Tribunale di Roma sez. IX, sentenza 2 gennaio 2012, n. 24

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Tribunale di Roma sez. IX, sentenza 2 gennaio 2012, n. 24
Archivio selezionato: Sentenze di merito
ESTREMI
Autorità: Tribunale Roma sez. IX
Data: 02 gennaio 2012
Numero: n. 24
INTESTAZIONE
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Sez.IX civile
In persona del giudice unico
Dr. Giulia Iofrida
SENTENZA
nella causa civile di 1° grado iscritta al N.189 del ruolo
contenzioso
generale
dell'anno
2008 posta in deliberazione
all'udienza del 13/7/2011 (con termine per il deposito di comparse
conclusionali e di memorie di replica di gg. 60+20) e vertente
tra
M.A. e Ma.M. elett. dom. ti in Roma Via T.C. presso lo studio
dell'Avv.to Laila Perciballi che li rappresenta e difende per delega
in atti
ATTORI
Ricorrenti in riassunzione
e
Ypsilon
86 Travel di E.P. & C. sas, in persona del legale
rappresentante p.t., elett. dom. ta in Roma Via E.J. presso lo
studio dell'Avv.to Paola Rescigno che la rappresenta e difende per
delega in atti
CONVENUTA Resistente in riassunzione
e
Fallimento Organizzazione Viaggi Columbus srl in liquidazione, in
persona del Curatore p.t.,
CONVENUTO Resistente in riassunzione contumace
OGGETTO:Viaggi e Turismo.
CONCLUSIONI
All'udienza del 13/7/2011 i procuratori delle parti costituite così
concludevano:
Per parte attrice: "Come da atto di citazione e memoria ex art. 183
VI° comma n. I c.p.c., conclusioni estese alla Curatela fallimentare
della Organizzazione Columbus srl in liq.".
Per parte convenuta: "Come da comparsa di costituzione e risposta e
memoria ex art. 183 VI° comma n. 1 c.p.c".
FATTO
FATTO E DIRITTO
Con atto di citazione notificato il 27/12/2007, M.A. e Ma.M., assumendo di avere acquistato, in data
24/4/2007, presso l'Agenzia di Viaggi Ypsilon 86 Travel, un pacchetto turistico, organizzato dalla
Columbus, avente come destinazione la Grecia, l'Isola di Santorini, e di avere ricevuto erronee
informazioni dall'agenzia circa la documentazione necessaria per l'espatrio della figlia minore della
Ma. (essendo stato ribadito, più volte, alla Ma. che era "sufficiente la foto autenticata rilasciata dal Comune di Riano" cosicché, giunti il giorno della partenza all'aeroporto di Fiumicino, non erano potuti partire, in quanto era stato detto loro che era necessario "un documento rilasciato dalla Questura di
Roma (ed foglio espatrio)", convenivano in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Roma, la Organizzazione
Viaggi Columbus (di seguito, Columbus) srl in liquidazione, in persona del legale rappresentante p.t,
e la Ypsilon 86 Travel di E.P. & C. (di seguito, Ypsilon) sas, in persona del legale rappresentante p.t.,
per sentirli condannare, in solido o in via alternativa, al risarcimento dei danni da essi subiti,
patrimoniali e non, quantificati nell'importo complessivo di euro 6.080,00, oltre interessi legali.
Si costituiva la convenuta Columbus, tempestivamente ai sensi degli artt.166 e 167 c.p.c..
contestando la pretesa attrice (sotto il profilo della carenza di legittimazione, attiva e passiva) e
chiedendone il rigetto, con domanda, subordinata, riconvenzionale, di regresso nei confronti
dell'altra convenuta.
L'altra convenuta, la Ypsilon Travel, si costituiva tardivamente, del pari contestando la pretesa
attorea (negando le circostanze riferite dagli attori e deducendo di avere precisato alla Ma. che,
essendo la Grecia un paese dell'UE, era sufficiente, per la di lei figlia minore, "il certificato di nascita,
rilasciato dal Comune di residenza, corredato dalla foto autenticata, da fare vidimare presso la
questura, ovvero il "lasciapassare" rilasciato dalla Questura (ed. foglio bianco)", informazioni tutte
comunque presenti anche nel Catalogo Columbus, già in possesso della Ma., al momento della prenotazione) e chiedendone il rigetto.
La causa, concessi alle parti i termini di cui all'art. 183 VP comma c.p.c., veniva istruita con
l'acquisizione di documenti e l'espletamento di prova testimoniale e per interrogatorio formale delle
parti (non si presentava a renderlo il solo legale rappresentante della Columbus) e, sulle conclusioni
di cui in epigrafe (a seguito di riassunzione del giudizio, interrotto, all'udienza del 27/1/2011, a
causa del fallimento della convenuta Columbus), veniva trattenuta in decisione all'udienza del
13/7/2011 (con termine per il deposito di comparse conclusionali e repliche di gg. 60+20).
Preliminarmente, deve essere affrontata la questione, rilevabile d'ufficio, della procedibilità in sede ordinaria della pretesa risarcitoria nei confronti della Columbus, a fronte dell'intervenuto fallimento
della convenuta, avendo gli attori insistito nel suo accoglimento, in sede di riassunzione del giudizio
interrotto.
