spending review, cottarelli scarica su renzi la “grana
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spending review, cottarelli scarica su renzi la “grana
d’Italia SPENDING REVIEW, COTTARELLI SCARICA SU RENZI LA “GRANA” PENSIONI ANNO LXII N.64 Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 Antonella Ambrosioni Cinque miliardi di risparmio in otto mesi. Il commissario per la revisione della spesa pubblica, Carlo Cottarelli, ha presentato la sua “cura” sui tagli alla spesa per il 2014. In audizione al Senato ha esposto la sua diagnosi affermando che «per gli ultimi otto mesi dellʼanno più o meno si arriva a 5 miliardi. Questo se si cominciasse da maggio, prudenzialmente si può contare su 3 miliardi. Cʼè un margine, tutto dipende dalle decisioni politiche che si prendono». Insomma, se la veda Renzi. Quindi ha presentato la “lista della spesa” che sta già suscitando malumori. Lʼex dirigente del Fondo monetario internazionale ha fatto una stima di 85mila eccedenze tra il personale della pubblica amministrazione. Oltre a mettere mano alle spese per la Difesa, ai trasferimenti alle imprese, alla riorganizzazione delle forze di Polizia e al taglio degli stipendi dei dirigenti, Cottarelli avrebbe infatti individuato esuberi tra i dipendenti pubblici per 85mila unità al 2016. Una misura che potrebbe generare un risparmio per le casse statali di 3 miliardi, ma già si annuncia una fortissima battaglia sul tema. Per la Cgil si tratta dellʼ«ennesimo attacco al sistema pubblico e del welfare». Si tratta di una stima di massima che va «affinato sulla WWW.SECOLODITALIA.IT base delle effettive riforme che dovranno essere chiarite nel 2014», ha chiarito Cottarelli. Non mancano altre criticità. In primo luogo lʼintervento sulle pensioni, che dovrebbe toccare diversi aspetti: una stretta sugli assegni di accompagnamento e contro gli abusi delle invalidità, ma anche un innalzamento dellʼetà contributiva delle donne. Queste dovrebbero affiancarsi agli uomini, passando da 41 a 42 anni di contributi senza vincolo di età anagrafica. Una mossa “chiesta dallʼUe”, si legge nelle slide presentate da Cottarelli, che dovrebbe portare 1,7 miliardi in tre anni. Dovrebbe invece morire sul nascere lʼidea di chiedere un contributo (da ben 2,9 miliardi) al 15% di pensioni più alte, ma sul quale il premier Matteo Renzi ha posto pubblicamente un veto. Cottarelli ha spiegato che «si trattava di uno scenario illustrativo», riferito a un possibile contributo a partire dai redditi sopra 26mila euro, che corrispondono alla media degli italiani. Poi il chiarimento: «Sono scelte politiche, si può anche decidere che non si devono toccare». Come dire, la “bomba” delle pensioni è una responsabilità che spetta al premier. Niente tagli alla Sanità. «Il Sistema sanitario nazionale è sostenibile? Credo di sì», risponde il Commissario. «Non credo sia necessario un cambiamento radicale, in percentuale i risparmi nel mio documento sono abbastanza contenuti, non cʼè da rivedere il sistema, cʼè un risparmio sui servizi, con la piena attuazione dei costi standard». Diverso il settore Sicurezza: «Sulle forze di polizia esistano problemi di sovrapposizione e di coordinamento: è ab- mercoledì 19/3/2014 bastanza noto che esistano margini di risparmio: non si vuole ridurre il livello di sicurezza, è unʼarea in cui si parla di sinergie, spendendo di meno». Una posizione che non soddisfa affatto Forza Italia che era stata chiara sul “no” ai tagli in un settore già sotto pressione. E FdI lancia un allarme: «Il governo a guida Pd mette a repentaglio la protezione dei cittadini. Un piano per tagliare 700 milioni nel comparto sicurezza proprio mentre i dati del Viminale 2013 attestano un aumento dei furti e delle rapine in casa e la crescita della percezione di insicurezza», dichiara Edmondo Cirielli, deputato di Fratelli dʼItalia-Alleanza Nazionale. Il fronte sindacale è scontento della cura Cottarelli: la Cgil si aspettava «una maggiore lotta agli sprechi reali e non lʼennesimo attacco al sistema pubblico». Centrella dellʼUgl stigmatizza: «È chiaro a cosa mira il “regalo” in busta paga: non a rimettere in moto il mercato interno, ma a indorare la pillola indigeribile della spending review». Secondo il segretario generale «se la cura Cottarelli dovesse portare ad un taglio di 85 mila dipendenti pubblici in tre anni, i circa 84 euro al mese saranno corrisposti per alcuni lavoratori simultaneamente allʼuscita dalla vita lavorativa». Basta usare «il pubblico impiego come un bancomat», dice, infine, la Uil. Adesso, sembra dire il commissario, la palla passa a Renzi. Raccontare balle sul centrodestra aiuta a far carriera. E non solo ai clown della satira Francesco Signoretta Buttiamola là, una frase a effetto. Mettiamoci un poʼ di pepe, così da renderla più stuzzicante. E costruiamoci sopra una vicenda, un retroscena, sicuri che poi si diffonderà a macchia dʼolio. È stata questa e continua ad esserlo la strategia dʼattacco di alcuni organi di stampa contro il centrodestra. Ed è stata la stessa strategia dʼattacco usata da comici (o presunti tali) che – con la scusa della satira – hanno insultato molte parlamentari arrivando a illazioni sessuali, nel silenzio delle paladine del femminismo nostrano. Lʼobiettivo è il killeraggio dellʼavversario, attuato attraverso la demolizione dellʼimmagine. È un altro storico vizietto della sinistra che, dal dopoguerra a oggi, ha cercato di infangare chiunque desse fastidio, cercando di far passare Giorgio Almirante per un fucilatore, Achille Lauro per un teorico del voto di scambio (una volta hanno raccontato che regalava scarpe, unʼaltra volta che regalava spaghetti), fino ai giorni nostri, con gli obiettivi variabili, da Scajola ad Alessandra Mussolini e alla Gelmini, tanto per citare qualche esempio