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Comune di Narni
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La città
La città di Narni
Narni è una città a "più strati": romano, medievale e rinascimentale. Una città viva che è "passata" nella storia
importante. I primi a credere in quello sperone di roccia sono stati gli Umbri: la chiamarono Nequinum. Arrivò poi
il momento dei Romani, che la conquistarono prima, e la fecero diventare un loro baluardo, poi. E le cambiarono
anche il nome: Narnia, dal fiume Nar che scorre nella sua valle. Il periodo di massimo splendore della città fu alla
fine del Basso Medioevo quando, sfruttando la lontananza del Papa che si era rifugiato ad Avignone, conquistò
potere su un vastissimo territorio che arrivava sino alla periferia dell'odierna Rieti. Grande potere e grande
ricchezza. Ecco allora i palazzi nobiliari, quelli pubblici, le chiese.
La decadenza si lega, contrariamente a quello che si può pensare, alla costruzione della Rocca, che non venne
decisa dai narnesi ma dal Papa che voleva tornare a Roma e desiderava una serie di fortezze utili per la propria
incolumità. Egidio Albornoz, cardinale, spagnolo, architetto costruirà un solenne manufatto che ancora oggi non è
appieno entrato nell'immaginario dei Narnesi.
L'energia a poco prezzo che si poteva trarre dal Nera fu la spinta per l'ultima trasformazione della città: fabbriche,
opifici, uffici in grande quantità, hanno cambiato il volto di Narni. I segni dell'industrializzazione sono oggi
importanti come quelli del suo grande passato.
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UN TEMPO FU
Narni fu l’antica Nequinum, importante centro degli Umbri sorta in posizione strategica sulle strette gole del Nera.
A partire dal 299 a. C. la città passò sotto Roma della quale fu, prima colonia, poi municipio con il nome di Narnia
dal fiume Nar che scorre nella sua valle.
PERCHE' VISITARLA
Arroccata su uno sperone di roccia, a dominio della piana bagnata dalle acque del fiume Nera, Narni conserva in
superficie e nel sottosuolo un ricchissimo patrimonio storico-artistico che ben mostra l’importanza della città in
epoca romana, medievale e rinascimentale.
La città è anche nota per aver dato i natali al condottiero Erasmo da Narni (1370-1443) detto il Gattamelata, reso
immortale da un monumento equestre eretto da Donatello di fronte alla basilica di Sant’Antonio a Padova.
DESCRIZIONE
La visita può partire da piazza Garibaldi anticamente detta del Lago poiché al di sotto della fontana ottagonale, che
sorge al centro della piazza, si apre una grande cisterna di epoca medievale.
Nella parte alta della piazza si apre il fianco della cattedrale di San Giovenale con il portale di epoca romanica.
Sorpassata la porta del Vescovo si accede in piazza Cavour ove affacciano l’ingresso porticato del duomo e il
palazzo Vescovile. Un suggestivo scorcio del campanile romanico in pietra calcarea con inserti di laterizio e bacino
ornato in maiolica di epoca rinascimentale, si ha dalla via del Campanile.
Via Garibaldi, “il passeggio della città”, porta all’antica “Platea Maior”, oggi piazza del Priori, dove l’istituzione
comunale ha costruito i suoi palazzi di rappresentanza: il palazzo del Podestà e il palazzo dei Priori.
Via Mazzini, proseguimento di via Garibaldi, è caratterizzata dalla presenza di residenze gentilizie di epoca
barocca come palazzo Mosca e palazzo Bocciarelli e dalla chiesa romanica di Santa Maria in Pensole, eretta nel
1175, il cui nome “in pensulis”, deriva dalla sua posizione su di un terrazzo.
Nel XIV secolo si insediarono a Narni gli ordini mendicanti che contribuirono ad un nuovo processo di sviluppo
urbano edificando le rispettive chiese (San Domenico, Sant’Agostino, San Francesco).
Il palazzo Eroli, a fianco della chiesa di San Francesco, oggi sede del museo della città, custodisce al suo interno
operarono di maestri del calibro di Benozzo Gozzoli, Agostino di Duccio, Domenico Ghirlandaio, il Vecchietta,
Piermatteo d’Amelia.
Dal centro è possibile ammirare la rocca Albornoziana, recentemente restaurata, innalzata nella seconda metà del
XIV secolo per volere del cardinale Albornoz sul monte di fronte alla città.
CURIOSITA'
A Narni, c’è una città sotto alla città, dove il tempo sembra essersi fermato. La visita alla Narni sotterranea
permetterà di tornare indietro nel tempo, quando i romani conservavano l’acqua in profonde cisterne o la facevano
correre all’interno di serpeggianti acquedotti, quando i longobardi combattevano contro i bizantini e costruivano
cappelle ipogee completamente affrescate, quando i benedettini realizzavano chiese romaniche sopra ad altre più
antiche o, infine, quando i domenicani rinchiudevano nelle segrete della Santa Inquisizione personaggi ai quali era
contestato il reato di eresia.
INFORMAZIONI E CONSIGLI UTILI
Poco prima di entrare in città si trova il parcheggio del Suffragio, per auto e mezzi pubblici collegato al centro
cittadino con una serie di ascensori.
Da piazza Garibaldi è possibile raggiungere la rocca Albornoziana a piedi dalla caratteristica via del Monte, oppure
con bus navetta o automobile seguendo la direzione per la Flaminia, verso Roma, quindi voltando a sinistra.
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STORIA
Narni fu un insediamento preromano con il nome di Nequinum, quindi nel 300 a.C. divenne al centro degli
interessi di Roma, che la fece assediare con il console Quinto Appuleio Pansa ottenendo tuttavia risultati infruttuosi
vista la sua impervia posizione. Ci volle oltre un anno per compiere l'impresa, avvenuta nel 299 a.C. grazie al
tradimento di due persone locali che permisero ai Romani l'ingresso tra le mura. Divenne così colonia romana col
nome latino di Narnia. Non si hanno molte notizie relative a quel periodo, si pensa però che la città potesse aver
avuto un ruolo di una certa importanza durante il corso della prima e della seconda Guerre Puniche. Lungo il fiume
Nera, nei pressi della frazione di Stifone, dove anticamente si trovava il porto della città romana, è stato infatti
recentemente individuato il sito archeologico di quello che appare come un cantiere navale romano. Dell'antica
navigabilità del fiume Nera si hanno peraltro notizie su Strabone e Tacito. Noto il passo in cui il console Gneo
Calpurnio Pisone, nel 19, decise di imbarcarsi a Narni con la moglie Plancina al fine di raggiungere Roma senza
destare sospetti. Divenne Municipium nel 90 a.C.
Non si conosce con certezza quando la città di Narnia cambiò il suo nome in Narni, ma probabilmente questo
avvenne gradualmente nel tempo a partire dal XIII secolo per poi divenire effettivo dopo la rivoluzione francese,
anche se fino alla fine del XIX secolo si trovavano ancora nelle lapidi e negli scritti ufficiali iscrizioni con l'antico
nome di Narnia.
Lo scrittore Walter Hooper ha anche trattato diverse volte nei suoi libri le origini del nome "Narnia" come si nota
ad esempio a pagina 306 del suo libro scritto a quattro mani con Roger Lancelyn Green C.S. Lewis: A Biography,
pubblicato nel 2002. Eccone un estratto che riporta per intero quanto detto dallo scrittore C.S. Lewis a Hooper:
"quando Walter Hooper chiese a C.S. Lewis dove aveva trovato la parola Narnia, Lewis gli mostrò il suo Atlante
Murray's Small Classical Atlas, ed. G.B. Grundy (1904), che aveva comprato quando stava leggendo i classici con
il suo istitutore Kirkpatrick presso Great Bookham [1914-1917]. A pagina 8 di questo atlante c'è una mappa
dell'Italia con le iscrizioni in lingua latina. Lewis aveva sottolineato il nome di una piccola città chiamata Narnia,
semplicemente perché amava il suono di questa parola. Narnia o "Narni" in Italiano, si trova in Umbria, a metà
strada tra Roma ed Assisi."
SIMBOLI
Una leggenda narnese vuole che, in epoca medievale, nel territorio tra Narni e Perugia ci fosse un Grifone, contro
il quale le due città, tra loro in guerra, si erano coalizzate per abbatterlo, una volta ucciso come trofeo Perugia si
tenne le ossa del Grifone (bianca) e Narni la pelle (rossa). Per questo il Grifone di Perugia è bianco e quello di
Narni è rosso.
STEMMA
Lo stemma della città di Narni, concesso con D.P.R. del 12 ottobre 1951, ha la seguente blasonatura:
«d'argento al grifo di rosso, linguato dello stesso.»
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BREVI CENNI STORICI
Città di antichissima origine, Narni m 240, ab. 20160, sorge su uno sperone a dominio della gola del Nera e della
conca ternana, in sito di difficile accesso per l'asperità dei versanti che ne condizionarono forma e sviluppo urbano.
In prossimità del confine tra Umbria e Lazio, fu nodo stradale di fondamentale importanza per il controllo della
viabilità tra Roma e l'Adriatico, legando per secoli a tale ruolo le sue fortune e subendo per questo assedi e
distruzioni. L'abitato ha forma allungata, costretta dalla morfologia del colle, e un impianto articolato che ne
denuncia le fasi formative: da quella umbra e romana del settore settentrionale (il terziere di S. Maria), regolare
nel reticolo viario innervato dall'asse urbano della Flaminia, a quella medievale (secoli XI-XIV) che
progressivamente ha occupato il monte con la formazione dei terzieri di Fraporta e di Mezule: sulla sommità,
separata dalla città, la Rocca albornoziana, simbolo del potere papale. Ricco di stratificazioni, il tessuto edilizio del
centro storico è l'esito dell'ampia ricostruzione seguita al sacco dei Lanzichenecchi (1527), che mostra, nella
diffusa qualità urbana, il tono un po dimesso delle città pontificie sei-settecentesche ridimensionate a un ruolo
culturalmente e politicamente periferico. La città moderna (Narni Scalo) si e formata come nucleo distinto e
separato nel piano sottostante, dove hanno esercitato potere di attrazione il fiume e la ferrovia.
LA FORMAZIONE
L'abitato insiste sullo sperone occupato, nella parte settentrionale più dirupata, dall'umbra Nequinum, I' “oppi
dum” murato come informa Livio - che i Romani conquistarono gia nel 299 a.C. per la sua importanza strategica al
fine della penetrazione nella regione. Narnia, colonia di diritto latino, si sovrappone al precedente insediamento e
conferma il suo ruolo territoriale: tappa obbligata lungo la Flaminia, che forse ne costituita l'ossatura viaria urbana
dalla piazza Cavour alla piazza Galeotto Marzio, con la ristrutturazione viaria augustea diviene punto di partenza
del diverticolo orientale per Terni e Spoleto. La crescita successiva si giustappone a questo nucleo originario
(tuttora riconoscibile per il reticolo ortogonale) imperniandosi sulla Cattedrale, innalzata (secolo XII)
immediatamente fuori del perimetro murato antico che viene ampliato per includere il polo religioso. L'urbanistica
medievale disegna un impianto irregolare, che progressivamente occupa il colle avendo come cerniera l'odierna
piazza Garibaldi. Oltre l'arco del Vescovo (antico ingresso in città della Flaminia) si forma il terziere di Fraporta,
mentre la successiva espansione a sud da luogo al 'nuovo' terziere di Mezule.
LA CRESCITA
A partire dall'XI secolo, la città medievale (che si ribellerà nel 1112 a papa Pasquale II, nel 1167 a Federico
Barbarossa, e nel 1242 schiererà con Roma e Perugia contro l'impero) proietta la sua influenza territoriale su San
Gemini, Stroncone, Calvi, Otrlcoli e Castiglione (l'antico -Castellum Amerinum-) presso il Tevere (qui, entrava in
Umbria la Via Amerina). La fase di espansione politica ed economica si traduce in città nella costruzione degli
edifici pubblici (palazzo del Podestà) e delle architetture religiose che tuttora documentano la fioritura dell'arte
medievale narnese (la Cattedrale, S. Maria Impensole, S. Domenico). Gli investimenti nella riqualificazione urbana
(loggia dei Priori, S. Agostino; presenza di artisti quali Benozzo Gozzoli, il Vecchietta, Pier Matteo d'Amelia, lo
Spagna) non si interrompo no con la fine dell'autonomia imposta dalla Chiesa, che anche qui vi erige evidenza
possente del suo potere la Rocca (1367-78) sull'alto del colle.
LA DECADENZA
Su una città già colpita da un inarrestabile decesso (cui fa riscontro, nell'area, la progressiva crescita del ruolo di
Terni) che si abbattono, al principio del '500, le truppe dei Lanzichenecchi di ritorno dal sacco di Roma (Leandro
Alberti, qui in viaggio nel 1530, racconta di un abitato completamente devastato e decimato nella popolazione).
