Atti dei workshop - Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva

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Atti dei workshop - Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva
VERSO EXPO 2015: One Medicine - One Health. Food for All
1 Bergamo 28 NOVEMBRE WORKSHOP: SOSTENIBILITA’ DELLA PRODUZIONE E LOTTA AGLI SPRECHI WORLD FOOD ANTIBIOTICORESISTENZA – FOOD BORN DISEASES WORKSHOP 28 NOVEMBRE ONE MEDICINE‐ONE HEALTH‐FOOD FOR ALL WORLD FOOD COORDINATORE: Dr. MASSIMO MEAZZA ASL MILANO ABSTRACT RELATORI 2 Dott. Massimo MEAZZA Veterinario Ufficiale ASL Milano IL COMMERCIO MONDIALE DEGLI ALIMENTI E RUOLO DELLE VETERINARIA PUBBLICA 3 Analisi scenario attuale Ogni giorno nel territorio nazionale i consumatori acquistano e consumano prodotti alimentari provenienti da un Paese della Comunità Europea o da un Paese Terzo. La commercializzazione dei prodotti alimentari proveniente dai Paesi della Unione Europea è disciplinata dal “Pacchetto di Igiene”, insieme di Regolamenti che garantiscono la tutela dei consumatori e la conformità ed igiene degli alimenti. L’introduzione nella UE di alimenti di origine animale da Paesi Terzi è disciplinata da norme Comunitarie volte alla tutela dei Consumatori all’interno della Unione ed alla salvaguardia del patrimonio zootecnico comunitario. Gli alimenti d’importazione devono rispondere agli stessi standard di sicurezza vigenti per i prodotti di origine comunitaria. La forte spinta immigratoria degli ultimi anni, dovuta anche al verificarsi di notevoli crisi economiche in molti Paesi Esteri ha determinato la presenza in Italia di una notevole componente di popolazione proveniente da Paesi che storicamente non avevano residenza nel territorio nazionale con una concentrazione nelle zone fortemente urbanizzate. In Italia sono censiti circa 4 milioni di cittadini stranieri prevalentemente residenti nell’Italia del Nord (62 %), e nell’Italia Centrale (circa il 24 % del totale). In particolare, uno straniero su quattro risiede nei comuni con almeno 150 mila abitanti; Il 5,6% della popolazione straniera censita vive a Roma e il 4,4% a Milano, mentre l’incidenza più elevata si registra a Brescia, con 166,1 stranieri ogni 1.000 censiti, e a Prato, con 153,8 ogni 1.000 censiti. In tutti i comuni con almeno 150.000 abitanti tra il 2001 e il 2011 si è registrato un incremento di popolazione straniera, pari nel loro complesso a 600 mila individui, a fronte di un decremento della popolazione italiana di pari entità (598.290 unità). (dati Censimento ISTAT 2011) Le principali cittadinanze rappresentate sono la Romania, l’Albania, il Marocco, la Cina, l’Ucraina e le Filippine. L’Italia si caratterizza tra i paesi europei per un processo di immigrazione relativamente recente. È ancora predominante la prima generazione di immigrati, per la quale il lavoro è il principale motivo di emigrazione. L’alimentazione transculturale, oggi di grande attualità nel nuovo panorama sociale del nostro Paese come di molti altri Paesi occidentali, richiede approfondimenti e riflessioni che devono necessariamente coinvolgere tutte le categorie professionali che a vario titolo operano nel campo della sicurezza alimentare, dell’educazione alimentare e della cura e accoglienza delle persone immigrate. Il processo migratorio è sempre qualcosa di traumatico, dovuto alla privazione da tutto quello che, fino al momento della partenza, veniva considerato il proprio “universo culturale” comprendendo anche “l’affettività alimentare”, ossia Il cambiamento più immediato ed evidente tra quelli indotti dal processo migratorio è senz’altro quello alimentare ed i “sapori di casa” costituiscono una eredità culturale pregnante che contribuisce a livello personale, intimo ad accrescere il ricordo e ad attutire l’inesorabile cambiamento dell’esistenza in atto. Tra tutte le componenti che accrescono le difficoltà di adattamento, una posizione fondamentale è occupata dalle differenze nelle abitudini alimentari tra il Paese d’origine ed il Paese ospitante. Alimenti normalmente non presenti nel settore commerciale di un determinata zona possono essere considerati “etnici”: è la situazione che si è verificata in Italia nei decenni scorsi dove il commercio di prodotti alimentari era limitato alla produzione e commercializzazione a livello locale, correlato alle abitudini alimentari ed alla “conoscenza” di alcuni specifici alimenti, con una naturale diffidenza nei confronti di alimenti non consuetudinari. Nel terzo millennio dobbiamo ragionare in termini globali e pertanto qualsiasi prodotto alimentare, nel rispetto delle regole e della normativa alimentare, può essere posto in vendita. Quali scenari futuri? È in questo contesto che il Settore della Sicurezza Veterinaria Alimentare deve prendere coscienza della situazione, in considerazione di un notevole scambio commerciale con i Paesi europei ed importazione di alimenti da Paesi terzi, e di una vasta diffusione di esercizi commerciali sia di vendita sia di ristorazione gestiti da imprenditori provenienti da innumerevoli Paesi Esteri, in particolare Asiatici. Contemporaneamente al flusso immigratorio sia la variazione delle abitudini culturali ed alimentari della popolazione italiana sia la costituzione ed apertura di società con legali rappresentanti di origine non italiana (notevole incremento negli ultimi anni) ha sviluppato il commercio e la ristorazione di prodotti alimentari cosiddetti “etnici”. La commercializzazione di alimenti provenienti da tutto il mondo (si pensi ai prodotti della pesca, ai prodotti cerealicoli, ortofrutticoli ecc.) determina nuove problematiche sanitarie, nuove criticità determinate dai MOCA (Materiali a contatto con gli alimenti) e l’avvento del “Novel Food” e dell’utilizzo delle Nanotecnologie negli alimenti. In particolare è necessario l’approfondimento della conoscenza della composizione e degli aspetti nutrizionali degli alimenti “importati”; contemporaneamente l’Autorità Sanitaria Competente (personale delle ASL regionali e del Ministero della Salute) devono affrontare e fronteggiare la illecita commercializzazione di prodotti alimentari provenienti da tutti i Continenti, tramite flussi commerciali non regolari, con evidenti rischi sanitari per la salute dei consumatori (ad esempio batteri patogeni negli alimenti –listeria ‐ il latte contenente melamina, alimenti con additivi non consentiti, micotossine, contaminanti, ecc.) e per il patrimonio zootecnico causa il pericolo di diffusione di malattie infettive. 4 La criticità della situazione è dovuta alla commercializzazione illecita di prodotti alimentari, mediante l’attuazione di flussi commerciali non dichiarati; le problematiche del riscontro di alimenti non conformi durante l’attività ispettiva determinano sia azioni amministrativo‐sanitarie sia giudiziarie, che devono essere collegate ad una valutazione della effettiva pericolosità degli alimenti, con gli approfondimenti scientifici richiesti. Questo scenario determina nuovi approcci ispettivi e tecniche di indagine, differenti dall’ispezione attuata negli stabilimenti riconosciuti ed in allevamento. Sono richieste nuove competenze, capacità professionali e modalità di integrazione che superano l’attuale modello organizzativo del SSN, esigendo flussi informativi rapidi, scambi di informazioni e collegamenti veloci tra le realtà territoriali. Come ci prepariamo La proposta innovativa del Workshop è di dare origine ad una Area Tematica all’interno della S.I.Me.Ve.P. specifica per il settore “World Food”, comprensiva delle esperienze nel campo degli Alimenti etnici , dell’impiego delle nanotecnologie nella produzione alimentare, dei MOCA e del Novel Food. La costituzione del gruppo di lavoro (rete operativa nazionale) ha l’obiettivo di ricongiungere le singole esperienze di controllo ed intervento sul territorio eseguito dal personale medico veterinario delle ASL, aggregando le conoscenze e le modalità operative di controllo mediante un processo integrato di apprendimenti, divenendo portavoce delle problematiche del settore della commercializzazione e somministrazione dei prodotti alimentari provenienti da “Tutto il mondo” compreso il “Novel Food”. La Sanità Pubblica Veterinaria costituita dai Medici Veterinari delle ASL, Regioni e Ministero della Salute, quale Autorità Competente Sanitaria deputata ai controlli ufficiali, possiede le competenze e le professionalità necessarie per affrontare e gestire la situazione, mediante l’approfondimento delle conoscenze scientifiche comprensive dei metodi produttivi degli alimenti in questo specifico settore, delle caratteristiche di composizione e nutrizionali degli alimenti, dell’impatto e dei rischi per la tutela della salute dei consumatori. Piano di interventi/attività/collaborazioni nel percorso verso Expo 2015. Il percorso da realizzare verso Expo 2015 prevede uno sviluppo progettuale, impostato sulle attività che il Gruppo di lavoro andrà a svolgere per raggiungere gli obiettivi prefissati. Il Gruppo di lavoro deve assumere il ruolo di promotore di linee guida, nuovi approcci ispettivi ed indirizzi nazionali (con interessamento della Unione Europea) di sicurezza alimentare nello specifico settore, mediante la collaborazione con le altre professionalità del SSN (Dipartimenti ASL, Laboratori IZSLER e Sanità Pubblica), Università e altri enti di Controllo. 5 Verso Expo 2015 Indicatori di risultato Documentazione Assunzioni & rischi Obiettivo generale: definizione di modalità operative di controllo mediante un processo integrato di apprendimenti nel settore della commercializzazione e somministrazione dei prodotti alimentari provenienti da “Tutto il mondo” compreso il “Novel Food”. Obiettivi specifici Atti S.I.Me.Ve.P. Attività 1 Costituzione Gruppo di lavoro S.I.Me.Ve.P. “Word food” Documento Attività 2 Raccolta esperienze S.I.Me.Ve.P. Creazione Rete operativa Analisi e valutazione dei sistemi ispettivi in rapporto ai nuovi scenari di Attività 3 Formazione in campo: Predisposizione di Convegno S.I.Me.Ve.P. linee guida, diffusione delle informazioni sia mediante formazione in campo sia mediante formazione a distanza e Internet ( Convegno) Attività 4 Predisposizione Linee guida di indirizzo Manuale S.I.Me.Ve.P. modalità ispettive ed operative nei controlli ufficiali Entro gennaio 2014 ‐ disponibilità del personale interessato lavoro Entro Marzo/aprile 2014 disponibilità del personale interessato Entro Dicembre 2014 Marzo 2015 Questi i obiettivi saranno misurati, verificati e presentati in occasione dei futuri incontri previsti sul temi di interesse organizzati S.I.Me.Ve.P. I risultati finali costituiranno esempi di attività di eccellenza svolte dai Servizi veterinari pubblici coerentemente con gli obiettivi tematici Expo 2015. 