hael era un medico, ma ha lasciato il lavoro dopo la morte del figlio di sette anni. "I miliziani hanno fatto una retata nel nostro quartiere e hanno portato via i miei fratelli. Ho riconosciuto il corpo di uno di loro solo da un tatuaggio. Sarei morto se non fosse stato perla prontezza di mia moglie. Ha mentito ai soldati per salvarmi la vita. Poi qui nel campo è cambiato tutto. Noi uomini abbiamo perso potere. Le nostre mogli non ci obbediscono più perché sono loro a ricevere gli aiuti umanitari. Se provo ad andare io all'Unhcr o dalle ong, si rifiutano di darmi lo scatolone con il cibo". 6 li .P j'. ZOW 9 AMEL. r AL h o , p s a Eé^t- -^i r% - # , lé .,. , -¡ •_ ,. ; Rj At, E. ki. ir - ;+ F` + ` `.' ,. . t „' . - ,- ---Amo, J. + `. a } rs+ ! . . ` .. . ,. `' #M . . . , • '"- ` .-P _ ` Al !■ . 4 • . . ,` . - :- ■.■-/ ^ : + # z • _ .. , ; . ' - ` ` t f +`•'^ ri l/ ii-,". :. - _. a' . ° h : ,.L r , . .. -- . •• 4 . •-.. u , :., , i +: •4• ' (.., x . . . . '+ w . '. ' _ . •■•° . ,, . # . ' .F ` .a. '-.. _:_ - -á ï -s' . T Yw+. , . ' ,±°' ° •: .`- - ,° - ,e. Ma almeno, prima del divorzio, teneva i molestatori lontano da me e dalle nostre figlie. Sopra: Rawd, 43 anni. Divorziata e madre di cinque figlie, due delle quali sposate. "Il ruolo degli uomini è cambiato durante la rivoluzione. Mio marito aveva paura di uscire a causa dei checkpoint, quindi dovevo fare tutto io. Unavolta un uomo mi ha detto che mi avrebbe trovato un lavoro, ma in cambio avrei dovuto passare la notte con lui". Dato che mia moglie non può vedere, le racconto io la trama delle sue serie tv preferite. A volte cambio un po' la storia perfarla contenta. A sinistra: Bassam, 39 anni. "Sono rimasto ustionato quando avevo due anni. Per questo mio padre ha lasciato mia madre. Alla fine ho sposato una donna che non poteva vedere il mio volto sfregiato. È cieca e anche un po' sorda. Qui nel campo è stata visitata dai medici delle ong, che hanno studiato il suo caso a fondo. Alla fine ci hanno lasciato questo bastone". Da sapere La mostra e il festival ♦ Live, love, refugee di Omar Imam è in mostra all'Aria art gallery a Firenze dal 9 al 27 aprile 2oi6. L'esposizione, realizzata con il sostegno di The arab fund for arts and culture (Afac), fa parte della settima edizione del festival Middle East now , che si è aperto a Firenze il 5 aprile (e si concluderà il io aprile). Il festival, che quest'anno ha come tema "Live & love Middle East", esplora il Medio Oriente contemporaneo attraverso i racconti e le storie personali di chi lo vive e lo ama, tra cinema, documentari, arte, musica, cibo, incontri e altri eventi. 4 - . &?! i6 tr !'.äi I! l4:i [a I ÿ - pi,li7-7, jWjW: ä _w M FAST AN D FU RI OUS (IN PA LE S TINA) Se non conoscete le acrobazie del potete iniziare guardando Speed Sisteìs. Protagoniste cinque ragazze di Aericho e dintorni che, una sgommata dopo l'altra, sono riuscite a correre con gli uonnm. E, come loro, hanno un problema: non stare troppo ferme al checkpoint d/' CRISTINA MANFREDI i può fare, e duesta volta Obama noti c'entra. Parliamo di essere donne che vanno forte in macchina, in Palestina. Maysoon Jayyusi, Betty Saadeh, Marah Zahalka, Noor Daoud e Mona Pmiab sono le Speed Sisters, il primo team tutto al femminile del mondo arabo. Gareggiano in competizioni di driftirrg, una disciplina sportiva che premia non la velocità ma l'abilità, ovvero la capacità di completare, valutati (la una giuria, un percorso prestabilito di curve e controcurve. Nella definizione tecnica , si tratta di «guidare in perdita di aderenza controllata dell'asse posteriore dell'auto». Tradotto in soldoni: sbandare «artisticamente », senza fare testacoda né uscire di strada nc andare a sbattere. Si sono conosciute nel 2009 a una corsa dove si erano iscritte singolarmente e, da quel momento, fanno gruppo. Poi le loro strade si sono incrociate coli quella di Amber Fares, regista di origini libanesi nata e cresciuta in Canada. Solo dopo gli attentati dell'U settembre e le aggressioni verbali subite dalla sua famiglia («Tornatevene da dove siete venuti») Amber iia preso davvero coscienza delle sue radici. Così, quando le hanno offerto un lavoro di sei mesi in Palestina, ha accettato - «Per capire meglio cosa significa vivere in quella parte di mondo» finendo per stabilirsi a Ramallah, dove si è fermata diversi anni prima di tornare in America, ma a Brooklyn. Dal suo incontro con le donne-pilota palestinesi è nato Speed Sisterz, documentario prodotto dalla stessa Fares, presentato per la prima volta al festival Hot Does di Toronto nel 2015, che ora debutta in Italia nell'ambito di Middle Fast Now, il festival di cinema e cultura clc] Medio Oriente organizzato a Firenze dall'associazione non profit Map of Creation (dal 5 al 10 aprile, la settima edizione); 80 minuti di sgommate in località dai notai biblici come Jericho, Nablus, Bethlehem, tanta adrenalina, interni familiari, ma anche gas lacrimogeni, proiettili di gomma e checkpoint, per raccontare la Palestina di oggi al di là di luoghi comuni e pregiudizi. «Una squadra di clornie drifters lit strano in tutto il mondo, ma immagino che per tanti sia ancora più singolare che la cosa accada qui». Maysoon ,layyusi, al telefono, trasmette la rassicurante fermezza che mostra nel documentario. Ha 39 anni, è la leader delle Speecf Sisters, anche adesso che vive in Giordania con il marito, conosciuto durante una gara. Negli ultimi otto mesi la Palestinian Motor Sport and Motorcycle Federation (Pmsmf) ha sospeso ogni attività per la situazione generale sempre più tesa con Israele, ma lei resta in contatto con le quattro colleghe e spera di poter tornare presto a correre. «In Palestina siamo tutte donne forti, perché dobbiamo proteggerci dalle difficoltà dell'occupazione, e siamo molto più libere di decidere delle nostre vite di quanto si creda. Non c'è dif erenza tra uomini e donne, quando sei intrappolato in coda a un checkpoint. È paradossale, ma l] siamo tutti uguali». Le lunghe attese ai posti di blocco rendono i palestinesi frenetici nel loro modo di guidare, una volta che sono riusciti dt::.:ci!' cF ,A.li,:i1:<+t;r;,^I<;ol,T-- =mi AL , Io „ - a oy iá 'tf*..'tËù%.- t . .tii; t'."';itI.ÌS!Itï .L " w• ,,i 94 ' -- _—_ 1 l"of•]G fed oì=a, t ne! .' a 7t,i[•7 s n. . si. tL.t±tit+"LRätC ® a superarli. «Possono passare ore prima di introversi, perciò per reazione spingiamo sul gas, cercando di recuperare un po' del tempo perduto. Dal momento elle non possiamo controllare le nostre vite, almeno riusciamo a controllare le nostre macchine. Guidare veloce ti th sentire libera, il drifting ti dà la sensazione di essere padrona di ciò che fai». Le Speed Sisters, infatti, non si limitano a bruciare qualche semaforo: che si tratti di Liti mercato della frutta, di uno spiazzo per l'atterraggio di elicotteri o di una qualche strada chiusa delle città, mettono di traverso le auto che padri, fratelli e amici le hanno aiutate a preparare. h stato Klialed Qad- titoli e trofei. F c'è una cosa che Atnber Fares ricorda bene dei tre anni di riprese, dal 2010 al 2013: «Mi aspettavo che gli uomini avrebbero cercato di tenerle alla larga da quel mondo. Sono rimasta sorpresa nel vedere, invece, come le incoraggiavano». l ti Rete le Sisters scatenano compienti come: «Dovreste combattere l'occupazione con le pietre, non coti lo sport e i vestiti di tiioda», oppure: «Questo è il segno clic la fine del inondo è vicina». Ma sono in tanti a difenderle. «Sono donne profondaniente legate al loro Paese e alla loro cultura», spiega F ares , «vogliono Fare parte dei sistema e non chiamarsi fuori. Stanno ridefinendo i confini della società, ma lo fanno doura, fondatore nel 2005 della Federazione, a volerle in gara assieme ai maschi, con cui non si contendono premi in denaro, ma con dolcezza». maYsoon lavorava con i contingenti delle Nazioni Unite quando ha iniziato ad «VISTO CHE NON POSSIAMO CONTROLLARE LE NOSTRE VITE, ALMENO RIUSCIAMO A CONTROLLARE LE NOSTRE MACCHINE: GUIDARE VELOCE I1i%. TI Ii%. SENTIRE IIIIEIE appassionarsi di drifting. «1 priori tempi noti avevo detto nulla in famiglia. Quando gli inglesi si sono accorti del mio talento, si sono offerti cli pagarmi un corso eli guida sportiva e, allora, ai miei fio raccontato che si trattava di lezioni per imparate a guidare in condizioni di pericolo, in caso di oflènsive israeliane. Col tempo, ho spiegato la verità, li ho rassicurati, noti tre ne sono uscita con un "Lo faccio e bastaa". Così si sono tranquillizzati, e ora sono fieri di rie». Le Speed Sisters vengono da contesti economici e culturali differenti, ma sono tutte convinte di un fatto: «Siamo noi donne a dover operare il cambiamento che cerchiamo, non possiamo aspettare che sia il inondo che ci circonda a farlo per noi. Penso all'Arabia Saudita, dove alle donne è proibito guidare: non è la religione, tra è la società a dire che non lo possono fare. Ci miietteranao più tempo, ma riusciranno anche loro a stringere un volante tra le mani. Durante un viaggio in America ho visto The Iluiaiiit; Ground, un documenta- rio s u stupri subiti dalle stude ntess iti e iiei campus s universitari degli. Stati ati Uniti ïti e ho capito aria cosa: la vita, per le dorate, non è semplice da nessuna parte». 