78 MEETING ROBINIE Botta e risposta AVV Russo

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78 MEETING ROBINIE Botta e risposta AVV Russo
78° Meeting AITG 23/11/2015
Botta e risposta con l’avv. Ernesto Russo
Qual è il corretto trattamento fiscale dei gettoni per il campo pratica? Alcuni circoli hanno ancora
la macchina che funziona con la moneta da € 2? E’ corretto?
Non vi è dubbio che la distribuzione delle palline da utilizzare nel campo pratica costituisca una
prestazione di servizio in diretta attuazione delle finalità istituzionali. Ma, oltre allo statuto in regola
con i requisiti di democraticità prescritti dal TUIR e dal T.U. Iva, è necessario che il servizio venga
prestato in favore di un socio o di un tesserato FIG (anche presso altro circolo). Ove l’accesso al campo
pratica fosse consentito anche a soggetti terzi, l’utilizzo di macchinette a monete non consentirebbe la
de-commercializzazione ma tutto verrebbe attratto nella sfera della commercialità non potendo
dimostrare quali sono gli introiti derivanti dalla prestazione di servizi a non soci e non tesserati. Si
consiglia, pertanto, di utilizzare delle apparecchiature con gettoni, schede o chiavette ricaricabili
presso la segreteria così da consentire un controllo a monte dell’appartenenza o meno alla “piccola
famiglia” del circolo o alla “grande famiglia” della FIG.
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Quali sono le differenze per i gettoni campo pratica o i green-fees a stranieri?
Sul punto è intervenuta la Corte di Giustizia UE (sent. 19/12/2013 n. 495/12) sancendo che il
corrispettivo per la fruizione del campo da golf è soggetto al regime di esenzione IVA sia se il
frequentatore del circolo è un socio dello stesso sia se è un soggetto esterno. Ciò in quanto, secondo la
norma comunitaria, “gli Stati membri esentano le … operazioni strettamente connesse con la pratica
dello sport o dell’educazione fisica, fornite da organismi senza fine di lucro alle persone che esercitano lo
sport o l’educazione fisica” (art. 132, paragrafo 1, lett. m) della direttiva 2006/112/CE). Secondo la
Corte, quindi, rilevante per l’esenzione sono solo la natura non lucrativa dell’ente che fornisce la
prestazione e le caratteristiche della prestazione (che deve essere connessa alla pratica sportiva) ma
non la tipologia di soggetto che riceve la prestazione stessa (e, quindi, sia o meno lo stesso socio o
tesserato dell’ente da cui riceve il servizio). Detta importante pronuncia mette in luce la discrasia
attualmente esistente tra la normativa comunitaria e la normativa italiana in quanto l’art. 4 del D.P.R.
n. 633/1972 prevede che tali corrispettivi non siano soggetti all’imposta sul valore aggiunto qualora le
prestazioni siano rese a soci, associati o partecipanti o “nei confronti di associazioni che svolgono la
medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di una unica organizzazione locale
o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati delle rispettive
organizzazioni nazionali”.
In relazione alla questione specifica, l’Agenzia delle Entrate ha esplicitato il proprio pensiero nella
risoluzione n. 108/E del 6/07/1996 (a seguito di istanza della FIG) in cui ha affermato che il regime di
non applicabilità dell’IVA si rende applicabile ai green fees corrisposti dai soci del circolo ma anche a
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quelli pagate dai soci di altri circoli, anch’essi affiliati alla FIG. E’ stato tuttavia precisato che
l’agevolazione è consentita solo qualora il frequentatore del circolo dimostri (esibendo la “tessera”) di
essere socio di un circolo che recepisce tutte le prescrizioni normative in merito ai diritti riconosciuti
ai propri soci. L’agevolazione, secondo l’Agenzia, non può essere riconosciuta ai corrispettivi pagati ai
circoli da giocatori stranieri soci di circoli golf esteri affiliati alle rispettive Federazioni nazionali a loro
volta aderenti agli organismi sovranazionali, IGF e EGA. In questo caso, infatti, secondo
l’Amministrazione Finanziaria, “il riferimento specifico all’organizzazione locale o nazionale esclude che
possano andare indenni dall’imposizione IVA le prestazioni rese dal circolo golfistico italiano nei
confronti dei soci di altri circoli stranieri, ossia di organizzazioni che evidentemente non sono nazionali
bensì extranazionali”.
