7. LAVORO A TEmPO PARZIALE

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7. LAVORO A TEmPO PARZIALE
DEFINIZIONE
7. Lavoro a tempo parziale
7. LAVORO A TEMPO PARZIALE
DEFINIZIONE ► Il rapporto di lavoro a tempo parziale è un rapporto che si svolge ad
orario inferiore rispetto al tempo pieno.
CARATTERISTICHE Si possono instaurare rapporti di lavoro part-time: di tipo orizzontale,
E TIPOLOGIE ► in cui la riduzione rispetto al tempo pieno si applica sull’orario giornaliero di lavoro; di tipo verticale, in cui l’attività lavorativa è svolta a
tempo pieno ma solo in determinati periodi della settimana, del mese
o dell’anno; di tipo misto, risultanti da una combinazione delle modalità orizzontale e verticale. Si deve tenere conto dei contratti collettivi
di lavoro che fissi limiti minimi inderogabili di durata della prestazione
lavorativa part-time.
PARTICOLARITÀ ► 1. Computo dei lavoratori a tempo parziale
2. Diritto di precedenza
3. Trasformazione per patologie oncologiche ed esigenze di cura
4. Pluralità di rapporti.
REQUISITI Il contratto di lavoro a tempo parziale deve essere stipulato in forma
ED ELEMENTI scritta a fini di prova. Due istituti consentono di “elasticizzare” la
ESSENZIALI ► prestazione lavorativa del part-timer: lavoro supplementare e clausole
elastiche. Si può concordare clausole flessibili relative alla variazione
della collocazione temporale della prestazione lavorativa.
FISCO Il minimale orario ai fini previdenziali va determinato rapportando alle
E PREVIDENZA ► giornate di lavoro settimanale ad orario normale il minimale giornaliero previsto per i lavoratori a tempo pieno. Ai fini INAIL la retribuzione
imponibile per il calcolo dei premi va determinata su base oraria, in
relazione alla retribuzione prevista dalla contrattazione collettiva e in
ragione della durata normale annua della prestazione lavorativa.
ILLECITI Rilevano le sanzioni civili di tipo ripristinatorio, per la conversione del
E SANZIONI ► contratto in rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno, e di tipo
risarcitorio. Le fattispecie interessano: mancata indicazione della
articolazione dell’orario, difformità nella ricostruzione della prestazione lavorativa, accertata non genuinità del rapporto di lavoro part-time,
accertamento di un maggior numero di ore lavorate, accertamento di
attività lavorativa in giornata diversa.
PROCEDURE Il lavoratore a tempo parziale va iscritto nel Libro unico del lavoro.
E ADEMPIMENTI ► Nella comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di
lavoro con mod. UniLav il datore di lavoro che assume il lavoratore
in part-time deve indicare la tipologia contrattuale, con riferimento al
contratto collettivo nazionale di lavoro applicato e all’inquadramento
nel livello retributivo riconosciuto al lavoratore. Il datore di lavoro ha
l’obbligo di comunicare la trasformazione del rapporto di lavoro da
tempo parziale a tempo pieno.
FORMULE ► Fac-simile per la redazione del contratto di lavoro a tempo parziale.
DEFINIZIONE
► DEFINIZIONE
Il lavoro a tempo parziale risente, inevitabilmente, ancor oggi, dell’atteggiamento contraddittorio che accompagna l’istituto fin dal suo sorgere: pure nella
sua applicazione pratica, infatti, emerge la dicotomia reale alla quale s’ispira
tuttora parte della dottrina divisa, appunto, fra opposti sentimenti; da un lato
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CARATTERISTICHE E TIPOLOGIE
quello di chi vede nel part-time un’occasione propizia di incremento dei livelli
occupazionali (con particolare riferimento alla manodopera femminile e giovanile), dall’altro quello di chi teme che la riduzione di orario possa celare
esclusivamente fenomeni di elusione da parte dei datori di lavoro in cerca di
opportunità di risparmiare sul costo del lavoro.
La materia va ricondotta, sotto un profilo normativo, al complesso delle disposizioni contenute nel D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61 (attuativo della Direttiva
97/81/Ce relativa all’Accordo quadro europeo sul part-time), come modificato
dapprima dal D.Lgs. 26 febbraio 2001, n. 100 e da ultimo dall’art. 46 del D.Lgs.
