spending review, cottarelli scarica su renzi la “grana

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spending review, cottarelli scarica su renzi la “grana
d’Italia
SPENDING REVIEW, COTTARELLI
SCARICA SU RENZI LA “GRANA” PENSIONI
ANNO LXII N.64
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Antonella Ambrosioni
Cinque miliardi di risparmio in otto
mesi. Il commissario per la revisione della spesa pubblica, Carlo
Cottarelli, ha presentato la sua
“cura” sui tagli alla spesa per il
2014. In audizione al Senato ha
esposto la sua diagnosi affermando che «per gli ultimi otto mesi
dellʼanno più o meno si arriva a 5
miliardi. Questo se si cominciasse
da maggio, prudenzialmente si
può contare su 3 miliardi. Cʼè un
margine, tutto dipende dalle decisioni politiche che si prendono».
Insomma, se la veda Renzi. Quindi
ha presentato la “lista della spesa”
che sta già suscitando malumori.
Lʼex dirigente del Fondo monetario
internazionale ha fatto una stima di
85mila eccedenze tra il personale
della pubblica amministrazione.
Oltre a mettere mano alle spese
per la Difesa, ai trasferimenti alle
imprese, alla riorganizzazione
delle forze di Polizia e al taglio
degli stipendi dei dirigenti, Cottarelli avrebbe infatti individuato esuberi tra i dipendenti pubblici per
85mila unità al 2016. Una misura
che potrebbe generare un risparmio per le casse statali di 3 miliardi, ma già si annuncia una
fortissima battaglia sul tema. Per la
Cgil si tratta dellʼ«ennesimo attacco al sistema pubblico e del
welfare». Si tratta di una stima di
massima che va «affinato sulla
WWW.SECOLODITALIA.IT
base delle effettive riforme che dovranno essere chiarite nel 2014», ha
chiarito Cottarelli.
Non mancano altre criticità. In primo
luogo lʼintervento sulle pensioni, che
dovrebbe toccare diversi aspetti:
una stretta sugli assegni di accompagnamento e contro gli abusi delle
invalidità, ma anche un innalzamento dellʼetà contributiva delle
donne. Queste dovrebbero affiancarsi agli uomini, passando da 41 a
42 anni di contributi senza vincolo di
età anagrafica. Una mossa “chiesta
dallʼUe”, si legge nelle slide presentate da Cottarelli, che dovrebbe portare 1,7 miliardi in tre anni.
Dovrebbe invece morire sul nascere
lʼidea di chiedere un contributo (da
ben 2,9 miliardi) al 15% di pensioni
più alte, ma sul quale il premier Matteo Renzi ha posto pubblicamente
un veto. Cottarelli ha spiegato che
«si trattava di uno scenario illustrativo», riferito a un possibile contributo a partire dai redditi sopra
26mila euro, che corrispondono alla
media degli italiani. Poi il chiarimento: «Sono scelte politiche, si
può anche decidere che non si devono toccare». Come dire, la
“bomba” delle pensioni è una responsabilità che spetta al premier.
Niente tagli alla Sanità. «Il Sistema
sanitario nazionale è sostenibile?
Credo di sì», risponde il Commissario. «Non credo sia necessario un
cambiamento radicale, in percentuale i risparmi nel mio documento
sono abbastanza contenuti, non cʼè
da rivedere il sistema, cʼè un risparmio sui servizi, con la piena attuazione dei costi standard». Diverso il
settore Sicurezza: «Sulle forze di
polizia esistano problemi di sovrapposizione e di coordinamento: è ab-
mercoledì 19/3/2014
bastanza noto che esistano margini
di risparmio: non si vuole ridurre il livello di sicurezza, è unʼarea in cui si
parla di sinergie, spendendo di
meno». Una posizione che non soddisfa affatto Forza Italia che era
stata chiara sul “no” ai tagli in un settore già sotto pressione. E FdI lancia un allarme: «Il governo a guida
Pd mette a repentaglio la protezione
dei cittadini. Un piano per tagliare
700 milioni nel comparto sicurezza
proprio mentre i dati del Viminale
2013 attestano un aumento dei furti
e delle rapine in casa e la crescita
della percezione di insicurezza», dichiara Edmondo Cirielli, deputato di
Fratelli dʼItalia-Alleanza Nazionale. Il
fronte sindacale è scontento della
cura Cottarelli: la Cgil si aspettava
«una maggiore lotta agli sprechi
reali e non lʼennesimo attacco al sistema pubblico». Centrella dellʼUgl
stigmatizza: «È chiaro a cosa mira il
“regalo” in busta paga: non a rimettere in moto il mercato interno, ma a
indorare la pillola indigeribile della
spending review». Secondo il segretario generale «se la cura Cottarelli dovesse portare ad un taglio di
85 mila dipendenti pubblici in tre
anni, i circa 84 euro al mese saranno corrisposti per alcuni lavoratori simultaneamente allʼuscita dalla
vita lavorativa». Basta usare «il pubblico impiego come un bancomat»,
dice, infine, la Uil. Adesso, sembra
dire il commissario, la palla passa a
Renzi.
