Makarenko in rete. Poema pedagogico 2009

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Makarenko in rete. Poema pedagogico 2009
SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA
FACOLTÀ DI MEDICINA E PSICOLOGIA
CORSO DI LAUREA
IN PEDAGOGIA E SCIENZE DELL'EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE
TESI DI LAUREA IN PEDAGOGIA GENERALE I
Laureanda
Eleonora Errede
Matricola
983162
Relatore
Chiar.mo prof.
Nicola Siciliani de Cumis
Correlatori
Chiar.mo prof. Alessandro Sanzo
Chiar.mo prof. Corrado Veneziano
MAKARENKO IN RETE
POEMA PEDAGOGICO
2009-2010
Anno Accademico
2011 – 2012
Elaborazione grafica a cura di Valeria Bonfigli
Indice*
Presentazione - A cura di Nicola Siciliani de Cumis .............................. XIII
Premessa ..................................................................................................... XVII
Introduzione ................................................................................................. XXI
Profili d’indagine e documentazione - A cura di Eleonora Errede .............. 1
Sara Amici - Segreti di dominio pubblico ...................................................... 1
Documentazione 1 ............................................................................................ 5
Luana Arduini - Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità ............... 15
Documentazione 2 .......................................................................................... 27
Valentina Benvenuto - Rapporto individuale-collettivo .............................. 39
Barbara Bozza - Il diritto d’autore nell’era di internet ................................ 45
Ilaria Carducci - Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva.
Intervista.................................................................................................... 53
Documentazione 3 .......................................................................................... 73
Eleonora Errede - Il dono al tempo del web 1 ............................................... 99
Documentazione 4 ........................................................................................ 105
Anna Lamboglia - L’educazione di massa e le industrie culturali ........... 117
Documentazione 5 ....................................................................................... 125
Doriana Maggi - Google books: contratto con gli editori ......................... 131
Giuseppe Mantico - L’accordo Google-Italia e la questione del
classico ..................................................................................................... 137
Documentazione 6 ........................................................................................ 151
Valeria Negri - Segreti di dominio pubblico - Il punto di vista di
Juan Carlos de Martin .......................................................................... 167
Documentazione 7 ........................................................................................ 171
VIII
Indice
Alessia Pacchera - Il dono al tempo del web 2 ............................................ 185
Romina Robibero - Idee che nella rete volano .............................................. 189
Documentazione 8 ........................................................................................ 195
Caterina Saccomanno - e-book, il libro del futuro ....................................... 205
Federica Saraceni - Legittimità giuridica ...................................................... 213
Documentazione 9 ........................................................................................ 221
Martina Scriboni - Vantaggi e svantaggi di una pedagogia affidata
al web ....................................................................................................... 235
Claudia Stentelli - I classici in rete ................................................................ 241
Daniela Vanesa Teodori - Librerie on line e gli e-book ................................ 247
Documentazione 10 ...................................................................................... 251
Federica Traversi - La rete come spazio pubblico ....................................... 263
Appendice ........................................................................................................ 269
Nota introduttiva ............................................................................................. 271
Makarenko didattico 2000 - 2009 - Tra pedagogia e antipedagogia ................. 273
Claudia Pinci - Due autori diversi: Makarenko e Yunus ........................... 275
Elisa Condò - Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 Cinema - Due colloqui su cinema ed educazione Guido Aristarco - Nicola Siciliani de Cumis ......................................................... 285
Michela Chiara Borghese “A prua verso il divenire” - Giorni. Un
pianoforte e tutte le sue “corde” ................................................................. 297
Marzia Castiglioni Humani - Il teatro e l’handicap nell’ottica
di Makarenko .......................................................................................... 301
Emanuela Maiore - Perché la danza a scuola (secondo Nicola Siciliani de Cumis) ........................................................................................ 309
Daniela Pianta - La fotografia di Makarenko .............................................. 317
Indice
IX
Daniela Scarpetta - Makarenko e il teatro ................................................... 327
Roberta Ceccarelli - La comunicazione nel Poema pedagogico - Dal
testo alla radio ........................................................................................ 329
Elisa Condò - Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 ................. 357
Francesca Romana Nocchi - Cronistoria di una riscoperta Il Poema pedagogico di A. S. Makarenko ..................................................... 397
Intervista a Dino Bernardini ....................................................................... 409
Riferimenti bibliografici................................................................................... 417
Sitografia ......................................................................................................... 419
Indice dei nomi ................................................................................................ 423
Indice delle tematiche....................................................................................... 427
* Questo Indice ripropone, secondo una sequenza unitaria e al tempo stesso
comprensiva dei vari elementi della tesi, tutto ciò che ne fa parte. Tuttavia, per ragioni di opportunità editoriale, si è optato per una riproduzione delle parti monografiche del lavoro nella loro redazione a stampa; per le parti documentative, in aggiunta ed a spiegazione dei singoli interventi dell’antologia, si rimanda all’allegato
dvd.
Alla mia famiglia
per avermi sostenuta in questi anni di carriera universitaria.
A Simone
per essermi stato vicino con pazienza ed amore.
Al prof. Siciliani de Cumis
per i suoi collettivi pedagogici, per la fiducia mostrata nei miei confronti e per
esser stato un sostenitore ineludibile sollecitandomi a non arrendermi mai difronte alle difficoltà.
Presentazione
A cura di Nicola Siciliani de Cumis
Questa tesi di laurea specialistica di Eleonora Errede, molto impegnativa per l’autrice e per quanti vi hanno collaborato preliminarmente con
letture, documentazioni, redazioni di testi, interpretazioni, risulta infine
innovativa nell’insieme, per i suoi contenuti precipui e virtualmente feconda di forme esplosive e di direzioni d’indagine ulteriori. Sviluppa,
infatti, precise istanze comunicative e divulgative, introduce inconsueti
elementi di riflessione sulle ragioni di un vero e proprio “nuovo campo
d’indagini” e comporta, evidentemente, l’opportunità e direi quasi
l’obbligo di successive rivisitazioni critiche del Poema pedagogico di Anton S. Makarenko (e, più in generale, dell’Opera dell’autore), per
l’appunto nella stessa chiave informativa, formativa e “cooperativa” della medesima materia “poematica” della tesi. Per più motivi.
Intanto perché, nel caso dello specifico contributo di Errede ai fini
della messa in rete del capolavoro makarenkiano, si tratta comunque di
un inserimento sui generis dell’opera di un autore (un classico della pedagogia, con le caratteristiche inscindibilmente proprie e nuove del Makarenko educatore e scrittore), nel nostro contesto: un’operazione comunicativa, pertanto, lontana lontanissima dai suoi propri ambiti storicoculturali originari e socio-politici di riferimento. Ragion per cui è la stessa differenza delle rispettive situazioni pedagogiche e antipedagogiche di
contesto evocate, dagli anni Venti-Trenta del Novecento nell’URSS del
dopo Rivoluzione d’Ottobre, ad oggi, a insinuare dubbi e ad imporre verifiche continuative dei termini di una propagazione possibile di
un’opera per più versi paradossale: che quanto più si allontana nel tempo collocandosi nel suo “mondo”, tanto più riesce a farsi vicina e ricca di
proposte per il presente e in prospettiva. In altre parole, di che cosa
stiamo parlando?
“A caval donato” (come si dice), per un’usuale questione di buona
educazione, “non si guarda in bocca”… Risulta però poi di fatto ammesso, che il destinatario del “dono” possa rendersi conto in seguito, a ragion veduta, del valore o disvalore del dono: “Finita la festa, gabbato lu
Santu”. E ciò, a maggior ragione, se non è di un “cavallo” che si tratta,
ma di un libro dalle qualità non indiscusse e dall’irregolarissima fortuna
editoriale.
XIV
Presentazione
In altri termini, che cosa riteniamo di essere sul punto di “regalare”,
finalmente, sul web? In che cosa consiste la strenna culturale, che ci siamo fatti persuasi di fruire, noi della Sapienza Università di Roma, dal
1992 al 2012, nelle aule, in studio, nei corridoi, per le scale, nei giardini
di Villa Mirafiori? Valeva la pena, individualmente e collettivamente,
spendere tanto tempo e tanto lavoro per la lettura, la traduzione, lo studio accurato, la stampa e la ristampa, l’edizione e la riedizione delle seicento pagine e passa di cui consta il Poema pedagogico? Vale la pena, oggi,
di servirsi di internet, per voler dare un così grande risalto ad un’opera
che quasi nessuno, fuori che nel nostro ambiente di lavoro, considera
degna di esser letta, recensita, divulgata?
Le ragioni comunicative e “amplificative” del messaggio makarenkiano, idonee a rispondere positivamente ai nostri attuali “perché” - dicevo – è già Makarenko stesso a trasmettercele, nel romanzo… E, intanto, perché la sua scelta di tramutare la sua propria opera di pedagogoscrittore in un’opera letteraria che comunicasse narrativamente ed educativamente gli effetti del lavoro formativo compiuto, viene a Makarenko proprio quell’urgenza di non disperdere e, se mai, di consolidare, accrescere e comunicare al mondo l’esperienza vissuta con i ragazzi della
Colonia Gor’kij. E questo, non solo al fine di serbarne e potenziarne la
memoria, ma anche per trasmetterne in senso nei modi a lui congeniali
della scrittura, contenuti e forme, tra fruizione estetica ed azione educativa, tra formazione del romanzo e romanzo di formazione. Le une e le
altre caratteristiche (narrative e pedagogico-antipedagogiche), apertamente inseparabile e praticamente senza limiti, perché adesso del tutto in
sintonia, sia con la filosofia della prospettiva di Makarenko, sia con le
incommensurabili “aperture” del web.
La “tecnica della comunicazione”, del resto, e la “comunicazione della tecnica”, per quanto e l’una e l’altra ancora ad uno stato aurorale, giocano tuttavia nel Poema pedagogico un ruolo esplicito. Basta rileggere con
attenzione il romanzo capitolo dopo capitolo e non sarebbe difficile rendersene conto. Né mancano a questo riguardo studi specifici, fioriti
nell’ambito ed a lato della nostra pratica comunicativa della materia poematica del romanzo. Basta rileggere le introduzioni all’edizione 2009
del Poema per rendersene largamente conto.
Numerose sono d’altra parte le “prove”, raccolte da Errede e da lei illustrate o additate con intelligente organicità e accuratezza all’attenzione
del lettore nella sua ricerca. Riscontri che ora si prolungano, da un lato
nell’abbondante bibliografia makarenkiana, rintracciabile nel medesimo
dossier attualmente predisposto per la rete e di cui si dà conto nella tesi;
Presentazione
XV
e, da un altro lato, in ciò che ne resta fuori: e, quindi, nell’enorme quantità di elaborati scritti d’esame e di laurea (triennale) e di tesi di laurea (di
vecchio ordinamento, specialistiche e magistrali), tutti, direttamente e/o
indirettamente sul tema del Poema pedagogico e belli e pronti per esser
pubblicati, a stampa o in internet…
Magari nel ricordo di quell’indimenticabile pagina, ormai conclusiva,
del Poema, per l’appunto in tema di comunicazione e di diffusione
dell’impresa makarenkiana, in cui Makarenko racconta della raggiunta
notorietà mondiale della sua azione di pedagog. Una pagina, a mio parere, moralmente tra le più alte della pedagogia di tutti i tempi, in fatto di
mezzi e di fini educativi. E dunque, in prossimità dell’attuale messa in
rete del romanzo di Makarenko, una sorta di vademecum decisamente
bene augurante:
Il nostro treno correva più vivace e avvolgeva negli sbuffi del suo fumo allegro ampie fasce di buone giornate sovietiche. La gente sovietica guardava la
nostra vita e si rallegrava. Alla domenica ricevevamo visite: studenti, gruppi
operai, pedagoghi, giornalisti di riviste e di quotidiani. Sulle pagine dei loro periodici costoro pubblicavano semplici racconti amichevoli della nostra vita, fotografie dei nostri piccoli, del nostro porcile, della falegnameria. Gli ospiti se ne
andavano un poco commossi dal nostro modesto splendore, stringevano le mani ai nuovi amici e all’invito di ritornare rispondevano facendo il saluto e dicendo «agli ordini».
Cominciarono a portarci sempre più spesso degli stranieri. Gentlemen eleganti guardavano con cortesia le nostre ricchezze primitive, le vecchie volte del
monastero e le tute di cotone dei ragazzi. Non riuscivamo a meravigliarli nemmeno con le nostre vacche. Ma i visi vivaci dei ragazzi, il loro affaccendato
chiacchierio e gli sguardi di leggera ironia, che essi rivolgevano a quegli abiti
eleganti e originali e a quelle facce ben curate, a quei minuscoli libretti per appunti, colpivano gli ospiti.
Essi insistevano con gli interpreti nel porre domande maligne e non c’era
modo di convincerli che eravamo stati noi a demolire il muro del monastero,
anche se il muro in effetti non c’era più. Mi chiedevano il permesso di conversare con i ragazzi e io lo accordavo con l’unica categorica clausola che non venissero fatte domande sul passato dei ragazzi. Gli ospiti mi guardavano sbalorditi e cominciavano a discutere. L’interprete mi diceva visibilmente imbarazzato:
- Chiedono perché nascondete il passato dei ragazzi. Se è brutto, lei ne avrebbe merito ancor più grande.
Ma traduceva con piena soddisfazione la mia risposta:
XVI
Presentazione
- Non abbiamo bisogno di meriti. Quella che io esigo è semplice delicatezza. Noi non c’interessiamo mica del passato dei nostri ospiti.
Gli ospiti allora sorridevano e annuivano amichevolmente. - Yes, yes!
Poi loro se ne andavano sulle loro preziose automobili e noi continuavamo
la nostra vita.
Premessa
L’anno 2002 ha segnato per me una linea di demarcazione culturale
molto incisiva: il completamento degli studi del Liceo psico-sociopedagogico sperimentale col conseguimento del diploma di maturità e
l’iscrizione all’università presso la Facoltà di Filosofia della Sapienza di
Roma.
Prima di seguire le lezioni universitarie mi son posta alcuni quesiti,
come ad esempio cosa venisse richiesto in termini di competenze/conoscenze ad una studentessa appena diplomata.
In un momento d’incertezza nell’affrontare il nuovo percorso formativo, tra me e me, ho iniziato a pensare alla funzione pedagogica
dell’insegnante, ossia del lavoro che desideravo intraprendere dopo la
laurea. Ho riflettuto sul fatto che, sul versante dei problemi più propriamente educativi e formativi, è di fatto aumentata la richiesta di specifiche competenze professionali in corrispondenza di situazioni esistenziali e sociali sempre più frequenti: socio-svantaggio, nuclei familiari allargati, emarginazione, abbandono scolastico, multi etnie, ricerca di senso, rispetto per la alterità/diversità, handicap, et alia.
Quindi ricordandomi di Edgar Morin quando cita Michel de Montaigne, mi sono confermata nella persuasione:
[…] è meglio una testa ben fatta che una testa ben piena 1.
Mi sono quindi liberata dei miei aforismi, consapevole che avrei dovuto impegnarmi a fondo nel percorso universitario per utilizzare quanto avrei appreso, in occasione dei vari esami, in contesti diversi per applicarlo a situazioni completamente nuove in una sorta di long life learning.
Dopo l’impatto iniziale, mi sono totalmente immersa ed appassionata
agli studi intrapresi, tanto che in tre anni ho sostenuto i 37 esami prescritti per il conseguimento della laurea triennale. Il tema dell’elaborato
di laurea è stato Genesi e sviluppo dei processi cognitivi superiori: esperienza
valutativa in un istituto comprensivo di Monterotondo (Roma); relatrice la
professoressa Maria Serena Veggetti.
1 Cfr. E. MORIN, La testa ben fatta. Riforma dell'insegnamento e riforma del pensiero,
Milano, Raffaello Cortina, 2000.