10 settembre 2003, n. 276, nonché, su un piano interpretativo, ai chiarimenti
offerti dal Ministero del Lavoro con Circolare n. 9 del 18 marzo 2004 e, per la
parte ancora attuale, con Circolare 30 aprile 2001, n. 46.
Il rapporto di lavoro part-time viene ad essere definito come quello che si svolge ad orario inferiore rispetto al tempo pieno che viene disciplinato come «l’orario normale di lavoro di cui all’art. 3, comma 1, del D.Lgs. 8 aprile 2003, n.
66, o l’eventuale minor orario normale fissato dai contratti collettivi applicati»
(art. 46, comma 1, D.Lgs. 276/2003, lett. a).
Nel “Preambolo” della Direttiva 97/81/CE relativa all’Accordo quadro sul lavoro
a tempo parziale - concluso dall’Unice (Unione delle Confederazioni europee
dell’industria e dei datori di lavoro), dal Ceep (Centro europeo dell’impresa
pubblica) e dalla Ces (Confederazione europea dei sindacati) - si legge, fra
l’altro, che l’Accordo medesimo «rappresenta la volontà delle parti sociali di
definire un quadro generale per l’eliminazione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e per contribuire allo sviluppo delle possibilità di lavoro a tempo parziale su basi che siano accettabili sia per i datori di
lavoro, sia per i lavoratori» e che gli Stati membri si sono impegnati a sviluppare «sistemi di protezione sociale capaci di adattarsi ai nuovi modelli di lavoro
e di offrire una tutela sociale appropriata alle persone assunte nel quadro di
queste nuove forme di lavoro». Una sorta di “inno” alla flessibilità, anche nel
segno di una maggiore sicurezza sociale oltreché di un aumento e un miglioramento dei livelli occupazionali europei.
CARATTERISTICHE E TIPOLOGIE
► CARATTERISTICHE E TIPOLOGIE
Il lavoro a tempo parziale si configura come un rapporto di lavoro subordinato
che presenta un orario di lavoro, stabilito in sede contrattuale, inferiore all’orario normale di lavoro: la nozione tiene conto delle previsioni dettate in materia
di orario di lavoro dal D.Lgs. n. 66/2003, che identificano il tempo pieno in
ognuna delle seguenti tipologie di orario: orario normale fissato in quaranta
ore settimanali; minor orario previsto dai contratti collettivi; orario stabilito dai
contratti collettivi con riferimento alla durata media delle prestazioni lavorative
per un periodo non superiore all’anno.
Per effetto del D.Lgs. n. 276/2003 si possono instaurare rapporti di lavoro
part-time:
• di tipo orizzontale, in cui la riduzione rispetto al tempo pieno si applica
sull’orario giornaliero di lavoro: in sostanza, la prestazione lavorativa è eseguita tutti i giorni, ma ad orario ridotto;
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CARATTERISTICHE E TIPOLOGIE
• di tipo verticale, in cui l’attività lavorativa è svolta a tempo pieno ma solo
in determinati periodi della settimana, del mese o dell’anno: in pratica, la
prestazione di lavoro è eseguita ad orario normale, ma solo in alcuni giorni;
• di tipo misto, risultanti da una combinazione delle modalità orizzontale e
verticale.
Il contratto di lavoro subordinato può essere, dunque, a tempo parziale quando
la prestazione oggetto del contratto risulta per sua stessa natura compatibile
con tale modalità di articolazione dell’orario di lavoro, fermo restando il rispetto
integrale del principio di non discriminazione (art. 4, D.Lgs. n. 61/2000): la generale apertura nei confronti del part-time consente di prevedere la possibilità
di estendere l’applicazione del rapporto di lavoro a tempo parziale alle ipotesi
di contratto di apprendistato e di inserimento, qualora le peculiari finalità formative e di reinserimento tipiche di tali contratti siano coerenti con la particolare articolazione dell’orario del rapporto di lavoro a tempo parziale.
La stipulazione di un contratto di lavoro a tempo parziale può avvenire senza
alcun limite quantitativo qualora non si debbano rispettare limiti numerici previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro (cd. clausole di contingentamento) posti ai sensi ai sensi dell’art. 1, comma 3, del D.Lgs. n. 61/2000.
