Dispensa 1 MODELLI ANTROPOLOGICI

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Dispensa 1 MODELLI ANTROPOLOGICI
Istituto Superiore di Scienze Religiose “S. Apollinare” in Forlì
collegato con la Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna
CORSO DI TEOLOGIA MORALE FONDAMENTALE 2011-2012
D. Marcello Palazzi, DISPENSA 1
TIPI DI RIDUZIONISMO E MODELLI ANTROPOLOGICI
1. ASPETTI DEL VISSUTO ETICO CONTEMPORANEO E LORO ORIGINE
1.1.
ALCUNI TIPI DI RIDUZIONISMO DELLA PERSONA UMANA
Con l’emergere di nuove antropologie filosofiche, che in buona parte si oppongono alla
visione proposta dal Vangelo, ci si ritrova all’inizio di una nuova epoca, la quale conosce un
rapido mutamento del codice morale antico a livello di società civile, derivante da un mutato
approccio antropologico e teologico.
Il codice morale cristiano, sostenuto dalla pretesa di essere “naturale”, “immutabile”, o
addirittura “legge di Dio”, viene così ad essere in difficoltà.
La nuova prospettiva, mette così in questione tutti questi concetti e conseguenti
costumi, per tanti secoli alla base della diffusa cultura civile e cristiana.
Il disorientamento introdotto allora, è lievitato fino a questa nostra epoca, nella quale “non si
sa più bene che cos’è l’uomo e, poiché lo si vede oggi passare attraverso trasformazioni impensate,
si è convinti che non ci sia più una natura umana. Per alcuni, ciò significa: tutto è possibile
all’uomo: e così ritrovano la speranza; per altri: tutto è permesso all’uomo: e abbandonano ogni
freno; per altri infine: tutto è permesso sull’uomo”1. Emergono sempre più approcci alla persona
umana in chiave riduttiva, parziale, incompleta.
Quanto rilevato, ci impone una recensione, necessariamente sintetica, delle cause che
hanno determinato le trasformazioni civili moderne di questi ultimi secoli.
“La novità che specifica il moderno è l’ILLUMINISMO. La cultura dell'umanesimo
cristiano viene svuotata della fede e del rapporto con Dio. Si vuole sperimentare l’autonomia della
ragione in un orizzonte di quasi sostituzione dell'uomo a Dio. Lo spirito umano viene trattato come
“creatore”, prometeicamente”2.
Afferma J.J. Rousseau : “Sciolti i figli esentati dall'ubbidienza che dovevano al padre,
sciolti i padri dalla cura che dovevano ai figli, rientrano tutti ugualmente nell'indipendenza. Se essi
continuano a restare uniti, ciò non avviene più naturalmente ma volontariamente; e la stessa
famiglia non si mantiene che per convenzione”3. Con l'età della ragione l'uomo diventa autonomo,
“libero” di agire secondo la propria volontà.
Questa visione astratta, intellettualistica, contraria ad ogni plausibile sentimento, esprime la
intolleranza, la incapacità, la insofferenza dell'uomo moderno per la condizione tutta storica della
propria esistenza. L'uomo moderno si rappresenta come “individuo”, come soggettività
autonoma assoluta.
I. Kant definisce l'illuminismo quale il coraggio di servirsi della propria ragione,
1
MOUNIER E., Il Personalismo, Roma 1987, p. 139.
SARTORI L., La persona nella storia della teologia, in AA.VV. Persona e personalismo, Padova 1992, p. 165-166.
3
ROUSSEAU J.J., Il contratto sociale, Brescia 1980(6) Libro I, cap. 2.
2
1
secondo il modello emancipatorio offerto paradigmaticamente dall'emancipazione del figlio nei
confronti dell'autorità parentale. L'autonomia della ragione è presidio dell'autonomia dell’individuo,
ed è insieme fondamento per la concezione del rapporto umano come fondato sulla convenzione o
sul contratto e quindi dal diritto. I maggiori esponenti della filosofia illuminista e neo-illuminista
sono Jean-Paul Sartre, Herbert Marcuse e Alberto Moravia. Per essi la libertà del singolo viene
considerata come valore assoluto. Ne consegue che ogni scelta va difesa come diritto civile.