Raccontare balle sul centrodestra aiuta a far carriera. E non solo ai clown della satira
Francesco Signoretta
Buttiamola là, una frase a effetto. Mettiamoci un poʼ di pepe, così da renderla più stuzzicante. E costruiamoci
sopra una vicenda, un retroscena, sicuri che poi si diffonderà a macchia
dʼolio. È stata questa e continua ad
esserlo la strategia dʼattacco di alcuni
organi di stampa contro il centrodestra. Ed è stata la stessa strategia
dʼattacco usata da comici (o presunti
tali) che – con la scusa della satira –
hanno insultato molte parlamentari arrivando a illazioni sessuali, nel silenzio delle paladine del femminismo
nostrano. Lʼobiettivo è il killeraggio
dellʼavversario, attuato attraverso la
demolizione dellʼimmagine. È un altro
storico vizietto della sinistra che, dal
dopoguerra a oggi, ha cercato di infangare chiunque desse fastidio, cercando di far passare Giorgio
Almirante per un fucilatore, Achille
Lauro per un teorico del voto di scambio (una volta hanno raccontato che
regalava scarpe, unʼaltra volta che regalava spaghetti), fino ai giorni nostri,
con gli obiettivi variabili, da Scajola ad
Alessandra Mussolini e alla Gelmini,
tanto per citare qualche esempio
eclatante. È chiaro però che le favole
più clamorose vengono costruite sul
nemico numero uno, Silvio Berlusconi. Il punto, però, non è la falsità di
un retroscena o di un sentito dire, ma
la correttezza, perché se il confronto
non ritrova la correttezza si scivola
nelle tentazioni grilline, nella politica
delle battutacce sul web, delle foto taroccate su Facebook. Un errore clamoroso, commesso dalla sinistra
mediatica. Proprio per questo ha un
certo rilievo lo sfogo di Berlusconi:
«Ormai ogni giorno leggo sui quotidiani mie frasi virgolettate, miei pensieri riportati, scenari che riguardano il
mio movimento politico, tanto lontani
dalla realtà da procurarmi sentimenti
di invidia, mai provati in vita mia, per la
fantasia dimostrata dai redattori di tali
articoli. Di questo passo – osserva il
presidente di Forza Italia – i principali
organi di informazione del Paese si
trasformeranno presto e definitivamente in saggi di fantascienza tali da
fare concorrenza ai più noti romanzieri
del genere. Nel vostro interesse, per
il bene dellʼinformazione, per favore,
basta!». Il rischio è che i soliti noti faranno passare queste parole per un
altro editto bulgaro, un altro tentativo
di mettere il bavaglio. Per poi tornare
al punto dʼinizio. E a unʼaltra favoletta
piccante.
Marino contro lo “stradone fascista”.
Ma la sua idea è degli anni Novanta
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Annalisa Terranova
A credere nel sindaco Ignazio
Marino sono rimasti in pochi. Il
premier Matteo Renzi non lo
ama e questa è già una certezza che fa vacillare la poltrona del primo cittadino
capitolino. Il Pd non lo apprezza. Ma cʼè dellʼaltro. Gli ultimi annunci di Marino, con
tutta probabilità indirizzati a ricucire un poʼ la sua immagine
strappata, sono tutti collegabili
alla filosofia di una politica dellʼimmagine che è ormai databile agli anni Novanta. Lʼidea
era che potesse bastare andare sui giornali, fare annunci
choc e “rivoluzionari” sulla
struttura urbanistica di una
città, far parlare di sé per iniziative per la cui realizzazione
si sarebbero impiegati decenni
e il gioco della popolarità sarebbe stato vinto. Questo è ciò
che ha fatto, ad esempio, Francesco Rutelli. Lʼidea di un
parco archeologico ai Fori, con
relativo smantellamento dello
“stradone fascista” voluto dal
Duce nel fatidico Ventennio
(unʼidea fissa di Petroselli e Antonio Cederna) fu strombazzata infatti anche da lui. Si fece
un poʼ di dibattito, un poʼ di movimento di comunicati stampa
Secolo
d’Italia
e ciò servì a coprire altre magagne che intanto si radicavano
nellʼUrbe senza che nessuno
pensasse alla giusta cura di riequilibrio (per esempio la proliferazione di centri commerciali a
ridosso del Gra). Rutelli era più
immaginifico di Marino: tirò fuori
il progetto cento piazze, le fioriere, la navigabilità del Tevere.
E intanto il traffico soffocava la
città e la cronica mancanza di
asili nido non veniva risolta. Marino oggi, imitando quella gestione della funzione di sindaco,
ripercorre una ricetta abusata.
Ritiene di poter sopravvivere a
evidenti fallimenti gestionali con
lʼeffetto-annuncio, magari con il
rock dei Rolling Stones, magari
risuscitando lʼantica ossessione della sinistra contro via
dei Fori Imperiali (come se la
città avesse bisogno di nuove
guerre ideologiche). Ritiene di
poter ricompattare una sinistra
lacerata con le domeniche a
piedi e la promessa di piste ciclabili. Tutta questa mentalità,
che va bene per andare sui
giornali ma non per amministrare secondo il bene della cittadinanza,
andrebbe
totalmente ribaltata per recuperare lo slogan “piccolo è
bello”.
Non grandi annunci ma minuti e
quotidiani interventi in ogni quartiere (e non solo nel centro storico) per dare ai cittadini la
certezza che il Comune si
prende cura di loro, delle buche
per strada, del lampione rotto,
del semaforo da installare, dellʼalbero da potare, della panchina nel giardinetto sotto casa.
Ci vorrebbe, però, il coraggio di
andare in controtendenza; di sapere che la qualità della vita urbana è diventato un valore
sempre più apprezzato e sempre più apprezzabile per non deludere gli elettori; di rendersi
conto che la stagione dei sindaci
decisionisti è passata perché bisogna tirare la cinghia dal Quirinale fino al più piccolo dei
municipi. Bisognerebbe ripensare lʼagenda degli obiettivi: via
il concerto dei Rolling Stones,
per esempio, e regolamentazione severa degli orari di carico
e scarico merci per alleviare il
traffico. Via lʼidea di demolire lo
“stradone fascista” e regolamento severissimo per i pullman
turistici. Sarebbe una scelta
sensazionale, senza nulla togliere al mitico gruppo di Mick
Jagger.
sviluppi in questi giorni che
precedono lʼudienza che ci
sarà la prossima settimana».
Poi, ha aggiunto che «è giusto che il Parlamento sia informato»
degli
sviluppi,
sottolineando che il «raccordo dei ministeri degli
Esteri e della Difesa e la presidenza del Consiglio è uno
strumento per affrontare in
modo più coordinato e più
univoco di quanto fatto in
passato». «Io e il ministro Pinotti siamo in costante collegamento con loro e con le
loro mogli», ha aggiunto Mogherini ribadendo la necessità di «avere una voce
unica: la forza del nostro
messaggio è nellʼunivocità
del messaggio che facciamo
arrivare a Delhi». Una posizione condivisa anche dal ministro della Difesa Roberta
Pinotti: «Stiamo seguendo
con estrema attenzione, quotidianamente, la situazione
dei nostri marò, che è complicata, ma se parliamo tutti con
una voce sola è meglio. È importante che lʼIndia senta che
la nazione è compatta». Nel
frattempo la Corte Suprema
indiana, che sta esaminando
il caso, è in vacanza e tornerà al lavoro il 24 marzo. Ma
lʼIndia resta sotto i riflettori internazionali. Il presidente dellʼAssemblea generale delle
Nazioni Unite, ambasciatore
di Antigua e Barbuda John W.