Questo evento assume, nella tradizione storiografica locale, un significato negativo quasi simbolico a evidenziare
una cesura irreparabile nella storia della città. L'abitato risorge ridimensionato e non conosce più significativi
aggiornamenti neppure formali. Tra Otto e Novecento ha inizio nella pianura sottostante la crescita industriale
attorno a Narru Scalo, che formerà un ampio agglomerato a nord del Nera.
Rocche e Castelli nel Medioevo
Disegno della Rocca Albornoz
In tempo di guerra, le vecchie cinte murarie della città costituivano un rifugio per le popolazioni dei dintorni. Ma
durante il periodo d'insicurezza che ha inizio con la dissoluzione dell'Impero carolingio, il bisogno di protezione,
rese necessaria ovunque la costruzione di nuovi ripari. In quell'epoca l'Europa occidentale si coprì di numerose
rocche, costruite dai principi feudali perché servissero da rifugio ai loro sudditi. Tali rocche, o borghi, sorgevano di
solito sopra un bastione di terra o di pietra circondato da un fossato; nel bastione si aprivano alcune porte. I
contadini dei dintorni venivano mobilitati per la costruzione e la conservazione della Rocca. All'interno aveva
residenza una guarnigione permanente di cavalieri. In un torrione elevato c'era l'abitazione del Signore del luogo;
una canonica provvedeva ai bisogni del culto; infine, entro le mura sorgevano magazzini e granai. In tal modo i
borghi laici, non diversamente dalle città ecclesiastiche, vivevano anch'essi soltanto dei frutti della terra ed erano
privi di qualsiasi attività economica autonoma. Borghi e città erano in stretta relazione con la civiltà rurale, e si può
ben dire, che lungi dal contrastarne le strutture, provvedevano a difenderla.
Henri Pirenne, Storia economica e sociale del medioevo
La Rocca
Rocca Albornoz
Quella di Narni è uno degli esempi ancora "in piedi" di quelle fortezze edificate o fatte ristrutturare dall'Albornoz
nel nostro territorio.
La Rocca di Narni, per i caratteri e per la posizione è la classica fortezza militare di controllo e dominio della città:
espressione genuina della politica di restaurazione papale operata così attivamente dall'Albornoz.
E' errato accostare la Rocca alla potenza della città: al contrario ne segna il declino di autonomia, libertà e forza del
libero comune, della «civitas». Con la Rocca non si volevano certo accrescer le opere di difesa comunali, essa è un
elemento di quel «sistema» di fortezze che il papato, dopo Avignone, pone a presidio dello Stato.
In quel tempo (1371) si ha anche la «riforma» degli Statuti Comunali: si accentua il potere centrale, dal podestà si
passa al Vicario.
I Narnesi ben compresero questi significati: la Rocca fu a lungo estranea alla loro vita, ignorata, spesso detestata.
Dobbiamo arrivare al 1539 perché le chiavi della Rocca siano in mano ad un Narnese, Girolamo Arca: anch'egli
funzionario del potere papalino. Il castello, a quota 322 s.l.m., domina la città e conclude a sud il sistema delle
fortificazioni. Massiccia nelle fattezze la Rocca venne edificata sul luogo ove prima era un monastero di clarisse e
prima ancora una torre.
Iniziano nel 1367 i lavori preparatori per la costruzione di una fortezza su Narni e sulla Via Flaminia. Nel 1371 si
può già insediare il primo castellano: Pietro di Novico. Tra gli architetti che lavorarono al progetto si fanno i nomi
di Ugolino di Montemarte e di Matteo Gattapone.
Nel 1378 sono ultimati i lavori: la fortezza è completa e imponente: sulla porta è l'unione di quattro stemmi,
probabilmente sono quelli dei papi Gregorio XI e Urbano V e dei cardinali Angelico Grimonard e Filippo
d'Alençon.
Nel 1405 si trova la prima citazione del Bastione (bastiglia, bastigia): una ulteriore fortificazione della quale oggi
rimane la base di una cisterna incorporata ma che aveva certamente anche una torre di avvistamento: la Rocca ebbe
bisogno di un elemento aggiuntivo di sicurezza. Bastione e Rocca erano in comunicazione attraverso una via
diretta sotterranea.
pur non essendo un castello di residenza ma più propriamente militare la Rocca ebbe ospiti Papi, Imperatori,
Cardinali, dignitari... Finì per essere carcere. La fortezza è un quadrilatero con quattro torri agli angoli, chiamate:
di San Bernardo (nord-est), San Filippo (sud-est), San Giacomo (sud-ovest) e (a nord-ovest) il "Mastio" più alto e
possente che risulta dall'unione di due torri.
Anticamente circondata da fossato e da doppia cinta di mura ha all'interno un bel cortile con una cisterna in
travertino e una cappella.
Assolta la sua funzione originaria la Rocca serve indubbiamente più tardi anche per difendere la città da noie
esterne. Nel 1484 Sisto IV ordina un nuovo intervento di fortificazione ultimato da Innocenzo VIII. Il castello
viene collegato con un avamposto costruito nel borgo delle Arvolte presso l'ospedale e costituito da 5 torrioni
rotondi. Questo elemento era collegato direttamente per via sotterranea con la Rocca la quale si dice fosse pure
unita, con lo stesso sistema, con la Piazza dei Priori.
Montoro
Il Castello di Montoro
E' forse il maggiore tra i castelli del territorio Narnese per consistenza urbanistica e per la complessità delle sue
vicende storiche.
Sorge sul crinale di un colle di arena gialla (color oro) e creta chiara: di qui il suo nome.
Il nome di Montoro compare per la prima volta nell'anno 857 quando viene elencato tra i possedimenti
dell'Abbazia di Farfa. L'ordinamento feudale vero e proprio può datarsi intorno ai secc. X-XI. Lo schema del
potere è quello ricorrente: emerge la famiglia più potente che stringe legami col potere centrale.
E' protagonista di vicende alterne, ma ruota quasi costantemente nell'orbita papale. Nel sec. XV vengono redatti gli
Statuti di Montoro che sintetizzano ed esprimono l'avanzata organizzazione del feudo, il suo autogoverno,
l'autonomia rispetto a Narni. E' proprio per difendere questa autonomia che la famiglia Montoro adottò una politica
di favore con la corte papale. Una bolla di Clemente VII (1528) ordina a Montoro la restituzione di alcuni beni alla
Chiesa tra cui gli Statuti del Castello: è un segno della decadenza.
Nell'800 Montoro diviene frazione del Comune di Narni: il marchese Giovanni Patrizi (membro di un ramo della
famiglia Montoro) rinuncia al feudo nel 1816. Per strane e poco conosciute vicende molti beni rimasero di
proprietà privata. Di fatto la marchesa Porzia si impadronì di tutte le piccole proprietà di Montoro. Suo nipote
arricchì il paese di una strada nel bosco intorno al paese e di un acquedotto ma il territorio, lo sviluppo,
l'edificazione, l'attività agricola furono in seguito sempre alle dipendenze della volontà privata.
La torre di avvistamento a pianta quadrata è collocata all'interno di un più vasto complesso residenziale nel quale è
difficile oggi leggere un preesistente impianto castellare. Sulla copertura, coronata da una merlatura guelfa, è stata
successivamente costruita una piccola torre campanaria sui cui archi sono stati poi aggiunti quattro orologi. E' di
dimensioni notevoli: almeno di altezza doppia rispetto al complesso edilizio circostante usato ancora come
residenza signorile.
La struttura architettonica piramidale dell'intero complesso, su tre piani (la torre, la residenza, il paese) offre una
visione fortemente caratterizzata da un punto di vista paesaggistico-ambientale.
Gli altri Castelli
NARNI E I CASTELLI
«Ogni castello o villa aveva per rettore o podestà un Narnese, scelto tra gli abitanti della città, che pagavano le
collette, ed era eletto dal consiglio con le stesse modalità con le quali si eleggevano i consiglieri speciali.
Una volta all'anno i castelli venivano a riconoscere formalmente la signoria del comune, vale a dire nella ricorrenza
di S. Giovenale; ed in tale occasione il comune spiegava tutto l'apparato della sua autorità. Alle pompe civili si
univano le religiose; ed i sindaci dei castelli e delle ville soggette venivano a presentare il tributo dei ceri, tali
tributi più tardi furono ceduti in dono all'opera di S. Giovenale (tribuna) intrapresa nel secolo successivo».
da:«Il Comune di Narni durante il sec. XIII - appunti e note storiche di Giuseppe Terrenzi
Borgaria
L'insediamento romano è documentato dai resti di abitazioni e impianti. In epoca medievale diviene un Castello
della diocesi di Narni.
Dell'impianto medievale del castello e delle sue appendici rimangono pochi elementi. La torre di avvistamento è
collocata in cima a un colle di fronte all'abitato. Originariamente a base poligonale rimangono oggi visibili pochi
ruderi.
Intorno all'abitato si scorge ancora la cinta muraria della quale restano pochi tratti insieme ad una torre a pianta
circolare in buona stato di consevazione.
San Vito
Intorno al XI sec. San Vito costituisce una «corte» cioè un raggruppamento di fondi rurali chiusi in un recinto.
La torre di avvistamento in discreto stato di conservazione è l'elemento architettonico che caratterizza e identifica
San Vito. A pianta quadrata domina l'abitato di cui occupa la parte centrale e più elevata. Ha gli spigoli rinforzati
con conci di pietra da taglio ben squadrati ed in ottime condizioni di conservazione.
Itieli
Immerso in un ambiente naturale e paesaggistico notevole questo piccolo borgo fu un tempo carico di prestigio.
«Castrum Ithiulorum», castello degli Itieli, come testimoniano i documenti del XIII e XIV sec., trae probabilmente
il nome dalla famiglia che ne ebbe il dominio nell'alto medioevo.
La sua posizione l'ha sempre collocato sulla linea di difesa di Narni e Terni e per questo più volte ne ha condiviso
le sorti durante assalti o invasioni.
Nel XII sec. anche Itieli, come molti altri castelli fece atto di sottomissione a Narni ma in seguito la sua
collocazione non fu costante: ora col Comune, ora col Papa. Di fatto però - come si legge dagli Statuti - gravita
sempre sotto il dominio di Narni. Anche se in gran parte degradato allo stato di rudere o manomesso da
trasformazioni successive si può ancora leggere l'originario impianto di difesa: cintamuraria, torri, fortificazioni,
che si può datare ai sec. XIII, XIV. La torre principale sorgeva al vertice dell'abitato.
Intorno correvano le mura, intervallate da torri quadrate o semicircolari. Rimangono alcuni tratti di cinta muraria
con merlature e piccole torri in parte diroccate. La porta d'ingresso si trova a valle difesa da una torre circolare.
Sant'Urbano
Sotto Itieli, questo piccolo centro, fu abitato già al tempo dei romani.
In epoca medievale era dominio della famiglia Castelli di Terni che nel 1038 lo donò per metà all'Abbazia di Farfa.
Anche Sant'Urbano, pur attraverso vicende a volte alterne, è sempre stato sotto la giurisdizione di Narni.
Attualmente non è possibile scorgere tracce di mura, torri o impianto castellano.
Capitone
La sua posizione, tra Narni e Amelia, fu ragione di assalti e saccheggi.
Dominio per lungo tempo della omonima famiglia, nel medioevo è comunque soggetto a Narni.
Notevole era di certo il suo impianto di difesa.
Della primitiva cinta muraria rimane oggi la porta d'ingresso a doppio arco ricavata in una torre a base
quadrangolare. Poco fuori il centro storico si trova una modesta torre di avvistamento.
San Liberato
Il piccolo centro è posto al limite del comune di Narni verso il Lazio. Se ne parla a proposito di un episodio della
guerra tra Martino V (1417-1431) e suo nipote Antonio Colonna che aveva il suo dominio ad Orte.
Emerge ben visibile la torre di avvistamento a base quadrata completamente inserita all'interno dell'abitato.
Taizzano
Il borgo è al termine della valle del Nera.
Non è più visibile alcuna tarccia del castello o della cinta muraria. Nel 1229 Taizzano offre un cero per la festa di
San Giovenale: è il segno della soggezione alla città della quale si trovano tracce ancora intorno al 1600.
Vigne
Piccolo centro in una zona già abitata al tempo dei Romani.
Attualmente di fattezze piuttosto moderne non appare segno di castello o cinta muraria.
Gualdo
Insediamento di origine romana. Il nome deriva probabilmente da «vallum» (riparo, difesa) da cui se ne potrebbe
dedurre la funzione nel periodo di assedio di Narni da parte dei Romani.
Non rimane oggi traccia del castello né delle mura.
Schifanoia
Il castello fu sempre sottoposto a Narni e la sua costruzione può essere datata intorno al sec. XIII.