6 Dr.ssa Donatella CAMBIAGHI Ministero della Salute PIF MALPENSA L’INTRODUZIONE DI ALIMENTI DI ORIGINE ANIMALE NEL TERRITORIO UE DA PAESI TERZI L’introduzione nella UE di alimenti di origine animale da Paesi Terzi è disciplinata da norme Comunitarie volte alla tutela dei Consumatori all’interno della Unione ed alla salvaguardia del patrimonio zootecnico comunitario. Gli alimenti d’importazione devono rispondere agli stessi standard di sicurezza vigenti per i prodotti di origine comunitaria. Per garantire la conformità degli alimenti di origine animale e di taluni prodotti composti che li contengono, i PIF autorizzati espletano controlli sistematici sulle partite in importazione tramite verifiche documentali, d’identità, materiali ed analitiche, tenendo sempre conto di eventuali misure di salvaguardia e degli Accordi bilaterali vigenti fra l’Unione e taluni Paesi Terzi. I requisiti d’importazione sono armonizzati a livello Comunitario per tutte le categorie alimentari più significative e stabiliscono criteri relativi alla sanità pubblica che alla sanità animale. In relazione a ciascuna tipologia di prodotto, vengono a tal fine stabiliti dalla Commissione elenchi di Paesi Terzi autorizzati ad esportare in UE , elenchi di stabilimenti che sono in grado di garantire il rispetto dei criteri stabiliti a livello comunitario e modelli di certificati sanitari tramite i quali le competenti autorità del Paese Terzo attestano il rispetto dei requisiti fissati dall’UE. In estrema sintesi verranno affrontati alcuni esempi, rimandando per una trattazione più esaustiva al sito del Ministero della Salute che fornisce linee guida in proposito. Verrà affrontato in linea generale l’ambito di competenza dei PIF, con particolare rilievo sul nuovo ed emergente problema dell’importazione di prodotti composti, contenenti cioè, oltre ad ingredienti non di origine animale, prodotti trattati di origine animale. Considerata la finalità dell’evento, verranno riassunte le modalità d’introduzione di prodotti destinati all’esposizione, a studi ed analisi ed afferenti alla categoria dei campioni commerciali. 7 Dr. Giuseppe CITO Veterinario Ufficiale ASL ROMA B ALIMENTI NON CONVENZIONALI, GADGET GASTRONOMICI O SERIA PROPOSTA ALIMENTARE? IL PUNTO DI VISTA DEL CONTROLLO UFFICIALE. L’Unione Europea, accanto alla legislazione che regolamenta gli scambi intracomunitari e con i Paesi Terzi, 8 ha emanato alcune Decisioni e Direttive che sono indirizzate verso la “carni alternative”. Esse sono prodotte come abbiamo visto quasi esclusivamente al di fuori del territorio Comunitario e perciò la normativa di riferimento ne regolamento l’importazione, anche se in alcuni casi non in maniera esaustiva. Le importazioni di carni di ratiti (compresi emù e nandù), di artiodattili selvatici o di allevamento ( inclusi cammello, dromedario, antilope, alce, renna, zebù, caribù), di solipedi selvatici come la zebra e di mammiferi selvatici come il canguro sono disciplinate dalle norme: Decisione 2004/118/CE, Decisione 2000/585/CE, Decisione 97/222/CE e Circ. Min. 13.08.97 n. 600.3/SP.31/5760. Comunque in linea generale l’importazione di questi prodotti carnei è condizionata da alcuni elementi fondamentali indicati dalle normative seguenti (Direttiva 97/78/CE e D. L.vo di recepimento n. 80 del 25.02.2000). Per tutti quei prodotti non soggetti a normative specifiche, si fa riferimento alla Direttiva 96/90/CE che modifica la Direttiva 92/118/CE (recepita dal D.L.vo 493/98), che stabilisce le condizioni sanitarie per gli scambi e le importazioni e inserisce tra questi prodotti anche quelli di specie non soggette a requisiti specifici, in particolare le carni di rettili e relativi preparati destinati al consumo umano. In virtù di questa Direttiva, gli Stati Membri adottano decisioni in base ad una valutazione del rischio effettivo di propagazione di malattie trasmissibili gravi o di malattie trasmissibili all'uomo per effetto della creazione del prodotto non soltanto per la specie dalla quale il prodotto è derivato, ma anche per altre specie che possono fungere da veicolo o serbatoio della malattia o rappresentare un rischio per la sanità pubblica. Nonostante i numerosi controlli finalizzati a garantire il consumatore e messi in atto dai singoli governi e dall’Unione Europea, il numero di episodi di malattie alimentari permane elevato. L’apparente aumento di alcune patologie alimentari è in realtà legato al perfezionamento dei sistemi di rilevazione di focolai di tossinfezioni e dei metodi analitici utilizzati per evidenziare gli agenti responsabili. Le uniche barriere che possono essere imposte in questo contesto sono quelle igienico‐sanitarie ed è su questo terreno che si giocherà la dimostrazione di efficienza dei controlli in merito alla sicurezza alimentare passando attraverso un’adeguata comunicazione del rischio, cioè un efficace sistema di scambio di informazioni e di opinioni riguardo ai rischi associati ai pericoli potenziali e realmente presenti o solamente percepiti dal consumatore. Dr. Ettore FACIBENI Veterinario Ufficiale AUSL 4 PRATO IL CONTROLLO UFFICIALE PRESSO ATTIVITÀ ALIMENTARI CONDOTTE DA CITTADINI CINESI. PROGETTO PRATO: L’INTEGRAZIONE PASSA ANCHE ATTRAVERSO LA SICUREZZA ALIMENTARE La provincia di Prato è caratterizzata da una elevata presenza di immigrati extracomunitari. Su una popolazione residente di circa 250.000 abitanti gli stranieri sono oltre 36.500 rappresentando il 13,65% della popolazione e tra essi la comunità più numerosa è costituita da cittadini cinesi con oltre 24.600 unità. La comunità cinese a Prato ha creato il più grande distretto manifatturiero cinese in Europa incentrato nella produzione di abbigliamento pronto moda. Si tratta per lo più di abbigliamento femminile di confezioni che vengono etichettate come “made in Italy” e che hanno vinto la sfida del mercato globale sfruttando l’immagine forte dello stile italiano associato ad un basso costo dei prodotti. All’interno di questa comunità cinese si sono sviluppate altre attività economiche secondarie che possiamo definire di servizio alla vita della comunità stessa come ad esempio quella legata all’alimentazione ed alla ristorazione. A Prato sono oltre 250 le attività alimentari gestite da cittadini extracomunitari. Sono presenti sul territorio diverse ditte che effettuano attività di deposito e vendita all’ingrosso di alimenti con regolare attività di importazioni sia da paesi terzi che da paesi comunitari. Le ditte di Prato commercializzano i loro prodotti alimentari su tutto il territorio nazionale nell’ambito della comunità cinese. Per gli organi di controllo l’attività in questi esercizi pone, oltre alle consuete difficoltà dovute alla scarsa conoscenza della lingua italiana, ai frequenti cambiamenti di proprietà, al continuo ricambio del personale addetto, anche quelle legate ad una normativa comunitaria che di fatto vieta l’importazione dalla Cina di molti alimenti di origine animale. Il rilievo di tali alimenti nel corso dei controlli ufficiali impone l’adozione di misure restrittive non sempre facilmente praticabili. Nel mio intervento illustrerò l’esperienza del Servizio Veterinario di Igiene degli Alimenti di Origine Animale di Prato soffermandomi sulle principali criticità riscontrate nel corso dei controlli ufficiali e sulle soluzioni che abbiamo cercato di intraprendere a livello locale. Infatti ormai da diversi anni gli organi deputati al controllo ufficiale hanno dovuto confrontarsi con questa complessa realtà cercando di promuovere anche attraverso specifiche iniziative di informazione, la conoscenza ed il rispetto della normativa del settore alimentare avendo presente che non vi sono efficaci politiche di integrazione senza il rispetto della legalità. 9 Dr. Gennaro FRANCO ISTITUTO NAZIONALE MALATTIE DELLA POVERTA’ ALIMENTAZIONE TRANSCULTURALE: ESPERIENZA dell’INMP ‐ROMA L’alimentazione transculturale, oggi di grande attualità nel nuovo panorama sociale del nostro Paese come di molti altri Paesi occidentali, richiede approfondimenti e riflessioni che devono necessariamente coinvolgere medici, biologi, antropologi, psicologi, insegnanti e tutte le categorie professionali che a vario titolo operano nel campo dell’educazione alimentare e della cura e accoglienza delle persone immigrate. Qualunque siano le motivazioni che spingono un individuo ad abbandonare il Paese di origine, i propri affetti, la propria posizione o ruolo sociale, il processo migratorio è sempre qualcosa di traumatico, dovuto alla privazione da tutto quello che, fino al momento della partenza, veniva considerato il proprio “universo culturale”. Tra tutte le componenti che accrescono le difficoltà di adattamento, una posizione fondamentale è occupata dalle differenze nelle abitudini alimentari tra il Paese d’origine ed il Paese ospitante. Il cambiamento più immediato ed evidente tra quelli indotti dal processo migratorio è senz’altro quello alimentare ed i “sapori di casa” costituiscono una eredità culturale pregnante che contribuisce a livello personale, intimo ad accrescere il ricordo e ad attutire l’inesorabile cambiamento dell’esistenza in atto. Il cibo si comporta, quindi, come un vero e proprio strumento di riappropriazione d’identità, nel momento in cui questa venga a mancare: è il ponte verso la terra di origine, verso i propri affetti ed i propri luoghi. Inoltre, nei Paesi di accoglienza, si assiste sempre più frequentemente alle cosiddette “patologie da importazione”, cioè quelle malattie assenti o attualmente poco diffuse in Italia, ma frequenti nei Paesi d’origine e, successivamente, alle “patologie da adattamento” legate al particolare significato che l’esperienza della migrazione assume nella vita di una persona. Pur tenendo presente che la popolazione immigrata è tendenzialmente sana, sia in relazione all’età (si tratta soprattutto di giovani adulti), che per una sorta di selezione naturale dei soggetti in migliori condizioni psico‐fisiche per l’esperienza migratoria (“effetto migrante sano”), le persone immigrate possono essere esposte a rischio di malnutrizione, definita “acuta” in seguito a viaggi lunghi ed estremamente disagiati o “cronica” dovuta ad un basso livello di reddito che rende difficile un’alimentazione quotidiana variata ed equilibrata. Inoltre, l’ambiente‐alimentazione esercita, come è noto, una sensibile influenza sull’equilibrio psico‐fisico del soggetto immigrato e molti studi hanno 10 dimostrato come malnutrizione e/o denutrizione, unite a stress psicologico e povertà possono talvolta portare ad un abbassamento delle difese immunitarie. Un altro elemento che caratterizza il nuovo panorama sociale e culturale di molti Paesi, dove la migrazione è diventata