primo incontro - Parrocchia Bicocca

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primo incontro - Parrocchia Bicocca
PRIMO INCONTRO
DALLE PREGHIERE ALLA PREGHIERA DI MEDITAZIONE
Lo scopo di questo primo incontro è offrire un’idea il più possibile chiara di che cosa sia la meditazione
cristiana. E quindi anche spiegare che cosa senz’altro non sia.
Prima ancora di parlare del «come» bisogna infatti conoscere il «che cosa». Infatti si parla di meditazione anche
al di fuori del contesto cristiano e ben al di là della nostra tradizione di fede.
È non è solo un problema di parole. Spesso è anche in questione l’immagine di uomo, la comprensione di sé e
del proprio rapporto con il creato e gli altri uomini. Alcuni metodi di meditazione poi non suppongono per nulla
un intervento di Dio, del suo Spirito Santo o un legame con la rivelazione cristiana (parola di Dio, verità di
fede, volto cristiano di Dio). Ci sono tante tecniche per concentrarsi e per astrarsi da sé.
Ma concentrarsi e non pensare a nulla non è ancora «meditare», o perlomeno non lo è nel senso con cui i
cristiani lungo i secoli ne hanno parlato.
I termini più vicini al meditare sono quelli del pensare, del riflettere. Se poi questo pensare o riflettere avviene
in un contesto di preghiera, allora si tratta di un pensiero orante, di un riflettere pregando o di un pregare
riflettendo. Condivido la definizione di chi parla di una preghiera di consapevolezza, o anche di una
preghiera di conoscenza. È una preghiera in cui, come vedremo, entrano in gioco tutte le facoltà interiori
dell’uomo. Quelle che – per intendersi – una volta venivano indicate come sensi interni: memoria, fantasia,
intelletto, senso comune, volontà.
Per ora però è utile procedere individuando i confini tra meditazione cristiana e altre forme di preghiera
cristiane e non cristiane.
1. UN CONFRONTO CON LA MEDITAZIONE NON CRISTIANA: L’USO DEI MANTRA.
Premessa. Quando parlo di meditazione non-cristiana non intendo dare a questa definizione una accezione
negativa, quasi che sia sbagliata o illegittima o inutile. Niente affatto. Se uno la usa, non diventa eretico! Però
deve essere consapevole che la nostra tradizione cristiana di preghiera, quando parla di meditazione, pensa ad
un’altra cosa. Prendete questa definizione quindi con beneficio di inventario. Serve a noi per capirci.
Un mantra è un suono. Una parola, una frase, che non necessariamente deve avere un senso compiuto. Il
mantra infatti non ha lo scopo di trasmetterti un significato, ma solo di aiutarti a spostare la tua attenzione dai
pensieri abituali per rientrare in te stesso. Qualche volta anche nel ripetere le preghiere vocali cristiane, come
l’ave maria o il gloria, le si trasforma in mantra: si fa sempre meno attenzione al loro significato e ci si lascia
guidare dalla mente al cuore.
Per chi la conosce, pensi alla cosidetta preghiera del cuore o preghiera del nome di Gesù tanto cara all’oriente
cristiano: essa è una forma di meditazione mantrica cristiana.
In genere nel pregare il mantra viene diviso in due: una parte viene pronunciata al momento di espirare, un’altra
al momento di inspirare. Qui di seguito vi riporto a mo’ di esempio alcuni consigli trovati su questo tipo nel
vasto mondo di internet. Serve a farsi un’idea di cosa c’è e di cosa manca.
« Se non conosci nessun buon mantra da usare ti suggerisco di usare "hamsa." Questo e' un mantra naturale, essendo il suono che uno
fa mentre respira, con "am" nell'inspirazione e "sa" nell'espirazione. Indicazione per la meditazione hamsa:
Siediti comodo. Un posto tranquillo e' consigliato, ma non necessario.
Chiudi gli occhi. Respira naturalmente. Siediti per circa un minuto prima di iniziare a pensare al mantra per permettere al tuo cuore
e respiro di rallentare.
Con dolcezza porta la tua attenzione sul tuo respiro e inizia a pensare al mantra, senza sforzarti. Lascialo venire, non forzarlo.