XVIII
Premessa
Tuttavia, ancora non mi sentivo soddisfatta. Avevo desiderio di approfondire le conoscenze pedagogiche. Ho quindi deciso di proseguire
gli studi, iscrivendomi alla specialistica dello stesso corso di laurea, per
poter completare il percorso in campo educativo.
Oltre a questo, un altro dei miei intenti è stato quello di insegnare nella scuola dell’infanzia cercando di seguitare ad apprendere la didattica e
la pedagogia più idonea alle età evolutive dei futuri discenti. Lavorare
su una tabula rasa è sicuramente complicato, bisogna riuscire ad individuare il metodo più idoneo al raggiungimento degli obiettivi richiesti
dal percorso scolastico, cioè rendere “spendibile” quanto appreso in precedenza durante il corso di laurea.
Quando avviene il primo approccio con la pedagogia di Anton Semënovič Makarenko? Con il mio secondo esame della laurea triennale seguendo Terminologia pedagogica e di scienze dell’educazione, tenuto dal professore Nicola Siciliani de Cumis. Negli anni del liceo il Poema pedagogico
non l’avevo né letto né studiato, quindi non avevo informazioni in merito all’autore ed alla sua opera. Devo dire, d’altra parte di avere conosciuto poco le problematiche makarenkiane anche durante il completamento
della laurea triennale. Solo dopo, proseguendo gli studi della laurea specialistica ho cominciato ad apprezzarne i metodi educativi, nel quadro
del periodo storico in cui è stato scritto il romanzo.
Sin da subito mi hanno colpito le seguenti frasi:
Occorre tirar fuori l’uomo nuovo in modo nuovo.
Abbiamo la nostra necessità di formare un uomo… il nostro uomo!2
Mi sono dunque appassionata sempre di più al Poema, un vero romanzo di formazione e di educazione di circa cinquecento pagine, che
spiegava il senso della riflessione su quelli che erano i miei pensieri
sull’approccio pedagogico-educativo con i bambini. Ho così intuito che
era necessario approfondire il Poema e l’occasione mi è stata data seguendo il “Laboratorio Makarenko” coordinato dallo stesso Siciliani.
La struttura del corso era suddivisa in due moduli: “Labriola”, “Laboratorio Makarenko”. È proprio nel “Laboratorio Makarenko” che venCfr. A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico. A cura di N. Siciliani de Cumis. Con la
collaborazione di F. Craba, H. Hupalo, E. Konovalenko, O. Leskova, E. Mattia, B.
Paternò, A. Rybčenko, M. Ugarova e studenti dei corsi di Pedagogia generale I
nell’Università di Roma “La Sapienza” 1992-2009, Roma, l’albatros, 2009. pp. 3-4.
2
Premessa
XIX
go a scoprire l’importanza del lavoro di gruppo e del “collettivo”, di cui
discorreva Makarenko: e sin dalla prime lezioni nasce tra studenti e docente un arcobaleno di idee, scambi, desideri, prospettive pedagogiche
future… Tutte attività con un unico obiettivo: la messa in rete del Poema
pedagogico in forma gratuita.
Nel mese di luglio 2010 ricevo una telefonata del Docente, che mi
chiede se fossi interessata ad approfondire l’argomento del “Laboratorio
Makarenko”, non solo in chiave individuale, ma anche nell’ottica di un
lavoro personale di tesi specialistica, che recuperasse nel suo interno la
dimensione collettiva, cooperativa, sia del suddetto “Laboratorio”, sia
del corso di “Educazione e cooperativismo”. Se avessi accettato, avrei
dovuto approfondire determinate direzioni d’indagine già sperimentate
dai colleghi studenti del “Laboratorio”, e mettere a punto uno strumento
multimediale unitario per far conoscere attraverso il web l’opera del pedagogista ucraino.
Ascolto con interesse, ringrazio della proposta che mi è stata offerta e
mi riservo di decidere. Finisco con il chiedermi: quale miglior occasione,
per specializzarmi in Pedagogia e Scienze dell’Educazione e della Formazione? Difficilmente, forse, potrei trovare un argomento più adatto
alla circostanza. Spinta dal desiderio di togliermi il dubbio, inizio ad elaborare l’idea e rifletto sulla possibilità di metterla in pratica.
Nel frattempo preparo e sostengo gli ultimi esami della laurea specialistica, arrivando a superare nel mese di ottobre l’ultimo esame, ossia il
cinquantunesimo! Alquanto soddisfatta contatto il professore avvisandolo di essere disponibile a dedicarmi al “viaggio” intrapreso mesi e
mesi fa: il Poema pedagogico nel web!
Non è stato facile, in questi anni, portare avanti la carriera universitaria in parallelo con il lavoro; ma devo dire che non mi sono mai arresa,
perché ho sempre creduto di perseguire l’obiettivo che mi ero proposta,
nonostante la fatica, credendoci fino in fondo. È solo grazie alla passione
e all’entusiasmo che sono arrivata a portare avanti un progetto di ricerca
in ambito pedagogico, e a realizzare il sogno di un professore e di una
studentessa: inserire il Poema in un portale.
Dal momento che nella vita “gli esami non finiscono mai”, anche nel
cammino di ricerca i progetti sono in continua evoluzione… i libri, anche quelli più dimenticati, possono essere un’occasione per ricordarli e
farli circolare… alla grande!
XX
Premessa
Ringrazio, per la loro collaborazione ed attenzione alla serie dei problemi che il mio lavoro ha posto, i professori Nicola Siciliani de Cumis,
Alessandro Sanzo, Corrado Veneziano ed il dottore Claudio Cella.
Introduzione
Un “Laboratorio Makarenko”
Il presente lavoro è il frutto di un’analisi individuale e collettiva maturata nel corso del “Laboratorio Makarenko” tenuto dal professor Nicola Siciliani de Cumis nell’A. A. 2009/2010, nel corso di laurea specialistica di Pedagogia e Scienze dell’Educazione e della Formazione
dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza”: l’intento – esplicito –
è quello di divulgare l’opera dell’educatore e scrittore ucraino oltre i
confini geografici, gratuitamente, attraverso la messa in rete del Poema
pedagogico.
In merito a tale obiettivo, ci siamo proposti di comprendere se
l’inserimento in internet comportasse una perdita del suo valore formativo, oppure una crescita della visibilità delle tematiche pedagogiche e
una loro maggiore valorizzazione in senso comunicativo, o divulgativo e
dunque anche educativo.
L’idea di un’impresa di questo genere, quale offerta di un corso collaborativo come quello su menzionato, ha entusiasmato gli studenti sin
dalla prima lezione. E, alla fine, ha ottenuto un nutrito numero di adesioni e quindi di recensioni.
Durante il corso gli studenti hanno focalizzato l’attenzione su quelli
che potrebbero essere i vantaggi della messa in rete del Poema pedagogico,
con l’ausilio di molteplici articoli e materiali didattici, messi a disposizione da Siciliani de Cumis, i quali sono stati presi in esame nelle dimensioni più attinenti all’argomento da svolgere, con l’intento finale di
realizzare la pubblicazione nel web.
Importante è stata la lettura di un articolo del professor Juan Carlos
De Martin3 sul concetto di dominio pubblico e sul valore della conoscenza usata liberamente nell’era di internet.
Nello specifico ogni studente si è impegnato ad approfondire un proprio profilo d’indagine, e produrre delle documentazioni in merito a temi di ricerca: concetto di pubblico dominio, rapporto tra best-seller ed
editoria di qualità, rapporto individuale e collettivo, diritti d’autore,
ampliamento della prospettiva. Inoltre: concetto di dono, educazione di
3 J. C. DE MARTIN, Segreti di dominio pubblico. Il valore della conoscenza usata liberamente, in «Nova» inserto di «Il Sole 24 ore», 20 novembre 2008, pp. 1-2.
XXII
Introduzione
massa e industrie culturali, Google books, accordo Google-Italia, segreti
di dominio pubblico, e-book, legittimità giuridica, classici in rete, librerie
on line, rete come spazio pubblico.
Il filo conduttore, e lo scopo di tutto il lavoro di natura cooperativistica, è stato quello di pubblicare il Poema nel web.
Peraltro va posto l’accento sul fatto che l’impegno nella ricerca dei
materiali, le recensioni individuali, le interpretazione collettive si sono
svolti secondo un criterio di tipo cooperativistico, costruendo
un’ipotetica prospettiva makarenkiana on line, mantenendo la stessa tipologia di procedura durante tutto il tempo in cui si è svolta
l’esperienza, cioè circa tre mesi: un filo conduttore che non si è spezzato
e che, a tutt’oggi, produce ulteriori effetti, proseguendo con l’esperienza
innovativa di digitalizzare l’opera makarenkiana.
Dopo molteplici dibattiti, confronti, discussioni ed un attento studio,
si è giunti alla conclusione che l’inserimento dell’opera in rete non comporta una perdita di valore dell’opera in sé, in quanto ciò consente di
completare ed integrare il libro cartaceo compiendo un ipotetico “viaggio culturale” dalla libreria ad internet.
Sicuramente positiva è stata l’esperienza, in quanto abbiamo imparato a sfruttare le risorse collettive a beneficio anche della socializzazione
del team di lavoro.
Dal “Laboratorio Makarenko” alla nascita effettiva del portale
Una domanda che può sorgere spontanea nel leggere il presente testo
è: in che consiste il passaggio dal lavoro del “Laboratorio” all’elaborato
di tesi di laurea?
Il “Laboratorio Makarenko”, tenuto nell’anno 2010, è scaturito
dall’idea e dall’esigenza del docente Siciliani de Cumis e degli studenti
del corso di trovare forme alternative alla mera diffusione di concetti e
nozioni teoriche del Poema, proposte dal maestro ucraino Makarenko. Lo
scopo da perseguire avrebbe dovuto essere, invece, quello di far nascere
negli studiosi maggiore interesse per il pensiero pedagogico dell’autore,
ed oltrepassare la soglia che fino ad alcuni decenni fa era rappresentata
dai libri cartacei, che limitavano il campo d’interesse ai soli compratori,
estimatori e lettori di libri.
Va sottolineato che la presente ricerca consiste in una prima approssimazione al problema: un’ipotesi progettuale, un’analisi, un lavoro che
tuttavia sottende la speranza che possa far emergere un input spendibile
nel miglioramento delle conoscenze, competenze, capacità critiche di co-
Introduzione
XXIII
loro che s’interessano ai temi pedagogici e rimanere un “valore di scambio”, come affermava Marcel Mauss4 nel suo pioneristico saggio sul dono.
In sostanza, si è convinti che è più interessante e agevole ricercare argomenti o opere tramite la rete che non su testi cartacei standardizzati; e
che comunque, in ogni caso, i due livelli d’indagine si integrano.
A conferma di ciò, come risulta dai recenti studi di Marco Aime ed
Anna Cossetta5, l’opera makarenkiana, se ritenuta interessante, potrebbe
essere un “dono gratuito” senza confini per varie istituzioni scolastiche,
ricercatori, luoghi pedagogici, portali e quant’altro.
È con la rete che saltano i confini che determinano culture, territori,
società. Quindi l’elaborato potrebbe anche essere inteso come l’inizio di
relazioni in rete tra giovani, come un atto che dà vita ad un legame di
collaborazione culturale tra individui che va al di là del puro scambio di
notizie: una sorta di “facebook culturale”!
Si presume che nei luoghi di produzione e di trasmissione di cultura
sia arrivato il tempo di passare dal do ut des6 al peer to peer7 tramite
l’interazione di scambi mediali, per ottenere l’auspicabile dono gratuito
di una proficua applicazione allo studio e magari ritrovare in essa la validità di arricchimenti concettuali che oggi sta scemando soprattutto nei
giovani: in sostanza, un nuovo e gratificante modo per riappropriarsi del
“senso della vita”, traendo spunti ed insegnamenti dai canali del web.
Il primo passo è stato quello di recuperare e dare un ordine ai vari elaborati scritti dagli studenti che hanno lavorato per tre mesi nel “Laboratorio Makarenko”.
Peraltro, assemblare gli scritti provenienti da tutti gli studenti del
corso “Laboratorio Makarenko”, caratterizzati da diversi stili linguistici
e di pensiero, non è stata un’impresa facile. Sicuramente è stato sollecitante ogni momento dedicato alla costruzione di un testo organico e riepilogativo, cioè un lavoro di editing di testo. Da ciò scaturisce una critica
più che positiva sull’impegno e l’interesse mostrato dai vari colleghi del
corso.
La particolarità del presente studio è proprio l’esame della documentazione, quel passaggio da lavoro di team ad un lavoro individuale. O-
M. MAUSS, Saggio sul dono (1921), Torino, Einaudi, 2002.
M. AIME, A. COSSETTA, Il dono al tempo di Internet, Torino, Einaudi, 2010.
6 Do ut des letteralmente significa “dare per avere in cambio qualcosa”.
7 Peer to peer letteralmente significa “pari a pari”.
4
5
XXIV
Introduzione
biettivo comune: rendere accessibile a tutti in modo gratuito e fruibile il
Poema pedagogico, e la sua divulgazione in diverse lingue.
Ci si è proposti di restituire non solo i testi specifici concernenti Makarenko, ma anche alcuni contributi didattici prodotti da diversi studenti: quelli che, in qualche modo, sono sembrati evidenziare una certa originalità e vicinanza alle tematiche makarenkiane.
Nella ricerca, si evidenziano due diversi livelli di presentazione del
materiale: uno documentaristico, selezionato ed adattato alle regole di
scrittura del corso di laurea specialistica; l’altro di documentazione dei
singoli contributi prodotti nel laboratorio Makarenko con una nota critica realizzata dalla specializzanda, che occupa lo spazio del dvd allegato.
Dopo aver creato un ordine alfabetico, nell’ampia documentazione
per la messa in rete, si è proseguito con l’Indice, elaborato in modo da
rendere visibile, al primo impatto, l’oggetto della trattazione ed i criteri
adottati. È stato inserito un Indice delle tematiche ricorrenti che attraversano l’elaborato, viene reso disponibile come guida alla consultazione,
all’uso e alla fruizione del testo in rete.
Per quanto attiene alle regole di scrittura, si lasciano gli elaborati nella loro versione originaria, così come si presentano, senza apporre correzioni.
Per ciò che riguarda la messa in rete, è stato scelto un preciso ordine
cronologico di presentazione degli elaborati, seguendo il criterio alfabetico degli studenti.
Alcuni colleghi, nel proprio lavoro, hanno inserito una documentazione specifica dei testi e degli articoli, consultati durante il periodo del
Laboratorio, come ausilio nella ricerca, per discernere quel che comporta
la messa in rete di un’opera, ed individuare le ragioni dei singoli motivi
di partecipazione al progetto.
Riflessioni, critiche, studi e ricerche sul web
La complessità (e la di diversificazione dei punti di vista) prodotta
dall’analisi della comunicazione multimediale, ha fatto registrare il crescente coinvolgimento di pedagogisti, psicologi, filosofi, politologi, esperti del settore della comunicazione.
L’era dell’iPad, seguendo il pensiero espresso nel testo del politologo
Giovanni Sartori,
Introduzione
XXV
rappresenta la nuova civiltà dell’immagine e il declino della scrittura 8.
Da Johann Gutenberg, uno stampatore di Magonza, inventore della
stampa (1452) a caratteri mobili, con la quale avvenne il passaggio dal
libro manoscritto al libro stampato, la forma scritta di comunicazione ha
assunto nel Novecento aspetti diversi, dovuti alla nascita di nuovi strumenti di trasmissione delle notizie e del sapere, quali stampa, telegrafo,
radio, televisione; scoperte che avviano l’era delle comunicazioni immediate. L’avvento della tv fornisce il primato dell’immagine sulla parola,
ma sono il computer ed i nuovissimi dispositivi multimediali, che consentono la condivisione e la conservazione dei dati più svariati in qualunque contesto ed a velocità sbalorditive.