un fenomeno strutturale, è il pluralismo religioso ed una componente fondamentale dell’universo religioso sono proprio i regimi dietetici: tutte le religioni, in tutti i tempi, hanno sempre sentito la necessità di elaborare delle regole, senza le quali il rapporto con il “divino” sarebbe precluso. I divieti alimentari, in particolare, definiscono frontiere culturali e rafforzano l’identità del gruppo. L’alimentazione transculturale è oggi, quindi, una realtà, non solo per la presenza di molte persone straniere in Italia, ma anche per la diffusione dei cosiddetti ethnic food, alimenti originari di Paesi diversi dall’home market e che contribuiscono ad una cultura alimentare diversa dalla tradizione del Paese ospitante. Negli anni dei primi flussi migratori in Italia (anni ‘80), questi “nuovi” alimenti erano disponibili solo in pochi mercati rionali o in piccoli negozi specializzati ed erano soprattutto le persone immigrate che provvedevano ad un’alimentazione tradizionale della comunità di appartenenza, portando nei loro viaggi (o facendosi inviare dai familiari rimasti nel Paese di origine) ingredienti importanti, come cereali, legumi, salse e spezie. Successivamente, con l’intensificarsi dei fenomeni migratori, con l’adattamento delle persone immigrate al nuovo contesto territoriale e l’instaurarsi di rapporti di integrazione (o meglio di interazione) tra comunità straniere e residenti italiani, i “nuovi” alimenti si sono notevolmente diffusi ed il prodotto “etnico” viene richiesto non solo dalla comunità di appartenenza, ma è apprezzato anche dalla comunità ospite, soprattutto nelle grandi città. Oggi, invece, quella che si prefigura è una nuova Italia nella quale le persone immigrate portano insieme alle loro storie di vita e alle loro speranze, la loro identità, la loro cultura, i sapori e i colori delle loro abitudini alimentari. A partire da una breve analisi teorica sulle dinamiche dei flussi migratori in Italia negli ultimi venti anni, sull’importanza del ruolo dell’alimentazione nel fenomeno migratorio e sulle problematiche relative ai “nuovi” alimenti, verranno descritti i modelli di consumo alimentare dei diversi Paesi, accompagnati da indicazioni sull’educazione alimentare nel rispetto delle tradizioni di origine. 11 Dr. Vitantonio PERRONE S.I.Me.Ve.P. NANOTECNOLOGIA E SICUREZZA ALIMENTARE Quello che passa sotto il termine generico di nanotecnologie è da considerare come la vera innovazione del ventunesimo secolo vista la sua interdisciplinarietà (fisica, chimica, biologia, ingegneria, elettronica) e la possibilità di applicarle in molti settori produttivi non ultimo quello agroalimentare. I nanomateriali rientrano nell’ordine di grandezza del milionesimo di millimetro e tali dimensioni determinano la comparsa di nuove proprietà chimiche e fisiche del tutto differenti da quelle presenti nella stessa materia non nanostrutturata (bulk materials). Lo sviluppo applicativo dei nanomateriali offre delle opportunità ma al contempo, come per tutte le attività umane, possono configurarsi rischi potenziali associati a specifici aspetti la cui valutazione è ancora da completare vista la grande complessità che richiede approcci del tutto innovativi per quanto concerne le tecniche di laboratorio. In ambito alimentare lo sviluppo di numerosi nanomateriali ingegnerizzati (enginereed nanomaterials ‐ ENMs) trova impiego principalmente nell’ambito dei materiali per il packaging (food contacts materials ‐ FCMs) in grado di offrire nuove soluzioni per assicurare migliori condizioni durante il trasporto degli alimenti e aumentarne la shelf‐life proteggendoli dalle contaminazioni esterne. Altre applicazioni possono agire direttamente sulla struttura dell’alimento, sull’aggiunta di additivi per aumentare la biodisponibilità di componenti nutrizionali o utilizzare nano‐sensori per assicurare la tracciabilità dell’alimento o monitorarne le condizioni durante la sua vita commerciale. Come detto lo sviluppo dell’impiego dei nanomateriali assieme allo studio dei notevoli vantaggi offerti comporta l’approfondimento di tutti quegli aspetti anche etici, politici e normativi collegati al loro possibile impatto ambientale oltre a quello sulla sicurezza alimentare dato che le loro particolari proprietà determinano grosse difficoltà nel prevedere il loro impatto biologico mentre è giocoforza comprenderle appieno per valutarne adeguatamente il rischio associato al loro impiego diffuso. La nanotossicologia ha quindi il compito di implementare metodiche analitiche per la loro determinazione negli alimenti e nei tessuti biologici, ricerche sugli effetti della digestione sulla struttura dei nanomateriali (studi in vitro sulla modificazione, dissoluzione, degradazione) e della loro tossicità (biodistribuzione, effetti sul sistema endocrino e riproduttivo). Per assicurare la presenza di alimenti “sicuri” per i consumatori l’immissione in commercio nei paesi dell’UE di nuovi alimenti (novel food) è soggetta al processo autorizzativo previsto dal Reg. n. 258/97/CE per cui l’operatore che intende commercializzare nell’UE un nuovo alimento non conosciuto né consumato 12 precedentemente deve presentare un dossier che, descrivendone le caratteristiche e gli studi condotti al riguardo, ne assicuri la salubrità per il consumatore europeo. A questo tipo di autorizzazione sono soggetti anche prodotti contenenti sia naturalmente che per volontà del produttore dei nanomateriali in grado di dare a quell’alimento caratteristiche biologiche e nutrizionali di fatto nuove e niente affatto assimilabile ad un alimento equivalente ma prodotto con modalità tradizionali. Altro aspetto normativo di particolare rilievo per l’opinione pubblica europea è l’imminente entrata in vigore dal 13 dicembre 2014 del Reg. (UE) n. 1169/2011 che prevede nuove modalità di informazione per i consumatori riguardo agli alimenti. Più precisamente l’art. 18 prevede che tutti gli eventuali ingredienti presenti sotto forma di prodotti ingegnerizzati (ENMs) debbano essere chiaramente definiti come tali. Dr. Luigi PISCITELLI Veterinario Ufficiale ASL MILANO ESPERIENZE PRATICHE DI CONTROLLO UFFICIALE PRESSO LE IMPRESE ALIMENTARI “ETNICHE”, INFORMAZIONI SUI MATERIALI ATTIVI ED INTELLIGENTI (MOCA) A CONTATTO CON GLI ALIMENTI, IL NOVEL FOOD La ASL di Milano presenta un territorio fortemente urbanizzato con una notevole presenza di attività alimentari gestite da imprenditori provenienti dalla Unione Europea e dai Paesi Terzi. Il Dipartimento Veterinario ASL di Milano ha attivato uno specifico Progetto di controllo mirato sulle varie attività di vendita (esercizi commercio al dettaglio, supermercati‐minimarket – macellerie/pescherie), interessando tutti i gestori rappresentativi dei diversi Paesi di origine presenti sul territorio, privilegiando esercizi cinesi (causa maggiore criticità rilevate negli anni per importazioni illecite). Dalla valutazione dei dati di contesto sugli esercizi etnici, che rappresentano il 4 % sul totale delle attività alimentari, si constata che assorbono il 40 % delle sanzioni come numero di NC e importo delle sanzioni. La globalizzazione ed il commercio mondiale ha determinato la nascita di regolari flussi commerciali, e contemporaneamente anche la illecita importazione di prodotti alimentari che entrano nel territorio italiano ed europeo. Nell’ambito del Progetto sono state definite nuove modalità operative del controllo ufficiale: il Medico Veterinario durante l’ispezione nell’esercizio “etnico” deve essere molto attento e vigile nel porre attenzione ai prodotti che potrebbero evidenziare non conformità; verificare sempre attentamente e valutare l’etichettatura comprensiva del numero di riconoscimento dell’alimento, la documentazione commerciale di accompagnamento della merce e la correlazione con il prodotto posto in vendita, ed inoltre verificare la presenza del codice a barre (Codice European Article Number). 13 Inoltre alcuni alimenti di origine animale iniziano ad essere prodotti in stabilimenti riconosciuti comunitari (Francia – Olanda..): ad esempio pollo nero congelato, preparazioni a base di carni avicole congelate, uova trattate (del centenario)… Le modalità operative di controllo ufficiale comprendono i Provvedimenti da intraprendere a seguito di riscontro di non conformità alla normativa vigente. Durante l’ispezione si devono considerare anche i MOCA (materiali destinati a venire a contatto con alimenti); possibilità di rilevare materiali attivi (immessi nella confezione per assorbire umidità ‐ossigeno ecc) ed intelligenti (variazioni colorimetriche per fornire informazioni su variazioni eccessive temperatura ecc.) a contatto con gli alimenti. Gli assorbitori di ossigeno (sequestratori) come silica‐gel / calce non possono essere a contatto con gli alimenti sfusi all’interno delle confezioni. Infine sono fornite informazioni sui Novel Food. Dr. Paolo Tucci UNIVERSITA’ FOGGIA IL RUOLO DELLE NANOTECNOLOGIE Le nanotecnologie comprendono una serie di metodologie che studiano le proprietà che la materia presenta su scala molecolare o nanometrica ma che permettono anche di modificare le sue proprietà intervenendo direttamente su singole molecole utilizzando ad esempio il "microscopio a scansione a effetto tunnel". Quando le particelle sono ridotte alla scala nanometrica, con dimensioni comprese nell’intervallo tra 1 e 100 nm, le loro proprietà chimico‐fisiche cambiano. Le nuove proprietà che acquisisce la materia hanno suggerito numerose applicazioni in diversi campi. In quello medico le nanotecnologie vengono sfruttate principalmente per rendere più specifici e sensibili gli esami diagnostici o per veicolare in modo più efficiente i farmaci. Infatti particelle con dimensioni minori di 300 nm possono essere captate all’interno delle cellule e quelle con dimensioni minori di 70 nm possono penetrare persino nel nucleo. Questa capacità delle nanoparticelle di poter interagire con il nucleo cellulare e l'incremento di reattività hanno suggerito la possibilità che si manifestino effetti tossici. Il problema attuale è quello di mettere a punto metodi adatti per caratterizzare e quantificare questa tossicità dal momento che i metodi tradizionali non sembrano adeguati allo scopo. Nonostante il profilo rischio‐beneficio non sia stato ancora caratterizzato adeguatamente, le nanotecnologie sono ampiamente utilizzate anche nel campo alimentare e in quello veterinario. Questo quindi estende il problema della sicurezza dal paziente trattato con nanotecnologie alla popolazione in generale e a tutto l’ambiente. 