1. Orari minimi contrattuali
Peculiare attenzione deve essere posta nella instaurazione di un rapporto di
lavoro a tempo parziale in una azienda che applichi un contratto collettivo di
lavoro il quale abbia fissato dei limiti minimi inderogabili di durata della prestazione lavorativa part-time.
Art. 15 del Ccnl per gli operai agricoli e florovivaisti del 6 luglio 2006 secondo
cui, appunto: «La durata della prestazione individuale non può essere inferiore
ai seguenti minimi: 1. per prestazioni settimanali: 24 ore; 2. per prestazioni
mensili: 72 ore; 3. per prestazioni annuali: 500 ore. I contratti provinciali possono individuare particolari tipologie di lavori per le quali è possibile assumere
a tempo parziale con prestazioni settimanali, mensili ed annuali di durata inferiore a quelle sopra indicate».
Art. 69 del Ccnl per i lavoratori dipendenti da aziende del terziario della distribuzione e dei servizi (Confcommercio) del 2 luglio 2004, il quale sancisce: «la
durata della prestazione lavorativa ridotta e le relative modalità da ricondurre
ai regimi di orario esistenti in azienda; la prestazione individuale sarà fissata
fra datore di lavoro e lavoratore in misura non inferiore ai seguenti limiti: a) 16
ore, nel caso di orario ridotto rispetto al normale orario settimanale; b) 64 ore,
nel caso di orario ridotto rispetto al normale orario mensile; c) 532 ore, nel caso
di orario ridotto rispetto al normale orario annuale”, aggiungendo poco più oltre
che: “Potranno essere realizzati contratti di lavoro a tempo parziale della durata di 8 ore settimanali per la giornata di sabato cui potranno accedere studenti
e/o lavoratori occupati a tempo parziale e indeterminato presso altro datore di
lavoro».
Se nella vigenza dell’art. 5, comma 3, lett. a), del D.L. n. 726/1984, convertito nella legge n. 863/1984, si poteva riconoscere la potestà normativa della contrattazione collettiva nel porre limiti quantitativi alle assunzioni a tempo
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PARTICOLARITÀ
parziale, ora, con l’avvento del D.Lgs. n. 61/2000, tale originaria possibilità è
totalmente sconosciuta al Legislatore.
Conclusione inevitabile, pertanto, deve essere quella della illegittima azione
di disconoscimento della genuinità di un rapporto di lavoro a tempo parziale soltanto perché sviluppatosi su un orario settimanale, mensile o annuale
inferiore rispetto a quello contrattualmente previsto. La libera contrattazione
lasciata all’autonomia delle parti dal D.Lgs. n. 61/2000 impone, al contrario,
all’ispettore del lavoro di valutare il lavoro part-time così come offerto alla sua
indagine, verificandone la congruità e la coerenza rispetto all’assetto normativo di riferimento.
PARTICOLARITÀ
► PARTICOLARITÀ
1. Computo dei lavoratori a tempo parziale
Come chiarito dalla Circolare n. 46/2001, l’art. 6, comma 1, del D.Lgs. n.
61/2000, stabilisce che in tutte le ipotesi in cui, per legge o per contratto collettivo, si rende necessario l’accertamento della consistenza dell’organico, i
lavoratori a tempo parziale devono essere computati sommando l’orario concordato con ogni singolo lavoratore e «raffrontando la somma con l’orario
complessivo svolto dai lavoratori a tempo pieno, con arrotondamento all’unità
superiore della sola frazione eccedente la somma come innanzi individuata e
superiore alla metà dell’orario a tempo pieno».
Precisamente, come ribadito dalla successiva Circolare n. 9/2004, «i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo parziale devono essere computati
nell’organico aziendale in proporzione al tempo effettivo di lavoro».
L’accertamento puntuale dell’applicazione dei criteri di cui all’art. 6, comma
1, del D.Lgs. n. 61/2000, consentirà di verificare il corretto adempimento degli obblighi (specificamente sanzionati) collegati alle dimensioni occupazionali
dell’azienda ispezionata, come, ad esempio, quelli in materia di collocamento
obbligatorio (legge n. 68/1999) oppure quelli in tema di informazione e consultazione (D.Lgs. n. 25/2007).
2. Diritto di precedenza
Sotto un ulteriore e diverso profilo, accanto al diritto di precedenza nell’assunzione previsto dall’art. 5, comma 2, del D.Lgs. n. 61/2001, l’art. 1, comma 44,
lett. e), della legge n. 247/2007, ha inserito nel corpo del D.Lgs. n. 61/2000 il
nuovo art. 12-ter disciplinando il diritto di precedenza nell’assunzione dei lavoratori che hanno trasformato il rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto
a tempo parziale.