Pensa "am" quando inspiri e "sa" quando espiri. Lasciati andare in questo.
Permetti ai tuoi pensieri e emozioni di venire e andarsene con distacco. Non provare a controllarle in alcun modo. Notali solo, e
quando scopri che non stai piu' ripetendo il mantra, ricomincia a ripeterlo con dolcezza. Non provare a forzarti a pensare al mantra
sino all'esclusione di tutti gli altri pensieri. Potresti provare un profondo stato di rilassamento. Medita in questo modo per 20 minuti
(per i bambini un po' meno).
Quando hai fatto, prenditi un minuto per ritornare lentamente allo stato di attenzione naturale. Non sforzarti ad aprire gli occhi o
alzarti dopo la meditazione. Alzarti troppo in fretta dopo lo stato di profondo rilassamento che risulta spesso dalla meditazione non fa
bene al tuo cuore. Nota: va bene dare un'occhiata a un orologio. Tieni la spina dorsale dritta, testa bilanciata sulla colonna vertebrale.
A molte persone piace pregare o fare visualizzazioni dopo aver meditato, mentre sono ancora in uno stato alterato. Alcuni istruttori
di meditazione sono contrari a questa pratica, mentre altri la consigliano. Io suggerisco di farla se ti sembra giusto. Io lo faccio.
Come preparazione pre-meditativa, sposta la tua attenzione sull'azione fisica di respirare. Respira naturalmente e durante ogni ciclo
della respira-zione concentrati su una parte differente del tuo corpo, facendo attenzione ai cambiamenti in quella parte come risultato
della respirazione: l'alzarsi e abbassarsi della cassa toracica; il movimento dell'ombelico; la sensazione dell'aria che entra ed esce dalle
narici; puoi sentire qualche movimento dei reni? E del bacino- senti il bacino piegarsi quando respiri? Che cosa fai fra i respiri? C'e'
una pausa? Se non senti queste cose va bene, prendile solo in considerazione, una alla volta, e vai avanti. (Questo puo' anche servire
come una breve meditazione che può essere fatta mentre si aspetta al semaforo, o come una piccola pausa durante il lavoro e l o
studio.)
Durante la meditazione il tuo scopo e' solo l'attenzione, nient'altro. E' ora di connettere la tua fonte interiore e lasciarti andare dalle
cose e regole da cui sei preso: lavoro, preoccupazione e responsabilità. Può essere che la tua meditazione e' lenta e rilassata, oppure
frettolosa e piena di pensieri ossessivi. Ad ogni modo la meditazione giornaliera avrà un effetto positivo sulla tua vita.»1
Come si vede gran parte dei consigli sono dedicati alla tecnica di meditazione, mentre l’attenzione ai contenuti
della meditazione è quasi nulla. Anzi, si può dire che questa meditazione sia fatta proprio per annullare ogni
possibile contenuto o oggetto o tema di meditazione. L’obiettivo dichiarato non è pensare ad una cosa o ad
un’altra, ma poter smettere persino di pensare che si sta pensando, raggiungendo una sorta di contemplazione
della mente fuori dalla propria mente.
In fondo però qui si è fatta confusione tra le “condizione” necessarie per meditare e la “meditazione” stessa. Si
confonde il clima, la tecnica, le posizione con il contenuto vero e proprio della meditazione, che pare proprio
non interessare. Vi riporto ancora alcune osservazioni presenti nello stesso sito da cui ho preso le indicazioni
precedenti.
«Ricorda, qualsiasi cosa succeda, va bene. Va bene addormentarsi o non rilassarsi, va bene ridere o piangere, va bene essere, o non
essere in uno stato alterato, va bene se il mantra non segue il respiro come avevo suggerito, o anche lo dici tutt'insieme. Ciò che è
importante è che tu hai l'intenzione di pensare al mantra mentre mediti. In breve, non provare a controllarlo!
La meditazione è solo una tecnica per raggiungere lo stato dell'estasi, lo stato di ebbrezza divina.