14 D’altro canto le nanotecnologie offrono al veterinario anche delle opportunità per migliorare la sicurezza in campo alimentare. Attualmente sono già disponibili ed in alcuni casi commercializzati, "nanodetector" in grado di determinare in campo e rapidamente la presenza di microorganismi patogeni negli animali o di contaminanti nel mangime. Alcuni di questi sono in grado di eliminare tali patogeni senza dover utilizzare antibiotici o antivirali con un sensibile vantaggio per l'ambiente. Sono state "costruite" nanoparticelle che indicano rapidamente ed efficacemente se un lotto di carne di una specie è contaminato da quella di un'altra. Infine i "nanobarcodes" permettono di seguire il prodotto lungo tutta la filiera alimentare. Per il veterinario è necessario prevedere percorsi formativi in grado di diffondere la conoscenza di questi sistemi che sembrano destinati a diventare essenziali strumenti di lavoro nei prossimi anni. 15 WORKSHOP 28 NOVEMBRE ONE MEDICINE‐ONE HEALTH‐FOOD FOR ALL ANTIBIOTICORESISTENZA: FOOD BORNE DISEASES COORDINATORE: Dr. ANTONIO SORICE ASL BERGAMO ABSTRACT RELATORI 16 Dr. Antonio Sorice Veterinario Ufficiale ASL BG e S.I.Me.Ve.P. ANTIBIOTICORESISTENZA E SANITÀ PUBBLICA VETERINARIA. A partire dall’introduzione della penicillina nei primi decenni del secolo scorso, i medicinali antimicrobici, tra i quali gli antibiotici, hanno rivestito un ruolo essenziale nel trattamento di varie malattie nell’uomo e negli animali. Nel secolo scorso hanno contribuito significativamente ad abbattere la mortalità dovuta alle malattie infettive quali polmoniti, tubercolosi, la malaria, oggi sono fondamentali per ridurre il rischio di complicazioni connesse a interventi medici complessi quali, per esempio, le protesi sostitutive dell’anca, trapianti di organi, etc. etc. Gli antibiotici sono dunque farmaci preziosi, vanno usati correttamente e con equilibrio, oggi tuttavia l’efficacia dell’azione di questi farmaci è gravemente minacciata dal sempre più frequente fenomeno dell’antibioticoresistenza, ovvero dalla capacità dei microorganismi di resistere all’azione degli antimicrobici. Ogni anno, in Europa circa 25.000 persone muoiono a causa di questo fenomeno oltre a questi decessi evitabili, il fenomeno comporta un costo aggiuntivo di spese sanitarie e perdite di produttività per almeno 1,5 miliardi di euro. Negli Stati Uniti, almeno 2 milioni di persone si infettano con i batteri che sono resistenti agli antibiotici e almeno 23.000 persone muoiono ogni anno come risultato diretto di queste infezioni. Molte più persone muoiono da altre condizioni che sono state complicate da un'infezione resistente agli antibiotici. Usare gli antibiotici in maniera responsabile significa tutelare la salute di tutti poiché il loro cattivo utilizzo rischia di rendere più forti i batteri aumentare la diffusione delle infezioni e diminuire le nostre armi per combatterle. La necessità di uno sforzo congiunto e coordinato a livello mondiale che abbracci il campo umano e veterinario secondo un approccio olistico di One Health ‐ One Medicine ‐ One World, viene confermato dai dati che emergono dai vari tavoli tecnici operanti a livello mondiale su tale emergenza considerata la vera minaccia del terzo millennio. La Commissione Europea già dal 2011 ha implementato un piano quinquennale di controllo sull’antibioticoresistenza, sostenendo fermamente che l’uso responsabile degli antimicrobici in medicina umana ed in medicina veterinaria deve essere una parte importante della strategia di conservazione dell’efficacia degli antimicrobici, integrando la politica legislativa finalizzata a mantenere l'efficacia degli antibiotici sia in salute umana che animale . 17 Indispensabile la raccolta accurata dei dati sui volumi di vendita per gli animali da produzione alimentare, il primo fondamentale passo per supportare le politiche di monitoraggio volte alla riduzione del rischio lungo la catena alimentare, perché assumere residui di antibiotici con gli alimenti può indurre la selezione di ceppi antibiotico resistenti nell’uomo. Non va trascurato tutto il settore degli animali da compagnia in considerazione della pressione selettiva ambientale esercitata dalle molecole e metaboliti rilasciati nel terreno, attraverso le deiezioni a seguito di trattamenti terapeutici e della stessa condivisione di habitat con l’uomo. Va incentivata la trasparenza dell’uso di antibiotici negli allevamenti, mediante un approccio olistico per la prevenzione e il controllo delle malattie attraverso concetti come biosicurezza, buone condizioni di allevamento, ventilazione adeguata, igiene e nutrizione adeguate, regolare monitoraggio della salute e del benessere degli animali, programmazione sanitaria degli allevamenti e la vaccinazione. La Commissione mira a garantire che gli antibiotici vengano usati in modo responsabile, sotto il controllo veterinario, che la diagnostica guidi la scelta del trattamento antibiotico, agevolando un uso razionale e consapevole degli antibiotici. Ad oggi l’uso degli antimicrobici negli allevamenti intensivi è ritenuta condizione imprescindibile a garanzia della salute e del benessere animale, va però razionalizzato e non deve diventare un’alternativa od un alibi a carenze strutturali e/manageriali. Da più parti ormai viene richiesto agli operatori del settore, Veterinari, Industria Farmaceutica, proprietari di animali di affezione, allevatori di animali da reddito, un uso razionale e consapevole degli antibiotici sia per problemi di sostenibilità, di sicurezza alimentare ( residui e/o antibiotico resistenza) ma anche come contributo nella riduzione dei costi di produzione. La scelta fatta dall’Italia di collocare il sistema dei controlli veterinari e quindi di tutti quegli atti di prevenzione che vanno dalla sanità animale all’igiene degli alimenti passando dalla sicurezza alimentare, nell’ambito sanitario e quindi del Ministero della Salute e del Servizio Sanitario Nazionale , in ragione del prevalente interesse della salute pubblica, è il primo indispensabile atto da compiere e che si auspica venga compiuto anche dagli altri Paesi. Ciò dà garanzie di unitarietà dell’approccio sanitario quale conquista culturale e scientifica per la medicina tutta in quella sintesi che si chiama ONE HEALTH e che vede in un approccio multisettoriale, la governance di interventi coordinati, congiunti e trasversali volti alla tutela della salute pubblica ed alla riduzione della selezione e della diffusione dei cosiddetti “SUPERBUGS” e della loro resistenza agli antibiotici. 18 Dr. Marco RIZZI Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII, Bergamo L’ANTIBIOTICO‐RESISTENZA, LE INFEZIONI NOSOCOMIALI E L’IMPATTO SULLA SICUREZZA ALIMENTARE Le infezioni da batteri farmaco resistenti sono associate a maggiore tasso di complicazioni, maggiore mortalità, aumento di ricoveri ospedalieri, prolungamento della degenza ospedaliera, incremento di costi. Ciò è ad esempio documentato per le batteriemie da Staphylococcus aureus meticillino‐resistente versus le batteriemie da S.aureus meticillino‐sensibile; o per le sepsi da Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi versus le sepsi da K. pneumoniae sensibile ai carbapenemi. Esistono ampie variazioni nella percentuale di batteri resistenti tra le diverse aree geografiche. Nell’Unione Europea, per molte specie batteriche si osserva un gradiente di percentuali crescenti di resistenza secondo l’asse nord‐sud (e, in minor misura, ovest est‐ovest): il problema dell’antibiotico‐resistenza è più diffuso nei paesi mediterranei. A titolo di esempio tra i ceppi di Klebsiella pneumoniae isolati dal sangue e dal liquor nel 2012 la percentuale di KPC (ceppi produttori di carbapenemasi) era 60% in Grecia, 29 % in Italia, inferiore al 5% nel Nord Europa. Esiste anche un’ampia variabilità geografica per quanto riguarda il consumo di farmaci antimicrobici per la medicina umana (ad esempio: i consumi pro capite in Grecia sono tre volte superiori a quelli olandesi), che in larga parte presenta il medesimo pattern osservato per la diffusione della resistenza. E’ ben documentato come il più importante fattore nel condizionare la diffusione della farmaco resistenza sia costituito dall’impiego dei farmaci antimicrobici. Una larga percentuale delle prescrizioni di farmaci antimicrobici, sia per pazienti ambulatoriali che per pazienti ospedalizzati, sono inappropriate: per indicazione, timing, posologia, durata, mancato allineamento ai dati microbiologici quando disponibili. La percentuale di inappropriatezza può essere attorno al 50% per l’uso ospedaliero, e può raggiungere l’80% per alcuni problemi ambulatoriali “banali” come la faringite acuta dell’adulto (più dell’80% dei farmaci antimicrobici impiegati in medicina umana sono prescritti a pazienti ambulatoriali!). La maggior parte del volume complessivo dei farmaci antimicrobici impiegati nel mondo non sono usati in medicina umana. Parte del problema della farmacoresistenza deriva dall’impiego di farmaci antimicrobici nel settore agricolo‐zootecnico. Ceppi batterici resistenti ai farmaci possono essere trasmessi direttamente 19 dagli animali (come è documentato per Staphylococcus aureus meticillino‐resistente), o giungere ad infettare l’uomo tramite la catena alimentare (come accade per Salmonella spp. e Campylobacter spp.). Un ulteriore fattore di diffusione dei farmaci e dell’antibiotico resistenza nell’ambiente è poi costituito dalla presenza di farmaci antimicrobici in forma attiva nei rifiuti liquidi derivanti dalle deiezioni (umane ed animali). E’ possibile migliorare l’appropriatezza d’impiego dei farmaci antimicrobici e ridurre la diffusione della farmaco resistenza con approcci integrati: monitoraggio dell’impiego dei farmaci antimicrobici e della diffusione dei ceppi farmacoresistenti, interventi formativi, utilizzo di politiche di impiego dei farmaci antimicrobici e di linee guida “evidence‐based”, misure restrittive sull’impiego di alcuni farmaci, attivazione di procedure di consultazione con specialisti di riferimento (infettivologi, microbiologi, farmacisti). E’ anche dimostrata l’efficacia di misure igieniche volte a ridurre il rischio di trasmissione dei ceppi resistenti durante le procedure assistenziali: sorveglianza, isolamento, o anche, molto semplicemente ma molto efficacemente, lavaggio delle mani. Alcune esperienze dimostrano che si può invertire il trend (vedi ad esempio i dati relativi all’ultimo quinquennio del monitoraggio della Regione Emilia‐Romagna). 20 Dr.ssa Antonella BORROMETI ALTROCONSUMO One Medicine‐One Health‐Food for All ANTIBIOTICORESISTENZA – FOOD BORNE DISEASES Altroconsumo, associazione indipendente di consumatori, è da sempre impegnata ad informare i consumatori per dare loro strumenti di scelta e per adottare comportamenti e stili di vita corretti. Non solo, l’attività di Altroconsumo è volta anche a richiamare l’attenzione di autorità e istituzioni su temi di interesse consumeristico. È in quest’ottica che è stato affrontato il difficile tema dell’antibioticoresistenza. Se il binomio antibioticoresistenza‐sicurezza alimentare è noto da tempo agli addetti ai lavori, non è così per i “normali” consumatori che associano la problematica all’abuso e scorretto uso dei farmaci solo all’ambito medico. Da qui la necessità di fare comunicazione per presentare il tema in tutta la sua complessità. Per farlo, abbiamo adottato la metodica che ci contraddistingue da sempre, ossia quella dell’inchiesta sul campo, concentrando la nostra ricerca su microrganismi produttori di beta‐