Ashe, giungerà domani a
New Delhi per una visita di
quattro giorni, durante cui avrà
numerosi contatti con responsabili politici e diplomatici locali. Lʼunico appuntamento per
ora conosciuto dellʼattività di
Ashe è una conferenza il 21
marzo presso il Consiglio indiano per gli affari mondiali
(Icwa) di Delhi sul tema
“Agenda di sviluppo post 2015
e obiettivi dello sviluppo sostenibile”. Non è possibile per il
momento sapere se il responsabile affronterà con le autorità
indiane la questione dei marò.
Ieri il tema è stato ampiamente
sollevato in una visita al Palazzo di Vetro dal ministro dellʼInterno Angelino Alfano
secondo cui i marò «devono
essere immediatamente liberati». E su questo «lʼOnu deve
assumere
una
posizione
chiara e forte».
Marò, il ministro Mogherini conferma:
si va verso lʼarbitrato internazionale
Desiree Ragazzi
Lʼipotesi di ricorrere allʼarbitrato internazionale per risolvere il caso dei due marò si fa
sempre più concreta. Lo ha
confermato il ministro degli
Esteri, Federica Mogherini durante lʼaudizione davanti alle
Commissioni Esteri di Camera e Senato: sul caso
marò, ha detto, «abbiamo
mandato lʼultima nota verbale
la settima scorsa a New Delhi,
il prossimo passaggio può essere lʼavvio di un arbitrato internazionale. Sarà una scelta
che faremmo con gli avvocati
e oggi Staffan De Mistura è
tornato a Delhi per seguire gli
MERCOLEDì 19 MARZO 2014
Tagli di Cottarelli a Sanità e Sicurezza.
Forza Italia e Lega sul piede di guerra
MERCOLEDì 19 MARZO 2014
Valter Delle Donne
Fonti di palazzo Chigi precisano che
il documento sulla spending review,
circolato nei giorni scorsi e ancora
oggi su alcuni organi di informazione
è soltanto una delle bozze e non la
versione definitiva del lavoro del
commissario Carlo Cottarelli. Dalle
anticipazioni emergerebbero tagli
alle forze dell'ordine, ai costi della politica, alle auto blu, agli incentivi alle
imprese, alle partecipate, alla difesa,
alle prefetture, alle capitanerie di
porto, alle consulenze, all'illuminazione pubblica, agli immobili, alle
pensioni di guerra e di reversibilità. Il
dossier dell'ex capo degli Affari fiscali
del Fmi ha già messo in allerta il centrodestra. «È inaccettabile che la
mannaia del governo si abbatta sulla
sicurezza – attacca Maurizio Gasparri – Un conto è migliorare il coordinamento delle forze di polizia per
aumentarne l'efficienza, altro è procedere a colpi di sforbiciate qua e la,
tagliando stipendi e personale o
chiudendo caserme storiche e uffici
territoriali fondamentali. Il piano Cottarelli ha come unico obiettivo quello
di impoverire ulteriormente gli organici, già in forte sofferenza, e smantellare le forze di polizia». A questo
Secolo
d’Italia
proposito il vicepresidente del Senato chiede al ministro degli Interni
Angelino Alfano di riferire in Senato.
Secondo Gasparri, «il governo
avrebbe dovuto investire di più sulla
sicurezza dei cittadini, non certo continuare in un'escalation d'impoverimento del presidio territoriale a tutela
dei cittadini». «La situazione – prosegue l'esponente di Forza Italia – è
allarmante. Meno risorse vuol dire
meno sicurezza. È questo quello che
vuole il governo? La sicurezza è una
priorità. Non consentiremo operazioni scellerate che privino i cittadini
di un diritto fondamentale». Poco
dopo arriva anche la presa di posizione del sottosegretario alla Difesa,
Gioacchino Alfano compagno di partito nonché omonimo del ministro
dell'Interno. «Da parte mia – dice
l'esponente del Nuovo centrodestra
– assicuro che non verrà mai meno il
sostegno alle forze dell'ordine e alla
puntuale e lodevole azione di sicurezza e difesa che quotidianamente
assicurano al Paese e che ha anche
un effetto determinante sullo sviluppo». Per Alfano «occorre individuare i settori e le attività che
possano essere temporaneamente
sospese a tal fine e non agire di impulso ed in modo indiscriminato. Bisogna inoltre valutare anche le
ricadute di natura economica connesse a tali decisioni». E un aut aut
al governo è posto anche dalla Lega,
attraverso il governatore della Lombardia, Roberto Maroni: «Ho letto
che il commissario della spending review Cottarelli vuole recuperare tre
miliardi dalla sanità: benissimo,
siamo la Regione eccellenza nella
sanità quindi recuperi usando il metodo Lombardia in tutte le altre Regioni: se è così va bene», invece se
saranno decisi tagli lineari «dico "no,
grazie", ci ribelleremo».
stanza di un decennio ha contribuito a ridurre i disoccupati di
oltre due milioni, con un tasso
di disoccupazione di circa il
5%, sui minimi record nel
mezzo della peggior crisi dell'Eurozona, e con bassissima
disoccupazione fra i giovani. In
quattro provvedimenti, la Germania ha rilanciato il suo welfare attraverso sussidi di
disoccupazione
universali,
estesi cioè a tutti, purché si dimostri di essere in ricerca attiva di lavoro: i disoccupati
vengono sollecitati con proposte di lavoro che, se non accettate,
decurtano
progressivamente le sovvenzioni pubbliche. Fra buoni per
la formazione, job center e
agenzie interinali, Hartz ha poi
introdotto i famosi, nel bene e
nel male, “Minijob”, contratti di
lavoro precari, poco tassati,
senza diritto a pensione né assicurazione sanitaria; i Minjob,
contratti atipici a 400 euro massimi; i finanziamenti a microimprese autonome e un maggior
sostegno per gli over-50 che
perdono il lavoro. Infine, nella
“Hartz IV”, un reddito di cittadinanza anche a chi non trova lavoro dopo aver completato gli
studi, con contributi per la
casa, la famiglia e i figli, un'assicurazione sanitaria. Alta flessibilità del lavoro, come chiesto
per anni da Fmi, Bce. Da una
parte la flessibilità americana,
dall'altra il modello nord-europeo universalistico (con qualche abuso come i lavori a
un'euro l'ora per non perdere il
sussidio). Un mix che ha facilitato le assunzioni portando il
costo del lavoro, che era cronicamente alto, a livelli così competitivi da rendere la Germania
il secondo esportatore mondiale dopo la Cina (a volte superando Pechino).
