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26 febbraio 2015
Settimana di deserto – BVA Bruzzano
“No alla guerra tra di noi”
(EG 98-101)
Non lasciamoci rubare l’ideale dell’amore fraterno! (EG 101)
È questo l’invito accorato con il quale il Papa conclude la sezione dell’EG denominata “No
alla guerra tra di noi”.
Questo invito nasce dalla constatazione che anche nella Chiesa, anche nelle singole
comunità, anche fra i cristiani, l’ideale dell’amore fraterno è fortemente disatteso.
All’interno del Popolo di Dio e nelle diverse comunità, quante guerre! Nel quartiere, nel
posto di lavoro, quante guerre per invidie e gelosie, anche tra cristiani! (EG 98)
In un mondo lacerato dalle guerre e dalla violenza, il Papa si stupisce che anche
all’interno della Chiesa, che anche fra cristiani, nascano delle guerre. E ne indica le cause:
invidie e gelosie, oltre ad un diffuso individualismo che divide gli esseri umani e li mette
uno contro l’altro.
Ma chi può rubarci l’ideale dell’amore fraterno? Chi è o chi sono questi ladri ai quali il
Papa fa riferimento? Io penso che ciascuno di noi li conosce bene.
Anzi, questa mattina – magari in alcuni di noi – sono già entrati in azione!
Un vecchio rabbino domandò una volta ai suoi allievi da che cosa si potesse riconoscere il
momento preciso in cui finiva la notte e cominciava il giorno.
"Forse da quando si può distinguere con facilità un cane da una pecora?".
"No", disse il rabbino.
"Quando si distingue un albero di datteri da un albero di fichi?".
"No", ripeté il rabbino.
"Ma quand'è, allora?", domandarono gli allievi.
Il rabbino rispose: "E' quando guardando il volto di una persona qualunque, tu riconosci
un fratello o una sorella. Fino a quel punto è ancora notte nel tuo cuore".
Questa mattina ci siamo alzati, gustando la bellezza della luce del giorno che piano piano
illumina le tenebre della notte. Ma nel nostro cuore è nato il giorno? Magari m sono
alzato pensando al mio capo ufficio che proprio non sopporto oppure a quel cliente che
incontrerò in mattinata oppure, sentendo gli odori della cucina del mio vicino, ho già
pensato non proprio bene di lui e così via.
Ecco i “ladri” che già al risveglio si presentano e mi mostrano le persone che incontrerò
nella giornata in un’ottica non proprio fraterna. Sono i pregiudizi, i rancori che si
trascinano, le invidie, le gelosie, le cattiverie, che se non placate all’inizio della giornata
mi portano già a predispormi in modo bellicoso verso alcune persone.
Iniziare la giornata, invece, con il proposito che oggi cercherò di valorizzare il fratello che
incrocerà la mia strada, anche quando non sarà all’altezza delle mie aspettative, o mi
costringerà a rivedere i miei piani o semplicemente sarà di intralcio, è un partire diverso.
La vita non è mai un caso; ogni uomo o donna che incontro è un’opportunità per aprirmi
al mistero e all’amore di Dio.
Poi siamo usciti di casa per raggiungere la chiesa.
Avremmo voluto nel tragitto custodire il silenzio per prepararci all’incontro con il Signore.
Ma i pensieri della giornata che ci attende ci hanno distolto e agitato un po’. E poi la
gente incrociata per strada. Si scorge nelle persone – dai più piccoli ai più grandi – un
nervosismo sempre più crescente, una irascibilità sempre più diffusa, un reagire con gesti
o parole pesanti anche per un non nulla. Perché questa cattiveria? Perché questi scatti
così fuori luogo per cose minime? Perché questa inquietudine nel cuore dell’uomo, anche
nei più piccoli? Perché siamo tutti così nervosi, pronti a scattare per un non nulla e
incapaci di perdonare, di portare pazienza? Perché se la macchina davanti a me quando il
semaforo diventa verde non parte subito, io inizio a suonare il clacson e a dire parole non
proprio fraterne all’autista? Perché se il mio compagno mi fa una battuta io me la prendo
e inveisco contro di lui? Me lo chiedo spesso. Constato che l’uomo di oggi è inquieto e
non in pace con se stesso. E se una persona non è in pace con sé stessa, come può
costruire fraternità? Certo, potreste obiettarmi che è tutto il contesto odierno che ci
impedisce di avere un cuore in pace, di avere una vita meno frenetica. Però è troppo
facile scaricare sempre su altro la colpa di ciò che facciamo!