E' una tecnica semplice, ma la mente la rende molto complicata. La mente deve renderla molto complicata e difficile, in quanto le due
realtà non possono coesistere. La meditazione è la morte della mente; naturalmente, la mente si oppone ad ogni sforzo teso verso la
meditazione. L'osservazione è la chiave della meditazione. Osserva la tua mente. Non fare nulla. Limitati a osservare qualsiasi cosa
faccia la mente. Non disturbarla, non prevenirla, non reprimerla; non fare assolutamente niente in prima persona. Limitati a essere un
osservatore. E il miracolo dell'osservare, è meditazione.
Allorché ti limiti a osservare, pian piano la mente si svuota di pensieri. Ma non ti addormenti, al contrario divieni più sveglio, più
consapevole. E con lo svuotarsi della mente, la tua energia diviene una fiamma di risveglio. Allorché la mente è assolutamente
assente - se n'è andata del tutto, e non la riesci più a trovare da nessuna parte - per la prima volta, diventi consapevole di te stesso,
perché la stessa energia che era assorbita dalla mente, non trovandola più, si ribalta su se stessa.
Grazie all'osservazione, la mente e i pensieri scompaiono. E il momento più estatico, si ha quando ti ritrovi pienamente all'erta, senza
che esista in te un singolo pensiero... ma solo il cielo silente del tuo essere interiore.
Questo è il momento in cui l'energia si volge all'interno: questa inversione è improvvisa, è repentina! E quando l'energia si volge
all'interno, porta con sé una gioia infinita. Quando la meditazione ritorna alla propria sorgente, esplode in una gioia immensa. Questa
gioia, nel suo stadio supremo, è illuminazione.»
Ora, si può dire con buona pace di chi pensa il contrario, di trovarsi in un certo senso agli antipodi esatti della
meditazione cristiana, così come veniva intesa ed praticata da maestri del calibro di Tommaso d’Aquino, Teresa
di Gesù, Francesco di Sales, Ignazio di Loyola ecc… In tutta questa operazione di “osservazione” infatti
l’intelletto è chiamato ad annullarsi, a estraniarsi da sé. Non c’è spazio per il riferimento alla parola di Dio o
alle verità di fede. Non c’è incontro con Cristo.
Si può meditare anche se non si crede in Dio? Con la tecnica del mantra, certissimamente.
L’esistenza di Dio sembrerebbe essere una nozione inutile, ma – a ben vedere – anche il vivere in una comunità
di fratelli. Il fatto di essere un egoista, egocentrico, violento, misantropo ecc… non precluderà la tua
autoconcentrazione. Infatti ti darebbe problemi solo se lo scopo di tutto fosse il voler incontrare Cristo Gesù in
te. Ma non è questo il caso in questione.
Se il principio della fede cristiana sta nella rivelazione del Verbo di Dio che si fa carne, qui invece il modello di
base è piuttosto quello platonico dell’anima che si separa dalla prigione del corpo.
Anzi molto di più: dell’anima che si estranea persino da sé stessa. E l’illuminazione viene descritta con i tratti
dell’esperienza emotiva della gioia, mentre per la mistica cristiana questa esperienza rispecchierebbe solo una
1
testo preso dal sito www.etanali.it
fase immatura della preghiera, non ancora temprata nel deserto della solitudine interiore, dall’aridità e
dall’esperienza dell’unione alla morte di Cristo in croce.
La meditazione cristiana non è solo un cammino all’incontro con il sé profondo, ma è un percorso per
l’incontro con il Cristo Gesù, intimior intimo meo, come diceva Agostino.
Non si tratta di cercare l’ebbrezza divina: meditando non diventi meno uomo e più Dio, ma semplicemente «più
uomo». Inoltre Dio non è un passivo spettatore dei tuoi poveri sforzi umani di elevarti al di sopra della tua
misera condizione.
Per il Dio cristiano la tua non è affatto una “misera” condizione, perché è stata redenta, accolta e fatta propria
da Cristo stesso nell’incarnazione, morte e risurrezione.
Il meditare non è un voler salire una scala da soli, al cui vertice ci attende Dio, con indifferente
imperturbabilità: il meditare cristiano è invece un salire uniti a Cristo, un accompagnarsi a lui, un lasciarsi
guidare dalla sua parola e dalla contemplazione della sua umanità. Per la meditazione cristiana, allora, l’oggetto
della meditazione è decisamente di primaria importanza.