In Germania il mercato lavoro funziona così: “minijob”,
flessibilità e sussidi universali
Antonella Ambrosioni
La riforma del mercato del lavoro in Germania è passato ai
raggi X di questi tempi. Il
Paese ha un approccio radicalmente diverso rispetto a molti
altri dell'Eurozona e per ora i risultati parlano di una bassa disoccupazione, ottenuta da
Berlino attraverso un'alta flessibilità, e di una competitivitàrecord, ottenuta con una forte
pressione sui salari. Tutto parte
dalla riforma Hartz, dal nome
dell'ex consigliere d'amministrazione di Volkswagen che,
sotto il governo Schroeder,
diede vita fra il 2003 e il 2005 a
una serie di provvedimenti sul
mercato del lavoro nella Germania post-unificazione alle
prese con ben cinque milioni di
disoccupati. La riforma, secondo alcuni, costò le elezioni
al cancelliere tedesco. Ma a di-
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Moody's: «Italia in ritardo
sulle riforme del lavoro.
E' improbabile il rialzo del rating»
Redazione
Il rating dell'Italia «probabilmente rimarrà nella parte più bassa dei rating
con grado d'investimento (più alti del
livello speculativo) nel futuro prevedibile». Lo scrive Moody's, spiegando
che restano «persistenti» sfide di carattere strutturale che «abbassano le
prospettive di crescita dell'Italia». Nel
suo report sulle prospettive dei rating
sovrani europei, Moody's scrive che
«bassa produttività, rigidità del mercato del lavoro, mancanza di concorrenza in alcuni settori del terziario e
alta pressione fiscale abbassano le
prospettive di crescita dell'Italia».
Questo significa, prosegue l'agenzia
di rating, che «il rating sovrano dell'Italia probabilmente resterà nella coorte inferiore dei rating con grado
d'investimento per il futuro prevedibile
(da qui le prospettive stabili)». Moody's il mese scorso ha confermato il
rating Baa2 sulla Repubblica italiana,
due gradini sopra il livello speculativo,
migliorando però le prospettive sul
suo giudizio a stabili da negative.
L'agenzia scrive che la maggioranza
dei rating dell'Eurozona hanno ora
una prospettiva stabile, con prospettive di miglioramento per Irlanda,
Spagna e Lettonia e, invece, di peggioramento epr la Francia (outlook
negativo). Tuttavia Moody's ricorda
che «l'eredità di bilanci pubblici deteriorati, alto debito del settore privato
e ripresa economica rende molti rating sovrani esposti a rischi al ribasso». A a precludere il ritorno dei
rating a livelli pre-crisi è principalmente «il lento avanzamento verso
un miglioramento della capacità istituzionale, a livello dell'Eurozona, di
prevenire nuovi squilibri e migliorare
la resistenza a future crisi».
Serbia, dopo il trionfo del centrodestra
alle elezioni, si parte con le riforme
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Secolo
d’Italia
Antonio Pannullo
I conservatori filoeuropeisti del Partito
del progresso serbo (Sns), guidato da
Aleksandar Vucic, hanno largamente
vinto le legislative anticipate di domenica scorsa in Serbia con il 48,34%
dei voti, pari a 158 seggi sul totale di
250 del parlamento. Stando ai risultati finali ulteriormente aggiornati della
commissione elettorale, altri tre partiti
hanno superato lo sbarramento del
5%: il Partito socialista (Sps) con il
13,51% (44 seggi), il Partito democratico (Ds) al quale è andato il
6,04% (19 seggi) e il Nuovo partito
democratico (Nds) con il 5,71% (18
seggi). In parlamento entrano anche i
rappresentanti di tre minoranze:
quella ungherese con il 2,11% e sei
deputati, quella musulmana del Sangiaccato con lo 0,95% e tre deputati e
quella albanese del sud della Serbia
con lo 0,68% e due deputati. L'affluenza è stata del 53,12%, in calo rispetto al 57,7% del 2012. Il
commissario europeo all'allargamento, Stefan Fuele, ha espresso
soddisfazione per il positivo andamento delle elezioni in Serbia, sottolineando come il voto abbia mostrato
la volontà del popolo serbo di continuare sulla strada dell'integrazione
europea. In una dichiarazione di cui
danno notizia i media a Belgrado,
Fuele si è congratulato con il leader
conservatore Aleksandar Vucic per il
largo successo elettorale del suo Partito del progresso, osservando come
ora sia indispensabile attuare rapidamente le riforme economiche e strutturali di cui la Serbia ha bisogno. È
importante, ha detto il commissario
Ue, non rallentare nel processo di avvicinamento all'Unione e proseguire
nel dialogo con Pristina. Sul voto anticipato di domenica, Fuele si è riferito al rapporto sostanzialmente
positivo fatto dagli osservatori internazionali, che tuttavia hanno indicato
la necessità di migliorare la situazione
in fatto di trasparenza dei media e indipendenza dei giornalisti in Serbia. Il
trionfo elettorale di Vucic è pari solo
all'enorme responsabilità che il giovane leader conservatore e filoeuropeista ha ora dinanzi sé di riformare il
Paese, ancora alle prese con una
profonda crisi economica e sociale.
L'ampio mandato popolare consentirebbe al suo partito di governare
anche da solo, non gli concede infatti
alcun alibi, considerando anche la debolezza dell'opposizione, divisa e
poco organizzata. Di tutto ciò Vucic,
nuovo premier in pectore, è pienamente consapevole, e a più riprese
nelle ultime ore ha sottolineato la sua
intenzione di formare un nuovo governo in tempi rapidi, e con una base
politica la più ampia possibile. «Con
tutta la forza per le riforme», è stato
uno degli slogan elettorali di Vucic.