Davvero pochi i frammenti dell'antico impianto: elementi della cinta muraria, ruderi delle torri minori e l'entrata
che porta alla Chiesa parrocchiale.
Itinerario dei Ponti
All'altezza di Narni la Via Flaminia divideva il suo tracciato, quello occidentale per Carsulae e Bevagna, ritenuto il
più antico, e quello orientale per Spoleto. Lungo il percorso occidentale è possibile ammirare siti di notevole
interesse storico e archeologico. Tra questi emergono con particolare rilevanza i ponti che, come testimoniano le
fonti antiche, furono tutti restaurati da Augusto, quando nel 27 a.C. il Senato gli conferì il potere imperiale.
L'itinerario qui consigliato propone la visita a quattro ponti che si trovano lungo il percorso che conduceva a
Carsulae e testimoniano l'importanza che la Via Flaminia ricopriva a Narni.
Il Ponte di Augusto
Il Ponte di Augusto
Posto poco prima dell'ingresso del fiume Nera nelle strette gole tra lo sperone su cui sorge la città di Narni e il
Monte Santa Croce, è un'importante testimonianza dell'età aurea romana. Il ponte fu costruito nel 27 a.C. in
relazione agli interventi di risistemazione e potenziamento della via Flaminia intrapresi dall'imperatore Augusto.
Un grave terremoto nell'847 danneggiò il ponte e, successivamente una grande alluvione, nel 1053, ne provocò la
caduta, da quel momento nelle fonti è ricordato come ruptum o dirutus. Del ponte, che doveva essere a tre o quattro
arcate, si possono ammirare la prima arcata, forse la più grande, e i ruderi di due pilastri. Il ponte aveva una
lunghezza di 160 m, mentre l'altezza dell'arcata rimasta in piedi è di 30 m.
Il rapporto tra le due dimensioni evidenzia immediatamente un forte sviluppo verticale che genera l'effetto di
grande imponenza che ancora oggi caratterizza le rovine. Il ponte è costruito con grandi blocchi di travertino
squadrati e bugnati posti di testa e di taglio secondo le tecniche edilizie romane.
Ponte Caldaro
Ponte Caldaro
La sua storia si conosce poco, anzi per niente.
La sorpresa di trovare un vero ponte romano, con tutte le “decorazioni” del caso, è, allora, ancora più grande: Ponte
Caldaro, a nord di Narni Scalo, era uno dei tanti ponti che i romani avevano costruito nel territorio comunale per
sviluppare la Via Flaminia, che dall’Urbe doveva arrivare sino al Mare Adriatico. Eppure deve scavalcare un fosso
insignificante, verso Carsulae.
E la “lunghezza è di 74.32 metri, la larghezza 7.90, la luce centrale di 9 metri mentre quelle laterali di 5.50 mentre
quelle degli archi piccoli alle estremità di 3.50 metri” così come viene descritto nella Guida Archeologica Laterza.
Un ponte che si allineava con quello più grande di “Augusto”. Ma Ponte Caldaro era ben fatto se era durato per
duemila anni. Quando della Flaminia si era persa ogni traccia aveva continuato a mantenere collegamenti, a vivere.
Ponte Caldaro così come progettato dagli ingegneri romani era stato “inglobato” nella strada dell’Asse, di quel
nastro di asfalto che collegava le due grandi capitali, Roma e Berlino. Cui fu un rimaneggiamento, ogni aspetto
antico si perse. E non c’era nessuno che aveva voglia di affacciarsi a vedere un capolavoro, un tesoro. Poi la
guerra, la ritirata dei tedeschi, le mine sotto le arcate: ponte Caldaro saltò in aria: una arcata venne perduta per
sempre. Sembrava così quando solo qualche anno fa dopo alcuni scavi sono venute alla luce le pietre saltate in aria
dopo lo scoppio della mina. Accantonate, aspettano ora di essere rimesse al loro posto. Intanto, Ponte Caldaro
continua ad essere trascurato. E bellissimo.
Ponte Calamone
Ponte Calamone
L’antica Via Flaminia attraversava il Fosso Calamone, dopo circa 2,5 km. di rettilineo dal Ponte d'Augusto su un
piccolo ponte a due fornici, dei quali ne resta uno soltanto, insieme al pilone centrale e alla maggior parte della
muratura agli argini, a testimoniare la raffinata manodopera in opera quadrata con ortostati e cunei bugnati,
caratteristici quest’ultimi degli archi dei ponti lungo la Flaminia. Il ponte, di età molto probabilmente augustea,
vista la presenza di un piccolo arco di piena centrale, fu restaurato in mattoni dopo i danni subiti nella II guerra
mondiale.
Il Lago del Recentino
Il Lago del Recentino
E' un piccolo lago artificiale, conosciuto come Lago di Narni o Lago di Recentino, che è stato ottenuto mediante
uno sbarramento sul Torrente l'Aia ai fini della produzione di energia elettrica. Il lago, alimentato artificialmente
anche dalle acque provenienti dal Fiume Nera, è situato in una zona pianeggiante caratterizzata da spazi agricoli e
piccoli boschetti sparsi su suoli alluvionali, circondati da sedimenti di natura villafranchiana (sabbie, argille
giallastre e ghiaie), che a sud della diga vengono a contatto con un modesto rilievo caratterizzato da un
affioramento di calcare massiccio, appartenente al complesso orogenico della catena amerina. Di modeste
dimensioni, il bacino ospita una ricca e numerosa avifauna acquatica, che vi sverna in quantità davvero
stupefacenti.
Migliaia di Folaghe ed anatre di varie specie si raccolgono nelle sue acque ricche di cibo, centinaia di Cormorani e
alcune migliaia di Gabbiani comuni insieme ai Gabbiani reali, le Gavine, gli Svassi maggiori, i Tuffetti vi svernano
regolarmente. E’ veramente un grande spettacolo naturale quello che si pone agli occhi di un osservatore nel tardo
pomeriggio invernale, quando migliaia di uccelli giungono qua per la sosta notturna. Allora si rincorrono voli ai
voli, in un turbinio di ali, voci e richiami, tanto da ricordare le grandi aree naturali di esotica memoria: tutto in
appena circa 80 ettari di superficie. Sul lago sono stati osservati Smergi minori, Fistioni turchi, Volpoche, Svassi
piccoli e alcune decine di Oche selvatiche. Vi nidifica abbondantemente lo Svasso maggiore, la Folaga, il Germano
reale, il Tarabusino, il Porciglione, la Gallinella d’acqua. Occasionalmente ha nidificato il Corriere piccolo lungo il
torrente Aia. Recentemente ha ospitato una coppia di Cigni reali, che ha tentato la nidificazione, purtroppo senza
successo.
Le Gole del Nera
Scorcio delle Gole del Nera
Autentica appendice della Valnerina propriamente detta, anche dal punto di vista vegetazionale, questa porzione di
territorio che congiunge idealmente i due bacini sopra menzionati si presenta interessante da un punto di vista
paesaggistico (suggestivo il percorso stradale della statale Ortana di fondovalle), naturalistico e storico. Alla
estremità meridionale delle Gole ci sono resti di un vecchio porto romano che testimoniano l'antica navigabilità dei
Tevere e dei Nera. Grotte un tempo abitate da eremiti e l'eremo di S.Cassiano verso Narni completano l'atmosfera
storico-medievale che pervade l'intera valle.
Ci permettiamo di evidenziare alcuni risvolti, ancora poco noti, che rendono interessanti le Gole dal punto di vista
ornitologico: le aspre pareti rocciose ospitano una vitale popolazione di Passero solitario, residente anche sulle
torri narnesi, ed offrono rifugio ad alcune specie di rapaci notturni e diurni. I boschi di Leccio e Ornello, in molti
punti veramente folto quasi impenetrabili, danno ospitalità ad un lungo elenco di specie migratrici.: dai
Colombacci, che a volte vi si fermano a nidificare, ai Tordi, ai Merli, alle Ghiandaie, e alla moltitudine di altri
Passeriforrni che nei periodi autunnale e primaverile sorvolano la nostra penisola nei loro lunghi voli migratori.
La Sorgente di Feronia
La Sorgente Feronia
É antichissima e risale ai tempi preromani. Essa è situata poco discosta dalla Rocca, sullo stesso monte che sovrasta Narni. Era 'dedicata alla dea Feronia, una delle divinità più antiche della stirpe Umbro-Sabina, venerata
prima della egemonia romana, tra gli Umbri, i Sabini, i Volsci e gli Etruschi. La dea o ninfa personificava l'eterna
primavera ed era a Narni circondata di culto speciale come a Terracina, e Ferentino, Preneste, Amiterno, Pesaro,
Viterbo ecc. La fonte sacra degli antichi Nequinati era un tempo circondata da un bosco di elci ombrosi, e annesso
vi era un tempio e una statua della dea Feronia.
Cotogni nei suoi manoscritti a pago 15 dice: « Fra li altri tempii che esistevano in Narni, dalla superstizione dei
gentili applicati alle false deità, eravi quello del luco e fonte di Feronia in oggi con nome alterato detto quel sito
Ferogna. Ivi probabilmente, come in altri luoghi, eravi il tempio e la statua della dea Ferocia…. essendovi anche
presentemente un marmo in quel fonte in cui è scolpita una grande fiamma, forse l'insegna di quella antica vanità,..
E aggiunge: «La verità si è che quella fonte avendo transito per miniere stimate è di un'acqua molto salubre e
grandemente tenuta in pregio si quanto alla sua rara limpidezza, che la prerogativa che ha di facile digestione". I
primi cristiani di Narni dovettero certo abbattere il tempio e distruggere il sacro bosco, perché questo d'allora in poi
si chiamò macchia morta, cioè non esistente, come rilevasi da un documento di donazione fatta al Monastero di
Farfa, da Berardo figlio del q. Rolando, nobil'uomo del contado narnese e da Maria sua consorte, riportato dall'
illustre storico G. Eroli.
Idest omnia quae ego habeo infra comitatum narniensem, intus civitatem, vel de foris excepto petiam unam terrae
ubi dicitur macc1a mortua, quae vocatur Ferone etc. (Reg. farf della Vaticana Cardo M. C. LXVIII letto C).
Le altre fonti
Fonte del Fico
Questa sorgente si trova dopo quella di Santa Rosa a circa 2 Km scendendo in direzione del fiume Nera a sinistra
verso la riva. Esce direttamente dal terreno a livello dell'acqua del fiume Nera. Quest' acqua è leggera e fresca e
sembra che abbia proprietà lassative e diuretiche.
Fonte di Santa Rosa
Questa fonte si trova lungo la gola del Nera sulla riva destra del fiume, nello spazio compreso tra le due gallerie
della ferrovia. Si va nel centro abitato di Narni Scalo in direzione Madonna del Ponte e si attraversa la ferrovia a
destra lungo la strada bianca, camminando per circa due chilometri sempre sulla destra si trova la fonte. La
sorgente è incanalata con tubo in poliestere che attraversa la ferrovia soprastante, sfocia in una fontanella in
cemento. L'acqua di S. Rosa è leggera e fresca.
Fonte del Lecinetto
La sorgente del Lecinetto si trova in una grotta sulla riva destra del Nera a due chilometri dal Ponte d'Augusto,
presso il piccolo villaggio dell' ENEL nei pressi della centrale idroelettrica del Recentino. Il suo nome dovrebbe
essere originato da un leccio, detto nel linguaggio popolare lecino, piantato nella zona. L'acqua di questa sorgente è
efficace per diverse depurazioni interne; il suo sapore è amarognolo e insieme leggermente acidetto. Agli inizi del
1900 in questa zona fu impiantato un piccolo stabilimento di bagni, che sfruttava la sorgente dell'acqua, detta della
carestia e fu anche impiantato uno stabilimento per l'imbottigliamento dell'acqua. Fino al 1943, anche se limitata la
diffusione dell'acqua aveva varcato anche i confini d'Italia. Al Mons. Gino Cotini, (che scrisse dei libri sulla città di
Narni), un suo amico gli riferì, che trovandosi a Innsbruck, in un ristorante, l'anziano proprietario, parlando
dell'Umbria, gli nominava Narni, perché prima della guerra del 1940-1945, faceva uso dell'acqua del Lecinetto.
Purtroppo la guerra con i suoi bombardamenti, ha distrutto l'impianto e il terrapieno fatto con lo svuotamento della
galleria del Recentino e la costruzione di alcune case hanno tolto la sua caratteristica di luogo di riposo e di
distensione, facendo scomparire il laghetto, che era una piscina naturale e i corsi dell'acqua della carestia, una
sorgente che scaturiva da sotto la ferrovia.