Per un cristiano è ovvio anche che nessuno può incontrare Dio, se lo Spirito Santo non lo guida.
«Dio nessuno lo ha mai visto; il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, ce lo ha rivelato». (Gv 1)
2. LA MEDITAZIONE E LE ALTRE FORME DI PREGHIERA CRISTIANA
Mi piace il suggerimento di P. Gasparino nel suddividere la preghiera cristiana in tre tipologie, a seconda delle
parti del corpo coinvolte in essa.
Esiste una preghiera vocale, con uso prevalente della voce. Esiste una preghiera mentale, dove la prevalenza è
data alla mente. Ed esiste una preghiera del cuore, amorosa e contemplativa.
La meditazione, come la Lectio Divina, appartiene – secondo questa distinzione – al gruppo delle preghiere
mentali. Anche l’ascolto della parola di Dio è una forma di preghiera mentale.
La meditazione non è una preghiera vocale. Non si tratta di dire delle cose o di dar prevalenza a delle formule
(magari un po’ magiche). La priorità è data invece all’uso della mente e di quanto appartiene alla nostra mente,
la quale è chiamata a mantenersi presente a se stessa e non intontita.
Non a caso, spesso ci si può imbattere nel termine “orazione mentale” per indicare in breve quella che noi
stiamo chiamando meditazione. È una preghiera volta a farci crescere nella conoscenza di Dio; ad esercitare la
mente in Dio e con Dio. Ed è ritenuta da S. Teresa, la forma di preghiera più semplice, quella dei principianti, il
ponte levatoio per attraversare il fossato ed entrare nel proprio Castello Interiore, al cui centro dimora Cristo.
Diciamo anche subito che nella preghiera cristiana non c’è mai una preghiera “pura”, che sia cioè so lo mentale,
o solo vocale o solo del cuore. Destò stupore il Papa quando nella lettera sul Rosario descrisse questa forma di
preghiera come una forma “meditativa”, invitando a sostare in silenzio per pensare al contenuto dei misteri,
subito dopo l’enunciazione dei medesimi. Nemmeno il rosario è dunque una preghiera vocale pura e semplice.
Inoltre essa può diventare facilmente, grazie alla sua ripetitività, anche una porta per la contemplazione e,
quindi, per la preghiera del cuore.
Anche nella tecnica della Lectio Divina esiste un passaggio che viene chiamato MEDITATIO.
Si tratta del secondo momento, successivo alla lettura approfondita del testo, e precedente alla sua
trasformazione in preghiera nella ORATIO. La Meditatio della Lectio Divina consiste, in pratica, nell’applicare
la lettura alla nostra vita, nel trovare i contatti tra ciò che il testo dice in sé e ciò che dice per il mio oggi.
L’errore più comune nei cosidetti incontri pubblici di Lectio Divina è quello di non mantenere la distinzione dei
momenti: facendo della Lectio una Meditatio anticipata, oppure facendo la Meditatio senza aver letto davvero il
testo (quindi, in fondo, facendo dire al testo quello che ci sembra più utile o più bello da sentire) o ancora,
errore tipico degli esegeti, nel continuare a fare Lectio anche quando si dovrebbe invece fare Meditatio
(ottenendo tanta esegesi e nessun aggancio alla propria vita concreta, forse convinti – sotto sotto – che tale
aggancio neppure ci sia).
Ma quando noi parliamo di Meditazione, come Orazione mentale, non facciamo riferimento a questo passaggio
della Lectio Divina. Si tratta di un’altra forma ancora di preghiera, dotata anch’essa di una ricca tradizione di
insegnamento e pratica cristiana: con passaggi ben definiti, con suggerimenti pratici e consigli dettati
dall’esperienza di tanti cristiani.
Beninteso: non è obbligatorio meditare. Si può benissimo pregare bene usando anche le altre forme di
preghiera. Meditare però aiuta sempre. E a lungo andare dà anche piacere.