eclatante. È chiaro però che le favole più clamorose vengono costruite sul nemico numero uno, Silvio Berlusconi. Il punto, però, non è la falsità di un retroscena o di un sentito dire, ma la correttezza, perché se il confronto non ritrova la correttezza si scivola nelle tentazioni grilline, nella politica delle battutacce sul web, delle foto taroccate su Facebook. Un errore clamoroso, commesso dalla sinistra mediatica. Proprio per questo ha un certo rilievo lo sfogo di Berlusconi: «Ormai ogni giorno leggo sui quotidiani mie frasi virgolettate, miei pensieri riportati, scenari che riguardano il mio movimento politico, tanto lontani dalla realtà da procurarmi sentimenti di invidia, mai provati in vita mia, per la fantasia dimostrata dai redattori di tali articoli. Di questo passo – osserva il presidente di Forza Italia – i principali organi di informazione del Paese si trasformeranno presto e definitivamente in saggi di fantascienza tali da fare concorrenza ai più noti romanzieri del genere. Nel vostro interesse, per il bene dellʼinformazione, per favore, basta!». Il rischio è che i soliti noti faranno passare queste parole per un altro editto bulgaro, un altro tentativo di mettere il bavaglio. Per poi tornare al punto dʼinizio. E a unʼaltra favoletta piccante. Marino contro lo “stradone fascista”. Ma la sua idea è degli anni Novanta 2 Annalisa Terranova A credere nel sindaco Ignazio Marino sono rimasti in pochi. Il premier Matteo Renzi non lo ama e questa è già una certezza che fa vacillare la poltrona del primo cittadino capitolino. Il Pd non lo apprezza. Ma cʼè dellʼaltro. Gli ultimi annunci di Marino, con tutta probabilità indirizzati a ricucire un poʼ la sua immagine strappata, sono tutti collegabili alla filosofia di una politica dellʼimmagine che è ormai databile agli anni Novanta. Lʼidea era che potesse bastare andare sui giornali, fare annunci choc e “rivoluzionari” sulla struttura urbanistica di una città, far parlare di sé per iniziative per la cui realizzazione si sarebbero impiegati decenni e il gioco della popolarità sarebbe stato vinto. Questo è ciò che ha fatto, ad esempio, Francesco Rutelli. Lʼidea di un parco archeologico ai Fori, con relativo smantellamento dello “stradone fascista” voluto dal Duce nel fatidico Ventennio (unʼidea fissa di Petroselli e Antonio Cederna) fu strombazzata infatti anche da lui. Si fece un poʼ di dibattito, un poʼ di movimento di comunicati stampa Secolo d’Italia e ciò servì a coprire altre magagne che intanto si radicavano nellʼUrbe senza che nessuno pensasse alla giusta cura di riequilibrio (per esempio la proliferazione di centri commerciali a ridosso del Gra). Rutelli era più immaginifico di Marino: tirò fuori il progetto cento piazze, le fioriere, la navigabilità del Tevere. E intanto il traffico soffocava la città e la cronica mancanza di asili nido non veniva risolta. Marino oggi, imitando quella gestione della funzione di sindaco, ripercorre una ricetta abusata. Ritiene di poter sopravvivere a evidenti fallimenti gestionali con lʼeffetto-annuncio, magari con il rock dei Rolling Stones, magari risuscitando lʼantica ossessione della sinistra contro via dei Fori Imperiali (come se la città avesse bisogno di nuove guerre ideologiche). Ritiene di poter ricompattare una sinistra lacerata con le domeniche a piedi e la promessa di piste ciclabili. Tutta questa mentalità, che va bene per andare sui giornali ma non per amministrare secondo il bene della cittadinanza, andrebbe totalmente ribaltata per recuperare lo slogan “piccolo è bello”. Non grandi annunci ma minuti e quotidiani interventi in ogni quartiere (e non solo nel centro storico) per dare ai cittadini la certezza che il Comune si prende cura di loro, delle buche per strada, del lampione rotto, del semaforo da installare, dellʼalbero da potare, della panchina nel giardinetto sotto casa. Ci vorrebbe, però, il coraggio di andare in controtendenza; di sapere che la qualità della vita urbana è diventato un valore sempre più apprezzato e sempre più apprezzabile per non deludere gli elettori; di rendersi conto che la stagione dei sindaci decisionisti è passata perché bisogna tirare la cinghia dal Quirinale fino al più piccolo dei municipi. Bisognerebbe ripensare lʼagenda degli obiettivi: via il concerto dei Rolling Stones, per esempio, e regolamentazione severa degli orari di carico e scarico merci per alleviare il traffico. Via lʼidea di demolire lo “stradone fascista” e regolamento severissimo per i pullman turistici. Sarebbe una scelta sensazionale, senza nulla togliere al mitico gruppo di Mick Jagger. sviluppi in questi giorni che precedono lʼudienza che ci sarà la prossima settimana». Poi, ha aggiunto che «è giusto che il Parlamento sia informato» degli sviluppi, sottolineando che il «raccordo dei ministeri degli Esteri e della Difesa e la presidenza del Consiglio è uno strumento per affrontare in modo più coordinato e più univoco di quanto fatto in passato». «Io e il ministro Pinotti siamo in costante collegamento con loro e con le loro mogli», ha aggiunto Mogherini ribadendo la necessità di «avere una voce unica: la forza del nostro messaggio è nellʼunivocità del messaggio che facciamo arrivare a Delhi». Una posizione condivisa anche dal ministro della Difesa Roberta Pinotti: «Stiamo seguendo con estrema attenzione, quotidianamente, la situazione dei nostri marò, che è complicata, ma se parliamo tutti con una voce sola è meglio. È importante che lʼIndia senta che la nazione è compatta». Nel frattempo la Corte Suprema indiana, che sta esaminando il caso, è in vacanza e tornerà al lavoro il 24 marzo. Ma lʼIndia resta sotto i riflettori internazionali. Il presidente dellʼAssemblea generale delle Nazioni Unite, ambasciatore di Antigua e Barbuda John W. Ashe, giungerà domani