111 » TEF.IPO DI LETTURA PREVISTO: 2 MINUTI Una coppia da ridere contro la censura In Italia la commedia romantica di Sabbagh, proibita in Arabia Saudita. «Ironia sui divieti assurdi» a Arabia Saudita, un Paese senza sale cinematografiche, ora ha la sua prima commedia romantica (che non verrà proiettata in patria). Barakah meets Barakah, primo lungometraggio del regista 33enne Mahmoud Sabbagh, è stato presentato in anteprima italiana al «Middle East Now» di Firenze e, dopo aver girato il circuito dei festival, in autunno sarà distribuito anche in 11 Paesi arabi. I protagonisti sono Barakah (che significa «benedizione divina»), un timido impiegato comunale della città di Gedda, interpretato dall'attore comico Hisham Fageeh, e Bibi (Fatima al-Banawi), una bella e ricca blogger di cui lui si innamora (e scopre che anche lei si chiama in realtà Barakah, ma non ha mai usato il vero nome, vergognandosene). «È un film su come i millennials vivono lo spazio pubblico spiega Sabbagh . Ho usato la commedia per raggiungere un pubblico più ampio. E poi prendersi gioco della nostra situazione è sempre meglio che lamentarsi». L'attore protagonista è no- to anche perché nel 2013 riadattò la canzone «No woman, no cry» di Bob Marley per ironizzare sul diritto a guidare l'auto negato alle donne saudite: «No woman, no drive» diventò virale. Barakah e Barakah si innamorano ma non possono frequentarsi in una società segregata; l'unico spazio di contatto è quello virtuale. Così Bibi testa i limiti delle libertà concesse su Instagram, pubblicando foto di se stessa senza velo ma solo dalle labbra in giù, e il regista si diverte a pixelare ogni tanto delle parti del corpo della ragazza oppure immagini di alcolici. «I film venduti in dvd o mostrati sulle linee aeree saudite vengono censurati in questo modo spiega e io volevo mostrarne l'assurdità». È un film ottimista perché, se da una parte si mostra il contrasto tra il passato più «moderno», «meno ideologico», rispetto al presente il regista crede tuttavia nella possibilità del cambiamento. «Tra gli anni 5o e 70, Gedda era il centro della produzione culturale saudita. La gente andava in auto in spazi aperti simili ai drive-in, a guardare i film. Non c'erano film locali ma si proiettavano quelli italiani, americani, egiziani. Poi è esplosa la rivoluzione islamica in Iran, e nel 1979 ci fu anche la presa degli ostaggi per mano di fanatici alla Mecca, e allora c'è stata una svolta: le autorità saudite hanno ceduto il controllo del discorso culturale e sociale ai conservatori». Però i millennials che sono oltre metà della popolazione vogliono più spazio. Ci sono «iniziative dal basso», come i café all'aperto, messi spesso sotto pressione dalla polizia religiosa, o i festival artistici. «Mi hanno invitato a mostrare il film in comunità chiuse, dove ci si può togliere il velo, dove vivono gli stranieri. Ma ho rifiutato. Sarebbe stata una vergogna per un film sullo spazio pubblico. Spero di mostrarlo all'aperto, un giorno». II regista Mahmoud Sabbagh è nato a Gedda nel 1983. Ha un master conseguito alla Columbia School of Journalism di New York. Il film è stato presentato a Firenze nell'ambito del Festival Middle East Now Viviana Mazza © RIPRODUZIONE RISERVATA «Barakah meets Barakah» Fatima al-Banawi e Hisham Fageeh in una scena del film diretto da Sabbagh Edizione del: 05/04/16 Estratto da pag.: 13 Foglio: 1/1 Peso: 23% Servizi di Media Monitoring Il presente documento è ad uso esclusivo del committente. 075-120-080 Sezione: FESTIVAL E RASSEGNE Dir. Resp.: Norma Rangeri Tiratura: 11.524 Diffusione: 39.056 Lettori: n.d. 22/04/2016 F - Magazine PAG. 31 22/04/2016 F - Magazine PAG. 31 22/04/2016 F - Magazine PAG. 31 Copia di df906f1482ac5c9b64c109bdd674032b laRepubblica ."35&%¹ "13*-& '*3&/;& 9* .JEEMF&BTU/PX'FTUJWBM i0VSMJNCPwÒJMUJUPMPEFMMBNPTUSB TVVOHSVQQPEJBNJDIFEJ%BNBTDP DIFGBQBSUFEFHMJFWFOUJEFMGFTUJWBM i)PGPUPHSBGBUP MPTUSBOPFTJMJP EFMMFSJDDIF EPOOFTJSJBOFw 6OBGPUPHSBGBMJCBOFTFUSPWBVOQVOUPEJWJTUB JOTPMJUPOFMMBHSBOEFUSBHFEJBEFMMBHVFSSB <DALLA PRIMA DI CRONACA ("*"3"6 - E loro storie sono state raccontate dalla fotografa libanese Natalie Naccache nel progetto “Our Limbo”: una sorta di maxidiario collettivo fatto di scatti, ma anche annotazioni, pensieri e disegni che sarà in mostra da sabato al 27 aprile alla Aria Art Gallery di borgo Ss. Apostoli, in occasione del festival “Middle East Now”. Come è nato “Our Limbo”? «Dalla frustrazione. Stavo ricevendo una serie di incarichi da magazine e quotidiani internazionali e mi sono resa conto che stavo facendo sempre le stesse foto, con le stesse immagini di profughi che si trovano su tutti i media. E che il mio pubblico stava iniziando a soffrire di una sorta di esaurimento di compassione: a nessuno interessava più quello che stava succedendo; non c’era più empatia. Così ho scelto di documentare gli effetti psicologici legati al lasciare la propria terra e al non potervi più ritornare: all’essere confinati, insomma, in una sorta di limbo. Quando ho incontrato Sima, una giovane donna vivace e calorosa, col suo tatuaggio sul polso con su scritto “Damasco”, ho capito che era la persona giusta». Ha scelto un gruppo di persone benestanti. Perché? «Perché normalmente queste persone vengono ignorate dai media. Nonostante non soffrano fame o privazioni, la casa in cui sono nate e cresciute è stata loro strappata via. Queste giovani donne hanno fatto volontariato in montagna per aiutare i rifugiati, e sentono di non avere il diritto di lamentarsi perché, a differenza di tanti altri, hanno un tetto sopra la testa e cibo sulla tavola. Questa consapevolezza ha creato in loro un fardello emotivo che parlando con me sono riuscite a esprimere, e che io ho cercato di trasmettere nel mio progetto». Ha scelto di mescolare i suoi scatti con materiali forniti dalle protagoniste come frasi, foto prese da Instagram e *-26"%&3/0 *MHSVQQPEJBNJDIFDPOPTDJVUFEB/BUBMJF/BDDBDIFTJUSPWBWBOP MPOUBOFEB%BNBTDPBMNPNFOUPEFMMPTDPQQJPEFMMBHVFSSBFOPO TPOPQJáQPUVUFUPSOBSFNPMUFOPOIBOOPQJáVOBDBTB ricordi vari. Come mai? «Ho iniziato a lavorare con i ritratti delle ragazze, che incollavo su un quaderno aggiungendovi delle annotazioni: sentivo una specie di muro creativo perché non riuscivo a rappresentare i loro sentimenti solo con le foto. Finché non ho deciso di partire proprio da lì: da un diario che raccontasse una storia e in cui si mescolassero media diversi, come interviste, illustrazioni o poesie. Ho anche dato alle ragazze degli spazi liberi in cui potessero esprimersi e questo si è trasformato in una specie di terapia che le ha aiutate a combattere il loro senso di colpa. Diana, per esempio, ha raccontato un incubo che aveva avuto su Homs; altre hanno fatto dei disegni». Perché ha scelto un gruppo di sole donne? «Non volevo escludere il punto di vista maschile, ma quello di Sima era un gruppo di amiche in cui non c’erano uomini. Credo che il dramma dell’esilio sia universale». Cosa pensa della rappresentazione dei profughi da parte dei media occidentali? «Credo che le crisi umanitarie siano rappresentate in modo superficiale, puntando su immagini familiari che stanno creando una specie di effetto opposto, di congelamento delle emozioni». ª3*130%6;*0/&3*4&37"5" -"-53".0453"i-*7&-07&3&'6(&&w%*0."3*.". -JOGFSOPPOJSJDPEFJDBNQJQSPGVHIJ $ ’È chi, come Natalie Naccache, ha scelto di raccontare il dramma della Siria partendo dalle storie di chi, pur non soffrendo fame o privazioni materiali, è comunque costretto a vivere nel limbo di un esilio. E chi invece ha voluto avvicinarsi all’inferno dei campi profughi, ma cercando di ribaltarne la rappresentazione sostituendo ai numeri e alle statistiche paure e sentimenti profondi. Come il fotografo e regista siriano Omar Imam, protagonista di “Live, love, refugee”, la seconda mostra ospitata dalla Aria Art Gallery di borgo Ss. Apostoli da sabato al 27 aprile in occasione del festival “Middle East Now”. Nei campi libanesi, Imam ha coinvolto i rifugiati in un processo di catarsi, chiedendo loro di ricreare i loro sogni attraverso set improvvisati: il risultato sono immagini simboliche e spesso surreali, che evocano i mondi interiori di uomini e donne che hanno perso le loro radici e che quotidianamente lottano per la sopravvivenza. Perché, racconta lui stesso, «le persone che ho incontrato vivono vite da incubo, ma in loro ho sempre colto il desiderio e la for- 4"103*'&--*/*"/* 4PUUPVOBGPUPHSBGJBEJ0NBN*NBOJO NPTUSBBMM"SJB"SU(BMMFSZOFMMBNCJUP EFM.JEEMF&BTU/PX'FTUJWBMMB4JSJBGB MBQBSUFEFMMFPOFBODIFOFMMF QSPJF[JPOJ4UBTFSBBQSFJMGFTUJWBM za di continuare a vivere come esseri umani». La Siria sarà, del resto, una delle grandi protagoniste della kermesse cinematografica diretta da Roberto Ruta e Lisa Chiari, in partenza stasera all’Odeon (ore 21) con il concerto del musicista iraniano Makan Ashgvari, un corto della regista turca Yesim Ustaoglu e la proiezione di “Degradé”, lungometraggio dei gemelli di culto del cinema palestinese Tarzan & Arab Abunasser, presentato all’ultimo festival di Cannes. Il paese devastato dal 2011 dalla guerra civile sarà raccontato, fra gli altri, da “A Syrian Love Story” di Sean McAllister, documentario pluripremiato, in programma sabato alle 20.45, incentrato sulla storia di Amer e Raghda, compagni