Con il movimento filosofico, scientifico e culturale del sec. XIX chiamato con il nome di
POSITIVISMO si viene così a privilegiare lo studio della realtà fattuale, concreta, sperimentabile,
in tal senso “positiva”, dichiarando priva di valore ogni conoscenza astratta e metafisica.
Viene così ad affermarsi sempre più una grande fiducia nel progresso del sapere
scientifico: in virtù di questo progresso si ritiene possibile riformare la società e migliorare in
generale la vita dell'umanità. La scienza viene così ritenuta l'unica base solida non solo per la
conoscenza, ma anche per la morale, e, più in generale, per la vita stessa dell’uomo come singolo e
come società. Con il diffondersi della filosofia positivista secondo la quale si conosce solo ciò che
viene percepito attraverso i sensi, viene sempre più emarginata la riflessione teologica e metafisica,
viene negata ogni entità spirituale e viene ammessa soltanto l’esistenza di ciò che é percettibile.
Sempre di più la realtà viene interpretata senza il bisogno di ricorrere a Dio o a qualche principio, e
come conseguenza viene emarginato o addirittura eliminato il trascendente e le cause.
Ora per spiegare i fatti bisogna andare invece alla ricerca di qualcosa di verificabile, e queste sono
le leggi, che colgono le relazioni costanti e i comportamenti regolari dei fenomeni, comprensibili
esclusivamente con strumenti scientifici4.
La filosofia utilitaristica di Thomas Hobbes e l’EMPIRISMO di John Locke e di David
Hume hanno condizionato notevolmente la mentalità anglosassone, la quale ha risentito di tali
premesse attuando così un’impostazione etica improntata al PRAGMATISMO e all’
UTILITARISMO.
Il criterio base è la capacità di una programmazione razionale, che si fonda sul
rapporto tra costi e benefici, cioè della massima realizzazione possibile con il minor danno
possibile.
Purtroppo la rilevazione tra costi e benefici, criterio peraltro fondamentale per l’economia,
dimentica di inserire quei principi che promuovono lo sviluppo dell'umanizzazione e della
convivenza sociale. Diversamente, la sola legge del profitto si risolve in una gara spietata e cinica.
L’individuo viene così, in alcuni casi, ridotto a “cavia” per il progresso della convivenza. Con il
non cognitivismo etico, si viene ad affermare l'impossibilità di una fondazione razionale dei
valori, i quali sarebbero, invece, fondati sull’emotività solidaristica e su valutazioni del soggetto
senza alcun riferimento al valore in sé. La morale diviene in definitiva una scelta situazionale e
opzionale, non razionale, che pertanto non comporta obblighi se non per il soggetto che
assume tali scelte.
Il SOCIOLOGISMO è l’attuazione di un atteggiamento consistente nel ritenere
ultimamente proficua e illuminante la riduzione al sociale. L'esempio più rilevante è il marxismo
come riduzionismo economicistico specificato dalle nozioni di capitale, classe, struttura e
sovrastruttura, con le note tesi che l’uomo pensa secondo la propria appartenenza di classe, che la
cultura filosofica, artistica, religiosa, giuridica è sovrastrutturale.
4
Cfr. RIVA F., Positivismo,”L'Enciclopedia della filosofia e delle scienze umane”, De Agostini, Novara 1996, p. 758759.
2
Lo STRUTTURALISMO vicino al sociologismo esso consiste nel privilegiare la
riduzione alle strutture o istituzioni culturali oggettive: quasi che queste fossero dotate di una
produttività autonoma e anonima, largamente prevalente su quella cosciente e libera del soggetto.
Per esempio Foucault, con il suo pensiero sostiene il tramonto dell'uomo come soggetto e la sua
sostituzione mediante una struttura impersonale (l’inconscio, o la lingua, o l'organizzazione nei
rapporti sociali).
Un’ulteriore proposta individuabile è il DEMOCRATICISMO, inteso come accordo
sociale per superare il soggettivismo irrazionalistico. La vita etica si fonda, in questo caso, su scelta
razionali intersoggettive e l’obiettività è data dall'accordo tra soggetti che decidono di rispettare
alcune norme ritenute condivisibili: anche in questo caso le norme etiche non sono
oggettivamente fondate ma arbitrariamente stabilite dai soggetti che detengono la
maggioranza.