a New Delhi per una visita di quattro giorni, durante cui avrà numerosi contatti con responsabili politici e diplomatici locali. Lʼunico appuntamento per ora conosciuto dellʼattività di Ashe è una conferenza il 21 marzo presso il Consiglio indiano per gli affari mondiali (Icwa) di Delhi sul tema “Agenda di sviluppo post 2015 e obiettivi dello sviluppo sostenibile”. Non è possibile per il momento sapere se il responsabile affronterà con le autorità indiane la questione dei marò. Ieri il tema è stato ampiamente sollevato in una visita al Palazzo di Vetro dal ministro dellʼInterno Angelino Alfano secondo cui i marò «devono essere immediatamente liberati». E su questo «lʼOnu deve assumere una posizione chiara e forte». Marò, il ministro Mogherini conferma: si va verso lʼarbitrato internazionale Desiree Ragazzi Lʼipotesi di ricorrere allʼarbitrato internazionale per risolvere il caso dei due marò si fa sempre più concreta. Lo ha confermato il ministro degli Esteri, Federica Mogherini durante lʼaudizione davanti alle Commissioni Esteri di Camera e Senato: sul caso marò, ha detto, «abbiamo mandato lʼultima nota verbale la settima scorsa a New Delhi, il prossimo passaggio può essere lʼavvio di un arbitrato internazionale. Sarà una scelta che faremmo con gli avvocati e oggi Staffan De Mistura è tornato a Delhi per seguire gli MERCOLEDì 19 MARZO 2014 Tagli di Cottarelli a Sanità e Sicurezza. Forza Italia e Lega sul piede di guerra MERCOLEDì 19 MARZO 2014 Valter Delle Donne Fonti di palazzo Chigi precisano che il documento sulla spending review, circolato nei giorni scorsi e ancora oggi su alcuni organi di informazione è soltanto una delle bozze e non la versione definitiva del lavoro del commissario Carlo Cottarelli. Dalle anticipazioni emergerebbero tagli alle forze dell'ordine, ai costi della politica, alle auto blu, agli incentivi alle imprese, alle partecipate, alla difesa, alle prefetture, alle capitanerie di porto, alle consulenze, all'illuminazione pubblica, agli immobili, alle pensioni di guerra e di reversibilità. Il dossier dell'ex capo degli Affari fiscali del Fmi ha già messo in allerta il centrodestra. «È inaccettabile che la mannaia del governo si abbatta sulla sicurezza – attacca Maurizio Gasparri – Un conto è migliorare il coordinamento delle forze di polizia per aumentarne l'efficienza, altro è procedere a colpi di sforbiciate qua e la, tagliando stipendi e personale o chiudendo caserme storiche e uffici territoriali fondamentali. Il piano Cottarelli ha come unico obiettivo quello di impoverire ulteriormente gli organici, già in forte sofferenza, e smantellare le forze di polizia». A questo Secolo d’Italia proposito il vicepresidente del Senato chiede al ministro degli Interni Angelino Alfano di riferire in Senato. Secondo Gasparri, «il governo avrebbe dovuto investire di più sulla sicurezza dei cittadini, non certo continuare in un'escalation d'impoverimento del presidio territoriale a tutela dei cittadini». «La situazione – prosegue l'esponente di Forza Italia – è allarmante. Meno risorse vuol dire meno sicurezza. È questo quello che vuole il governo? La sicurezza è una priorità. Non consentiremo operazioni scellerate che privino i cittadini di un diritto fondamentale». Poco dopo arriva anche la presa di posizione del sottosegretario alla Difesa, Gioacchino Alfano compagno di partito nonché omonimo del ministro dell'Interno. «Da parte mia – dice l'esponente del Nuovo centrodestra – assicuro che non verrà mai meno il sostegno alle forze dell'ordine e alla puntuale e lodevole azione di sicurezza e difesa che quotidianamente assicurano al Paese e che ha anche un effetto determinante sullo sviluppo». Per Alfano «occorre individuare i settori e le attività che possano essere temporaneamente sospese a tal fine e non agire di impulso ed in modo indiscriminato. Bisogna inoltre valutare anche le ricadute di natura economica connesse a tali decisioni». E un aut aut al governo è posto anche dalla Lega, attraverso il governatore della Lombardia, Roberto Maroni: «Ho letto che il commissario della spending review Cottarelli vuole recuperare tre miliardi dalla sanità: benissimo, siamo la Regione eccellenza nella sanità quindi recuperi usando il metodo Lombardia in tutte le altre Regioni: se è così va bene», invece se saranno decisi tagli lineari «dico "no, grazie", ci ribelleremo». stanza di un decennio ha contribuito a ridurre i disoccupati di oltre due milioni, con un tasso di disoccupazione di circa il 5%, sui minimi record nel mezzo della peggior crisi dell'Eurozona, e con bassissima disoccupazione fra i giovani. In quattro provvedimenti, la Germania ha rilanciato il suo welfare attraverso sussidi di disoccupazione universali, estesi cioè a tutti, purché si dimostri di essere in ricerca attiva di lavoro: i disoccupati vengono sollecitati con proposte di lavoro che, se non accettate, decurtano progressivamente le sovvenzioni pubbliche. Fra buoni per la formazione, job center e agenzie interinali, Hartz ha poi introdotto i famosi, nel bene e nel male, “Minijob”, contratti di lavoro precari, poco tassati, senza diritto a pensione né assicurazione sanitaria; i Minjob, contratti atipici a 400 euro massimi; i finanziamenti a microimprese autonome e un maggior sostegno per gli over-50 che perdono il lavoro. Infine, nella “Hartz IV”, un reddito di cittadinanza anche a chi non trova lavoro dopo aver completato gli studi, con contributi per la casa, la famiglia e i figli, un'assicurazione sanitaria. Alta flessibilità del lavoro, come chiesto per anni da Fmi, Bce. Da una parte la flessibilità americana, dall'altra il modello nord-europeo universalistico (con qualche abuso come i lavori a un'euro l'ora per non perdere il sussidio). Un mix che ha facilitato le assunzioni portando il costo