di militanza politica e amanti, di cui il regista ha seguito la tormentata relazione, fatta di arresti, prigionie, lotta e sogni infranti, per oltre cinque anni. Ancora, sempre dalla Siria, l’anteprima del documentario “District Zero” di Pablo Iraburu, Jorge Fernández Mayoral, Pablo Tosco, girato nel campo profughi di Zaatari (venerdì, ore 18), il corto “Another Kind of Girl”, primo film girato da un rifugiato, la diciassettenne Khaldiya Jibawi (domenica, 16.45), e l’anteprima del progetto di documentario “Mr. Gay Syria” della giovane regista turca Ayse Toprak, sulla battaglia di un attivista per i diritti gay (sabato, 17.45). HS ª3*130%6;*0/&3*4&37"5" DLE di MARIA GROSSO 0.00Eccetto un flash in un salotto agghiacciante - con relativa padrona di casa - non appaiono. Mentre la camera scala dall'esterno i tanti piani di un palazzone di Beirut, con le sue finestre illuminatè a tratti. Ombre fugaci, le intravediamo che piegano un lenzuolo. Intanto la voce over scorre. «Anche a causa del colore della pelle, quelle che fanno meglio il loro lavoro sono quelle invisibili». Un letto rifatto e vuoto in un ambiente che lo contiene a stento, sottofondo sonoro di stoviglie, un asse da stiro con il ferro lasciato in attesa. Una tv che riporta il numero dei morti dell'ultimo attentato. Il cielo stellato della capitale del Libano. La camera T FESTIVAL ' . Z24 5u: «smette di rèspirare». «Quando sentiamo di stupri e uccisioni, di fughe, pensiamo: noi non siamo così. Noi le chiamiamo lavoratrici. Anche se per tre anni sono una nostra proprietà ... Le istituzioni sono dalla nostra parte». A volte «il vedere» cinematografico è come un'eco profonda di significati in fuoricampo. Così in A maid for each, il documentario di Maher Abi Samra, che sposa intimamente lo spirito della 7ma edizione del Middle East Now - dal 5 al 10 aprile sotto la guida artistica di lisa Chiari e Roberto Ruta -, è tutto un voler andare oltre la patina dell'apparenza (al di là delle rappresentazioni più consuete, 11 sono i Paesi del Medio Oriente raccontati al festival). Angolatura nodale del film, la scrivania del capo di una delle tante agenzie (in Libano circa 500), che gestiscono i flussi di lavoratrici domestiche provenienti dall'estero, le più ricercate dalle famiglie benestanti, anche come esternazione di status sociale. «A ciascuna la sua», sottolinea con doloroso sarcasmo il titolo. Dietro tutto questo, un mercato di donne che attraversa il pianeta (quello libanese convoglia solo il 2% del fenomeno nei Paesi del Golfo), denunciato, tra gli altri, da una inchiesta di Laura Kasinof, su Good (Usa), e su Internazionale. Allora le ragazze - c'è chi la preferisce «calma», chi non vuole sia «bassa», chi non sopporta quelle che dal «catalogo» sembrano «vecchie», un tempo le più ricercate erano minorenni ... diventano frecce su un grafico tracciato dal proprietario sulla vetrina dell'agenzia, come pacchi dai Paesi di provenienza: Sri Lanka, Bangladesh, Etiopia Filippine ... dove vengono agganciate tra le.più vulnerabili ... E mentre, racconta Kasinof, a fronte di condizioni di lavoro inumane, sia dal punto di vista degli orari, sia dei salari - con forme vere e proprie di reclusione in casa, sottrazione di passaporto e indebitamento della lavoratrice nei confronti dei mediatori e, a causa del nefasto sistema dello sponsor, la «kafala», nei confronti del datore di lavoro, con conseguenti abusi fisici e psicologici, stupri e omicidi - si rafforza il movimento di sensibilizzazione sindacale (in Libano è proibita l'organizzazione delle collaboratrici domesti che), lo sguardo di Maher Abi Samra percorre un grattacielo di specchi con illustrazioni di cameriere ammiccanti. 30/03/2016 Corriere.it – La 27 Ora 2016 30 MAR Il documentario di Ambra Fares racconta la ribellione ai conformismi della società musulmana che dapprima ha lasciato perplessi parenti e genitori. E poi è diventato motivo d’orgoglio. Per tutti Speed sister: l’emancipazione corre veloce, anche per le ragazze arabe di Jacopo Storni «All’inizio la gente ci guardava come se fossimo atterrate dallo spazio, adesso hanno cambiato idea e quando ci vedono gareggiare, fanno il tifo per noi». Sono donne e sono arabe, corrono in macchina e rischiano la vita, sono piloti di rally su strada. Maysoon, Mona, Marah, Noor, Betty. Ci sono luoghi comuni che dipingono le donne arabe sottomesse agli uomini, barricate nelle proprie case e avvolte nei propri chador. Ma ci sono documentari capaci diribaltare stereotipi e pregiudizi e mostrare al pubblico spaccati di realtà oltre i preconcetti. Uno di questi è Speed Sisters, firmato da Ambra Fares,canadese di origini libanesi, travolgente e palpitante racconto della vita di queste cinque donne arabe pilota. Una specie di Fast & Furios in versione araba e femminile, che sarà proiettato, in prima visione italiana, al Cinema Odeon di Firenze domenica 10 aprile nell’ambito di Middle East Now, il festival su cinema e cultura mediorientale (in programma a Firenze dal 5 al 10 aprile,). Speed sisters, i motori come passione insostituibile. Sono le “sorelle di velocità”, cinque giovani ragazze palestinesi, casco in testa e piede sull’acceleratore. Cercano di conquistare uno sport dominato dagli uomini all’interno di una società conservatrice. «Quando corro in macchina, sono la ragazza più felice del mondo» dice una di loro. E un’altra: «Voglio che tutto il mondo sappia che rappresento la Palestina dei motori». 30/03/2016 Corriere.it – La 27 Ora Cresciute in famiglie musulmane, hanno affermato la loro identità femminile attraverso il rally, una ribellione ai conformismi della società musulmana che dapprima ha lasciato perplessi parenti e genitori, ma che poi è diventato un motivo d’orgoglio. Per tutti. «Quando ero piccola – racconta Maysoon – i miei genitori mi impedivano di fare attività dopo scuola, volevano che tornassi subito a casa. Quando ho detto loro che avrei voluto correre in macchina, mi hanno chiesto cosa pensassi di dimostrare». Oggi Maysoon è il capitano delle squadra femminile, è tutt’ora musulmana e frequenta la moschea. Una lenta rivoluzione che ha portato queste cinque ragazze sui palcoscenici del Medio Oriente. È la prima squadra di rally femminile del Medio Oriente. Corrono in circuiti improvvisati, nei parcheggi dei mercati, ai margini delle strade. Non c’è spazio in Palestina, territori militari, terre ristrette, densamente popolate. Correre in auto offre un senso d’evasione. Gareggiano anche per questo, queste cinque sorelle di velocità. Fanno fischiare le ruote, abilissime nei testacoda, vanno in palestra, guidano la moto, hanno il trucco sensuale e le unghie curatissime. Uno scandalo per qualcuno. Non per loro, donne all’inseguimento di una passione sfrenata, cresciute all’ombra del conflitto israelo-palestinese, tra militari e checkpoint. «La mia passione per l’automobilismo è nata nel traffico dei checkpoint e dei posti di blocco» racconta una delle Speed Sisters. Donne pilota, che raccontano un altro Medio Oriente, dove l’emancipazione femminile sale in macchina, scende su strada e cattura gli applausi e il tifo degli uomini. Un documentario che muove i primi passi dopo l’11 settembre. «Le cose cambiarono in modo sostanziale – spiega la regista Ambra Fares – Le moschee nella nostra città, in Canada, furono assalite con atti di vandalismo e i miei genitori ricevettero minacce al telefono. Cominciai a sentirmi come un’estranea a casa mia e così ho ritenuto opportuno capire più a fondo il nostro patrimonio arabo, per 30/03/2016 Corriere.it – La 27 Ora capire meglio quello che stava succedendo. Sono partita per il Medio Oriente e ho incontrato queste ragazze palestinesi». È nato così questo documentario, lungometraggio efficace per raccontare la condizione della donna nell’Islam, tra difficoltà e luoghi comuni. «Queste donne pilota – ha detto la regista – mi hanno insegnato molto sulla resistenza, mi hanno insegnato che cosa significa rimanere fedele ai sogni, nonostante gli ostacoli infiniti». 01/04/2016 Corriere della Sera PAG. 30 II salone i bellezza specchio dei mondo Online tutti i film www.corriere.litliallettura II salone di bellezza come metafora di vita. Due film, presentati in questi giorni al festival Middle East Now di Firenze (fino al 10 aprile), attraversano le boutique dei parrucchieri con frustrazione ed empatia. Ma già prima di Dégradé, dei fratelli palestinesi Tarzan e Arab Nasser, e Women in Sink, regia dell'anglo-israeliana Iris Zaki, al cinema numerose donne si sono (ri)trovate tra specchi e acconciature L'indirizzo I lettori possono scriverci all'indirizzo email IaLettura @corriere.it in uno spazio all'apparenza «innocuo» e frivolo, d'incontro e rivalità. I pettegolezzi di Donne di Cukor (1939), le acconciature cotonate di Fiori d'acciaio (1989), i ritratti di Caramel (2007): su www.corriere.it/ Lalettura una rassegna per immagini e video esplora un terreno che sa diventare anche luogo di denuncia politica e sociale. Su «la Lettura» #227 in edicola fino a sabato l'analisi di Maria Grosso. MIDDLE EAST NOW Firenze, cinema Odeon Si chiude oggi il Middle East Now, il festival di cinema mediorientale con l'anteprima italiana di «Eyes of a Thief», il film di Najwa Najjar selezionato per rappresentare la Palestina agli Oscar, alle 21. L'autrice sarà in sala insieme al suo cast tra cui il divo egiziano I<haled Abol Naga e la cantante algerina Souad Massi che si esibirà in una performance dal vivo. Domani torna il Banff Mountain Film Festival alle 20,30: dedicato al cinema di montagna e allo spirito dell'avventura. i;\ , ii ., - Edizione del: 05/04/16 Estratto da pag.: 15 Foglio: 1/1 Peso: 26% Servizi di Media Monitoring Il presente documento è ad uso esclusivo del committente. 