A seguito della sentenza della CGE non è mutata la normativa interna né l’Agenzia è ritornata
ufficialmente sui propri passi; un atteggiamento prudenziale suggerirebbe pertanto di non discostarsi
dal dettato normativo italiano per come interpretato si qui dall’Amministrazione Finanziaria. V’è però
da rilevare che l’eccezione è stata posta da un circolo golf lombardo alla Commissione Tributaria
Regionale della Lombardia che con sentenza n. 4157/2014 (v. anche . CTP Como n. 521 del 20 ottobre
2014) ha aderito alla tesi del ricorrente sancendo che “sulla ripresa fiscale ai fini IVA, a definirne
l’illegittimità soccorre la norma comunitaria (art. 132, par. 1, lettera m, direttiva 2006/112/CE),
riaffermata con vigore anche dalla recentissima sentenza della Corte Europea del 19/12/2013”. Auspico,
pertanto, che quantomeno la prassi amministrativa possa mutare in tempi solleciti.
Indipendentemente dalle scelte che ciascun Club deciderà di adottare in merito, rilevo però che seguire
sic et simpliciter l’orientamento comunitario potrebbe porre una questione sostanziale in merito
all’attuale assetto del nostro ordinamento sportivo. Se ai fini della non applicazione del tributo non
fosse rilevante la verifica del rapporto associativo ma solo le caratteristiche dell’ente che rende il
servizio e della prestazione medesima, analogo ragionamento potrebbe/dovrebbe farsi anche per i
frequentatori italiani.
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I ragionamenti fatti sin qui valgono anche per i c.d. “tesserati liberi”? É corretto non assoggettare
ad IVA i corrispettivi versati da costoro?
A stretto rigore dovrei dire che i tesserati alla FIG sono soltanto i soggetti indicati all’art. 20, comma 1
dello Statuto Federale (“Le persone fisiche che possono essere tesserate presso la FIG sono: a) gli atleti
dilettanti; b) i dirigenti federali; c) i dirigenti sociali; d) i giudici arbitri; e) gli atleti professionisti; f) i
tecnici allenatori; g) i tecnici iscritti all’apposito albo federale; h) i soci dei Circoli e delle Associazioni; i) il
Presidente onorario ed i Consiglieri onorari”) e che tra questi non sono esplicitamente citati i tesserati
liberi.
Il tesseramento libero è nato nel 2006 come iniziativa promozionale della FIG e non è sin qui stato
trasfuso nelle Carte Federali. Va rilevato, però, che anche la circolare federale sul tesseramento 2015
ha ribadito che ai tesserati liberi si applichi quanto previsto dall’art. 10 del Regolamento Organico
secondo cui “la tessera federale consente l’accesso mediante pagamento della relativa quota giornaliera
per l’utilizzo degli impianti, ai percorsi di golf di tutti i Circoli affiliati e le Associazioni previste dall’art. 12
dello Statuto FIG secondo le autonome disposizioni interne”.
Ove si ritenesse ancora attuale la risoluzione n. 108/1996 dell’Agenzia delle Entrate (superata
dall’evoluzione giurisprudenziale, come detto in riferimento ai green fees degli stranieri), potrebbe
essere contestabile da parte dell’Amministrazione Finanziaria la circostanza che questa categoria di
soggetti non sia espressamente indicata tra i tesserati FIG e non goda del diritto di voto in sede
federale a meno che gli stessi tesserati liberi non siano anche soci con diritto di voto in seno al circolo.
Onde evitare contestazioni di sorta sarebbe quindi auspicabile un inserimento nello Statuto FIG in
analogia a quanto fatto da altre Federazioni con i c.d. “amatori”.
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A cosa bisogna stare attenti, da un punto di vista fiscale, per i c.d. “pacchetti promozionali”?