Occorre infatti evidenziare che, come ribadito in diverse pronunce della Suprema Corte
(C.C.2047/1965; C.C.3885/1988; C.C.6713/1991; C.C.2402/1995; C.C.3580/1995; C.C.7045/1995;
C.C.9346/1997; C.C.11379/1999 e C.C. 7704/1998, Il Fall., 1999, 635; con riguardo alla liquidazione
coatta amministrativa, C.C. 3520/2003; C.C. 2541/2000), una volta sopravvenuto il fallimento o la
liquidazione coatta amministrativa dell'asserito debitore, anche nel corso del giudizio di primo grado,
il creditore deve far valere le sue ragioni nelle forme previste dalla legge fallimentare, in sede di
ammissione al passivo, in concorso con gli altri creditori, con conseguente improcedibilità delle interrotto.
Occorre infatti evidenziare che, come ribadito in diverse pronunce della Suprema Corte
(C.C.2047/1965; C.C.3885/1988; C.C.6713/1991; C.C.2402/1995; C.C.3580/1995; C.C.7045/1995;
C.C.9346/1997; C.C.11379/1999 e C.C. 7704/1998, Il Fall., 1999, 635; con riguardo alla liquidazione
coatta amministrativa, C.C. 3520/2003; C.C. 2541/2000), una volta sopravvenuto il fallimento o la
liquidazione coatta amministrativa dell'asserito debitore, anche nel corso del giudizio di primo grado,
il creditore deve far valere le sue ragioni nelle forme previste dalla legge fallimentare, in sede di
ammissione al passivo, in concorso con gli altri creditori, con conseguente improcedibilità delle domande in precedenza promosse dal medesimo in sede ordinaria, salva la sua reviviscenza alla
revoca o chiusura del fallimento; il creditore quindi, il quale non intenda proporre la domanda nelle
forme imposte dalla legge fallimentare ed intenda invece proseguire il giudizio in sede ordinaria per
precostituirsi un titolo da far poi valere nei confronti del fallito tornato in bonis, ma privo di effetti nei
confronti della massa, deve espressamente dichiarare di intendere agire non nei confronti della
procedura concorsuale, ma dello stesso fallito o impresa soggetta alla l.c.a., la cui legittimazione
processuale persiste, per ottenere appunto nei suoi confronti un titolo esecutivo dopo la cessazione
della procedura concorsuale (C.C. 28481/2005; C.C. 1492/1989; C.C.3885/1988; C.C.3580/1995),
manifestando in modo chiaro la sua intenzione di perseguire il fallito solo al suo rientro in bonis e
quindi di non avanzare richiesta alcuna nei confronti della procedura concorsuale (C.C.11038/1991;
C.C.1729/1990).
Si è parlato di una temporanea improcedibilità delle domande, sia di condanna che di mero accertamento del credito, da parte dei creditori davanti al giudice ordinario, in pendenza della
procedura concorsuale e sino alta conclusione della fase di accertamento dello stato passivo,
dovendo qualsiasi credito essere fatto valere in sede concorsuale (C.C. 8637/1996; C.C.
4317/1999; C.C. 14231/1999).
La pretesa creditoria degli attori va quindi trasferita nella sede concorsuale ed alla cognizione del
Giudice fallimentare, dovendo inderogabilmente essere proposta e trattata nelle forme e secondo il
procedimento concorsuale di accertamento e di verificazione dello stato passivo di cui alla L.F. (C.C.
3113/1984; C.C.5333/1991; C.C. 11021/1992; C.C.3068/1997; C.C.9801/2000).
Ne consegue che, in relazione a tale domanda, va affermata l'improcedibilità (C.C. S.U. 10414/2005; C.C. 11379/1998; C.C.7154/1997; C.C.2619/1997; C.C.2117/1990; C.C. 4166/1977). Invero, come
chiarito dalle S .U. (sentenza n. 2 1499/2004), il rapporto tra giudizio ordinario di accertamento di un
credito e procedimento di verifica concorsuale non può essere regolato sulla base di una questione di competenza, ma resta soltanto affidato alla questione di rito, comportante
l'inammissibilità/improcedibilità della domanda proposta contro la curatela (collegata al carattere esclusivo e inderogabile del procedimento di verifica in sede fallimentare), in quanto il sistema della
legge fallimentare è "diretto ad individuare - più che l'organo competente all'accertamento dei crediti - il procedimento stesso a tal fine destinato, per concentrare davanti all'organo identificato
attraverso il procedimento le azioni rivolte a far valere diritti sul patrimonio del fallito e così assicurare, mediante un rito implicante la partecipazione e il contraddittorio di tutti i creditori, il
rispetto del principio della concorsualità", cosicché "anche quando una questione di competenza in senso proprio si ponga (nel senso che il tribunale che ha dichiarato il fallimento sia diverso da quello
davanti al quale la domanda del curatore è stata proposta secondo le regole di competenza ordinarie), il suddetto accertamento acquista carattere assorbente", con la conseguenza che la
domanda proposta nei confronti della curatela va comunque dichiarata improcedibile. In sostanza, il
carattere peculiare della normativa fallimentare in materia di accertamento del passivo consiste
proprio nel porre le regole di un particolare procedimento, quale strumento di cognizione attribuito
ad un giudice la cui individuazione è disancorata dai criteri ordinari in materia di competenza.