lattamasi a spettro esteso (ESBL) in campioni di carne di pollo (pur consapevoli che la questione non è circoscritta solo a questa, ma riguarda in generale tutte le carni di animali da allevamento). Sottolineiamo che come normali consumatori abbiamo acquistato 45 campioni di petto di pollo in supermercati, mercati e macellerie di Milano e Roma. In laboratorio è stato seguito il metodo dell’identificazione fenotipica di batteri produttori di ESBL, e successiva classificazione attraverso test biochimici. In ben l’84% dei campioni analizzati abbiamo trovato Escherichia coli produttori di ESBL. Le analisi sono proseguite per verificare la capacità di antibiotici quali ampicillina, cefotaxima, ciprofloxacina e ceftazidima, di inibire la crescita dei microrganismi. L’interpretazione dei risultati secondo i valori di cut‐off epidemiologici e breakpoint clinici, ci ha permesso di fare un quadro sulla situazione attuale e una proiezione per il futuro. Per esempio, oggi, il 37% dei batteri che abbiamo riscontrato è resistente alla ceftazidima , ma in futuro questa percentuale potrebbe arrivare al 98%. Non si vuole fare allarmismo, ma mettere il consumatore al corrente del pericolo e soprattutto comunicargli che nella complessità di questo problema, anche lui può fare la sua parte non solo attraverso il corretto uso degli antibiotici in ambito medico, ma anche adottando comportamenti corretti in cucina. La nostra inchiesta è stata fatta in collaborazione con le associazioni di consumatori di Belgio, Spagna e Portogallo. Alla luce dei nostri risultati (concreti) ci siamo uniti in una serie di richieste alle 21 autorità, richieste che hanno a che fare con la sicurezza degli alimenti che arrivano sulle nostre tavole. I risultati dei nostri test dimostrano che il problema è presente e molto diffuso, e in Italia in maniera più evidente che negli altri Paesi: ecco perché crediamo che occorra subito migliorare il monitoraggio dell’uso degli antibiotici in ambito veterinario con sistemi di sorveglianza più severi, così come mettere in campo tutte le armi per una produzione più sicura. 22 Dr.ssa Antonia RICCI Centro di referenza Salmonellosi – IZS Venezie LE RESISTENZE ANTIMICROBICHE IN CAMPO VETERINARIO: PROBLEMATICHE ATTUALI E FUTURI SVILUPPI Gli antimicrobici sono utilizzati negli allevamenti a concentrazioni terapeutiche per trattare comuni infezioni e a basso dosaggio a scopi profilattici. Ad oggi l’uso degli antimicrobici negli allevamenti intensivi è ritenuta condizione imprescindibile a garanzia della salute e del benessere animale. È universalmente riconosciuto che l’uso degli antimicrobici negli animali allevati a scopi produttivi è stato causa principale dell’insorgenza del fenomeno dell’antibiotico resistenza sia in microrganismi commensali, che costituiscono la normale flora intestinale degli animali come pure in microrganismi patogeni. Molti studi retrospettivi e prospettici hanno dimostrato che in seguito all’uso di molecole ad azione antimicrobica negli animali si assiste alla selezione di batteri resistenti oltre che all’insorgere di resistenza; in particolare alcuni di questi studi hanno dimostrato che esiste una correlazione positiva tra l’uso di antimicrobici in medicina veterinaria e la prevalenza di resistenza nei batteri commensali isolati dalle feci di animali allevati a scopi produttivi. In sintesi i batteri commensali Escherichia coli (gram ‐) ed Enterococcus spp. (gram +), comunemente isolati dalle feci degli animali, sono considerati buoni indicatori della pressione selettiva esercitata dall’uso di antimicrobici nelle popolazioni batteriche intestinali degli animali da reddito; è importante sottolineare inoltre che E.coli ed Enterococchi fungono da reservoir di geni di resistenza che possono essere trasferiti per via orizzontale ad altri commensali o a batteri patogeni, compresi agenti di zoonosi, con evidenti conseguenze in ambito di salute pubblica. Nonostante sia stato dimostrato un effetto diretto dell’uso degli antimicrobici sulla prevalenza di resistenza nei batteri commensali ci sono anche altri importanti fattori che sembrano influenzare questo fenomeno, che possono essere definiti generalmente fattori ambientali; infatti antibiotico resistenza è stata evidenziata in allevamenti anche dopo molto tempo la messa al bando di alcune molecole oltre che in allevamenti biologici ed è stata evidenziata anche in animali selvatici e quindi non sottoposti ad alcun trattamento farmacologico. Negli ultimi anni l’impatto sulla salute umana dell’incremento del fenomeno dell’antibiotico resistenza ed in particolare l’evidenziazione dell’esistenza di microrganismi multiresistenti ha assunto una importanza crescente a livello internazionale; particolare attenzione è posta nell’ottenere informazioni sul ruolo dell’uso di molecole ad azione antimicrobica negli animali, sui 23 meccanismi di selezione di microrganismi resistenti e sul trasferimento di geni di resistenza all’uomo. Ecco dunque che il monitoraggio della resistenza agli antimicrobici nei batteri commensali isolati da animali da reddito ed in particolare in quelle categorie produttive fortemente rappresentate nel territorio, e dei meccanismi responsabili dell’insorgenza e del mantenimento del fenomeno rappresenta un prerequisito per mettere a punto strategie per il corretto utilizzo dei farmaci a tutela della salute pubblica. Dr. Dalmazio STREPAROLA DMV AIA GRUPPO VERONESI – Filiera suina USO RESPONSABILE E PRUDENTE DEGLI AGENTI ANTIMICROBICI: ESPERIENZE E STRATEGIE DI UNA FILIERA SUINICOLA. Con la pubblicazione del report ESVAC – EMA 2011 che evidenzia i consumi di antibiotici in campo zootecnico nell’UE , l’Italia purtroppo risulta essere in una posizione di criticità rispetto agli altri paesi , considerando anche che buona parte delle sue produzioni zootecniche vengono destinate all’ export. Da più parti ormai viene richiesto a noi Veterinari zootecnici la riduzione dell’uso degli antibiotici sia per problemi di sicurezza alimentare (residui e/o antibiotico resistenza), di sostenibilità ma anche come contributo pratico nella riduzione dei costi di produzione. L’ uso degli antibiotici in campo zootecnico non deve essere “criminalizzato”, rimangono un valido e indispensabile mezzo terapeutico nella lotta di molte patologie di allevamento e nella salvaguardia del benessere animale, vanno però razionalizzati e il loro uso non deve diventare l’alternativa a carenze strutturali e/o manageriali ( uso responsabile). Il mio contributo, è l’esperienza pratica di una importante Filiera suinicola integrata, che quotidianamente mette in atto strategie tali da ridurre e/o limitare l’uso di questi presidi terapeutici. Queste strategie sono maturate dall’ esperienza zootecnica di decenni frutto della collaborazione di più settori (avi‐cunicoli, suini, bovini) e di diverse aree professionali (alimentaristi, sanitari, tecnici). In particolare verranno prese in considerazione : 
Procedure terapeutiche 
Tecniche di allevamento 24 
Biosicurezza 
Aree di allevamento 
Vaccinazioni come alternativa 
Controlli ambientali 
Monitoraggio costante della sensibilità dei patogeni 
Classificazione allevamenti/allevatori in base all’uso degli antibiotici D.ssa Paola ROMAGNOLI Vice presidente S.I.Me.Ve.P. L’ANTIBIOTICO RESISTENZA: L’ IMPEGNO DEI VETERINARI DELLA SANITA’ PUBBLICA IN UN PROBLEMA MONDIALE Scenario L’allarme fu lanciato già nel 2001 a Ginevra nell’ambito del congresso WHO sulle strategie da adottare per la lotta all’antibiotico resistenza, fenomeno all’epoca ritenuto in costante crescita ed evento allarmante al pari del riscaldamento globale del nostro pianeta: man mano che aumenta la resistenza, il numero di antibiotici efficaci diminuisce, il che significa che potrebbero non esserci più antibiotici per combattere malattie. L’antibiotico‐resistenza determina difficoltà fino all’impossibilità a trattare in modo efficace alcune infezioni batteriche, aumentandone il tasso di morbilità e di insuccesso terapeutico, determinando tempi di ospedalizzazione più lunghi fino all’exitus e incidendo in maniera negativa sui costi di assistenza sanitaria in campo umano e, come riconosciuto dal CVMP Committee for medicinal products for veterinary use, l’uso responsabile degli antimicrobici in medicina veterinaria rappresenta un fattore chiave per minimizzare i rischi legati allo sviluppo e alla diffusione dell’antibiotico‐ resistenza. La prima conferenza globale sull’ uso prudente e responsabile degli antibiotici svoltasi nel mese di marzo a Parigi e organizzata da OIE, FAO e OMS ha esortato gli stati ad avere un approccio razionale e globale , che coinvolga tutti coloro che lavorano nel campo della salute animale e che includa nella legislazione veterinaria gli standard OIE relativi agli antibiotici. Le resistenze agli antibiotici nelle specie commensali intestinali degli animali possono essere trasmesse alle specie commensali intestinali dell’uomo ed a specie batteriche che causano malattia nell’uomo, così come microrganismi resistenti possono essere trasmessi dall’animale all’uomo causa 25 di zoonosi, per contatto diretto, attraverso il consumo di alimenti di origine animale e per contaminazione ambientale (suolo, acqua, aria) attraverso lo spargimento di letame ed urine. Assumere residui di antibiotici con gli alimenti può indurre la selezione di ceppi antibiotico resistenti nell’uomo. Da uno studio pubblicato nel 2012 da EFSA e ECDC, alcuni batteri zoonosici , Salmonella (100.000 casi /anno) e Campylobacter (200.000 casi/anno), causa di infezioni alimentari, sono resistenti a più antibiotici (campylobacter resistente a tetraciclina, ampicillina, ciprofloxacin, stessa resistenza in pollame, suini, bovini) La necessità di uno sforzo congiunto e coordinato a livello mondiale che abbracci il campo umano e veterinario secondo un approccio olistico di One‐Health‐One Medicine‐One World, viene confermato dai dati che emergono dai vari tavoli tecnici operanti a livello mondiale su tale emergenza considerata la vera minaccia del terzo millennio. D’altronde interventi non coordinati e non strutturati su tutto il territorio a livello mondiale, perderebbero di efficacia e sarebbero di scarsa utilità in un mondo globalizzato in cui i batteri resistenti circolano ovunque dal momento che non conoscono né barriere né confini. In questa ottica vanno le ultime due decisioni della Commissione Europea datate 12 novembre c.a una relativa ad un contributo finanziario dell’Unione a favore di un piano coordinato di controllo per la sorveglianza della resistenza agli antimicrobici negli agenti zoonotici nel 2014, l’altra di tipo tecnico scientifico relativa al monitoraggio armonizzato e alle relazioni riguardanti la resistenza agli antimicrobici dei batteri zoonotici e commensali. Quest’ultima rimarca la necessità che i piani di sorveglianza messi in atto dai vari Paesi utilizzino metodi di prova standardizzati e convalidati della sensibilità agli antimicrobici e criteri d’interpretazione armonizzati affinché possa essere garantita la comparabilità dei dati e facilitato il confronto dell’incidenza dei casi di AR tra gli stati membri. Politiche intraprese e qualche dato In campo veterinario, l’EMA ha pubblicato il rapporto 2011 sul volume delle vendite di antimicrobici veterinari risultato dal progetto ESVAC (European Surveillance of Veterinary Antimicrobial Consumption); tale progetto è nato a seguito di una richiesta della Commissione Europea di sviluppare un approccio armonizzato per la raccolta e comunicazione dei dati sull’uso di agenti antimicrobici negli animali degli Stati membri. 