Fonte di Stifone
Passando per la via Ortana, si arriva ad un paesino caratteristico, Stifone, che si potrebbe chiamare paese delle
Sorgenti; qui infatti se ne contano molte, alcune delle quali sono torrenti sotterranee che sfociano sotto il livello
attuale del fiume. Proprio dentro l'abitato, scendendo verso i vecchi lavatoi, vi sono due sorgenti una che esce dalla
roccia e l'altra vorticosa che passa vicino alle vasche. Queste acque, oltre che per gli usi civili, sono state usate, in
passato, per azionare grossi mulini ed antiche ferriere che lavoravano il minerale cavato sul Monte Santa Croce.
Sempre sulla stessa via del Paese, andando verso valle, si può notare un vascone, profondo d'acqua limpida con
accentuati riflessi azzurri che salgono dal fondo da dove esce a pressione un torrente d'acqua proveniente, secondo
la tradizione popolare, dalle montagne di San Pancrazio. Volgendo lo sguardo in alto, verso il Monte Santa Croce,
al di là del Fiume, difficile da notare, c'è l'antico Eremo detto di Santa Betta o Monastero di San Giovanni, con
ancora resti di edifici e cisterne. Dal lato storico è importante perché si tratta del porto di Narni sul Nera, da cui
partivano le derrate e il legname per Roma, ciò si è verificato dall'epoca romana al 1700. Scendendo lungo la riva
del fiume ancora si trova qualche resto importante, che ci può far ricostruire il posto di attracco delle barche. Gli
edifici che formano la borgata sono di diverse epoche dal 300 al 600 con belle finestre e portali. Interessante è il
monte Frumentario con la data relativa. Uno dei centri di attrazione è la chiesa parrocchiale, dove ci sono due tele
del 1600 e il Fonte Battesimale. Oggi una grande diga per alimentare la centrale idroelettrica, già della Valdarno,
ha sommerso molte cose importanti, tra cui le due centrali elettriche tra le prime costruite nella zona, una delle
quali di proprietà del comune di Narni, che ha fornito l'energia di illuminazione alla città. L'innalzamento del
livello del fiume ha quasi sommerso le sorgenti di acqua, risparmiandone una, che si può ammirare e presso la
quale ci si può ristorare; è acqua leggera e abbondante.
Fonte della Madonna del Lecino
Questa sorgente si trova in località San Pellegrino. Bisogna percorrere la SS Amerina in direzione Amelia,
all'altezza della cava nelle vicinanze della vecchia strada sulla sinistra si trova detta fonte. La sorgente proviene da
un tubo in metallo che inizia dal pozzetto sovrastante dove è raccolta l'acqua sino alla fontanella più in basso che è
di cemento. Quest'acqua è leggera e fresca.
Fonte di Collenibbio
Fonte della Capra
Itinerario Benedettino
L'Itinerario Benedettino è costituito da antiche chiese ed abbazie situate nei dintorni di Narni, si può partire da
Schifanoia, proseguire per Visciano, Taizzano e giungere finalmente all’Abbazia di San Cassiano, uno dei
monumenti più significativi del monachesimo benedettino della Bassa Umbria. L’attuale chiesa di San Michele
Arcangelo sorge al posto di un’altra più antica, accanto ad un piccolo monastero e presenta caratteri di grande
vetustà nell’insolita pianta e nella disposizione dei singoli elementi architettonici; essa ha origine, secondo la
tradizione locale, da un antico culto di S. Michele Arcangelo che qui avrebbe sostato. Il fabbricato è piuttosto
lungo e costituito da due corpi che si incontrano in un punto centrale formando un angolo ottuso .La facciata è
provvista di un grande portale ad arco a tutto sesto a ghiera eccentrica con in alto una finestra tonda alla maniera
dei rosoni delle chiese medievali.
L’ambiente interno è in salita e ha forma di trapezio irregolare, con le pareti divaricanti e asimmetriche fino al
grande arco che separa la costruzione, costituita da tre ambienti: l’aula abbaziale, il corridoio di collegamento e la
chiesa propriamente detta. Tutti questi ambienti sono dipinti con affreschi; quelli dell’aula abbaziale, databili tra il
XIII e il XV secolo, raffigurano l’ascensione al cielo di Gesù.
Non lontano da Schifanoia sorge l’antica S. Maria di Visciano, poi Santa Pudenziana, è una chiesa facente parte
di un antico monastero situata nella campagna narnese attraversata dalla Via Tiberina. Colpisce l’alto campanile
ricavato dai resti di una torre medievale, la facciata ha in alto una finestrina con arco a pietra bianca e nera e a
destra un bassorilievo romano; un piccolo portico quadrato costituito da quattro pilastri di mattoni , alternati con
quattro colonne romaniche e sormontati da un tetto in cotto completa l’esterno. L’interno è a tre navate divise da
colonne e pilastri che sostengono arcate a tutto sesto e presbiterio sopraelevato con ciborio sovrastante l’altare
costituito da quattro colonne che sostengono un baldacchino tutto di pietra. Affreschi del XIII e del XV secolo
decorano le pareti e i pilastri.
Sempre percorrendo la Via Tiberina è possibile raggiungere l’antica Abbazia di sant'Angelo in Massa di Taizzano,
ceduta ai benedettini nel 996 e divenuta poi titolo di abbati commendatari.
Alla chiesa si accede attraverso un portico rinascimentale costituito da sei pilastri in pietra, che sorreggono archi a
tutto sesto, la torre campanaria è una costruzione medievale con una merlatura posticcia. L’interno della chiesa è a
tre navate con colonne di pietra che sostengono archi a tutto sesto, l’altare è di marmo del tardo rinascimento,
voluto dal vescovo Cesi che fece costruire in fondo alle navate laterali le cappelle con portali di marmo pregiato. In
quella di sinistra è conservata una tela del narnese Michelangelo Braidi del 1595 rappresentante la Natività.
Venendo da Taizzano verso Narni, giunti al ponte che attraversa il Nera, sulla sinistra è impossibile non notare
l’Abbazia di San Cassiano. Secondo alcuni studiosi è un po’ come la culla dell’ordine benedettino nella zona di
Narni e sembra che da essa abbiano avuto origine i diversi monasteri sparsi per il territorio e di cui abbiamo
ancora testimonianza.
L’abbazia fortificata e protetta da mura merlate, è costituita oltre che dalla chiesa sormontata dal campanile con la
cuspide a forma di piramide quadrangolare, da un complesso di fabbricati un tempo ad uso dei monaci ed oggi a
disposizione dei pellegrini che qui possono sostare e raccogliersi in preghiera.
I lavori di restauro hanno restituito la chiesa quasi alle sue linee originarie, si è infatti scoperto che era
inizialmente a croce greca con al centro le quattro arcate più ampie e con tre absidi, una delle quali è ora occupata
dal campanile. La facciata ha un bel portale con pilastri e archi concentrici, manca l’affresco della lunetta, ma è
stata ricostruita la trifora e tre aperture ovali in alto. All’interno le braccia della croce greca si aprono con arcate ad
ampio respiro a tutto sesto e poggiano su colonne marmore e ornate di basi e capitelli eleganti.
Itinerario Mariano
Il Percorso Mariano parte dal Centro Storico di Narni, precisamente dalla Chiesa di Santa Maria Impensole, così
chiamata perché costruita “in pensilis”. La costruzione o ricostruzione è del 1175 e poggia su un preesistente
tempio di Bacco. L’esterno si presenta con un piccolo portico ad arco ribassato, sostenuto da colonne frammentarie
e portali ornati da fregi floreali e viticci a cui si aggiungono figure di animali simbolo: l’agnello, il leone, l’aquila
e il pavone. Il portale centrale è sovrastato da un medaglione in cui è scolpita l’immagine di un santo, forse San
Benedetto. L’interno è a tre navate, divise da due file di colonne che sostengono l’arco ribassato caratteristico
dell’architettura narnese, la copertura è a capriate e la piccola abside è costruita a sbalzo, al centro è collocata una
statua dell’Assunta risalente al sec. XVII.
C’è un unico altare, in pietra, con mensa di notevoli dimensioni sostenuta da sei pilastrini. Tracce di affreschi del
XIV e XV sec. sono presenti alle pareti.Interessanti i sotterranei della Chiesa.U na tappa fondamentale di questo
itinerario è costituita dal Santuario della Madonna del Ponte che sorge nelle vicinanze del Ponte di Augusto ed è
stato costruito intorno ad una grotta, ricavata dai resti delle arcate che sostenevano la Via Flaminia.
Nella grotta fu ritrovata nel 1714 un'immagine della Madonna col Bambino che in breve divenne meta di
pellegrinaggi, tanto che si affidò all'architetto G.Battista Giovannini, detto il Battistini, il progetto per la
costruzione della Chiesa, che venne consacrata nel 1724.
Il nucleo centrale è costituito dalla Cappella che racchiude la grotta, ornata di statue e stucchi che rappresentano le
figure dei Santi che vincono sul demonio e su tutti domina la Madonna. Discrete le tele degli altari laterali dedicati
a San Giuseppe, quello a destra, e alla Beata Lucia da Narni, quello a sinistra.
Nella grotta, oltre all'immagine della Madonna col Bambino circondata da ex-voto, sono visibili altri affreschi che
risalgono al XIII secolo e sono probabilmente opera dei monaci dell'abbazia di San Cassiano. La festa della
Madonna del Ponte si celebra l'8 settembre con una Messa solenne officiata dal Vescovo ed una serie di
manifestazioni legate alla tradizione locale. Ancora intorno alla scoperta di un'immagine sacra è sorta una Chiesa
dedicata alla Madonna. Si tratta di Santa Maria della Quercia così chiamata perché è stata costruita nel 1614 a
seguito del ritrovamento di un bassorilievo di marmo, raffigurante la Madonna , inserito in un tronco di quercia.
L'edificio è vasto, ad una sola navata, davanti all'abside sorge il tabernacolo con il tronco di quercia nel quale è
inserito il bassorilievo in marmo bianco e databile intorno al 1400. L’altare è in muratura ornato di un paliotto di
legno che sostiene il tabernacolo, pure di legno, scolpito e dorato. Alle pareti si aprono quattro cappelle tre
contengono apprezzabili tele del XVII secolo e nella quarta, in una nicchia, è conservata una statuetta scolpita nel
legno raffigurante la Madonna col Bambino di particolare pregio. Nella chiesa sono presenti altre tele che meritano
di essere visionate.
Itinerario Francescano
Le fonti attestano la presenza di San Francesco nel territorio narnese intorno all’anno 1213, nel corso del viaggio
apostolico intrapreso dal Santo nell’Umbria Meridionale. Per seguirne le tracce si può partire dalla Chiesa di San
Francesco nel centro storico di Narni, edificata dopo il 1226 nel luogo dove il Santo aveva dimorato e raccolto una
piccola comunità di frati. La facciata si presenta con un ricco portale ad archi concentrici sormontato da una
nicchia, trasformata in epoca successiva, ma che conserva le due colonnine originali. L’interno della chiesa è a tre
navate, divise da pilastri cilindrici affrescati che sostengono arcate di ampio respiro. L’abside è poligonale con
volta a vela e sul fondo si apre un finestrone a trifora la cui vetrata è in corso di ricostruzione.
Sulle navate laterali si aprono cinque cappelle, la prima a destra è quella degli Eroli dalla tipica architettura gotica,
decorata con affreschi che si ispirano ai soggetti di Giotto di Assisi ed attribuiti al Mesastris. Numerosi gli affreschi
del ‘300, ‘400 e ‘500, sia sui pilastri che nelle cappelle. Di particolare interesse è la Sacrestia con le pareti e la
volta affrescate da Alessandro Torresani con scene che raffigurano l’Annunciazione, l’Adorazione dei Magi, le
Nozze di Cana e il Redentore. Proseguendo il suo viaggio San Francesco giunse nei pressi di S.Urbano ed è qui
che sorge uno dei santuari più autentici del francescanesimo, non solo perché fu lo stesso Santo a fondarlo, ma
anche per il misticismo, la poesia, la pace che questo luogo ispira. Per raggiungere “Lo Speco” di S. Francesco si
prende la strada per S. Urbano, la si percorre per circa 13 Km fino al bivio per “Lo Speco”, si prosegue poi per altri
3 Km. E’ possibile giungervi anche con il pullman.
Il complesso è costituito da un piccolo chiostro, fatto costruire da San Bernardino da Siena nel ‘400, su cui si
affacciano le finestrine del dormitorio nella parte centrale e l’ingresso del refettorio sulla destra; di lato si apre la
Cappella di S. Silvestro, con affreschi del ‘300 e da questa, passando per uno stretto corridoio, si giunge al pozzo,
citato nei Fioretti e da Tommaso da Celano, da cui fu attinta l’acqua che San Francesco malato trasformò in vino.
Una piccola chiesa costruita alla fine del 1500 è annessa al convento e vi si accede anche dall’esterno del chiostro.