Va ricordato innanzitutto che trattandosi di enti non commerciali non dovranno adottarsi strategie di
marketing proprie di un mercato concorrenziale tipico del mondo aziendale. Si dovranno piuttosto fare
delle genuine campagne associative specificando e chiarendo anche nelle comunicazioni su media e
social network che l’offerta non è rivolta ad un pubblico indiscriminato ma ad aspiranti associati o
tesserati alla Federazione Italiana Golf. Ai fini della decommercializzazione del corrispettivo versato
dal neofita che ha aderito ad una delle promozioni offerte dal circolo è necessario che il vincolo
associativo (secondo quanto previsto dallo statuto sociale) o di tesseramento (in virtù delle norme
federali e fermo quanto detto prima sul tesseramento libero) si sia già correttamente perfezionato
all’atto del pagamento e che i servizi ricompresi nell’offerta siano tutti in diretta attuazione delle
finalità istituzionali dell’ente. Spesso, però, nei pacchetti di avviamento è ricompresa, oltre alla
possibilità di godere della frequenza del club per un determinato periodo e di un certo numero di
lezioni, anche l’attrezzatura necessaria alla pratica. Includendo nel pacchetto anche una voce relativa a
“beni nuovi prodotti per la vendita”, il rischio è che l’intero corrispettivo versato sia da considerarsi di
natura commerciale indipendentemente dall’avvenuto tesseramento e dalle ragioni anche assicurative
che lo possono aver suggerito.
E’ senz’altro consigliabile, pertanto, che il circolo si limiti ad incassare la quota per il tesseramento e
l’accesso alle strutture del club e che le lezioni siano regolate direttamente con i Maestri così come
l’eventuale acquisto dell’attrezzatura con lo shop interno o negozio convenzionato.
La vendita di pacchetti e operazioni di questo genere possono, infatti, facilmente dare adito a
contestazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria che potrebbe intravedere in simili condotte i
connotati di commercialità e, pertanto, va prestata la massima attenzione.
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Quali entrate possono essere esenti da IVA in un club gestito da un Srl sportiva dilettantistica
affiliata alla Federazione?
Va preliminarmente ricordato che il comma 1 dell’art. 90, L. 289/2002 dispone che “le disposizioni
della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, e le altre disposizioni tributarie
riguardanti le associazioni sportive dilettantistiche si applicano anche alle società sportive
dilettantistiche costituite in società di capitali senza fine di lucro”.
Fatta tale premessa di ordine generale, si conferma la legittima applicazione da parte delle SSD rispettose dei requisiti statutari di cui all’art. 148, comma 8 TUIR - della decommercializzazione ai fini
delle imposte sui redditi dei corrispettivi specifici versati dai tesserati alla Federazione cui è affiliata la
società (FIG in questo caso) per attività svolte “in diretta attuazione degli scopi istituzionali” (v. ad es.
green fees e gettoni campo pratica). Questa interpretazione è stata confermata anche in numerosi
documenti di prassi da parte dell’Amministrazione Finanziaria (cfr. risoluzione 38/E 2010 Agenzia
delle Entrate).
Non ci sono, invece, documenti di prassi amministrativa in merito all’espressa applicabilità alle SSD
dell’esenzione anche ai fini IVA (art. 4, comma 4, DPR 633/1972).
Nonostante nel nostro Paese si sia adottato un pressoché generale comportamento concludente nel
senso dell’esenzione, considerando che l’IVA è un’imposta istituita con direttiva comunitaria, la Corte
di Giustizia Europea ha sin qui interpretato restrittivamente tale agevolazione affermando che a tal
fine la qualificazione dell’ente come “senza scopo di lucro” - legittimante l’esenzione in questione - non
deve essere operata in base alla tipologie di attività che esso svolge o solo in virtù del reinvestimento
nell’attività sociale degli utili prodotti, ma occorre bensì tenere conto dell’ente nel complesso,
guardando in generale alle attività che esso svolge comprese quelle a completamento dei servizi
sportivi.
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A quanto già detto si aggiunge che, recentemente, anche la giurisprudenza italiana è andata in questa
direzione (Cass., Sez. Trib. n. 22578 dell’11/12/2012) affermando che le prestazioni di servizi sono
escluse dal beneficio di esenzione dall’IVA ove siano essenzialmente destinate a procurare all’ente
entrate supplementari mediante la realizzazione di operazioni effettuate in concorrenza diretta con le
imprese commerciali sottoposte all’IVA.
Deve, dunque, affermarsi in conclusione che la natura “ibrida” delle SSD (società ontologicamente
commerciali ma con divieto di distribuzione utili) non consente ad oggi di affermare con sufficiente
serenità che si possano ad esse applicare le medesime agevolazioni ai fini IVA applicabili per gli enti
non commerciali a carattere associativo.