26 Nei vai Paesi , 20 hanno fornito dati, si è registrato un decremento della vendita di antibiotici dal 0.4 al 28%, e pur considerandolo un dato positivo non può essere confermato quale tendenza sul lungo periodo. Il nostro Paese ha registrato un calo del 13 % tra il 2010 e il 2011. In Svizzera, come segnalato dall’Ufficio federale di veterinaria, pur calando la vendita di antibiotici dell’8% nel 2012 rispetto al 2011 e del 21 % rispetto al 2008, su un patrimonio zootecnico del ‐ 0,4 % nei bovini e ‐2% nei suini, s’è registrato un aumento dal 5.6 al 18 % nei suini al macello di stafilococchi MRSA e enterobatteri ESBL Certo è che la raccolta accurata dei dati sui volumi di vendita per gli animali da produzione alimentare è il primo fondamentale passo per supportare le politiche di monitoraggio volte alla riduzione del rischio lungo la catena alimentare, perché come detto precedentemente, assumere residui di antibiotici con gli alimenti può indurre la selezione di ceppi antibiotico resistenti nell’uomo. Non va trascurato tutto il settore degli animali da compagnia in considerazione della pressione selettiva ambientale esercitata dalle molecole e metaboliti rilasciati nel terreno, attraverso le deiezioni a seguito di approcci terapeutici e della stessa condivisione di habitat con l’uomo. La dispersione in ambiente di principi attivi o di loro metaboliti ancora in possesso di attività biologica anche se parziale, può determinare effetti biologici indesiderati diretti, a carico di organismi no‐target terrestri (microrganismi,fauna del terreno, insetti, piante) e acquatici (pesci, invertebrati, alghe) e indiretti mediante passaggio nell’acqua di falde, alle diverse specie animali e all’uomo, può portare alla selezione di cloni antibioticoresistenti tra i comuni batteri del terreno: da qui parte una vasta circolazione di resistenza che passa ai vegetali, agli animali e da essi agli alimenti che consumiamo. Azioni sono state intraprese nel campo veterinario nel 1999, con la messa al bando di alcuni antibiotici utilizzati come promotori di crescita negli animali e con la proibizione di antibiotici utilizzati per il trattamento di patologie in umana Con il Reg 1831/2003 dal 1 gennaio 2006 viene vietato definitivamente l’utilizzo di antibiotici come promotori di crescita, ma nel resto del mondo? Per tutelare la salute pubblica , le sostanze farmacologicamente attive, utilizzabili nelle terapie degli animali destinati a produrre alimento per l’uomo, sono state classificate dall’EMEA sulla base delle valutazioni scientifiche della loro sicurezza e regolamentate da due atti comunitari, il Reg. 470/2009 e il reg. 37/2010. E’ stato riconosciuto l’ LMR‐ limite massimo di residuo, che è il limite quantitativo, quale sostanza farmacologicamente attiva, la cui presenza è consentita negli alimenti di origine 27 animale, in base alla valutazione della sicurezza che tenga conto dei rischi tossicologici, della contaminazione ambientale, degli effetti microbiologici e farmacologici dei residui. Il limite massimo residuo di una sostanza farmacologicamente attiva autorizzato nell’alimento, costituisce il riferimento per stabilire i tempi di sospensione cioè l’ intervallo che deve intercorrere tra l’ultima somministrazione del medicinale veterinario agli animali nelle normali condizioni d’uso e la produzione di alimenti da tali animali, garantendo così che detti prodotti non contengano residui in quantità superiore agli LMR di sostanze attive come stabiliti dai Regolamenti sopra richiamati. In molti Paesi si è proceduto, sempre in campo veterinario, ad una politica di disaccoppiamento tra prescrizione e vendita degli antibiotici, ma i dati non riflettono quello che si pensava di ottenere. Infatti in paesi che non hanno adottato tale politica come la Francia e l’Olanda si è registrata una diminuzione del consumo di antibiotici rispettivamente del 50 % e 30 %.; in Danimarca che da pochi anni ha applicato la politica del disaccoppiamento c’è stata una riduzione del consumo del 20%, mentre il bando volontario dell’uso di cefalosporine ad ampio spettro dal 2010 nella produzione di maiali sembra aver effettivamente ridotto la presenza di batteri ESBL nei maiali. Come ci prepariamo: quali azioni intraprendere e il ruolo dei veterinari di sanità pubblica. Le azioni di contrasto al fenomeno dell’antibiotico resistenza passano attraverso la lotta all’abuso degli antibiotici e questa passa attraverso l’osservanza di regole il cui rispetto è fondamentale a garantire il benessere degli animali e quindi la qualità e la sicurezza delle produzioni alimentari derivanti. Le azioni di contrasto al fenomeno quindi possono essere riconosciuti nella: -
sensibilizzazione di medici, farmacisti, pazienti, agricoltori, allevatori e proprietari di animali d’affezione sulla minaccia legata all’antibioticoresistenza. -
Informazione e formazione della popolazione con veri interventi di educazione sanitaria sull’uso appropriato e corretto degli antibiotici, disincentivando la pratica dell’autoprescrizione sia in umana che in veterinaria : come nella medicina umana anche in quella veterinaria gli antibiotici si dimostrano efficaci solo quando sono impiegati correttamente -
Maggiore attenzione all’aderenza terapeutica da parte di medici e veterinari, prediligendo la prudenza quando è necessario e quanto basta -
Obbligo in tutti i Paesi del regime prescrittivi per la dispensazione di antibiotici -
Revisione della normativa per i medicinali veterinari e mangimi medicati -
Sistema efficiente di tracciabilità del farmaco e lotta alla vendita on line 28 -
Incentivare l’azione di farmacovigilanza da parte dei medici, veterinari e farmacisti. -
Lavorare su prevenzione sia in campo umano che veterinario, prediligendo per quest’ultimo l’attuazione di norme di biosicurezza e la predisposizione di piani vaccinali. -
Sviluppare un sistema di raccolta dati proveniente dai controlli ufficiali svolti dalla sanità pubblica veterinaria -
Implementare la ricerca di nuove molecole antibiotiche e attraverso la gnomica arrivare ad ampliare le conoscenze dei meccanismi alla base dell’AR Su tali azioni il ruolo svolto dai veterinari impegnati nella sanità pubblica e operanti all’interno del Servizio Sanitario Nazionale del sistema Italia, è determinante e non solo rispetto all’attivazione delle strategie poste in essere con la farmacosorveglianza cosi’ come discilplinata nel nostro paese. L’attenzione alle norme di biosicurezza insieme al rispetto di idonee condizioni igienico sanitarie che sono valido contrasto all’uso profilattico dell’antibiotico, l’attuazione di piani specifici legati alla ricerca di residui di antibiotici negli animali vivi, nelle produzioni e nei mangimi completano le attività della sanità pubblica veterinaria poste a garanzia del rispetto di tutti quei requisiti imposti dalla norma comunitaria, a tutela della sicurezza alimentare e quindi della salute dei cittadini non solo italiani ma di tutti coloro che nel mondo apprezzano i cibi made in Italy. La Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva già da tempo è attiva nel campo della formazione ed informazione non solo dei propri associati che rappresentano la maggior parte dei veterinari della Sanità Pubblica, ma anche verso consumatori , colleghi libero professionisti, e farmacisti figura di grande risalto per il ruolo che riveste tra i primi interlocutori del cittadino. Alla Società scientifica giungono le istanze e le problematiche che sul territorio si registrano e può essere valido strumento per le decisioni da intraprendere; siede su tavoli tecnici indetti dal Ministero della Salute , dalle associazioni di categoria interessate alla problematica e in consessi europei . Conclusioni Vietare in campo veterinario l’utilizzo di molecole antibiotiche perché utilizzate in campo umano è una strada che è stata già percorsa dal legislatore europeo fina dal 1999. Occorre riflettere anche sul fatto che rendere indisponibile un farmaco per l’animale può significare compromettere non solo il suo benessere ma la salute umana proprio per patologie a carattere zoonosico. 29 Mentre l’ottimizzazione e la ragionevolezza dell’uso dei farmaci in genere ma degli antibiotici in particolare garantirebbe una appropriatezza che non solo potenzierebbe l’efficacia ma ridurrebbe gli effetti collaterali e gli sprechi. La scelta fatta dall’Italia di collocare il sistema dei controlli veterinari e quindi di tutti quegli atti di prevenzione che vanno dalla sanità animale all’igiene degli alimenti, nell’ambito sanitario e quindi del Ministero della Salute e del Servizio Sanitario Nazionale , in ragione del prevalente interesse della salute pubblica, è il primo indispensabile atto da compiere e che si auspica venga compiuto anche dagli altri Paesi. Ciò dà garanzie di unitarietà dell’approccio sanitario quale conquista culturale e scientifica per la medicina tutta in quella sintesi che si chiama ONE HEALTH e che vede in un approccio multisettoriale, la governance di interventi coordinati, congiunti e trasversali volti alla riduzione della selezione e della diffusione dei cosiddetti “SUPERBUGS” e della loro resistenza agli antibiotici. 