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S.O.F.I.I.A. Sostegno, orientamento, formazione, imprenditoria per immigrati in agricoltura
S.O.F.I.I.A.
(Sostegno, orientamento, formazione, imprenditoria per immigrati in agricoltura)
Corso di Formazione in Gestione d’impresa agricola
Dicembre 2012 – Marzo 2013, IAM Bari, Valenzano, Italia
Modulo VIII
Elementi istituzionali per la promozione e la valorizzazione dei prodotti agricoli
Docente: GIORGIO Maria Francesca
Corso di Formazione in Gestione d’impresa agricola _Dicembre 2012 – Marzo 2013, IAM Bari
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INDICE
ELEMENTI BASE DI MARKETING





Modello delle 4P
Segmentare un mercato
Ruolo dell’innovazione nel marketing
Canali di distribuzione
Piani di marketing
MARKETING AGROALIMENTARE




Concetti di marketing per i prodotti agroalimentari
Evoluzione del concetto dal marketing al management
L’azienda agroalimentare marketing oriented
Verso il marketing sociale:nuovi orizzonti per il marketing agroalimentare
COMUNICAZIONE D’IMPRESA
 Comunicazione Interna
 Comunicazione Esterna
 Comunicazione di marketing
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IL MARKETING ELEMENTI ISTITUZIONALI PER LA
PROMOZIONE E VALORIZZAZIONE DEI PRODOTTI AGRICOLI
Elementi base di Marketing
Nel nuovo scenario economico l’orientamento aziendale sposta la focalizzazione dell'impresa
dal prodotto al mercato, o ancor meglio al cliente, ribaltando la direzione tradizionale del
processo di marketing: non più dall'interno dell'impresa verso l'esterno, ma al contrario. si
sancisce il passaggio da un'impresa production oriented (dove la cosa più importante è
organizzare la produzione in modo che il prodotto finale derivante sia efficiente e di qualità
accettabile), a un'impresa marketing oriented, capace di ascoltare e comprendere il mercato,
individuare bisogni ancora insoddisfatti e rispondere con un'offerta di valore adeguata e
competitiva. Il marketing non è un processo lineare ma circolare, in cui ascolto, comprensione
dei bisogni e delle forze che agiscono sui mercati, progettazione di prodotti o servizi in grado
di rispondere alle nuove opportunità individuate, comunicazione del vantaggio proposto e
distribuzione si susseguono, interagendo e modificandosi continuamente. L’esponente più
autorevole nel campo del marketing, Kotler, presenta un concetto di marketing ampliato
Kotler e generale, l'attività di marketing, come "strumento per comprendere, creare,
comunicare e distribuire valore". In questo modo ne estende il campo d'azione oltre il limite
della gestione d'impresa. Pubblica diversi lavori su temi come il marketing dei luoghi, delle
nazioni, delle idee, delle persone e delle professioni.
Modello delle quattro P
Contrariamente a quanto spesso si crede, il noto modello delle quattro P del marketing mix
non è stato introdotto da Philip Kotler se ne deve, comunque, in gran parte, la diffusione. In
sintesi, il modello organizza tutte le attività di marketing operativo sotto quattro elementi:
 Product
 Price
 Placement
 Promotion.
Con lo sviluppo della ricerca sul marketing, sono state proposte varie integrazioni al modello,
a esempio l'aggiunta del Packaging, della vendita personale (Personal selling), o del servizio
(concetto di prodotto-servizio). In questo modo il modello diventerebbe delle "cinque P",
delle "sei P" e così via. In una sua opera recente Kotler attualizza il concetto di marketing
mix, sostenendo che in realtà molte delle proposte di integrazione avanzate negli anni non
appaiono necessarie: il packaging è a tutti gli effetti un aspetto del prodotto, la vendita
personale fa parte integrante della promozione, mentre il servizio è parte costitutiva del
prodotto (che andrebbe meglio definito come offerta). D'altra parte, Kotler suggerisce due
possibili espansioni del marketing mix:
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Le relazioni istituzionali (rapporti delle imprese con il mondo delle istituzioni per gestire le
conseguenze di leggi, provvedimenti, orientamenti della politica verso le attività
imprenditoriali che possono influenzare i mercati)
Le relazioni pubbliche (organizzazione di campagne che cercano di modificare gli
atteggiamenti negativi dell'opinione pubblica verso determinate categorie di prodotti).
Modello delle "quattro C
Nella stessa opera, Kotler accoglie invece un'altra critica al modello, che sostituisce o associa
alle "quattro P" altrettante "C":
 Customer value (valore per il cliente)
 Costo per il cliente
 Convenienza
 Comunicazione
Questa impostazione vuole evidenziare l'importanza di pensare prima in termini di valore per
il cliente, e solo successivamente definire le corrispondenti attività di marketing dell'impresa
(le quattro P).
Esaminando le macrotendenze che si profilano per il futuro si può affermare che il paesaggio
economico è stato modificato in maniera sostanziale dalla tecnologia e dalla globalizzazione.
Oggi imprese di tutto il mondo possono competere ovunque, grazie a Internet e alla maggiore
libertà degli scambi. La principale forza economica è la "ipercompetizione": le imprese sono
in grado di produrre più beni di quanti ne possano vendere; come risultato si hanno forti
ressioni sui prezzi e una tendenza sempre più pronunciata alla differenziazione. Tuttavia, gran
parte della differenziazione è psicologica, più che reale. Anche così, il vantaggio competitivo
di un’impresa non permane a lungo, in un’economia dove qualsiasi vantaggio può essere
copiato rapidamente. Le imprese devono prestare attenzione al fatto che i clienti sono sempre
più istruiti e dispongono di strumenti migliori, come Internet, per scegliere tra una gamma più
ampia di alternative.
Il potere, che dal produttore era passato al distributore, ora sta passando al cliente. In sintesi, i
processi fondamentali del marketing sono i seguenti:
1. individuazione di opportunità,
2. sviluppo di nuovi prodotti,
3. acquisizione di clienti,
4. mantenimento e fidelizzazione del cliente,
5. evasione di ordini.
Un’impresa che gestisce con efficacia tutti questi processi di norma otterrà buoni risultati, ma
se è carente in una sola di queste funzioni, non riuscirà a sopravvivere .La missione del
marketing nel corso degli anni ha avuto almeno tre risposte diverse. All’inizio si riteneva che
la missione del marketing fosse quella di vendere tutti i prodotti di un’impresa a chiunque.
Una seconda risposta, più sofisticata, è che il marketing si prefigge la missione di creare
prodotti che rispondano alle esigenze insoddisfatte di mercati-obiettivo. Una terza risposta,
più filosofica, è che la missione del marketing è quella di innalzare il livello di vita materiale
e la qualità della vita in tutto il mondo. Il ruolo del marketing è quello di percepire i bisogni
insoddisfatti delle persone e di proporre nuove soluzioni allettanti. Una cucina moderna con le
sue attrezzature offre un esempio concreto della possibilità di liberare le donne dalla schiavitù
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di noiosi lavori di casa, affinché possano dedicare più tempo allo sviluppo della sfera
intellettuale. Importante è interrogarsi su quali sono le strategie di marketing che funzionano
meglio nel mercato attuale, certamente la formula per il successo del marketing strategico
comprende tre elementi:
1. focalizzazione,
2. posizionamento
3. differenziazione.
L’impresa deve definire con attenzione il proprio mercato obiettivo, individuare e comunicare
una posizione originale e differenziare offerte e servizi affinché i concorrenti incontrino delle
difficoltà nel copiarne l’insieme. In tempi recenti, i fattori chiave per il successo competitivo
erano la qualità e l’assistenza, perché molte imprese non le offrivano. Oggi però qualità e
assistenza stanno diventando caratteristiche comuni. Se non offre qualità e assistenza,
un’impresa è destinata a perdere, ma se le offre, non necessariamente avrà successo. Questi
sono aspetti ormai scontati.
Oggi le imprese devono imparare a competere in modi innovativi, che comprendono la
capacità di realizzare e consegnare i prodotti con maggiore rapidità, di migliorare il design e
lo styling dei prodotti, di arricchire l’offerta con maggiori vantaggi e di instaurare con i
clienti un rapporto di lungo termine reciprocamente vantaggioso. Ecco i tre tipi di strategie
che oggi trovano riscontro sul mercato:.
 Trovare modi innovativi di abbassare il costo della vita: IKEA, Southwest Airlines,
Wal-Mart, Home Depot,.
 Puntare alla massima qualità: Sony, Lexus, Intel, Starbucks.
 Avere una coscienza sociale: The Body Shop, Ben & Jerry’s, Avon, Kraft.
SEGMENTARE UN MERCATO
L’obiettivo è quello di suddividere il mercato in diversi gruppi, in base a determinate
caratteristiche comuni. I metodi di segmentazione si sono evoluti in diverse fasi.
Inizialmente i ricercatori hanno optato per la segmentazione demografica, data l’immediata
disponibilità di dati demografici. Il presupposto era che diversi gruppi di persone, costituiti in
base all’età, all’occupazione, al reddito e all’istruzione, avessero modelli di consumo diversi.
In seguito i ricercatori sono passati alla segmentazione geodemografica, aggiungendo
variabili relative al luogo di residenza dei consumatori, al tipo di abitazione e alle dimensioni
dei nuclei famigliari. Una volta appurato che le persone all’interno dei segmenti demografici
non mostravano adottato la segmentazione per gruppi di comportamento, classificando le
persone in base a elementi quali la disponibilità all’acquisto, la motivazione e
l’atteggiamento. Un esempio è la segmentazione per vantaggi, che raggruppa i consumatori in
base al principale vantaggio che si aspettano dal prodotto. Un altro esempio è la
segmentazione psicografica, che raggruppa le persone in base alle caratteristiche del loro stile
di vita. Recentemente i ricercatori si stanno orientando verso la segmentazione per fedeltà
necessariamente i medesimi modelli di consumo, i ricercatori hanno, che presta maggiore
attenzione ai clienti potenzialmente più durevoli e redditizi di altri. Detto questo, la
segmentazione è un’analisi finalizzata alla comprensione dei clienti, e può essere fonte di
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notevole gratificazione per gli esperti che per primi identificano nuove variabili per
classificare i clienti stessi?
