Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private
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AIFI Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt Milano, 25 luglio 2016 CIRCOLARE N. 50/2016 ASSOCIATI/ADERENTI AIFI Oggetto: approfondimento Brexit Cari soci, ho il piacere di inviarvi (allegato) un primo approfondimento sui possibili impatti di Brexit sul nostro settore. L’associazione continuerà a monitorare, anche attraverso il corner AIFI di Londra, gli effetti a breve e a medio-lungo termine del referendum britannico. Cordiali saluti Anna Gervasoni Via P iet r o M as ca g ni ,7 - 2 0 1 2 2 Mi la no T el 0 2 -7 6 0 7 5 3 1 F a x 0 2 - 7 6 3 9 8 0 4 4 W eb s it e: www. a i fi .it e - ma il : i n fo @a i fi. it Brexit: quali implicazioni per il settore? Quali gli impatti nel breve periodo? Nell’immediato non ci saranno modifiche formali. I Trattati e la legislazione europea continueranno ad applicarsi al Regno Unito (Uk). Le uniche conseguenze nel breve periodo potrebbero riguardare un indebolimento della posizione Uk e dei suoi rappresentanti all’interno delle sedi istituzionali. Con riferimento alle policy in corso, si possono ipotizzare i seguenti effetti: • EuVECA: non vi sarà alcun impatto sulla proposta della Commissione; tuttavia, si registrerà una perdita di influenza Uk al momento dei negoziati • Passaporto AIFMD: potrebbe verificarsi un ulteriore ritardo nell’implementazione del passaporto per i Paesi terzi, anche in virtù del fatto che tale decisione impatterà sulla posizione futura Uk • Revisione AIFMD/AIFMD II: anche in questo caso, vi è una concreta possibilità di prolungamento dei tempi, dovuto ai negoziati sul passaporto per i Paesi terzi • Remunerazioni: sarà meno forte la posizione a sostegno del principio di proporzionalità • Fondo di fondi Venture Capital: da valutare l’impatto sull’attrattività dei gestori basati in Uk ai fini dell’ottenimento del mandato di gestione • OCSE BEPS/Anti Tax Avoidance: l’impatto di Brexit sarà poco rilevante sul lavoro portato avanti dall’OCSE e contribuirà a rafforzare la posizione di coloro che sostengono la necessità di un’azione più efficace a livello europeo in materia fiscale • Solvency II: impatto limitato • Tassa sulle transazioni finanziarie: impatto limitato Fonte: Invest Europe Nel medio periodo: i temi legati al negoziato • L’art. 50 TUE (Trattato sull’Unione europea) regolamenta il diritto di recesso degli Stati membri • Il voto favorevole al recesso da parte dei cittadini britannici dello scorso 23 giugno non è vincolante • L’art. 50 definisce in due anni il periodo di tempo per negoziare i termini dell’uscita. Se, al termine dei due anni, non verrà raggiunta un’intesa, a meno di una proroga che deve essere comunque votata all’unanimità all’interno del Consiglio europeo, il recesso diventa automatico • Il termine dei due anni inizia dal momento in cui il governo britannico notifica formalmente al Consiglio europeo la volontà di recedere • Al momento non è possibile stabilire con certezza quando avrà inizio il negoziato. I leader britannici, in particolare il Primo Ministro Theresa May, potrebbero decidere di rimandare tale data con l’obiettivo di riuscire ad avere un quadro maggiormente definito prima di dare inizio alla procedura che, una volta attivata, non può essere più fermata Prospettive di lungo periodo: i possibili esiti del negoziato • Spazio Economico europeo (Modello Norvegia): l’adesione Uk allo SEE appare, al momento, l’alternativa maggiormente favorevole, in quanto consentirebbe di mantenere i benefici derivanti dalla partecipazione al mercato unico. Tuttavia, tale opzione non consentirebbe a Uk di influenzare il processo legislativo Ue e, almeno in linea teorica, comporterebbe l’accettazione della libera circolazione delle persone, tema centrale del voto referendario dello scorso 23 giugno • Free Trade Agreement (Modello Canada): questa possibilità pone due ordini di problemi. In primo luogo, garantisce un accesso limitato al mercato unico. Inoltre, vi è anche un tema di carattere politico: è, infatti, necessaria l’unanimità degli stati membri affinché l’accordo possa essere siglato • Modello Svizzera: un accordo di questo tipo prevedrebbe la necessità di negoziare nel dettaglio una serie di normative su diversi argomenti con una notevole dilatazione in termini di tempo e risorse • Scenario WTO: Uk uscirebbe in maniera unilaterale senza alcun negoziato. Gli unici, minimi, accordi in vigore resterebbero quelli adottati sotto l’egida del WTO Implicazioni