Uscendo dalla parte dell’orto si sale verso la Cappella di San Francesco, una cella dove sono conservati i legni che
furono il giaciglio del Santo malato. Sulla sinistra una grande fenditura nella roccia è “Lo Speco” il luogo preferito
dal Santo per ritirarsi in preghiera, di fronte il grande castagno che, narra la tradizione, nacque dal bastone che S.
Francesco piantò in terra. Il convento è ora un eremo con orari e regole da rispettare, la S. Messa viene celebrata
alle ore 11.00 e alle ore 17.00 nei giorni festivi e alle ore 17.00 in quelli feriali. Le visite al chiostro e agli annessi
sono possibili dalle ore 8.00 alle ore 11.30, dalle ore 15.00 alle ore 15.45 e dalle ore 17.45 alle ore 19.00. Il
percorso francescano prosegue verso Stroncone, dove poco fuori le mura sorge il convento di San Francesco
fondato dal Santo nello stesso anno dello Speco di Narni, il 1213. Da Stroncone, percorrendo un sentiero che la
tradizione popolare vuole conservi i segni del passaggio di San Bernardino, si giunge alla “Croce di Ruschio”, da
dove si può ammirare la Valle Reatina e le alture che la circondano, dove sono situati quattro Santuari francescani
tra i più importanti: Greccio dove nel 1223 S. Francesco diede avvio alla tradizione del Presepe, La Foresta, Fonte
Colombo e Poggio Bustone.
Il Duomo
Il Duomo di Narni
L'ingresso principale della Cattedrale è quella di Piazza Cavour, anche se più imponente è quello laterale di Piazza
Garibaldi. La facciata, come si può vedere dal diverso genere della costruzione, ebbe una prima trasformazione
nella metà del sec. XIV. Infatti, quella primitiva era più bassa del complesso attuale ed evidenziava gli spioventi
delle navate laterali; probabilmente era senza portico. Aveva tre ingressi con l'architrave sotto ad un arco ribassato
(piattabanda) e i portali di marmo, del quali più semplici sono quelli laterali, mentre scolpito è quello centrale.
Nella trasformazione del sec. XIV, la facciata fu elevata e tutta la costruzione del tempio innalzata e prolungato. Il
finestrone (sec. XVII) è una trasformazione del rosone.
Il portico della Cattedrale è rinascimentale, opera del Maestri Lombardi (1497), a cura dell'Università del Muratori.
Il portico è costituito da tre archi ampi, sostenuti a loro volta da due colonne e da una mensola situata all'angolo del
Vescovado che sostituisce la terza colonna, tolta nel 1832 per rendere più agevole la comunicazione tra la Piazza
Cavour e la Piazza Garibaldi. In quella circostanza fu demolita una parte del pavimento del portico, che allora era
collegato da una scalinata con la piazza sottostante. Sopra gli archi, nella parte esterna (restaurata nel 1995/96),
corre una fascia con festoni, putti e stemmi; si riconoscono lo stemma del Capitolo, quello della Città e quello del
Vescovo di allora, Carlo Boccardo.
Dall'Università dei Muratori fu costruita, sul lato destro del portico, la propria Cappella, come testimonia
l'iscrizione che si legge lungo l'arco della stessa e come ci richiamano i diversi simboli scolpiti che si riferiscono
all'arte muraria. La Cappella è, da tempo, sede del Fonte battesimale, opera del Maestri Lombardi (1506).
Sull'architrave della porta destra della facciata principale è scolpita la data, anno 1111, anno in cui detto architrave
fu collocato.
Entrando nella Cattedrale, è opportuno portarsi al centro per dare uno sguardo d'insieme: sarà più facile
comprendere la portata del monumento e la ragione di certi elementi architettonici. L'interno del Duomo appare
semplicissimo: della costruzione originaria romanica osserviamo le tre navate scandite dal più regolare
allineamento di colonne, divise da due file di 8 colonne ciascuna, che sostengono, fino all'arco trionfale, gli archi
ribassati (caratteristica del comprensorio narnese, come è verificabile nella Chiesa di santa Maria in Pensole e nella
Chiesa di san Martino di Taizzano). Immediatamente sensibile è l'armonia delle dimensioni, che risalta- no fissate
come sicuro criterio proporzionale: la lunghezza (44 metri, compresi gli spessori del muri) è esattamente il doppio
della larghezza, non tenendo conto, ovviamente, della quarta navata. La volta di tutta la Chiesa risale al sec. XV.
L'arco trionfale è duplice: uno romanico che si apre sul transetto e il secondo gotico che si apre nell'abside. La
costruzione dell'abside attuale è avvenuta nella prima metà del secolo XIV ed ha sostituito l'abside romanica, più
piccola, i cui elementi di spoglio sono serviti - almeno così appare da una prima ricognizione - per rivestire la
facciata dell'Oratorio del santi Giovenale e Cassio. Nella stessa epoca fu creata anche la quarta navata aprendo gli
archi della parte destra: questa nuova strutturazione fu motivata dalla volontà di inglobare l'antico Oratorio -
Sepolcro del Santi Patroni. Esso era situato tra la Chiesa e la roccia, su cui poggiano le mura romane; al Sepolcro si
giungeva, come già accennato, attraverso un vicolo che dalla piazzetta antistante la Cattedrale portava al Sepolcro
stesso. Dopo la ricognizione (1642) delle reliquie di san Giovenale e la loro traslazione sotto l'altare maggiore, il
Capitolo e la Cittadinanza decretarono la costruzione del nuovo altare della Confessione, che fu completato solo
nei primi anni del 1700, contemporaneamente alle cappelle della crociera.
Ora ci soffermeremo sui singoli particolari, a partire dalla parte destra della Cattedrale, precisamente dalla quarta
navata.
Il Fonte battesimale è situato, come già affermato, nella Cappella dell'Università del Muratori. Il Fonte battesimale
fu fatto costruire dal Vescovo Gormaz. In esso troviamo scolpiti: lo stemma del Vescovo Gormaz, lo stemma del
Capitolo del Canonici, lo stemma di Narni, uno stemma gentilizio, san Giovenale; la cupola è sormontata dalla
statua di san Giovanni Battista.
Madonna con il Bambino nella nicchia della parete di fondo. L' affresco (restaurato nel 1988-90) risale al sec. XV
ed è opera del Maestro di Narni del 1409.
Dipinto di scuola romana (sec.XVII) raffigurante san Carlo Borromeo. L' altare era di patronato del Conti
Mancinelli che avevano ottenuto di avere il sepolcro di famiglia (1470) ai piedi dell'altare. Il tutto venne restaurato
nel 1726. Nel 1063, durante i lavori di restauro della Cattedrale, l'altare fu demolito.
Altare di san Rocco con relativa statua (sec. XVII). Le colonne e le cornici sono quattrocentesche; sono state
dipinte e modificate nel 1600. Secondo quanto è scritto sul piedistallo, la statua si conservava nella Cappella del
Muratori esistente sotto il portico e qui trasferita nel 1756. Per l'occasione fu manomesso il sepolcro del Vescovo
Carlo Boccardo; del sepolcro rimangono le decorazioni del fondo e la statua mutilata inserita nella parete di fianco.
L' antica Cappella del SS. Sacramento (parzialmente restaurata nel 1988) con arco trionfale scolpito, interessante
monumento dovuto all'arte del Maestri Lombardi (1490) (oppure nel 1499, opera di Francesco de Peregrinis di
Corno). Rappresenta un significativo passaggio circa la disciplina della custodia del SS. Sacramento e rappresenta
una importante testimonianza dell'arte rinascimentale. La Cappella è sostenuta da due pilastri scolpiti, con capitelli
che a loro volta sostengono una cornice di bassorilievi e festoni; il timpano sovrastante reca al centro il simbolo
dell'Eucaristia, sorretto da due angeli e, in basso, due medaglioni con immagini di Mosè e di David. Avanti alla
Cappella si eleva un secondo arco trionfale in pietra istoriata, solenne per il suo slancio e la sua imponenza; esso è
in corrispondenza rettilinea al portale laterale sinistro, che dà sulla Piazza Garibaldi. Nelle facce interne del pilastri
si notano dodici bassorilievi, raffiguranti simboli eucaristici e fregi decorativi di fine fattura. la volta dell'arco,
come la volta della Cappella, è decorata con riquadri di pietra con al centro scolpita una rosa. L'esterno dell'arco
della Cappella ripete il motivo dell'arco trionfale: pilastri, ornati di motivi floreali, timpano con l'immagine di Dio
Padre, medaglioni in alto con immagini di Elia e di Giona. L'interno della Cappella è costituito da due piccole
absidi ornate di panneggio, con la volta decorata di affreschi seicenteschi. Nella piccola abside centrale è posto il
tabernacolo, anch'esso di pietra scolpita secondo il disegno classico dell'epoca. Dai saggi fatti per un tentativo di
restauro si può osservare come la scultura fosse decorata ad oro su fondo dipinto con magnifico riflesso di turchese
che ci riporta alle terrecotte del Della Robbia. Un notevole tratto di pavimento alessandrino completa la nobiltà
della Cappella che, dal lato architettonico, può essere considerata il più bel monumento rinascimentale lombardo
che si trovi in Umbria.
Il sacello, legato alla memoria di san Giovenale, è senza dubbio il monumento più importante che precede e
sopravvisse ai secoli romanici. Nel suo interno si riconosce agevolmente la grotticella col sarcofago di arenaria,
non anteriore al secolo VIII, in cui fu composto il corpo di san Giovenale quando fu riportato a Narni, a riparazione
della rapina sacrilega del margravio Adalberto. E' quella grotticella che fu occultata alla fine del IX secolo e fu
scoperta il 16 aprile 1642, quando il vescovo Giampaolo Bocciarelli ritrovò le sacre spoglie. Tracce di lavori e di
apporti di epoche diverse sono evidenti: basti l'altare della seconda metà del secolo XVII coi sovrapposto paliotto,
databile alla metà del Quattrocento. Ma più di ogni altra cosa è notevole il pavimento: è formato di tronconi, si
direbbe, o almeno di relitti d'una pavimentazione precedente, di fattura nettamente cosmatesca; e i frammenti,
insignificanti in se stessi, sono composti o meglio accostati in modo così rozzo da stupire. In un luogo tanto
venerato e ornato, un pavimento così informe può dar luogo a una sola ipotesi: che quei frammenti, provenienti di
certo da una demolizione, siano stati considerati di grande valore, quasi come altrettante reliquie, in quanto parti
del sacello più antico, quale lo videro gli architetti che (forse del Seicento) diedero l'ultima sistemazione al
celebrato monumento. Uscendo dal sacello e guardando al di sopra di esso, e visibile il solenne mosaico col Cristo
benedicente, che si pensa sia stato danneggiato dall'alluvione del 1053 e, prima ancora, dal terremoto dell'847. E'
integrato da affreschi su tre strati. Anche la colonna ancora in situ è in parte coperta da due strati di affreschi, di cui
quello visibile è sicuramente del secolo XV (scuola del Maestro di Narni, 1409). Si è già detto come, accanto alla
parte superiore del mosaico, si veda ancora un tratto delle mura cittadine. E' facile riconoscere all'interno (a cui si
accede attraverso una attigua scaletta) tracce delle colonne di cui fu ornato, trasformandolo quasi in piccola
basilica, quando fu annesso al Duomo, come pure si possono notare le iscrizioni relative ad altri vescovi. La fronte
del sacello offre non pochi e non facilmente risolubili problemi di interpretazione: tutto induce a ritenere che
questa facciata sia frutto di ricomposizione tarda, databile a quello stesso periodo in cui si abbandonò l'arte
cosmatesca e cioè nel secolo XV. Le parti che la compongono molto probabilmente derivano dall'antica fronte,
quale era stata composta prima che il sacello fosse mutilato della parte anteriore per dare continuità alla quarta
navata. La lastra con l'epigrafe in onore di san Cassio e di Fausta, con la figura del due agnelli tendenti alla croce,
è una splendida lapide del secolo VI (30 giugno 558) con una bella iscrizione metrica che glorifica il santo e sua
moglie. Sembra che sia stata infissa in epoca assai tarda, forse durante i lavori seicenteschi. Certo è che per
infiggerla si dovette rompere e mutilare una lesena, quella che separava i due riquadri centrali. La facciata del
sacello è ornata dai riquadri soltanto nella parte centrale. Due statue del secolo XV (restaurate nel 1991) sono
sistemate sul fronte del sacello: nella nicchia di destra la statua della Pietà, in quella di sinistra la statua di san
Giovenale. Più in alto, un dipinto (sec. XVI) raffigurante San Cassio.