Con la sua teoria dell’EVOLUZIONISMO di Charles Robert Darwin, e con Max Weber
che spiegava il dinamismo sociale attraverso la teoria dell’adattamento e della selettività a favore
dei gruppi più forti, si viene a consolidare una concezione ETICA che può essere definita
SOCIOLOGICA.
Dalla constatazione delle diverse percezioni culturali dei valori, viene dedotto che non
esistono dei valori universali. L’orientamento etico deve armonizzarsi con l’evoluzione sociale
e con la mentalità e il comportamento della maggioranza, nel rispetto del processo sociobiologico.
L’interesse che viene dato ai sondaggi d’opinione rischiano di far equivalere la verità etica o
sociale o politica secondo il parere della maggioranza. Non sono pochi quelli che giustificano il
proprio comportamento dalla constatazione che “tutti fanno così”.
Nonostante alcune distinzioni, si può accostare all'etica sociologica quella
COLLETTIVISTICA, nel senso che l'orientamento etico viene ancora dato da interessi
determinati dai gruppi predominanti. Nell’etica sociologica si difende il primato etico del
“progresso sociale”; nell’etica collettivistica si valorizza la solidarietà sociale. Purtroppo in nome
della solidarietà sociale si è arrivati anche a sopprimere ogni libertà individuale e a provocare gravi
fallimenti sociali. Il condizionamento culturale, evidenziato sia dall’etica sociologica sia da quella
collettivistica, va tenuto presente e stimola un ripensamento critico sugli orientamenti etico-culturali
predominanti.
Un ulteriore tipo di riduzionismo è il FISICALISMO, qui la riduzione è di tutto lo
specifico umano, anzi di tutta la vita, umana e non umana, ultimamente al livello o al linguaggio
della fisica. Prendendo l’uomo, che come microcosmo comprensivo di tutti i livelli può
rappresentare anche gli altri viventi materiali, la linea discendente tipica o principale è quella della
riduzione dello spirituale allo psichico, dello psichico al cerebrale e neuronale, dell’organismico
in genere al cellulare.
Convergente con questa linea è quella, più breve e recente, che dal termine “intelligenza
artificiale” possiamo definire ARTIFICIALISTA, e che principalmente sulla base di scienze
dell’essere immateriale, come la logica e i fondamenti della matematica, e sganciandosi dal
riferimento biologico e in particolare neuronale, tagliando cioè il legame, non più ritenuto
necessario, tra intelligenza o coscienza e vita in senso biologico, punta alla riduzione
dell’intelligenza e della coscienza all'algoritmo, con eventuale sostituzione del corpo organico
da parte di un corpo anorganico”5.
5
Cfr. LOMBARDI VALLAURI L., Le culture riduzionistiche nei confronti della vita, in AA.VV. Il valore della vita,
Vita e Pensiero, Milano 1985, p. 43-45.
3
Se l’epopea romantica del sentimento, ovvero il ROMANTICISMO, momento della
cultura europea può ritenersi relativamente circoscritto, databile tra la fine del ‘700 e la prima metà
del ‘800, i suoi influssi letterari, artistici ed esistenziali, si prolungheranno ancora per diversi
decenni, fino all’epoca in cui stiamo vivendo.
La critica filosofica lo identificherà con quella forma di pensiero che tende alla dissoluzione
dei contrasti prodotti dalla ragione, attraverso la concezione sentimentalistica del vivere umano,
che tende a dissociare il sentimento dalla volontà, come pure il sentimento dalla conoscenza.
La contrazione degli interessi esistenziali alla forma dell’interiorità emotiva conduce ad
accordare grandissimo rilievo all'esperienza dell'amore: dell'amore in genere, e dell'amore nel
rapporto uomo-donna. “Amore” è la parola magica, sulla cui traccia è cercato il superamento delle
scissioni antropologiche caratteristiche del pensiero illuminista. La cultura romantica ritenne che al
sentimento non si comandi, e che esso sia semplice accadimento, fatale ed incontrastabile.
Il sentimento è descritto dal romanticismo essenzialmente come stato d’animo, e quindi
come modo di sentirsi, come modo di percepire se stessi, al limite come umore. L’amore inteso
come sentimento rischia così di diventare il termine dell’aspirazione, dell’inclinazione della vita
dell'uomo. L’esperienza amorosa, descritta nella letteratura romantica, ha così più che le
caratteristiche dell’amore per l'altro, quelle dell’amore per l’amore, del desiderio dell’esperienza
amorosa per se stessa, di ricerca appassionata dell'emozione e dei suoi tormenti, come esperienza
sublime e per sé estasiante.