112-108-080 Sezione: TOSCANA CULTURA E SPETTACOLI Dir. Resp.: Paolo Ermini Tiratura: n.d. Diffusione: n.d. Lettori: n.d. Io chef, il divo, la cantante I volli del «Middle East» I)al Libano a 'lgitto, le stelle del Medio Oriente a Firenze C'è un bel pezzo di Medio Oriente in questi giorni a Firenze. Perché, nonostante i travagli e le tragedie che vive, questa vasta area del mondo è un continente di creatività in ebollizione. Lo testimonia il Middle East Now, il festival dedicato al cinema e alle arti mediorientali (fino a domenica all'Odeon e in altri luoghi della città), nel cui ricco programma ci si può tuffare per scoprirle i tanti volti protagonisti di questa frenesia. A partire da uno dei più particolari, lo chef Kamal Mouzawak, considerato uno dei più influenti personaggi della scena culinaria araba (ha fondato il primo mercato biologico libanese, nonché il Tawlet, rinomato ristorante-cooperativa nel cuore di Beirut), che stasera (al Teatro del Sale) sarà l'animatore di una cena speciale, «Lebanon Meets Florence» e sabato di una cooking-class sui segreti del perfetto Tabbouleh. Se dal Libano ci si sposta all'Arabia Saudita si scopre che, malgrado nel paese degli sceicchi il cinema sia bandito dal 1972, qualcuno si permette di infrangere la legge; è nato così il film Barakah Meets Barakah, una stravagante commedia sentimentale (all'Odeon, domani ore 20.45), che verrà presentata dall'attore protagonista Hisham Fageeh, assunto agli onori della celebrità globale qualche tempo fa con un cliccatissimo video dal titolo Noti Oman No Drive, in cui faceva il verso alla celebre canzone di Bob Marley, parodiando il divieto vigente nel suo paese, che impedisce alle donne di guidare l'auto. Domenica (sempre all'Odeon, ore 21), in chiusura del festival, Eyes of Thief della palestinese Najwa Najjar, che sarà presentato in sala dalla regista e dall'attore protagonista Khaled Abol Naga, una specie di George Clooney egiziano: è una vera e propria star del La cantautrice Souad Massi cinema nordafricano, ma è anche un attore impegnato e per certi versi scomodo, molto amato dal pubblico, ma non altrettanto dal regime militare del suo Paese. Il film è una sorta di thriller politico, sospeso tra passato e presente, capace di gettare uno sguardo inedito sulla società palestinese con- temporanea. Ad accompagnare il divo egiziano ci sarà l'altra attrice protagonista del film, la cantante Souad Massi (che si esibirà in una speciale performance prima del film), nata ad Algeri, ma da molto tempo residente in Francia, e da anni impegnata nel celebrare attraverso la musica e la poesia la grande letteratura araba classica, ricordando agli arabi di oggi le loro origini, la loro storia, la loro millenaria cultura, le lotte contro le tirannie e le oppressioni. Libertà e vita sono i sentimenti al centro anche della performance che il coreografo israeliano Mor Shani metterà in scena alle Murate (domani ore 18), Lov-ism, in cui l'amore prende la forma di una fede indissolubile C'è poi il fotografo siriano Omar Imam che sabato all'Aria Art Gallery in Borgo SS. Apostoli presenta la mostra Live, Love, Refugee mettendo al centro delle sue fotografie in bianco e nero sogni, paure, desideri dei rifugiati siriani nei campi profughi in Libano. Marco Luceri © RIPRODUZIONE RISERVATA MIDDLE EAST NOW Firenze, cinema Odeon Oggi, quarta giornata dei festival di cinema mediorientale Middle East Now si parla di Arabia Saudita, dove il cinema è bandito dal 1972, e dei Bahrein: alle 20. 45, in anteprima italiana la commedia saudita «Barakah rneets Barakah» di Mahmoud Sabbagh presente in sala con il protagonista Hisham Fageeh. Tra gli altri film alle 18 il dramma dei profughi siriani nel documentario «District Zero» prodotto da Oxfam.. Pers.-I- , — ,'. La star del cinema Khaled Abol Naga, domani a Firenze per Middle East Now, parla di Giulio Regeni e delle altre vittime del suo Paese: «I dettagli orribili di quell'assassinio rivelano il male che stiamo affrontando» di Marco Luceri Nello sguardo di Khaled Abol Naga sembrano concentrarsi tutti gli istanti di un'intera esistenza. Sarà forse per questo che al di là del suo innegabile fascino, il grande divo egiziano - una star assoluta del cinema all'ombra delle piramidi - non riesce a togliersi mai di dosso quella vitale irrequietezza che lo ha portato a scelte spesso difficili. Già, perché dietro il glamour, i lustrini e i Lapis rouges di una delle più importanti industrie di entertainment dell'Africa, Khaled Abol Naga nasconde la scorza di un coraggioso combattente, il cui mestiere, quello dell'attore, significa per lui soprattutto aderire a un'etica del pensiero e impegnare la propria popolarità al servizio di un'idea (proprio nei giorni scorsi ha raccolto il grido di dolore che si è alzato dalla madre di Giulio Regeni e quello di tante altre mamme che hanno visto i loro figli sparire o essere uccisi nell'Egitto di Al-Sisi, postando sul suo seguitissimo profilo Twitter i recenti articoli del Corriere della Sera sul caso). Sarà proprio lui a chiudere domani sera a Firenze la settima edizione del festival Middle East Now: presenterà in sala (all'Odeon, ore 21) uno dei suoi ultimi film, Eyes of a Thief, della regista palestinese Najwa Najjar, insieme a lei e alla coprotagonista, la cantante algerina Souad Massi. Si tratta di un originale thriller politico sospeso tra passato e presente, in cui Khaled Abol Naga interpreta la parte di Tareq, un misterioso fuggiasco immerso nella brulicante società palestinese contemporanea. Il film è un racconto sul senso dell'amore, della perdita e sulla ricerca di una possibile identità . Un modo piuttosto inusuale di affrontare la questione palestinese... «Penso che al centro della vicenda ci siano soprattutto le emozioni umane. E così che il film cerca di farci aprire gli occhi sulla maniera in cui si vive sotto l'occupazione, su come la presenza costante di un muro intorno alle persone riesca a tirar fuori sia il peggio che il meglio della gente: da azioni violente a slanci pacifisti. Questo è valido sia in Palestina che in qualsiasi altro paese: le emozioni delle persone che soffrono sono sempre autentiche. A mio parere la parte più interessante nella scrittura del personaggio è l'approccio anti-eroico di Tareq. Metteremmo tutti in discussione le nostre vite facendo scelte diverse se Il tempo tornasse indietro o se avessimo un'altra possibilità? Anche se fossimo visti da tutti gli altri come eroi, o il contrario?». Per lei recitare è dunque una questione di onestà? «Credo proprio di sì. C'è sempre un nucleo che ha a che vedere con la condizione umana: bisogna cercare quello e mantenere un atteggiamento di onestà. All'inizio mi piaceva l'idea di partecipare a un film interamente girato in Palestina, perché ho molta fiducia nell'idea di abbattere le barriere tra le persone, e credo che il cinema sia lo strumento perfetto per farlo, perché è un linguaggio universale, fatto di emozioni umane». Un attore può contribuire a cambiare il mondo? «Penso che siamo davvero vivi solo quando riusciamo ad aiutare gli altri a cambiare e questo lo si deve fare anche opponendosi alla tirannia e all'ingiustizia. Le nostre voci fanno la differenza. E storicamente documentato che gli artisti onesti di tutto il mondo hanno cambiato leggi ingiuste e si sono schierati per i diritti umani in molte situazioni. Si, possia- mo cambiare il mondo, l'abbiamo già fatto e lo faremo ancora. Non abbiamo altra scelta». Che idea si è fatto sulla vicenda di Giulio Regeni e qual è il suo giudizio sul comportamento delle istituzioni egiziane? «Per prima cosa, insieme a milioni di egiziani, faccio le mie più profonde condoglianze alla madre, alla famiglia e agli amici di Giulio Regeni, oltre che a tutta l'Italia. I dettagli orribili del suo assassinio e delle torture rivelano al mondo tutto il male che stiamo affrontando nel nostro Paese. Nel 2011 la gente ha chiesto che il regime si facesse da parte per tutta una serie di crimini che gli egiziani non potevano né volevano più accettare. I brutali assassinii della polizia egiziana ad Alessandria hanno dato avvio a quella rivoluzione contro la tirannia che ha portato alla destituzione di Mubarak, ed è triste e inaccettabile, oltre ogni immaginazione, assistere al ri- torno di queste stesse cose dopo quegli avvenimenti. Oggi, nel 2016, gli stessi egiziani, gli italiani e tutto il mondo sono testimoni di crimini forse ancora peggiori, che vanno fermati una volta per tutte. Il regime di Al-Sisi deve prendersi le sue responsabilità e raccontare la verità al mondo, tutto deve essere pubblico . Basta con le piramidi di bugie , che servono solo a proteggere chi fa del male alle persone . Le madri di tanti figli dispersi, torturati, fatti scomparire o assassinati in Egitto dividono con il mondo una necessità senza precedenti, quella di sapere la verità, e di perseguire gli individui e Il sistema responsabili di questi crimini. Sono desolato e arrabbiato per il governo fascista che ci ritroviamo in Egitto , che usa la "guerra al terrorismo" come scusa per perpetrare tirannia e correzione... Possa Dio guidarci su un cammino di pace, per porre fine a questa tirannia». 