del lavoro, che era cronicamente alto, a livelli così competitivi da rendere la Germania il secondo esportatore mondiale dopo la Cina (a volte superando Pechino). In Germania il mercato lavoro funziona così: “minijob”, flessibilità e sussidi universali Antonella Ambrosioni La riforma del mercato del lavoro in Germania è passato ai raggi X di questi tempi. Il Paese ha un approccio radicalmente diverso rispetto a molti altri dell'Eurozona e per ora i risultati parlano di una bassa disoccupazione, ottenuta da Berlino attraverso un'alta flessibilità, e di una competitivitàrecord, ottenuta con una forte pressione sui salari. Tutto parte dalla riforma Hartz, dal nome dell'ex consigliere d'amministrazione di Volkswagen che, sotto il governo Schroeder, diede vita fra il 2003 e il 2005 a una serie di provvedimenti sul mercato del lavoro nella Germania post-unificazione alle prese con ben cinque milioni di disoccupati. La riforma, secondo alcuni, costò le elezioni al cancelliere tedesco. Ma a di- 3 Moody's: «Italia in ritardo sulle riforme del lavoro. E' improbabile il rialzo del rating» Redazione Il rating dell'Italia «probabilmente rimarrà nella parte più bassa dei rating con grado d'investimento (più alti del livello speculativo) nel futuro prevedibile». Lo scrive Moody's, spiegando che restano «persistenti» sfide di carattere strutturale che «abbassano le prospettive di crescita dell'Italia». Nel suo report sulle prospettive dei rating sovrani europei, Moody's scrive che «bassa produttività, rigidità del mercato del lavoro, mancanza di concorrenza in alcuni settori del terziario e alta pressione fiscale abbassano le prospettive di crescita dell'Italia». Questo significa, prosegue l'agenzia di rating, che «il rating sovrano dell'Italia probabilmente resterà nella coorte inferiore dei rating con grado d'investimento per il futuro prevedibile (da qui le prospettive stabili)». Moody's il mese scorso ha confermato il rating Baa2 sulla Repubblica italiana, due gradini sopra il livello speculativo, migliorando però le prospettive sul suo giudizio a stabili da negative. L'agenzia scrive che la maggioranza dei rating dell'Eurozona hanno ora una prospettiva stabile, con prospettive di miglioramento per Irlanda, Spagna e Lettonia e, invece, di peggioramento epr la Francia (outlook negativo). Tuttavia Moody's ricorda che «l'eredità di bilanci pubblici deteriorati, alto debito del settore privato e ripresa economica rende molti rating sovrani esposti a rischi al ribasso». A a precludere il ritorno dei rating a livelli pre-crisi è principalmente «il lento avanzamento verso un miglioramento della capacità istituzionale, a livello dell'Eurozona, di prevenire nuovi squilibri e migliorare la resistenza a future crisi». Serbia, dopo il trionfo del centrodestra alle elezioni, si parte con le riforme 4 Secolo d’Italia Antonio Pannullo I conservatori filoeuropeisti del Partito del progresso serbo (Sns), guidato da Aleksandar Vucic, hanno largamente vinto le legislative anticipate di domenica scorsa in Serbia con il 48,34% dei voti, pari a 158 seggi sul totale di 250 del parlamento. Stando ai risultati finali ulteriormente aggiornati della commissione elettorale, altri tre partiti hanno superato lo sbarramento del 5%: il Partito socialista (Sps) con il 13,51% (44 seggi), il Partito democratico (Ds) al quale è andato il 6,04% (19 seggi) e il Nuovo partito democratico (Nds) con il 5,71% (18 seggi). In parlamento entrano anche i rappresentanti di tre minoranze: quella ungherese con il 2,11% e sei deputati, quella musulmana del Sangiaccato con lo 0,95% e tre deputati e quella albanese del sud della Serbia con lo 0,68% e due deputati. L'affluenza è stata del 53,12%, in calo rispetto al 57,7% del 2012. Il commissario europeo all'allargamento, Stefan Fuele, ha espresso soddisfazione per il positivo andamento delle elezioni in Serbia, sottolineando come il voto abbia mostrato la volontà del popolo serbo di continuare sulla strada dell'integrazione europea. In una dichiarazione di cui danno notizia i media a Belgrado, Fuele si è congratulato con il leader conservatore Aleksandar Vucic per il largo successo elettorale del suo Partito del progresso, osservando come ora sia indispensabile attuare rapidamente le riforme economiche e strutturali di cui la Serbia ha bisogno. È importante, ha detto il commissario Ue, non rallentare nel processo di avvicinamento all'Unione e proseguire nel dialogo con Pristina. Sul voto anticipato di domenica, Fuele si è riferito al rapporto sostanzialmente positivo fatto dagli osservatori internazionali, che tuttavia hanno indicato la necessità di migliorare la situazione in fatto di trasparenza dei media e indipendenza dei giornalisti in Serbia. Il trionfo elettorale di Vucic è pari solo all'enorme responsabilità che il giovane leader conservatore e filoeuropeista ha ora dinanzi sé di riformare il Paese, ancora alle prese con una profonda crisi economica e sociale. L'ampio mandato popolare consentirebbe al suo partito di governare anche da solo, non gli concede infatti alcun alibi, considerando anche la debolezza dell'opposizione, divisa e poco organizzata. Di tutto ciò Vucic, nuovo premier in pectore, è pienamente consapevole, e a più riprese nelle ultime ore ha sottolineato la sua intenzione di formare un nuovo governo in tempi rapidi, e con una base politica la più ampia possibile. «Con tutta la forza per le riforme», è stato uno degli slogan elettorali di Vucic. Slogan che ora il leader conservatore dovrà declinare in tutte le sue varianti e combinazioni. Sul tavolo del nuovo governo Vucic troverà in primo luogo i dossier disoccupazione (con un tasso oltre il 20%), debito pubblico (sopra il 60% del Pil), deficit di bilancio (superiore al 7%), investimenti, insieme alla necessità di