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È non imponibile il corrispettivo versato da una “associazione di categoria” (ASD di
commercialisti, avvocati, industriali) che paga i green fees + gara per conto dei propri associati
(tesserati FIG)?
Può esserlo unicamente a condizione che l’ASD in questione sia anch’essa affiliata (o aggregata) alla
Federazione Italiana Golf ed iscritta al Registro CONI ed entrambi i soggetti abbiano uno statuto
registrato in regola con i requisiti statutari prescritti dall’art. 148 TUIR e dall’art. 4 D.P.R. 633/1972 ed
abbiano inviato il Mod. EAS. Si suggerisce di acquisire una dichiarazione in tal senso onde poter
de-commercializzare il corrispettivo.
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Quali novità si prospettano per il 2016 sul limite all’uso del contante?
L’innalzamento della soglia generale di utilizzo del denaro contante ad € 3.000 non ha immediato
impatto per i golf club ma ricordo che già quest’anno è stato foriero di novità per le associazioni e
società sportive dilettantistiche perché a far data dal 1/01/2015 la soglia oltre la quale vige l’obbligo di
tracciabilità dei pagamenti e/o versamenti è stata innalzata ad € 1.000 in luogo dei precedenti € 516.
A seguito della violazione di detto obbligo (pagamenti o versamenti in contanti superiori ad € 1.000),
l’Amministrazione Finanziaria ha sin qui provveduto a disconoscere in capo all’ente sportivo i benefici
di cui alla Legge 16 dicembre 1991, n. 398 (regime di contabilità forfettario per cui si può optare a
condizione che i proventi annui imputabili quali attività commerciale non superino i € 250.000). La
decadenza dall’applicazione di questo regime fiscale di assoluto favore (determinazione forfetaria del
reddito imponibile nella misura del 3% dei proventi conseguiti nell’esercizio di attività di natura
commerciale e tassazione ai fini IVA con il regime forfettario di detrazione del 50%, fatta eccezione per
cessione diritti TV) comporta delle gravissime conseguenze per il club da un punto di vista finanziario
e gestionale.
L’art. 19 del D.Lgs. 158/2015 ha però eliminato, a far data dal 1° gennaio 2017 , la
sanzione della decadenza dal diritto di poter applicare il regime forfettario previsto dalla Legge
398/1991 in caso di utilizzo del contante sopra la soglia dei € 1.000. Per il principio del favor rei se la
legge in vigore al momento in cui è commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni
diverse, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione della sanzione sia
divenuto definitivo. La soppressione di tale sanzione dovrebbe essere anticipata al 1° gennaio 2016
stante una specifica misura prevista nel disegno di Legge di Stabilità in approvazione proprio in questi
giorni.
Si evidenzia che il prossimo venir meno di tale sanzione di decadenza dal regime di cui alla L.
398/1991 non fa venir meno l’obbligo per i golf club (ASD/SSD) della tracciabilità di pagamenti e
versamenti di importi superiori a € 1.000 (“tramite conti correnti bancari o postali a loro intestati
ovvero secondo altre modalità idonee a consentire all’amministrazione finanziaria lo svolgimento di
efficaci controlli”) e che, comunque, non rimarrà una norma “in bianco”. L’inosservanza degli
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obblighi richiamati prevede infatti l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria, stabilita
dall’art. 11 D.Lgs. n.471/97, da un minimo di € 258 ad un massimo di € 2.065. Si fa notare, infine, che il
trasferimento è vietato anche quando è effettuato con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiono
artificiosamente frazionati.
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Quali novità vi sono nei decreti attuativi del Jobs Act di interesse specifico per il mondo dello
sport?
V’è da dire, innanzitutto, che con il Jobs Act cambia radicalmente la prospettiva perchè tutte le misure
sono tese ad incentivare il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato che viene definito
come la forma comune del rapporto di lavoro. Tale fattispecie è stata ridisegnata introducendo il
contratto a tutele crescenti.