Il rapporto di coppia, vissuto sentito ed esaltato secondo quest’ottica, considera
polemicamente tutti gli aspetti del matrimonio connessi alla responsabilità civile, agli aspetti
giuridici in particolare ed insieme rifiuta la pretesa relatività del matrimonio alla procreazione. In
rapporto a questa concezione è nato il luogo comune, secondo il quale il matrimonio sarebbe la
tomba dell’amore. L’amore tra un uomo ed una donna diventa così un’esperimento: chi lo
intraprende aspetta dall’esperienza il responso circa il valore di ciò che ha intrapreso. L’amore
diventa così viziato fin dall’inizio, l’amante rimane, per una parte, osservatore estraneo
dell’avventura e attende di vederne l’esito, egli prova, sperimenta, essendo diventato incapace
di scelta, di decisione etica, di decisione assoluta.
Con lo PSICOLOGISMO emerge un atteggiamento consistente nel ritenere ultimamente
proficua e illuminante la riduzione all'inconscio. L’esempio più rilevante è il freudismo.
Con la nascita delle nuove scienze psicanalitiche, nasce e si sviluppa clamorosamente
l’attenzione agli aspetti psicologici della sessualità, fino al limite di individuare nella componente
sessuale lo strato fondamentale di tutto il vissuto psicologico dell'individuo.
La nuova ottica nasce e si alimenta dalla teoria psicoanalitica di Freud, la quale a sua volta
nasce come momento teorico di un interesse primariamente clinico al tema della sessualità.
Ogni sofferenza psicologica avrebbe una eziologia sessuale, e la sofferenza da parte sua
sarebbe sintomo di un irrisolto problema di “pulsioni”, di energie che attendono un
investimento. Quando per una qualsiasi causa a quell’energia è impedito di trovare consapevole
investimento, sopraggiunge la sofferenza che a sua volta produce da se stessa, per vie traverse, un
investimento inconsapevole. Si fa notare che mentre il comportamento sessuale degli animali è
soggetto a una rigida regolamentazione istintuale, nell’uomo l’istinto appare estremamente
indeterminato e quindi carente. La sovrastruttura culturale, etica, religiosa, appare allora
quasi una protesi dell'istinto mancante. L'animale umano, nascendo meno maturo rispetto agli
altri mammiferi, ha bisogno della cultura per vivere: la cultura risulta così al servizio della biologia.
Nella teoria di Freud, la coscienza, l’io, il ragionamento, il pensiero, sono uno strumento a
servizio della pulsione, troppo esposta al fallimento e all'errore.
Il difetto dell’approccio psicoanalitico, sia nella formulazione freudiana, ma poi anche nelle
riprese oggi correnti, è soprattutto quello di supporre un modello fondamentalmente “fisico” di
sessualità, come è appunto la rappresentazione della libido quale energia. Tale rappresentazione
“naturalistica”, riduce l’uomo a cosa. La critica fenomenologica del “naturalismo”, mostra
4
pertinentemente come ogni teoria dell’uomo e delle sue diverse determinazioni, debba di necessità
procedere dalla coscienza che l’uomo ha di se stesso6.
Ma al di là della critica teorica, occorre sottolineare il rischio della psicanalisi in quanto
approccio pratico-clinico al tema della sessualità: nella cultura diffusa esso tende a sostituirsi al
più fondamentale approccio pratico-morale, anziché considerarsi parziale e peraltro marginale
rispetto a quest'ultimo.
Tale sostituzione comporta, come logica conseguenza, la corrispondente sostituzione del
criterio del benessere psichico al criterio del bene morale quale istanza suprema dell'agire.
Mosso allora dalla sola istanza del benessere, l'uomo sarà limitato nella sua libertà. Per sua
natura infatti il benessere, in quanto esperienza passiva (stato d'animo, condizione emotiva), non
può essere voluto, ma soltanto atteso ed eventualmente costatato come conseguenza dell'agire.