definire nuove leggi sul lavoro, sulle privatizzazioni e la bancarotta. Redazione Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato al Cremlino con i dirigenti della Crimea e di Sebastopoli l'accordo per il loro ingresso come nuovi soggetti nella Federazione Russa. Accordo che deve essere ratificato dal parlamento, contestualmente a una nuova legge. Il documento è stato firmato, oltre che da Putin, dal premier e dal presidente del parlamento crimeano, Serghiei Aksionov e Vladimir Kostantinov, e dal sindaco di Sebastopoli, Alexiei Cialyi. Dopo la firma è stato intonato l'inno russo. A quanto si apprende, durerà sino al 2 gennaio 2015 il periodo di transizione per l'unione della Crimea alla Russia: in questo periodo sarà regolata l'integrazione nel campo economico, finanziario, creditizio e legale, del potere statale. Lo si legge nel trattato firmato al Cremlino per il ritorno della Crimea nella Federazione Russa. Sono state fissate anche le prossime elezioni, sia a Seba- stopoli che in Crimea: la seconda domenica del settembre 2015. Sebastopoli avrà lo status di città di importanza federale, come Mosca e San Pietroburgo: lo prevede il trattato. Per alcuni mesi, da due a sei, in Crimea circoleranno sia il rublo russo che la grivnia ucraina. Lo ha detto il premier filorusso della repubblica separatista, Serghiei Aksionov, citato dall'agenzia Interfax. Intanto decine di persone sono in coda a Sebastopoli, Crimea, per chiudere il conto corrente nelle banche ucraine e aprirne uno in un istituto di credito russo. Lo ha constatato l'inviato dell'Ansa. «Siamo stanchi dei limiti imposti da Kiev», dice una ragazza davanti alla filiale di una banca russa nel centro di Sebastopoli. Nel suo discorso al parlamento Putin ha ribadito che Mosca non ha violato alcuna norma internazionale in Crimea e che «le forze armate russe non sono entrate in Crimea, c'erano già in conformità all'accordo con Kiev, non abbiamo neppure superato il limite previsto di 25 mila unità». Intanto la Crimea fa scuola: un appello alla leadership russa per esaminare la possibilità di annessione dell'autoproclamata repubblica di Transnistria, in Moldova, è stato lanciato durante una tavola rotonda nella capitale Tiraspol, alla quale hanno partecipato deputati locali e rappresentanti di organizzazioni giovanili. Lo riferisce Itar-Tass citando Irina Bubanskikh, capo ufficio stampa del parlamento della Transnistria. Nel 2006 la regione russofona tenne un referendum analogo a quello di domenica scorsa in Crimea: il 97% degli elettori votò a favore dell'indipendenza e della successiva entrata in Russia. Ma all'epoca Mosca non fece alcun passo. Lo scorso novembre l'ex repubblica sovietica ha firmato l'accordo di associazione con la Ue. Putin tira diritto: firmata al Cremlino il rientro della Crimea nella Madre Russia MERCOLEDì 19 MARZO 2014 Il Presidente dell'assemblea Onu va in India: probabile un intervento per i marò Redazione Il presidente dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, l'ambasciatore di Antigua e Barbuda John W. Ashe, è andato il queste ore a Nuova Delhi per una visita di quattro giorni, durante la quale avrà numerosi contatti con responsabili politici e diplomatici locali. Lo ha reso noto il ministero degli Esteri indiano. L'unico appuntamento per ora conosciuto dell'attività di Ashe è una conferenza il 21 marzo presso il Consiglio indiano per gli affari mondiali (Icwa) di Delhi sul tema "Agenda di sviluppo post 2015 e obiettivi dello sviluppo sostenibile". Non è possibile per il momento sapere se il responsabile affronterà con le autorità indiane la questione dei marò italiani Latorre e Girone bloccati da due anni in India senza che ancora siano stati chiariti i capi di accusa per l'incidente in cui il 15 febbraio 2012 al largo del Kerala persero la vita due pescatori indiani. Il tema lunedì è stato ampiamente sollevato in una visita al Palazzo di Vetro dal ministro dell'Interno Angelino Alfano secondo cui «i marò devono essere immediatamente liberati». E su questo «l'Onu deve assumere una posizione chiara e forte», ha aggiunto Alfano. Tuttavia si deve notare che è giunto a Nuova Delhi l'inviato del governo italiano per la vicenda dei marò, Staffan de Mistura, che in passato ha ricoperto importanti incarichi ai vertici delle Nazioni Unite. Golpe, bombe, attentati: e i turisti disertano il Paese dei Faraoni... MERCOLEDì 19 MARZO 2014 Secolo d’Italia Redazione Rischio terrorismo, allarme attentati e instabilità politica. La crisi in Egitto ha fatto calare di quasi il 30% il flusso dei turisti nel Paese dei Faraoni a gennaio, mentre resta tuttora valido il warning della Farnesina del 28 febbraio scorso che sconsiglia di recarsi nelle località turistiche del Paese. Nel sito viaggiaresicuri il ministero degli Esteri sottolinea che «in considerazione del progressivo deterioramento della situazione di sicurezza si sconsigliano i viaggi in tutto il Sinai comprese Sharm el Sheik, Dahab, Nuweiba e Taba, ma anche quelli non indispensabili in località diverse dalle aree turistiche dell'alto Egitto, della costa continentale del Mar Rosso e di quella del Mar Mediterraneo». Avvertimenti seguiti dopo l'attacco ai turisti a Taba e le minacce lanciate contro gli stranieri dal gruppo qaedista Ansar Beit el Maqdis, i Partigiani di Gerusalemme, a metà febbraio. La crisi si sente e i dati dell'ufficio centrale di statistica egiziana parlano chiaro: a gennaio di quest'anno vi è stato un calo del 28,9% degli stranieri rispetto allo stesso mese del 2013. In particolare nel primo mese dell'anno sono stati registrati 642mila turisti rispetto ai precedenti 903mila. In testa quelli provenienti dall'Europa dell'est, seguiti dall'Europa occidentale e dal Medio Oriente. Da quando i militari hanno deposto lo scorso luglio