Slogan che ora il leader conservatore
dovrà declinare in tutte le sue varianti
e combinazioni. Sul tavolo del nuovo
governo Vucic troverà in primo luogo
i dossier disoccupazione (con un
tasso oltre il 20%), debito pubblico
(sopra il 60% del Pil), deficit di bilancio (superiore al 7%), investimenti, insieme alla necessità di definire nuove
leggi sul lavoro, sulle privatizzazioni e
la bancarotta.
Redazione
Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato al Cremlino con i dirigenti della
Crimea e di Sebastopoli l'accordo per il
loro ingresso come nuovi soggetti nella
Federazione Russa. Accordo che deve
essere ratificato dal parlamento, contestualmente a una nuova legge. Il documento è stato firmato, oltre che da
Putin, dal premier e dal presidente del
parlamento crimeano, Serghiei Aksionov e Vladimir Kostantinov, e dal sindaco di Sebastopoli, Alexiei Cialyi.
Dopo la firma è stato intonato l'inno
russo. A quanto si apprende, durerà
sino al 2 gennaio 2015 il periodo di transizione per l'unione della Crimea alla
Russia: in questo periodo sarà regolata
l'integrazione nel campo economico, finanziario, creditizio e legale, del potere
statale. Lo si legge nel trattato firmato al
Cremlino per il ritorno della Crimea nella
Federazione Russa. Sono state fissate
anche le prossime elezioni, sia a Seba-
stopoli che in Crimea: la seconda domenica del settembre 2015. Sebastopoli avrà lo status di città di importanza
federale, come Mosca e San Pietroburgo: lo prevede il trattato. Per alcuni
mesi, da due a sei, in Crimea circoleranno sia il rublo russo che la grivnia
ucraina. Lo ha detto il premier filorusso
della repubblica separatista, Serghiei
Aksionov, citato dall'agenzia Interfax. Intanto decine di persone sono in coda a
Sebastopoli, Crimea, per chiudere il
conto corrente nelle banche ucraine e
aprirne uno in un istituto di credito
russo. Lo ha constatato l'inviato dell'Ansa. «Siamo stanchi dei limiti imposti
da Kiev», dice una ragazza davanti alla
filiale di una banca russa nel centro di
Sebastopoli. Nel suo discorso al parlamento Putin ha ribadito che Mosca non
ha violato alcuna norma internazionale
in Crimea e che «le forze armate russe
non sono entrate in Crimea, c'erano già
in conformità all'accordo con Kiev, non
abbiamo neppure superato il limite previsto di 25 mila unità». Intanto la Crimea
fa scuola: un appello alla leadership
russa per esaminare la possibilità di annessione dell'autoproclamata repubblica di Transnistria, in Moldova, è stato
lanciato durante una tavola rotonda
nella capitale Tiraspol, alla quale hanno
partecipato deputati locali e rappresentanti di organizzazioni giovanili. Lo riferisce Itar-Tass citando Irina Bubanskikh,
capo ufficio stampa del parlamento
della Transnistria. Nel 2006 la regione
russofona tenne un referendum analogo a quello di domenica scorsa in Crimea: il 97% degli elettori votò a favore
dell'indipendenza e della successiva
entrata in Russia. Ma all'epoca Mosca
non fece alcun passo. Lo scorso novembre l'ex repubblica sovietica ha firmato l'accordo di associazione con la
Ue.
Putin tira diritto: firmata al Cremlino
il rientro della Crimea nella Madre Russia
MERCOLEDì 19 MARZO 2014
Il Presidente dell'assemblea
Onu va in India: probabile
un intervento per i marò
Redazione
Il presidente dell'Assemblea generale
delle Nazioni Unite, l'ambasciatore di
Antigua e Barbuda John W. Ashe, è
andato il queste ore a Nuova Delhi per
una visita di quattro giorni, durante la
quale avrà numerosi contatti con responsabili politici e diplomatici locali.
Lo ha reso noto il ministero degli Esteri
indiano. L'unico appuntamento per ora
conosciuto dell'attività di Ashe è una
conferenza il 21 marzo presso il Consiglio indiano per gli affari mondiali
(Icwa) di Delhi sul tema "Agenda di
sviluppo post 2015 e obiettivi dello sviluppo sostenibile". Non è possibile per
il momento sapere se il responsabile
affronterà con le autorità indiane la
questione dei marò italiani Latorre e
Girone bloccati da due anni in India
senza che ancora siano stati chiariti i
capi di accusa per l'incidente in cui il
15 febbraio 2012 al largo del Kerala
persero la vita due pescatori indiani. Il
tema lunedì è stato ampiamente sollevato in una visita al Palazzo di Vetro
dal ministro dell'Interno Angelino Alfano secondo cui «i marò devono essere immediatamente liberati». E su
questo «l'Onu deve assumere una posizione chiara e forte», ha aggiunto Alfano. Tuttavia si deve notare che è
giunto a Nuova Delhi l'inviato del governo italiano per la vicenda dei marò,
Staffan de Mistura, che in passato ha
ricoperto importanti incarichi ai vertici
delle Nazioni Unite.
Golpe, bombe, attentati: e i turisti
disertano il Paese dei Faraoni...