In passato i fattori chiave per il successo competitivo erano la qualità e l’assistenza, perché
molte imprese non le offrivano. Oggi però qualità e assistenza stanno diventando
caratteristiche comuni. Un’impresa è sicuramente perdente se non offre qualità e assistenza,
ma se le offre, non avrà necessariamente successo. Questi fattori sono ormai scontati.
Oggigiorno le imprese partecipano agli stessi seminari, dove apprendono il valore dell’analisi
comparativa (benchmarking), dell’esternalizzazione (outsourcing) e della capacità di superare
le offerte dei concorrenti. Tuttavia lo scenario non è mai statico, perché ciascun concorrente
parte da un diverso patrimonio di risorse e opportunità. Le imprese più pronte scoprono e
realizzano rapidamente dei vantaggi competitivi. Le quote di mercato si spostano a seconda
dell’inventiva dei diversi attori. Prendiamo a esempio l’industria Henry Ford ha fatto del
costo il suo vantaggio competitivo, mentre la GM l’ha individuato nella varietà e nello stile;
in seguito, Europei e giapponesi hanno individuato il loro vantaggio competitivo nella qualità.
Oggi il Giappone sta lavorando alla progettazione di automobili “sensoriali”: i proprietari
dovrebbero provare una sensazione piacevole semplicemente aprendo o chiudendo la portiera,
o accendendo la radio. Le imprese americane e alcuni rivenditori stanno riscoprendo il potere
di un’assistenza adeguata. Nessuna piattaforma competitiva funziona per sempre o per tutti i
compratori. Le imprese devono imparare a competere in modi nuovi, che comprendono la
capacità di realizzare e consegnare i prodotti con maggiore rapidità, di migliorare il design e
lo styling dei prodotti, di arricchire l’offerta con maggiori vantaggi e di instaurare con i clienti
un rapporto di lungo termine che sia reciprocamente vantaggioso.
Caratteristiche nuove, un design di prim’ordine, un’estetica migliore, prodotti personalizzati,
servizi più completi ed efficaci e rapporti più amichevoli con i clienti sono tutti aspetti da
prendere in considerazione.
IL RUOLO DELL’INNOVAZIONE NEL MARKETING
Come ha detto Peter Drucker «... Il business ha solo due funzioni fondamentali: il marketing e
l’innovazione. Il marketing e l’innovazione producono risultati: tutto il resto rappresenta
costi.» Ne consegue che la formula vincente è data da una grande capacità di innovazione
abbinata a una grande capacità di marketing. Innovare non significa solo creare prodotti nuovi
e migliori, ma anche migliorare i sistemi e introdurre nuovi concetti aziendali. Società come
Ikea, Southwest Express, Virgin e Home Depot hanno inventato modi nuovi di gestire vecchie
industrie, raggiungendo una posizione di leader in termini di profitti. Gli strumenti di
marketing (le quattro "P") sono ancora uno strumento utile per l’attività decisionale nel
marketing , forniscono ancora un utile quadro di riferimento per la pianificazione del
marketing. Tuttavia, rappresentano più la prospettiva del venditore che quella dell’acquirente.
Per questo si è pensato di convertirle nelle quattro
“C”, come segue:
Prodotto = Customer value (valore per il cliente)
Price = Customer cost (costo per il cliente)
Placement = Customer convenience (convenienza per il cliente)
Promotion = Customer communication (comunicazione al cliente)
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Le quattro “C” ricordano che i clienti vogliono valore, costi bassi, convenienza elevata e
comunicazione, non promozione. Sono state proposte altre “P”, tra cui packaging,
personalizzazione della vendita, passione e altre ancora. Effettivamente il packaging è già
compreso nello schema, sotto prodotto o promozione, mentre personalizzazione della vendita
e passione rientrano nella promozione. Riguardo al marketing dei servizi sono state proposte
altre tre “P”: la prima è personale, e riguarda l’impressione lasciata da chi fornisce il servizio;
la seconda è procedure, in quanto uno stesso servizio può essere fornito in molti modi
diversi: a esempio, un ristorante può offrire pasti al tavolo, al buffet o con consegna a
domicilio. La terza, prove fisiche, si riferisce al fatto che i fornitori di servizi cercano di
conferire un carattere tangibile alle proprie offerte ricorrendo a certificati, biglietti, logo e
altro.
CANALI DI DISTRIBUZIONE
Il numero di canali di vendita si sta moltiplicando. È possibile fare acquisti presso il punto
vendita, per posta, per telefono e online. Un’impresa che utilizza un unico canale di marketing
per la distribuzione dei propri prodotti dovrà affrontare la concorrenza di tutti gli altri canali.
Inoltre, i prezzi possono essere molto differenti a seconda del canale. Per questo un’impresa
deve scegliere con attenzione il canale che intende utilizzare per consolidare la propria
presenza sul mercato. Quanto più numerosi sono i canali, tanto maggiori sono le risorse
manageriali richieste e la possibilità che nascano conflitti di distribuzione e confusione. In
ogni caso, è fondamentale che un’impresa sviluppi la coerenza del marchio e ne rispetti la
promessa, ovunque venda i propri prodotti.
In riferimento alla comunicazione alcuni analisti prevedono che le pubbliche relazioni
cresceranno di importanza rispetto alla pubblicità. In effetti, in passato si è fatto un uso
eccessivo della pubblicità, soprattutto quella di massa e di scarsa qualità, mentre si sono
trascurate le pubbliche relazioni. Questo veicolo di comunicazione è come un palazzo con
tante stanze, che ho definito Pencils (matite) delle PR, acronimo di
 pubblicazioni (publications),
 eventi (events),
 notizie (news),
 attività sociali (community involvement),
 strumenti di identità (identity tools)
 lobbying
 responsabilità sociale (social responsability).

Quando un cliente vede un annuncio, sa che si tratta di una pubblicità e sempre più spesso
evita di guardarla. È evidente che i clienti hanno sempre meno tempo e attenzione. Con le
pubbliche relazioni aumentano le possibilità di far passare il messaggio, che può anche
risultare più fresco e credibile. Le pubbliche relazioni sono più adatte per spargere la voce su
un nuovo prodotto o servizio. L’interesse per le pubbliche relazioni è in aumento, come
testimonia il titolo di un
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I PIANI DI MARKETING devono utilizzare un formato standard per la pianificazione,
poiché ciò consente all’alta direzione di confrontare agevolmente i diversi piani e produce una
riflessione sistematica sul marketing efficace. Un piano di marketing comprende sei
componenti:
1. analisi della situazione,
2. obiettivi,
3. strategia,
4. tattiche,
5. budget
6. controlli.
Analisi della situazione. In questa fase l’impresa prende in esame le forze macroambientali
(economiche, politicogiuridiche, socioculturali, tecnologiche) e gli attori (impresa,
concorrenti, distributori e fornitori) dell’ambiente in cui opera, ed effettua un’analisi SWOT
(Strenghts, Weaknesses, Opportunities, Threats, ossia punti di forza, punti deboli, opportunità
e minacce). In realtà questa analisi dovrebbe essere definita TOWS (ossia minacce,
opportunità, punti deboli e punti di forza), invertendo l’ordine precedente per andare dai
fattori esterni a quelli interni, anziché dai fattori interni a quelli esterni. Questo perché
l’analisi SWOT potrebbe indebitamente porre l’accento sui fattori interni e individuare
soltanto le minacce e le opportunità che trovano corrispondenti punti di forza aziendali.
Obiettivi. Una volta identificate le migliori opportunità sulla base dell’analisi della
situazione, l’impresa le dispone in ordine di importanza, definisce i mercati-obiettivo e
stabilisce gli obiettivi e una tabella di marcia per realizzarli. Inoltre stabilisce gli obiettivi
con riferimento agli stakeholder, alla reputazione dell’impresa, alla tecnologia e ad altre
questioni rilevanti
Strategia. Qualsiasi traguardo può essere perseguito in molti modi. Spetta alla strategia
scegliere la linea d’azione più efficace per raggiungere gli obiettivi stabiliti.
Tattiche. Occorre specificare nei minimi dettagli la strategia riguardante le quattro “P” e
le azioni che dovranno intraprendere nel corso dell’anno i singoli soggetti responsabili
dell’attuazione del piano.
Budget. Le azioni e le attività pianificate comportano dei costi che vanno ad aggiungersi al
budget necessario per realizzare gli obiettivi aziendali.
Controlli. L’impresa deve fissare dei momenti di verifica e stabilire dei parametri per
valutare i progressi compiuti rispetto agli obiettivi previsti. Se le prestazioni risultano carenti,
l’impresa deve rivedere obiettivi, strategie e azioni
La redditività è certamente più compatibile con un ambiente operativo piacevole. In passato
prevaleva l’idea che un produttore potesse guadagnare il massimo pagando il minimo
indispensabile a fornitori, dipendenti e distributori. Il risultato, però, erano forniture e prodotti
scadenti e un elevato tasso di avvicendamento di dipendenti e partner. Oggi le imprese più
illuminate considerano come partner (il sistema degli stakeholder) i propri fornitori,
dipendenti e distributori, che così sono motivati a fornire un valore superiore. La filosofia
della collaborazione positiva prevarrà sulla filosofia dello scontro. Fatalmente, la recente
tendenza al ridimensionamento ha minato la fedeltà dei dipendenti, che non si fidano più dei
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propri capi, pensano sempre di più a sé stessi e coltivano competenze da poter vendere ad
altre imprese, è una grossa sfida ricostruire una cultura di fedeltà distrutta da operazioni di
ridimensionamento. I capi, se non adegueranno anche i propri stipendi ai tagli imposti ai
dipendenti, perderanno la loro fiducia. In effetti gli stipendi immorali di alcuni i vari scandali
sono stati duri colpi alla fedeltà deidipendenti. Hal Rosenbluth, proprietario di un’importante
agenzia di viaggi, ha scritto un best seller dal titolo sorprendente, The Customer Comes
Second (William Morrow, 1992). In effetti, nelle imprese di servizi come hotel, ristoranti e
banche, si può sostenere che il primo obiettivo è la soddisfazione del dipendente. Secondo
Bill Marriot Jr., se l’impresa riesce a soddisfare i propri dipendenti,questi a loro volta
soddisferanno i clienti, che ritorneranno negli hotel Marriot, a tutto vantaggio dei profitti degli
azionisti. Così Marriott e altri leader nel settore dei servizi pongono fortemente l’accento
sull’attenzione per gli interessi dei dipendenti. Si parla quindi di marketing interno, perché
l’obiettivo è quello di percepire, servire e soddisfare le esigenze di un mercato interno,
rappresentato dai dipendenti. I leader possono cercare di capire le esigenze dei propri “clienti
interni” in diversi modi. John Welch aveva adottato l’approccio della ricerca di soluzioni
(work-out): i capi delle varie divisioni ascoltavano le idee e le proposte di miglioramento dei
dipendenti e fornivano delle risposte. Altre imprese distribuiscono periodicamente dei moduli
dove i dipendenti esprimono una valutazione dei propri capi. Da parte mia penso che i capi
imparerebbero molto sulle esigenze dei propri subalterni andando in trincea a fare il loro
lavoro. Per una settimana all’anno, gli alti dirigenti di McDonald’s e Disney lasciano i propri
uffici per andare a cuocere hamburger, staccare biglietti e incontrare dipendenti e clienti. I
leader non devono solo formulare un piano, bensì proporre un obiettivo ispiratore, e
dichiararlo non solo in termini finanziari, ma anche in termini di vantaggi sociali.