Con riguardo invece alla domanda risarcitoria promossa nei confronti dell'Agenzia di viaggi Ypsilon,
in linea generale, nel nostro ordinamento, la materia del viaggio turistico è stata disciplinata dalla L.1084/1977, di ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale relativa al contratto di
viaggio (CCV) di Bruxelles del 23/4/1970, applicabile ai viaggi internazionali (art.2, che devono
essere eseguiti totalmente o parzialmente in uno Stato diverso da quello in cui il contratto è stato stipulato o da dove il viaggiatore è partito), e dal D.lgs. 111/1995, con il quale è stata data attuazione in Italia alla Direttiva n. 90/314/CEE, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti "tutto
compreso" offerti nel territorio della Comunità. Le due normative si sono poste in Italia come fonti normative convenzionali concorrenti ed è affidato all'interprete stabilire entro quali limiti la CCV sia ancora in vigore (da un lato, la disciplina comunitaria ha portata più ristretta, attese le nozioni, più circoscritte e limitate, di pacchetto turistico e di venditore di pacchetti turistici rispetto alle nozioni di
organizzazione di viaggio e di intermediario ex art.1 L.1084/1977, dall'altro lato, l'ambito di
operatività della disciplina comunitaria è più ampio, in quanto si applica a tutti i contratti di viaggio indipendentemente dal luogo di esecuzione; nella disciplina comunitaria inoltre spiccano le
prescrizioni attinenti il contenuto del contratto, in particolare con riguardo ai doveri di informazione).
Con l'entrata in vigore (in data 23/10/2005) del d.lgs. 6/9/2005 n. 2006, Codice del Consumo, la
materia dei servizi turistici trovasi oggi disciplinata a gli artt.82/100 del C.C. (con trasposizione, per
lo più, delle disposizioni già presenti nella L.111/95, salvo per l'ambito territoriale, circoscritto ai pacchetti turistici venduti o offerti in territorio nazionale, per l'ambito soggettivo, non essendo
richiesto il possesso di autorizzazione governativa ex art.9 L.217/83 per l'organizzatore o il
venditore di pacchetti turistici, per una maggiore specificazione del contenuto e forma del contratto,
per la dettagliata disciplina del recesso del consumatore, tendenzialmente oneroso, con perdita
della caparra versata in sede di prenotazione, salvo nelle ipotesi di esercizio, sgradito al
consumatore, dello ius variandi da parte dell'organizzatore, artt.91 e 92, ovvero di fatto
sopravvenuto non imputabile o inadempimento grave del t.o. o del venditore). Da osservare che né il d.lgs. 111/1995 né il Codice del Consumo sono intervenuti, con abrogazione o modifiche, sulla legge n. 1084/1977 di ratifica della CCV, che continua conseguentemente ad operare, per i viaggi
che comprendano anche trasferimenti nel territorio di altri Paesi. Una delle differenze di disciplina
riguarda proprio il contratto di intermediazione di viaggio, in quanto il Codice del Consumo, al pari
dell'abrogato d.lgs. 111/1995, concerne la distribuzione al dettaglio (o vendita) dei soli "pacchetti
turistici, con gli elementi combinati tra loro sopra descritti, e non anche dei singoli servizi
disaggregati, mentre nella nozione di intermediario di cui all'art. 1.3 della CCV rientra anche quella di
colui che intermedia tra utente e prestatore del servizio singolo (definizione del contratto
dell'intermediario: quello "tramite il quale una persona si impegna a procurare ad un'altra, per
mezzo di un prezzo, sia un contratto di organizzazione di viaggio sia uno o dei servizi separati che
permettono di effettuare un viaggio o un soggiorno qualsiasi").
Ai sensi dell' art.93 Cod.Cons. (art. 14 del D.lgs. 111/1995), in caso di mancato o inesatto
adempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico, l'organizzatore ed il
venditore (vale a dire l'agenzia di viaggi che vende materialmente il pacchetto turistico, facendo da
tramite tra il tour operator ed il cliente consumatore) "sono tenuti al risarcimento del danno,
secondo le rispettive responsabilità, se non provano che il mancato o inesatto adempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a loro non imputabile" (formula che riproduce il disposto di cui all'art, 1218 c.c.). L'art. 96 C.C. (art.17 della stessa legge 111/95) poi
prevede che l'organizzatore e d il venditore non rispondono "quando la mancata o inesatta
esecuzione del contratto è imputabile al consumatore o è dipesa dal fatto di un terzo a carattere imprevedibile o inevitabile ovvero da un caso fortuito o di forza maggiore", pur essendo comunque
tenuti ad apprestare "con sollecitudine" ogni rimedio utile al soccorso del consumatore al fine di
consentirgli la prosecuzione del viaggio.
In sostanza, è il contraente, di cui è allegato e dedotto, nell'atto introduttivo del giudizio, l'inadempimento, che deve fornire adeguata prova contraria, come, in generale, peraltro affermato
dalla Corte di Cassazione Sezioni Unite nella pronuncia n. 13533/2001, risolvendo un contrasto
giurisprudenziale (a favore C.C. 7027/2001; C.C. 11629/1999; C.C. 10446/1994): "in tema di prova
dell'inadempimento di un'obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il
risarcimento del danno ovvero per l'adempimento - salvo che si tratti di obbligazioni negative - deve
soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza,
limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il
debitore convenuto è gravato dall'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, ed uguale criterio di riparto deve ritenersi applicabile al caso in cui il
debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga
dell'eccezione di inadempimento ex art.1460 c.c., risultando in tal caso invertiti i ruoli delle parti in
lite".