Centrale diventa la trasformazione del soggetto da homo sapiens ad
homo videns. Secondo Sartori, l’uomo contemporaneo ha assunto un diverso atteggiamento nei confronti della realtà che lo circonda, perdendo
la capacità di conoscere attraverso i simboli e finendo per conoscere esclusivamente attraverso le immagini. In altre parole, il dialogo non trova più, nella forma scritta, il luogo dove depositarsi ma diventa immagine, al punto che
le cose raffigurate contano e pesano più delle cose dette9.
Diciamo che la “rottura” avviene alla metà del nostro secolo, con la
televisione (tele =da lontano), che porta al cospetto di un pubblico di
spettatori eventi da vedere da qualsiasi luogo e distanza. Prosegue esprimendo una sua perplessità:
Probabilmente i veri studiosi continueranno a leggere libri, avvalendosi di
internet per riempitivi, per le biografie e le informazioni che prima trovavano
nei dizionari; ma dubito che se ne innamoreranno10.
Proseguendo nella ricerca di opinioni e critiche sul tema, i nuovi dispositivi multimediali ci consentono di avere la rete sempre a “portata di
mano”, ma spesso questo significa, almeno secondo alcuni pensatori, essere “in mano” al web. Ecco perchè gli studiosi dei nuovi mezzi di comunicazione rivelano la necessità di trovare una sorta di “antidoto” che
G. SARTORI, Homo videns, Roma-Bari, Laterza, 1997, p. 252.
Ibidem.
10Ibidem.
8
9
XXVI
Introduzione
consenta agli utenti di internet di non restare impigliati nelle maglie della rete, ma anzi di vivere proprio attraverso di essa scambi comunicativi
efficaci ed arricchenti che rappresentano, nel loro piccolo, lo scopo di
tutto il lavoro intrapreso.
Per rimanere nel tema, interessante è il punto di vista di Maurizio
Ferraris11, tratto da una sua intervista ad alcune importanti figure di riferimento per quanto riguarda il mondo di internet, come Kevin Kelly, cofondatore di wired, che ha sostenuto che il web va concepito non tanto
come strumento passivo, ma come organismo che persegue in autonomia i propri fini:
è la tecnica che comanda, non l’uomo12!
Juan Carlos De Martin, pensa che sia sempre stato così: la tecnica ha
sempre determinato l’umanità, tuttavia un aspetto importante che caratterizza sia i computer sia il web è che sono entrambe invenzioni piattaforma, cioè senza un uso fissato a priori.
Per Bernard Stiegler, l’irruzione del web nella nostra vita è paragonabile all’irruzione della scrittura nella vita quotidiana dei Greci all’epoca
di Socrate che, considererebbe il web come una sorta di phármakon, cioè
contemporaneamente un veleno ed un rimedio.
Secondo lo scrittore John Naughton, il vero problema di questa nuova
scrittura è semmai quanto possa sopravvivere. Più positivo il pensiero di
Stiegler il quale sottolinea che bisogna solo trovare i modi di organizzazione e le regole pratiche, che permettono di rendere efficaci gli scambi e
di lavorare in modo cooperativo, come in realtà è accaduto e si è realizzato nel Laboratorio Makarenko, tenuto da Siciliani de Cumis.
Prosegue l’autore, sottolineando che:
il web è lo spazio di quelle che chiamano “cooperative del sapere”; in questo
senso il futuro dipende da noi, dalla nostra capacità di rimettere in causa le nostre idee, sorte quando il phármakon era diverso, era la scrittura su carta e dunque era diversa la terapia, senza dimenticarle, ma trasformandole in vista del
phármakon, il web, e grazie ad esso, senza restarne ingabbiati 13.
M. FERRARIS in «la Repubblica», 7 dicembre 2010.
K. KELLY, Quello che vuole la tecnologia, Torino, Codice edizioni, 2011.
13 Op.cit.
11
12
Introduzione
XXVII
Alcune ricerche scientifiche, per analizzare tutti i punti di vista, sostanziano le tesi del cambiamento delle noste attività neurologiche indotte dalle nuove tecnologie, come l’articolo di Nicholas Carr
sull’«Atlantic Monthly» di circa un anno fa, dal titolo: Google ci rende stupidi? La nuova domanda, a nostro parere, pare più “come stiamo cambiando?”, che non l’implicito giudizio contenuto nel chiederci: ”era meglio prima?”
Un lavoro di ricerca scientifica in questo senso è raccolto di recente
nel «New York Times»14, che cerca di analizzare quel che sappiamo e su
come il nostro cervello si comporta nel nuovo sistema di attività discontinue, distrazioni e multitasking creato dalle nuove tecnologie e dalla rete.
L’articolo spiega che gli stimoli di questo genere producono dopamina ed eccitazione che possono generare dipendenza: in loro assenza le
persone si sentono annoiate. «La tecnologia sta reimpostando il nostro
cervello», dice Nora Volkow15.
Nel 2008 il consumo d’informazione da parte degli americani era triplicato rispetto al 1960.
Secondo una ricerca condotta da Adam Gazzaley16, chi sta davanti al
computer per lavoro, cambia finestra o programma circa 37 volte all’ora.
Invece, uno studio della University of California Irvine, ha dimostrato
che le persone interrotte nel lavoro dall’arrivo di una e-mail, hanno riportato un notevole incremento dei livelli di stress rispetto ai soggetti
rimasti concentrati. Si è dimostrato poi che gli ormoni prodotti dallo
stress influiscono, riducendola, sulla memoria a breve termine. Altri approfondimenti dimostrano che, alcune persone, riescono facilmente e
senza danni, a gestire contemporaneamente molti canali d’informazione
anche se il numero di questi super taskers non supera il 3% della popolazione.
Per concludere, a nostro avviso, si potrebbe affermare che chi usa
molto il computer o altri mezzi multimediali della rete non può che esserne influenzato; ed è indubbio che link, finestre, ecc. condizionano il
nostro modo di ragionare. Quando si studiava in biblioteca tra silenzio
“tombale”, faticose ricerche per trovare i testi appropriati, tutto era diverso e caratterizzato da notevole lentezza operativa per ricercare la pagina giusta, ecc. Oggi tutto si attingee, almeno in parte si apprende, in
Fonte: http://www.ilpost.it/2010/06/07/google-ci-rende-un-po-stupidi/
Nora Volkow neuroscienziata, direttrice dell'istituto di Ricerca statunitense
NIDA (National Institute on Drug Abuse).
16 Adam Gazzaley neuroscienziato all’università della California.
14
15
XXVIII
Introduzione
modo istantaneo; ad esempio, cliccando il tasto search, allora, non è già
questa una positività fornita dal web? Sta a noi saperne fruire con l’unica
preponderante dote che ci differenzia dall’animale: l’uso appropriato di
razionalità ed intelligenza fruendone in maniera saggia e produttiva.
A scuola con l’iPad: esperienze, novità
L’idea di inserire il Poema pedagogico di Makarenko nella rete per una
migliore diffusione e condivisione dell’opera con il prossimo, è stata suffragata da una serie di ricerche veicolate da Apple Italia, circa le nuove
introduzioni di apparecchi multimediali e su altri Istituti che hanno adottato l’iPad in classe. Sono stati tenuti presenti anche gli eventuali aspetti negativi di tale innovazione, confrontando i pareri di alcuni intellettuali o studiosi.
Il 20 Gennaio 2012, al Museo Guggenheim di New York, non son
mancate le novità: iBooks Author, un’applicazione per Malosx, ibooks 2
ed una speciale applicazione, iTunes U. Ad introdurle è stato Phil Schiller17, capo settore marketing di Apple. Oltre quindici milioni di iPad sono già in uso in vari istituti d’istruzione e si pensa ad una accelerazione
del processo, reinventando i libri di testo, soggetti ad usura, che non sono interattivi e non favoriscono le ricerche non potendoli aggiornare di
frequente.
Infine, in arrivo anche iTunes U Apple, il negozio virtuale dove gli
studenti di tutte le età potranno trovare i contenuti multimediali.
Tra i numerosi tentativi di avviare in Italia la fruizione scolastica del
l’iPad al posto dei libri cartacei, si ritiene opportuno produrre notizie
sulle sperimentazioni in atto in alcuni istituti di vari ordini e grado.
Valido l’esperimento condotto18 in Appennino a Castiglione dei Popoli, in cui sono stati consegnati agli studenti, in comodato d’uso, alcuni
iPad all’interno del progetto cl@sse 2.0. La Preside19 sottolinea che
tali sperimentazioni, come quelle delle lavagne digitali sono volute dal precedente Ministro della pubblica istruzione e della ricerca (MIUR) Gelmini, come
scrutini e pagelle online dal 2008, il registro elettronico integrale dei docenti, dal
Phil Schiller dirigente d’azienda statunitense. In Apple ricopre il ruolo di vicepresidente per il product marketing a livello mondiale.
18 Condotto il 19 Gennaio 2012 nella classe 2° F dell’Istituto di istruzione superiore Caduti della Direttissima (Bo).
19 Teresa D’Aguanno Preside dell’IIS Caduti della Direttissima a Castiglione dei
Pepoli (Bo).
17
Introduzione
XXIX
2009 e la possibilità per i genitori che ne fanno esplicita richiesta, di seguire
l’iter formativo, la frequenza alle lezioni e la valutazione dei propri figli, muniti
di una password personale20.
Ancor più avanti nel progresso elettronico è l’Istituto Icaros di Bergamo, che per primo ha sostituito, nell’a.s. 2011/2012, i libri di testo con
le tavolette della “Grande Mela” di Cupertino. Nell’istituto, che opera
nel settore della formazione professionale, gli alunni usano l’iPad, nella
versione wi-fi, per effettuare delle ricerche, per scrivere ma anche per ricevere i compiti che arrivano direttamente via e-mail, in caso di assenze
prolungate.
I risultati dell’esperimento verranno monitorati da un ateneo per capire se sia valsa o no la pena di abbandonare o meglio defenestrare le
versioni cartacee dei libri. L’innovazione, che ha una valenza economica
per le famiglie, anche addizionando il costo di eventuali applicazioni
aggiuntive, ottiene una spesa finale probabilmente inferiore al costo dei
vari dizionari, libri di testo cartacei che si devono comperare ogni anno.
Favoriti anche i problemi cervicali, lombo-sacrali, procurati dagli zaini
sempre più rigonfi e pesanti, a partire dalla scuola primaria.
Certo l’iPad è un dispositivo molto costoso, ma può essere concesso
in leasing o comodato d’uso ai ragazzi, all’incirca 20 dollari al mese per
tre anni (in Italia, a circa 15 euro). Sicuramente è proprio in America che
si stanno facendo degli esperimenti importanti di apprendimento con le
nuove tecnologie: una scuola privata secondaria, la Webb School di
Knoxville, in Tennessee, ha reso obbligatorio l’utilizzo dell’iPad in classe
dal a.s. 2011/2012.
Si è pensato che ormai i ragazzi usino questi dispositivi normalmente
a casa, per cui vale la pena che il loro utilizzo cominci a far parte
20
Fonte: http://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/2012/01/19/655552scuola_ipad_espe... [consultato il 23 gennaio 2012].
XXX
Introduzione
dell’educazione vera e propria. Si potrebbe obiettare che un iPad sarà
una fonte anche di distrazioni, oltre che di apprendimento, come già accade con i telefonini usati di nascosto in aula per inviare messaggi, mms,
foto, ecc…
Proprio per questo, infatti, saranno disabilitati programmi come Facebook, Twitter e tutti i social network, all’interno dell’area della scuola.
Utilizzare di fatto un tablet, che è praticamente un piccolo computer,
non solo nei laboratori d’informatica ma anche durante la lezione frontale, potrà permettere di fare cose prima impensabili, con un normale libro
di testo ed un quaderno sul banco.
Altro esempio, per tornare nel nostro territorio, ad usare questo nuovo metodo è stata l’Università Federico II di Napoli, con un portale dedicato su iTunes chiamato “Federica”, raccogliendo migliaia di lezioni
da poter ascoltare dalla facoltà più diverse, da Medicina a Chimica, da
Biologia alle lezioni sulla Divina Commedia, che si sono dimostrate, tra
l’altro, le più scaricate e ascoltate.
L’iPad consente di sperimentare nuove funzionalità per le lezioni universitarie, atenei internazionali come Berkeley, Yale, Oxford, il Mit,
con audio e video, in particolare a chi non ha potuto seguire le lezioni in
presenza, così come chi vuol ripassare concetti non chiari o completare i
propri appunti; con questo mezzo ha l’opportunità di collegarsi telematicamente, anche scaricando argomenti e contenuti da altre università. Il
mondo della scuola, del resto, sarà rivoluzionato anche dall’ultima novità della Apple: i-Book 2, cioè dalla speciale versione del tablet.
Invece, l’Istituto paritario Pio XII, in provincia di Sondrio, introduce
la sperimentazione solo su due classi: la prima della scuola media e la
seconda del Liceo scientifico. Una scelta che si inserisce nei piani tracciati dal nuovo Ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, che per la
scuola del 2012, ha ipotizzato l’uso dei tablet nei licei. Una svolta nella
scuola mediante le nuove tecnologie, con l’intenzione di coinvolgere anche gli insegnanti nei piani di aggiornamento per dare slancio alla lezione in classe.
In un recente forum con i lettori del quotidiano «la Repubblica», il
Ministro ha affermato:
I ragazzi sono “nativi digitali”, di conseguenza la loro scuola deve diventare
moderna e visionaria quindi, si può fare web 2.0 con strumenti diversi a costi
ridotti per le famiglie21.
21
Fonte: http://www.larepubblica.it [9 gennaio 2012].
Introduzione
XXXI
Si è soffermato poi sul tablet e le sue infinite potenzialità anche come
libro di testo in progress scritto dai docenti stessi come banco touch, oppure come blocco notes. Peraltro ha citato i casi, già esistenti in Italia, che
testimoniano il successo di utilizzo dei tablet come l’Istituto Cecco Angiolieri di Siena, che aderisce al progetto cl@sse 2.0 e l’Istituto comprensivo V. Brianza di Bollate in provincia di Milano, che fa parte del progetto Apple teacher institute in cui l’iPad è utilizzato in maniera integrata
con dispositivi già esistenti nella scuola come la Lim22.
Successivamente, sono stati citati esempi interessanti, in giro per il
mondo, come quello dell’India, dove il Governo ha regalato un tablet
Android dal costo molto contenuto, chiamato “Aakash” a tutti gli studenti, che è riconosciuto dalle istituzioni come strumento molto utile per
la formazione. Esemplare soprattutto il caso della Corea del Sud, che ha
previsto di passare completamente all’utilizzo dei tablet nelle scuole superiori di I grado nel 2012, ed entro il 2015 a una digitazione totale dei
libri scolastici. Verrà utilizzata anche una network cloud che permetterà a
tutti gli studenti di accedere ai testi, anche da casa, attraverso una semplice connessione ad internet.
A chiudere questa veloce carrellata, l’esperienza di Auburn nel Maine, dove il distretto scolastico ha stanziato duecentomila dollari per
l’acquisto di numerosi iPad da far utilizzare agli alunni che frequentano
la scuola dell’infanzia, con l’intento di migliorare l’apprendimento.
L’iniziativa però non ha mancato di suscitare preoccupazioni e perplessità da parte di alcuni insegnanti e genitori a causa dell’età cronologica dei bambini.