0 RIPRODUZIONE RISERVATA I ttiei» della regista Najwa Najjar, sotto la conferenza della mamma di Giulio Regeni o est po iamo cambia e mo do desso con le bug e . ® a ti r sti n i ss r . n o s , a i Domani (ore 21) all'Odeon Khaled Abol Naga presenta il film «Eyes of a Thief» insieme alla regista Najwa Najjar (nella foto) e alla cantante Souad Massi ,A i I i I(:I Ì(-- ) ( - 1 i t (- ì OurLimbo è un progetto fotografico della libanese Natali E, Naccache che parla di donne si riarie scappate dal loro Paese; My Lebanan. Under the Olive Tree è un diario per immagini e illustrazioni della giovanissima Nour Flayn. Assieme a Kamal Mouzawak, tra i protagonisti della cultura gastronomica libanese, partecipano al festival Middle EastNow, vetrina sul Medio Oriente di oggi e dei tanti registi, musicisti, creativi che ci vivono e lottano per un quotidiano migliore, middleastnow it. R5IIVAL QUEL SAPOR MEDIORIENTALE A Firenze daI S ai 10 aprile, Middle East Now(rniddleastnowit):film, mostre, concerti, incontri e cene tutti legati dal filo conduttore del Medio Oriente. Parlando di cibo, showcooking dello chef di Beirut Kamal Mouazwak, creatore dei primo farmer's market del Libano. Trai film in programma, Barakah meefs Barakah (foto sopra) del saudita Mehmoud Sabbah, Biglietti da € 5. -.SE 9-1_. E ~ STEti SEN DA MaRIEOI' 5í Irta settimana in. M iddle East 0a martelli 5 a domenica 10, tra Otleon e Stensen , MIOOLE EAST ttOW, il festival di cinema (o non solo) interamente dedicato al panorama mediorientale diventato un evento di culto della primavera cinematografica fiorentina. Al centro dell 'edizione di quest'anno , che è anche il secondo tassello del più ampio cartellone Primavera di Cinema Orientale, realizzato per Regione Toscana da Quelli della Compagnia di Fondazione Sistema Toscana , è il tenta Live & Love Aliddle East, ovvero , vivere in Medio Oriente oggi, oltre II fragore delle bombe, le rovine, la paura , la fuga. 44 titoli, quasi tutti in anteprima italiana , per un mosaico che mette insieme ttungoruelraggi, documentari, film d'animazione e cortometraggi da tutta l'area, Uno spazio retrospettivo speciale è dedicato all'importante regista turca Yesim Uslaoglu, special guest dell'intera manifestazione. Un focus è invece dedicato alla vita quotidiana in Palestina, Libano, Siria e tran. Una finestra speciale è riserA,ata al Barhein . Dall'Arabia Saudita, paese finora noto per la sua politica a uticinenmtografìca, arriva ßarakah meets ßarakah di rmlahmoud Sabbali, prima commedia girata nel paese. Altri interessanti titoli danno voce invece a realtà dell'Iraq, Hurdistan, Israele, Libia, Palestina, Egitto, Giordania, Yemen , Afghanistan, Siria, Algeria e Marocco. Ricchissimo anche il calendario degli eventi collaterali. Il famoso ehef e food activist libanese , Hamai Mouzawak , gio 7 presso Teatro del Sale è protagonista della cena speciale ' I chanon Meets Ulorence", mentre sah 9 presso la Scuola d'Arte Culinaria Cordon Bleu , è al centro di una cooking class sui segreti del perfetto Tabbouleh e sulla cucina casalinga libanese. La famosa cantante libanese Souad Massi, considerata una delle più celebri autrici e cantanti di musica araba contemporanea, Propone invece don[ 10 alle 21 all'Odeon una performance speciale. Di scena testi che lanciano un messaggio di sfida all'isis, facendo appello alla creatività e alla tolleranza dell'Islam dei poeti classici e delle sue prime forme di civilizzazione. Da ven 8 a mer 27 a Aia Art Galleiy due mostre fotografiche, Our Limbo della giovane fotografa libanese Natalie Naccache, e Lire, Love, ltefregees del fotografo siriano Ontar tnram , mentre presso Anihlé trova spazio il progetto Aly Lelarron della giovane artista e illustratrice libanese Nora' frl;ryhall. Da segnalare infine Festival 't'all{s, striscia dedicata a prescnlazioni e dibattiti tutti i giorni alle 1930 all'Odeon. 'i'ra gli eventi, curati da Felicetta Ferrano: gin 7 presentazione del libro Pop Parlestine Cuisine di Fidaa Abtnliamdiya e Silvia Chiarantini (con assaggio del "vero" liunirnus palestinese); veli 8 incontro con lo scrittore siriano Khaled Khalifa, autore dei libro EI(gio dell'ilio; sal) 9, preaentaziolie dei libro L'Irax Cotrtenrporaneo di Pejuiaii Abdohnohanunadi. La mattina di dota 10, all'Odeon la tavola rotonda 5'e vario! la parce, raro 338 9868969 •- 0,55 214068 - pomeridiano 5 erro, 4 rida serale 6 giuro, 5 rid; abbonamento 30 euro; talks gratuito anta✓. ntiddteastnor .it Ili d'. atto le • ii i, ,,.l :,il hr.l arar 5 ore 21 corto Hotel di Y. Ustaoglu - a seguire Degradà di Tarzan & Arab Ahunasser nier 6 ore 10 - 12.30 Middle EasI Ilari Matinée dedicala agii studenti ore 16 corto 74 di S. Chamani Gol - a seguire 1Vonren in Sink di I. Zaki ore 17.30 cono Upslairs Neighbour di P. Badkoheli - a seguire Love Atarlrrre Kabul di A. Palagi ore 19.30 che cosa non é l'islam lezione sulla convivenza con L . Ceclich ore 20 Veggie/Arab degustazione rnediodeniale 15 curo ore 21 corto A Love Story in 7 Clrapterdi B . Jaroudi - a seguire Parisierxre di D. Arbid gio7 ore 13 Middle Easl Noti Lunch Boxe callo Sbitardi 0. Delafrej - a seguire Dry Hot Sumrnerdi S. Elbendary ore 16 collo 1 Think This is tbc Closest lo how F©otage Looked di Y. Ffanieiri e M.Vaknil - a seguire God's AMessagedi I. Lerrier dalle 17.30 Beirut Anirnaled frana un accordo . O forse no?, con la Partecipazimie di in1Purtaritï giornalisti ed esperti di Medio Oriente. lliretlo da Lisa Chiari e Roberto Ruta, il festival è promosso dall'associazione culturale Mali of Creatimi, ed è sostenuto da Enti Locali, Cassa di Risparmio di Firenze, Oxfanl Italia, Gruppo 1Yliy tile 13est Series: A Love Story ira 7 Chapler(II D Jaroudi, Un Obus Partoutdi ZNajjar, Norr, Rlohamad, Rayon di I. Gebrayel, The Wind di L. Ghaibeh, MA. Ghaibeh, S. Nourallah e I. Ramadan, t,lasssud di T. Iskandar, Like there is aro tomorrov✓ di f,1. Haddad ore 17.50 A Maid lai Each di M. Abi Sanira ore 19 cado Talk Radio Telrran di M Mansour ore 19.30 presentazione libro Pop Palestina. Viaggio nella Cucina popolare Palestinese - a seguire degustazione di huniinus ore 20.45 The Idol di H. Abu Assad ore 22.30 corto 1Vonren in Sink di I. Zaki Sil:nl,n -!viali. Ritti I,linnrui ore 1830 DeiNarld (li Tarzan & Arab Ahunasser ore 21 Turkish Deliglrts degustazione di dolci turchi - a seguire Araf - Someivhere in Reltreen di Y. Ustaoglu veri 0 ore 13 Middle East Noci Lunch Box - a seguire corto Talk Radro Telrm di P9 ftlansour e corto 74 di S. Chaniani Gol ore 15.30 Focus Bahrain 5 corti: Steps di S. Yousif, Fish R Traps di S. Yousif, Canary dl PA. Rashed Burli, TlreGood Orrendi M. Reshed Burli Hotels Firenze, FS'f-Fondazione Sisteana Toscana, Ambasciata del Regno dei Marocco, 1sLttuio Culturale Iraniano in Italia, Pontc33, Azalai 'll'avel Design, Ponte33, Istituto Stensen, NYtI Flnrence Villa La Pietra, irleltin'Concept / Let7, Aria Art Galles}', Amblé, e altre istituzioni e partner locali e internauionali. ore 16.30 corto Gilt tu mi, Fattrerdli S. Salnlan -a seguire Roshmia di S. Abu Jabal are 18 corto 9 Days di I. Tourna, T. Vroege, Floor van der P.ieulen - a seguire Dïstrict Zero di P. Iraburu, J. Fernandez l,layoral e Fatto Tasca; ore 18 Aria Art Galleiy (Borgo SS Apostoli, 40r) Mostra iotograh'ca Ow Limbo di N. flaccache e Live, Love, Relugess di 0. Roani (fino a nier 27) - Anihlé (Piuzeelta dei Del Bene la) Al y Lebanon di N. Flayhan (fino a nier 27) ore 19.30 incontro con lo scrittore siriano K. Khalila ore 2045 degustazione di dolci tradizionali dal ßuhrein - a seguire corto Stepsdi S. Yousif e 3arakha meets Barakha di h1 Sabhagh ore 22.30 Journey lo ihe Sun di Y, Ustaoglu sali 9 ore 14.45 corto Tuesdaydi Z. Dernlrel - a seguire P<lndori's Box CO Y. Ustaoglu ore 17.15 Focus Greenhouse corto Sbitardi 0. Balafrej ore 18 corta Mr. Gay Syria di A. toprak -a seguire Baglardi B, Bas e M. Birder ore 18 Le Fluiate (Piana delle P.iurale) Perlornrance di danza conternporanea Love-1SAtdi t'l. Stani ore 19.30 presentazione libro I'iron contemporaneo. Le sfide intento e internazionali di un paese strategico di P, Ahdnhirohanrrn,Al P G. Canta ore 20.45 corto Biue di A. Dhabi - a seguire A Syrian lave storydi S. flcAllisler ore 22.30 Lantouii dl H. Dormisliian (toni 10 ore 11 Talk della domenica Se vuoi la pace, trova un accordo. D forse no? con P Abdolinolraniniadl, H Cohen, V. Mazza, A Negri, N. Pedde modera L. S. Battaglia are 15 corto Dry Hot Surrrrrrer di 5. Elbenclaiy - a seguire Tuk Tukdi R. Saad ore 16.45 corto Araother Kind ofGirt di K Jihaeai - a seguire Specd Sisteis di A. Fares ore 18.30 Carlo Tchran di PA Morin - a seguire Starles.s dreams di PA. Oskouel ore 20 aperitivo a cura del ristorante La Valle dei Cedri e di Silvia Ciiialanßini, piatti mediorientali - 15 euro ore 21 Closing Ceremony Pruni aziene Middle Fasi fiori Aranl