Mentre per quanto concerne il bene morale, ossia il bene incondizionato dell'uomo, non è
possibile prescindere dalla libertà, né quindi si può procedere alla determinazione di esso
mediante esperimenti.
Il NICHILISMO si pone così come anarchia dei valori e delle strutture sociali e
politiche. In questo movimento si riscontra un atteggiamento di rifiuto della filosofia classica, e
con esso si viene a negare il valore, o la conoscibilità stessa della persona.
Il capostipite dell’atteggiamento antipersonalistico è senza dubbio Nietzsche, il quale
nega che l’uomo sia un individuo e dichiara che esso è un fascio di pulsioni. L’eredità di Nietzsche
è ripresa dall’ultimo Heidegger, che unifica indiscriminatamente metafisica e tecnica, vedendo nel
soggetto sempre e soltanto la volontà di potenza, cioè di dominio; e, più recentemente in Italia, da
Vattimo, che teorizza esplicitamente il superamento del soggetto e il declino dell’uomo.
E’ significativo il fatto che questo filone, fieramente antilluministico, si incontra, nei
risultati, con quello, di origine illuminista e positivista7.
Da quanto sopra esposto, è naturale che emergano delle diversificazioni etiche, le quali,
non riguardano solo i principi generali, come il rispetto della vita e della libertà, la responsabilità
personale e il rifiuto dell’ingiustizia, ma si riferiscono alla diversa impostazione data a tali
valori nella particolare visuale di vita e del mondo.
Nelle impostazioni etiche fin qui analizzate, vengono valorizzati alcuni aspetti della
persona come l’esigenza della libertà o la dimensione sociologica o la capacità di
programmazione razionale o altro, ma sempre in chiave profondamente riduttiva.
Emmanuel Mounier, a conclusione della sua opera “Il Personalismo”, ribadisce il
fallimento di questa prospettiva quando afferma che “la crisi del cristianesimo non è solo una crisi
storica della cristianità, ma, più ampiamente, una crisi dei valori religiosi del mondo del pensiero.
La filosofia dei Lumi credeva che questi valori fossero artificialmente suscitati, ed era
convinta d’un loro prossimo scomparire, riuscendo per qualche tempo ad autorizzare questa
illusione con il rapido accrescersi dell’entusiasmo per la scienza. Ma è ormai una lezione evidente
del XX secolo che, ovunque quei valori scompaiono con il loro volto cristiano, le forme
religiose riappaiono sotto un'altro aspetto: divinizzazione del corpo, della collettività, della
Specie nel suo sforzo ascensionale, d'un Capo, d'un Partito, ecc"8.
6
Cfr. GALIBERTI U., Psichiatria e fenomenologia, Milano 1979, p. 141-156.
Cfr. BERTI E., Il concetto di persona nella storia del pensiero filosofico, in AA.VV., Persona e personalismo,
Gregoriana, Padova 1992, p. 61-64.
8
MOUNIER E., Il Personalismo, Roma 1987, p. 166-167.
7
5
1.2.
ALCUNI ATTUALI MODELLI ANTROPOLOGICI
Questi movimenti intellettuali, distribuiti nell’arco di tre secoli, sono anche a livello di
cultura diffusa, fenomeni tipici del momento contemporaneo.
E’ indicativo che tutte queste posizioni tendano a concepire la persona come attività,
negandole il carattere della sostanzialità e riducendone la consistenza.
La dignità della persona viene così inevitabilmente mortificata da una società e da una
cultura nelle quali prevalgono queste forme di riduzionismo.
Ci troviamo a vivere in tempi, nei quali si rende sempre più urgente l’elaborazione di criteri di
giudizio che non possono essere esauriti dalla ricerca scientifica e che si riferiscono ai principi e
valori ultimi d’ordine diverso. Espressiva è la diffusione della riflessione in bioetica.
Nella società moderna si riscontrano diversi modelli antropologici, vale a dire altri modi di
valutazione-concezione dell’uomo. Essi stanno alla base d’ogni comportamento e ispirano qualsiasi
scelta etica.
Chi può fornire il metro che consente di distinguere il lecito dall’illecito? Quali sono i
fondamenti (principi e norme) e come fondarli nella loro validità? Dove fondare il giudizio etico?
Circa la qualità della vita sono ai nostri giorni presenti diversi modelli9.