Sicuramente questa perplessità può essere accostata al pensiero di
Raffaele Simone, come afferma in un articolo del giornale «la Repubblica» del 12 Gennaio 2012, dove sollecita il Ministro Profumo affinché
pensi ai libri ed alle biblioteche evitando di puntare sui due “spettri”,
che si aggirano per le scuole italiane: le Lim ed il tablet, che definisce il
più insidioso date le maggiori possibilità di uso. Quando il Ministro si è
insediato, prosegue Simone, ha scoperto che i ragazzi che usano il computer sono solo il 4% ed ha annunciato che, per rendere la scuola italiana
più moderna e aggiornata, punterà sulla diffusione di lavagna interattiva e tablet (Lim). A parte l’entità dell’investimento, come riferisce
l’autore del su citato articolo, più di un analista dubita della reale utilità
di queste risorse nella scuola.
22
Lim: lavagna interattiva multimediale
XXXII
Introduzione
A validare, invece, la nostra ipotesi di inserire il Poema pedagogico in
rete, c’è il sondaggio della Fondazione Pearson: nel 2011, l’86% degli
studenti universitari che possiedono un tablet, affermano che il dispositivo li aiuta a studiare in modo più efficiente, il 76% segnala che il tablet
li aiuta maggiormente durante le lezioni. Il 70% si dichiara interessato a
possederlo ed il 20% prevede di acquistarlo nei prossimi mesi.
Questi dati schiaccianti danno la sicurezza di essere sulla strada giusta ed essi non paiono il risultato di manie tecnologiche, infatti, gli studi
dimostrano che i contenuti interattivi possono affettivamente aumentare
l’apprendimento, i ragazzi, oggi, preferiscono imparare “facendo”, rispetto a vedere o leggere, come accade attualmente.
Obiettivamente bisogna ammettere che l’Italia è ancora lontana da
numeri e iniziative come quella della Corea del Sud. Le nostre esperienze restano sporadiche. Senza dubbio la dotazione di device tecnologici
non è sufficiente a trasformare la scuola tradizionale, così come la conosciamo, in una scuola 2.0 come auspica il Ministro Profumo. Per ora egli
ha emanato la circolare23 che ha come oggetto: Adozione dei libri di testo
per l’a.s. 2012-2013, con indicazioni operative per le scuole di ogni ordine
e grado in cui si attesta che i libri di testo da adottare devono essere redatti in forma mista (parte cartacea e parte in formato digitale), ovvero
interamente scaricabili da internet, non vanno mantenuti i testi scolastici
esclusivamente cartacei.
Per l’adozione resta ferma (secondo la circolare ministeriale del 10
Febbraio 2009 n°16, che si intende integralmente richiamata), la cadenza
pluriennale (i testi adottati non possono essere cambiati prima dei cinque anni scolastici per la scuola primaria e prima dei sei anni per la
scuola secondaria di I e II grado).
Le perplessità restano ma il nostro gruppo di lavoro attesta che bisogna evolversi e diffondere le opere (come quelle del pedagogista ucraino
Makarenko), attraverso forme convergenti di apprendimento – informazione onde evitare che il libro rimanga solo un oggetto inutilizzato in
qualche biblioteca. Le sperimentazioni, è noto, fanno sempre discutere:
in positivo o in negativo, l’importante è che inneschino meccanismi di
conoscenza adeguata ai tempi e favoriscano un piccolo contributo di ricerca innovativa e non una mera teoria cartacea.
Un'altra e non ultima prospettiva futura è quella di pubblicare il Poema nel sito in diverse lingue del mondo, essendo un’opera non molto
conosciuta e consultata.
23
Circolare n°18 Prot. 703 del 09 febbraio 2012.
Introduzione
XXXIII
Vantaggi e svantaggi della messa in rete dell’opera
Nella nostra ricerca sono stati vagliati gli elaborati individuali che
hanno fornito un interessante apporto, in itinere, al lavoro svolto durante il “Laboratorio Makarenko” per la pubblicazione nel web di un’opera
come il Poema pedagogico.
Punto di partenza, la lettura dell’articolo del docente d’informatica ed
internet Juan Carlos de Martin, Segreti di dominio pubblico, il valore della
conoscenza usata liberamente, in cui afferma:
Le opere dell’ingegno si possono liberamente stampare, copiare, diffondere,
eseguire in pubblico, mettere in scena, tradurre, vendere e altro ancora. Ovvero,
si può seguire liberamente la propria inclinazione culturale o i propri obiettivi
imprenditoriali senza chiedere il permesso dell’autore, dei suoi eredi o di altre
entità24.
Comunque (lascia comprendere l’autore) non è tutto permesso; infatti, non ci si può attribuire opere non scritte personalmente ma da altri,
né è lecito cambiare senso al pensiero originale dell’autore.
Prosegue de Martin facendo un esempio.
In Italia, sono disponibili ben 38 edizioni de I promessi sposi, 54 edizioni de La
divina commedia, con prezzi che variano tra i 5 e i 640 € con versione in milanese
e siciliano, recitate sotto forma di audiolibro, commentate da vari studiosi,
stampate per ipovedenti, illustrate per bambini e per adulti a fumetti, con rilegature sia economiche, sia di lusso ecc…25
Con tale esempio de Martin ha inteso descrivere le regole usate per il
pubblico dominio, ossia per quelle opere per cui sono “scaduti” i diritti
d’autore.
Questo punto e quello che riguarda le regole/norme del copyright
moderno, sono stati approfonditi da alcuni studenti del gruppo di lavoro, come si potrà vedere più avanti.
Altro articolo interessante, del su citato autore è quello in cui si illustra l’Internet Governance Forum (Igf), cioè un’iniziativa annuale
dell’ONU che dal 2006 mette a confronto i pareri dati su internet (in te-
24 Cfr. J. C. DE MARTIN, Segreti di dominio pubblico. Il valore della conoscenza usata liberamente, in «Nova» inserto di «Sole 24 ore», 20 novembre 2008, pp. 1-2.
25 Ibidem.
XXXIV
Introduzione
ma di società civile, governi, settore privato, università e comunità tecniche) sui tanti aspetti della cosiddetta “internet governance”come, ad esempio, gestione tecnica, accesso, sicurezza, ecc... Quello dell’Igf rappresenta un esperimento pioneristico per l’ONU, sia per i contenuti che per
il metodo: la possibilità per gli addetti ai lavori di riunirsi e confrontarsi,
scambiarsi idee, progettazioni, interventi, prospettive.
In Europa, un forte impulso è stato dato nel 2008 dall’invito, che il
Parlamento Europeo ha rivolto agli stati membri, di dar vita ad iniziative regionali e nazionali. L’Italia ha mostrato sensibilità e partecipazione
tenendo, nello stesso anno a Cagliari, il primo Igf italiano, organizzato
dalla Regione Sardegna e dal Ministro per la Pubblica Amministrazione
ed Innovazione, in collaborazione con Isoc Italia26.
Invece nel 2009, a Pisa, si è tenuta la II edizione dell’Istituto
d’informatica e telematica del Cnr. Gli obiettivi del forum italiano, globalmente, sono affini a quelli dell’Igf dell’ONU: cioè riunire tutti i soggetti interessati per confrontare i vari punti di vista e, dove possibile,
trovare posizioni condivise anche allo scopo di indirizzare scelte politiche. Vi è inoltre la volontà di rafforzare la presenza del nostro paese, negli appuntamenti internazionali.
L’edizione 2010 dell’Igf Italia tenuta a Roma il 29-30 Novembre 2010,
basata sulle precedenti esperienze, ha trovato modo di espandersi, approfondendo gli scambi d’opinione per inserire l’Igf nella società civile
con lo slogan “Internet è di tutti: fai sentire la tua voce!”. Così si è inteso
di trovare il modo per organizzare incontri tematici paralleli su un qualsiasi argomento relativo ad internet.
Grazie al “passa parola” si sono ottenuti ben 21 incontri, da Trento a
Cagliari, organizzati in totale autonomia da associazioni no profit,
gruppi d’interesse, università, aziende. Gli organizzatori si sono riuniti a
Roma (30 Novembre 2010), nella sede del Cnr, insieme agli altri partecipanti dell’Igf.
Il fine che si sono proposti è quello di migliorare lo stato di internet in
Italia in vari ambiti: libertà d’espressione, micro pagamenti, social networks, digital divide. La soddisfazione dei partecipanti sarà quella di poter dire, in un prossimo futuro, che “anche l’Italia è un paese per
internet”.
ISOC Italia è la delegazione nazionale (chapter) di Internet Society e agisce
principalmente in ambito nazionale con l'obiettivo di diffondere la cultura di
Internet e di promuovere lo sviluppo della tecnologia che la sostiene. Missione di
ISOC è lo sviluppo e la diffusione universale di Internet.
26
Introduzione
XXXV
L’articolo su menzionato avvalora il leit motiv del corso di Pedagogia
generale I (A.A. 2009-2010).
Dopo il lavoro di ricerca svolto su varie fonti come: articoli di giornale, siti internet, motori di ricerca, ecc… sono stati presi in considerazione
gli elaborati d’esame degli studenti, che hanno dato il loro apporto, in
merito alla pubblicazione on line dell’opera.
Si tiene a sottolineare che i contributi apportati dai singoli partecipanti al corso “Laboratorio Makarenko”, ha permesso di spaziare attraverso
varie tematiche che hanno ampliato notevolmente il campo di ricerca
seguito per sviluppare la seguente tesi.
Tutti gli studenti hanno maturato uno spiccato interesse per la pedagogia makarenkiana con una motivazione costante ed un serio impegno
nel lavoro di approfondimento sul testo dell’autore ucraino e la scelta
della sua messa in rete.
Grazie al lavoro della studentessa Sara Amici, Segreti di dominio pubblico, si è venuti a conoscenza dell’associazione Liber Liber, che propone
la liberalizzazione simbolica dei libri in ogni punto della città. Vengono
resi noti alcuni siti internet, dove è possibile consultare il materiale relativo all’autore come:
http://www.wikipedia.org; http://www.makarenko.it;
http://www.slavia.it.
In particolare il sito di http://www.makarenko.it, introduce il ruolo
dell’Associazione italiana Makarenko, costituita nel 2006, aperta a studiosi, ricercatori, docenti universitari, insegnanti italiani e stranieri, che
si occupano dell’opera letteraria e pedagogica dell’autore.
Come sottolinea Amici:
Lo scopo di tale associazione è quello di promuovere in Italia la conoscenza
e lo studio delle esperienze pedagogiche ed educative del pedagogista ucraino,
di approfondirne i risultati sul piano storico, di verificarne il valore nel contesto
sociale attuale, di aprire un confronto con esperienze affini, nel nostro paese e
nel mondo.
Valide le riflessioni della studentessa, in merito alla decisione di pubblicare on line un libro e su tutto ciò che comporta una serie di quesiti
riguardanti i punti di vista dell’autore e del lettore. La pubblicazione in
rete fa d’altro canto sorgere dei dubbi circa la sfera economica che riguarda gli interessi dell’autore e/o eredi per le vendite mancate; pertanto
a nostro avviso è bene essere informati sulle varie problematiche prima
di inserire il Poema in rete.
XXXVI
Introduzione
Come sottolinea de Martin27, ciò ha comportato l’innalzamento (da 14
a 70) di tutela degli interessi economici, dopo la morte dell’autore. Tuttavia, può essere soddisfacente - per chi scrive un testo - il successo dovuto alla diffusione on line della propria opera e (laddove intervenga)
l’eventuale pubblicità che se ne riceve.
È evidente che i benefici sicuramente più graditi, investono il lettore.
È quest’ultimo infatti che può fruire in forma gratuita di qualsiasi libro,
economizzando anche sui tempi per la ricerca nelle librerie e l’acquisto
della forma cartacea.28
Come fa notare la studentessa Amici nel suo elaborato:
Il movimento bookcrossing, che è un’attività globale con iscritti in più di 130
paesi, sostiene da svariato tempo la “liberalizzazione” di libri in vari punti della
città. Il sito29 è stato pubblicato nel lontano aprile del 2001 e la maggior parte
degli iscritti risiede negli Usa, in sostanza sembra proprio che i libri non “conoscano frontiere”, infatti lo scopo dei fondatori è che la cultura possa divenire libera e condivisibile non manovrata da commercianti.
Liberalizzando i libri si riesce anche a seguirne il viaggio attraverso i
commenti di coloro che riescono a trovarli ed a prenderli in prestito. Interessante il modo di registrazione tramite un numero scritto su
un’etichetta incollata sulla pagina iniziale, in modo tale che la persona
che trova il testo (lasciato in treno, al bar, su una panchina) può registrare la data e il luogo in cui ha preso il libro. Questo consente di seguire il
percorso del libro “lasciato in libertà”. Dopo averlo letto può rimetterlo
in circolazione, seguendo la stessa prassi, dando modo ad altre persone
di fruirne gratuitamente.
Valido anche il progetto Liber Liber, a giudizio della studentessa, una
biblioteca telematica gratuita (progetto Manuzio), fornita anche di un archivio musicale30: una onlus non lucrativa, che ha l’intento di promuovere ogni azione artistica e intellettuale. Essa è stata costituita il 28 novembre 1994, ma operava già dal 1993 con statuto on line ed ha dato vita ad
uno dei più vivaci “bookcrossing” italiani.
DE MARTIN, Op. cit.
Art. 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo, poter accedere e
migliorare le conoscenze-competenze, senza limitazioni.
29 Fonte: http://www.bookcrossink.it [consultazione maggio 2010].
30 Liber musica.
27
28
Introduzione
XXXVII
Condivisibile l’entusiasmo provato nell’apprendere l’esistenza del
progetto su i “libri parlanti”, cioè la produzione di audio-libri letti da
volontari e scambiabili liberamente sul sito.
A tutto ciò Amici aggiunge il riferimento ad altri due progetti: Pagina
Tre e Open Alexandria. Inoltre, prosegue la studentessa:
Con Pagina Tre si è costituito un network di riviste culturali e con Open Alexandria si è progettata una nuova piattaforma per la distribuzione di contenuti
digitali, innovazione che potrebbe rivoluzionare il mondo dei contenuti liberi
da copyright.
Un’analisi ugualmente stimolante è stata condotta da Luana Arduini
la quale si è documentata sul rapporto tra best-seller ed editoria di qualità; per delucidare l’argomento si è documentata sugli interessi dei lettori
nell’acquisto della così detta “editoria di qualità”, in quanto il Poema fa
parte di questa categoria.
La studentessa ha utilizzato alcuni articoli di giornalisti che
s’interrogano su i cambiamenti del mercato editoriale odierno.
Ci fa tra l’altro notare, che dell’argomento si è interessato Giovanni
Peresson31. Secondo i dati forniti dall’AIE, prosegue:
negli ultimi 5 anni il numero dei titoli pubblicati è aumentato del 10,7%, mentre
nello stesso periodo di riferimento la tiratura media si è abbassata di 5,2 punti
percentuale32.
Il responsabile del competente ufficio dell’AIE afferma che si registra
un rapido cambiamento delle modalità d’acquisto del pubblico. Ciò che
segue ci fa riflettere: il 51% dei titoli non viene venduto in più di due copie. Tutto ciò, evidentemente, condiziona il comportamento degli editori.
Arduini riporta i seguenti dati:
Un piccolo gruppo di lettori, il 12,9%, preferisce la lettura di un libro on line;
il 54% dei potenziali lettori in libreria, per curiosità, se acquista lo fa essenzial-
31 Giovanni Peresson responsabile dell’ufficio studi di AIE (Associazione Italiana
Editori).
32 Cfr. una nota dell’elaborato di Arduini, nel suo Dossier.
XXXVIII
Introduzione
mente se viene colpito dal look visivo del libro, quindi il puntare sugli effetti
della vendita “visiva”33.
Questo fa supporre, come sottolinea Arduini, che
il libro entra in una logica on demand 34, nella quale proprio la tecnologia di
stampa digitale può rappresentare una grande opportunità andando ad affiancare e/o sopperire la stampa cartacea. Si presume che carta cartacea e stampa
digitale, nel futuro si equivarranno in termini di qualità.