Un’impresa di fertilizzanti in realtà non dovrebbe limitarsi a produrre fertilizzanti, ma aspirare
a contribuire al nutrimento delle popolazioni affamate e all’eliminazione della fame nel
mondo.. I leader con una formazione di marketing hanno il vantaggio di portare in impresa un
approccio “dall’esterno verso l’interno”, invece che “dall’interno verso l’esterno”. I leader
con altre formazioni, ad esempio di produzione, finanza e così via, tendono a concentrarsi sul
funzionamento interno dell’impresa e rischiano di non accorgersi quando quest’ultima non è
più in sintonia con l’evoluzione del mercato. Gli uomini di marketing riconoscono le correnti
in rapido mutamento nel mercato e percepiscono la necessità di nuove iniziative per tenersi a
galla. Un compito importante del leader è quello di indurre tutti i componenti dell’impresa a
considerare il cliente come il centro dell’universo. I dipendenti devono capire che non è
l’impresa a pagarli, ma i clienti. L’alta direzione deve chiarire a ciascun reparto in che modo
il suo operato incida sulla soddisfazione e sul mantenimento del cliente e quanto costi
all’impresa perdere un cliente.
Il controllo del marketing
L’elaborazione dei parametri potrebbe essere un progetto comune degli uffici marketing e
finanza. Se fosse di competenza esclusiva dell’ufficio marketing, sorgerebbe il sospetto che
la metodologia prescelta possa essere parziale. Se fosse di competenza esclusiva dell’ufficio
finanziario, i responsabili del marketing non si fiderebbero. Se invece fosse sottoscritta
daentrambi gli uffici, la metodologia adottata risulterebbe più credibile. Inoltre, ne trarrebbe
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vantaggio l’ufficio finanziario, che in ultima analisi dovrà utilizzarla come riferimento per la
distribuzione dei fondi a fronte delle richieste provenienti dall’ufficio marketing.
Tra i parametri più utilizzati vi sono:
 quota di mercato,
 consapevolezza del marchio
 soddisfazione del cliente,
 qualità relativa del prodotto,
 valore percepito,
 fedeltà del cliente
 tasso di perdita dei clienti.
Le imprese sono sufficientemente attente alla soddisfazione del cliente e prendono misure per
migliorarla?
Per la maggior parte, le imprese prestano più attenzione alla crescita della propria quota di
mercato che al grado di soddisfazione del cliente. Questo è sbagliato. La soddisfazione del
cliente e il valore percepito sono fondamentali per la redditività dell’impresa. Quanto più
elevata è la soddisfazione del cliente, tanto maggiore sarà il grado di fedeltà. E i vantaggi
derivanti da clienti fedeli sono molti. L’acquisizione di un nuovo cliente costa da cinque a
dieci volte più di quanto costi soddisfare e mantenere i clienti attuali. Una riduzione del 5%
del tasso di perdita dei clienti può significare un aumento della redditività dell’impresa tra il
25 e l’85%, a seconda del settore. Inoltre, la redditività di un cliente tende ad aumentare col
tempo.
Gli ambiti di applicazione del marketing
Le piccole e medie imprese hanno la possibilità di utilizzare gli strumenti di marketing senza
spendere troppo. le ricerche di mercato a basso costo (ricorrendo ai gruppi di ascolto),
strumenti di promozione poco costosi (volantini, pieghevoli e pubbliche relazioni) e così via.
Sono anche stati pubblicati una serie di libri sul “guerilla marketing” dove abbondano i
consigli sulle tattiche di comunicazione non convenzionale per acquisire visibilità e indurre a
una prova d’acquisto del prodotto. Immaginiamo che una piccola impresa abbia realizzato un
nuovo prodotto e lo voglia promuovere. Non mi piace particolarmente l’idea di ingaggiare
un’agenzia di pubblicità e affidarle il compito di divulgare il messaggio su vasta scala;
preferisco l’idea di trasmettere il messaggio a un pubblico ristretto. Questo implica definire
con cura i clienti obiettivo e scoprire il modo migliore per raggiungerli, a esempio prendendo
contatti per una visita diretta, oppure con inserzioni, pubblicità, azioni di direct mail, fax o
email.Si propende sempre più per una pubblicità selettiva e l’organizzazione di eventi e
iniziative (event marketing), anziché spendere grandi cifre per una pubblicità a pioggia. Le
piccole imprese possono anche pensare di usare Internet come veicolo pubblicitario e
strumento di vendita. Le piccole imprese possono vincere contro le grandi imprese in quattro
modi: (1) andando a occupare una nicchia di mercato come specialisti, (2) aumentando la
flessibilità nella progettazione dell’offerta, (3) fornendo un servizio di qualità superiore e (4)
personalizzando l’interazione con gli acquirenti.
Negli ultimi anni la gestione delle relazioni con il cliente (CRM, Customer Relationship
Management) rappresenta uno dei nuovi sviluppi più promettenti del marketing. Quanto più
un'impresa conosce i propri clienti acquisiti e potenziali, tanto più competitiva sarà la sua
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presenza sul mercato. Almeno in teoria. La gestione delle relazioni con il cliente è stata
“venduta” come una rivoluzione tecnologica che avrebbe consentito una maggiore precisione
nell’identificazione dei potenziali clienti e nella presentazione delle offerte. Molte imprese
hanno investito milioni di dollari soltanto per scoprire che nei dati mancavano parecchie
variabili importanti e, quel che è peggio, che i dipendenti non erano né orientati al cliente né
organizzati in funzione di quest’ultimo.
Negli ultimi anni la resa degli investimenti nella gestione delle relazioni con il cliente è stata
scarsa, con risultati insoddisfacenti per una percentuale di imprese compresa tra il 40% e il
60%.
Quando si introduce una nuova tecnologia in un’impresa vecchia, si ottiene semplicemente
un’impresa vecchia più costosa! Prima di fare investimenti nella CRM, occorre creare una
cultura imprenditoriale orientata al cliente. A quel punto il database può essere utilizzato
dal personale di tutti i reparti dell’impresa per apprendere nuove informazioni sul cliente. La
sfida consiste quindi nel capire quando si tratta di un investimento appropriato e come attuarlo
con successo. È una scelta che ha senso soprattutto nei settori caratterizzati da una grande
ricchezza di dati, come il settore bancario, delle carte di credito, assicurativo e delle
telecomunicazioni; è meno sensata nei mercati dei prodotti di consumo di massa, dove si
vendono merci a basso costo. Per decidere se investire in un costoso sistema CRM, proviamo
a ragionare come ha fatto la Royal Bank of Canada, che ha richiesto al fornitore del sistema,
la Siebel Company, di effettuare quattro stime.
1. Quanto costerà il sistema?
2. Quanto tempo occorrerà prima che il sistema sia operativo?
3. In quanti mesi l’incremento delle vendite riuscirà a coprire l’investimento iniziale nel
sistema?
4. Qual è la redditività a lungo termine dell’investimento in questo sistema?
Steve Silver afferma: «La CRM non è un pacchetto software, non è un database, non è un call
center e non è un sito Web. Non è neppure un programma di fidelizzazione, di assistenza, di
acquisizione o di riconquista dei clienti. È una vera e propria filosofia.» Edmund Thompson
del Gartner Group aggiunge: «Un programma di gestione delle relazioni con i clienti dipende
per il 45% dalla leadership dei dirigenti, per il 40% dall’attuazione della gestione di progetto e
per il 15% dalla tecnologia.».
Il sistema della CRM è straordinario, ma non fa per tutti. È stato pubblicizzato in modo
esagerato e molte imprese si pentiranno di averlo adottato. Funzionerà solo se, tanto per
cominciare, l’impresa è “cliente-centrica”. La gestione delle relazioni con il cliente si basa su
una logica convincente che può essere così riassunta: «Se conosci bene i tuoi clienti a uno a
uno, saprai con maggior precisione che cosa offrire, quando, in che modo e a quale prezzo.»