La responsabilità del t.o. e del venditore é ad un tempo concorrente e solidale verso il consumatore soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza,
limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il
debitore convenuto è gravato dall'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, ed uguale criterio di riparto deve ritenersi applicabile al caso in cui il
debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga
dell'eccezione di inadempimento ex art.1460 c.c., risultando in tal caso invertiti i ruoli delle parti in
lite".
La responsabilità del t.o. e del venditore é ad un tempo concorrente e solidale verso il consumatore (nei limiti delle rispettive responsabilità (C.C. 25396/2009 "L'organizzatore e il venditore di pacchetto turistico assumono, nell'ambito del rischio di impresa, un 'obbligazione di risultato nei
confronti dell'acquirente e, pertanto, la loro responsabilità sussiste ogniqualvolta sia ravvisabile una responsabilità contrattuale diretta del prestatore di servizi nei confronti del consumatore per il servizio resogli (o non resogli), e non è correlata ad un suo difetto di diligenza nella scelta del prestatore di servizi di cui si avvalga, ovvero alla possibilità di controllarne in concreto le modalità operative nell'esecuzione della prestazione"; C.C.5189/2010: "Con il contratto avente ad oggetto
un pacchetto turistico "tutto compreso", sottoscritto dall'utente sulla base di una articolata proposta
contrattuale, spesso basata su un depliant illustrativo, l'organizzatore o il venditore assumono
specifici obblighi, soprattutto di tipo qualitativo, riguardo a modalità di viaggio, sistemazione alberghiera, livello dei servizi etc, che vanno "esattamente" adempiuti; pertanto ove, come nel caso
in esame, la prestazione non sia esattamente realizzata, sulla base di un criterio medio di diligenza
ex. art. 1176 c.c., comma 1 (da valutarsi in sede di fase di merito), si configura responsabilità contrattuale, tranne nel caso in cui, come detto, organizzatore o venditore non forniscano adeguata
prova di un inadempimento ad essi non imputabile. è evidente, in relazione a tale ultimo punto e argomentando ex art. 1256 c.c., ed anche del D.Lgs. in esame n. 111 del 1995, ex art. 17, pur se,
tale norma in tema di esonero di responsabilità non fa specifico riferimento a detto art. 14, che per evitare il sorgere di responsabilità a loro carico (con conseguente obbligo risarei torio), organizzatore e venditore dovranno provare: o il caso fortuito (o la forza maggiore), o l'esclusiva
responsabilità del consumatore, oppure l'esclusiva responsabilità di soggetto-terzo, quali eventi
successivi alla stipula del "pacchetto " ").
Nella sentenza C.C.696/2010, pertinente alla fattispecie, la S.C. ha confermato la responsabilità dell'Agenzia di Viaggi, sulla base della CCV, all'epoca vigente, in una controversia inerente un
pacchetto turistico rivelatosi non conforme alle caratteristiche promesse. La S.C. ha affermato che
"L'art. 18, comma 1, della Convenzione impone infatti all'intermediario l'obbligo di rendere noto ai
viaggiatori, tramite i documenti di viaggio, che egli opera solo come intermediario e che non assume
alcuna responsabilità per l'organizzazione e la prestazione dei servizi turistici; di rendere noto altresì nome e indirizzo dell'organizzatore del viaggio (come di coloro ai quali sia affidata direttamente ed autonomamente la prestazione di peculiari servizi). Vale a dire, considerato che
l'intermediario non può essere sempre in grado di sapere come operino, e quanto siano affidabili, i gestori dei servizi ai quali indirizza i suoi clienti, egli è tenuto quanto meno a rendere nota ai clienti medesimi la sua qualità e l'inerente mancata conoscenza: ed a renderla nota non in termini generici, ma specificamente, tramite i documenti di viaggio. In tal modo i viaggiatori sono tempestivamente
avvertiti sia del fatto che rischi ed incognite circa l'adempimento delle prestazioni turistiche saranno
a loro carico; sia dell'identità dei soggetti direttamente responsabili, nei confronti dei quali potranno rivalersi per gli eventuali inadempimenti e danni. L'onere di fornire la prova di avere formalmente
trasmesso ai viaggiatori le suddette informazioni grava sull'intermediario (Cass. civ. Sez. 3^, 21
aprile 2006 n. 9360) e, qualora non vi adempia, l'intermediario assume la stessa responsabilità dell'organizzatore (art. 19, comma 2, Conv. Bruxelles".
Ora, l'organizzatore e il venditore sono da considerarsi inadempienti agli obblighi informativi previsti
dalla normativa in esame se, all'atto dell'acquisto del pacchetto, non forniscono ai consumatori
alcuna specifica comunicazione sulle condizioni dei luoghi e non mettono a disposizione di questi il
ed. opuscolo informativo (art.88 C.C.), che prevede, tra le informazioni generali, le notizie (lett.e), di
carattere essenzialmente amministrativo, necessarie per recarsi all'estero, e l'indicazione nel
documento di viaggio dei servizi forniti e delle condizioni idonee a giustificarne l'annullamento.