il presidente islamista Mohamed Morsi, il Paese sta vivendo una nuova escalation di violenza. Tra i più sanguinosi episodi quello risalente al 14 agosto scorso, quando morirono centinaia di persone, fra cui 8 poliziotti, negli sgomberi da parte delle forze di sicurezza dei sostenitori dei Fratelli musulmani ai sitin di Rabaa al Adawiya al Cairo. A rendere noti i dati di quella giornata è stato il Consiglio nazionale dei diritti umani che ha parlato di un uso sproporzionato della forza da parte delle forze dell'ordine. Intanto si attende che l'alta Commissione elettorale si pronunci sulla data della presentazione delle candidature per le presidenziali e fissi la data del voto. Una consultazione che - secondo un sondaggio dell'istituto indipendente Basira - premierebbe il maresciallo Abdel Fattah al Sisi, capo delle forze armate che ancora non ha annunciato la sua candidatura. Sul fronte giudiziario la Corte d'appello del Cairo ha respinto la ricusazione dei giudici al processo che vede imputato Morsi insieme ad altri 14 quadri della Fratellanza per gli incidenti di fronte al palazzo presidenziale nel dicembre 2012. Guai anche per uno dei figli del deposto presidente islamista, Abdullah Morsi, rinviato a giudizio per possesso di hashish insieme ad un'altra persona. Redazione A proposito di crisi, sembra che ci sia chi sta peggio di noi: a quanto pare, a New York, capitale internazionale del lusso e della moda, un numero sempre crescente di persone lottano per sfamare se stessi e le proprie famiglie: quasi un cittadino della Grande Mela su cinque, pari a 1,4 milioni di individui, per mangiare conta sulla carità e sulle mense dei poveri. Si tratta di 200 mila persone in più solo negli ultimi cinque anni. Mentre il numero dei residenti che si affidano al programma federale dei buoni pasto, dal 2008 ad oggi è cresciuto da 1,3 a 1,8 milioni. Secondo quanto riporta il quotidiano Daily News, le due mense più grandi, la City Harvest e Food Bank for New York City, forniscono circa 50 milioni di chili di cibo l'anno per i poveri. Ma gli operatori spiegano che non è abbastanza. «C'è stato un aumento enorme delle persone in stato di bisogno, che si rivolgono a noi perché si trovano in una situazione di emergenza», ha spiegato monsi- gnor Kevin Sullivan, 63 anni, direttore esecutivo dei 90 punti ristoro gratuiti gestiti dalla Catholic Charities dell'arcidiocesi di New York. «Tante persone, troppe persone ha aggiunto - non hanno abbastanza soldi per pagare l'affitto e per mangiare». Mentre Margarette Purvis, presidente della Food Bank for New York City, ha sottolineato che il gruppo più numeroso di persone che si presenta alla mensa per mangiare è costituito dalle donne di età superiore ai 50 anni. «Vediamo tante famiglie, mamme single - ha aggiunto Kirk James, volontario 55 enne - non possiamo lasciarle fuori al freddo». Intanto nella Grande Mela si stanno affrontando anche altre emergenze: mentre a East Harlem, Manhattan, i soccorritori continuano a cercare i dispersi (almeno nove) nel crollo dei due edifici per una fuga di gas, divampano le polemiche sulla sicurezza delle infrastrutture di New York. La presenza di strutture vecchie e obsolete è infatti uno dei maggiori problemi della città. In questi giorni il think thank Center For an Urban Future ha pubblicato un rapporto sullo stato di strade, binari, tubature dell'acqua e del gas, notando che la Grande Mela necessita "disperatamente" di miglioramenti infrastrutturali. Più della metà dei condotti del gas sono stati installati prima del 1960 e costruiti con materiali che potrebbero avere perdite. Non è ancora chiaro se l'esplosione è stata causata da un guasto all'interno degli edifici o alle infrastrutture, ma secondo Ydanis Rodriguez, presidente della commissione trasporti della città, «non c'è dubbio che la rete del gas è vecchia. Se non vengono concessi i finanziamenti necessari per le riparazioni e i miglioramenti - ha aggiunto - eventi tragici come quello avvenuto ad Harlem possono diventare più comuni nella nostra città». Intanto monta la rabbia dei superstiti, che denunciano come diverse fughe di gas si sono succedute negli ultimi due anni, causando anche più di una voltra l'evacuazione degli edifici crollati. New York alla fame: triste declino per lʼex capitale internazionale del lusso 5 I medici: tra dieci anni si creerà un "buco" di oltre 15mila professionisti Redazione Il Sistema sanitario nazionale (Ssn), così come lo conosciamo, potrebbe avere vita breve se non si correrà ai ripari. Nell'arco di dieci anni, infatti, si creerà un buco di oltre 15mila medici e ciò metterà a rischio la tenuta stessa del sistema di assistenza. L'allarme, sulla base di numeri e calcoli precisi, arriva dal maggiore sindacato dei medici dirigenti, l'Anaao-Assomed, che propone al contempo misure urgenti per affrontare questa bomba pronta a deflagrare, a partire da un cambiamento della programmazione sanitaria e del sistema della formazione specialistica. In un'indagine effettuata sulla scorta dei dati forniti dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo), Enpam, ministero dell'Istruzione e Ragioneria generale dello Stato su curve di pensionamento, fabbisogni specialistici e numero chiuso per l'accesso alle Scuole di Medicina e Chirurgia, l'Anaao ha dunque evidenziato le criticità, tracciando un quadro allarmante: nei prossimi 10 anni mancheranno all'appello oltre 15.000 medici specialisti che operano nel Ssn poiché, a fronte del pensionamento di più di 58.000 tra medici dipendenti del Ssn, universitari e specialisti ambulatoriali, il numero dei contratti di formazione specialistica previsti dall'attuale programmazione sarà di 42 mila unità, ben al di sotto della soglia necessaria. Attualmente, i medici attivi in Italia sono circa 327.900 