In quest’ottica, un’impresa informatica non cercherà di vendere un computer nuovo ai clienti
che nel database risultano averne appena acquistato uno, ma cercherà nella banca dati tutti i
clienti che hanno acquistato un computer almeno tre anni prima. Acquisire informazioni sugli
acquisti effettuati in passato da un cliente e sui suoi dati anagrafici e psicografici è senza
dubbio un vantaggio. Il rovescio della medaglia è che raccogliere, aggiornare e gestire queste
informazioni costa molto. Molti dati, a esempio gli indirizzi e le mansioni lavorative delle
persone, ogni anno diventano obsoleti, e l’impresa ha bisogno di assumere analisti esperti che
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si occupino di data mining. Non vale la pena di affrontare costi così alti, se l’impresa
commercializza articoli di basso costo o se tratta prodotti che vengono acquistati una sola
volta nella vita. Il punto è, a mio parere, che la gestione delle relazioni con il cliente può
conferire un sostanziale vantaggio competitivo soltanto nelle imprese e nei settori dove ha
ragione d’essere. Nelle campagne promozionali si tende spesso a presentare la CRM come il
mezzo per costruire un sistema informativo che consenta di personalizzare prodotti, servizi e
messaggi rivolti al singolo cliente. Per alcune imprese, a esempio nel settore bancario e delle
carte di credito, ciò rappresenta una strategia praticabile e lodevole, mentre per altre
assomiglia più a un campo minato. Si tratta di capire se a una certa impresa risulti più
efficiente puntare sui segmenti di mercato e sui relativi bisogni, o piuttosto rivolgendosi ai
singoli clienti. I segmenti sono una categoria in parte fittizia, perché anche i clienti
appartenenti a uno stesso segmento presentano delle differenze; d’altra parte, costituiscono un
criterio efficace per valutare e preparare le offerte di mercato. Non di rado, con
un’impostazione basata sul segmento si ottengono risultati migliori che non realizzando e
gestendo un costoso sistema informativo progettato per servire un cliente alla volta. La
gestione delle relazioni con il cliente si addice di più al marketing B2B (business-to-business)
che non al marketing dei beni di consumo.
Nel primo caso, infatti, le imprese hanno un numero di clienti più limitato e li conoscono
meglio. Ciò non toglie che esistano anche imprese B2C (business-to-consumer) che hanno
realizzato il proprio database clienti. Le vendite effettuate da Dell ai singoli clienti vengono
registrate in un database e l’impresa sa esattamente quando proporsi a ciascun cliente con
nuovi prodotti. La Kraft possiede un database nel quale sono archiviati diversi milioni di
nominativi di clienti che richiedono all’impresa ricette, coupon e altri servizi. Le banche
possono ottenere risultati migliori raccogliendo informazioni sui singoli clienti, per capire
meglio quando un cliente potrebbe essere interessato ad acquistare un’auto, quando debba
sostenere le spese per un matrimonio o quando necessiti di un finanziamento per gli studi
universitari.
Le caratteristiche di un buon sito Web d’impresa
Ogni impresa dovrebbe progettare un sito che ne esprima lo scopo, la storia, i prodotti, la
vision e contenga diverse altre informazioni. Il sito Web dovrebbe rappresentare un modo
semplice per entrare in contatto con l’impresa e presentare contenuti sempre nuovi per
invogliare chi lo guarda a visitarlo di nuovo; deve caricarsi rapidamente a video e avere una
grafica accattivante. Un sito Web può anche andare oltre l’offerta di contenuti e offrire
transazioni, diventando così un sito di ecommerce.
Internet sta contribuendo a rafforzare più il potere degli acquirenti che dei venditori. Oggi il
cliente è sovrano. Il marketing inverso sta diventando di moda. In molti casi sono gli
acquirenti che offrono un prezzo per l’acquisto di un prodotto, piuttosto che accettare il
prezzo indicato dal venditore (Priceline.com). Gli acquirenti preferiscono i venditori che
personalizzano l’offerta (Dell Computer). Gli acquirenti chiedono di essere pagati per
guardare gli annunci pubblicitari (FreePC.com). Gli acquirenti possono collegarsi ad alcuni
siti Web e chiedere buoni sconto specifici (Cool savings.com). La pubblicità tradizionale ha
prosperato con il battage pubblicitario (nei mercati dei beni di consumo) e una robusta forza
di vendita (nei mercati delle imprese). Oggi sono sempre più numerose le imprese che
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dirottano parte delle loro dotazioni di bilancio su direct mail, telemarketing, fax, messaggi di
posta elettronica, pagine Web e pubblicità su Web. Di conseguenza, il ventaglio dei canali di
comunicazione e di promozione si è decisamente ampliato.
.
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MARKETING AGROALIMENTARE
CONCETTI DI MARKETING PER I PRODOTTI AGROALIMENTARI
Negli ultimi anni il tema del marketing agroalimentare ha assunto un crescente interesse, al
punto che si è avvertita la necessità di un suo autonomo sviluppo rispetto ai concetti
tradizionali del marketing management, date le peculiarità che caratterizzano l’organizzazione
produttiva del sistema agroalimentare e le dinamiche legate al comportamento del
consumatore.
Benché, il marketing si caratterizzi per la sua estrema malleabilità, per essere un insieme
aperto, capace di assumere forma e contenuti nuovi e diversi a seconda delle sfumature
dell’ambiente economico cui viene applicato e del riferimento temporale considerato, appare
per certi aspetti poco adattabile al sistema agroalimentare. I ripensamenti critici ed i tanti
approcci innovativi che costantemente interessano questa disciplina, ne hanno fatto un vera e
proprio “filosofia” cioè un ramo del sapere economico che studia i principi e le cause generali
connessi all’agire degli operatori economici, inquadrati ciascuno nella realtà economica e
nella fase storica in cui opera.
Per altri versi, dall’analisi della filiera dell’agroalimentare, effettuata nel capitolo precedente,
sono emersi elementi quali: produzioni agricole differenziate e differenziabili (commodities),
forte integrazione del comparto primario con il mercato finale di consumo dei prodotti,
maggiore conoscenze dei mercati da parte del consumatore, evoluzione continua delle
esigenze del consumatore nonché delle sue abitudini di acquisto, importanza crescente della
qualità dei prodotti agricoli ed agroalimentari e delle problematiche ad essa connesse
(certificazione, marchi, tracciabilità, ecc.); si tratta di elementi di tale tipicità e specificità da
non permettere l’applicazione delle teorie generali del marketing management. Di qui, quindi,
la necessità di individuare un terreno di convergenza tra la tematica tradizionale del marketing
ed il marketing agroalimentare, favorita dalla profonda evoluzione subita in questi anni dal
settore agricolo, che ha dimostrato una sempre maggiore volontà e spinta all’integrazione con
i mercato.
EVOLUZIONE DEL CONCETTO: DAL MARKETING MANAGEMENT …
Marketing deriva da mercato e significa collocare sul mercato, ovvero mettere in atto tutta una
serie di operazioni che permettono di far arrivare nella maniera giusta il prodotto giusto al
giusto consumatore. Scopo della filosofia di marketing è quello di focalizzare l’attenzione del
responsabile marketing sul soddisfacimento di ampie classi di bisogni della clientela
(orientamento verso il cliente) piuttosto che sulla produzione attuale (orientamento verso la
produzione) o sui metodi per attirare la clientela verso i prodotti offerti in quel momento
(orientamento alla vendita). Quindi un efficace processo di marketing consiste prima di tutto
nell’individuazione dei bisogni del cliente e solo successivamente nella ricerca dei prodotti o
servizi più idonei a soddisfare tali bisogni. Questa è nota come l’impostazione teorica del
marketing concept intesa come specifica modalità di gestione dei rapporti che intercorrono tra
impresa e mercato impegnati nel perseguimento dei propri obiettivi di azione.
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Per poter comprendere al meglio tale filosofia è bene analizzare alcune definizioni di
marketing elaborate nel corso degli anni dagli studiosi del settore. Indispensabile punto di
partenza è la definizione di marketing approvata ufficialmente dall’American Marketing
Association, che identifica il marketing come “il processo di pianificazione e realizzazione
della concezione, della definizione del prezzo, della promozione e della distribuzione di idee,
beni e servizi al fine di creare scambi che consentano di conseguire gli obiettivi di individui e
organizzazioni”
In assoluta sintonia P. Kotler, esponente di spicco della scuola anglosassone di Business
Management, definisce il marketing “il processo sociale e manageriale mediante il quale una
persona o un gruppo ottiene ciò che costituisce oggetto,dei propri bisogni e desideri, creando,
offrendo e scambiando prodotti e valore con altri”
Degna di nota è la sintesi data dal Collesei per il quale il marketing “è un insieme di attività
economiche realizzate allo scopo di soddisfare esigenze di consumo attraverso la vendita di
beni e servizi”
Di qui discende la nozione di marketing management, che seguendo sempre il pensiero di
P.Kotler appare quale “l’analisi, la pianificazione, la relazione, ed il controllo di programmi
volti a creare e a mantenere utili relazioni di scambio con i mercati obiettivo, allo scopo di
raggiungere i fini dell’organizzazione”. Il ruolo fondamentale, dunque di tale filosofia, appare
svolto dallo scambio, flusso di informazioni , che collega ed attiva il rapporto tra azienda e
mercato nella logica del marketing (marketing oriented). L’impresa è chiamata ad adottare un
insieme di decisioni, che si concretizzano nella formulazione di un preciso e coordinato piano
di marketing, attraverso l’impiego di quattro strumenti o leve di marketing, le 4 P: produc,
price, place, promotion. Il marketing quindi coinvolge, non solo l’intera organizzazione
aziendale orientata e motivata al perseguimento della soddisfazione del cliente (core business
aziendale), ma appare anche quale insieme di attività svolte dall’impresa in una dimensione
strategica: definizione dei mercati o dei gruppi dei clienti (target); individuazione delle
esigenze attuali e potenziali del cliente; segmentazione dei bisogni da soddisfare; scelta dei
desideri e delle esigenze che l’azienda ritiene di poter soddisfare nel modo migliore, anche
rispetto ai concorrenti; definizione dell’offerta (marketing mix); predisposizione del piano di
marketing, ed esecuzione dello stesso; controllo costante dei risultati (feedback) ed eventuali
modifiche di politiche ed obiettivi.
AL MARKETING AGROALIMENTARE
A questo punto è opportuno chiedersi se ed in quale misura il processo decisionale del
“sistema marketing” sia applicabile alla realtà operativa delle piccole e medie imprese del
settore agroalimentare moderno, oppure se è preferibile riferirsi ad una linea di studi
differente ed identificabile con il marketing agricolo.
I primi sviluppi del pensiero di marketing, che si sono registrati negli Stati Uniti sin
dall’inizio del secolo scorso, che hanno riguardato le problematiche relative al mercato dei
prodotti agricoli, hanno in realtà ricevuto una scarsa attenzione da parte degli studiosi della
disciplina economica-agraria. Questo perché il concetto di marketing agricolo non si
configurava come un’applicazione dei principi e delle metodologie del marketing
management ai prodotti agricoli, bensì come una branca dell’economia agraria applicata, i cui
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ambiti di analisi riguardano le tematiche del mercato del prodotti agricoli, dell’andamento dei
prezzi, delle politiche di intervento pubblico, dell’efficienza del sistema distributivo, ecc.