di carattere regolamentare per il settore A meno di accordi specifici, al momento non prevedibili, le aree di maggior impatto a livello regolamentare sono le seguenti: • I gestori Uk perderebbero la possibilità di avvalersi sia del passaporto di gestione sia di commercializzazione in relazione alle quote dei fondi gestiti. Quindi, non potrebbero più costituire e gestire fondi né commercializzare quote dei fondi gestiti in altri stati comunitari sulla base di una procedura di notifica. La possibilità di costituire e gestire fondi nonché di commercializzare quote di fondi sarà rimessa alle diverse singole normative nazionali applicabili, che potrebbero anche escludere tale facoltà o richiedere un formale procedimento di autorizzazione • Diversi investitori Ue potrebbero essere soggetti a vincoli statutari o a normative regolamentari tesi a disincentivare l’investimento in fondi come quelli Uk che saranno a tutti gli effetti fondi extra-Ue • In relazione alle normative antiriciclaggio, i gestori Uk non sarebbero più soggetti alle disposizioni comunitarie ma solo a quelle nazionali. Gli investimenti effettuati in Ue da fondi Uk sarebbero considerati a tutti gli effetti come investimenti eseguiti con somme provenienti da una giurisdizione extra-Ue, dunque potenzialmente soggetti a maggiori verifiche e controlli antiriciclaggio Fonte: Studio Legale Withers Implicazioni di carattere regolamentare per il settore • In relazione ai dati personali della clientela, i gestori Uk non sarebbero più soggetti alla normativa privacy comunitaria ma solo alla normativa nazionale Uk. Alcuni investitori potrebbero vedere con sfavore il trasferimento di propri dati personali in una giurisdizione extra-Ue, che come tale non garantisce i controlli privacy uniformi di cui alla normativa comunitaria • I gestori Uk perderebbero il diritto di operare negli altri stati Ue sulla base della libera prestazione di servizi o della libertà di stabilimento, ad esempio al fine di prestare servizi di investimento o costituire succursali • I fondi Uk di venture capital e di imprenditoria sociale perderebbero il diritto di avvalersi della normativa EuVECA ed EuSEF, anche al fine di utilizzare il relativo ‘label’ • Analogamente, i fondi di investimento Uk a lungo termine perderebbero il diritto di avvalersi della normativa ELTIF, anche al fine di utilizzare il relativo ‘label’ • Le entità Uk perderebbero la possibilità di poter operare come soggetti delegati allo svolgimento delle attività di gestione del portafoglio o di gestione del rischio per conto di gestori comunitari, salvo che l’autorità di vigilanza cui la specifica entità Uk è sottoposta concluda con le autorità di vigilanza nazionali che hanno competenza sul gestore comunitario un accordo di collaborazione volto ad assicurare lo scambio di informazioni e la trasparenza • Le succursali Ue delle banche e delle imprese di investimento Uk potrebbero perdere, negli stati comunitari in cui sono stabilite, la possibilità di operare come depositario dei fondi di investimento Fonte: Studio Legale Withers Possibili conseguenze dal punto di vista fiscale Anche se nell’immediato non ci saranno conseguenze dal punto di vista fiscale, nel medio-lungo periodo, a seconda di come andrà il negoziato e di quale sarà la struttura futura dei rapporti Uk-Ue, Brexit potrebbe comportare notevoli implicazioni in relazione alla disciplina fiscale inerente i rapporti tra residenti italiani e controparti Uk. In ogni caso, resterebbero comunque in vigore gli accordi sulla mutua assistenza in materia fiscale del 1988 stipulati tra OCSE e Consiglio d’Europa, nonché la convenzione sulle doppie imposizioni (CDI) siglata tra Italia e Uk nel 1990. In particolare, in materia di imposte dirette, le maggiori aree interessate sarebbero le seguenti: − tassazione di dividendi (direttiva madre-figlia), interessi e royalties; − ritenuta alla fonte su interessi; − regime fiscale di talune tipologie di strumenti finanziari (obbligazioni, quote di fondi comuni di investimento); − disciplina CFC; − operazioni straordinarie e trasferimenti di residenza. Si segnala altresì che, in caso di Brexit, vi saranno implicazioni anche con riferimento alle imposte indirette, in particolare cambieranno le modalità di applicazione dell’Iva negli scambi con Uk. Fonte: Studio Tributario Associato Facchini Rossi & Soci Conseguenze di carattere fiscale: imposte dirette • Fino ad oggi, i soggetti residenti in Uk possono beneficiare delle direttive Ue in tema di tassazione di dividendi, interessi e