miglior filln per il pubblico e PrenOzioni corlolnetraggi - corto Ave Maria di B. Khalll - a seguire Eyes of a Thiel di N. flajlar Stensen ore 11 Barakha meats Barakha di M. Sabbagh Jar:i i tt:ttnri in l freuze 5pvitanolo RASSEGHE ® Middle East Now con Arab e Tarzan La vita a Gaza nel salone della parrucchiera Giovanna Branca D feci donne in un salone di bellezza attendono il loro turno per un taglio di capelli, il trucco, una depilazione. La musica che sprigiona dal cellulare della proprietaria serve a coprire il fastidioso ronzio di un «corvo»: un drone israeliano che si aggira in cielo. Siamo a Gaza, in Palestina, dove lo scorrere normale della vita prevede improvvisi black out, il razionamento della benzina per far funzionare i generatori di corrente, il rumore dei fucili mitragliatori fuori dalla porta e l'attesa rassegnata di una nuova guerra. Dégradé dei registi palestinesi Arab e Tarzan nomi d'arte dei gemelli nati e cresciuti proprio a Gaza Ahmed e Mohammed Nasser - racconta questa «normalità» da un punto di vista esclusivamente femminile, replicando all'intemo del salone di bellezza la chiusura forzata al resto del mondo della comunità che vive nella Striscia. II film, presentato alla Semaine de la Critique di Cannes 2015, apre oggi al cinema Odeon di Firenze la settima Edizione del Middle East Now fino al 10. Per i gemelli Nasser Dégradé è il primo lungometraggio, «realizzato in un unico luogo pieno di specchi, in 22 giorni e con tantissime attrici» raccontano - Una delle clienti della parrucchiera e estetista Christina, una donna russa arrivata in Palestina a seguito del marito, è interpretata da Hiam Abbas, che ha subito accettato il ruolo dopo aver letto il copione nonostante il povero budget e i tempi di produzione strettissimi. «Volevamo parlare della yita reale di tutti i giorni a Gaza, che vista attraverso il muro viene spesso mal compresa. E soprattutto quella delle donne, immaginate sempre e solo coperte da un velo e senza una voce propria. Per questo ci siamo concentrati sui personaggi femminili: le donne a Gaza sono uguali a quelle nel resto del mondo». Fuori dal salone, mentre cala il sole, i disordini e gli scontri a fuoco si moltiplicano. «Una metafora della condizione orribile in cui viviamo» dicono i cineasti. Il conflitto non coinvolge però, co- me ci si potrebbe aspettare, l'esercito israeliano: si svolge tra gli uomini di Hamas e alcuni oppositori intorno a un leone portato in giro dal fidanzato dell'assistente di Christina. L'aneddoto arriva dalla realtà. Dicono i registi: «Tempo fa il governo ha attaccato una famiglia potente di Gaza per requisire un leone che avevano comprato dallo zoo». I due fratelli nei confronti di Hamas non hanno molta simpatia: «Da loro il cinema non viene affatto rispettato» spiegano. Nati nello stesso anno che-, ha visto la chiusura delle sale cinematografiche i Gaza, il 1988, saltavano la scuola per «esplorare i cinema bruciati e distrutti vicino a casa nostra, alla di sperata ricerca dei poster dei film». Di questa passione c'è traccia nel loro primo lavoro, un'esposizione di manifesti cinematografici di film fittizi e titolati come le missioni israeliane in Palestina: «Piogge estive», «Nuvole d'autunno» è così via. «Volevamo realizzare una fantasia cinematografica su quelle operazioni militari». Dègradè non è l'unico film palestinese in programma al Middle East Now: nei prossimi giorni verranno proiettatianche The Idol di Hany Abu Hassad storia di un ragazzo. di Gaza che ha vinto il programma televisivo Arab Idol - il documentario Speed Sisters di Amber Fared e il cortometraggio candidato agli Oscar Ave Maria di Basil Khalil. Tema di questa edizione del Festival è «Love & Live in Middle East», una polifonia di voci di registi mediorientali che raccontano la vita quotidiano in mezzo alle guerre e i bombardamenti ma anche la speranza nel futuro. Tra f paesi-rappresentati anche la Siria, con A Syrian Love Story di Sean McCallister, documentario che racconta la storia d'amore di due attivisti girato nell'arco di cinque anni. Dalla selezione dell'ultima Berlinale viene invece la prima commedia romantica dell'Arabia Saudita: Barakh meets Barakh di Mahmoud Sabbah. Ospite d'onore sarà la regista turca Ye- imUstao ludi cui verranno proiettati quattro film compreso il più recente Araf (2012). 30/03/2016 Online D'amore, di guerra. E speranza. Film e racconti dalla vita in Medio Oriente a Firenze Romanticismo casto e "pixelato" in Arabia Saudita. Donne arabe pilota da corsa. Negozi di parruchiere a Gaza e Haifa. Ma anche le cicatrici di una famiglia siriana seguita per cinque anni, da prima a dopo il conflitto civile ancora in corso. E la vita nei campi profughi. Sono solo alcuni degli sguardi, come sempre inediti, della rassegna "Middle East Now" in programma dal 5 al 10 aprile DI ROBERTO DI CARO 31 marzo 2016 0 Portare in scena il Medio Oriente è un'impresa spericolata, oggi che l'Isis sgozza, stupra e devasta Siria e Iraq, con la Libia che è già un'altra Somalia di guerra per bande, la democratica Tunisia sotto attacco del terrorismo islamico, l'Egitto di nuovo scivolato nella morsa tra fanatismo religioso e dittatura paramilitare, le “primavere arabe” diventate il fantasma di una speranza eccessiva rivelatasi una trappola. Dunque, chapeau a chi ancora riesce a farlo: Lisa Chiari e Roberto Ruta, che sette anni fa s'inventarono a Firenze ilMiddle East Now festival e da allora a ogni edizione l'hanno ampliato e arricchito, presentando in anteprima registi e opere poi strapremiati ai festival internazionali e spesso arrivati nelle sale non solo d'essai, e aggiungendo spettacoli musicali, mostre fotografiche, persino corsi di cucina. Ora, appuntamento sempre a Firenze dal 5 al 10 aprile, mirano a «far conoscere un mondo nella sua quotidianità oltre la paura, gli attentati, le guerre. Il tema di questa 30/03/2016 Online edizione è infatti “Live & Love Middle East”, vivere e amare il Medio Oriente, attraverso le storie raccontante dal cinema, dagli artisti e dagli ospiti speciali che portiamo a Firenze». Il carnet è assai ghiotto: 44 film dal Nordafrica all'Iran fino all'Afghanistan, mostre fotografiche sui rifugiati siriani, dal vivo Soaud Massi la Joan Baez della musica araba, in cattedra lo chef libanese Kamal Mouzawak, n.15 al mondo. E quest'anno anche danza contemporanea, la performance Love-ism del giovane coreografo israeliano Mor Shani, duetto su santità e peccato sulla falsariga dell' “Arte di amare” di Erich Fromm, venerdì 8 aprile ore 18 alle Murate. Souad Massi Varie le chicche. Ma cominciamo dai saloni di bellezza. Sì, proprio. Negozi di parrucchiere. Uno nella Striscia di Gaza, l'altro a Haifa, Israele. In due pellicole che è come si specchiassero giocando a rimpiattino, entrambi caleidoscopi di vite femminili che s'intrecciano in una difficile e instabile quotidianità. La prima è fiction: Degradé dei “gemelli terribili” del cinema palestinese, Tarzan e Arab Abunasser. Nel salone di Christine a Gaza, un giorno che c'è l'elettricità, s'affollano una futura sposa, una donna incinta, una divorziata, una molto religiosa, una dipendente da droghe. Bloccate dentro, perché fuori sparano, una famiglia ha rubato l'unica leonessa dello zoo, Hamas vuole regolare vecchi conti aperti. Complicità, confidenze, vite sciorinate e messe a nudo: protagonista la più talentuosa attrice emergente del cinema palestinese, Maisa Abd Elhadi. Sia lei sia Tarzan & Arab sono a Firenze nei giorni del festival. Negozi di parrucchiere. Uno nella Striscia di Gaza, l'altro a Haifa, Israele. In due pellicole che è come si specchiassero giocando a rimpiattino, entrambi caleidoscopi di vite femminili che s'intrecciano in una difficile e instabile quotidianità. La prima è fiction: Degradé dei “gemelli terribili” del cinema palestinese, Tarzan e Arab Abunasser. Nel salone di Christine a Gaza, un giorno che c'è l'elettricità, s'affollano una futura sposa, una donna incinta, una divorziata, una molto religiosa, una dipendente da droghe. Bloccate dentro, perché fuori sparano, una famiglia ha rubato l'unica leonessa dello zoo, Hamas vuole regolare vecchi conti aperti. Complicità, confidenze, vite sciorinate e messe a nudo: protagonista la più talentuosa attrice emergente del cinema palestinese, Maisa Abd Elhadi. Sia lei sia Tarzan & Arab sono a Firenze nei giorni del festival. Documentario è invece Women in Sink, della giovane regista israeliana Iris Zaki. Che il suo primo cortometraggio, My Kosher Shifts, lo girò al bancone di un hotel per ebrei ultraortodossi a Londra, dove appunto lavorava come receptionist. Presa diretta, Women in Sink. Con la telecamera 30/03/2016 Online piazzata sopra il lavandino nel negozio di parrucchiera di una cristiano-araba ad Haifa, spazio di libertà provvisoria per le clienti arabe, ebree, cristiane, ricche e povere. Tutte, ciascuna a suo modo, alle prese con l'amore, la storia e la politica, che sballottano e tranciano le loro esistenze come i marosi fanno coi fuscelli sull'acqua. Women in Sink è un documentario della giovane regista israeliana Iris Zaki. Che il suo primo cortometraggio, My Kosher Shifts, lo girò al bancone di un hotel per ebrei ultraortodossi a Londra, dove appunto lavorava come receptionist. Presa