Peraltro, la normativa introdotta prima con il d. lgs. n. 111/1995 e poi con il codice del consumo non
ha fatto altro che sostanzialmente riprodurre una regola che era già stata coniata per la soluzione dei casi in cui, dopo avere acquistato un viaggio organizzato o un servizio separato di trasporto
internazionale, il viaggiatore non potesse fruirne perché sprovvisto dei visti o dei certificati sanitari cui le autorità del paese di destinazione subordinano l'ingresso degli stranieri. Infatti, addirittura prima dell'entrata in vigore della stessa Convenzione di Bruxelles, la Suprema Corte
(C.C.1929/1987) aveva già affermato la responsabilità contrattuale di un'agenzia di viaggi che aveva venduto un biglietto aereo per Alessandria di Egitto ad una turista che, giunta a
destinazione, si era vista negare dall'autorità egiziana il permesso di ingresso a causa di un suo precedente viaggio in Israele, documentato dal visto sul passaporto, circostanza di cui l'agenzia, pur
potendosene avvedere attraverso l'esame del documento di identità, non l'aveva informata. Secondo la Suprema Corte, anche se l'agenzia era stata incaricata esclusivamente
dell'organizzazione del trasporto, e non del soggiorno, la stessa si era resa inadempiente a gli
obblighi di informazione incombenti sul mandatario, così come previsti dall'art. 1710 c.c., che, pur menzionando soltanto le circostanze sopravvenute, si riferisce anche ai fatti preesistenti o non
considerati al momento della stipulazione del contratto di mandato. Anche secondo i giudici di
merito, l'inadempienza degli obblighi informativi determina responsabilità dell'agenzia di viaggio (App. Firenze 26 settembre 2001: "L'agente, evidentemente fornito di perizia e diligenza
professionale, ha l'onere, una volta appresa la volontà del viaggiatore di effettuare un viaggio per il quale vi è la necessità del visto sul passaporto, di informarsi, e poi di informare il cliente, sulle formalità stabilite dai paesi visitati per l'ingresso e l'uscita di persone dal loro territorio. Tale condotta rientra tra quelle gravanti sul mandatario allo scopo di soddisfare, con la successiva
conclusione del contratto, gli interessi del mandante-viaggiatore").
Nella specie, l'inadempienza della convenuta rispetto a tali obblighi informativi ha trovato riscontro
sia con prova testimoniale (avendo, da un lato, il legale rappresentante della Ypsilon, non presente
al momento dell'acquisto, nel mese di aprile, del pacchetto turistico, dichiarato che i dipendenti,
"verificato quanto scritto nel catalogo", si limitavano a dire ai clienti che "per questioni concernenti i
minori è necessario rivolgersi ai Commissariati di Polizia di zona o in circoscrizione", come confermato anche dal teste D.A., socio accomandante che ha seguito la trattativa con la Ma., il che
equivale però a non fornire alcuna utile informazione al cliente, e, dall'altro lato, la teste P., presente al momento del versamento del saldo del pacchetto turistico, confermato che, malgrado
espressa richiesta in merito da parte sua, su incarico del M., l'agente dichiarò che la documentazione presentata dalla Ma. era sufficiente). Nel catalogo Columbus vi era scritto soltanto
che, per i minori di 15 anni, occorrevano "passaporto o carta di identità" ovvero la registrazione sul documento dei genitori. In realtà, all'epoca (2007), i minori, figli di cittadini italiani, fino ai 15 anni dovevano avere, per entrare in altro Stato membro dell'UE, un proprio passaporto o essere iscritti
sul passaporto del genitore che li accompagnava o avere un certificato di nascita valido per
l'espatrio e vidimato dal questore; la Ma. presentava invece, alla partenza da Roma, soltanto una
fotografia della di lei figlia minore (nata e residente in Roma), autenticata dall'Ufficio di Anagrafe del
Comune di Riano (in provincia di Roma). Le informazioni corrette sui documenti necessari all'espatrio
della minore non sono state pertanto fornite, dall'agenzia di viaggio, all'attrice Ma., pur avendo la
stessa prenotato il viaggio ben tre mesi prima della partenza.
In ordine alla quantificazione del danno, va senz'altro restituito agli attori l'importo corrisposto per il
costo del viaggio, non usufruito integralmente, essendo stati gli attori (che viaggiavano insieme)
bloccati alla partenza dall'Italia. Detta somma complessiva (euro 2.245,00, non essendo
documentata la spesa sostenuta per il trasporto con taxi), rivalutata ad oggi (coeff.Istat: 1,092)
dall'agosto 2007, trattandosi di debito di valore, ammonta ad euro 2.451,54.
Viene poi in discussione il riconoscimento del diritto al risarcimento, oltre che dall'eventuale ulteriore
e sborso economico non preventivato subito, del c.d. danno da "vacanza rovinata", determinato dal
disagio o stress sopportato a causa della mancata o inesatta esecuzione della prestazione
promessa, ove sia stato leso irrimediabilmente o compromesso il loro interesse al pieno godimento
di un periodo di vacanza, organizzato come occasione di svago e/o di riposo, conforme alle loro
aspettative.