Proseguendo, ci fermiamo davanti alla Cappella, già del Crocifisso e ancor prima Cappella Eroli, e ora dedicata
alla Madonna del Ponte. Davanti all'immagine (trattasi di un dipinto che nel 1754 fu portato in processione dalla
Cattedrale al Santuario in occasione dell'incoronazione dell'immagine che era stata scoperta nel 1714),
riproduzione libera dell'originale esistente nel- l'omonimo Santuario situato presso il Ponte di Augusto; molte sono
le persone che si fermano per meditare e pregare.
Di fronte a questa Cappella, si può osservare una tavola a tempera del senese Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta;
la tempera (1470) raffigura San Giovenale. Sotto la tempera viene custodita un'asta che faceva parte del
"portanale" o "baldacchino" che riportava a Narni le reliquie del Santo trafugate nel IX secolo.
A destra segue la Cappella della Beata Lucia (già Cappella di santa Caterina di Alessandria), ampliata e
ristrutturata (1710) dal Cardinale narnese Giuseppe Sacripante come tomba per la sua nobile famiglia. La Cappella,
di bella architettura luminosa, ospita - sotto l'altare - le reliquie della beata Lucia, nobile narnese terziaria
domenicana (1476-1544). I dipinti sono del Trevisani (1656 - 1746):
la pala dell'altare ritrae l'estasi della Beata che riceve le stimmate; in alto la lunetta ritrae la Beata che accoglie il
Bambino tra le braccia;
• la tela sulla sinistra rappresenta il transito di san Giuseppe;
• la tela sulla destra rappresenta la Madonna, santa Caterina di Alessandria e Santi;
• affreschi dello stesso artista sono posti nelle vele e sotto la cupola: illustrano episodi della vita della Beata.
Prima di superare la vetrata dell'800, a sinistra si ammira un affresco (datato 24 aprile 1517) raffigurante la
Madonna con Bambino (da alcuni attribuita al Torresani); l'affresco, molto delicato nelle sue linee, è di ispirazione
raffaellesca. Ai lati dell'affresco, le immagini di Sant' Anselmo e di San Marco sembrano di mano diversa.
Nella nuova Cappella del SS. Sacramento del '700 (restaurata nel 1967) merita particolare attenzione l'affresco sulla sinistra - raffigurante la Pietà tra i santi Francesco e Sebastiano del secolo XV; l'affresco è attribuito al
folignate Pierantonio Mezzastris che fu molto attivo nella seconda metà del '400 a Narni e nelle altre città
dell'Umbria, lasciando molti lavori nella Chiesa di san Girolamo, come in san Domenico. Nel lato destro, è posta
una pala d'altare (sec. XVIII) di autore ignoto, raffigurante san Filippo Neri.
Passando nella navata centrale, possiamo ammirare un'opera particolarmente importante del nostro Rinascimento:
gli amboni. Essi sono trasformazione di altri preesistenti come fanno fede le tracce di cosmatesco esistenti nella
parte interna delle pietre e da resti di cornici. Sull'ambone di destra c'è incisa la data 1490. Gli amboni,
elegantissimi, sono opera di maestri toscani (secondo alcuni del maestri lombardi). La forma è singolare, raffinata è
la decorazione, specialmente nei bassorilievi che ornano i plutei: a destra san Giovanni Battista e i santi Pietro e
Paolo, a sinistra la Madonna con Bambino e i santi Giovenale e Cassio.
L'Altare e la Confessione furono costruiti tra il 1669 e la fine del 1714 su disegno dell'architetto fra Giuseppe
Paglia, religioso domenicano; egli ha voluto realizzare un'opera sullo stile delle basiliche romane, con ricchezza di
marmi e finezza di intarsi.
L'opera fu decisa in seguito alla ricognizione effettuata nel 1642 delle reliquie di san Giovenale, con decreto del
vescovo Giampaolo Bocciarelli, il quale in un primo tempo fece costruire l'altare della cripta. Nel 1659 il vescovo
Raimondo Castelli stimolò la comunità alla costruzione e invitò l'architetto Paglia il quale fece il progetto e iniziò i
lavori. Questi incontrarono ben presto difficoltà di ordine economico e fu per l'intervento del prelato narnese
Monsignor Giuseppe Sacripante (divenuto poi Cardinale nel 1690) che i lavori ripresero alacremente.
La cripta, settecentesca, è sistemata con un certo fasto e ricchezza di fantasia sotto il presbiterio. La data del 15
aprile 1642 rimanda al giorno in cui fu scoperta la tomba di san Giovenale, tenuta ben nascosta, come si è detto,
dopo il sacrilegio del margravio Adalberto. Davanti all'altare sono state raccolte le spoglie del Vescovi che erano
sepolti in Cattedrale: Picarelli, Avi, Terzago, Meloni, Borghi, Bocciarelli. Nella parte sottostante l'altare maggiore,
tra marmi pregiati, si apre una grande vetrata da cui si vede l'attuale sarcofago di san Giovenale. L'altare fu fatto
costruire dal Vescovo Bocciarelli dopo la ricognizione delle reliquie di san Giovenale.
L'abside, in architettura gotica, è caratterizzata dalle sette Cappelle nelle quali l'architetto ha voluto collegare la
singolarità dell'arco ribassato narnese con l'arco gotico. Le Cappelle, coperte dagli stalli del coro, conservano un
rilevante patrimonio di affreschi (restaurati tra il 1987 e il 1989): i critici sono quasi tutti concordi nell'affermare
che trattasi di pittura con matrice di scuola locale (gli affreschi sono attribuiti al Maestro di Narni del 1409 e alla
sua bottega), pittura testimoniata da opere analoghe diffuse nel territorio di Narni e di Temi, risalenti ai primi del
'400.
• Nella seconda cappella dell'abside viene dedicato un ciclo pittorico di quattro episodi al santo provenzale
Egidio. Nella cappella è anche raffigurata la Crocifissione, l'Annunciazione, una Maestà con Bambino e 4
santi.
• Nella terza cappella dell'abside: Madonna con Bambino e san Francesco; Madonna con Bambino e
sant'Egidio; Madonna con Bambino fra santi; san Benedetto, san Giovanni Evangelista, san Giacomo; la
Crocifissione.
• Nella quarta cappella: Madonna della misericordia; Sant'Antonio abate e san Leonardo. Nella quinta
cappella: quattro santi.
Il Coro costituisce un altro elemento importante dell'abside. Il coro (1474), dono del cardinale narnese
Berardo Eroli, in parte rappresenta un elemento di disturbo alla grandiosità dell'ambiente ma, nel suo
insieme, costituisce un'opera degna di attenzione per la finezza dell'intarsio che si presenta come un
merletto delicato. Degni di rilievo sono i pannelli terminali, scolpiti con le figure dell'Angelo Gabriele e
della Madonna per rappresentare l'Annunciazione. La loro perfezione li fa attribuire al Vecchietta che in
quegli anni scolpì la statua di Sant' Antonio abate, su cui ci soffermeremo più avanti, e il san Bernardino
che ora si trova al Bargello di Firenze.
La tela dell'abside rappresenta la gloria di san Giovenale; la tela è attribuita a Girolamo Troppa, pittore nato a
Rocchette in Sabina nel 1636. Da altri critici la tela è attribuita al Trevisani o alla sua scuola.
Scendendo dal presbiterio, sulla destra si passa alla Cappella di san Giuseppe edificata nel 1757 dal canonico Risi
per la sua famiglia e particolarmente per la sepoltura del fratello Antonio, abate a Città di Castello. La Cappella
costituisce un bell'esemplare di barocco. Tutto il complesso è in legno finemente scolpito e decorato con sculture
rappresentanti le virtù. La tela dell'altare rappresenta il transito di san Giuseppe; l'ovale di destra illustra la nascita
di san Giovanni Battista e quello di sinistra la Santa Famiglia. L'autore di queste opere è il pittore palermitano
Giuseppe Sortini (1760).
Ci portiamo verso la navata sinistra nella cui parete terminale si nota un interessante frammento di affresco del
1238 e, a lato, una bella immagine di santa Lucia (sec. XV). Attualmente, questo angolo ospita la statua di sant'
Antonio abate (1474) di Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta. La statua (restaurata nel 1995) fu commissionata
dalla Compagnia di sant'Antonio per la propria Chiesa esistente nei locali sottostanti la Sagrestia della Cattedrale
(nella parte destra dell'attuale Piazza Garibaldi). Negli inventari si parla della statua posta, appunto sull'altare della
Chiesa.
Si incontra, quindi, un bell'esemplare di architettura toscana: la Cappella della Consolazione, detta del Coretto. Ad
essa si accede attraverso una vetrata posticcia del 1700 che chiude un bellissimo arco sorretto da quattro colonne
quattrocentesche. La Cappella è stata costruita per volere del vescovo Pietro Gormaz, spagnolo, che resse la Chiesa
di Narni dal 1490 al 1515. La dedicò alla Madonna della Consolazione, facendovi erigere una edicola di marmo
scolpito, in cui fece racchiudere una tavola quattrocentesca; essa rappresenta la Madonna della Consolazione, di
ispirazione bizantina. Al lato destro, opera di marmorari toscani o lombardi (scuola del Bregno), l'imponente
sepolcro che il vescovo Gormaz si fece costruire; nel fondo la Madonna col Bambino, ai lati i santi Giovenale e
Cassio e i santi Pietro e Paolo. Gli stalli del coro (1726) sono di pregevole fattura, ma la loro presenza ha fatto
perdere alla Cappella la sua unità architettonica.
Nella parete esterna, appena usciti dalla Cappella, notiamo il ritratto (1600 circa) del Vescovo narnese Erolo Eroli.
Appresso alla Cappella della Consolazione, in una nicchia, è conservato un Crocifisso ligneo a grandezza naturale
del sec. XV, opera di un artigiano locale; da alcuni è attribuito a scultore tedesco (Giovanni Teutonico).
Segue il monumento al senatore Pietro Cesi, opera attribuita a Bernardo da Settignano (1477) detto il Rossellino,
ricordata dal D'Annunzio nella poesia dedicata alla città di Narni. Bello, anche se cadente, l'affresco della lunetta
raffigurante la Madonna con il Bambino, che qualcuno attribuirebbe a Pier Matteo d'Amelia; però gli evidenti
caratteri toscani del dipinto fanno dubitare di questa attribuzione.
L'altare di San Pietro, con sfondo architettonico rinascimentale, presenta una tela del forlivese Livio Agresti (firma
dell'autore): la consegna delle chiavi a san Pietro (1560).
L'altare e la tela di san Biagio, è di autore ignoto, ma che certamente ha lavorato a Narni e nel suo territorio come
testimoniano diverse tele esistenti nelle varie Chiese della città. La tela è datata 1675.
Al termine della nostra visita, un affresco (sec. XIV o meno probabilmente tardo XIII), è "riconoscibile" in
prossimità della navata sinistra. L'affresco è di estremo interesse. Sebbene le condizioni in cui ci è pervenuto non
permettano di gustarne a pieno le qualità estetiche, rimane la sua importanza storica.
La rappresentazione, infatti, di una scena di carattere civile (la stipula di un contratto con la presenza di quattro o
cinque amanuensi) nell'ambito di una struttura ecclesiale è fatto significativo e notevole, in quanto raro.
Uscendo dalla Cattedrale, si prende via Garibaldi: il Cardo della Narnia romana. A sinistra, in fondo alla
caratteristica via del Campanile, troviamo la torre campanaria. E' una costruzione su base romana coronata da
elegante architettura del sec. XV. Importanti le maioliche rinascimentali istoriate e incastnate nel muro.
San Francesco
San Francesco
La chiesa di San Francesco è stata costruita dopo la morte del Santo avvenuta nel 1226. Fu edificata in questo
luogo, perché qui dimorò il Santo.
La facciata della chiesa ha un portale ad archi concentrici e sul frontone c’era il rosone, manomesso nel XVII sec.
L’interno è a tre navate di stile tardo romanico, divise da pilastri cilindrici su cui poggiano archi a tutto sesto.
L’abside poligonale è coperta con una volta a vela, è gotica e riprende quella della cattedrale.
In fondo troviamo un finestrone a trifora con una vetrata istoriata divisa in due parti: la superiore raffigura S.
Francesco con i protomartiri francescani, l’inferiore raffigura Lo Speco di Narni, S. Giovenale e la piazza dei
Priori.
La chiesa è ricca di affreschi del ‘300, del ‘400 e del ‘500, le cui caratteristiche sono tipiche della tradizione
pittorica di Narni e dei dintorni ad eccezione della cappella Eroli: quest’ultima è caratteristica dell’architettura del
‘400 ed è decorata con affreschi raffiguranti episodi della vita del santo, ispirati dagli affreschi giotteschi di Assisi e
dagli affreschi della chiesa di S. Francesco di Montefalco.
La sacrestia è stata affrescata da Alessandro Torresani con scene raffiguranti l’Annunciazione, l’Adorazione dei
Magi, le Nozze di Cana e il Redentore.