Sull’argomento la studentessa cita vari articoli, come quello della
giornalista Federica Manzon35, che s’interroga sul perché la società letteraria italiana continui ad accusare il mercato di essere colpevole della
scarsa qualità delle opere in commercio. Tale fenomeno comporta il dirottamento delle scelte del pubblico verso opere note come: Gomorra di
Roberto Saviano, quelle di Stephefen King e di Umberto Eco36.
La studentessa prosegue citando l’articolo Chi difende più la qualità? di
Giorgio Van Straten, in cui il giornalista afferma che:
Oggi gli scrittori sono alla ricerca di un pubblico, ed esso è costituito da chi
compra i loro romanzi, quindi gli scrittori scrivono in base agli interessi dei lettori37.
Un successivo articolo preso in esame è quello di Enrico Franceschini
I dilemmi di internet: giornali al bivio38, che offre una chiave di lettura semplice ed efficace del mercato letterario d’oggi.
Invece internet, secondo Harold Evans39, anche lui citato da Franceschini, offre una grande opportunità ai media. L’informazione d’oggi vive in un’età dell’oro.
Ibidem.
On demand significa a richiesta.
35 F. MARZON, «Il Sole 24 ore», Il mercato letterario? Non è il diavolo, [consultato il 7
marzo 2010].
36 Fonte: http://www.bibliobarlasco.blogspot.com/201003/chi-difende-più-la qualità.html [consultato il 24 maggio 2010].
37 Fonte: http://www.bibliogarlasco.blogspot.com [consultato il 28 marzo 2010].
38 E. FRANCESCHINI, I dilemmi di internet: giornali al bivio, in «la Repubblica» [consultato il 23 maggio 2010].
39 Harold Evans già direttore del «Times» di Londra, uno dei più noti giornalisti
britannici.
33
34
Introduzione
XXXIX
Un altro interessante punto di vista è quello dei “pessimisti” come rileva Arduini, i quali affermano che il web, offrendo notizie gratis, faccia
scomparire i giornali rendendoli vaghi e privi di scientificità.
A questo punto è necessario evidenziare una sintesi dell’articolo di
Franceschini, precedentemente citato, che risulta di particolare rilevanza
a nostro avviso, per lo scopo della nostra ricerca:
Il mezzo di divulgazione dell’informazione potrebbe essere l’i-Pad, dando
alle news una nuova piattaforma di distribuzione e un modo di ricavarci un utile. Tuttavia in un futuro in cui il giornalismo esisterà prevalentemente o completamente su internet, pone alcuni problemi che non sono stati risolti. Il primo
è di ordine economico. I giornali non più solo di carta ma anche o soltanto sul
web riusciranno a generare il tipo di enorme fatturato (pubblicità, abbonamenti,
ecc…), che è stato fino ad oggi necessario per finanziare una grande azienda
giornalistica?40
Sostiene ancora il giornalista:
Il giornalismo su internet sarà sospinto inevitabilmente verso la strada della
brevità e dell’eclatante, oppure si presterà anche ad ospitare editoriali, inchieste,
reportage? In altre parole, un articolo che occupa una pagina intera su un giornale verrà letto dallo stesso numero di lettori anche sul web?41
Le domande, queste ultime e le precedenti, sono state usate come
mezzo per stimolare la riflessione dei lettori.
Bisogna affermare che la relazione di Arduini approfondisce i temi
riportando molti articoli interessanti in cui si evidenziano gli aspetti positivi e negativi di ogni tipo di pubblicazione nel web.
Successivamente riporta un articolo a cura di Stefano Salis, Uno spot
per il libro contro la crisi della lettura42. L’articolo, come si nota
dall’elaborato della studentessa, viene citato perché descrive in maniera
esaustiva l’importanza del mercato editoriale e dei libri cartacei. Esso è
stato scritto per cercare di sensibilizzare le persone all’acquisto e alla lettura dei libri tradizionali che con l’avvento di internet stanno perdendo
valore sul mercato.
Ibidem.
Ibidem.
42 S. SALIS, Uno spot per il libro contro la crisi della lettura, in «Il Sole 24 ore» [consultato il 14 maggio 2010].
40
41
XL
Introduzione
Inoltre, dello stesso giornalista, viene citato l’articolo Dr. Jekill e Mr.
Hyde, quando il romanzo è elettronico43, utilizzabile per la messa on line del
Poema pedagogico:
Detto fatto. Erano stati messi on line proprio mentre si svolgeva al Salone del
libro di Torino circa 400 titoli in formato e-book sulla più grande libreria virtuale
italiana, che in serata è giunto anche il primo libro comprato.
È di Giunti ed è un classico: The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde di Stevenson, nella traduzione di Luciana Pirè. Anche il prezzo è significativo: sul
portale il volume costa appena 2,90 €. Non a caso il costo degli e-book sarà uno
dei punti centrali intorno al quale si svilupperà il dibattito editoriale nei prossimi tempi.
Il commento della studentessa sull’articolo è calzante:
Dal momento che i lettori appaiono più interessati al nuovo media, perché il
Poema pedagogico dovrebbe restare estraneo a tutto ciò?
L’elaborato termina con un altro articolo di Massimo Novelli Il futuro
della lettura44, in cui offre una chiara delucidazione di quello che si prospetta nel mercato editoriale e l’ascesa dell’ e-book:
Non è ancora un de profundis, nel presente-futuro del libro di carta, il caro
vecchio libro i cui odori i bibliofili più appassionati amano annusare, si aggira
uno spettro, quello dell’ e-book, della digitalizzazione dell’elettronica. Quasi due
milioni di italiani del resto, si sono abituati a leggere su gli schermi, una crescita
che si è triplicata in tre anni, secondo le rilevazioni fatte dall’ Associazione Italiana Editori e dalla NielsenBookScan. Resta il fatto che è difficile dire se si tratti
di una moda oppure di una vera e propria rivoluzione che muterà il nostro modo di leggere. Al convegno della Laterza, dedicato al saggio La quarta rivoluzione. Sei lezioni su il futuro dei libri di Gino Roncaglia, non si leggono profezie ma
un invito a confrontarsi con il mondo di oggi45.
S. SALIS, Dr. Jekill e Mr. Hyde, quando il romanzo è elettronico,in «Il Sole 24 ore»
[consultato il 13 maggio 2010].
44 M. NOVELLI, Il futuro della lettura, in «la Repubblica» [consultato il 14 maggio
2010].
45 Fonte degli articoli: http://www.bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/il-futurodella-lettura.html [consultato il 22 maggio 2010].
43
Introduzione
XLI
Anche nella premessa dell’elaborato di Valentina Benvenuto, Rapporto individuale-collettivo, si parte dall’obiettivo che ci si è posti nel modulo
del corso. In merito a ciò viene citato un interessante articolo di AldoVisalberghi46 su Emulazione e dinamica di gruppo, in cui si critica lo spirito di
emulazione e l’uso tradizionale di metterlo in pratica nella scuola, con
premi ed incentivi che fungono da stimolo al profitto. Prosegue Visalberghi:
Alle radici dell’atteggiamento emulativo c’è sempre un impegno reale e la
ricerca di un modello più alto, ma stimato raggiungibile; è un atteggiamento legato alla concretezza ed all’autoaffermazione sul piano della realtà, e non ha carattere paranevrotico di pura compensazione psicologica. Emulazione si ha peraltro soltanto finché il modello sia un modello in carne ed ossa e lo si reputi
raggiungibile47.
Il pedagogista, come sottolinea la studentessa, sostiene anche che:
L’emulazione socialista di Makarenko rappresenta una brillante eccezione
resa possibile dall’autore, il maggiore esponente della pedagogia sovietica, pensiero che riflette le condizioni storico-economiche che hanno permesso la ricostruzione della vita sociale in Russia48.
D’altronde la differenza tra l’emulazione socialista e quella individualista sta nella valorizzazione o meno dei fini collettivi della ricostruzione morale e sociale dei ragazzi abbandonati.
A tale proposito, come osserva la studentessa, è urgente l’esigenza di
rendere l’opera che nasce dal collettivo, accessibile a tutti.
Ne consegue, prosegue Benvenuto, che:
la divulgazione delle ricerche ed attività che vengono svolte nelle università,
non devono rimanere “chiuse nelle aule”, quasi come se fossero materiale di élite, ma devono essere accessibili a tutti per collegare la scuola alla ricerca ed alla
vita sociale.
A. VISALBERGHI, Emulazione e dinamica di gruppo, in «Scuola e città», 30 Settembre 1953, p. 303.
47 Op. cit., pp. 304-305.
48 Op. cit., p. 306.
46
XLII
Introduzione
La riflessione, in merito ai tratti distintivi di emulazione, porta ad osservare che nel nostro team di lavoro non si è manifestata emulazione,
ma ha sempre contato un “sogno” comune: rendere accessibile il nostro
lavoro comune.
Si condivide l’opinione di Makarenko quando affermava:
La parola “sogno” non mi piace molto49.
Preferisco credere e contribuire alla realizzazione e pubblicazione del
Poema pedagogico nel web.
Adeguata, a questo punto, la citazione sulle dinamiche
dell’emulazione, riportate da Benvenuto riprese in Visalberghi nel su citato articolo50, dove l’autore riporta il pensiero del filosofo e logico Bertrand Russell, che asserisce:
Il mondo non ha bisogno di concorrenza, ma di organizzazione e di cooperazione; ogni fede nell’utilità della concorrenza è diventata un anacronismo51.
E questa, seguita la studentessa, rappresenta la prima motivazione
per cui è utile ed etico mettere un’opera in rete, per promuovere lo spirito di cooperazione della conoscenza, far conoscere tutto a tutti. Una
condivisione del sapere in maniera semplice ed accessibile ad ognuno.
Inoltre, Bertrand Russell sostiene che:
La promozione della concorrenza è un ideale di classe52.
Dopo le varie considerazioni, il dibattito che si è acceso nel gruppo di
lavoro ha sempre portato alla conclusione che l’inserimento nel web del
Poema non porterebbe alla perdita di valore dell’opera in sé, ma consentirebbe di completare il libro cartaceo, veicolandolo dalla libreria ad
internet, per rendere possibile la diffusione.
Come sostiene Umberto Eco:
A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico. A cura di N. Siciliani de Cumis. Con la
collaborazione di F. Craba, A. Hupalo, E. Konovalenko, O. Leskova, E. Mattia, B.
Paternò, A. Rybčenko, M. Ugarova e studenti dei corsi di Pedagogia generale I
nell’Università di Roma”La Sapienza” 1992-2009, Roma, L’albatros, 2009, p. 340.
50 A. VISALBERGHI, op. cit., p. 303.
51 B. RUSSELL, L’educazione e l’ordinamento sociale, in A. A. VISALBERGHI, Emulazione
e dinamica di gruppo, cit., p. 303.
52 Ibidem.
49
Introduzione
XLIII
il libro, la ruota, il cucchiaio ed altre invenzioni essenziali dell’uomo, sono delle
acquisizioni primarie che non possono essere sostituite.
I libri potranno assumere nuove forme, del tipo per esempio dei testi
on line; ma questo non sminuisce il valore di opere culturali ed educative.
In particolare Barbara Bozza cita d’altra parte l’opera di Guido Scorza53 quando sostiene che:
Negli ultimi anni la multimedialità ha sintetizzato in un solo medium lo scritto, i suoni, le parole, l’immagine statica e quella in movimento. Internet ha fatto
il resto costituendo uno straordinario serbatoio d’informazioni e contenuti eterogenei al quale chiunque può accedere con facilità, libero dai condizionamenti
tipici dei tradizionali mezzi di comunicazione. […] Biblioteche hanno iniziato a
proliferare, mettendo a dura prova la capacità dell’editoria tradizionale di assimilare il cambiamento e modificare i propri modelli di business.
In merito a ciò conclude citando Juan Carlos de Martin54:
[…] Occorre, in altre parole, favorire l’adozione di una serie di misure atte a
ristabilire un equilibrio tra la legittima tutela degli interessi degli autori e il diritto della collettività ad accedere e contribuire alla cultura, come affermato, in
maniera forse in superabile, dall’articolo 27 della Dichiarazione Universale dei
Diritti dell’Uomo.
La studentessa prosegue con un contributo sulla definizione di diritto
d’autore, citando anche un Manuale di diritto privato:
I diritti d’autore sono monopoli limitati nel tempo, permettono allo scrittore
di autorizzare, o vietare utilizzazioni della sua opera, consentendogli, se vuole,
di pretendere un compenso per la sua autorizzazione a diffonderla. Ciò gli conferisce anche diritti patrimoniali trasmissibili a terzi tramite licenza o un trasferimento di diritti (diritti di rappresentazione e di recitazione, di riproduzione,
G. SCORZA, Internet, il mercato, i consumatori e le regole, in «Consumatori, diritti e
mercato», rivista quadrimestrale diretta da F. SILVIA, Milano, 1 marzo 2010, pp. 1516.
54 J. C. DE MARTIN, op. cit.
53
XLIV
Introduzione
di diffusione, di emissione e di ritrasmissione nonché il diritto di far vedere o
udire) 55.
Inoltre, esistono anche i diritti morali d’autore, che tutelano la relazione personale dell’autore con il testo, in quanto espressione della sua
creatività e soggettività.
Per esser più precisi, prosegue Bozza,
c’è da fare una distinzione tra opere protette (testi, articoli di giornali, opere
musicali, filmati, programmi per computer, ecc…) e quelle non protette: leggi,
concetti, fascicoli di brevetti, mezzi di pagamento. La protezione del diritto
d’autore è automatica, di attua nel momento in cui si fornisce una delle prestazioni definite dalla legge, creando o rappresentando un’opera, un supporto audio visivo, ecc… per cui non è necessario osservare condizioni o formalità particolari.
Va tenuto presente che l’importante è rispettare il limite del termine
di protezione, infatti essa si estingue 70 anni dopo la morte dell’autore
(50 per i programmi per il computer, e 50 dopo l’esecuzione della relativa prestazione per i diritti di prestazione affini; trascorso il tempo su citato le opere e le prestazioni diventano a libera disposizione della collettività cioè pubbliche56).
Originale la parte del lavoro di ricerca, condotto da Bozza che si è anche soffermata sulla storia delle origini del diritto d’autore che risale al
Medioevo; in quel periodo storico le “maledizioni” inserite all’interno
degli scritti, rappresentavano una tutela per i produttori delle opere. Poi
venne creato il “privilegio di stampa”, che però era attribuito agli stampatori, quindi in quel periodo più che di diritto d’autore, si aveva il diritto sulla copia: per l’appunto l’antesignano del copyright.
Col trascorrere dei secoli, in Europa, durante l’Illuminismo, gli intellettuali dell’epoca si resero conto che era necessario proteggere le proprie opere, anche quelle artistiche, da malfattori o imitatori. Inizia così la
genesi della “dottrina della proprietà intellettuale”: chi realizza opere di
natura immateriale, ha lo stesso diritto di un artigiano sulla proprietà
Cfr. A. TORRENTE e P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, Giuffrè
Editore, 2004.
56 Fonte: http://www.urheberrecht.ch/Iheute/duh11.php?m=5&s=2 [consultato
l’11 maggio 2010].
55
Introduzione
XLV
dell’opera medesima; ciò è assimilabile a una specie di diritto morale
d’autore.
Durante l’800, Inghilterra, Francia, Prussia, ed altri paesi, stilano regole nazionali per quel che riguarda la proprietà intellettuale. Caso anomalo la Svizzera in cui inizialmente vari cantoni vanno contro la regolamentazione ma dal 1883, entra in vigore la prima legge sul diritto
d’autore.
Tra i trattati internazionali il più noto è la Convenzione di Berna (9
settembre 1886), e le successive modifiche, come l’ultima a Parigi del 24
luglio 1971. In Italia il diritto d’autore si applica nel 1942 con una legge
che in parte è, ancora oggi, vigente: “protezione del diritto d’autore e di
altri diritti connessi al suo esercizio”.