Se noi cristiani pregassimo di più e vivessimo di più il Vangelo forse troveremmo quella
pace interiore e quella unità profonda che ci permetterebbero di essere uomini e donne
di riconciliazione, uomini e donne con un cuore come quello di Gesù!
Martin Buber, nel suo bellissimo libro intitolato Il cammino dell’uomo, così scrive:
Bisogna che l'uomo si renda conto innanzitutto lui stesso che le situazioni conflittuali che
l'oppongono agli altri sono solo conseguenze di situazioni conflittuali presenti nella sua
anima, e che quindi deve sforzarsi di superare il proprio conflitto interiore per potersi così
rivolgere ai suoi simili da uomo trasformato, pacificato, e allacciare con loro relazioni
nuove, trasformate. Cominciare da se stessi: ecco l'unica cosa che conta. In questo preciso
istante non mi devo occupare di altro al mondo che non sia questo inizio. "Cerca la pace
nel tuo luogo". Non si può cercare la pace in altro luogo che in se stessi finché qui non la si
è trovata. E' detto nel salmo: "Non c'è pace nelle mie ossa a causa del mio peccato".
Quando l'uomo ha trovato la pace in se stesso, può mettersi a cercarla nel mondo intero.
Ecco il ladro ancora in azione: è l’inquietudine, la non pace che – a volte – non è presente
nel nostro cuore.
Siamo così arrivati in chiesa.
Troviamo finalmente un po’ di silenzio e, soprattutto, Gesù che ci attende.
“No alla guerra tra di noi”. “Non fatevi rubare l’ideale della vita fraterna”.
Cosa la Sua parola di oggi potrà dirci riguardo a ciò?
Come suo solito, Gesù ci sorprende e ci fa trovare una parola forte, chiara, che illumina e
scalda il cuore. Ripercorriamola insieme.
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Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei,
non entrerete nel regno dei cieli.
Gli scribi hanno interpretato la Legge in modo minimalistico. Essa ha sì come scopo quello
di amare il prossimo, ma punta al minimo: non uccidere, non rubare.
Gesù, invece, desidera riportare i discepoli allo spirito originario di Dio.
Ci invita ad andare “oltre” guardando al cuore di Dio, a come ama Dio, ad essere perfetti
come Lui è perfetto. Ecco la giustizia alla quale il discepolo deve tendere.
Quanto amore ha per noi Gesù!
Infatti ci invita a distogliere lo sguardo dal nostro cuore per fissarlo su quello del Padre.
E nascono gioia e stupore.
Gioia e stupore perché ogni volta che Gesù parla ci fa conoscere un pezzettino del suo
cuore e un pezzettino del volto di Dio. Quando Gesù dice queste parole pensa al Padre,
guarda al Padre. Ecco il segreto dell’amare di Gesù: la sua comunione con l’amore del
Padre, la conoscenza profonda che Gesù ha del Padre. Bellissimo!
E nelle parole di oggi emerge chiaramente il suo malcontento per ogni forma di male,
dall’uccidere all’insulto al non desiderio di riconciliazione. È bello tutto ciò: il nostro Dio
non sopporta la presenza del male perché è amore! Il nostro Dio, in Gesù, ci ha mostrato
che il male va affrontato con l’amore, con la logica del perdono e della misericordia. Che
bello un Dio così! Un Dio che dona vita, un Dio che non giudica nessuno, un Dio che
perdona sempre perché suo desiderio è vivere in comunione con l’uomo.
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Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà
sottoposto a giudizio. 22Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà
sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi
gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.
Ma non basta.