La ragione di tale ridotta attenzione nei confronti delle applicazioni dei principi di marketing
alle problematiche di mercati agricoli và in primis ricercata nel fatto che tali mercati sono
fortemente controllati dall’azione dell’autorità pubblica; inoltre appare difficoltoso applicare i
principi del marketing in un settore dove la maggioranza delle imprese sono di piccole
dimensioni ed il prodotto che esse realizzano è indifferenziato e non facilmente
differenziabile (commodity). Non solo, ma l’organizzazione dell’offerta agroalimentare si
configura come un sistema complesso di relazioni tra attori diversi che operano nelle diverse
fasi della filiera. La presenza di forti legami di interdipendenza fra i diversi attori del sistema
(integrazione verticale del sistema agroalimentare) fa sì che il confine di ciascuna impresa non
risulti così netto e definito come per imprese produttrici di beni di largo consumo.
Tuttavia il marketing agroalimentare, ormai da tempo, è un tema che sta richiamando una
crescente attenzione, quale strumento utile per migliorare i rapporti con il mercato e per
valorizzarne l’offerta dei relativi prodotti.
In realtà alla base di tale interesse vi sono i rapidi e profondi mutamenti nell’ambiente
economico e politico-istituzionale in cui il sistema opera, che impongono alle imprese un
ripensamento delle loro strategie di business: bisogna ripartire da una approfondita analisi del
mercato nonché delle attese dei consumatori. Infatti oltre alle implicazioni legare allo
sviluppo e alla diffusione delle nuove tecnologie informatiche e genetiche è necessario
considerare i cambiamenti in atto nella politica agraria dell’Unione Europea1; nonché il
processo di progressiva liberalizzazione del commercio internazionale dei prodotti agricoli ed
agroalimentari.
Di qui, dunque, la necessita di individuare un approccio specifico per il marketing
agroalimentare, che trova giustificazione in ulteriori due fattori. Il promo riguarda il processo
di consumo dei prodotti agroalimentari; questi presenta delle peculiarità che lo differenziano
dal consumo della maggior parte degli altri prodotti: il consumo degli alimenti è
indispensabile per la vita degli esseri umani. Esiste infatti un forte legame tra le caratteristiche
dei prodotti alimentari consumati e la salute umana, la cui percezione, in questi anni, è
fortemente aumentata. In questo quadro, un’implicazione molto importante per il marketing
agroalimentare è quella di accrescere la fiducia del consumatore nei confronti del sistema
dell’offerta agroalimentare e di ridurre il livello di percezione del rischio legato al consumo
alimentare. Ciò richiede che il sistema sia in grado di fornire al consumatore informazioni
comprensibili e corrette riguardo alle caratteristiche qualitative del prodotto ed ai processi
1
La PAC (Politica Agricola Comune) appartiene alla sfera di competenza esclusiva della Comunità e si prefigge,
ai sensi dell'articolo 33 del trattato che istituisce la Comunità europea di: a) incrementare la produttività
dell'agricoltura, sviluppando il progresso tecnico, assicurando lo sviluppo razionale della produzione agricola
come pure un impiego migliore dei fattori di produzione, in particolare della manodopera, b) assicurare così un
tenore di vita equo alla popolazione agricola, grazie in particolare al miglioramento del reddito individuale di
coloro che lavorano nell'agricoltura, c) stabilizzare i mercati, d) garantire la sicurezza degli approvvigionamenti,
e) assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori. Numerose sono state le sue riforme: nel 1992,
Mac Sharry; nel 1999 Agenda 2000, che individua quali obiettivi prioritari la sicurezza dei prodotti alimentari,
la difesa dell'ambiente e la promozione di un'agricoltura sostenibile; ultima riforma nel giugno 2003, detta anche
riforma Fischler con l’obiettivo di migliorare la competitività dell’agricoltura europea, promuovere
un’agricoltura sostenibile ed orientata al mercato, rafforzare lo sviluppo rurale.
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produttivi utilizzati per la sua realizzazione. Proprio dinanzi all’importanza che tali fattori
hanno assunto, l’approccio concettuale del marketing tradizionale appare del tutto inadeguato
per comprendere la complessità del comportamento del consumatore agroalimentare. Sarebbe,
invece, più auspicabile parlare di marketing relazionale ovvero dell’importanza di dover
sviluppare un sistema di relazioni stabili tra i diversi attori della filiera e tra questi e il
consumatore.
Il secondo fattore attiene al legame che sempre più spesso viene a crearsi tra
regolamentazione pubblica e politiche di marketing. Questo rapporto si realizza attraverso i
marchi collettivi previsti delle politiche per la sicurezza alimentare e la qualità, messe in atto
dall’UE. Ad esempio i marchi riguardanti la Dop e l’Igp2 (Regolamento CEE n. 2081/92)
rappresentano una forma di garanzia del consumatore, ma possono costituire, attraverso la
messa in atto di appropriate politiche di marketing, dei veri e propri segnali di valore. Stesse
considerazioni possono essere estese anche per i marchi previsti dalla normativa comunitaria
per le produzioni biologiche (Regolamento CEE n. 2092/91).
L’AZIENDA AGROALIMENTARE MARKETING ORIENTED
In questo contesto il marketing agroalimentare più che un’insieme di azioni ben strutturate ed
orientate, è una vera è proprio filosofia, un modo di concepire la gestione aziendale che
riconosce al consumatore di un prodotto il ruolo predominate, il ché implica da parte
dell’azienda un pensare in funzione delle sue esigenze delle sue motivazioni, dei suoi
comportamenti. Il marketing agroalimentare deve così tener conto di tutto quello che
l’individuo consuma in funzione delle sue molteplici esigenze. Il marketing quindi aiuta
l’azienda agroalimentare a muoversi nella giusta maniera sul mercato, armonizzando insieme
un equilibrio tra dinamica aziendale, di commercializzazione e del mercato in cui intende
operare, produrre e vendere , rispondendo alle richieste del mercato ed alle specifiche
esigenze dei consumatori. Il marketing và dunque visto come mentalità e come azione;
mentalità perché in grado di pensare ed orientare tutta la dinamica l’azienda agroalimentare e
come azione perché è un’insieme di coordinati interventi operativi legati alle diverse
componenti del marketing (mercato, prodotto, consumatore prezzo, distribuzione
comunicazione promozione).
Il marketing agroalimentare ha una sua funzione ben definita di carattere informativo: tutte le
azioni di marketing sono conseguenza di tutte le informazioni raccolte relative al mercato, al
prodotto, al consumatore, alla concorrenza, alla distribuzione, ecc., Il marketing allora è
conoscere per agire, solamente su presupposti conoscitivi si potrà preparare il terreno agli
interventi di prodotto e di commercializzazione. In questo contesto il marketing
agroalimentare comprende tutta una serie di studi in grado di raccogliere dati relativi al
prodotto, alla ricerca qualitativa e quantitativa del mercato, allo studio delle motivazioni, alla
segmentazione di mercato, al posizionamento di prodotto, alle varie politiche di prezzo;
attraverso le quali è in grado di fornire le risposte basilari alla dinamica aziendale del dove?,
2
Doc (denominazione di origine controllata) è un marchio utilizzato in enologia, che certifica la zona di origine
e di raccolta delle uve utilizzate per la produzione del prodotto su cui il marchio è apposto.
Igp (Indicazione geografica protetta) è' un riconoscimento dato dalla Comunità Europea che indica che una
determinata area ha delle caratteristiche peculiari che rendono il prodotto della zona unico e non riproducibile al
di fuori di essa. I prodotti sono collegati alla regione di cui, in genere, portano il nome.
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perché?, come?, a chi?, quando?, finché?, vendere un prodotto; ovvero orientare tutte le
attività aziendali.
Un’altra importante funzione del marketing agroalimentare è la sua capacità di gestire il
cambiamento, senza doverlo subire. Quotidianamente il sistema agroalimentare si deve
misurare con una scenario generale di mercato sempre più complesso e dinamico, si pensi ad
esempio alle continue evoluzioni dei consumi e del comportamento del consumatore; solo
attraverso le tecniche di marketing è possibile capire e strategicamente intervenire per
individuare i rischi, ridurli, ed eventualmente re orientare le decisioni.
Un’azienda agroalimentare può allora essere considerata marketing oriented se nell’attuazione
della sua strategia aziendale privilegia le richieste del mercato e del consumatore in funzione
delle rispettive specifiche esigenze: ovvero se produce beni in grado di rispondere alle
richieste della domanda e non a soggettive opportunità aziendali. Di qui l’importanza per
l’azienda di favorire una qualsiasi forma di dialogo, di contatto con il mercato, al fine di
individuarne opportunità e minacce, poter cogliere i propri punti di forza e di debolezza, e su
questo attuare il suo intervento a livello di pianificazione delle politiche di prodotto,
commercializzazione, comunicazione, promozione e controllo.
Ecco che il marketing per un’azienda agroalimentare assume una funzione di giuda
dell’azienda stessa, nel senso che deve anticipare i mutamenti del futuro, interpretando le
tendenze evolutive consentendo così all’azienda di adeguarsi con tempestività. L’intervento
de marketing non può e non deve essere isolato, ma deve coinvolgere l’azienda in tutte le sue
attività.
Diremo allora che un’azienda agroalimentare è marketing oriented non già se vende sul
mercato ciò che produce, bensì se produce ciò che può vendere, se è capace di trovare sbocchi
per vendere prodotti adatti al mercato. La chiave del suo successo diventa così lì efficace
azione di marketing in tutte le sue componenti, dalla conoscenza del mercato e del
consumatore alla politica di prodotto attraverso la capacità di innovazione e il lancio di nuovi
prodotti, alla giusta politica di prezzo, alla valida politica di vendita e di distribuzione, alla
capacità di comunicare con il consumatore, di promuovere efficacemente i prodotti.