In una sentenza del 12/3/2002, Causa C-168/2000, Leitner c/Tui, (G.I. 2002, 1801;
Resp.Civ.Prev.2002, 363; Corr.Giur.2002,1000), la Corte di Giustizia CE ha affermato che l'art.5 della
Direttiva 90/314/CEE (che impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinché e sborso economico non preventivato subito, del c.d. danno da "vacanza rovinata", determinato dal
disagio o stress sopportato a causa della mancata o inesatta esecuzione della prestazione
promessa, ove sia stato leso irrimediabilmente o compromesso il loro interesse al pieno godimento
di un periodo di vacanza, organizzato come occasione di svago e/o di riposo, conforme alle loro
aspettative.
In una sentenza del 12/3/2002, Causa C-168/2000, Leitner c/Tui, (G.I. 2002, 1801;
Resp.Civ.Prev.2002, 363; Corr.Giur.2002,1000), la Corte di Giustizia CE ha affermato che l'art.5 della
Direttiva 90/314/CEE (che impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinché l'organizzatore di viaggi risarcisca i "danni arrecati al consumatore dall'inadempimento o dalla
cattiva esecuzione del contratto") deve essere "interpretato nel senso che il consumatore ha diritto
al risarcimento del danno morale derivante dal! 'inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle
prestazioni fornite in esecuzione di un contratto turistico rientrante nel campo di applicazione della
direttiva". È stato così affermato, a livello di ordinamento comunitario, il principio della risarcibilità del danno morale da inadempimento contrattuale.
Nel nostro ordinamento l'unica norma che prende in considerazione il risarcimento del danno morale
è l'art.2059 c.c., nell'ambito della responsabilità da fatto illecito, che dispone che "il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge" e pertanto è possibile ottenere il suddetto risarcimento, secondo una lettura restrittiva prevalente sino ad epoca
recentissima, solo ove l'illecito integri anche gli estremi di un reato, in virtù del combinato disposto degli artt.2059 c.c. e 185 c.p..
La giurisprudenza di merito per consentire il risarcimento dei danni morali da inadempimento, senza
scontrarsi con il limiti posti dall'art.2059 c.c., ha fatto quindi riferimento ad un tertium genus di
danno ovvero al danno c.d. esistenziale (G.Pace di Milano 18/12/2000, con riguardo ad un contratto
di trasporto aereo, e G.Pace Verona 16/3/2000, G.I.2001, I, 1158, con riguardo ad un contratto di
telefonia mobile).
Con riferimento specifico poi ai contratti in materia di viaggi e turismo, sia la Convenzione
internazionale sul Contratto di Viaggio (CCV) del 23/4/1970, ratificata con L.1084/1977, applicabile
ai soli viaggi internazionali, sia il D.lgs.111/1995, con cui è stata recepita la Direttiva 90/314/CEE, nulla dicono a proposito del contenuto del danno "da vacanza rovinata", ma gli artt.13/15 della
Convenzione del 1970 danno rilievo a "qualunque pregiudizio" (e la norma è stata applicata, per dare riconoscimento ad un danno non patrimoniale, da T.Torino 8/11/1996, G.I. 1997, II, 58).
Alla luce della sentenza interpretativa-integrativa della Corte di Giustizia però il fondamento del risarcimento del danno morale da vacanza rovinata deve essere ormai ravvisato nello stesso art.5
della direttiva 90 /314/CEE, come interpretata dalla Corte, e, per il principio di armonizzazione
dell'ordinamento comunitario sopra richiamato, secondo il quale, pur non essendo la direttiva
direttamente applicabile nei rapporti interprivati, il giudice nazionale deve, per quanto possibile,
interpretare le norme del proprio ordinamento in conformità alla lettera ed allo scopo della direttiva per conseguire il risultato da questa perseguito, le leggi nazionali di recepimento della direttiva, che
nulla hanno detto al riguardo, vanno interpretate in modo tale da colmare tale lacuna.
Peraltro, più in generale, va osservato che di recente la Suprema Corte, muovendo dalla constatazione dell'ormai non sporadico riconoscimento dato dalla giurisprudenza (si pensi a quella
peculiare figura di danno non patrimoniale che è il danno biologico) e dal legislatore al danno non patrimoniale, nella sua accezione più ampia di danno determinato da lesioni di interessi inerenti alla persona, intesa nell'ampia accezione considerata dall'art.2 Cost, non connotati da rilevanza
economica, anche al di fuori delle ipotesi di reato ( art.29 L.675/1996, in ipotesi di impiego di
modalità illecite nella raccolta dei dati personali; art.44 co.7° D.lgs. 286/1998, in caso di adozione di atti discriminatori per motivi razziali, etnici e religiosi; art.2 L.89/2001, in ipotesi di mancato rispetto
del termine ragionevole di durata del processo), ha affermato (C.C. 8827 e 8828/2003) che la
riserva di legge prevista dall'art.2059 c.c., interpretato alla luce dei principi costituzionali, deve
essere intesa non soltanto come riferita all'art. 185 c.p. ed alle altre norme previste dalle legislazioni
speciali, che hanno espressamente previsto il risarcimento dei danni non patrimoniali, ricorrendo
anche tutte le volte in cui vi sia lesione di valori della persona costituzionalmente protetti.
