In riferimento all`editoriale di Gian Antonio Stella pubblicato dal Vs

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In riferimento all`editoriale di Gian Antonio Stella pubblicato dal Vs
PRECISAZIONI DEL CENTRO NAZIONALE TRAPIANTI SUL CASO DI AUTO
LICENZIAMENTO DI UN PADRE PER DONARE IL RENE AL FIGLIO.
In riferimento all’editoriale di Gian Antonio Stella pubblicato dal Vs. giornale in data
10/09/2009 a commento del caso di un padre licenziatosi per donare il rene al figlio, desidero
intervenire con le seguenti precisazioni, che mi piacerebbe possano essere pubblicate.
Il prelievo di rene da donatore vivente è un intervento programmato che viene realizzato, una
volta verificate le condizioni di compatibilità e di idoneità, al termine di una procedura regolata per
legge e che si svolge abitualmente nell’arco di alcuni mesi.
Il donatore d’organo, in questo periodo di tempo, viene sottoposto ad indagini di laboratorio e
strumentali per accertare l’idoneità clinica in vista dell’eventuale intervento chirurgico. Queste
indagini non richiedono degenze ospedaliere ma vengono di norma effettuate in situazioni
ambulatoriali o di day hospital.
Gli interventi chirurgici di prelievo e di trapianto vengono eseguiti consecutivamente in una
data programmata. In base alle norme in vigore, il donatore è tutelato come ogni persona che si
sottopone ad accertamenti clinici e ad un intervento chirurgico presso una struttura pubblica e,
pertanto, non può essere licenziato per ragioni di malattia.
Per quanto riguarda la ritardata pubblicazione del regolamento previsto nella legge del 1967 per
i trapianti da vivente, si sottolinea che il Consiglio Superiore di Sanità e la Conferenza Stato
Regioni hanno già approvato il testo del regolamento, attualmente sottoposto all’esame del
Consiglio di Stato.
La maggior parte del testo in questione è dedicata ad una revisione delle procedure di
autorizzazione dei centri all’esecuzione dell’attività da vivente, con un maggior coinvolgimento
delle Regioni
Rispetto alle tutele assicurative indicate nella legge del 1967, va considerato che all’epoca non
esisteva il Sistema Sanitario Nazionale, per cui, esse rientravano nell’ambito della mutualità allora
esistente. Ad oggi, questo tipo di tutele vengono ampliamente assolte dal Sistema Sanitario
Nazionale.
Per quanto riguarda gli aspetti giuslavoristici, il regolamento che sarà approvato prevede che le
giornate di assenza legate ai controlli clinici siano retribuite e non considerate solamente giornate di
malattia, introducendo nel settore una disciplina simile a quella dei donatori di sangue.
Anche su questo punto, tuttavia, va considerato il limitato numero di giornate necessarie per gli
accertamenti e l’intervento chirurgico (di norma, si tratta di meno di dieci giorni) e la modalità
specifica delle donazioni di organo.
A differenza della donazione di sangue, fattibile da un individuo con rischi assolutamente
limitati a favore di un elevato numero di potenziali riceventi, la donazione di organo viene effettuata
da un unico singolo individuo, scelto nell’ambito familiare o affettivamente legato al ricevente, a
favore di un singolo ricevente, a seguito di specifiche procedure controllate anche per quanto
riguarda la scelta e volontaria. Accurate procedure sono necessarie per dimostrare l’idoneità clinica
alla donazione, per garantire la libertà di scelta e la consapevolezza dell’atto, e per escludere quasi
totalmente eventuali rischi per il donatore. Va inoltre evitato nel modo più assoluto il commercio di
organi attraverso “donazioni non volontarie”, indotte da ricompense del ricevente.
Un punto fondamentale per la comprensione del problema sono i risultati: in Italia a partire dal
1967 è stata effettuata una regolare attività di trapianto di rene da donatore da vivente e, a partire
dal 2001, un’altrettanto regolare attività di trapianto di fegato da donatore vivente; mediamente
vengono effettuati 130 trapianti di rene da donatore vivente e 30 trapianti di fegato da donatore
vivente. Tali cifre sono assolutamente paragonabili, se non superiori, a quelle dei principali paesi
europei (come Francia e Spagna) che hanno sviluppato come noi programmi di trapianto da
donatore cadavere e che sono i migliori in Europa in termini di risposta alle necessità del paziente in
attesa. A livello di trapianto da cadavere l’Italia ha risultati davvero positivi, sia come donazioni (è
terza, tra i grandi Paesi europei, dopo Spagna e Francia, e viene prima di Germania e Regno Unito),
sia come esito dei trapianti (unico Paese europeo ad effettuare controlli sistematici sui centri, unico
a pubblicare tutti i dati con risultati medi superiori a quelli dei migliori centri europei certificati da
un registro internazionale)
Il mancato regolamento previsto dalla legge per il trapianto da vivente, non ha, dunque,
nei fatti, limitato la risposta sanitaria né sul trapianto da vivente, né su quello da cadavere.
Oggi in Italia una rete trapiantologica formata da circa 15.000 persone, (fra cui, chirurghi,
internisti, rianimatori, medici e infermieri di coordinamento, medici legali, ma anche
personale di sala operatoria, autisti, etc.), supportati da un volontariato presente ed
attivo in difesa della donazione e dei diritti del paziente, lavora per garantire ai pazienti in
lista risultati ottimali a livello europeo in un settore che può essere considerato un’eccellenza
nazionale.
Nessun paziente ha atteso un organo più a lungo a causa della mancanza di regolamento,
tantomeno la famiglia di Alessandria, seguita da molti mesi con grande attenzione da parte
della rete trapiantologica (ma ovviamente tutto questo non è stato detto ai giornali).
Le stessa Associazione che tutela i pazienti in attesa di trapianto renale ha protestato per i
contenuti delle dichiarazioni della mamma del bambino.
Infine, ricordiamo che nello scorso mese di aprile il Centro Nazionale Trapianti ha presentato a
tutti i centri di trapianto (compreso quello di Pisa) e a quelli di dialisi, un documento informativo
sul trapianto di rene da vivente, elaborato e condiviso da tutto il sistema trapianto e da tutte le
associazioni di pazienti, che riteniamo possa esercitare un effetto positivo sull’attività. Il testo del
documento considera fondamentale che per tutti i pazienti, potenziali candidati al trapianto, venga
valutata sia l’opzione del trapianto da vivente che quella da cadavere.
Infine, sottolineiamo come questo documento fosse già noto sia al chirurgo che ha presentato il
caso, sia ai familiari del bambino trapiantato; evidentemente il collega, davanti ai media, ha
dimenticato le innovazioni procedurali attuate per rendere disponibile l’opzione del trapianto da
vivente a tutti i pazienti in condizioni di utilizzarla.
Purtroppo, in un settore nel quale la possibilità di curare i pazienti dipende dal dono di altri, un
articolo che presenta problemi deformati, attraverso informazioni raccolte in maniera parziale e
filtrate dal punto di vista di una persona coinvolta nel singolo caso, come la madre del bambino,
può generare sfiducia nel sistema e danneggiare le aspettative dei pazienti.
Il direttore del Centro Nazionale Trapianti
Dott. Alessandro Nanni Costa