royalties. Post Brexit tali direttive non saranno più applicabili • Al momento, una società madre Uk che percepisce interessi e/o royalties da una società figlia italiana, non subisce alcuna ritenuta alla fonte, se ricorrono determinate condizioni previste dalla Direttiva Ue Interessi-Canoni. Una volta che Uk lascerà l’Ue, a meno di accordi fiscali specifici, tale esenzione non sarà applicabile e gli interessi e/o le royalties pagate da una società italiana ad una società associata Uk subiranno una ritenuta alla fonte (dal 22,50% al 30%). La misura di tale ritenuta potrebbe essere ridotta (10% per gli interessi, 8% per le royalties) ai sensi della CDI tra Italia e Uk, ove applicabile. Inoltre, in caso di Brexit, non sarà possibile applicare la ritenuta ridotta (5%) agli interessi corrisposti da una società italiana ad una società consociata Uk che, non essendo beneficiaria effettiva di tali redditi, utilizzi tali interessi per finanziare interessi e altri proventi su determinati prestiti obbligazionari negoziati su un mercato Ue (ora, art. 26-quater, comma 8-bis, D.P.R. n. 600/1973) • Fino ad ora, i dividendi corrisposti da una società figlia italiana ad una società madre Uk non sono assoggettati ad alcuna ritenuta alla fonte, ove siano rispettati i requisiti previsti dalla Direttiva Madre-Figlia. Post Brexit, tali dividendi saranno assoggettati, in linea generale, ad una ritenuta alla fonte del 26%, che potrà essere ridotta al 5% o 15% ai sensi della CDI in vigore tra Ita-Uk (ove applicabile). Nel caso in cui Uk entri a far parte del SEE, tale ritenuta potrebbe ridursi all’1,20% (a condizione che la società percettrice sia residente in Uk e ivi assoggettata a tassazione) Fonte: Studio Tributario Associato Facchini Rossi & Soci Conseguenze di carattere fiscale: imposte dirette • Attualmente, gli interessi corrisposti da società italiane e derivanti da prestiti a medio-lungo termine erogati da istituti di credito Uk, non sono assoggettati ad alcuna ritenuta alla fonte. Dopo Brexit, tale esenzione non sarà più applicabile e su tali interessi si applicherà, in linea di principio, una ritenuta pari al 26%, che potrà essere ridotta al 10% ai sensi della CDI in vigore tra Ita-Uk (ove applicabile) • Riguardo agli interessi su obbligazioni emesse da società italiane i cui titoli sono negoziati in un mercato Uk (e/o su obbligazioni negoziate su un mercato regolamentato Uk), l’esenzione da ritenuta alla fonte continuerà ad applicarsi solo nel caso in cui, post Brexit, Uk entri a far parte dello SEE. Altrimenti, tali interessi saranno assoggettati ad una ritenuta alla fonte del 26% • Attualmente, i proventi delle quote di fondi comuni di investimento istituiti o soggetti a forme di vigilanza in Uk sono assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta del 26%. Dopo l’uscita del Regno Unito dalla Ue, vi è il concreto rischio che i predetti proventi concorreranno alla formazione del reddito imponibile complessivo del percettore e saranno tassati in base alle aliquote progressive IRPEF Fonte: Studio Tributario Associato Facchini Rossi & Soci Conseguenze di carattere fiscale: imposte dirette • Per quanto concerne la normativa CFC, post Brexit, c'è il rischio potenziale che un società Uk controllata da una società madre italiana possa qualificarsi come un CFC black list (con conseguente imputazione del reddito della controllata a prescindere dalla distribuzione e tassazione sfavorevole dei dividendi e delle plusvalenze relative a tale partecipata). Tale rischio tuttavia potrebbe manifestarsi nel caso in cui, post Brexit, Uk non entri a far parte del SEE ed il livello nominale di tassazione in Uk (sul reddito di impresa) diventi inferiore al 50% di quello applicabile in Italia • Operazioni straordinarie e trasferimenti di residenza: fino ad ora, le operazioni straordinarie (i.e. fusioni, scissioni totali e/o parziali, conferimenti di azienda, scambi di azioni) che coinvolgono una società italiana e una società Uk rientrano nel campo di applicazione del regime di neutralità fiscale previsto dagli artt. 178 e ss. del Tuir (a condizione che determinati requisiti siano rispettati). Post Brexit, tale regime di neutralità non sarà più applicabile. Per quanto riguarda la possibilità di beneficiare del regime di sospensione della tassazione dovuta in caso di trasferimento di sede di una società italiana in Uk (art. 166, c. 2-quater del Tuir), post Brexit, ciò sarà possibile solo nel caso in cui Uk entri a far parte del SEE Fonte: Studio Tributario Associato Facchini Rossi & Soci