La disciplina si applica a tutti i lavoratori neo-assunti con contratto a tempo indeterminato (per i
lavoratori già assunti prima dell’entrata in vigore restano valide le norme precedenti) e prevede un
nuovo regime dei licenziamenti individuali e collettivi. Per i licenziamenti discriminatori resta la
reintegrazione nel posto di lavoro. Per i licenziamenti disciplinari la reintegrazione resta solo nel caso
in cui sia accertata “l’insussistenza del fatto materiale contestato”. Negli altri casi in cui si accerti che
non ricorrano gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, ovvero i cosiddetti
“licenziamenti ingiustificati”, viene introdotta una tutela risarcitoria certa, commisurata all’anzianità di
servizio e, quindi, sottratta alla discrezionalità del giudice (risarcimento in misura pari a 2 mensilità
per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mesi). Per le piccole
realtà lavorative (sino a 15 dipendenti) la reintegra resta solo per i casi di licenziamenti nulli e
discriminatori e intimati in forma orale. Negli altri casi di licenziamenti ingiustificati è prevista
un’indennità crescente di una mensilità per anno di servizio con un minimo di 2 e un massimo di 6
mensilità. Per evitare di andare in giudizio si potrà fare ricorso alla nuova conciliazione facoltativa
incentivata per cui viene prevista una somma esente da imposizione fiscale e contributiva pari ad 1
mese per ogni anno di servizio (non inferiore a 2 e sino ad un massimo di 18 mensilità).
La riforma cancella i contratti di associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro ed i
contratti a progetto e prevede che dal 2016 alle collaborazioni esclusivamente personali, continuative
ed organizzate dal committente con riguardo ai tempi ed al luogo di prestazione (etero-organizzati)
venga applicata la disciplina del lavoro subordinato a tutele crescenti. L’art. 2 del d.lgs. 81/2015
prevede, però, una deroga a tale disciplina presuntiva per “le collaborazioni rese a fini istituzionali in
favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle
discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I. come individuati e
disciplinati dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289”. Ancora una volta viene riconosciuta la
specificità delle prestazioni rese in ambito sportivo dilettantistico ma si attendono chiarimenti
ministeriali per coniugare tale esonero con l’applicazione dell’art. 67, comma 1, lett. m TUIR (regime
dei c.d. € 7.500) che, come noto, non prevede alcun tipo di contribuzione.
Dal 1° gennaio 2016 sarà possibile ricorrere ad una procedura di stabilizzazione che, in caso di
regolarizzazione di rapporti con l’assunzione, vedrà estinguersi ogni tipologia di illecito.
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Che limiti ci sono all’utilizzo dei voucher?
Già la riforma Fornero aveva completamente riscritto la definizione di lavoro accessorio contenuta
nella c.d. “legge Biagi” per certi versi ampliando le ipotesi di utilizzo della fattispecie - che è stata
universalmente estesa a tutte le tipologie di prestazioni - e per altri restringendone fortemente i
margini di legittimità con stringenti limiti quantitativi all’utilizzo individuale. Dopo il Jobs Act può dirsi
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che non esiste più un campo di applicazione della prestazione accessoria con l’individuazione delle
possibili mansioni espressamente individuate dalla norma ma una vera e propria definizione delle
prestazioni accessorie individuate con parametri esclusivamente di carattere economico.
L’art. 48 del d.lgs. 81/2015 prevede che “per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività
lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a
7.000 euro nel corso di un anno solare[…] Fermo restando il limite complessivo dei 7.000 euro, nei
confronti dei committenti imprenditori o professionisti, le attività lavorative possono essere svolte a
favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro”.
I voucher hanno una durata oraria ed il loro valore contributivo sarà rideterminato con decreto
ministeriale (attualmente € 10 soggetto a rivalutazione ISTAT). Da evidenziare che i voucher
determinano un compenso computabile ai fini della determinazione del reddito necessario per il
rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno ma sono esenti da qualsiasi imposizione fiscale e non
incidono sullo stato di disoccupato o inoccupato
Si segnala la scelta del legislatore di far riferimento allo status (di imprenditore così come di
professionista) piuttosto che all’attività di impresa (o commerciale) svolta. Se, dunque, è imprenditore
chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata a fine della produzione o dello
scambio di beni e servizi (art. 2082 cod. civ.), ritengo che un’associazione non potrà rientrare in tale
definizione anche laddove fosse titolare di Partita Iva per l’esercizio di attività commerciale
strumentale al raggiungimento delle proprie finalità istituzionali che rimangono extra-economiche e
che quindi il limite per i golf club ASD sia di € 7.000. Per lo stesso motivo, però, ritengo rientranti nel
limite dei € 2.000 le società sportive dilettantistiche costituite nella forma della società cooperativa o
di capitali.
Avv. Ernesto Russo
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