diretta, Women in Sink. Con la telecamera piazzata sopra il lavandino nel negozio di parrucchiera di una cristiano-araba ad Haifa, spazio di libertà provvisoria per le clienti arabe, ebree, cristiane, ricche e povere. Tutte, ciascuna a suo modo, alle prese con l'amore, la storia e la politica, che sballottano e tranciano le loro esistenze come i marosi fanno coi fuscelli sull'acqua. L'altro film palestinese presentato in anteprima a Firenze è di quelli che proprio non ti aspetti. Perché la storia è tutta vera, ed è quella del primo e unico “racing team” arabo di sole donne pilota, Noor, Marah, Betty, Mona e Maysoon il loro capitano: belle, giovani, spigliate, combattive, casco in testa ma chiome al vento. S'intitola Speed Sisters, regista è Amber Fares, intreccia adrenalina e intimità, acceleratore e confessioni, speranze, sfide, battaglie. Non ultime, contro i luoghi comuni della e sulla cultura araba. "Speed Sister" è la storia è tutta vera del primo e unico “racing team” arabo di sole donne pilota, Noor, Marah, Betty, Mona e Maysoon il loro capitano: belle, giovani, spigliate, combattive, casco in testa ma chiome al vento. Regista è Amber Fares, che intreccia adrenalina e intimità, acceleratore e confessioni, speranze, sfide, battaglie. Non ultime, contro i luoghi comuni della e sulla cultura araba. Inaspettato, ma le sorprese non vengono mai da sole, ancheBarakh meets Barakh Barakah, dell'esordienteMahmoud Sabbagh, protagonista l'attore comico Hisham Fageeh. Perché è la prima commedia saudita della storia. Commedia romantica che narra del timido e ovviamente castissimo innamoramento di un impiegato comunale di Jeddah per la ricca e bella blogger Bibi. Con quello che succede ai blogger in Arabia Saudita, l'unico dubbio è che racconti un'Arabia felix del tutto immaginaria, in cui, come recita una didascalia subito dopo i titoli di testa, “le zone pixelate che vedrete in qualche scena del film sono del tutto normali e non sono da intendersi come un riferimento alla censura”. Un'immagine da Barakah meets Barakah Se qualcuno sospetta che tanta quotidianità per noi inattesa o sconosciuta, dalle romaticherie saudite alle Fast & Furious palestinesi, finisca per funzionare come un diversivo rispetto ai disastri e alle devastazioni che stanno falciando il mondo islamico, non tema: c'è in cartellone al Middle East Now Festival, attraverso film e mostre, un'esaustiva disamina delle catastrofi contemporanee di quella fetta di mondo. A Syrian Love Story, documentario girato nell'arco di cinque anni dal 30/03/2016 Online cinquantenne inglese Sean Macallister, segue il viaggio di Amer e Raghda dal loro attivismo politico in Siria nel 2009 alla loro vita di rifugiati in Libano e infine di esiliati in Francia. Ciò che, quando leggiamo di quanti scappano dalle loro case bombardate per saltare su un barcone, per noi è numero o al più un'immagine tanto toccante quanto facile da scordare, qui è storia personale che si dispiega nel tempo in tutta la sua durezza e disperazione quotidiana. A Syrian Love Story, documentario girato nell'arco di cinque anni dal cinquantenne inglese Sean Macallister, segue il viaggio di Amer e Raghda dal loro attivismo politico in Siria nel 2009 alla loro vita di rifugiati in Libano e infine di esiliati in Francia. Ciò che, quando leggiamo di quanti scappano dalle loro case bombardate per saltare su un barcone, per noi è numero o al più un'immagine tanto toccante quanto facile da scordare, qui è storia personale che si dispiega nel tempo in tutta la sua durezza e disperazione quotidiana. Alla Siria sono dedicate anche le due belle mostre fotografiche annesse alla rassegna. Live, love, refugees, del sirianoOmar Imam: scatti nei campi profughi in Libano a persone alle quali chiede però di ricreare i loro sogni (di fuga, d'amore, d'odio) dando così vita a immagini anche simboliche che incrociano incubo e speranza. E Our Limbo, della libaneseNatalie Naccache, che all'altra fa un po' da contraltare perché segue e restituisce la vita di cinque giovani siriane middle class espatriate per studiare prima che la guerra riducesse il loro paese a un cumulo di rovine, e ora disperse tra Qatar, Dubai, Libano, Londra, New York. Con maggior fortuna dei loro connazionali, ma nella stessa impossibilità di tornare. Un'immagine dalla mostra "Live, love, refugees" di Omar Imam L'altra faccia del dramma siriano-iraqeno sono le complicità sotterranee, le connivenze mascherate, i traffici illeciti, le guerre dichiarate a un nemico (contro l'Isis) e combattute contro un altro (contro i curdi). Parliamo della Turchia di Recep Tayyp Erdogan. Che reprime le proteste, arresta i giornalisti, espropria i giornali per aver denunciato i traffici sottobanco di armi e petrolio con quello Stato islamico che a parole si afferma di combattere. Alla regista turca Yeşim Ustaoğlu è dedicata quest'anno la retrospettiva del Festival. 30/03/2016 Online La regista turca Yesim Ustaoglu Lei è un personaggio. Nata nel 1960, ha fatto l'architetto, la giornalista, il critico cinematografico, la sceneggiatrice, per darsi infine alla regia nei primi anni Novanta. Journey to the Sun, del '99, ha fatto scalpore e certo non le ha guadagnato la benevolenza del potere perché è stato il primo film turco ad affrontare, spezzando un tabù, la questione curda: racconta appunto la storia di una coraggiosa amicizia tra un turco e un curdo. Pandora's box, del 2008 ragiona sul ruolo della memoria come meccanismo di fuga, Araf, del 2012, sulla condizione dei giovani, come sospesi in un paese in cui l'economia è cresciuta ma quanto a diritti sta precipitando nel totalitarismo in nome della religione e di un uso discrezionale del potere. A Firenze parlerà anche del nuovo film che ha in lavorazione, Clair-Obscur. Edizione del: 01/04/16 Estratto da pag.: 70 Foglio: 1/1 Peso: 35% Servizi di Media Monitoring Il presente documento è ad uso esclusivo del committente. 144-138-080 Sezione: TOSCANA CULTURA E SPETTACOLI Dir. Resp.: Pier Francesco De Robertis Tiratura: 84.352 Diffusione: 109.938 Lettori: n.d. Khalïfa, grido contro il regime «Aiutateci a conquistare la libertà» di STEFANO VETUSTI È DI NUOVO in Italia lo scrittore siriano Khaled Khalifa, tra le voci più apprezzate della letteratura araba contemporanea. La ristampa del suo libro più conosciuto, `Elogio dell'odio', pubblicato in italiano da Bompiani nel 2011, lo porta a incontrare studenti universitari e lettori in una mini tournée tra atenei e spazi di cultura. Dopo le tappe a Venezia, Napoli, Roma, l'8 aprile sarà a Firenze, al Middle Est Now, il festival di cinema arte e cultura contemporanea dal Medio Oriente che si tiene tra cinema Odeon, Stensen e altri luoghi della città fino al10 aprile. Venerdì Khaled Khalifi sarà al cinema Odeon, in piazza Strozzi, alle 19,30, per un incontro con Chiara Comito di Editoria Araba e con il pubblico ( ingresso gratuito), sul tema «Elogio della Siria». Nei suoi libri Khalifa racconta la repressione del regime e «la bellezza resistente» del popolo siriano. E' stato colpito dalla censura e da atti di brutalità . Nel 2012, di rientro a casa dopo una serie di conferenze in Europa, è stato sequestrato dagli uomini della sicurezza siriana che gli hanno anche spezzato una mano, per impedirgli di scrivere . E' stato costretto a lasciare il suo Paese e oggi risiede negli Stati Uniti «Assad deve essere giudicato per i crimini che sta commettendo, altrimenti quello che accade in Siria diventerà una speranza per tutte le dittature del mondo. Senza un minimo di giustizia, il futuro della Siria sarà sempre instabile» ha detto ieri lo scrittore siriano che ha incontrato a Napoli gli studenti dell'università Orientale . Khalifa ha raccontato la Siria sotto il giogo della dittatura e quella devastata in questi anni da una rivoluzione «seconda solo alla rivoluzione francese per la sua portata radicale», sottolineando che vede i siriani « lasciati completamenti soli dalla comunità internazionale a versare il loro sangue». Parole amare, quelle di Khalifa : « Quando sono scoppiate le primavere arabe nel 2011 - ha raccontato - ero a Milano, ero con- tento e chiedevo la solidarietà del mondo nei confronti della rivoluzione; poi però, io come il popolo siriano, abbiamo scoperto una verità amara e cioè di essere soli nella lotta per la costruzione di una Siria democratica». Nel suo prossimo libro, in italiano «L'operazione faticosa della morte», «narra la storia di un giovane che attraversa tutta la Siria in guerra per poter seppellire il corpo del padre nel cimitero della loro cittadina d'origine». Il programma degli appuntamenti di Middle East Now è sul sito www.iddleastnow.it 1 FULVIO PALOSCIA DA PICCOLA chiesi a mia zia perché esistono cattiveria, violenza, ingiustizia. Lei mi risposte con una storia: un tempo il bene e il male erano amici. Il male disse al bene: ti vedo stanco, perché non ti appoggi a me? Così avvenne, Il male corruppe il bene, portandolo sulle sue spalle». Gli occhi scintillanti della cantante algerina Souad Massi parlano da soli, e seguono il suono di una voce piccola ma potente. Sono occhi che di male ne hanno visto molto; è una voce piena di forza , che si scioglie in un folk rock dove la lingua araba sta comodissima nei ritmi e