MERCOLEDì 19 MARZO 2014
Secolo
d’Italia
Redazione
Rischio terrorismo, allarme attentati
e instabilità politica. La crisi in Egitto
ha fatto calare di quasi il 30% il
flusso dei turisti nel Paese dei Faraoni a gennaio, mentre resta tuttora
valido il warning della Farnesina del
28 febbraio scorso che sconsiglia di
recarsi nelle località turistiche del
Paese. Nel sito viaggiaresicuri il ministero degli Esteri sottolinea che «in
considerazione del progressivo deterioramento della situazione di sicurezza si sconsigliano i viaggi in
tutto il Sinai comprese Sharm el
Sheik, Dahab, Nuweiba e Taba, ma
anche quelli non indispensabili in località diverse dalle aree turistiche
dell'alto Egitto, della costa continentale del Mar Rosso e di quella del
Mar Mediterraneo». Avvertimenti seguiti dopo l'attacco ai turisti a Taba e
le minacce lanciate contro gli stranieri dal gruppo qaedista Ansar Beit
el Maqdis, i Partigiani di Gerusalemme, a metà febbraio. La crisi si
sente e i dati dell'ufficio centrale di
statistica egiziana parlano chiaro: a
gennaio di quest'anno vi è stato un
calo del 28,9% degli stranieri rispetto
allo stesso mese del 2013. In particolare nel primo mese dell'anno
sono stati registrati 642mila turisti rispetto ai precedenti 903mila. In testa
quelli provenienti dall'Europa dell'est, seguiti dall'Europa occidentale
e dal Medio Oriente. Da quando i militari hanno deposto lo scorso luglio
il presidente islamista Mohamed
Morsi, il Paese sta vivendo una
nuova escalation di violenza. Tra i
più sanguinosi episodi quello risalente al 14 agosto scorso, quando
morirono centinaia di persone, fra
cui 8 poliziotti, negli sgomberi da
parte delle forze di sicurezza dei sostenitori dei Fratelli musulmani ai sitin di Rabaa al Adawiya al Cairo. A
rendere noti i dati di quella giornata
è stato il Consiglio nazionale dei diritti umani che ha parlato di un uso
sproporzionato della forza da parte
delle forze dell'ordine. Intanto si attende che l'alta Commissione elettorale si pronunci sulla data della
presentazione delle candidature per
le presidenziali e fissi la data del
voto. Una consultazione che - secondo un sondaggio dell'istituto indipendente Basira - premierebbe il
maresciallo Abdel Fattah al Sisi,
capo delle forze armate che ancora
non ha annunciato la sua candidatura. Sul fronte giudiziario la Corte
d'appello del Cairo ha respinto la ricusazione dei giudici al processo
che vede imputato Morsi insieme ad
altri 14 quadri della Fratellanza per
gli incidenti di fronte al palazzo presidenziale nel dicembre 2012. Guai
anche per uno dei figli del deposto
presidente islamista, Abdullah Morsi,
rinviato a giudizio per possesso di
hashish insieme ad un'altra persona.
Redazione
A proposito di crisi, sembra che ci
sia chi sta peggio di noi: a quanto
pare, a New York, capitale internazionale del lusso e della moda, un
numero sempre crescente di persone lottano per sfamare se stessi
e le proprie famiglie: quasi un cittadino della Grande Mela su cinque,
pari a 1,4 milioni di individui, per
mangiare conta sulla carità e sulle
mense dei poveri. Si tratta di 200
mila persone in più solo negli ultimi
cinque anni. Mentre il numero dei
residenti che si affidano al programma federale dei buoni pasto,
dal 2008 ad oggi è cresciuto da 1,3
a 1,8 milioni. Secondo quanto riporta il quotidiano Daily News, le
due mense più grandi, la City Harvest e Food Bank for New York City,
forniscono circa 50 milioni di chili di
cibo l'anno per i poveri. Ma gli operatori spiegano che non è abbastanza. «C'è stato un aumento
enorme delle persone in stato di bisogno, che si rivolgono a noi perché
si trovano in una situazione di
emergenza», ha spiegato monsi-
gnor Kevin Sullivan, 63 anni, direttore esecutivo dei 90 punti ristoro
gratuiti gestiti dalla Catholic Charities dell'arcidiocesi di New York.
«Tante persone, troppe persone ha aggiunto - non hanno abbastanza soldi per pagare l'affitto e
per mangiare». Mentre Margarette
Purvis, presidente della Food Bank
for New York City, ha sottolineato
che il gruppo più numeroso di persone che si presenta alla mensa
per mangiare è costituito dalle
donne di età superiore ai 50 anni.
«Vediamo tante famiglie, mamme
single - ha aggiunto Kirk James, volontario 55 enne - non possiamo lasciarle fuori al freddo». Intanto nella
Grande Mela si stanno affrontando
anche altre emergenze: mentre a
East Harlem, Manhattan, i soccorritori continuano a cercare i dispersi
(almeno nove) nel crollo dei due
edifici per una fuga di gas, divampano le polemiche sulla sicurezza
delle infrastrutture di New York. La
presenza di strutture vecchie e obsolete è infatti uno dei maggiori problemi della città. In questi giorni il
think thank Center For an Urban
Future ha pubblicato un rapporto
sullo stato di strade, binari, tubature dell'acqua e del gas, notando
che la Grande Mela necessita "disperatamente" di miglioramenti infrastrutturali. Più della metà dei
condotti del gas sono stati installati
prima del 1960 e costruiti con materiali che potrebbero avere perdite. Non è ancora chiaro se
l'esplosione è stata causata da un
guasto all'interno degli edifici o alle
infrastrutture, ma secondo Ydanis
Rodriguez, presidente della commissione trasporti della città, «non
c'è dubbio che la rete del gas è
vecchia. Se non vengono concessi
i finanziamenti necessari per le riparazioni e i miglioramenti - ha aggiunto - eventi tragici come quello
avvenuto ad Harlem possono diventare più comuni nella nostra
città». Intanto monta la rabbia dei
superstiti, che denunciano come
diverse fughe di gas si sono succedute negli ultimi due anni, causando anche più di una voltra
l'evacuazione degli edifici crollati.
New York alla fame: triste declino
per lʼex capitale internazionale del lusso
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I medici: tra dieci anni
si creerà un "buco" di oltre
15mila professionisti
Redazione
Il Sistema sanitario nazionale
(Ssn), così come lo conosciamo,
potrebbe avere vita breve se non
si correrà ai ripari. Nell'arco di
dieci anni, infatti, si creerà un
buco di oltre 15mila medici e ciò
metterà a rischio la tenuta stessa
del sistema di assistenza. L'allarme, sulla base di numeri e calcoli precisi, arriva dal maggiore
sindacato dei medici dirigenti,
l'Anaao-Assomed, che propone
al contempo misure urgenti per
affrontare questa bomba pronta
a deflagrare, a partire da un cambiamento della programmazione
sanitaria e del sistema della formazione specialistica. In un'indagine effettuata sulla scorta dei
dati forniti dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici
(Fnomceo), Enpam, ministero
dell'Istruzione e Ragioneria generale dello Stato su curve di
pensionamento, fabbisogni specialistici e numero chiuso per l'accesso alle Scuole di Medicina e
Chirurgia, l'Anaao ha dunque evidenziato le criticità, tracciando un
quadro allarmante: nei prossimi
10 anni mancheranno all'appello
oltre 15.000 medici specialisti
che operano nel Ssn poiché, a
fronte del pensionamento di più
di 58.000 tra medici dipendenti
del Ssn, universitari e specialisti
ambulatoriali, il numero dei contratti di formazione specialistica
previsti dall'attuale programmazione sarà di 42 mila unità, ben
al di sotto della soglia necessaria. Attualmente, i medici attivi in
Italia sono circa 327.900 ed il
personale medico dipendente del
SSN ammonta a circa 116.000
unità. Il buco che verrà a determinarsi, avverte il sindacato, rischia dunque di rivelarsi
insostenibile.