«In caso di assunzione di personale a tempo pieno, ai sensi dell’art. 5 del
D.Lgs. n. 61 del 2000, il datore di lavoro è tenuto a riconoscere un diritto di
precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo parziale, adibiti alle stesse
mansioni o in mansioni equivalenti a quelle per le quali è prevista l’assunzione,
con la conseguenza che in caso di violazione della precedenza il lavoratore ha
diritto al risarcimento del danno in misura pari alla differenza tra l’importo della
retribuzione percepita e quella che gli sarebbe stata corrisposta a seguito del
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PARTICOLARITÀ
passaggio al tempo pieno nei sei mesi successivi al passaggio» (Corte Appello
Milano, 4 aprile 2003).
«Ai sensi dell’art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 25/2/2000 n. 61, il diritto di precedenza riconosciuto al lavoratore già occupato a tempo parziale per il caso di nuova
assunzione di personale a tempo pieno presuppone che la nuova assunzione
sia effettuata per le medesime mansioni o per mansioni equivalenti, a nulla
rilevando l’eventuale identità del livello di inquadramento» (Trib. Milano, 13
ottobre 2001).
Il diritto riguarda le assunzioni con contratto a tempo pieno che il datore di
lavoro si volge ad effettuare con riferimento alle stesse mansioni svolte dal
part-timer o a quelle equivalenti.
Mancano criteri utili per individuare i lavoratori in caso di soprannumero e principi di definizione dell’area geografica di applicazione del diritto di precedenza.
D’altra parte, non v’è chi non veda come la genericità della norma finisca per
dire troppo o troppo poco: da un lato, non vi è alcuna delimitazione territoriale
per l’esercizio del diritto, e se ragionevolmente parrebbe sensato circoscriverlo
alla unità produttiva in cui il lavoratore è stato adibito, la norma lascia aperto
un varco gigantesco per riferimenti totalmente differenti (l’intera azienda, piuttosto che le unità produttive situate nello stesso territorio comunale); d’altro
lato, mancano criteri orientativi per la scelta del dipendente con diritto di precedenza laddove i pretendenti siano in soprannumero rispetto alle assunzioni
programmate o necessarie, anche qui l’imbarazzante silenzio della legge permette di fare rinvio soltanto ai principi generali di buona fede contrattuale, di
ragionevolezza e di non discriminazione.
Secondo quanto chiarito dal Principio n. 12 del 27 marzo 2008 della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, «il lavoratore non può rivendicare il diritto
di precedenza nel caso in cui il datore di lavoro proceda con una nuova assunzione per un numero di ore inferiore rispetto a quanto stabilito dal contratto
collettivo per il tempo pieno», mentre sotto altro profilo «la norma non prevede
che la nuova assunzione a tempo pieno debba avere una durata a tempo indeterminato», sebbene in considerazione delle finalità e «della tutela che essa si
prefigge deve ritenersi che il diritto di precedenza non sorge in caso di nuove
assunzione a tempo pieno e determinato».
In caso di mancato rispetto del diritto di precedenza l’ispettore del lavoro potrà
procedere esercitando il potere di disposizione di cui all’art. 14 del D.Lgs. n.
124/2004, intimando al datore di lavoro il rispetto delle previsioni legali, mentre
il lavoratore avrà diritto a pretendere il risarcimento del danno in misura corrispondente alla differenza fra l’importo della retribuzione percepita e quella che
gli sarebbe stata corrisposta a seguito del passaggio al tempo pieno nei sei
mesi successivi.
Tuttavia, secondo quanto osservato nel citato Principio n. 12 del 27 marzo
2008, la sanzione civile risarcitoria richiamata «si applica solo ai casi indicati
dall’art. 5, comma 2 del D.Lgs. n. 61/2000; vale a dire, in caso di violazione di
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una specifica clausola contrattuale inserita nel contratto individuale dei lavoratori assunti direttamente in azienda con un contratto a tempo parziale che
stabilisce un diritto di precedenza in caso di assunzione di personale a tempo
pieno presso unità produttive site nello stesso ambito comunale, da adibire alle
stesse mansioni od a mansioni equivalenti da egli svolte». Al contrario, poiché
manca «una specifica previsione sanzionatoria per la violazione del diritto di
precedenza introdotto dalla legge n. 247/2007, si ritiene possibile il riconoscimento di un risarcimento del danno valutato dal giudice in via equitativa».