suoni occidentali. Le canzoni dellaJoan Baez algerina, tributo alla tolleranza nell'Islam piagato dall'Isis, sono diventate bandiere. Milioni i contatti su Youtube. Stasera all'Odeon Massi chiude il « Middle East Now», il festival del cinema mediorientale, con un concerto e la proiezione del film Eye of a thief ( alle 21 ), girato nei territori occupati dalla regista palestinese Najwa Najjar. É il racconto del conflitto visto attraverso l'amore e la vita di una donna come tante, Leila, che però custodisce un segreto. «Girare in un clima di guerra - racconta Massi mi ha fatto provare vergogna: io sarei tornata a casa mia in totale libertà, lì invece le persone sono ostaggio della violenza». Le sue canzoni affondano le radici nelle origini della poesia islamica , per raccontarne la tolleranza. « Sono cresciuta in una famiglia che mi ha trasmesso il rispetto per me stessa e per gli altri; l'Islam che mi è stato tramandato è di grande apertura mentale. Come artista sento un dovere: mostrare la bellezza della cultura musulmana in un momento in cui si vuole invece occultarla. É fondamentale che noi artisti ci si opponga all'oscurantismo: quello interna al nostro mondo, ma anche lo sguardo pieno di pregiudizi che arriva da fuori». Lei sa cos'è l'esilio, perché l'ha vissuto quando è stata minacciata dì morte dai fondamentalisti e costretta a chiedere asilo alla Francia. Cosa pensa delle forze politiche che vedono i migranti come una minaccia? «Quello che accade a siriani, libici, iracheni è doppiamente atroce: c'è il massacro inferto dai fondamentalisti,ma ci sono anche i bombardamenti di forze straniere. t l'ora che i capi di stato dei Paesi occidentali facciano i conti con una situazione che loro stessi hanno determinato sostenendo i dittatori, rifornendoli di armi». La primavera araba? «All'inizio, solo speranza. Era bellissimo veder scendere in piazza studenti, ma anche donne, anziani, tutti a rivendicare la libertà. Ma le conseguenze sono state caotiche: oggi le persone hanno paura di quella stessa libertà. E di esprimerla». L'arte per lei è un'arma o un rifugio? «Prima è stato un rifugio perché dovevo proteggermi. Poi è diventata un'arma. Anche noi artisti, come i politici, abbiamo un pubblico. Solo che esercitiamo un potere positivo». Ha paura? «Lotto, Combatto, Andando in scena. Comunicando bellezza», @RIFROOUZIONERIS[RV4TF N FRANCIA Souad Massi, dopo e minacce ha asciato l'Algeria per a Francia. Stasera all'Odeon Eyeofa thief, il suo ultimo film ; iG i,, MIDDLE 5T MOW Alle 18 "District zero" prodotto da Oxfam e Commissione europea, è un commovente documentario sui profughi siriani intrappolati nel gigantesco campo di Zaatari, in Giordania. Intervengono il direttore generale di Oxfam Italia, Roberto Barbieri e il giornalista Umberto de Giovannangeli. Si prosegue con la commedia, da una parte l'Arabia Saudita, dove il cinema è bandito dal 1972, e dall'altra il Bahrein, isola sciita fra i sunniti, con i suoi giovani registi. Dall'Arabbia viene "Barakah meets Barakah" (ore 20.45); una stravagante storia d'amore tra un umilefunzionariocomunalee la rampolla di una ricca famiglia, reginetta su Instagram. In sala ci saranno il regista Mahmoud Sabbagh e il protagonista Hisham Fageeh, attore comico popolarissimo in Arabia Saudita, creatore del video "No woman, no drive", che su YouTube ha oltre 13 milioni di views. Dal Bahrein arrivano invece i quattro cortometraggi a cui è dedicato il focus pomeridiano a cura di Laura Aimone, aperto da "Steps" del giovane regista Salman Yousif, ospite del festival (dalle 15.30). Cinema Odeon p.zza Strozzi, dalle ore 15.30 MIDDLE EAST NOW Quello tra Amer e Raghda è un amore nato in un carcere siriano. Lui e lei hanno condiviso la militanza politica, la prigionia e poi un viaggio verso la speranza di libertà, e adesso la loro storia è stata raccontata in un documentario. "Syrian love story" è stato realizzato con cinque anni di riprese dal regista Sean McAllister che si è imbattuto per la prima volta nella coppia nel 2009, quando Raghda era di nuovo in carcere e aveva lasciato Amer a prendersi cura dei loro quattro figli. Il film è l'evento principale della giornata del Middle east now a l cinema Odeon dove sarà presente in sala anche il regista, lui stesso arrestato dai servizi segreti siriani. Cinema Odeon, p.zza Strozzi, ore 20.45 MIDDLE EAST NOW L'anteprima italiana al cinema Odeon di "The Idol", nuovo lavoro del regista palestinese due volte candidato all'Oscar Hany Abu-Assad sull'incredibile storia di Mohammad Assaf, il ragazzino di Gaza vincitore del talent show Arab Idol (nelle sale il 14aprile) apre la serata del Middle east now a cui interviene l'autore in collegamento Skype, e che prima della proiezione regala un assaggio del vero hummus palestinese. Dedicata alla Turchia invece la serata allo Stensen che apre con l'ultimo lavoro della regista Yesim Ustaglou "AraC, che racconta un triangolo amoroso tra due giovani lavoratrici di una stazione di servizio e un uomo molto più maturo. Cinema Odeon, p.zza Strozzi, ore 20.45/Auditorium Stensen, vie don Minzoni, ore 21 05/04/2016 Il Sole 24 Ore Online Speed Sisters, donne pilote in Medio Oriente di Arianna Garavaglia Da oggi fino al 10 aprile torna Middle East Now, rassegna dedicata al Medio Oriente contemporaneo. In programma film, concerti e mostre fotografiche. Da non perdere il documentario sulle donne pilote palestinesi e le immagini dedicate ai rifugiati siriani Donne e motori. Sono questi gli ingredienti del documentario"Speed Sisters", della regista Amber Fares. Protagoniste cinque donne palestinesi, membri di una squadra automobilistica tutta al femminile, l'unica in tutto il Medio Oriente. La pellicola segue le protagoniste tra allenamenti e gare in un settore dominato, a ogni latitudine, dagli uomini. Il documentario non presenta solo le difficoltà di queste donne in un mondo maschile ma è un film adrenalinico, sulla velocità, lo spirito agonistico, un po' in stile Fast and Furious. Il documentario è uno degli appuntamenti di Middle East Now (5-10 aprile), rassegna dedicata al Medio Oriente contemporaneo. Il festival di Firenze esplora quest'area vitale e turbolenta attraverso film, mostre fotografiche, concerti e cibo. In programma 44 film, quasi tutti in anteprima italiana ed europea, provenienti da un'area geografica che dal Marocco arriva fino all'Afghanistan. Tema dell'edizione 2016 è "Live & Love Middle East", vivere e amare il Medio Oriente, una terra che nonostante la guerra, la paura e la fuga è viva e creativa e che proprio attraverso la creatività e l'arte cerca di raccontare la quotidianità di quest'area o di immaginare una vita diversa. Tra i protagonisti dell'edizione di quest'anno grande spazio è dedicato alla Siria. Da questo paese arriva il documentario "A Syrian Love Story" di Sean McAllister (2015), girato nell'arco di cinque anni, sulla storia d'amore di una coppia di attivisti minacciata dagli orrori della guerra. 05/04/2016 Il Sole 24 Ore Online Dedicate alla Siria anche due mostre fotografiche: "Our Limbo", della fotografa libanese Natalie Naccache, e "Live, Love, Refugees" del siriano Omar Imam. Entrambi i progetti riguardano i rifugiati siriani, in fuga da cinque anni di guerra, da due punti di vista diversi. "Our Limbo" ha per protagoniste cinque donne siriane della classe media che hanno lasciato il loro paese ma che vivono la nostalgia della loro terra e la consapevolezza di essersi lasciate alle spalle un mondo e un popolo intrappolato tra terrorismo e campi profughi. "Live, Love, Refugees" affronta i sogni dei profughi siriani nei campi libanesi. Gli scatti evocano i mondi, i ricordi, le speranze di uomini e donne che hanno perso tutto. «Le persone che ho incontrato – raccontato Imam - vivono vite da incubo, ma in loro ho sempre colto il desiderio e la forza di continuare a vivere come esseri umani». Ad aprire il festival è " Degradé" (2015), primo lungometraggio dei fratelli palestinesi Tarzan & Arab Nasser che ha debuttato a Cannes. Il film è girato in un salone di parrucchiere a Gaza dove dodici donne rimangono intrappolate mentre fuori imperversano scontri causati dal furto di una leonessa dallo zoo di Gaza. MIDDLE EAST NOW Dove: Firenze Quando: dal 5 al 10 aprile MOSTRE: OUR LIMBO della fotografa libanese Natalie Naccache e LIVE, LOVE, REFUGEE del fotografo siriano Omar Imam DOVE: Aria Art Gallery – Borgo SS. Apostoli, 40r QUANDO: 9 aprile / 27 aprile 2016 BIGLIETTI: ingresso libero 5 aprile 2016 il k CULTURE/Middle East Now Until April 10 Odeon Cinema and various venues , Florence Middle East Now is currently underway, showcasing the best in cinema from Palestine, Syria, Lebanon and beyond. Numerous cultural and culinary events round out the program, including "Love-ism;'a contemporary dance performance staged by Israeli choreographer Mor Shani, inspired by Erich Fromm's TheArtofLoving (April8, 6pm, Le Murate). Two free photography exhibitions will open on April 9 at Aria Art Gallery: Natalie Naccache's"Our Limbo"and Omar Imam's"Live, Love, Refugee;'which both shed light on the experiences of Syrian refugees. Though the film festival ends on April 10, the exhibitions stay open until April 27. For the full program, see www.middleastnow.it.