Il lavoro si completa con un paragrafo sull’attuale legislazione sul diritto d’autore e la critica alla legge in vigore e l’esempio di ottimizzazione della legge attuale, presentata il 23 giugno 2011 dal Deputato Cassinelli57 atta a modificare la legge storica del 1942.
Di compendio e di ampliamento delle tematiche, è il lavoro svolto da
Ilaria Carducci che riporta i dati di un’ intervista da lei svolta, atta a rilevare il punto di vista individuale e collettivo delle opinioni di un campione di 120 soggetti sull’utilità di pubblicare l’opera di Anton Semënovič Makarenko on line. Il campione era equiparato tra uomini e donne
suddiviso in base al parametro età in sei gruppi:
- 20 soggetti tra i 14 e i 18 anni;
- 20 soggetti tra i 19 e i 25 anni;
- 20 soggetti tra i 26 e i 35 anni;
- 20 soggetti tra i 36 e i 45 anni;
- 20 soggetti tra i 46 e i 55 anni;
- 20 soggetti tra i 56 in poi.
Data la variabilità della fascia d’età, svariati sono i punti di vista che
ci fanno comprendere i vantaggi del digitale e quelli del cartaceo; sicuramente il primo fluidifica spazialmente la lettura e dà più informazioni
conoscitive e d’approfondimento sul modus operandi dell’autore. Molti
sono quelli che mostrano apprezzamento sull’utilizzo del cartaceo, meno
stancante per gli occhi per chi ha problematiche di vista.
Prosegue Carducci, con la media complessiva su i 120 soggetti:
- 41 soggetti (di cui 20 donne e 21 uomini), preferiscono leggere un
libro on line se gli viene offerta gratuitamente la possibilità;
57Fonte: http://www.robertocassinelli.it/PDL2525.pdf [consultato il 12 maggio
2010].
XLVI
Introduzione
- 76 soggetti (di cui 41 donne e 35 uomini), nonostante l’offerta gratuita preferiscono acquistare un libro.
La variabile, a nostro avviso, era intuibile, motivata dalla differente
età cronologica del campione; i giovani si adattano facilmente alle
nuove tecnologie, le persone mature trovano maggiori difficoltà ad
adeguarsi ad esse.
Conclude la studentessa:
Rilevanti sono stati inoltre i pareri sulla pubblicazione intera o di una parte
del libro on line:
- 24 sono stati i soggetti che ritengono utile dare al lettore una versione
completa del testo, lasciando libera la scelta sull’acquisto;
- 30 sono stati i soggetti che consigliano di pubblicarne la metà se il fine è
portare il lettore a conoscere l’autore e al successivo acquisto;
- 8 sono stati i soggetti che non trovano differenze sulla questione, poiché
se il lettore è interessato in entrambi i casi compra il libro,
- 2 sono stati i soggetti che sostengono che nell’acquisto di notevole influenza è il costo del libro.
Il risultato sarà fondante e tenuto presente per il lavoro che si sta
svolgendo per la tesi specialistica.
La studentessa Eleonora Errede, invece, si è interessata di approfondire il concetto di dono, prendendo spunto da vari autori che hanno
svolto tematiche in merito all’argomento. Un interessante spunto è stato
offerto dal libro Il dono al tempo di Internet 58, che si divide in due parti:
nella prima l’antropologo Marco Aime e la sociologa Anna Cossetta, esperta di economia politica, si soffermano sulla cultura del dono, uno
dei paradigmi più studiati dalle materie in cui sono edotti, cioè un atto
che dà vita ad un legame tra gli individui che va al di là del puro scambio economico.
La seconda parte è un elenco dei vari usi di internet nel web, con finalità di scambio, di doni virtuali, e delle persone che lo usano. Di conseguenza, si pongono l’interrogativo se gli scambi in rete (social network,
free software, wikipedia, forum, ecc), siano portatori di socializzazione e se
ciò comporti ripercussioni sulle dinamiche più tradizionali sulla società
moderna.
Afferma Errede:
58
M. AIME, A. COSSETTA, Op. cit.
Introduzione
XLVII
L’evoluzione della rete era inevitabile che suscitasse l’interesse e la riflessione di vari intellettuali, infatti, in particolare gli psicologi di recente, affermano
di avere molte persone dipendenti dall’uso smoderato di facebook59.
Temi fondamentali dell’analisi dei due studiosi, prosegue la studentessa, sono: comunità, relazione, condivisione, dono. A questo punto sottolinea Errede, si pongono degli interrogativi:
Come mai un gruppo ingente di persone dedica gran parte del proprio tempo alla condivisione di saperi ed esperienze a disposizione gratuita del prossimo? Siamo passati al “do out des” al “peer to peer”?
Cossetta, su questo argomento delle relazioni di scambio, fa riferimento a Marcell Mauss, Karl Paul Polanyi, Jacques Derrida.
In particolare quest’ultimo, un noto filosofo francese, notava che
l’origine del linguaggio non è la parola detta ma quella scritta, affermazione
che oggi si potrebbe ribaltare aggiungendo “quella scritta sul computer”60.
Tornando al tema centrale, uno degli studiosi citati dalla studentessa
è Marcell Mauss, sociologo ed etnologo francese (1872-1950), che nel suo
libro sul Dono prende in esame il concetto di “mana”, così difficile da definire, ma che si potrebbe tradurre come “potenza”, una forza che è presente in tutte le forme di dono e di scambio nelle società arcaiche e di livello etnologico.
Proseguendo i suoi approfondimenti Errede, cercando di individuare
alcune forme principali di dono e di scambio in rete, sottolinea l’interesse
di Marco Aime e Anna Cossetta, si occupano anche di wikipedia in cui si
apprende come il dono non abbia a che fare con un ricevente conosciuto
e non vi sia una relazione tra donatore e ricevente. Infatti l’enciclopedia
informatica è realizzata con contributi culturali gratuiti, di volontari intenti a diffondere, o meglio donare, le conoscenze, competenze, capacità
possedute in una determinata disciplina.
Nella parte centrale dell’elaborato, si citano, oltre a wikipedia, altre
forme di dono e di scambio in rete, come il free software, open source, i social network come face book o twitter, ormai fruiti da milioni di persone
che a volte si riempino di doni gratuiti, colmando il vuoto della vita mo59
60
Facebook è un social network.
Cfr. J. DERRIDA, La scrittura e la differenza,Torino, Einaudi, 1967.
XLVIII
Introduzione
derna e dando ad essa un nuovo senso: nello scambiare si cede qualcosa
(file sharing), ottenendo altro.
Del resto, come affermano i medesimi autori:
Con la rete saltano i confini spazio-culturali che determinano territori, culture, società.
Ci si pone un altro enigma, afferma la studentessa:
La virtualità quanto è autentica alla realtà della relazione “face to face”?
Prosegue:
La risposta fornita nel libro è ambivalente. Da una parte vale la considerazione di Benedict Anderson, per cui la maggior parte delle comunicazioni in rete dalla ristretta cerchia del vicinato a facebook sono immaginate, dunque reali
o virtuali che siano, appaiono simili. Dall’altro la logica del sono disinteressato,
che soggiace allo scambio internet, ha come sfondo i grandi network.
Come sottolinea G. Lovink:
Lo spazio è ciberg, per questo, da un lato internet è considerato come la
nuova frontiera della comunicazione generatrice di comunità virtuali, dall’altro
la rete è accusata da alcuni critici, di spingere gli utenti all’isolamento socio fisico che rende inefficaci i normali canali di comunicazione, riducendo l’individuo
ad una dimensione sempre più solipsistica61.
Concludendo, afferma Errede, salta fuori un altro aspetto positivo,
che è quello di poter leggere e stampare immediatamente solo le parti
più interessanti di determinati argomenti; di contro è sicuramente penalizzante, a livello economico, acquistare un libro, per poi fruire solo di
alcuni capitoli per particolari esigenze di studio, come può accadere agli
studenti.
Sicuramente quella telematica è la via più sollecitante rispetto ai tradizionali mezzi d’istruzione-informazione.
Nel contributo successivo di Anna Lamboglia, traspare
un’importante osservazione sull’opera di Makarenko, dove la medesima
afferma che:
61
G. LOVINK, Zero Comments Teoria critica di Internet, Milano, Mondadori, 2008.
Introduzione
XLIX
Essa ha la forza di raffigurare un contesto storico e culturale in cui è viva
l’esigenza di connettere il processo educativo all’evoluzione della società.
Prosegue:
Nonostante il grande valore pedagogico e sociale dell’opera, spesso non
viene riconosciuta per le sue peculiarità, comprese invece e valutate dal Professore Siciliani, che ha avuto l’intuizione di rendere il Poema pedagogico maggiormente accessibile, tramite il web.
Nella seconda parte del suo elaborato Lambroglia, come la studentessa Errede, si sofferma sul concetto di dono citando l’opera di Marco Aime
e Anna Cossetta, che hanno elaborato il testo Il dono al tempo di Internet.
Novità invece rappresenta la parte dedicata a L’educazione di massa e le
industrie culturali e la parte dedicata al lessico della rete, in cui sono
spiegate parole chiave come: copyright, forum, file sarin, chat, ecc..
Per il primo argomento cita L’educazione impensabile, di Paolo Perticari, docente di Pedagogia generale e Filosofia della formazione
all’Università di Bergamo, che si interessa di mettere in evidenza la questione delle industrie culturali. Infatti, afferma il docente, il consumo
culturale è metodicamente massificato, e così spiega tale affermazione:
Ogni giorno, milioni di persone si connettono simultaneamente agli stessi
programmi televisivi, radio e giochi elettronici, ciò ha conseguenze sul desiderio e sulle coscienze dei soggetti, in cui le minacce contro le capacità intellettuali, d’apprendimento, affettive ed estetiche dell’intera umanità sfumano, davanti
all’illusione del trionfo dell’individuo. […] Tutto sembra seguire una pianificazione, un modello elaborato per l’uomo dalle industrie culturali e dalle attività
produttive: turismo, tv, multimedia, wifi, high-tech, happy hours, moda, sport,
ecc… tanto che il tempo libero sembra essere l’oggetto privilegiato del capitalismo. Queste attività non hanno la funzione di liberare il tempo individuale, ma
al contrario di controllarlo per massificarlo al massimo attraverso gli strumenti
di una nuova servitù volontaria, che dà vita a società di controllo 62.
62 Vd. P. PERTICARI, L’educazione impensabile, Apprendere per difetto nella rete globale,
Bergamo, Elèuthera, 2007.
L
Introduzione
Il lavoro si conclude con un’asserzione critica della studentessa circa
un’obiezione che potrebbe scaturire dalla messa in rete dell’opera di
Makarenko:
Non si deve incrementare il consumo che massifica gli uomini e che fa diventare opere di estrema importanza dei semplici best seller, ovvero libri di
grande successo commerciale che attraverso i mass media e le varie forme di
pubblicità, permettono la diffusione rapida dell’opera. Sicuramente il Poema
pedagogico non rientra in tali categorie e ciò non è un male, anzi conferma
l’idea che leggere debba essere un atto completamente volontario, senza condizionamenti esterni, fonte di cultura, arricchimento personale e non necessariamente fonte di guadagno per qualcuno.
La studentessa Doriana Maggi, nel suo elaborato, specifica i procedimenti delle vie telematiche che espandono sempre più il loro dominio,
riducendo i tempi di chi se ne serve.
Interessante è l’uso della digitalizzazione dei libri fuori commercio attuata dal motore di ricerca Google; in particolare si sofferma a spiegare
che essi sono quei testi che, per decisione dell’autore, vengono ritirarli
dal commercio o se esauriti si ritiene di non doverli ristampare.
Dopo vari passaggi è entrata in campo la Google editions che, dopo
alcune indicazioni, fa scaricare un libro, in corso di stampa o fuori commercio nell’edizione cartacea, direttamente su uno dei vari supporti tecnologici (computer, Sony bookreader).
Invece il sistema Google book sta catalogando tutti i libri del mondo,
antichi e/o nuovi al fine di leggerli direttamente e sfogliarli sul proprio
computer. Si scopre anche che possono essere scaricati i libri sui quali è
scaduto il diritto d’autore o non c’è mai stato, ovviamente in formato
pdf o in formato “solo testo”.
Calzante è l’esempio citato che la Divina Commedia di Dante Alighieri
appare tra i testi già scaricabili, in quanto il download è libero, inoltre i
possessori di e-book possono scaricare i libri in formato EPUB, gratuitamente63.
Fonte: http://www.wikipedia.org/wiki/libri_fuori_catalogo [consultato il 16
aprile2010];
http://www.guide.supereva.it/biblioteche/interventi/2001/10/70679.shtml [consultato il 16 aprile 2010].
63
Introduzione
LI
Successivamente la su citata, riporta il percorso da seguire su Google
books per scaricare libri che potrebbe farci da guida64 come contributo
per il nostro lavoro.
Interessante è apprendere dall’elaborato di Maggi, notizie
sull’accordo che google ha stilato con autori ed editori americani, per cui
il colosso di Mountain View può digitalizzare tutti i libri fuori commercio del mercato statunitense. Da cinque anni vengono inseriti on line le
copie di molti testi posseduti da varie biblioteche (circa 7 milioni di copie digitali), accessibili su internet tramite Book search, anche se alcuni
sono coperti da diritto d’autore, altri no. Tale evento, come è facilmente
intuibile, ha portato all’indizione di cause in tribunale da parte delle associazioni degli editori americani, che accusano la società di creare un
mercato del libro on line monopolista ed economicamente dannoso per
le aziende del settore librario.
Afferma Maggi nel suo elaborato:
Conclusosi a novembre con accordo extragiudiziale tra le parti, andranno a
google i benefici economici derivanti dalla lettura, vendita, pubblicità, licenze et
alia. In compenso l’azienda dovrà versare circa 60 dollari per ogni titolo già on
line65. Comunque google non si arrende e seguiterà a portare la cultura in rete,
si dice anche che la famosa biblioteca nazionale di Francia, tra le più importanti
d’Europa e del mondo, potrebbe affidare a google la digitalizzazione di circa 14
milioni di libri.
Dai dati presi in esame dalla medesima, l’idea di google di pubblicare
su internet le opere fuori commercio presenti nel mondo, ha trovato la
maggior parte degli enti sfavorevoli all’iniziativa, bassa la percentuale di
quelli che hanno dato un’opinione positiva; per la qualcosa il motore di
ricerca dovrà ben esplicitare all’ Unione Europea, i punti dell’accordo
effettuato in precedenza con il sindacato Authors’ Guild e l’Association
of America Pubblishers.
Invece grandi gruppi del mercato di internet evidenziano alle autorità
il rischio di abuso di una posizione dominante, tra esse compaiono A-
64
65
Fonte: http://www.navigaweb.net/2009 [consultato il 16 aprile 2010].
Fonte: http://www.navigaweb.net/2009 [consultato il 16 aprile 2010].
LII
Introduzione
mazon, Microsoft e Yahoo. A tutto ciò va aggiunta infine l’arrivo, come
compare nel sito66, della
versione beta di Live Search Books della microsoft, che seguendo le orme di
Google, ha lanciato il suo progetto personale di digitalizzazione dei libri non
coperti da copyright, offerti dalla British Library, dell’Università della California e dell’Università di Toronto.
Peraltro nell’elaborato della studentessa, si sottolinea che vari editori
italiani non condividono il progetto di Google Books, e si sono attivati
per inviare le loro osservazioni alla corte di New York che è in grado di
decidere sulla Class action circa i diritti d’autore. Successivamente l’ Aie
ha effettuato delle ricerche sul database di Google per controllare se i libri considerati fuori commercio fossero realmente tali ed ha scoperto che
c’è un errore di circa l’80% del database.