Santa Pudenziana
Chiesa di Santa Pudenziana
Santa Pudenziana, è una chiesa facente parte di un antico monastero situata nella campagna narnese attraversata
dalla Via Tiberina.Colpisce l’alto campanile ricavato dai resti di una torre medievale, la facciata ha in alto una
finestrina con arco a pietra bianca e nera e a destra un bassorilievo romano; un piccolo portico quadrato costituito
da quattro pilastri di mattoni , alternati con quattro colonne romaniche e sormontati da un tetto in cotto completa
l’esterno.
L’interno è a tre navate divise da colonne e pilastri che sostengono arcate a tutto sesto.
Alla cripta si accede dalle due navate laterali. Si tratta di un piccolo vano tutto costruito a mattoni. L'esterno
dell'abside è caratteristico per il timpano con le cornici di mattoni.
Santa Maria Impensole
Chiesa di S. M. Impensole
La chiesa è chiamata di S. Maria Impensole perché costruita sul pendio. Le severe linee, l'accurata elaborazione
delle sue parti, anche se potrebbero essere unite da un puro e semplice fatto occasionale, fanno pensare che gli
artisti che l'hanno costruita, hanno voluto curarla in modo particolare, perché quasi presagivano il fascino che
questo edificio avrebbe dovuto esercitare nella mente dei narnesi e dei visitatori di ogni tempo. La data di
costruzione o ricostruzione è del 1175, come si legge nell'architrave della porta centrale. All'ornamentazione dei
portali, composta da fregi floreali e viticci, si aggiungono figure di animali-simboli: l'agnello, il leone, l'aquila, il
pavone. Sopra il portale centrale merita attenzione l'immagine scolpita nel medaglione, che più che un gesto di
benedizione, compie un gesto accogliente ed incoraggiante. Secondo alcuni è l'immagine del Redentore, secondo
altri è una figura simbolica e, dato che la chiesa apparteneva ai benedettini, si potrebbe pensare a San Benedetto.
Qui spesso si tenevano le assemblee popolari, oppure delle corporazioni.
Fu incaricato del progetto l'architetto milanese G. Battista Giovannini, detto il Battistini. La chiesa fu consacrata
nel 174 e diventò un Santuario, meta di pellegrinaggi dalla bassa Umbria, dalla Sabine e dal Lazio.
Oltre che centro di devozione, esso è anche un esemplare di nobile architettura settecentesca.
Luminosità, armonia di linee e slancio, fanno da cornice al bel complesso, rappresentato dalla composizione
centrale, che racchiude la cosidetta grotta della Madonna. Belli sono gli stucchi, espressive le figure simboliche,
raffiguranti i vari titoli di onore, con cui si venera la Madonna, le figure dei Santi che in trionfo sopra il demonio
sconfitto, fanno da cornice alla gloria della Madonna, che domina in alto su tutto il complesso.La grotta è un antro
artificiale, creato in calcestruzzo, che non è altro che un rudere di uno degli archi o contrafforti che sostenevano la
Via Flaminia, all'uscita dal Ponte d'Augusto.
Lo Speco Francescano
Lo Speco Francescano
Si trova a 14 Km. da Narni ed è uno dei santuari francescani più autentici, non solo perché fondato da San
Francesco, ma perché in esso si sente tutto ciò che forma la caratteristica dello spirito del santo di assisi:
misticismo, poesia, amore, pace.
Fondato da San Francesco nel 1213, mentre compiva il suo giro apostolico nella bassa Umbria. Il luogo gli
piacque; una piccola cappella e un antro e forse una capanna erano il rifugio dove passare la notte. Si fermò e vi
lasciò un gruppo di discepoli.
E' immerso nel verde, in posizione dominante la vallata. Il piccolo chiostro risale al '400, quando San Bernardino
da Siena fece costruire il dormitorio, le cui finestre si affacciano sulla parte centrale del fabbricato, e il refettorio,
che è possibile visitare.
Nel chiostro si può ammirare la cappella di San Silvestro, riportata alla luce con gli ultimi restauri dove si possono
ammirare affreschi del '300. Da questa, attraverso uno stretto corridoio, si accede al locale che racchiude il pozzo,
di cui parlano i Fioretti e Tommaso da Celano, dove fu attinta l'acqua che S. Francesco, malato, trasformò in vino.
La chiesa del convento è della fine del 1500, molto semplice, conserva nella cappella una bellissima croce a
intarsio di madreperla, opera di un frate francescano, e un calice del '400 originale per materiale con cui è fatto.
Salendo si arriva alla cella di S. Francesco dove è custodito il "letto": quattro legni sconnessi. Accanto c'è la
cappella con le pareti decorate da affreschi riproducenti gli episodi che si verificarono in questo luogo. A sinistra,
uscendo, si osserva la grande fenditura nella roccia. E' lo Speco, luogo preferito da San Francesco per ritirarsi in
preghiera.
Di fronte, il grande castagno.
Narra la tradizione, che il Santo, prima di lasciare lo Speco, levò le braccia in segno di saluto, cantando le bellezze
della natura e lodando Dio, piantò in terra il suo bastone , che divenne albero vigoroso e che, dopo tanti secoli,
ancora sembra voler ricordare il canto, la poesia e la preghiera del santo.
Santa Maria della Quercia
Santa Maria della Quercia
E' stata costruita sul luogo dove alcuni pellegrini nel 1576 scoprirono un'immagine della Madonna, costituita da un
bassorilievo di marmo di 40 cm. di lato inserito nel tronco di una quercia. La chiesa fu compiuta nel 1614 e
divenne meta di pellegrinaggi. Vescovi e Cardinali, nobili famiglie narnesi fecero a gara per arricchirla di doni
preziosi.L'edificio è di vaste dimensioni, dalle linee ampie e che denotano il carattere di nobiltà dell'architettura
dell'epoca.
La facciata è incompleta e a terra si notano i bei capitelli in pietra che dovevano completare i pilastri della parte
inferiore. Bello il portale di pietra.L'interno, ad una sola navata, è vasto e arioso. In fondo c'è l'ampia abside,
davanti alla quale sorge un tabernacolo contenente il tronco della quercia nel quale è inserito il bassorilievo
raffigurante la Madonna col Bambino.
L'altare in muratura è ornato di un paliotto di legno, scolpito e sostiene un tabernacolo scolpito e dorato, esso pure
di legno, molto fine.
Alle pareti si aprono quattro cappelle tre delle quali hanno la pala dell'altare con belle tele del sec. XVII e una
quarta con nicchia dove si conserva un'artistica statuetta della Madonna con Bambino, anch'essa del sec. XVII
scolpita in legno di una finezza particolare.
Oltre alle tele degli altari, nelle varie parti della chiesa sono distribuite diverse altre tele quali la Madonna col
Bambino e S. Anna dell'Alfani, il terz'Ordine francescano del narnese Michelangelo Braidi.
La Rocca
Rocca Albornoz
Quella di Narni è uno degli esempi ancora "in piedi" di quelle fortezze edificate o fatte ristrutturare dall'Albornoz
nel nostro territorio.
La Rocca di Narni, per i caratteri e per la posizione è la classica fortezza militare di controllo e dominio della città:
espressione genuina della politica di restaurazione papale operata così attivamente dall'Albornoz.
E' errato accostare la Rocca alla potenza della città: al contrario ne segna il declino di autonomia, libertà e forza del
libero comune, della «civitas». Con la Rocca non si volevano certo accrescer le opere di difesa comunali, essa è un
elemento di quel «sistema» di fortezze che il papato, dopo Avignone, pone a presidio dello Stato.
In quel tempo (1371) si ha anche la «riforma» degli Statuti Comunali: si accentua il potere centrale, dal podestà si
passa al Vicario.
I Narnesi ben compresero questi significati: la Rocca fu a lungo estranea alla loro vita, ignorata, spesso detestata.
Dobbiamo arrivare al 1539 perché le chiavi della Rocca siano in mano ad un Narnese, Girolamo Arca: anch'egli
funzionario del potere papalino. Il castello, a quota 322 s.l.m., domina la città e conclude a sud il sistema delle
fortificazioni. Massiccia nelle fattezze la Rocca venne edificata sul luogo ove prima era un monastero di clarisse e
prima ancora una torre.
Iniziano nel 1367 i lavori preparatori per la costruzione di una fortezza su Narni e sulla Via Flaminia. Nel 1371 si
può già insediare il primo castellano: Pietro di Novico. Tra gli architetti che lavorarono al progetto si fanno i nomi
di Ugolino di Montemarte e di Matteo Gattapone.
Nel 1378 sono ultimati i lavori: la fortezza è completa e imponente: sulla porta è l'unione di quattro stemmi,
probabilmente sono quelli dei papi Gregorio XI e Urbano V e dei cardinali Angelico Grimonard e Filippo
d'Alençon.
Nel 1405 si trova la prima citazione del Bastione (bastiglia, bastigia): una ulteriore fortificazione della quale oggi
rimane la base di una cisterna incorporata ma che aveva certamente anche una torre di avvistamento: la Rocca ebbe
bisogno di un elemento aggiuntivo di sicurezza. Bastione e Rocca erano in comunicazione attraverso una via
diretta sotterranea.
pur non essendo un castello di residenza ma più propriamente militare la Rocca ebbe ospiti Papi, Imperatori,
Cardinali, dignitari... Finì per essere carcere. La fortezza è un quadrilatero con quattro torri agli angoli, chiamate:
di San Bernardo (nord-est), San Filippo (sud-est), San Giacomo (sud-ovest) e (a nord-ovest) il "Mastio" più alto e
possente che risulta dall'unione di due torri.
Anticamente circondata da fossato e da doppia cinta di mura ha all'interno un bel cortile con una cisterna in
travertino e una cappella.
Assolta la sua funzione originaria la Rocca serve indubbiamente più tardi anche per difendere la città da noie
esterne. Nel 1484 Sisto IV ordina un nuovo intervento di fortificazione ultimato da Innocenzo VIII. Il castello
viene collegato con un avamposto costruito nel borgo delle Arvolte presso l'ospedale e costituito da 5 torrioni
rotondi. Questo elemento era collegato direttamente per via sotterranea con la Rocca la quale si dice fosse pure
unita, con lo stesso sistema, con la Piazza dei Priori.
Il Palazzo Comunale
Palazzo Comunale
Il Palazzo Comunale, detto anche Palazzo del Podestà o del Vicario, si presenta nella sua mole imponente e severo.
E' la sede delle più importanti autorità.
Risulta dall’adattamento di tre torri con case acquistate dal Comune nel 1282.
Al piano nobile si aprono sei finestre del XV sec., mentre sulla facciata sono inserite sculture di animali o statue
mutilate.
Le lapidi ricordano cittadini narnesi o governatori illustri.
L'ingresso rinascimentale del Palazzo, in bugnato, introduce nel bellissimo atrio, qui sono conservate una tomba
romana, il pozzo quattrocentesco e una serie di misure.
Tutt'intorno si possono ammirare una serie di reperti archeologici importantissimi scoperti nei dintorni di Narni.
Nella Sala Consigliare è conservata la Pala del Ghirlandaio che raffigura l’incoronazione della Vergine.
Il Ponte d'Augusto
Ponte d'Augusto
Posto poco prima dell'ingresso del fiume Nera nelle strette gole tra lo sperone su cui sorge la città di Narni e il
Monte Santa Croce, è un'importante testimonianza dell'età aurea romana.
Il ponte fu costruito nel 27 a.C. in relazione agli interventi di risistemazione e potenziamento della via Flamina
intrapresi dall'imperatore Augusto.
Un grave terremoto nell'847 danneggiò il ponte e, successivamente una grande alluvione, nel 1053, ne provocò la
caduta, da quel momento nelle fonti è ricordato come ruptum o dirutus.
Del ponte, che doveva essere a tre o quattro arcate, si possono ammirare la prima arcata, forse la più grande, e i
ruderi di due pilastri. Il ponte aveva una lunghezza di 160 m, mentre l'altezza dell'arcata rimasta in piedi è di 30 m.
Il rapporto tra le due dimensioni evidenzia immediatamente un forte sviluppo verticale che genera l'effetto di
grande imponenza che ancora oggi caratterizza le rovine. Il ponte è costruito con grandi blocchi di travertino
squadrati e bugnati posti di testa e di taglio secondo le tecniche edilizie romane.
Ponte Cardona
Ponte Cardona
Il Centro Geografico della Penisola cade esattamente su Narni e per la precisione su Ponte Cardona, un manufatto
della Roma Imperiale che portava l'acqua potabile alla Città. L'ufficialità di tale dichiarazione è stata data
dall'Istituto Geografico Militare di Firenze che ha stabilito le seguenti coordinate: Ponte Cardona è stato dichiarato
Centro d’Italia dal Centro Geografico d’Italia.