Caso Terremerse: la magistratura
dà ragione al centrodestra
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Secolo
d’Italia
Redazione
«La cosa ha dellʼincredibile: la
Regione Emilia-Romagna, a
guida Vasco Errani – siamo nel
lontano 2006 – eroga fondi pubblici alla cooperativa agricola Terremerse, guidata da Giovanni
Errani (fratello maggiore del presidente). Si parla di irregolarità –
ricorda Fabio Filippi, consigliere di
Pdl-Forza Italia alla Regione Emilia – lo stanziamento a quanto
pare non è legittimo, lʼente si prodiga per dimostrare la bontà dellʼoperazione, tentativo non
riuscito, la magistratura conferma
lʼipotesi di reato. Sono passati
otto anni e il governatore decide,
nientemeno, di chiedere i danni al
fratello, mezzo milione di euro per
lʼimmagine lesa della Regione. La
vicepresidente della Giunta, Simonetta Saliera, ha firmato in
questi giorni lʼatto di costituzione
di parte civile della Regione contro Terremerse, accolta dalla giudice Nadia Buttelli. Verrebbe da
dire: tutto bene quel che finisce
bene. Il sottoscritto da oltre cinque anni, in solitaria, chiede
venga risolta la questione, portando il caso nel parlamentino regionale. Ho chiesto direttamente
al presidente Errani di fare ammenda, di ammettere le irregolarità nella cessione del contributo
dato alle solite cooperative; insomma, ho preteso che la Regione si riprendesse indietro il
“malloppo”. Ci sono voluti cinque
anni e alla fine lo stesso governatore mi ha indirettamente dato ragione. Ne prendo atto, me ne
compiaccio, con me anche le
tante aziende agricole che in questi anni si sono viste negare ingiustamente contributi. Lʼultimo
atto ispettivo sul caso Terremerse
lʼho presentato nellʼagosto 2012,
chiedevo senza giri di parole la
restituzione del milione di euro
“sottratto” allʼente e quindi alla cittadinanza. Richiesta alla quale
oggi fa eco anche il presidente
Errani. Oltre al danno patrimoniale, che consiste appunto nella
restituzione del famoso milione di
euro più gli interessi, si va ad aggiungere un danno di immagine di
500 mila euro. Sarebbe opportuno che il tutto si chiudesse in
breve tempo, rimettendo in circolo
questi fondi, a favore delle tante
aziende agricole sane che operano onestamente nel nostro territorio. Verso la fine dello scorso
anno – conclude Filippi – in occasione del rinvii a giudizio, ricordavo che noi siamo sempre
garantisti, non vogliamo nessuno
in galera, ma allo stesso tempo
chiedevamo la restituzione dellʼassegno, del milione.
Oggi i fatti mi danno ragione».
Redazione
«Il Caim (Coordinamento Associazioni Islamiche di Milano) è tornato
allʼattacco per la costruzione di una
grande moschea a Milano entro
Expo 2015. Noi ribadiamo che
siamo assolutamente contrari a un
progetto di questo tipo, a meno che
non siano i cittadini di Milano ad accettarlo attraverso un referendum. E
che non accettiamo alcun ultimatum». Lo afferma Riccardo De Corato, vicepresidente del Consiglio
comunale e
capogruppo di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale in Regione, che così
continua: «Inoltre non è assolutamente pensabile realizzare una moschea entro lʼExpo. Basta guardare il
rendering del progetto per capire
che il Caim non ha in mente un tendone, ma una struttura complessa
per la quale ci vorranno almeno cinque o sei anni di lavori. Sicuramente
non potrebbe essere pronta per
lʼExpo 2015. Al massimo per il prossimo Expo milanese, magari fra un
secolo! Saremmo in ogni caso contrari anche alla realizzazione di una
tensostruttura, perché finirebbe col
penalizzare i cittadini della zona. Ribadisco pure che a Milano una moschea non è affatto urgente: in città
ci sono circa 100mila musulmani,
ma solo 5mila frequentano i luoghi di
culto durante il Ramadan. Inoltre, già
esistono dieci moschee censite
dove gli islamici vanno regolarmente
a pregare, perché costruire una
grande moschea? Non vorremmo
che queste continue pressioni fossero solo un modo per battere cassa
a Pisapia da parte di chi ha appoggiato la sua campagna elettorale.
Non dimentichiamo – conclude De
Corato – che il coordinatore del
Caim, Piccardo, è stato candidato
con Sel proprio per le elezioni del
sindaco. Ci sono già i centri sociali a
battere cassa. Non vogliamo anche
i sostenitori della moschea».
Milano, in un anno non si può fare la moschea
MERCOLEDì 19 MARZO 2014
“Terre ai giovani" nel Lazio:
una trovata propagandistica
di Zingaretti
Redazione
«Continua la politica di annunci
della Giunta Zingaretti, accompagnati come sempre dai toni esageratamente entusiastici di alcuni
esponenti di centrosinistra. Ora è
la volta della pubblicazione del
bando della Regione ”Terre ai
giovani”: il progetto consisterebbe
nellʼassegnazione in concessione
di terreni agricoli a imprenditori
under 40. Peccato che, in perfetto
stile zingarettiano, questa iniziativa presenti più di una lacuna. E
risulta essere lʼennesima trovata
per puri fini propagandistici. Infatti, il bando presentato è sostanzialmente scarno e alcuni
terreni sono in parte occupati, per
altri ci sono contenziosi in essere
e alcuni, addirittura, sono sprovvisti della vocazione agricola.
Inoltre, soltanto tre sarebbero
previsti nella Tuscia: un territorio,
il nostro, che invece ha una forte
vocazione agricola». È quanto
sostiene Daniele Sabatini, consigliere di Nuovo Centrodestra alla
Regione Lazio e membro della
commissione Agricoltura, che aggiunge: «Perciò, a parte le solite
dichiarazioni
autoreferenziali
della maggioranza, onestamente
inopportune e fuori luogo, non vediamo i motivi di tale entusiasmo.