Posto che, per giurisprudenza ormai pacifica e consolidata, il danno da ed. vacanza rovinata ha
trovato pieno ingresso nell'ordinamento giuridico attuale, sia come particolare ipotesi di danno non
patrimoniale, secondo il combinato disposto dell'articolo 2059 c.c. e artt. 15 e 16 del d.lgs. 111
(costituendo, detti articoli, e, a monte, l'articolo 5 della direttiva 90/314, alcune delle ipotesi
tassative cui l'articolo 2059 rinvia per la risarcibilità del danno morale), nonché in forza del combinato disposto degli art. 2059 c.c. e 2 Costituzione ( cfr. le note sentenze "gemelle" Cass.
8827/8828 del 2003), essendovi peraltro nella materia un espresso supporto normativo (vedasi la
sentenza del 12/3/2002, Causa C-168/2000, L. c/Tui, - G.I. 2002, 1801; Resp.Civ.Prev.2002, 363;
Corr.Giur.2002,1000- con la quale la Corte di Giustizia CE ha affermato che l'art.5 della Direttiva
90/314/CEE, che impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinché l'organizzatore di viaggi risarcisca i "danni arrecati al consumatore dall'inadempimento o dalla cattiva esecuzione
del contratto", deve essere "interpretato nel senso che il consumatore ha diritto al risarcimento del
danno morale derivante dall'inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in
esecuzione di un contratto turistico rientrante nel campo di applicazione della direttiva"),
dall'inadempimento contrattuale dell'organizzatore o del venditore di viaggi turistici deriva una
responsabilità anche per i danni, già definiti morali ed esistenziali, prodottisi nella sfera giuridica dei consumatori.
Vero che le sezioni unite della Cassazione hanno recentemente ridisegnato l'ambito di operatività del danno non patrimoniale, sancendone, giustamente, l'unitarietà (C.C.26972/2008). L'articolo 2059 del codice civile sancisce che il danno non patrimoniale è risarcibile solo nei casi previsti dalla legge; alle ipotesi espressamente contemplate (ad esempio articoli 89 c.p.c., 185 e 598 c.p.), la
Cassazione ha "aggiunto" le ipotesi di violazione di diritti o valori della persona, costituzionalmente
tutelati, non suscettibili di valutazione economica. A tale conclusione erano già giunte le sentenze 8827 e 8828 del 2003. Secondo le S.U. "L'art. 2059 c.c., non delinea una distinta fattispecie di
illecito produttiva di danno non patrimoniale, ma consente la riparazione anche dei danni non
patrimoniali, nei casi determinati dalla legge, nel presupposto della sussistenza di tutti gli elementi
costitutivi della struttura dell'illecito civile, che si ricavano dall'art. 2043 c.c. (e da altre norme, quali
quelle che prevedono ipotesi di responsabilità oggettiva), elementi che consistono nella condotta, nel nesso causale tra condotta ed evento di danno, connotato quest'ultimo dall'ingiustizia,
determinata dalla lesione, non giustificata, di interessi meritevoli di tutela, e nel danno che ne
consegue (danno-conseguenza, secondo opinione ormai consolidata: Corte cost. n. 372/1994; SU.
n. 576, 581, 582, 584/2008)"."Dopo che le sentenze n. 8827 e n. 8828/2003 hanno fissato il
principio, condiviso da queste Sezioni unite, secondo cui, in virtù di una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., unica norma disciplinante il risarcimento del danno non patrimoniale, la
tutela risarcitoria di questo danno è data, oltre che nei casi determinati dalla legge, solo nel caso di lesione di specifici diritti inviolabili della persona, e cioè in presenza di una ingiustizia costituzionalmente qualificata, di danno esistenziale come autonoma categoria di danno non è più dato discorrere". Lo spirito delle pronunce gemelle del 2008 (numeri 26972 e 26975), però, non è quello di escludere del tutto la risarcibilità del danno esistenziale, inteso quale compromissione del complesso delle relazioni interpersonali dell'individuo, del suo modo di essere, delle sue abitudini e
della sua qualità di vita, né quello di escludere la risarcibilità del danno morale, inteso come turbamento dello stato d'animo, lesione della dignità, sofferenza (fisica e psichica) collegata all'evento che ha prodotto il danno ed alle sue conseguenze. Tali pregiudizi della persona fanno
certamente parte del danno non patrimoniale e come tali devono, pertanto, essere risarciti, se si
tiene conto della necessaria integralità del risarcimento alla persona.
La Cassazione, attraverso le sentenze richiamate, ha inteso piuttosto escludere valenza dogmatica
alle varie categorie del danno non patrimoniale (biologico, morale, esistenziale), affermando,
correttamente, che il danno non patrimoniale è unico e deve comprendere ogni forma di risarcimento, senza che vi sia spazio per categorie di matrice giurisprudenziale o dottrinaria. Delle
varie componenti del danno, sotto il profilo del dolore, del mutamento delle abitudini di vita, delle
lesioni psico-fisiche, ... il giudice deve oggi tener conto non per distinguere il danno, ma per
procedere alla corretta quantificazione del danno non patrimoniale, unitariamente inteso. L'opera
unificatrice della Cassazione risponde all'esigenza di semplificazione e chiarificazione e serve a
scongiurare la proliferazione di voci e sottovoci di danno, potenzialmente infinite ed in continua
evoluzione, con gli evidenti risvolti negativi sulla certezza del diritto.