Nel panorama della riflessione è possibile individuare orientamenti prescindono da una visione
globale basata sulla verità, perché dal punto di vista etico, si ritiene impossibile fondare criteri
morali sul piano veritativo.
Secondo tale orientamento l’etica è, dunque, un “insieme di valori” che costituisce la risposta
individuale o collettiva ad una determinata situazione ambientale: se cambia la situazione culturale
si modificheranno anche i comportamenti. Ne consegue, allora, il più radicale relativismo etico,
perché la scelta di un comportamento non è fondata su valori oggettivi, ma è solo in funzione del
soddisfacimento dei propri bisogni individuali in quel momento come risposta ad una richiesta della
collettività, e poiché avaloriale, non consente di fondare una responsabilità per tutti ed in ordine alle
generazione future.
1.2.1 MODELLO LIBERAL-RADICALE-CONSUMISTICO-NICHILISTA10
Propone come unico criterio la soddisfazione dei propri desideri. Accetta tutto quello che
rientra nella libertà dell'individuo e che non danneggia nessuno. Ha come obiettivo il
raggiungimento del benessere soggettivo, e quindi di uno stato d'animo sollevato da ogni
sofferenza.
Una prima impostazione etica tipica della cultura liberal-radicale occidentale attuale può
essere considerata l'etica individualistica. I cultori dell’etica individualistica rifiutano la
concezione di valori oggettivi, cioè che siano tali in se stessi: ogni valore dipende dalla
comprensione soggettiva del singolo o, comunque, va ridimensionato dall'interesse del singolo.
Non si tratta di difendere l'interesse più istintivo; ma la globalità degli interessi del singolo è
prevalente.
Tale mentalità può favorire questa scelta più o meno cosciente: porre se stessi come valore
assoluto. In questa prospettiva, tutti gli altri valori non sono negati, ma relativizzati.
Non si accettano degli orientamenti etici prefissati, ma si parla solamente di “senso del limite”.
Ossia la razionalità dell’egoismo, è l’unica virtù sociale che permetterà di non cadere in
9
Cfr. SGRECCIA E., BURGALASSI S., FASANELLA G., (a cura di), Anzianità e valori, Vita e Pensiero, Milano
1991, p. 32.
10
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6
un’anarchia etica, perché ognuno dovrà rispettare ugualmente la libertà e l’interesse dell’altro,
anche per evitare il rischiare troppo con il proprio comportamento individualistico. E’ una
concezione etico-sociale ottimistica; ritiene che dalla convergenza-scontro tra opposti
individualismi nascerà una convivenza rispettosa e solidale.
In questa concezione si difende la legittimità della sterilizzazione, del divorzio, dell'aborto,
delle diverse fecondazioni in vitro, dell’eutanasia qualora l’interessato le richieda.
E’ l’etica fondata sul soggettivismo, cioè spetta al singolo decidersi come vuole, senza
sentirsi obbligato a cercare una “verità etica”, perché l'unica verità etica consiste nel difendere la
propria libertà. Ma è così evidente che non esistono altri valori etici paragonabili e forse superiori
all'interesse del singolo? La mentalità individualistica a livello di comportamento etico è diffusa
anche presso coloro che non condividono le premesse radical-liberali. Soprattutto tale mentalità si è
diffusa a livello di “cultura sociale”, nel senso che sono venuti meno alcuni valori etici che
costituivano un punto di riferimento quasi obbligato, come la fedeltà coniugale, lo spirito di
sacrificio; non esiste più una fondamentale uguaglianza nella valutazione etica dei comportamenti.
Si viene così ad affermare, in modo molto riduttivo, che il valore della vita dipende dalla
sua qualità psicologica, dal suo essere in uno stato di agio o di disagio, ad un sentirsi bene o male.
Questo principio interpreta con criteri riduttivamente psicologici e propone di sostituire il principio
della sacralità della vita con il principio della qualità della vita.
Questo sistema, si caratterizza inoltre come consumistico: consumare sempre di più fino a
forzare i meccanismi che danno il senso di sazietà eliminando i criteri che consentono di
riconoscere quali sono i bisogni reali. La concezione culturale di tipo consumistica, ha attecchito
particolarmente bene perché il potere economico tende a far credere che la felicità passa solo
attraverso l'avere e mediante il possesso dilatato all'inverosimile, fino al punto da affermare che:
"Non avere tutto, è non avere nulla".