Si tratta di un diritto soggettivo mirante a tutelare la salute, ma anche la professionalità e la partecipazione al lavoro della persona che lavora, a garanzia
dell’attività lavorativa quale “strumento di integrazione sociale e di permanenza nella vita attiva”, secondo la corretta osservazione contenuta nel Principio
n. 12 del 27 marzo 2008 della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro.
3. Trasformazione per patologie oncologiche ed esigenze
di cura
Il comma 44 dell’art. 1, della legge n. 247/2007, infatti, ha sostituito l’art. 12-bis
del D.Lgs. n. 61/2000, come originariamente aggiunto dall’art. 46 del D.Lgs.
n. 276/2003. La norma ora prevede che i lavoratori affetti da patologie oncologiche, per i quali residua una capacità lavorativa ridotta, anche solo in parte
derivanti dagli effetti invalidanti delle specifiche terapie salvavita, vantano un
diritto soggettivo alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in
lavoro a tempo parziale.
Il secondo comma del nuovo art. 12-bis del D.Lgs. n. 61/2000 attribuisce un
diritto di priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a
tempo parziale, se l’azienda procede a riduzioni d’orario e a condizione che lavoratore dimostri una delle seguenti situazioni familiari: coniuge, figli e genitori
affetti da patologie oncologiche; necessità di assistere una persona convivente
con totale e permanente inabilità lavorativa, che assuma i connotati di gravità
di cui all’art. 3 della legge n. 104/1992, alla quale sia stata riconosciuta un’invalidità del 100% con necessità di assistenza continua; figlio convivente di età
non superiore ai tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap. Ottenuta la trasformazione, i medesimi lavoratori vantano, in base all’art. 12-ter il
diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo pieno, per l’espletamento delle
stesse mansioni o di mansioni equivalenti.
4. Pluralità di rapporti
Il lavoro a tempo parziale consente al lavoratore e alla lavoratrice di coniugare al meglio le proprie esigenze personali e lavorative con le prospettive
offerte dal mercato del lavoro. Ciò consente, in particolare, di riflettere sulla
contemporanea instaurazione di una pluralità di rapporti di lavoro da parte del
medesimo lavoratore part-timer. Distinguendo le ipotesi nelle quali tali contratti
riguardano una pluralità di datori di lavoro distinti e quelle in cui si tratti dello
stesso datore di lavoro.
Consolidato e ribadito è il convincimento secondo cui il lavoratore che ricorre
ad un rapporto di lavoro a tempo parziale può instaurare parallelamente una
pluralità di rapporti con distinti datori di lavoro.
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REQUISITI ED ELEMENTI ESSENZIALI
In questo senso, peraltro, già Corte cost. 4 febbraio 1982, n. 23, e, più di recente, il Ministero del Lavoro con Interpello 10 ottobre 2006, n. 4581, che ha
precisato «nelle ipotesi di cumulo di più rapporti di lavoro a tempo parziale con
più datori di lavoro, resta fermo l’obbligo del rispetto dei limiti di orario di lavoro
e del diritto al riposo settimanale del lavoratore, come disciplinati dal D.Lgs.
n. 66/2003».
Sulla questione interviene talora anche la contrattazione collettiva, si veda, ad
esempio, l’art. 10 del Ccnl per i quadri e gli impiegati delle aziende agricole del
27 maggio 2004, a norma del quale: «La contrattazione territoriale può stabilire
per talune categorie impiegatizie con più rapporti di lavoro a tempo parziale
presso più aziende, la corresponsione di una specifica indennità oraria che
tenga conto del disagio derivante dalle maggiori esigenze organizzative del
dipendente e delle particolari caratteristiche produttive delle imprese, secondo
le diverse tipologie di azienda (…). Tale indennità oraria è determinata per
ciascuna categoria in cifra fissa e viene corrisposta da ogni azienda, per le
ore previste dal contratto di lavoro a tempo parziale effettivamente prestate».
Ben diversa è la fattispecie del lavoratore a tempo parziale che viene trovato
ad operare presso lo stesso datore di lavoro anche in forza di un contemporaneo contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto.