Deve pertanto riconoscersi agli attori anche il risarcimento del danno non patrimoniale ovvero da ed.
vacanza rovinata e, per la quantificazione del danno subito, deve farsi esclusivo riferimento alle
varie componenti del danno, sotto il profilo del dolore, del mutamento delle abitudini di vita, delle
lesioni psico-fisiche, ... il giudice deve oggi tener conto non per distinguere il danno, ma per
procedere alla corretta quantificazione del danno non patrimoniale, unitariamente inteso. L'opera
unificatrice della Cassazione risponde all'esigenza di semplificazione e chiarificazione e serve a
scongiurare la proliferazione di voci e sottovoci di danno, potenzialmente infinite ed in continua
evoluzione, con gli evidenti risvolti negativi sulla certezza del diritto.
Deve pertanto riconoscersi agli attori anche il risarcimento del danno non patrimoniale ovvero da ed.
vacanza rovinata e, per la quantificazione del danno subito, deve farsi esclusivo riferimento alle
circostanze obiettive del rapporto contrattuale per la sua liquidazione in via equitativa, ossia, per ciò che attiene ai pacchetti turistici, alla durata del viaggio, al corrispettivo pattuito, alla durata del
disservizio, alla qualità e quantità del disservizio lamentato. Va tenuto conto, ad es. della durata del soggiorno eventualmente non goduto e del prezzo complessivo del viaggio. Nella specie, inoltre, il
soggiorno non è stato usufruito in alcuna parte ed il costo del viaggio era di euro 2.245,00. Il disagio in oggetto appare di una certa entità, in considerazione del fatto che gli attori non hanno potuto usufruire del soggiorno e che hanno anzi subito disagi forieri di stress qualificato. Pertanto, il
danno da vacanza rovinata deve essere liquidato, equitativamente, nella somma complessiva di
euro 1.000,00, ai valori attuali, il tutto in aggiunta al già liquidato danno patrimoniale.
Sulla somma complessiva sono, altresì, dovuti i ed. interessi compensativi, dalla data della prima messa in mora (agosto 2007) alla data della presente sentenza, in quanto deve essere remunerato
il creditore per il mancato godimento della somma suddetta. Trattandosi in definitiva di una voce di
danno, secondo le Sezioni Unite del 17/2/1995 n. 1712, la relativa prova può essere offerta dalla parte e riconosciuta dal giudice, mediante criteri presuntivi ed equitativi; il tasso di tali interessi non
necessariamente deve essere quello legale, ma "deve essere tale da rimpiazzare il mancato
godimento delle utilità che avrebbe potuto dare il bene perduto". In ogni caso gli interessi "non possono essere fatti decorrere dalla data dell'illecito ed essere calcolati sulla somma liquidata per il
capitale e definitivamente rivalutata", ma devono essere calcolati sugli importi parziali della "somma
capitale", rivalutata di anno in anno, fino alla data della sentenza. Ora, considerata l'epoca
dell'illecito, la qualità e la condizione personale del creditore e le caratteristiche della fattispecie concreta, appare congruo liquidare per tal voce di danno un interesse medio del 2 %, in via
equitativa.
In conclusione, la convenuta Ypsilon va condannata al risarcimento dei danni cagionati agli attori e,
quindi, al pagamento della somma complessiva di euro 3.451,54, ai valori attuali, oltre interessi al
tasso del 2,5%, calcolati, dall'agosto 2007 ad oggi, sul capitale originario devalutato e quindi
rivalutato annualmente secondo Indici Istat, ed interessi legali, dalla presente pronuncia al saldo,
per la mora.
Le spese, liquidate come in dispositivo, forfetariamente in difetto di notula, seguono la
soccombenza, nel rapporto attori/convenuta Ypsilon, nulla dovendo essere liquidato al Fallimento
convenuto, rimasto contumace.
P.Q.M.
P.Q.M.
Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando, in persona del giudice unico Dr.Giulia Iofrida,
sulla domanda promossa da M.A. e Ma.M., con atto di citazione notificato il 27/12/2007, nei confronti
del Fallimento Organizzazione Viaggi Columbus srl in liquidazione, in persona del Curatore p.t., e
della Ypsilon 86 Travel di E.P. & C. sas, in persona del legale rappresentante p.t., nella contumacia
del Fallimento, resistente, in riassunzione, cosi provvede:
I) dichiara improcedibile in sede ordinaria la domanda attrice risarcitoria nei confronti del Fallimento
Organizzazione Viaggi Columbus srl in liquidazione;
II) condanna la convenuta Ypsilon 86 Travel al risarcimento dei danni cagionati agli attori e, quindi,
al pagamento della somma complessiva di euro 3.451,54, ai valori attuali, oltre interessi al tasso del
2,5%, calcolati, dall'agosto 2007 ad oggi, sul capitale originario devalutato e quindi rivalutato
annualmente secondo Indici Istat, ed interessi legali, dalla presente pronuncia al saldo, per la mora;
III) condanna la convenuta Ypsilon 86 Travel al rimborso delle spese processuali in favore degli
attori, liquidate in complessivi euro 4.442,00, di cui euro 2.678,00, per onorari, euro 1.586,00, per
diritti, euro 178,00 per esborsi oltre rimborso forfetario spese generali, IVA e CAP come per legge.
Così deciso il 28/12/2011, in Roma.
Tribunale Roma sez. IX, 02 gennaio 2012, n. 24
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