30 31 ONE MEDICINE‐ONE HEALTH‐FOOD FOR ALL LO SOSTENIBILITÀ DELLA PRODUZIONE ALIMENTARE E GLI SPRECHI ALIMENTARI: QUALI SFIDE PER I SISTEMI DI CONTROLLO COORDINANO: Dr. MAURIZIO FERRI, ASL PESCARA Dr.ssa VALENTINA TEPEDINO, EUROFISHMARKET ABSTRACT RELATORI Dott. Maurizio FERRI Veterinario ufficiale, membro del Consiglio Direttivo S.I.Me.Ve.P. Dott. Valentina TEPEDINO Direttore Eurofishmarket LA VETERINARIA PUBBLICA E LE SFIDE PRESENTI E FUTURE DELLE PRODUZIONI ALIMENTARI GLOBALI Scenario Contesto economico‐sociale E’ oramai accertato che il sistema mondiale della produzione alimentare dovrà affrontare cambiamenti epocali nei prossimi 30‐40 anni. La popolazione mondiale dagli attuali sette miliardi di persone, molto probabilmente raggiungerà nove miliardi nel 2050. Parallelamente entro il 2030 il fabbisogno alimentare crescerà del 50% 1 e sarà necessario elaborare politiche nazionali e sovranazionali efficaci e sostenibili, se si pensa che la spinta produttiva condizionerà meccanismi competitivi per l’approvvigionamento di terreni, acqua ed energia con le inevitabili ripercussioni sull’ambiente a sua volta minacciato da nuove sfide climatiche. I dati forniti dalle più importanti organizzazioni internazionali offrono un quadro allarmante, all’interno del quale alle spinte produttive e all’aumentata disponibilità di cibo nei paesi industrializzati, destinata comunque a non intercettare il fabbisogno alimentare futuro, si contrappone la condizione di fame cronica di cui soffre un miliardo di persone nei paesi sottosviluppati. Ciò pone un problema economico ed etico di adeguatezza della produzione e ridistribuzione degli alimenti in funzione degli obiettivi del millennio. Se è vero che l’obiettivo primario etico è quello di affrontare il fabbisogno alimentare nei paesi poveri, in una prospettiva a medio‐lungo termine, il problema investirà su scala globale anche i paesi più evoluti o emergenti, per i quali l’aumento della popolazione produrrà un raddoppio della domanda di cibo. Le sfide che il sistema agro‐alimentare ed i soggetti incaricati del controllo ufficiale sono chiamati a gestire sono relative a: crescita della popolazione; cambiamenti climatici; scarsità di risorse ed energia, volatilità dei prezzi; richiesta di prodotti alimentari ad alto valore energetico nei paesi emergenti ed in via di sviluppo da una parte e dell’altra il trend crescente del fabbisogno di alimenti ad alto valore nutrizionale e funzionali nelle società ad alto reddito; sostenibilità della produzione locale e la presenza di sistemi integrati verticali per l’approvvigionamento alimentare. La rete dei flussi commerciali La rete dei flussi commerciali degli alimenti, caratterizzate da catene interconnesse di distribuzioni globalizzate che coesistono con nicchie produttive regionalizzate, divengono sempre più complesse e vulnerabili. Tali aspetti al di là degli effetti economico‐commerciali, minacciano i sistemi di tracciabilità ed espongono le stesse a rischi sanitari capaci di diffondersi con una velocità sorprendente. A titolo di esempio 1
Woods J, e coll. (2010) Energy and the food system. Philosophical transaction of the Royal Society‐ Biological Sciences 365: 2991‐3006 32 i recenti focolai di infezione alimentare del 2011 (Escherichia coli in Germania e Listeria monocytogenes in USA 2 ) con le conseguenze economiche, politiche e sociali hanno fatto emergere l’importanza di efficaci sistemi di tracciabilità in un contesto caratterizzato da complesse reti di produzione e distribuzione anche di specifici ingredienti. Dal 1960 ad oggi il trasporto globale di prodotti alimentari è cresciuto ad un tasso esponenziale maggiore della stessa produzione alimentare. Per molti paesi questa rete offre il vantaggio della disponibilità di prodotti alimentari che non rispettano i luoghi e le stagioni, ma al tempo stesso si presenta vulnerabile, agendo da piattaforma per la rapida diffusione di contaminanti dalle origini spesso difficilmente rintracciabili. Gli sprechi alimentari La sfida rappresentata dai nove miliardi di persone nel 2050, si affronta anche aggredendo il problema degli sprechi o perdite alimentari che interessano momenti differenti della filiera alimentare e che come riconosciuto dalle maggiori organizzazioni nazionali (FAO, WHO) e dal’UE, rappresentano un’emergenza planetaria. Ogni anno nel mondo vengono sprecati 1,3 miliardi di tonnellate di cibo ancora perfettamente commestibile 3, un terzo di quanto prodotto e quattro volte la quantità necessaria per sfamare i 925 milioni di persone nel mondo a rischio di denutrizione. A ciò si aggiungono i prodotti alimentari non utilizzati che occupano 1,4 miliardi di ettari di terreno, circa il 30% dei territori a livello globale sfruttati a scopo agricolo4. In Europa i dati sono preoccupanti: circa 79 milioni di persone vivono oggi al di sotto della soglia di povertà e quando viene buttato spesso cibo perfettamente sano, la riduzione dello spreco alimentare è una tappa della lotta contro la fame coerentemente con gli obiettivi di sviluppo nel millennio. Naturalmente le dinamiche di produzione degli sprechi sono diverse a seconda se si verificano nei paesi in via di sviluppo o nei paesi industrializzati. Ne consegue che le soluzioni e gli interventi di riduzione devono tenere conto della specificità del paese o regioni interessati. Ad esempio in Europa e nell'America settentrionale il fenomeno riguarda la fase della vendita al dettaglio e del consumo, diversamente dai paesi in via di sviluppo dove le perdite avvengono soprattutto in fase di produzione, raccolta, trasformazione e trasporto. Naturalmente gli sprechi alimentari pongono un problema di sostenibilità i termini di impatto ecologico‐
ambientale. Infatti si stima che la produzione del 30% di cibo che poi non viene consumato comporta l'utilizzo del 50% in più di risorse idriche per l'irrigazione, di acqua e terra arabile. Inoltre smettere di sprecare, significa smettere di inquinare (89 milioni di tonnellate di cibo sprecato producono 170 milioni di tonnellate di CO2 equivalente/anno). Solo in Italia gli sprechi agroalimentari dal campo alla tavola emettono circa quattro miilioni di tonnellate di CO2 5. Il forte impegno internazionale sul tema è testimoniato da progetti e attività svolti da organizzazioni non governative, associazioni e istituti di ricerca 6 2
Center for disease control and Prevnetion (2011). Investigation Update: Multistate Outbreak of Listeriosis Linked to Whole Cantaloupes from Jensen Farms, Colorado. Available: http://www.cdc.gof./listeria/outbreaks/cantaloues‐
jenesen‐fars /index/.html. Accessed:2011 Nov 30. 3
elaborazione BCFN da FAO (2011) 4
FAO, Food wastage foorprint.Impacts on natural resources, Summary Report, 2013.p.6. 5
Segrè e Vittuari (2013) 6
FAO 2011. Studio della sulle perdite e gli sprechi alimentari a livello mondiale (oltre 250 progetti implementati su scala globale) . - UE: Relazione su come evitare lo spreco di alimenti: strategie per migliorare l'efficienza della catena alimentare nell'UE (2011/2175(INI)), Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale. Parlamento europeo. (S. Caronna). 33 L’emergenza climatica Il costante aumento della temperatura globale, causato dalle emissioni in atmosfera di gas serra, i cui valori sono raddoppiati nel periodo dal 1970 al 2005, pone un problema economico relativo alla contrazione delle produzioni agricole che ammontano a 40 milioni di tonnellate per anno dal 1981 al 2002 a livello globale e alla necessità di soluzioni tecnologiche e di ricerca. Ma non solo, gli effetti interessano gli ecosistemi vegetali ed animali (habitat e specie) con conseguente impatto sulla sanità pubblica. Come recentemente dimostrato da un modello climatico impostato su spazio e tempo. L’importanza degli effetti climatici va 34 valutata anche in relazione alla emergenza e diffusione di patogeni animali. Ne è un’esempio la Bluetongue, infezione dei ruminanti trasmesso da artropodi vettori, con diversi focolai occorsi nel nordovest dell’Europa nel 2006. 7 I rischi emergenti della catena alimentare e i disastri I fattori sopradescritti (clima, rete di flussi commerciali, aumento della popolazione mondiale, incremento della produzione alimentare ecc.) possono esse ritenuti in modo più o meno diretto importanti drivers che condizionano l’emergenza e diffusione dei contaminanti nelle catene alimentare. Si stima che un terzo di tutte le infezioni umane riconoscono come serbatoio il mondo animale e tale associazione è aumentata costantemente negli ultimi 40 anni 8. I dati epidemiologici ci dicono negli ultimi due decenni il 75% delle malattie emergenti sono state zoonosi (infezioni che si trasmettono dagli animali all’uomo)9 ed il rischio di infezioni zoonosiche aumenterà in futuro. A riguardo la prevalenza di infezione umane da Campylobacter, infezione zooosica trasmessa dal consumo di carni avicole, è aumentata in modo costante dal 2006 ad oggi con più di 200.000 focolai notificati nel 201110. Un particolare attenzione deve essere rivolta al commercio di carni di animali selvatici, incrementato dall’intensificazione degli scambi commerciali e mercati, associato alla diffusione di patogeni. Ricerche recenti stimano che circa 270 tonnellate di carni illegali animali selvatici potenzialmente contaminate, possono sfuggire ai controlli effettuati presso un singolo aeroporto in Europa11. Parallelamente l’antibiotico‐resistenza, meccanismo che rende i batteri patogeni o commensali resistenti ai farmaci normalmente utilizzati per combattere le infezioni animali ed umane, sta emergendo come una grave minaccia per la sanità moderna. La perdita di efficacia degli antibiotici è considerato un evento allarmante e irreversibile al pari del riscaldamento globale e di altre minaccie ambientali. 12 In questo scenario la sicurezza alimentare diviene un elemento chiave dei sistemi di produzione alimentare ed è al centro dell’attenzione crescente dei consumatori, industria ed istituzioni. I veterinari anche in considerazione della prevalente origine animale delle infezioni alimentari, hanno un ruolo chiave nella -
DG Sanco‐ Working Group on Food Waste in the context of the Advisory Group on the Food Chain, Animal & Plant Health 7
Vermeulen, Sonja G, e coll.. Climate change and Food Systems, Annual Review of Environmental and Resources, Vol. 37, No 1, November 21, 2012. Pp.195‐222. 8
IDS, Zoonosis‐From Panic to Planning, Rapid Response briefing, Institute of Development Studies, 2013. 9
Zommers e McDonald, 2006. 10
EFSA. Summery report, 2013. 11
Foresight. The Future of Food and farming (2011). Final project report. The Government Office for Science. London. 12
The World Economic Forum. Global Risks Report 2013.