Rispetto al lavoro a progetto, dunque, si dovrà aver cura affinché il lavoratore
svolga effettivamente e in modo genuinamente non eterodeterminato l’attività
specificata che forma il contenuto caratterizzante del progetto, eseguendo prestazioni lavorative concretamente autonome, nel rispetto del coordinamento
con l’organizzazione del committente e del tutto non afferenti a quelle oggetto
del parallelo contratto di lavoro subordinato part-time parimenti in essere.
In questo contesto rileva la risposta ad Interpello 16 giugno 2008, n. 19, secondo cui «sembra possibile sostenere che qualora la quantità di lavoro dedotta
nel contratto di lavoro a domicilio sia tale da non richiedere un tempo pari al
normale orario di lavoro, lo stesso non appare incompatibile con altro rapporto
di lavoro part-time».
REQUISITI ED ELEMENTI ESSENZIALI
► REQUISITI ED ELEMENTI ESSENZIALI
1. Forma e contenuto del contratto
Per quanto concerne la forma e il contenuto del contratto di lavoro a tempo
parziale, il Ministero del Lavoro nella Circolare n. 9 del 18 marzo 2004 ricorda
che deve essere stipulato in forma scritta solo al fine di provare l’esistenza del
rapporto di lavoro a tempo parziale e non a pena di nullità del contratto.
Mentre con riguardo al contenuto del contratto si ribadisce che devono essere
specificate per iscritto la durata della prestazione nonché la distribuzione temporale dell’orario di lavoro, anche se l’eventuale mancanza o indeterminatezza
nel contratto di tali indicazioni non comporta la nullità dello stesso.
Se nel regime anteriore al D.Lgs. n. 61/2000, «dalla mancanza della forma
scritta consegue l’inapplicabilità della disciplina speciale dettata dalla legge n.
863/1984 per il rapporto a tempo parziale della disposizione censurata e quindi
la conversione del rapporto a tempo parziale in rapporto a tempo pieno» (così,
da ultimo, Cass. Civ., Sez. Lav., 10 marzo 2006, n. 5330), non così nel vigente
panorama normativo.
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REQUISITI ED ELEMENTI ESSENZIALI
La forma del contratto a tempo parziale, infatti, a norma dell’art. 2, comma 1,
prima parte, del D.Lgs. n. 61/2000, deve essere scritta ma soltanto «ai fini e
per gli effetti di cui all’art. 8, comma 1», e cioè «a fini di prova» come recita la
norma da ultimo richiamata.
D’altra parte, va pure rilevato che, ai sensi dell’art. 2, comma 2, del D.Lgs.
n. 61/2000, nel contratto di lavoro a tempo parziale deve essere inserita una
«puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese
e all’anno».
«In tema di lavoro a tempo parziale, la mancata predeterminazione di un orario rigido non comporta l’automatica trasformazione del rapporto part-time in
rapporto a tempo pieno, né la nullità della clausola relativa all’orario si estende
all’intero contratto, a meno che non si provi che i contraenti non avrebbero
concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità;
ne consegue che, in tale ipotesi, deve ritenersi perdurante il rapporto di lavoro
part-time, sia pure senza specificazione dell’orario rigido» (Cass. Civ., Sez.
Lav., 13 marzo 2009, n. 6226).
L’art. 10 del Ccnl per i quadri e gli impiegati delle aziende agricole del 27
maggio 2004 stabilisce: «Il contratto di lavoro a tempo parziale deve essere
stipulato per iscritto e contenere l’indicazione delle mansioni e la distribuzione
dell’orario, con riferimento al giorno, alla settimana, al mese ed all’anno. Nel
contratto devono essere indicati, altresì, lo stipendio convenuto secondo la
categoria di inquadramento, nonché la spettanza degli istituti economici e normativi previsti dal presente C.C.N.L., in misura proporzionale alla prestazione
lavorativa ridotta, rispetto a quella a tempo pieno».
La redazione del contratto “scritto” di lavoro part-time, dunque, soccorrerà anche al fine di individuare immediatamente a quale delle tre distinte tipologie di
rapporto ad orario ridotto debba ricondursi la fattispecie investigata (orizzontale, verticale o misto) con le relative conseguenze in termini di disciplina, limiti
e condizioni.