VERSO IL MARKETING SOCIALE: NUOVI ORIZZONTI PER IL MARKETING
AGROALIMENTARE
Nel corso degli anni il marketing, sia nelle sue componenti teoriche, sia in quelle che
riguardano le sue operazioni applicative ha assunto una varietà di sviluppi difficilmente
riconducibili ad un quadro unico ed omogeneo. Tra i diversi approcci, un ruolo importante ai
fini dello sviluppo concettuale ed operativo del marketing agroalimentare, viene svolto, dal
marketing relazionale. Quest’ultimo si concentra, più che sulla singola transazione con il
consumatore, sulla necessità di instaurare con il cliente relazioni di lunga durata mediante
politiche rivolte ad accrescerne la fedeltà. Il suo è un orientamento di lungo periodo: a tal
scopo si fa riferimento al cosiddetto custode lifetime value, cioè al complesso degli acquisti
che si stima un cliente possa effettuare nel corso della sua vita. In questo quadro assumono
importanza crescente tutte quelle politiche che possono consentire di costruire con il
cliente/consumatore relazioni basate sulla fiducia.
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Un ulteriore approccio, che sta assumendo crescente importanza, in questi ultimi anni,
soprattutto nell’ambito del marketing agroalimentare è il marketing sociale.
Il concetto di marketing sociale, è stato introdotto negli anni ‘80 dallo stesso di P.Kotler , “Il
marketing sociale è l’utilizzo dei principi e delle tecniche del marketing per influenzare un
gruppo di destinatari ad accettare, rifiutare, modificare o abbandonare in modo volontario un
comportamento allo scopo di ottenere un beneficio per i singoli, i gruppi o la società nel suo
complesso”3. L’obiettivo, di questa nuova filosofia, non è quello di massimizzare i consumi,
bensì di perseguire il miglioramento del benessere del singolo e dell’intera collettività nel
lungo periodo.
Il marketing sociale presenta alcune differenze di base rispetto al marketing commerciale: il
primo promuove valori e comportamenti alternativi, offrendo spunti di riflessione e
stimolando la consapevolezza degli individui che divengono parte attiva del processo: il
consumatore non è più inteso esclusivamente come un’entità di tipo economico, come una
controparte del processo, ma viene visto come una persona, dotata di un proprio potere, di una
propria sensibilità e di una propria volontà, ovvero come parte integrante del tessuto delle
relazioni sociali; il secondo sostiene la vendita di beni e servizi con l'obiettivo, lecito, del
profitto, puntando a influenzare un consumatore posto in posizione maggiormente passiva.
Nel marketing sociale, inoltre, i benefici derivanti da un cambiamento di stile di vita e di
opinione sono misurabili sul medio/lungo periodo, mentre quelli del marketing commerciale
sono ottenibili immediatamente o a breve termine e implicano costi di tipo monetario più
facilmente quantificabili. In fine la concorrenza nel marketing commerciale avviene tra
prodotti e marche antagonisti, nel marketing sociale invece si manifesta tra stili di vita e
opinioni.
L'attenzione del settore privato verso la propria responsabilità si và estendendo al di là della
mera vendita del prodotto e interessa la garanzia della qualità, costi accettabili, catena di
produzione che non intacchi eccessivamente l'ambiente, eliminazione di elementi nocivi, non
sfruttamento di lavoro minorile, risparmio energetico, sicurezza nell’uso etc., tutti elementi
che possono influire molto sulla permanenza di un'azienda sul mercato, nella misura in cui
questi vengono percepiti come fondamentali dal consumatore, ed essa, di contro non è stata
attenta al suo ruolo sociale.
Fino ad oggi, i campi in cui il marketing sociale ha maggiore utilizzo sono soprattutto quelli
ambientali (qualità dell'aria e dell'acqua, protezione della natura, raccolta differenziata, fonti
energetiche rinnovabili, urbanistica sostenibile), delle iniziative prettamente sociali (recarsi
alle urne, prevenzione della violenza domestica, volontariato, facilitazione dell'accesso alle
informazioni e ai servizi per le fasce più deboli della popolazione), della salute pubblica
(HIV/AIDS, alcol, fumo, obesità, tubercolosi, gravidanze indesiderate), della prevenzione
degli infortuni (incidenti stradali, morti bianche).
In questo nuova assetto, un ruolo importante può essere svolto dal marketing agroalimentare,
data la stretta relazione esistente tra i prodotti alimentari e la salute umana, nonché tra le
tecniche di produzione utilizzate e l’ambiente. Si pensi, ad esempio, all’impiego di sostanze
chimiche nella produzione agricola, alla somministrazione di ormoni nell’allevamento,
3
[traduzione libera da: Kotler P., Roberto N., Lee N. Social Marketing – Improving the Quality of Life.
Thousand Oaks (California), Sage Pubblications, 2002
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all’adozioni di organismi geneticamente modificati, a cui si contrappone l’aumento, ormai
incondizionato, della domanda di prodotti biologici. Ed ancora a tutte quelle politiche volte a
tutelare e a sostenere la tipicità delle produzioni locali e di qualità (Dop-Igp), politiche legate
ai problemi informativi relative alle caratteristiche dei prodotti (etichettatura4), nonché le
politiche legate ai canali di marketing ad al loro controllo (tracciabilità
4
In Italia, la norma base è il D.Lgs 109/1992, che definisce l'etichetta di un alimento come "l'insieme delle
menzioni, delle indicazioni, delle immagini o dei simboli che si riferiscono al prodotto alimentare e che figurano
direttamente sull'imballaggio o su un'etichetta appostavi o sul dispositivo di chiusura o su cartelli, anelli o
fascette legati al prodotto medesimo...". Questa norma è stata più volte modificata in seguito alla promulgazione
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COMUNICAZIONE D’IMPRESA
Nella società postindustriale, postmoderna e surmoderna,il bisogno di comunicazione e di
conoscenza è aumentato assieme all’eterogeneità e all’interdipendenza dei soggetti e dei
settori del sapere coinvolti nella vita organizzativa e assieme al ritmo delle innovazioni
tecnologiche.
La crescente complessità tecnologica, sociale, culturale, ha contribuito a rendere più evidente
il rapporto di stretta interdipendenza tra processi organizzativi e processi comunicativi.
Ogni organizzazione si trova ad operare in contesti caratterizzati da quelle tendenze socioeconomiche che hanno condotto al fenomeno della globalizzazione: liberalizzazione,
interconnessione ed integrazionedei mercati, diffusione delle
ICT(Information
Communication Technologies), sono al contempo cornici dello scenario internazionale
dell’azione organizzativa e propulsori del cambiamento, generatori di sviluppo per i soggetti
pubblici e privati.
Anche in Italia le organizzazioni di tipo pubblico (pubblica amministrazione, ministeri, enti
locali,…) e le organizzazioni di natura imprenditoriale (aziende),ritrovandosi inserite in tali
scenari, stanno rispondendo attraverso profondi processi di ristrutturazione.
Per descrivere e comprendere il contesto tecnologico, economico e sociale in cui operano
individui ed organizzazioni, e per afferrare il senso della crescente consonanza tra processi
organizzativi e processi comunicativi, risulterà utile riferirsi al paradigma della rete(network).
Reti organizzative, informatiche, civiche: negli ultimi dieci anni il modello del network ha
pervaso quasi tutti gli ambiti della vita sociale, affermandosi come caratteristica trasversale
delle società contemporanee.
Il mcluahniano villaggio globale è interpretabile come una sorta di grande rete socio-tecnica,
composta da tante sottoreti che tendono ad inter-connettersi e operare.
Sinergie, cooperazioni, abbattimenti delle distanze geografiche e culturali si delineano dunque
come alcune delle principali direzioni intraprese dagli attori di una società dell’informazione e
della conoscenza, che produce parallelamente nuove politiche del controllo, nuove barriere di
accesso all’informazione, nuove modalità di sorveglianza.
In questo percorso didattico si analizzano le dinamiche comunicative di quei particolari attori
collettivi rappresentati dalle organizzazioni. Sia che esse eroghino servizi pubblici per la
cittadinanza o producano beni e servizi per generare profitto ed affermarsi sul mercato,
verranno trattate come sistemi aperti in cui i confini tra interno ed esterno tendono sempre più
ad assottigliarsi.
Si focalizzerà quindi l’attenzione sulla dimensione comunicativa interna alle organizzazioni e
sulle modalità comunicative che esse attuano verso l’eterno.
Ma cosa si intende per organizzazioni ?
Ci si riferisce in linea generale a tutte quelle strutture sociali complesse basate su regole,
all’interno delle quali gruppi di individui vivono e lavorano perseguendo obiettivi condivisi.
Le organizzazioni istituzionali, i ministeri, le pubbliche amministrazioni, così come l’azienda
privata nei suoi vari dimensionamenti (piccola, media, grande) e mission produttive, sono
investiti da processi di dematerializzazione, delocalizzazione e “virtualizzazione” delle
attività comunicative.
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Le comunicazioni e le relazioni tra gli appartenenti ad un’organizzazione e tra essa e
l’ambiente esterno vengono sempre più affiancate dalle nuove tecnologie (reti di computers,
architetture telematiche per la videoconferenza e il lavoro collaborativi a distanza,…), che
oltre a facilitare gli scambi di informazioni e ad annullare le barriere fisico-spaziali tra
persone e gruppi, condizionano le modalità e (forse) l’essenza stessa dell’interazione
comunicativa, facendo emergere nuove opportunità e nuovi problemi. Computers, reti
telematiche, nuove procedure elettroniche sono i “luoghi” in cui si fondono
comunicazione, organizzazione e produzione. Attraverso i new media si attua una
comunicazione “totale”. L’apparente immaterialità dell’elaborazione e gestione elettronica
delle informazioni che supporta l’azione organizzativa, trasferisce i suoi effetti sulla realtà
materiale: le ricadute in termini economici e sociali, di uno scambio elettronico di
informazioni in tempo reale ad esempio, sono sotto gli occhi di tutti…(commercio digitale,
borse on-line, reti civiche, forum).
Le organizzazioni imprenditoriali e non, riducono la manodopera, decentrano, sviluppano
partnership strategiche e fusioni con altri soggetti, dedicando notevoli risorse alle
infrastrutture info-telematiche per ottenere importanti vantaggi competitivi.