3. MEDITARE E’ FATICOSO?
Da quanto detto finora, può anche emergere un certo disagio. È facile credere che la meditazione sia un
esercizio difficile, faticoso, addirittura precluso a chi non ha lungo la sua giornata lungo tempo da dedicarvi.
Qualcuno arriva a considerare la meditazione un esercizio possibile solo a chi fa la vita religiosa, a chi ha tanto
tempo da dare al Signore o a chi è libero da occupazioni materiali.
Ma pensando così si fa torto alla storia della spiritualità cristiana.
S. Teresa del Bambin Gesù scrive nella sua biografia di aver scoperto una volta giunta in Carmelo – col senno
di poi – che perfino da bambina lei faceva già meditazione: solo che non conosceva ancora il nome per quel
tipo di preghiera che tanto le piaceva.
C’è anche chi viene letteralmente “tirato” alla meditazione da Dio: ad es. sta usando delle preghiere vocali e si
sente continuamente spinto a fermarsi, a pensare alle verità di fede e a dialogare con Dio. Solo che spesso
queste mozioni (nel senso di movimenti dello spirito) vengono interpretate da chi le sperimenta come delle
tentazioni o delle distrazioni e invece di assecondarle, le si combatte, con il grave danno di aver perso una
buona occasione per dare un salto di qualità alla propria preghiera.
Per secoli la meditazione è stata un esercizio insegnato, raccomandato e praticato anche dalla gente comune;
persino dagli illetterati. Il passionista S. Paolo della Croce insegnava a meditare perfino ai briganti e
insegnando a pregare li convertiva e cambiavano vita.
I santi insegnavano a meditare e insegnavano anche che meditare non è difficile.
È più difficile spiegare la meditazione che farla. La stessa meditazione del resto è maestra a se stessa, perché si
impara a meditare solo meditando. Infatti Dio non è spettatore inerme: egli stesso si prende in carico col suo
Spirito di essere maestro interiore di chi medita.
Sempre i santi maestri spirituali insegnavano che la meditazione va fatta senza sforzo «né di testa né di petto»:
se è fatta bene la meditazione non dà né ansia né emicrania! Altrimenti è segno che si sta sbagliando qualcosa
nel modo di farla.
Pensare non è faticoso. Pensare amando può essere addirittura piacevole.
La meditazione viene concepita dai cristiani come un “pensare amoroso” o – passatemi l’espressione – un
“amare pensoso”. O anche come un ricordare l’opera di Dio, anche nel senso letterale, del conservare nel cuore
sul modello di quanto faceva Maria, unico esempio in tutto il Nuovo Testamento di preghiera meditativa. Essa
conservava nel cuore le parole e gli eventi del suo Figlio, meditandoli: ricorda e riflette e lo fa con il cuore di
una madre. Il suo è un ricordare amorevole, un riflettere amorevole.
Questo può costare fatica? Molto meno di quanto non si creda. E comunque non bisogna temere di esser da soli
in questo cammino di preghiera.
Personalmente credo che si consuma molta più energia psichica nel vivere senza meditare, con il cuore in
disordine. Così come penso che costi più fatica negare un gesto di carità che non il farlo.
Anche su questo sarebbe utile meditare.
Del resto sarebbe utile ricordare, al di là dell’esempio esplicito della Vergine Maria, alcune espressioni dei
Salmi in cui l’atteggiamento del credente si esprime nella preghiera di meditazione.
Il libro dei salmi si apre proprio con la beatitudine di chi non entra nel consiglio dei malvagi, non si associa ai
peccatori, ma medita la legge di Dio di giorno e di notte (Sal 1,1-2). Il Salmo 62 parla dei chi si ricorda di Dio
durante la notte e medita su Dio nelle sue veglie. Il Salmo 142 parla della meditazione sui prodigi e gli eventi
della storia della salvezza, soprattutto alla luce delle sofferenze della vita presente: “Mi ricordo di Dio e gemo,
medito e viene meno il mio spirito. Ripenso ai giorni passati, ricordo gli anni lontani. Un canto nella notte mi
ritorna nel cuore: rifletto e il mio spirito si va interrogando…”. Tutto questo riflettere e interrogarsi nella
preghiera, spinti dall’amore di Dio e per Dio… tutto questo è la meditazione.