tutela delle produzioni alimentari sicure e di elevata qualità organolettica e nel controllo delle filiere zootecniche che le asscurano. Le preoccupazioni dei consumatori per i nuovi rischi sanitari legati agli alimenti, in particolare i rischi chimici (residui di pesticidi ed antibiotici) e la conseguente perdita di fiducia nei sistemi di controllo più volte documentati, richiedono un ulteriore salto di qualità gestionale nelle attività di controllo e prevenzione che i Servizi Veterinari Pubblici sono tenuti a garantire. 35 Quali scenari futuri? La capacità di prevedere scenari futuri (foresight) in grado di condizionare i livelli di sicurezza e di qualità da parte della produzione agro‐alimentare e l’efficacia dei sistemi di controllo ufficiale, dipende dalla precoce individuazione dei drivers di cambiamento. Un Servizio Veterinario Pubblico moderno ed efficace deve essere in grado di conoscere tali drivers e saper fornire livelli gestionali efficaci attraverso la definizione di nuove competenze, l’adeguamento dei modelli organizzativi, il miglioramento del livello di conoscenza in tutte le sue articolazioni e nuove modalità di integrazione che superano l’attuale modello organizzativo del SSN. Ad esempio i nuovi rischi emergenti che minacciano la catena alimentare possono essere gestiti solo utilizzando nuove tecniche ispettive diverse da quelle attuate negli stabilimenti riconosciuti ed in allevamento. I Servizi veterinari devono saper valutare gli aspetti che attengono alla sostenibilità delle produzioni agro‐
zootecniche, attraverso la conoscenza dell’equilibrio tra domanda futura e sostenibilità dell’approvvigionamento; stabilità degli approvvigionamenti alimentari; l’accesso globale agli alimenti e contrasto alla fame; l’adattabilità delle produzione alimentare ai cambiamenti climatici; la tutela della biodiversità e degli ecosistemi. Nella tabella che segue vengono riassunti alcuni dei drivers ritenuti rilevanti per gli aspetti connessi alla sicurezza e qualità degli alimenti, alla sostenibilità della produzione agro‐alimentare futura e all’impatto sui futuri assetti legislativi e sui sistemi di controllo da parte delle autorità competenti. Alcuni dei drivers indicati fanno parte di un progetto di analisi dello scenario promosso di recente dalla Commissione europea e finalizzato alla individuazione delle sfide future che richiederanno l’adeguamento delle politiche comunitarie per la sicurezza e qualità degli alimenti negli anni a venire. Drivers Scenario Sfide Economia e commercio globale & strutture delle nuove filiere alimentari Incremento del commercio globale di alimenti e mangimi, concentrazione delle industrie agro‐
alimentari Assicurare alimenti sicuri e di qualità in presenza di sistemi di distribuzione complessi e globalizzati. Cooperazione globale, standard Rottura della cooperazione globale in un mondo multi polare. Assicurare alimenti sicuri e di qualità in un mondo multipolare caratterizzato da sistemi alimentari frammentati e dispersi dal punto di vista geografico Coesione sociale e demografica Gravi ineguaglianze collegate alla disponibilità di alimenti da parte di consumatori vulnerabili Salvaguardare la disponibilità di alimenti a gruppi di consumatori e allo stesso tempo affrontare i problemi legati allo stile di vita che colpiscono larga parte elle popolazione in Europa. Attitudini e preferenze dei consumatori Preferenza per i sistemi di produzione alternativi Assicurare la sicurezza alimentare all’interno dei sistemi dominati da filiere alimentari alternative. Nuove tecnologie alimentari Diffuso consumo di alimenti Assicurare livelli elevati di funzionali di alta tecnologia sicurezza e qualità alimentare per i consumatori di alimenti funzionali. Cambiamenti climatici Gravi conseguenze in agricoltura Salvaguardare la qualità e nutrizione alimentare in condizioni climatiche avverse che condizionano la produzione primaria, la conservazione e il trasporto. Rischi emergenti della catena alimentare e disastri Perdita di fiducia dei consumatori Assicurare la sanità pubblica veterinaria e la sicurezza alimentare durante le emergenze, comunicare in modo efficace con il pubblico in situazioni di panico ed affrontare la perdita di fiducia dei consumatori nei confronti delle complesse catene alimentari. Come ci prepariamo (Quali azioni?) All’interno dello scenario appena descritto, e con l’obiettivo di garantire risposte adeguate, è necessario elevare il livello di professionalità dei Medici Veterinari di Sanità Pubblica. Con questo obiettivo la Società Scientifica SIMeVeP, che raccoglie più di 5000 veterinari del SSN, ha elaborato tre aree tematiche “sensibili” rispetto ai drivers sopradescritti, che verranno gestite da gruppi di lavoro ad hoc, proposti con gli attuali workshops. Oltre ai gruppi dedicati all’emergenza dell’antibiotico resistenza ed all’impatto sanitario del commercio mondiale degli alimenti, è stato costituito il gruppo incaricato di analizzare gli aspetti della sostenibilità e lotta agli sprechi e di elaborare proposte operative da mettere in campo da qui fino ad EXPO 2015. Il metodo di lavoro adottato prevede la creazione di alleanze con gli altri operatori della sanità pubblica e di soggetti con esperienza acquisita nel settore . 36 LOTTA AGLI SPRECHI In merito agli interventi nel settore della lotta agli sprechi, il SIVeMeP in collaborazione con Eurofishmarket e all’interno della consultazione del Tavolo tecnico nazionale organizzato da OTAV, ha pensato di proporre il tema degli sprechi all’interno del workshop tematico “Sostenibilità e lotta agli sprechi”. Questa Società ritiene che le strategie di riduzione, indirizzate a soggetti diversi, devono focalizzare sui seguenti aspetti: -
analisi della catena alimentare per individuare i settori critici dove si verifica lo spreco maggiore (raccolta dati, indagini, survey) coordinamento (a livello nazionale ed internazionale) delle piattaforme esistenti impegnati nella lotta agli sprechi creazione del dual labelling: doppia scadenza (commerciale e sanitaria per il consumo) manuali sull’utilizzo dei prodotti prossimi alla scadenza manuali per la corretta gestione della reale shelf‐life possibilità di vendita sottocosto di prodotti vicini alla scadenza o danneggiati nuove regole sugli appalti delle mense e ristorazione creazioni dei gestionali ad hoc per ottimizzare scarti e vendite (informatica a supporto della gestione del banco) premio per le ditte che usano modalità di risparmio alimentare nella loro catena di lavoro. campagne di sensibilizzazione rivolte ai consumatori (il 18% cittadini EU non comprende la dicitura TMC) Lo sviluppo progettuale del percorso verso Expo 2015, è impostato sulle attività che andremo a svolgere e sugli indicatori di successo (benchmarking) rispetto agli obiettivi scelti. Tali obiettivi andranno misurati, verificati e presentati in occasione dei futuri incontri previsti sui temi di interesse. I risultati finali costituiranno esempi di attività di eccellenza svolte dai Servizi veterinari pubblici coerentemente con gli obiettivi tematici Expo 2015. Partendo dal settore ittico ed analizzando tutti i punti della filiera dalla produzione alla distribuzione ed al consumo, si è pensato di coinvolgere soggetti ed aziende rientranti nei settori/fasi della filiera sopracitati rispetto al tema dello spreco in modo da definire sulla base dell’esperienza acquisita e dei risultati ottenuti. le strategie alternative di riduzione. A questo scopo i diretti protagonisti nell’ambito del workshop forniranno dati e testimonianze sulle proprie esperienze in relazione ai modelli e standard utili ad accelerare il processo di crescita e ridurre gli sprechi.. I modelli raccolti successivamente saranno oggetto di ulteriore studio e perfezionamento, nonché promossi per sensibilizzare il settore alimentare a perseguirli al fine di un risparmio economico, di una maggiore sostenibilità ambientale ma anche di un utilizzo etico e consapevole a beneficio della comunità e dell’ambiente. 37 Verso Expo 2015 Indicatori di risultato Documentazione Assunzioni & rischi Obiettivo generale: realizzazione di attività finalizzate alla conoscenza del fenomeno sprechi alimentari e gestione delle sostenibilità alimentare. Obiettivi specifici Attività 1 analisi della catena alimentare per Documento sugli Disponibilità e individuare i settori critici dove si verifica lo sprechi collaborazione spreco maggiore (raccolta dati, indagini, Convengo dei soggetti survey) Simevep partecipanti Entro Maggio Risorse economiche 2013 Manuali elaborati Disponibilità e Attività 2 Elaborazione di manuali per: - utilizzo dei prodotti prossimi alla scadenza e pubblicati collaborazione - creazione del dual labelling, doppia Entro Settembre dei soggetti scadenza (commerciale e sanitaria per il 2013 partecipanti consumo) Risorse - corretta gestione della reale shelf‐life. economiche Attività 3 Campagne di sensibilizzazione sull’uso Survey pubblicate Risorse corretto degli alimenti rivolte ai consumatori economiche 38 Dott.ssa Giuliana Malaguti Responsabile approvvigionamenti di Banco Alimentare La Fondazione Banco Alimentare Onlus dal 1989 recupera le eccedenze di produzione della filiera agroalimentare e, attraverso la propria Rete di 21 organizzazioni diffuse sul territorio nazionale, le ridistribuisce alle strutture caritative che offrono aiuti alimentari ai poveri ed emarginati in tutta Italia. La Rete Banco Alimentare recupera e ridistribuisce alimenti ancora edibili e non scaduti che sarebbero destinati alla distruzione. Salvati dallo spreco, riacquistano valore e diventano ricchezza per chi ha troppo poco. Le principali fonti di approvvigionamento sono: l'Industria Alimentare, la Grande Distribuzione Organizzata, la Ristorazione Collettiva e l'Unione Europea. L'attività del Banco Alimentare è possibile grazie al lavoro quotidiano di 1.657 volontari. La Giornata Nazionale della Colletta Alimentare Accanto all’operosa attività quotidiana di recupero di eccedenze alimentari da destinare ai più poveri del nostro paese, Banco Alimentare organizza ogni anno, l’ultimo sabato di novembre, la Giornata Nazionale della Colletta Alimentare. Un appuntamento che dal 1997 è diventato un importante momento che coinvolge e sensibilizza la società civile al problema della povertà attraverso l’invito a un gesto concreto di gratuità e di condivisione: fare la spesa per chi ha bisogno. Nel 2012 135.000 volontari, donando parte del loro tempo, hanno permesso la realizzazione di questa giornata. 5.000.000 gli italiani che hanno acquistato cibo per chi non può farlo, 10.700 i punti vendita della GDO aderenti. 9.622 le tonnellate di alimenti ricevuti in dono nel 2012. Siticibo, il programma per il recupero del fresco Nel 2003 la Fondazione Banco Alimentare Onlus ha messo a punto un programma il recupero delle eccedenze alimentari dal settore della ristorazione organizzata (hotel, mense aziendali e ospedaliere, refettori scolastici, esercizi al dettaglio). Cibo cucinato ma non servito, alimenti freschi invenduti o inutilizzati come frutta e verdura, pane e dolci, nel giro di poche ore vengono consegnati e consumati presso mense per poveri, case famiglia, comunità residenziali per anziani, indigenti e malati cronici, centri di prima assistenza. Il servizio viene effettuato giornalmente da volontari che attraverso una rete logistica di furgoni attrezzati trasferiscono gli alimenti dove il bisogno è più urgente, seguendo procedure di sicurezza alimentare che garantiscono l’igiene dei prodotti e ne assicurano integrità e appetibilità. Siticibo è attivo a Milano, Como, Roma, Firenze, Torino, Bologna, Bolzano, Pavia e Provincia di Varese. In nuove città si sta valutando la fattibilità del programma Il Banco Alimentare genera benefici Attraverso l’operato della Rete Banco Alimentare si realizza un’innovativa forma di interazione tra le imprese profit, le organizzazioni non profit, i poveri e i cittadini, innescando un circuito virtuoso con effetti a livello economico, ambientale e sociale (definito “Triple Bottom Line Approach” nel lessico quotidiano della corporate community internazionale). A questi tre effetti si aggiunge un beneficio di tipo culturale specifico dell’azione del Banco Alimentare. 39 Di seguito i principali benefici generati: Benefici Sociali Prodotti ancora edibili vengono recuperati, ritrovando la loro originale destinazione presso le Strutture caritative che ricevono gratuitamente questi alimenti liberando risorse a favore dell’implementazione della propria mission, migliorando la qualità dei servizi offerti. Benefici Economici Donando le eccedenze, le aziende restituiscono loro un valore economico e, se da un lato contengono i propri costi di stoccaggio e di smaltimento, dall’altro offrono un contributo in alimenti che ormai supera le centinaia di milioni di euro di valore commerciale. Benefici Ambientali Il recupero degli alimenti ancora edibili impedisce che questi divengano rifiuti, permettendo così da un lato un risparmio in risorse energetiche legato al processo di smaltimento, quindi un abbattimento delle emissioni di CO2 nell’atmosfera, e dall’altro il riciclo delle confezioni. Benefici Culturali Fin dalla sua origine, il Banco Alimentare ha superato ogni aspetto assistenzialista privilegiando un’azione basata sul principio di sussidiarietà. Inoltre incentiva un atteggiamento di valorizzazione degli alimenti e di non spreco degli stessi. Risultati Rete Banco Alimentare 2011 e 2012 2011 2012 Alimenti recuperati 58.040 61.522 Alimenti raccolti 10.124 10.235 Piatti pronti recuperati 564.207 659.817 Strutture convenzionate caritative 8.673 8.818 Poveri aiutati dalle Strutture 1.704.633 caritative 1.799.506 Volontari continuativi 1.657 1.528 40