Oggi le tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono gli strumenti delle politiche
di cambiamento di molte organizzazioni. I livelli raggiunti dal web e dalle reti a banda larga
in particolare, stanno risolvendo numerosi problemi connessi alla gestione della
comunicazione e del controllo, all’insegna della potenza distribuita e della facilità d’uso.
L’organizzazione della conoscenza in archivi digitalizzati e l’architettura web hanno reso
possibile la diffusione della rete Internet, che rappresenta l’uscita della tecnologia
dell’informazione dai centri di elaborazione dati e il fenomeno di massa più importante dopo
la diffusione della televisione.
Comunicare è sinonimo di trasmettere, informare, ma significa soprattutto mettere in comune
qualcosa: gli uomini, attraverso la comunicazione, inter-agiscono, condividono valori ed
esperienze, definendo in questo modo la loro appartenenza ad una comunità (reti e sottoreti
possono essere interpretate come comunità in comunicazione tra loro).
Attraverso le tecnologie della comunicazione si instaura quindi un nuovo comunicare, un
nuovo modo di veicolare elementi culturali e di formare identità.
Nella società dell’informazione dunque, da un lato l’elemento visivo, l’immagine, acquista
valore strategico e globalizzante,e dall’altro l’individuo, i cui orientamenti di gusto sono il
motore del mercato e dello sviluppo delle organizzazioni, diviene più competente e
consapevole.
La conoscenza delle ricadute della buona gestione dell’immagine e delle relazioni tra persone
e tra gruppi nell’organizzazione, fa sì che oggi si investa nella comunicazione dotandosi di
professionalità e mezzi in grado di affrontare al meglio la complessità.
La dimensione collettiva dell’agire umano trova nelle organizzazioni un luogo di sviluppo,
dove si verifica una condivisione di spazi, comportamenti, simboli, emozioni.
L’organizzazione è pertanto una rete relazionale complessa, dotata di un centro direzionale
che veicola e riceve informazioni dai nodi della rete rappresentati dai membri e dai gruppi di
membri che presidiano determinate funzioni.
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Alla base dei processi culturali e sociali, a livello nazionale, etnico, religioso, aziendale, ci
sono le risorse fondamentali che l’essere umano utilizza per adattarsi all’ambiente e per essere
partecipe di un gruppo: l’apprendimento e la comunicazione.
Ogni organizzazione, così come ogni gruppo umano, si trova ad operare in un ambiente
culturale di riferimento, e a sua volta crea un proprio ambiente interno. Crea una propria
cultura, generata dall’insieme della filosofia che ispira l’agire organizzativo, degli obiettivi
raggiunti e da raggiungere, dei prodotti realizzati nel corso della sua storia e di quelli che
intende realizzare in futuro, della tensione emotiva interna e delle politiche di pianificazione e
sviluppo.
Il “pensare” e il “sentire” diun’organizzazione vengono trasmessi attraverso simboli,
convenzioni linguistiche, pratiche e comportamenti che si formano e si acquisiscono nel
tempo sulla base di regolamenti astratti e persone-chiave (capi, responsabili) che filtrano
norme e valori aziendali attraverso la loro individualità,comunicandoli ai collaboratori, ai
dipendenti.
La cultura di un’organizzazione si sviluppa nella comunicazione interna e verso l’esterno ad
opera dei propri membri, secondo le dinamiche diadattamento e influenza che caratterizzano
l’iter formativo delle identità individuali e collettive.
L’organizzazione tende a regolarsi e a mantenere il proprio equilibrio attraverso norme,
gerarchie, livelli di autorità, che inquadrano e pongono dei limiti alla libertà e alla soggettività
di cui è portatore qualunque essere umano quando entra e si muove in un gruppo sociale.
Tra ambiente esterno e membri che costituiscono una determinata organizzazione vi è un
continuo fluire di informazioni e forme di condizionamento: la comunicazione è la
dimensione in cui avvengono gli scambi tra sistema esterno e micro-sistemi interni.
L’organizzazione contemporanea è quindi da interpretare come un sistema aperto e non più
come una struttura burocraticamente chiusa nella difesa della propria stabilità.
Le barriere aziendali sembrano abbassarsi facendo emergere l’organizzazione come un
sistema psico-sociale complesso nel quale convivono personalità diverse legate da un
substrato culturale comune in grado garantirne la coesione.
All’interno di tale sistema, ogni individuo può entrare in conflitto con le altre soggettività e
con i valori comunicati dall’organizzazione. A tale proposito la struttura organizzativa
prevede che vi siano personalità investite (per merito, indole, bagaglio conoscitivoesperienziale) di particolari ruoli e funzioni, preposte a gestire processi produttivi,
comunicativi e relazionali tra i membri dell’organizzazione e tra l’organizzazione e
l’ambiente esterno.
Unitamente al concetto di cultura quale elemento distintivo di ogni organizzazione, risulterà
utile introdurre il concetto di clima: l’insieme di condizioni psicologiche che stanno alla base
dell’atmosfera emozionale che connota un’organizzazione e parti di essa (uffici, divisioni,
reparti).
Dal conflitto o armonizzazione tra sfera collettiva e sfera individuale dei bisogni, dei valori, si
instaura il clima organizzativo che viene modificato costantemente dai membri, impegnati
nella costruzione e ricostruzione del senso che ognuno di essi dà al proprio “stare
nell’organizzazione”, rappresentato da una continua negoziazione tra passato, quotidianità e
percezione/progettazione del futuro.
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La vita di ogni individuo, così come di ogni gruppo umano, è caratterizzata da momenti di
apprendimento all’interno di un contesto di riferimento e da momenti di
apprendimento/assorbimento di elementi provenienti dall’esterno: tali fasi, rispettivamente
definite (nelle scienze sociali, in antropologia culturale) inculturazione e acculturazione si
perpetuano proprio attraverso la comunicazione e l’osservazione di comportamenti.
Tramite la comunicazione si costruiscono significati e si trasmettono conoscenze interagendo
con altri individui/gruppi (ad es.: educazione/inculturazione contesto familiare: casa-genitorifigli; contesto aziendale: sede azienda-management-responsabili di settore-espertineoassunti).
Precedentemente ci si è riferiti ai sistemi aperti e alla rete per indicare le tendenze del “fare
organizzazione”, del “fare impresa” nell’epoca attuale. Il concetto di organizzazione adottato
è riferito a qualunque sistema produttivo con statuto giuridico avente uno scopo di lavoro
(produzione di merci/erogazione di servizi) e vuole raccogliere le varie forme e tipologie di
organizzazione (profit/non-profit, pubblico/privato) che, a seconda dell’entità (in termini di
personale, fatturati, investimenti) e della vocazione (missions, politiche di sviluppo,
caratteristiche politiche dei vertici, ecc.), daranno più o meno importanza alla dimensione
della comunicazione.
Con comunicazione aziendale (o d’impresa) ci si riferisce prevalentemente al settore
privato, ai tradizionali protagonisti del mercato dei beni e dei servizi. Con l’espressione
comunicazione pubblica, ci si riferisce alla comunicazione attuata dalle pubbliche
amministrazioni (P.A.), dalle istituzioni della sfera pubblica.
Si parla poi di comunicazione del terzo settoreper le modalità comunicative delle associazioni
di volontariato e non-profit.
Ogni epoca storica è caratterizzata da teorie economiche e sociali che generano modelli di
organizzazione in cui viene data importanza aduna o più funzioni (programmazione-controllo;
informatica; comunicazione;…), e parallelamenteprendono piede determinati approcci alla
Comunicazione sino alla diffusione di alcuni modelli prevalenti.
Le aziende si trovano oggi ad operare in un contesto dinamico, e a convivere con una
crescente complessità interna ed esterna. Tecnologie in rapido sviluppo, variazioni
economiche imprevedibili, mutamenti imprevisti nella domanda da parte dei clienti e
nell’offerta da parte dei concorrenti, la molteplicità delle professionalità coinvolte, e la
tensione ad innovarsi, spingono l’organizzazione contemporanea a diversificarsi, a delegare, a
decentrare. In queste situazioni dove l’incertezza è fisiologica, anche l’ostilità gioca un ruolo
importante nelle dinamiche organizzative, trovando terreno fertile nella comunicazione, la
dimensione in cui si formano alleanze e si sviluppano conflitti e rotture.
La concorrenza, i rapporti con i sindacati e con il mondo politico, e le modalità di
approvvigionamento delle risorse necessarie, possono contribuire a creare un ambiente ostile,
caratterizzato da un alto dinamismo e da tempi brevi di adeguamento.
L’organizzazione dovrà allora investire energie nel coordinare le sue parti basandosi su
meccanismi flessibili e meno formali.
Appare chiaro che ogni agire comunicativo è commisurato all’entità dell’organizzazione e al
suo contesto socio-culturale di riferimento. Attuare strategie di comunicazione significa
quindi impegnarsi in attività dove pianificazione e progettazione vanno utilizzate in modo
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“sensibile” da parte di management, direttori d’area ed esperti. Le tecniche e gli strumenti
rappresentano l’aspetto operativo di una strategia comunicativa, che fonda invece la sua
efficacia sulla capacità di comprendere, ascoltare e interpretare utilizzando energie creative,
che attraverso la conoscenza, l’intuizione e la programmazione consentano di raggiungere gli
obiettivi prefissati.
Dal 1960 ad oggi si è verificata una trasformazione dei fattori ritenuti di successo per lo
sviluppo dell’organizzazione imprenditoriale che, dai principi della produttività ad ogni costo,
dell’accumulazione del profitto e dello sfruttamento della forza lavoro, ha condotto ad una
maggiore attenzione verso le esigenze e le aspettative dei consumatori e verso la formazione
del personale interno.
Gli obiettivi di sedurre e manipolare i gusti del pubblico che perseguivano le prime forme di
pubblicità indiscriminata, sono stati gradualmente integrati in una comunicazione
pubblicitaria di tipo informativo, ispirata da razionalità, qualità e trasparenza.
L’individuo si pone al centro delle strategie di sviluppo delle organizzazioni moderne: il
cliente-consumatore è divenuto nel tempo più esperto e più responsabile, richiedendo alle
imprese maggiore affidabilità, efficienza, sicurezza.