Gesù ci invita ad andare “dentro” guardando nel nostro cuore per eliminare ciò che ci
impedisce di amare: la cattiveria, i sentimenti offensivi, l’invidia, i pregiudizi, la gelosia. Se
non lo facciamo, siamo già sulla strada dell’omicidio!
Ecco il salto di qualità che Gesù ci chiede. Un cuore nuovo, capace di amare fin dai piccoli
particolari e dalle piccole cose, fin dalle parole con le quali ci rivolgiamo a chi vive accanto
a noi.
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Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha
qualche cosa contro di te, 24lascia lì il tuo dono davanti all’altare e và prima a
riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono.
Ma non basta ancora.
L’amore per il fratello deve essere un amore che non tollera nessun motivo, anche non
dipendente da noi, per il quale un fratello non sia in pace con noi. Il discepolo non può
vivere tranquillo sapendo che qualcuno non è in pace con lui. Non importa la ragione. Sta
di fatto che è separato da noi. Tollerare ciò è venire meno alla carità!
Mamma mia! Come è esigente Gesù!
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Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché
l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in
prigione. 26In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo
spicciolo!
Gesù conclude in modo ironico.
Lo fa con questo piccolo esempio con il quale pare dirci: se non hai abbastanza amore,
usa almeno il buon senso per vivere in pace con il tuo fratello. Almeno il buon senso
dovresti averlo!
Queste parole di Gesù ci spingono con energia verso l'esigenza di una grande "pulizia" in
fatto di amore reciproco. E poiché san Giovanni ha scritto: "Non ami Dio che non vedi se
non ami il fratello che vedi", questa esigenza della massima attenzione a tenere limpida
la memoria del cuore nei confronti del fratello, è – in definitiva – attenzione a Dio: una
risposta di amore all'infinito suo amarci per primo.
Queste parole di Gesù ci invitano a non scappare, come scribi e farisei, dalla fatica
dell’amare. Non dice infatti: se tu hai qualcosa contro qualcuno, riconciliati; ma se l'altro
ha qualcosa contro di te. Come a dire: fa' tu il primo passo, non aspettare che sia l'altro a
cercare la concordia. Sii tu, sempre, l'iniziativa del volere la pace ad ogni costo perché
solo così la tua preghiera sarà accetta a Dio.
Davanti all’uomo che si scopre da subito fragile e debole nell’amare, che si scopre
vulnerabile di fronte all’invidia e alla gelosia che spesso lo assalgono, Gesù lo invita a
fissare il cuore del Padre. Gesù dice all’uomo di non piangere sulle proprie miserie ma di
fissare lo sguardo sul Padre (come ha fatto Lui).
E dinanzi alla fatica dell’uomo, il Papa eleva una preghiera.
Chiediamo al Signore che ci faccia comprendere la legge dell’amore. Che buona cosa è
avere questa legge! Quanto ci fa bene amarci gli uni gli altri al di là di tutto! Sì, al di là di
tutto! (EG 101)
Allora la prima guerra da vincere è quella nel nostro cuore.
È quella della nostra conversione.
Per vincerla vi lascio un arma speciale e molto efficace (anche se antica): un paio di
ginocchiere! Esse ci ricordano che, per rendere più bello il nostro cuore, abbiamo bisogno
di stare di più in ginocchio davanti al Signore. E quando i nostri occhi sono fissi nel cuore
del Padre allora tutto diventa possibile, anche amare con lo stesso stile di Gesù e
guardare gli altri come li guarda Gesù.
Due piste per vivere oggi questa parola.
1. Oggi, nella nostra preghiera, chiediamoci: chi è per me l’altro?
2. Recitiamo questa preghiera di Madre Teresa di Calcutta e impegniamoci a farla
diventare vita quest’oggi.
Non permettere mai
che qualcuno venga a te e vada via
senza essere migliore e più contento.
Sii l’espressione della bontà di Dio.
Bontà sul tuo volto e nei tuoi occhi,
bontà nel tuo sorriso e nel tuo saluto.
Ai bambini, ai poveri
e a tutti coloro che soffrono
nella carne e nello spirito
offri sempre un sorriso gioioso.
Dà loro non solo le tue cure
ma anche il tuo cuore.