ed il personale medico dipendente del SSN ammonta a circa 116.000 unità. Il buco che verrà a determinarsi, avverte il sindacato, rischia dunque di rivelarsi insostenibile. Caso Terremerse: la magistratura dà ragione al centrodestra 6 Secolo d’Italia Redazione «La cosa ha dellʼincredibile: la Regione Emilia-Romagna, a guida Vasco Errani – siamo nel lontano 2006 – eroga fondi pubblici alla cooperativa agricola Terremerse, guidata da Giovanni Errani (fratello maggiore del presidente). Si parla di irregolarità – ricorda Fabio Filippi, consigliere di Pdl-Forza Italia alla Regione Emilia – lo stanziamento a quanto pare non è legittimo, lʼente si prodiga per dimostrare la bontà dellʼoperazione, tentativo non riuscito, la magistratura conferma lʼipotesi di reato. Sono passati otto anni e il governatore decide, nientemeno, di chiedere i danni al fratello, mezzo milione di euro per lʼimmagine lesa della Regione. La vicepresidente della Giunta, Simonetta Saliera, ha firmato in questi giorni lʼatto di costituzione di parte civile della Regione contro Terremerse, accolta dalla giudice Nadia Buttelli. Verrebbe da dire: tutto bene quel che finisce bene. Il sottoscritto da oltre cinque anni, in solitaria, chiede venga risolta la questione, portando il caso nel parlamentino regionale. Ho chiesto direttamente al presidente Errani di fare ammenda, di ammettere le irregolarità nella cessione del contributo dato alle solite cooperative; insomma, ho preteso che la Regione si riprendesse indietro il “malloppo”. Ci sono voluti cinque anni e alla fine lo stesso governatore mi ha indirettamente dato ragione. Ne prendo atto, me ne compiaccio, con me anche le tante aziende agricole che in questi anni si sono viste negare ingiustamente contributi. Lʼultimo atto ispettivo sul caso Terremerse lʼho presentato nellʼagosto 2012, chiedevo senza giri di parole la restituzione del milione di euro “sottratto” allʼente e quindi alla cittadinanza. Richiesta alla quale oggi fa eco anche il presidente Errani. Oltre al danno patrimoniale, che consiste appunto nella restituzione del famoso milione di euro più gli interessi, si va ad aggiungere un danno di immagine di 500 mila euro. Sarebbe opportuno che il tutto si chiudesse in breve tempo, rimettendo in circolo questi fondi, a favore delle tante aziende agricole sane che operano onestamente nel nostro territorio. Verso la fine dello scorso anno – conclude Filippi – in occasione del rinvii a giudizio, ricordavo che noi siamo sempre garantisti, non vogliamo nessuno in galera, ma allo stesso tempo chiedevamo la restituzione dellʼassegno, del milione. Oggi i fatti mi danno ragione». Redazione «Il Caim (Coordinamento Associazioni Islamiche di Milano) è tornato allʼattacco per la costruzione di una grande moschea a Milano entro Expo 2015. Noi ribadiamo che siamo assolutamente contrari a un progetto di questo tipo, a meno che non siano i cittadini di Milano ad accettarlo attraverso un referendum. E che non accettiamo alcun ultimatum». Lo afferma Riccardo De Corato, vicepresidente del Consiglio comunale e capogruppo di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale in Regione, che così continua: «Inoltre non è assolutamente pensabile realizzare una moschea entro lʼExpo. Basta guardare il rendering del progetto per capire che il Caim non ha in mente un tendone, ma una struttura complessa per la quale ci vorranno almeno cinque o sei anni di lavori. Sicuramente non potrebbe essere pronta per lʼExpo 2015. Al massimo per il prossimo Expo milanese, magari fra un secolo! Saremmo in ogni caso contrari anche alla realizzazione di una tensostruttura, perché finirebbe col penalizzare i cittadini della zona. Ribadisco pure che a Milano una moschea non è affatto urgente: in città ci sono circa 100mila musulmani, ma solo 5mila frequentano i luoghi di culto durante il Ramadan. Inoltre, già esistono dieci moschee censite dove gli islamici vanno regolarmente a pregare, perché costruire una grande moschea? Non vorremmo che queste continue pressioni fossero solo un modo per battere cassa a Pisapia da parte di chi ha appoggiato la sua campagna elettorale. Non dimentichiamo – conclude De Corato – che il coordinatore del Caim, Piccardo, è stato candidato con Sel proprio per le elezioni del sindaco. Ci sono già i centri sociali a battere cassa. Non vogliamo anche i sostenitori della moschea». Milano, in un anno non si può fare la moschea MERCOLEDì 19 MARZO 2014 “Terre ai giovani" nel Lazio: una trovata propagandistica di Zingaretti Redazione «Continua la politica di annunci della Giunta Zingaretti, accompagnati come sempre dai toni esageratamente entusiastici di alcuni esponenti di centrosinistra. Ora è la volta della pubblicazione del bando della Regione ”Terre ai giovani”: il progetto consisterebbe nellʼassegnazione in concessione di terreni agricoli a imprenditori under 40. Peccato che, in perfetto stile zingarettiano, questa iniziativa presenti più di una lacuna. E risulta essere lʼennesima trovata per puri fini propagandistici. Infatti, il bando presentato è sostanzialmente scarno e alcuni terreni sono in parte occupati, per altri ci sono contenziosi in essere e alcuni, addirittura, sono sprovvisti della vocazione agricola. Inoltre, soltanto tre sarebbero previsti nella Tuscia: un territorio, il nostro, che invece ha una forte vocazione agricola». È quanto sostiene Daniele Sabatini, consigliere di Nuovo Centrodestra alla Regione Lazio e membro della commissione Agricoltura, che aggiunge: «Perciò, a parte le solite dichiarazioni autoreferenziali della maggioranza, onestamente inopportune e fuori luogo, non vediamo i motivi di tale entusiasmo. Su tale argomento, insieme al capogruppo Di Paolo sono promotore di una proposta di legge che, a breve, in base a un nuovo testo condiviso, verrà