Prosegue Maggi:
La percentuale aumenta nelle varie opere di autori italiani come Camilleri,
Calvino, Bassani, Eco, Fallaci e Pavese. L’errore aumenta per i classici del ‘900
italiano rispetto ai best seller di oggi, protetti da contratti migliori.
Corposo l’elaborato di Antonio Mantico, che inizialmente amplia i
temi precedentemente affrontati in questo testo, dando notizie interessanti sulle nozioni di pubblico dominio e sul copyright, elencando i
principi essenziali per la comprensione del termine, come si evidenziano
nel manifesto del pubblico dominio67.
Il lavoro è servito a far comprendere se è possibile inserire il Poema
pedagogico come opera di un dominio globale, onde poterla pubblicare su
internet. A tale proposito, afferma il su citato che:
Bisogna tener presente che l’opera di Makarenko ha perso i diritti d’autore
in quanto il pedagogista ucraino, deceduto l’1 marzo 1939, ha raggiunto
“l’eccezione temporanea” dei settant’anni dalla morte, quindi ogni diritto decade.
Fonte: http://www.booksblog.it/post/1064/microsoft-live-la-digitalizzazionedei-libri-rivale-di-google [consultato il 16 aprile 2010].
67 Fonte: http://www.pubblicdomanifesto.org/italian [consultato il 16 aprile
2010].
66
Introduzione
LIII
Dato importantissimo per la nostra ricerca e per la sicurezza di compiere un atto legale nel volerla pubblicare, è la conclusione che si ricava
dall’esperienza del sondaggio svolto dallo studente, che ci erudisce in
merito a quanto ha appreso consultando la lista stilata dalla OpenKnowledge Foundation68, dove compare il testo Poema pedagogico.
Inoltre ha osservato che il concetto di pubblico dominio potrebbe definirsi come l’acronimo di collettivo, per cui il tema tanto caro al pedagogista ucraino, si lega totalmente a tutto quello su riportato.
Proseguendo, la seconda tappa della ricerca di Mantico, è la parte che
viene riportata sulla lettura dell’articolo del giornalista Francesco Borgonovo, ripreso nel quotidiano «Libero»69, dove sinteticamente viene descritto l’accordo tra il motore di ricerca Google ed il Ministero per i Beni
e le Attività Culturali che prevede, entro i prossimi due anni, la digitalizzazione e la messa in rete di un milione di opere, non coperte da copyright delle biblioteche nazionali di Roma e Firenze.
Google si accollerà l’intera spesa e l’operazione sarà organizzata nei
punti di skanning all’interno delle su menzionate biblioteche, al fine di
permettere alla molteplicità di utenti sparsi nel mondo di scaricare sul
proprio pc o l’e-book, le varie opere in forma integrale.
Non accontentandosi delle su esposte informazioni, lo studente ha
seguitato ad approfondire la ricerca, consultando articoli di altri quotidiani. In essi si trovano espressioni di disapprovazione verso il progetto,
in particolare un blog70 che riporta con toni molto accesi gli esiti del patto
tra l’Italia e Google.
Vengono elencati i progetti affini a quello analizzato, proposti
all’Italia senza nessuna pubblicità. I progetti riportati nelle note dello
studenti sono:
Progetto Gutenberg conosciuto anche con l’acronimo PG e in Italia come
“Progetto Gutenberg”, è un’iniziativa avviata da Michael Hart, nel 1971 con
l’obiettivo di costituire una biblioteca di8 versioni elettroniche liberamente riproducibili di libri stampati, oggi chiamati e-Book. Tale progetto è la più antica
iniziativa del settore. Negli ultimi anni il progetto ha potuto avvalersi di
internet e, ad agosto 2007, vantava nella propria collezione ventiduemila libri.
Ibidem
F. BORGONOVO, Accordo storico Google. C’è la firma: tutti i classici scritturati da
internet, in «Libero»,11 marzo 2010, p. 36.
70 Fonte: http://www.fcvg.it/?p=476 [consultato il 16 aprile 2010].
68
69
LIV
Introduzione
A seguire, il Progetto Gallica, presente dal 1997, è
la biblioteca digitale della Bibliothèque nationale de France che rende accessibili
libri digitalizzati, cartulari, periodici, fotografie e una collezione di manoscritti e
miniature.
L’europeana dal 2008 riguarda:
una biblioteca digitale europea che riunisce contributi già digitalizzati da diverse istituzioni dei ventisette paesi membri dell‘UE in ventitre lingue.
Ed infine l’italianissimo LiberLiber:
un’organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS) che ha per scopo la
promozione dell’accesso libero alla cultura. È stata fondata il 28 novembre 1994
da Marco Calvo (Presidente), Gino Roncaglia, Paolo Barberi, Fabio Ciotti e Marco Zela; al progetto aderisce un gran numero di volontari.
Risulta che Liber Liber dal 1993 porta avanti il Progetto Manuzio71,
che è, come si può leggere nella nota dello studente
una biblioteca digitale ad accesso gratuito, che prende il nome dal tipografo rinascimentale Aldo Manuzio, che contiene previa autorizzazione dei detentori
dei diritti d’autore centinaia di testi come classici della letteratura italiana e alcune opere contemporanee.
Secondo il parere del medesimo,
Il Progetto Google risulta maggiormente allettante di internet, facilmente accessibile da tutti, mentre gli altri progetti registrano minore utenza.
Si sofferma anche sui motivi per cui il pedagogista ucraino è conosciuto come il “pedagogista della prospettiva”:
Biblioteca digitale ad accesso gratuito, che prende il nome dal tipografo rinascimentale Aldo Manuzio, che contiene previa autorizzazione dei detentori dei diritti d’autore centinaia di testi come classici della letteratura italiana e alcune opere
contemporanee.
71
Introduzione
LV
per la sua apertura all’avvenire, al futuro; in quanto ha impostato il suo testo come opera pedagogica-narrativa in cui esplicita il vissuto del popolo, le
speranze, le passioni e le paure.
Si riscontrano anche immagini figurate che riprendono le tematiche della
crescita, del cambiamento, della metamorfosi, attraverso un viaggio spaziotemporale, con prove e riprove, tentativi, errori, soluzioni, fondate su un atteggiamento profondamente critico ben distinto dai filoni pedagogici
dell’educazione classica.
Continua Mantico:
Si parla di un romanzo di formazione, in quanto la storia narrata comporta il
cambiamento dei personaggi, che si sviluppa non solo singolarmente, ma anche
collettivamente.
Si sofferma poi sul motivo per il quale si svolge il passaggio da opera
letteraria a classica, citando l’analisi svolta dal docente Siciliani de Cumis sul significato intrinseco del concetto di “classico”72:
Esiste, in ogni opera “classica”, una forte valenza pedagogica e didattica che deriva dalla formazione dell’autore; questo fa si che chiunque legga un “classico”
(o non “classico”) ha la possibilità di acquisire quel valore pedagogico che
l’autore ha tentato di proporre, implicitamente, nel testo 73. Tale concetto risulta
fondamentale in quanto, a mio avviso, fa capire come un “classico” può formare, anche implicitamente il lettore. Un testo (“classico” o non che sia) ha una
“forza” pedagogica tale che sembrerebbe quasi rischioso categorizzare cosi nettamente un’opera da un’altra. In fondo, la scelta di leggere un testo piuttosto
che un altro dipende dalla propria formazione e dal percorso pedagogico che si
vuole seguire. Ognuno di noi può definire se una determina opera risulta “classica”.
Il saggio continua con una critica ad alcune posizioni, che Siciliani de
Cumis definisce
N. SICILIANI DE CUMIS, Insegnare i “classici” della filosofia contemporanea, in
L’educazione dell’uomo completo. Scritti in onore di Mario Alighiero Manacorda. A cura di
A. Semeraro, Scandicci (Fi), La Nuova Italia, 2001.
73 Ivi, pp. 73-74.
72
LVI
Introduzione
estreme, che tentano di “etichettare” un’opera come “classica” 74: si inizia con la
critica alla posizione eurocentrica, che risulta troppo elitaria, selettiva, accessibile a pochi, in quanto si citano (e si studiano) solo le opere che risultano radicate
nelle cultura nostrana, evitando il confronto con opere che risultano culturalmente lontane dal nostro pensiero “europeo”; la seconda posizione criticata è
quella “libertaria” che definisce classica qualsiasi opera scritta e l’ultima corrente ripresa è quella “poetica”, la corrente di Calvino che afferma ‹‹cos’è un classico? è un autore che non smette mai di dirci qualcosa; un classico è un libro che
non ha mai finito di dire quello che ha da dire›› 75.
Viene anche specificato il punto di vista di Siciliani, il giudizio critico
sulla su citata posizione che per lui appare troppo indeterminata, È evidente che un punto di vista ha sempre un obiettivo e uno scopo da perseguire, come ad esempio, stimolare un apparato critico nella mente del
lettore. Con un testo, è ovvio che lo scrittore esplicita il suo punto di vista, e per farlo usa tutti i mezzi più consoni.
Inoltre c’è un collegamento tra la scelta del “classico” e i programmi
di studio svolti nel percorso scolastico, alla cultura dell’insegnante e alle
scelte personali del lettore ma fondamentale è non procedere nella scelta
contrapponendo gli autori tra loro.
Segue Mantico:
Ovviamente un ruolo importante lo svolgono anche gli editori e gli autori
che posseggono una propria formazione culturale.
Circa il Poema, secondo il pensiero dello studente, è esatta la concezione di considerare un “classico” il Poema pedagogico, dotato di tematiche “universali”, che sono attuali nella società odierna.
Inoltre, fa riferimento a una citazione di un maestro elementare (dal
1975) Marco Rossi Doria76: elogia l’opera in quanto il contenuto di essa ci
riguarda ancora, mettendo in evidenza il che fare, il come poter concretamente affrontare le problematiche dei ragazzi socio svantaggiati, senza
guida né supporto educativo da parte dell’adulto.
Conclude affermando che ritiene pedagogicamente valida la proposta
del professore Siciliani de Cumis di inserire on line l’opera makarenkiana, azione che contribuirebbe a rendere il testo maggiormente collettivo
Ivi, pp. 74-75.
ibidem.
76 Cfr. una nota dell’elaborato dello studente Antonio Mantico, nel suo Dossier.
74
75
Introduzione
LVII
ed universale per la possibilità di essere visionato da una moltitudine di
interessati.
Nella relazione della studentessa Valeria Negri sono ripresi i temi
precedentemente affrontati in questo elaborato, quali: i segreti di dominio pubblico, il punto di vista di Juan Carlos de Martin.
Risulta calzante la citazione di Victor Hugo:
Il libro, in quanto libro, appartiene all’autore, ma in quanto pensiero appartiene – senza volere esagerare – al genere umano. Tutti gli intelletti ne hanno
diritto77.
Inoltre cita Open content, Creative Commons e Open source, come si appare nell’indirizzo esplicitato nella nota del suo elaborato:
http://www.indizio.it/open_source.pdf
Dei software che possono costituire un efficace strumento di garanzia del libero accesso alla conoscenza e una sua più democratica diffusione globale;
pubblicare sul web il Poema pedagogico rientra nel discorso di condivisione del
sapere, rimanendo al di fuori dei meri scopi economici.
La studentessa Alessia Pacchera ha svolto un lavoro in collaborazione
con la collega Eleonora Errede, per cui i temi affrontati sono affini: concetto di dono come scambio in rete, consultando anch’essa il libro di
Aime e Cossetta78.
Entrambe sottolineano la possibilità della messa nel web il Poema in
modo gratuito e fruibile.
La studentessa Romina Robibero, nel suo elaborato, cita una lettera di
Don Lorenzo Milani, ripresa dal testo Saper dominare le parole79, dalla
quale trae spunto per affermare che l’esigenza di mettere in rete il Poema
pedagogico scaturisce da una necessità strettamente pedagogica, in quanto non sono attualmente diffuse le copie cartacee di esso.
Tra le varie opinioni contrarie e favorevoli all’editoria on line, afferma la studentessa, c’è chi nell’ambiente digitale, ha scoperto il proprio
77
78
V. HUGO, Discorso d’apertura al Congresso letterario internazionale,1878.
Cfr. una nota dell’elaborato della studentessa Alessia Pacchera, nel suo Dos-
sier.
79
sier.
Cfr. una nota dell’elaborato della studentessa Romina Robibero, nel suo Dos-
LVIII
Introduzione
pubblico come Dylon Horrocks amato per i suoi comics e l’opera Hicksville, che è ormai un colossal.
Secondo le parole riportate dalla su menzionata studiosa, l’artista e
autore sostiene che:
Internet offre opportunità senza precedenti affinché si crei un nuovo pubblico che la logistica dell’editoria tradizionale ha reso impossibile 80.
Proseguendo nell’analisi dei vari contributi prodotti dagli studenti
del team, l’elaborato di Caterina Saccomanno illustra il percorso e lo sviluppo dell’ e-book, partendo dalla genesi del medesimo.
Precisa che non è facile individuare l’esatta cronologia dell’evento
della genesi di tale tecnologia che probabilmente risale alla nascita del
web, dove attraverso Google si può trovare “il mondo intero”ed ogni
evento importante.
Numerosi volontari hanno trascritto con adeguati softwares libri freeware, scaricabili senza costi aggiunti; da ciò, forse è iniziata la diffusione
del libro on line.
Fa notare Saccomanno:
Ci sono dei casi in cui viene messo in rete un libro mentre viene distribuito
nelle librerie. La storia dell’e-book ha origine intorno alla fine degli anni ’90, in
seguito all’affermazione dei siti commerciali per la vendita di libri (cartacei) on
line, i quali iniziarono ad offrire ai propri clienti, contemporaneamente alle librerie, versione cartacea e quella digitalizzata dei libri in uscita. Secondo alcuni,
l’idea del libro elettronico è nata insieme a quella del personal computer, partorita dalla fervida mente dell’informatico statunitense Alan Kay.
Prosegue nel dire la studentessa, che un passo successivo nella storia
dell’e-book è rappresentato dall’interesse per trasformare i testi letterari
in testi elettronici, secondo gli obiettivi del Progetto Guttenberg, come
già trattato in precedenza.
Importanti delucidazione, vengono riportate sul programma per dispositivi mobili, in particolare i telefonini, che supportano la tecnologia
Java Midp 2.0, utilizza con l’m-book; esso rappresenta un nuovo concetto di lettura: il telefonino si trasforma in un lettore di testi, tutto potrà
essere trasferito sul proprio cellulare.
Tiene a precisare Saccomanno:
80
Ibidem.
Introduzione
LIX
L’m-book a differenza di un programma per il computer, che è organizzato
per finestre, usa le “viste”, cioè tutto quello visualizzato sul display del cellulare. Le viste più importante dell’m-book sono: vista testo, vista immagini, vista
menù e vista impostazioni81.
Questa novità, a mio avviso, rappresenta un’ulteriore mezzo di comunicazione utile per diffondere l’opera di Makarenko da parte dei giovani, che sicuramente si sentono più adeguati all’uso di tecnologie informative per allargare i confini delle loro conoscenze/competenze, piuttosto che al tradizionale libro cartaceo.
Interessante, tornando al lavoro della studentessa su citata, la ricerca
condotta sul fenomeno dei keitai shosetsu, ovvero del nuovo movimento
letterario giapponese, sviluppatesi nell’ultimo decennio.
Il termine tradotto significa “romanzi per il cellulare”, ossia di quei
romanzi virtuali che vengono letti e anche scritti sullo schermo del proprio telefonino da giovani autori amatoriali, che con semplicità narrano
esperienze di vita sociale.
I best seller vengono poi pubblicati in forma cartacea, quindi rappresentano l’inverso del procedimento delle altre forme di pubblicazione in
rete.
Nelle conclusioni la studentessa riporta un sollecitante articolo di Fabio Di Gianmarco, dal quale appare, ancora una volta, l’evoluzione continua della nostra società da un punto di vista tecnologico.