Non solo, ma il contratto scritto, al contrario dell’altra documentazione surrettizia, può dare piena contezza di quelle differenti articolazioni di orario, che
risulteranno, nel corso dello svolgimento in concreto del rapporto di lavoro,
eventualmente difformi rispetto alle pattuizioni originarie rappresentate dalle
parti e che sono ammissibili nelle forme delle clausole elastiche o flessibili di
cui si dirà appresso.
Peraltro, quanto a un aspetto segnatamente sanzionatorio, va rilevato che a
norma dell’art. 8, comma 2, del D.Lgs. n. 61/2000 la mancanza od anche la
sola indeterminatezza nel contratto a tempo parziale delle indicazioni sulla
durata e sulla collocazione temporale della prestazione non determinano la
nullità del contratto di lavoro a tempo parziale.
Se nel contratto è stata omessa la precisa indicazione della durata della prestazione di lavoro, il lavoratore può richiedere l’accertamento giudiziale per
vedersi “dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo
pieno”, con decorrenza dalla data del pronunciamento del giudice.
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REQUISITI ED ELEMENTI ESSENZIALI
«Il rapporto di lavoro subordinato, in assenza della prova di un rapporto part-time, nascente da atto scritto, si presume a tempo pieno ed è onere del datore
di lavoro, che alleghi invece la durata limitata dell’orario di lavoro ordinario, fornire la prova della consensuale riduzione della prestazione lavorativa» (Cass.
Civ., Sez. Lav., 18 marzo 2004, n. 5518).
Mentre, nel caso in cui ad essere omesse sono le indicazioni riguardo alla
collocazione temporale dell’orario di lavoro pattuito, l’autorità giudiziaria adita
dal lavoratore dovrà provvedere «a determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale», facendo riferimento,
alternativamente, alle previsioni dei contratti collettivi se sussistenti oppure,
se queste manchino, ad una valutazione equitativa basata, oltre ché sulle esigenze del datore di lavoro, sulle responsabilità familiari del lavoratore e sulla
sua necessità di integrare il reddito mediante lo svolgimento di altra attività
lavorativa.
Se da un lato lo stesso D.Lgs. n. 61/2000 stabilisce soluzioni alternative a
quelle giudiziarie (procedure di conciliazione ed eventualmente di arbitrato
previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro), dall’altro la norma stabilisce
che per tutto il periodo precedente alla sentenza il lavoratore può vantare, a
fronte delle omesse determinazioni sulla durata o sulla collocazione temporale della prestazione, un diritto personale alla corresponsione di uno specifico
emolumento a titolo di risarcimento del danno.
2. Elasticità dell’orario (clausole elastiche)
Fra le innovazioni sicuramente più incisive apportate dal D.Lgs. n. 276/2003,
anche con i correttivi restrittivi apportati dalla legge n. 247/2007, peraltro più
di recente abrogati, a far data dal 1° gennaio 2012, dall’art. 22, comma 4,
della legge 12 novembre 2011, n. 183, vi sono i due istituti che consentono
di “elasticizzare” la prestazione lavorativa del part-timer, vale a dire il lavoro
supplementare e le clausole elastiche, che permettono di variare l’orario di
lavoro in base alle esigenze organizzative datoriali, incentivando in tal modo le
assunzioni di lavoratori a tempo parziale.
In assenza di clausole elastiche legittime e legittimamente utilizzate, come
rilevato in giurisprudenza, «un rapporto di lavoro a tempo parziale può trasformarsi in rapporto di lavoro a tempio pieno per fatti concludenti, nonostante la
difforme pattuizione iniziale, a causa della continua prestazione di un orario di
lavoro pari a quello previsto per il lavoro a tempo pieno, non occorrendo a tal
fine alcun requisito formale» (Cass. Civ., Sez. Lav., 18 marzo 2004, n. 5520).
Secondo il previgente testo dell’art. 3, comma 7, del D.Lgs. n. 61/2000, veniva riconosciuto alle parti del contratto di lavoro a tempo parziale la facoltà di
accordarsi per una distribuzione dell’orario mobile in aumento, affidando alla
contrattazione collettiva il duplice compito di stabilire le condizioni e le modalità
con cui il datore di lavoro poteva variare in aumento la durata della prestazione
lavorativa, nonché i limiti massimi di variabilità in aumento della durata della
prestazione lavorativa.
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7. Lavoro a tempo parziale
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