Latitudine 42° 30’ 11"
Longitudine 12’34’24"
Ed è proprio questo il punto situato a uguale distanza da Nord a Sud, da Est a Ovest dell’Italia. L'Associazione
Turistica Pro Narni, che ha compiuto le ricerche necessarie, ha anche provveduto alla installazione di un cippo nel
punto mediano della Penisola. Uno speciale concorso premia chi lasci un proprio messaggio nello speciale
contenitore: il primo premio consiste in un soggiorno gratuito durante la Corsa all'Anello che si svolge a Maggio.
Ma a parte l'aspetto "geografico" Ponte Cardona è parte integrante dell'antica Formina, antico acquedotto che servì
di acqua potabile la città sino ai primi decenni del nostro secolo. Lasciando l’auto nei pressi del ristorante "Il
Montagnone", si prosegue il cammino a piedi fin dove inizia una salita. Qui sulla sinistra, dopo il fossetto, ci si
immerge in un sentiero che, pur avvolto da una fitta vegetazione, lascia un respiro inaspettato.
Ci si accorge, poco dopo, di viaggiare su un antico manufatto, un acquedotto di età romana, le cui bocche di sfioro
dell’acqua segnano con cadenze regolari la distanza, fatto costruire venti secoli fa dal prefetto delle acque M. C.
Nerva.
Grandi querce e lecci accompagnano il cammino sino a quando, improvvisamente, la macchia si fa meno fitta.
Seppure il fosso che costeggia la Formina raggiunge una profondità di quindici o venti metri, il percorso sembra
miracolosamente proseguire nel vuoto. E’ qui Ponte Cardona in tutta la sua austera e solitaria possenza. E’ un ponte
romano realizzato in opera quadrata con conci di travertino. La sua architettura si richiama a quella dell’età
Augustea. E’ ad un solo arco a tutto sesto, leggermente rialzato. Si deve scendere nel letto del fosso per ammirarne
tutta la sua bellezza: un’architettura vecchia di duemila anni emerge nel groviglio di una vegetazione spontanea e
forte, a voler ricordare come l’uomo, quando vuole, possa accordarsi perfettamente con la natura. L’acquedotto
della Formina è in parte stato scavato in galleria e parte costruito in muratura.
Segue un percorso tortuoso dovuto all’esigenza di mantenere la propria pendenza costante lungo un tracciato che
parte da Sant’Urbano e raggiunge Narni dopo quindici chilometri.
Il Teatro
Il Teatro di Narni
E' nella seduta Consigliare del 20 ottobre 1840 che si decide la costruzione di un nuovo teatro Comunale per la
città di Narni, che doveva sostituire il vecchio, locato all'interno del Palazzo dei priori, divenuto ormai inadeguato.
Con una notificazione della Società Teatrale del 1° luglio 1844 si delibera di procedere all'appalto della
costruzione. Il progetto per la realizzazione del nuovo teatro è opera dell'architetto prof. Giovanni Santini di
Perugia, mentre la direzione dei lavori fu affidata all'Ing. Luigi Fedeli. La pianta del teatro di Narni è a ferro di
cavallo, secondo i classici schemi ottocenteschi; si presenta tuttora con una platea non molto grande, tre ordini di
palchi (il primo 16 e gli altri 17) e un loggione, per una capienza di circa 500 persone all'origine, oggi ridotta per
motivi legati alla sicurezza.
Due rampe di scale simmetriche partono ai lati dell'ingresso della platea e raggiungono i vari ordini di palchi.
La struttura è inserita nel tessuto medievale del centro storico sovrapponendosi ad alcuni vecchi fabbricati, mentre
altre costruzioni sono state demolite per ampliare lo spazio antistante l'ingresso del teatro stesso.
Nei primi anni del '900 con un'altra demolizione interna si ingrandì notevolmente il palcoscenico incorporando un
vicolo che passava dietro il muro primitivo. Questa operazione permise anche la creazione di due uscite di
sicurezza.
Per le decorazioni interne furono contattati il pittore ternano Gioacchino Altobelli che realizzò il sipario
raffigurante il Gattamelata, e Giovanni Traversari che dipinse la cupola sovrastante la platea. Il sipario è andato
perduto mentre i dipinti sono stati restaurati.
Imponente era anche il lampadario centrale ornato di pendoli in cristallo che veniva abbassato per accendere le
candele, poi sostitute dalle lampade elettriche. I bordi dei palchi erano di velluto rosso, come rossi erano gli interni,
stucchi dorati e numerosi luci completavano l'insieme.
L'inaugurazione ufficiale ebbe luogo il 3 maggio del 1856, giorno della festa del patrono della città S. Giovenale,
con la rappresentazione della "Traviata" di G. Verdi, eseguita da celebrità dell'epoca, come la prima donna Carlotta
Carrozzi Zucchi.
L'acustica si rivelò ottima e il successo fu grande.
Molte compagnie drammatiche e di canto calcarono le scene del teatro e il pubblico accorse sempre numeroso. Il
teatro divenne il centro culturale e ricreativo della città, famosi i Veglioni di carnevale.
Ai fasti iniziali seguì un periodo di decadenza e malgrado lavori di manutenzione straordinaria fatti a più riprese e
che all'epoca sembravo sufficienti, agli inizi degli anni '70, il teatro fu dichiarato inagibile e dovette essere chiuso.
Già nel 1973 l'Amministrazione programmò un restauro completo, ma motivi di ordine economico e la definizione
della proprietà dei palchi, non permisero di intervenire subito. Le condizione statiche dell'edificio si aggravarono
con il terremoto del '78 e resero improrogabile l'intervento di recupero.
Il progetto, affidato all'architetto narnese Enzo Contavalli, ha mantenuto il più possibile l'ambiente originario,
modificando soltanto alcuni trascurabili particolari. Con l'intervento sono state recuperate una serie di dipendenze
che già facevano parte del teatro e che ora hanno un ingresso autonomo.
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DA CARLO
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ALA D’ORO
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Gualdo di Narni
HOTEL TERRA
Ristoranti e Pizzerie
Ristoranti
AL CANTO DEL GALLO photogallery
Indirizzo: S.P. Maratta Bassa - Narni
Scalo - Storico
Recapiti: tel. 0744/750871
Chiusura lunedì
IL CHIOSTRO
Indirizzo: via Cappuccini Nuovi, 32
Recapiti: tel. 0744/760207
www.ristorantechiostro.com
Chiusura mercoledì
ALA D'ORO
Indirizzo: via Flaminia Romana, 1042 Gualdo
Recapiti: tel 0744/796576
Chiusura lunedì
I TRE TERZIERI
Indirizzo: Strada Borgaria a 5 km dal
Centro Storico
Recapiti: tel 0744/715224
Chiusura lunedì
Pizzerie
PIZZERIA "La Rustichella"
Indirizzo: Piazza Garibaldi, 5/6 Narni
Recapiti: tel. 0744/726922 3939225029
www.pizzerialarustichella.it
Il giorno di chiusura (da valutare)
Il volantino dell'innaugurazione (in
MADONNA SCOPERTA
progress)
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Tavoli all'aperto/pedana coperta esterna
km dal centro
AL CANTO DEL GALLO
Recapiti: tel. 0744/722516
Indirizzo: S.P. Maratta Bassa - Narni
Chiusura mercoledì
Scalo
Recapiti: tel 0744/750871
LA VALLETTA
Chiusura lunedì
Indirizzo: loc. San Girolamo - Narni
(Immediata periferia del Centro Storico) PIZZERIA LA TAVERNA
Recapiti: tel. 0744/717076
Indirizzo: via Cappuccini Nuovi, 32
Chiusura lunedì
Recapiti: tel. 0744/760207
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Indirizzo: via Tiberina 1117 - Narni
Scalo
Recapiti: tel. 0744/750030
Sabato chiuso
IL CACCIATORE - L'OMETTO
Indirizzo: Strada Calvese, 128 - loc.
Moricone - a 10 km dal Centro Storico
Recapiti: tel. 0744/796109
Chiusura il martedì
IL FEUDO
LA CERQUETTA
Indirizzo: via del Forno, Montoro a 7
Indirizzo: via Steppare - loc.
Km dal Centro Storico
Castelchiaro - a 6 km dal Centro Storico Recapiti: tel e fax 0744/735168
Chiusura lunedì
Recapiti: tel 0744/744122 fax
0744/744556
LA LOGGIA
Chiusura lunedì
Indirizzo: Vicolo del Comune, 4 (Centro
Storico)
IL GATTAMELATA
Recapiti: tel. 0744/726843
Indirizzo: via Pozzo della Comunità, 4
Chiusura lunedì
(Centro Storico)
Recapiti: tel 0744/717245
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Coperti: 50 massimo
Indirizzo: via Tuderte, 410 Narni Scalo
www.pizzerialataverna.com
DA PALMIRA
Indirizzo: loc. Lecinetto, Strada Ortana
- Narni
Recapiti: tel. 0744/726930
Chiusura lunedì
I TRE TERZIERI
Indirizzo: Strada Borgaria - loc.
Madonna Scoperta - a 5 km dal Centro
Storico
Recapiti: tel. 0744/715224
Chiusura lunedì
LA TAVERNA DEL CAVALIERE
Indirizzo: via degli Schioppi - Taizzano
Recapiti: tel. 0744/794003
Chiusura mercoledì
IL KANTUCCIO
Chiusura lunedì
Indirizzo: Strada della Lucciola, 4 Narni Scalo (due chilometri da Narni
Scalo)
PONTE D'AUGUSTO
Recapiti: tel. 0744/750903
Indirizzo: via Tuderte, 303 - Narni Scalo LA ROCCA
Indirizzo: via Flaminia Ternana, km 91 - Chiuso mercoledì
a 3 km dal Centro Storico
Narni
Recapiti: tel. 0744/750635
Recapiti: tel 0744/744521
LA VECCHIA FATTORIA
Chiusura martedì
Chiusura lunedì a pranzo e domenica a Indirizzo: Strada Morellino, 21
cena
Recapiti: tel. 0744/733593
CENERIA "GRANO E SALE"
Chiusura lunedì
Indirizzo: via Flaminia Ternana, 145 ad
LA GALLINA LIBERATA
un chilometro dal Centro Storico
Indirizzo: vicolo Belvedere, 13 - Narni LA VALLETTA
Recapiti: tel. 0744/714519
Recapiti: tel 349/2543515
Indirizzo: loc. San Girolamo - Narni
(Immediata periferia del Centro Storico)
IL PINCIO
CARLO CAPITOLI CATERING
Recapiti: tel. 0744/717076
Indirizzo: via XX Settembre, 117 - Narni Indirizzo: via Roma, 3
Chiusura lunedì
(Centro Storico)
Recapiti: tel 0744/722241
NARNIA
IL PARCO DEI CAVALIERI
Chiusura mercoledì
Indirizzo: via della stazione, 12 - Narni Indirizzo: via Flaminia Ternana km.
IL CAVALLINO
Indirizzo: via Flaminia Romana, 220 Loc. Testaccio - a 2 km dal Centro
Storico
Recapiti: tel 0744/761020
Chiusura martedì
RISTORANTE "DA FATTA"
Indirizzo: via Amerina, 167/a - Cigliano
due chilometri da Narni Scalo
Recapiti: tel 0744/733796
Aperto tutte le sere. Sabato e domenica
anche a pranzo. Gli altri giorni solo su
prenotazione
DA SARA
Indirizzo: Strada Calvese - Moricone
Recapiti: tel 0744/796138
Chiusura mercoledì
SAN PELLEGRINO
Indirizzo: via Amerina, 311 - Loc. San
Pellegrino
Recapiti: tel 0744/754749 fax
0744/751584 cell. 335/5645435
menù contadino dall'antipasto al dolce
con bevande euro 18
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lavorano nel territorio
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Recapiti: tel. 0744/733648
Chiusura lunedì
Scalo
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OSTERIA FOSCA UMBRA
Indirizzo: via Tiberina, 164 - Tel
339/2375965
DA CARLO
Indirizzo: San Liberato - a 12 km dal
Centro Storico
Recapiti: tel. 0744/742121
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DA ALBERTO
Indirizzo: via Ortana 995 - San
Liberato- a 12 km dal Centro Storico
Recapiti: tel. 0744/742143
Chiusura domenica
LA TIBERINA
Indirizzo: via Tiberina, 380 - Taizzano
Recapiti: tel 0744/735153
Chiusura mercoledì
I GHIBELLINI
Indirizzo: via Belvedere 4/6/8 - Centro
Storico (Tavoli all'aperto)
Recapiti: tel. 0744/726082
Chiusura martedì
90,500
Recapiti: tel. 0744/744399
Chiusura martedì
I GHIBELLINI
Indirizzo: via Belvedere 4/6/8 - Centro
Storico (Tavoli all'aperto)
Recapiti: tel. 0744/726082
Chiusura martedì