discussa in commissione Agricoltura alla Pisana. La proposta prevede il coinvolgimento di tutto il patrimonio e delle terre del Lazio, non soltanto di quelle Arsial». Quartullo in scena con Lillo, Greg e la Ferilli, per ridere della italica vulnerabilità... Secolo MERCOLEDì 19 MARZO 2014 d’Italia Priscilla Del Ninno Quartullo superstar: l'attore si divide su più fronti teatrali, alle prese con commedie mirate a mettere alla berlina l'animo umano e la sua vulnerabilità. E allora, in queste settimane Pino Quartullo si divide in scena accanto a Sabrina Ferilli e Maurizio Micheli in Signori, le paté de la maison! (nei prossimi giorni in tour in Sardegna e dall'8 maggio al Brancaccio di Roma) e il duo comico di Lillo e Greg, per i quali firma la regia del nuovo Occhio a quei due (all'Ambra Jovinelli di Roma fino al 30 marzo). «Praticamente negli ultimi mesi non ho fatto che saltare da una situazione da Oscar all'altra», racconta divertito. «Sabrina da una parte, Lillo dall'altra (entrambi nel cast della Grande bellezza di Paolo Sorrentino): da gennaio è stato tutto un tifare e un brindare, man mano che arrivavo i riconoscimenti» racconta. Costruito a episodi, dunque, Occhio a quei due porta in scena la conferenza di un celebre psicologo, il professor Assianoris, pretesto in verità per mostrare un'esilarante galleria di situazioni che esplorano vizi e difetti dell'animo umano, tra venalità, insicurezza, egoismo e meschinità. Intanto, però, Quartullo è già tornato in palcoscenico anche per Signori, le paté de la 7 maison!, pièce diretta da Maurizio Micheli, che Carlo Buccirosso ha riadattato dalla commedia francese Prenom di Matthieu Delaporte e Alexandre de la Patellière (divenuta al cinema il film Cena tra amici, sulla quale sta lavorando anche Francesca Archibugi per il suo prossimo film). «È una sorta di Brothers and sisters all'italiana», spiega Quartullo, che interpreta il ruolo di un convinto sostenitore della destra, fratello invece di una sfegatata di sinistra come Sabrina Ferilli. La situazione si fa incandescente a una cena di famiglia, quando tra arrosti, cognati e suocere, lui annuncia che avrà un bambino e che lo chiamerà come uno dei capisaldi dell'estrema destra. La notizia sconvolge ogni equilibrio parentale, aprendo le porte a incomprensioni e non detti che serpeggiano in ogni famiglia. Ma nell'Italia della crisi, gli ideali politici fanno ancora così saltare sulla sedia? «I limiti oggi sono molto cambiati – conclude Quartullo–. Sempre più si votano le persone e non i partiti. Alcuni uomini di destra, poi, sono talmente aperti che fai fatica a posizionarli. Lo stesso Renzi non è propriamente un ortodosso uomo di sinistra. Diciamo che ci si scalda ancora per le idee, ma barriere e steccati sono caduti». Montalbano compie vent'anni: un successo destinato ancora a crescere Redazione Camilleri alacremente al lavoro: e proprio mentre si avvicina il compleanno della sua creatura letteraria più conosciuta e amata, il commissario Montalbano, lo scrittore siciliano annuncia la progressiva uscita di ben tre lavori. Ad anticiparlo è lo stesso Andrea Camilleri: «Ci sono tre libri pubblicabili. Il terzo arriverà a giorni e deciderà l'editore quale far uscire per primo». E allora, il commissario della cittadina immaginaria di Vigata, con cui l'autore ha fin qui venduto 15 milioni di copie – di cui oltre venti titoli pubblicati da Sellerio – compie vent'anni, e a maggio arriverà in libreria una sua nuova avventura. Non solo: l'editore ha anche l'ultimo capitolo della saga». E allora, ci sarà qualche sorpresa nelle nuove storie di Montalbano? «È il solito tran tran del commissariato, e poi diversifico l'andamento di quello che succede. Ma veramente in uno dei tre libri affronto un argomento che non avevo mai toccato: gli imbrogli negli appalti delle opere pubbliche», spiega Camilleri appagando le curiosità editoriali di molti lettori. «I miei libri su Montalbano – aggiunge poi lo scrittore siciliano – seguono un ordine cronologico preciso, invece l'editore li ha mescolati. Una cosa, per la verità, accaduta anche ai tempi di Elvira Sellerio. Ed è meglio che sia così». Così, nel bilancio di un successo lungo molti anni, domina una visione retrospettiva che coinvolge anche le evoluzioni narrative, gli aspetti inediti della lunga gestazione letteraria, le curiosità e le aspettative legate al personaggio: tanto che, ripensando ai vent'anni Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale Editore SECOLO DʼITALIA SRL Fondatore Franz Turchi d’Italia Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 Consiglio di Amministrazione Tommaso Foti (Presidente) Alberto Dello Strologo (Amministratore delegato) Alessio Butti Antonio Giordano Antonio Triolo Ugo Lisi del suo commissario, Camilleri racconta che «all'inizio è stata una sorpresa. Mica mi aspettavo tutto questo successo. Anzi, nelle mie intenzioni mi ero prefisso di finire con il secondo romanzo. Non mi facevo capace di avere una tale fantasia per la lunga serialità. Però ci sono riuscito». Montalbano «è un monumento che se ne sta lì, ancora destinato a crescere per qualche anno. Terminerà quando finirò io» conclude Camilleri, vera superstar nel giorno di chiusura di “Libri Come”, dove è venuto con il suo nuovo libro Inseguendo un'ombra (Sellerio), incentrato su un camaleontico personaggio, l'ebreo siciliano del XV secolo, Samuel Ben Nissim. Vicedirettore Responsabile Girolamo Fragalà Redazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/68817503 mail: [email protected] Amministrazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/688171 mail: [email protected] Abbonamenti Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/68817503 mail: [email protected] La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 250