Le politiche produttive, che mirano ad intercettare i bisogni di un soggetto che attua pratiche
d’acquisto in modo informato e sofisticato, prevedono una comunicazione esterna più
dettagliata e tarata sulla fascia di pubblico (target) cui le organizzazioni commerciali si
vogliono riferire per commercializzare un determinato prodotto/servizio.
Al contempo assumono sempre più importanza il soggetto interno all’organizzazione,
l’attenzione verso le dinamiche di gruppo, la gestione delle professionalità disponibili, e la
consapevolezza che la connessione e l’integrazione tra interno ed esterno passa proprio
attraverso i membri, che sono uno dei veicoli principali di comunicazione,essendo essi stessi
portatori della cultura organizzativa.
Come si è accennato, in uno scenario caratterizzato da processi di globalizzazione dei mercati,
evoluzione delle tecnologie e crescente complessità sociale, per un’azienda moderna
interessata allo sviluppo e al miglioramento della propria cultura e del know-how dei suoi
dipendenti, assume fondamentale importanza la creazione di aree di scambio di informazioni.
Attraverso lo sviluppo della trasversalità e reticolarità comunicativa si configura la nuova
azienda policellulare, un luogo dove si vorrebbe tendere ad una reale elaborazione collettiva
dell’intelligenza organizzativa.
COMUNICAZIONE INTERNA
E‘ la comunicazione tra dipendenti e tra settori dell’organizzazione che viene praticata sulla
base di regolamenti, livelli gerarchici e situazioni informali.
La comunicazione interna riguarda i flussi informativi e le relazioni interne ad
un’organizzazione, e si sviluppa su versanti materiali (procedure, lettere, documenti, dati di
bilancio, convocazioni, ordini) e relazionali (colloqui, riunioni, incontri più o meno formali).
La comunicazione interna trova il suo terreno privilegiato nei rapporti quotidiani tra i
dipendenti dell’impresa, caratterizzati da un agire basato su norme, procedure, gerarchie di
ruolo e su situazioni spontanee.
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Le attività di comunicazione interna e di formazione del personale hanno l’intento di
sviluppare conoscenze, linguaggi condivisi e comportamenti coordinati che limitino le
ambiguità e le possibilità di equivoco. Chi partecipa alla vita di una organizzazione, trascorre
gran parte del suo tempo inserito in un contesto caratterizzato da rapporti di potere, di
competenze, da relazioni prescritte, percepite, desiderate.
La comunicazione organizzazionale interna scritta e orale si sostanzia in ordini, istruzioni,
richieste di informazioni, sollecitazioni, che si muovono in direzione verticale ed orizzontale.
La regolazione dei flussi comunicativi e delle relazioni interne è quindi un’attività complessa
che si nutre di momenti di conflitto tra soggettività, di negoziazione, adesione, devianza,
sanzionabilità.
Comunicare meglio all’interno di un’organizzazione significa gestire queste situazioni,
elaborando soluzioni ai fini del raggiungimento degli obiettivi aziendali.
Tramite la comunicazione interna si diffondono informazioni sulla solidità aziendale, si
alimentano le motivazioni ad operare con efficienza e si instaurano rapporti di stima e fiducia
riconoscendo il valore dei singoli.
Gli effetti di una buona pratica di comunicazione interna si ripercuotono sulla comunicazione
esterna, che inizia quando il membro dell’organizzazione esce dal luogo di lavoro ed
interagisce con famigliari amici e conoscenti, trasferendo “immagini” dell’organizzazione.
COMUNICAZIONE ESTERNA
E’ la comunicazione che l’organizzazione dirige verso le istituzioni, il mondo economicofinanziario, l’opinione pubblica i clienti/utenti.
L’organizzazione è un sistema aperto all’interno di un macro sistema geo-culturale e socioeconomico formato da ulteriori sottosistemi con cui l’organizzazione si trova ad interagire,
attraverso flussi di denaro, di beni, di informazioni e comunicazioni.
I sistemi con cui dialoga l’organizzazione si possono sintetizzare in: La comunicazione
organizzazionale esterna prenderà allora il nome di comunicazione istituzionale,
comunicazione finanziaria, comunicazione di marketing a seconda delle finalità e dei
pubblici appartenenti ai diversi sistemi, avvalendosi di strumenti specifici.
L’organizzazione, a seconda della sua vocazione e della sua entità, intrattiene più meno
frequentemente rapporti con il sistema dei media, prevalentemente attraverso:
comunicazioni orali: (mediate / non mediate) Nella dimensione orale, tramite la nostra voce
esprimiamo in modo diretto la nostra personalità, senza “il filtro” indotto dalla modalità
scritta… Nell’invio di un messaggio bisogna comunque prestare attenzione al contenuto
razionale e avere la consapevolezza che le informazioni che trasmettiamo verranno recepite in
modo più o meno positivo a seconda dell’atteggiamento emotivo del ricevente e del tipo di
situazione.
Da alcuni pregiudizi e dal ritenere che altri conoscano le stesse cose che conosciamo noi
possono derivare errori e disturbi comunicativi Sistema Istituzionale Sistema Finanziario
Sistema dei Media (Sistema Commerciale
(comunicati stampa: esposizione sintetica di progetti, azioni, intraprese dall’organizzazione,
fatta pervenire in forma cartacea od elettronica alle redazioni di giornali,televisioni, radio,
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agenzie di informazione. interviste cui si sottopongono i vertici aziendali o i responsabili di
settore in merito a progetti, risultati raggiunti ecc.
presenza presso trasmissioni radiofoniche o televisive di esponenti dell’organizzazione al
fine di informare offrendo dati generali e specifici e portando l’immagine agli spettatori del
programma e all’opinione pubblica.
In merito alla comunicazione esterna pubblicitaria è utile fare qualche precisazione. Quando
parliamo di pubblicità pensiamo a messaggi costituiti da parole, immagini statiche,
dinamiche, audiovisive, che comunicano informazioni sui prodotti in determinati contesti
narrativi.
Ciò che emerge dai diversi tipi di spot pubblicitari è la comunicazione dell’identità
dell’organizzazione produttrice del bene o del servizio pubblicizzato. La marca è in grado di
veicolare in maniera forte e sintetica questa identità: attraverso denominazioni di prodotti,
particolari stili di design, simboli, colori,genera identità visiva, unificando le immagini
dell’organizzazione.
Dalle argomentazioni precedenti è emersa una concezione dell’organizzazione come rete e
come sistema aperto, che non può fare a meno di influenzare e di essere influenzata dagli altri
soggetti organizzativi che popolano l’ambiente in cui opera.
L’organizzazione dipende oggi sempre più dal suo esterno, e la sua sopravvivenza e il suo
sviluppo dipendono dalla capacità di adattamento alla complessità, attraverso il cambiamento
e il dinamismo, categorie che devono entrare a far parte anche del bagaglio esperienziale delle
persone che compongono l’organizzazione.
Il mercato è sempre più contraddistinto da operazioni di sinergia, di alleanza, di fusione tra
soggetti, e che trovano nella comunicazione un momento strategico: attraverso colloqui,
messaggi, segni, simboli, si manifesta un avvenuto cambiamento, si reinventa un’identità.
La comunicazione organizzazionale è il luogo di negoziazione del senso che orienta l’agire
organizzativo, è la “pelle” delle dinamiche produttive, gestionali, culturali.
L’organizzazione può cambiare linee di business, ridimensionarsi negli investimenti,
differenziare la produzione, allearsi con altri soggetti, più o meno “forti”, perdendo-cedendo
aspetti della sua forza precedente ed acquistandone di nuovi, in grado di trasformarla
aumentandone il valore. In queste situazioni si ri-progettano marchi, si ridisegnano
organigrammi, si cambiano persone, si rinnovano i sistemi di gestione.
La comunicazione accompagnerà nuove pratiche formative, seguirà i membri
dell’organizzazione cercando di rendere meno doloroso possibile il cambiamento, da un tipo
di equilibrio ad un altro.
COMUNICAZIONE DI MARKETING
E’ la comunicazione esterna diretta ai clienti, finalizzata a comunicare con il pubblico (target)
per condurlo a determinati comportamenti d’acquisto.
L’organizzazione produttrice di beni e servizi elabora messaggi circa le caratteristiche
positive del prodotto che colloca sul mercato, e apre con il consumatore, il soggetto verso cui
si orienta oggi tutta l’attività di marketing, un flusso comunicativo fatto di informazioni
tecniche e di messaggi grafici e audio-visivi in grado di intercettarne e condizionarne i gusti,
generando quella fiducia che potrà condurre all’acquisto.
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A sua volta l’acquirente potenziale invia segnali di competenza ed esigenze nuove che
l’azienda recepisce come stimolo a creare nuovi prodotti e ad innovarsi. Strumenti principali:
- Campagne pubblicitarie/di comunicazione. Tipo di comunicazione di massa utilizzata per
portare i pubblici a conoscenza di un qualcosa da vendere o di un comportamento che si
intende diffondere tra una certa collettività, con l’obiettivo di catturare attenzioni, diffondere
opinioni positive, che portino ad acquistare l’oggetto della campagna o ad aderire al concetto
o alla pratica sociale proposta.
- Marketing diretto (attività di comunicazione diretta con il cliente potenziale e finalizzata a
trasformarlo in cliente effettivo tramite volantinaggio, telefono, tv, posta, ecc.)
- Promozioni (attraverso la presenza in luoghi strategici si tenta di condurre il cliente
all’acquisto offrendo il prodotto o il servizio inmodo vantaggioso, con sconti, concorsi, ecc)
- Sponsorizzazioni (attività di supporto tecnico/finanziario nell’ organizzazione di eventi
artistico-culturali, opere edili, per comunicare la propria immagine, attraverso la presenza, il
marchio,…)
- Relazioni pubbliche (insieme di attività di conoscenza e relazione che mirano a sviluppare
contatti con soggetti-chiave per esercitare pressioni informative al fine di svilupparsi e trovare
collocazioni sul mercato).
Marca
La marca è il concentrato concettuale del valore dell’azienda, ed è trasportata perlopiù da
marchi, logo i, simboli grafici, che assumono una valenza sempre più strategica per la
riconoscibilità immediata di un’organizzazione all’interno di un contesto socio-culturale
imperniato sulla forza dell’icona che porta con sè precisi elementi valoriali.
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