Su questa linea, il rischio di ignorare le altre dimensioni dell'essere umano, quali la
spiritualità, la socialità, l'affettività, la gratuità, é una realtà. Ormai queste necessità non sono più
riconosciute, e poiché sono inappagate, danno un profondo senso di insoddisfazione, che sovente è
messo a tacere col solo metodo della corsa agli acquisti.
1.2.2 MODELLO ESPERIENZALISTA-ECCLETTICO11-STORICISTA12
Tale proposta è fondata sul diritto soggettivo dell’individuo ad essere alla fine unico arbitro
di ciò che e bene o è male per lui, attraverso una serie interminabile di esperienze, senza badare né
alla loro coerenza e connessione sistematica né al loro inserimento storico. Esso nega la validità
perenne del vero, ed ogni verità oggettiva.
1.2.3 MODELLO TECNOLOGICO-SCIENTISTA13
E’ modello considera buono tutto ciò che aiuta il processo di evoluzione scientifico. Mentre
ritiene malvagio tutto ciò che ostacola questo processo evolutivo benefico per il futuro della società.
In campo medico ad esempio, passa in secondo piano il vero bene della persona, la quale diventa
strumentale al progresso tecnologico.
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1.2.4 MODELLO ECONOMICO
Con esso ritiene che la vita sia di qualità sufficiente della vita quando vi è soddisfacimento
dei bisogni e dei desideri attraverso strumenti economici.
Non vi è spazio per chi non produce. “Il summum bonum di quest'etica, é il guadagno di denaro e di
sempre più denaro, (...) il guadagno è considerato come scopo della vita dell'uomo, e non più per
soddisfare i bisogni materiali”14. Se gli obiettivi si risolvono nell'aumento di capitali, i quali sono
ottenuti con la produzione, occorre sempre più far lievitare la produzione. Di qui l'affermarsi
pervasivo della cosiddetta economia di mercato, fondata sui profitti, con la conseguente riduzione
della persona a "uomo economico" e la relativa inguista disegualianza fra individui e classi sociali.
1.2.5 MODELLO UTILITARISTICO-PRAGMATICO-GIURIDICO
E’ ritenuto vero e buono ciò che la cultura di quell'epoca esprime nella volontà della
maggioranza15. Ha quindi valore indiscusso tutto ciò che è accettato dall'altro ed in generale dalla
società. Questa logica è caratterizzata dalla giuridicizzazione: determinata dalla fitta rete di norme
giuridiche e amministrative. In campo sanitario, per esempio, essa produce la cosiddetta medicina
difensiva la quale preoccupata del dovere di informare e documentare circa il suo agire attua più
facilmente interventi documentabili e dimostrabili (prove, documenti, garanzie), eccedendo spesso e
volentieri in terapie e diagnosi inutili; spesso vengono anche attuati gli interventi più sicuri i quali
non coincidono con i più vantaggiosi.
1.2.6 MODELLO ECOLOGICO-MEDICALE
La qualità di vita è strettamente connessa con lo stato di salute e con l'autosufficienza
personale. Il rapporto armonico tra l'uomo e il suo corpo, fra l’uomo e l'ambiente, è condizione
essenziale per il benessere completo dell’individuo; questa cultura diffusa ritiene che l'uomo sia
uomo solo se sviluppa armonicamente tutte le sue facoltà, se attualizza tutte le sue potenzialità e se
si adegua in pieno al modello di uomo ideale, si viene così accentuando il bisogno di
autorealizzazione soggettiva, la quale può condurre sino all’esasperazione della ricerca di modi di
essere e di vivere. Per cui, per esempio, dal momento in cui le modalità di vita della giovinezza
vengono meno, viene meno anche ogni ragione di vivere.
1.2.7 MODELLO PERSONALISTA
Società e cultura oggi pongono sempre di più la libertà quale supremo punto di
riferimento per l'uomo (un'azione libera e che non leda la libertà altrui è automaticamente lecita).
E’ una libertà da vincoli e non una libertà per un progetto di vita. E’ una libertà senza
contenuti, senza valori, senza responsabilità. E’ un'etica senza verità: un organismo acefalo.