Su tale argomento, insieme al capogruppo Di Paolo sono promotore di una proposta di legge che,
a breve, in base a un nuovo testo
condiviso, verrà discussa in commissione Agricoltura alla Pisana.
La proposta prevede il coinvolgimento di tutto il patrimonio e delle
terre del Lazio, non soltanto di
quelle Arsial».
Quartullo in scena con Lillo, Greg e la Ferilli,
per ridere della italica vulnerabilità...
Secolo
MERCOLEDì 19 MARZO 2014
d’Italia
Priscilla Del Ninno
Quartullo superstar: l'attore si divide su più fronti
teatrali, alle prese con commedie mirate a mettere alla berlina l'animo umano e la sua vulnerabilità. E allora, in queste settimane Pino
Quartullo si divide in scena accanto a Sabrina
Ferilli e Maurizio Micheli in Signori, le paté de la
maison! (nei prossimi giorni in tour in Sardegna
e dall'8 maggio al Brancaccio di Roma) e il duo
comico di Lillo e Greg, per i quali firma la regia
del nuovo Occhio a quei due (all'Ambra Jovinelli
di Roma fino al 30 marzo). «Praticamente negli
ultimi mesi non ho fatto che saltare da una situazione da Oscar all'altra», racconta divertito.
«Sabrina da una parte, Lillo dall'altra (entrambi
nel cast della Grande bellezza di Paolo Sorrentino): da gennaio è stato tutto un tifare e un brindare, man mano che arrivavo i riconoscimenti»
racconta. Costruito a episodi, dunque, Occhio a
quei due porta in scena la conferenza di un celebre psicologo, il professor Assianoris, pretesto
in verità per mostrare un'esilarante galleria di situazioni che esplorano vizi e difetti dell'animo
umano, tra venalità, insicurezza, egoismo e meschinità. Intanto, però, Quartullo è già tornato in
palcoscenico anche per Signori, le paté de la
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maison!, pièce diretta da Maurizio Micheli, che
Carlo Buccirosso ha riadattato dalla commedia
francese Prenom di Matthieu Delaporte e Alexandre de la Patellière (divenuta al cinema il film
Cena tra amici, sulla quale sta lavorando anche
Francesca Archibugi per il suo prossimo film).
«È una sorta di Brothers and sisters all'italiana»,
spiega Quartullo, che interpreta il ruolo di un
convinto sostenitore della destra, fratello invece
di una sfegatata di sinistra come Sabrina Ferilli.
La situazione si fa incandescente a una cena di
famiglia, quando tra arrosti, cognati e suocere,
lui annuncia che avrà un bambino e che lo chiamerà come uno dei capisaldi dell'estrema destra. La notizia sconvolge ogni equilibrio
parentale, aprendo le porte a incomprensioni e
non detti che serpeggiano in ogni famiglia. Ma
nell'Italia della crisi, gli ideali politici fanno ancora così saltare sulla sedia? «I limiti oggi sono
molto cambiati – conclude Quartullo–. Sempre
più si votano le persone e non i partiti. Alcuni uomini di destra, poi, sono talmente aperti che fai
fatica a posizionarli. Lo stesso Renzi non è propriamente un ortodosso uomo di sinistra. Diciamo che ci si scalda ancora per le idee, ma
barriere e steccati sono caduti».
Montalbano compie vent'anni: un successo destinato ancora a crescere
Redazione
Camilleri alacremente al lavoro: e
proprio mentre si avvicina il compleanno della sua creatura letteraria più conosciuta e amata, il
commissario Montalbano, lo scrittore siciliano annuncia la progressiva uscita di ben tre lavori. Ad
anticiparlo è lo stesso Andrea Camilleri: «Ci sono tre libri pubblicabili. Il terzo arriverà a giorni e
deciderà l'editore quale far uscire
per primo». E allora, il commissario della cittadina immaginaria di
Vigata, con cui l'autore ha fin qui
venduto 15 milioni di copie – di cui
oltre venti titoli pubblicati da Sellerio – compie vent'anni, e a maggio
arriverà in libreria una sua nuova
avventura. Non solo: l'editore ha
anche l'ultimo capitolo della saga».
E allora, ci sarà qualche sorpresa
nelle nuove storie di Montalbano?
«È il solito tran tran del commissariato, e poi diversifico l'andamento
di quello che succede. Ma veramente in uno dei tre libri affronto un
argomento che non avevo mai toccato: gli imbrogli negli appalti delle
opere pubbliche», spiega Camilleri
appagando le curiosità editoriali di
molti lettori. «I miei libri su Montalbano – aggiunge poi lo scrittore siciliano – seguono un ordine
cronologico preciso, invece l'editore li ha mescolati. Una cosa, per
la verità, accaduta anche ai tempi
di Elvira Sellerio. Ed è meglio che
sia così». Così, nel bilancio di un
successo lungo molti anni, domina
una visione retrospettiva che coinvolge anche le evoluzioni narrative,
gli aspetti inediti della lunga gestazione letteraria, le curiosità e le
aspettative legate al personaggio:
tanto che, ripensando ai vent'anni
Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale
Editore
SECOLO DʼITALIA SRL
Fondatore
Franz Turchi
d’Italia
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Consiglio di Amministrazione
Tommaso Foti (Presidente)
Alberto Dello Strologo (Amministratore delegato)
Alessio Butti
Antonio Giordano
Antonio Triolo
Ugo Lisi
del suo commissario, Camilleri racconta che «all'inizio è stata una
sorpresa. Mica mi aspettavo tutto
questo successo. Anzi, nelle mie
intenzioni mi ero prefisso di finire
con il secondo romanzo. Non mi facevo capace di avere una tale fantasia per la lunga serialità. Però ci
sono riuscito». Montalbano «è un
monumento che se ne sta lì, ancora destinato a crescere per qualche anno. Terminerà quando finirò
io» conclude Camilleri, vera superstar nel giorno di chiusura di “Libri
Come”, dove è venuto con il suo
nuovo libro Inseguendo un'ombra
(Sellerio), incentrato su un camaleontico personaggio, l'ebreo siciliano del XV secolo, Samuel Ben
Nissim.
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7 agosto 1990 n. 250