Questo tipo di pensiero si sposa poi benissimo col criterio economicistico ed utilitaristico
dell’eliminazione, sebbene apparentemente per fini umanitari e di pietà (eutanasia), di coloro i
quali, resi improduttivi dall’età avanzata, da malattie terminali, da malformazioni congenite,
divengono un “costo aggiuntivo” per la collettività.
Di qui allora la necessità di contrapporre una visione che riaffermi con forza che la
dignità della persona non si misura col funzionalismo o con l’efficientismo e che essa sussiste
14
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WEBER M., L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, Sansoni, Firenze 1991, p. 43.
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anche quando l’individuo non ha la capacità di fare proprie ed autonome scelte; ribadire che in ogni
persona umana, dall’embrione all’anziano, il mondo tutto si ricapitola e prende senso e che in ogni
persona umana è racchiuso il significato dell’universo, la totalità dell’uomo e tutto il valore ed il
bene integrale dell'umanità.
Il personalismo cristiano afferma, invece, che la persona umana e la sua dignità sono il
criterio unico per il progresso medico e scientifico. Solo la persona può quindi essere il solo valore
supremo, e non può mai essere ridotta a mezzo per raggiungere un'altro fine. Per la concezione
di tipo personalista la persona è vista nella sua totalità: i bisogni ed i desideri devono essere
correlati ai valori, per far sì che essa realizzi in pieno se stessa. Il criterio fondamentale del
rispetto della vita e della dignità della persona umana, affonda le sue radici nella legge morale
ispirata alla Rivelazione divina, alla Tradizione e al Magistero della Chiesa, ed all’esperienza
delle scienze umane.
La definizione della persona creata ad immagine e somiglianza di Dio, costituisce la base
essenziale di tutta l’antropologia cristiana, in quanto contiene la verità sul carattere personale
dell’essere umano. L’uomo è persona, in eguale misura l'uomo e la donna: ambedue sono stati creati
ad immagine e somiglianza del Dio personale. E’ quanto sta scritto nel primo capitolo della Genesi.
“Il tema dell'uomo creato ad immagine di Dio offre quasi il riassunto più alto dell’antropologia
biblica. Esso fonda al tempo stesso la legittimazione radicale dell'antropomorfismo, ossia del
parlare di Dio assumendo come specchio l'uomo, e del teomorfismo, ossia del parlare dell'uomo
assumendo come specchio Dio”16. Il fondamento di questa somiglianza sta nel fatto che l’uomo è un
essere razionale e libero.
La riflessione filosofica e teologica, ha individuato nelle facoltà intellettuali dell’uomo, cioè
nella sua ragione e nella sua volontà, un segno privilegiato di quest’affinità con Dio. Tali facoltà,
infatti, rendono l’uomo capace di conoscere il Signore e di stabilire con Lui un rapporto dialogico.
San Tommaso al riguardo afferma che “persona significa quanto di più nobile c’è in tutto
l’universo, cioè il sussistente di natura razionale”17, in altre parole, “Dio crea l’uomo a sua
immagine e somiglianza, cioè un essere di dimensione spirituale, che ha come Dio intelligenza,
volontà libera, è un tu con cui si può parlare, con cui si può entrare in dialogo. In questo consiste la
dignità della persona umana”18.
Non va dimenticato, tuttavia, che l’uomo nella sua interezza, partecipa alla dignità di
immagine di Dio attraverso l’anima spirituale, l’intelligenza, la volontà libera, ma anche con il suo
corpo, il qual è destinato alla resurrezione finale. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda che il
corpo dell’uomo “è corpo umano proprio perché è animato dall'anima spirituale, ed è la persona
umana tutta intera ad essere destinata a diventare, nel corpo di Cristo, il tempio dello Spirito19”. La
Parola di Dio afferma: “Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Non appartenete a voi
stessi... Glorificate dunque Dio nel vostro corpo”20.
16
SARTORI L., La persona nella storia della teologia, in AA. VV., Persona e personalismo, Gregoriana, Padova
1992, p.139.
17
S. TOMMASO, Summa theologiae, I, a.29, a.3.
18
GRECK P., Principi per la bioetica derivanti dall'antropologia biblica, in AA.VV., Bioetica quale antropologia?,
Camillianum, Roma 1994, p. 25. Cfr. GS 12; 14. Cfr. VS 48-50.
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CCC 364
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1 Cor. 6, 15.19-20
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