Il giornalista si pone un quesito:
Chi vincerà la lotta tra e-book e libro cartaceo? L’opinione della gente è divisa: c’è chi non sa rinunciare al piacere di un buon libro sul comodino, e chi apprezza le sfaccettature, nonché la leggerezza di quello tecnologico, che è quello
che riflette meglio il mondo attuale. Un mondo fatto di i-pod, un film a 3D e di
play station portatile.
Al contrario, il libro cartaceo non è soltanto l’insieme di fogli rilegati da una
copertina, esso può essere un passatempo, certo, ma anche un qualcosa in grado
di farci ridere, commuovere, pensare e sognare.
Nell’esaminare l’elaborato di Federica Saraceni, si riscontra una tematica sollecitante, per la pubblicazione del Poema pedagogico, in quanto
81http://www.lswn.it/tecnologie/articoli/m_book_libri_e_documenti_a_portata_d
i_cellulare [consultato nel mese di aprile 2010].
LX
Introduzione
tratta della legittimità giuridica che completa le notizie fornite sul copyright presenti nell’elaborato di Barbara Bozza.
Anche qui viene citato l’articolo ripreso da «Il Sole 24 ore» di Juan
Carlos de Martin82.
Per ampliare l’informazione sul tema la su citata collega, ha preso
delle informazioni da un deputato in pensione, dal quale ha appreso che
nell’anno ’96-’01, nel governo retto dal centro sinistra, ci fu una diatriba
contro gli inasprimenti penali a tutela dei monopoli nell’utilizzo delle
opere e a danno del pubblico dominio (Legge 633/41 del 1941 e successive modifiche/aggiornamenti, su i “diritti d’autore” e “SIAE”), che alla
fine ha portato all’approvazione della Legge 18 agosto 2000.
Nell’elaborato viene riferita anche l’opinione del deputato:
Riconoscere un compenso all’autore di opere dell’ingegno (arti figurative,
letteratura, scienze, musica, cinema, ecc…), mi sembra non solo giusto ma anche necessario per lo sviluppo della cultura. Quello che non mi sembra giusto è
l’esagerazione della tutela degli interessi patrimoniali connessi alle opere
dell’ingegno che in realtà, sotto le mentite o enfatizzate spoglie della tutela
dell’autore, persegue la tutela dei profitti dell’industria culturale. […] Ma che
non sia l’interesse degli autori a preoccupare il legislatore è dimostrato anche
dal fatto che questi reati sono perseguibili d’ufficio, cioè anche nel caso in cui
non ne subisca alcun danno e non se ne lamenti con una querela 83.
Poi Saraceni fornisce notizie in merito al giudice Gennaro Francione84,
che ha introdotto una teoria innovativa per quel che concerne il diritto
d’autore, in chiave nettamente anticopyright, come esplicitato nel suo libro E io giudice vi spiego perché lo combatto.
In esso si rileva tutta la coerenza del suo pensiero, in quanto nel 2001
assolve quattro venditori di cd contraffatti per “stato di necessità” (fame) e da lì nacque il nome anticopyright coniato dal giudice.
Prosegue, un commento del deputato:
Cfr. J. C. DE MARTIN, op. cit.
G. FRANCIONE, E io giudice vi spiego perché combatto, in «Gli Altri», senza data.
84 Gennaro Francione giudice, scrittore, attore, registra teatrale, saggista, pittore e
inoltre Consigliere di Corte di Cassazione, giudice presso il Tribunale penale di
Roma, membro del comitato scientifico del Centro Studi Informatica Giuridica di
Firenze. Cfr. una nota dell’elaborato della studentessa Federica Saraceni, nel suo
Dossier.
82
83
Introduzione
LXI
La sentenza di Francione, è certamente una bella testimonianza della coscienza di un giudice che non si arrende alle iniquità di una legge. Ha saputo
farlo ricorrendo ad un istituto (“lo stato di necessità”), che consente di dire, che
non sempre si può essere puniti per un reato di lieve entità commesso per procurarsi il proprio sostentamento85.
Continua il deputato:
Se la sentenza è stata impugnata e riformata nei gradi successivi di giudizio
che autorizzerebbero ad affermare che la giustizia italiana ha definitivamente
riconosciuto che l’esigenza di sopravvivenza di un uomo, meriti maggior tutela
del bollino SIAE. Peraltro il giudice sostiene che “l’opera non sia dell’autore ma
dell’Umanità”.
Per questo, sostiene la studentessa, il giudice ha deciso di andare oltre le Creative Commons, ossia una via di mezzo tra “Full-copyright” e
“Pubblic domain”, come viene delucidato nella nota del suo elaborato,
che sono comunque sottoposte alla volontà dell’autore che potrebbe anche non rilasciarle e intendere l’anticopyright come imposizione
all’autore della diffusione libera e gratuita delle sue opere nella Cyberteca Universale.
Saraceni conclude, affermando, oltre le notizie circa la legittimità giuridica:
Nel mettere in rete il Poema, c’è anche una valenza/legittimazione pedagogica, sociale, culturale essendo il l’opera assimilabile a un “romanzo d’infanzia”
che tutti dovrebbero avere l’opportunità di leggere.
Nell’elaborato di Martina Scriboni, Spunti di riflessione, colpisce la frase iniziale: «Dobbiamo digitalizzare e democratizzare», che ci riporta al
testo di Robert Darton86, in cui si sottolinea l’acmè che sta da qualche
tempo vivendo il web. Tuttavia con un adeguato flash-back cita le nostalgiche parole dello scrittore americano Morley sul valore del libro cartaceo:
Quando si vende un libro a una persona, non gli si vendono soltanto dodici
once di carta, con inchiostro e colla, gli si vende un’intera nuova vita. Amore,
85
86
Ibidem.
R. DARTON, Il futuro del libro. Trad. di A. Bottini, Milano, Adelphi, 2011.
LXII
Introduzione
amicizia e navi in mare di notte; c’è tutto il cielo e la terra in un libro, in un vero
libro.
Chi non accetta le innovazioni tecnologiche, infatti, rimane abbarbicato al vecchio e tradizionale libro stampato. Se anche riconosce i vantaggi
delle consultazioni nel web, tuttavia resta convinto:
Il libro è un mondo che può essere assaporato pagina dopo pagina liberando
pensieri e fantasie personali.
In realtà, prosegue la studentessa:
Nessuno vuole abbattere il valore rappresentato per secoli dalla carta stampata, si vuole però porre un freno al progredire della scienza e della tecnica, un
connubio tra l’universo analogico e quello digitale, è possibile anzi auspicabile.
Il lavoro del laboratorio sul Poema pedagogico non vuole sostituire il
testo cartaceo ma facilitare l’apprendimento e la conoscenza come un
mezzo più veloce e pratico, ad un pubblico più vasto.
Si condivide il pensiero di Scriboni in quanto afferma che, nonostante la sua ambientazione nell’URSS degli anni ’20-’30, il Poema è ancora
un’opera attuale, un romanzo dei nostri giorni, con alta valenza pedagogica ed educativa. In particolare, si ha modo di accrescere le conoscenze
e competenze, sia approfondendo le tematiche, sia realizzando la messa
in rete dei materiali, arricchendo intellettualmente i fruitori che usano la
rete come mezzo di studio e di ricerca.
La stessa Scriboni, riporta un pensiero del professore Siciliani de Cumis che afferma:
L’opera è un racconto di una crescita; è un racconto «“di formazione”, per
ciò che esso riesce ad esprimere e a far esprimere in fatto di infanzia». È un romanzo di educazione tuttora in fieri, sia come risultato storiografico e poeticoletterario aperto, sia come efficace strumento pratico-educativo tutt’altro che
superato, ed ancor ricco, se mai, di vitali nervature e determinazioni formative87.
Ciò è l’avvio alla creazione di future biblioteche digitali come quella
denominata Google Book Search. Anche se secondo Robert Darton
87
Cfr. elaborato Martina Scriboni.
Introduzione
LXIII
Google è un’azienda commerciale, il cui fine principale è il profitto. Le biblioteche sono state create per fornire libri ai lettori, libri ed altri materiali, alcuni di questi in formato digitale88.
Nonostante questa problematica che costituirebbe un aspetto negativo creando un probabile - eventuale monopolio per l’accesso alle informazioni, non si può impedire ad un pubblico eterogeneo di avvicinarsi
in maniera gratuita ad un testo dall’altissima valenza pedagogica, quale
il Poema pedagogico.
Si ritiene interessante quest’altra osservazione:
A riprova dell’infinito potenziale insito nelle nuove tecnologie, come mette
in evidenza la su menzionata, è l’opinione del Premio Nobel per la pace 2006
Muhammad Yunus, denominato “il banchiere dei poveri”, che dedica un intero
capitolo del suo libro89 alla dimostrazione di quanto i nuovi strumenti
d’informazione di massa, stiamo trasformando lo stato, la scuola, il mondo.
Importante è il pensiero di Muhammad Yunus, direttore del Dipartimento di Economia dell’Università di Chittagong, (Bangladesh), che sostiene:
La nuova società che sta sorgendo da questa rivoluzione tecnologica non si
caratterizza tanto per un elevato tasso d’incremento del Pil o per le grandi fortune che alcune imprese o i loro imprenditori hanno accumulato grazie ad essa.
La vera, irripetibile caratteristica delle nuove tecnologie sta nella loro capacità
di creare nuove relazioni tra le persone, una trasformazione destinata ad avere
un impatto profondo sull’esistenza dei poveri, e soprattutto su quella delle
donne e dei bambini90.
In sostanza, ad internet non servono intermediari, il web è diventato
una specie di “amplificatore” di quello che è il pensiero della gente comune senza gravare eccessivamente su i costi.
Tuttavia incisiva è la riflessione presente nel Banchiere dei poveri, sul
fatto che:
R. DARNTON, op. cit., pp. 65-66.
M. YUNUS, Un mondo senza povertà. Con la collaborazione di K. Weber. Trad. di
P. Anelli, Milano, 2008.
90 Ivi, p. 193.
88
89
LXIV
Introduzione
la tecnologia, se non gestita bene, può rilevarsi una pericolosa arma a doppio
taglio: solo attraverso uno sforzo globale, comune e coerente, nell’utilizzo dei
mezzi informatici gli esseri umani potranno invertire questa tendenza negativa.
Bisogna lavorare in modo che il «terminale informatico diventi un amico, una guida, un insegnante, un filosofo et alia, ovvero un mezzo dell’uomo per l’uomo»91.
Tali riflessioni ci sono servite per comunicare nel gruppo di lavoro e
ed eventuali lettori, come si è proceduto consultando e valutando ogni
opinione autorevole su vantaggi e svantaggi della pubblicazione del Poema in rete.
Affine al contributo della studentessa Saraceni, è quello di Claudia
Stentelli la quale fa riferimento allo scritto di Gennaro Francione, Quando
il copyright uccide. Prosegue elencando le varie biblioteche digitali nel
web, da noi citati come per esempio Liber Liber.
E tra i progetti ne riporta alcuni del 1999, che costituivano un consorzio che comprendeva una decina di istituti degli atenei italiani, tra cui
compare l’Università di Roma La Sapienza, dove il professore Alberto
Asor Rosa, realizzava in collaborazione con Liber Liber, un progetto denominato TIL (Testi Italiani in Linea).
L’idea del consorzio era quella di mettere in rete trecento opere della letteratura italiana attraverso un linguaggio chiamato “sgml” che, non essendo protetto da codici criptati, è traducibile in altri linguaggi tra cui Word.
Il progetto è stato realizzato nel 2000 ed i testi sono liberamente consultabili
nella biblioteca di Liber Liber tramite un sofisticato motore di ricerca del sito
internet TIL della su citata università92.
Una novità è quella riferita da Vanesa Daniela Teodori, che nel leggere un articolo di giornale La libreria delle ragazze si chiama Rinascita, ha
scoperto l’esistenza di una cooperativa che gestisce una libreria, la Libreria Rinascita di Empoli, formata da sole donne, intese a portare avanti,
con determinazione e coraggio, il loro lavoro iniziato nel 1977, e tradottosi in cooperativa nel 1985.
ID., Il banchiere dei poveri. Con la collaborazione di A. Jolis. Nuova edizione ampliata. Trad. di E. Dornetti, Milano, Feltrinelli, 2008.
92 Fonte: http://www.repubblica.it [consultato il 20 giugno 2010].
91
Introduzione
LXV
Inoltre Teodori ha contattato telefonicamente la presidente della su
citata cooperativa la signora Tamara Guazzino, che ha affermato:
La cooperativa ha 659 soci e c’è uno statuto a cui fa riferimento, due sono le
sedi della libreria.
Prosegue:
Non facciamo vendite on line, infatti il libro deve esser toccato, annusato e
consumato. Ora si sente parlare di Edigita (distribuzione e-book: Editoria digitale italiana), promossa da alcuni gruppi editoriale come Feltrinelli, Rizzoli e
GeMs che faranno trovare nelle librerie una serie di e-book in italiano.
Da noi, invece, solo vendita tradizionale.
Quanto appreso, fa notare Teodori, è solo un punto di vista opinabile.
Infatti, sono molte le librerie che si stanno aprendo al futuro tecnologico; si venderà, probabilmente, attraverso operatori e e-commerce italiani
e stranieri e se ne deduce che e-book è ormai diventato una realtà con
cui tanti editori dovranno misurarsi per non rimanerne fuori.
L’ultimo tra i contributi presi in esame, è quello di Federica Traversi
ha affrontato il tema della qualità della scienza nella filantropia. Viene
quindi presa in considerazione l’evoluzione del dono, identificando i
nuovi criteri di valutazione per l’attribuzione di finanziamenti ai progetti scientifici che non trovano interesse né presso lo Stato, né presso il
mercato, da parte di organizzazioni filantropiche o utilizzando la rete.
A tale proposito Traversi cita Alessandro Maccaferi, il quale ha scritto, nel 2009, Il dono della ricerca. La filantropia nella scienza si fa strada fra
Stato e mercato, in cui afferma:
Fino a pochi anni fa le fondazioni ex bancarie si affidavano a commissioni
interne. Oggi invece si fa ricorso sempre più frequentemente alla peer review (revisione tra pari); è attraverso questa metodologia che verranno valutate le varie
caratteristiche dei progetti. La britannica wellcome trust, la prima in Europa con
770 milioni di erogazioni, sta rinnovando il suo processo di valutazione ed ha
chiesto a tutti i suoi ricercatori finanziati, di pubblicare in open access una copia
delle loro pubblicazioni93.
93 A. MACCAFERRI, Il dono della ricerca. La filantropia nella scienza si fa strada fra Stato
e mercato, in «Nòva» [consultato il 12 febbraio 2010].
LXVI
Introduzione
Prosegue Traversi, spiegando che l’open access rappresenta uno spazio pubblico offerto dalla rete e dalle nuove tecnologie della comunicazione (NTC), oggi al centro di analisi e dibattiti in tutto il mondo.
Inoltre fa notare:
Se da un lato il web può rappresentare la via evolutiva dell’idea di spazio
pubblico, dall’invenzione del teatro nella polis greca alle piazze del Rinascimento, dall’altro contiene insidie di cui occorre essere consapevoli.
Tuttavia, a favore del web, c’è la possibilità che la società dell’informazio-ne
possa diventare, come afferma C. Infante, il nuovo spazio pubblico di una polis
fatta da informazioni prodotte dalle azioni degli uomini, che vivono e usano la
rete come una nuova opportunità di relazione sociale.
Concludendo, dall’elaborato della studentessa, si deduce che ogni tipo di strategia di comunicazione pubblica, va utilizzata per sollecitare il
desiderio della gente di mettersi in gioco, di partecipare alla progettazione e alla valutazione delle politiche pubbliche e delle scelte sociali.
In appendice
E d’altra parte è il caso da notare che l’esperienza dell’esercitazione di
cui si è detto fin qui, s’inserisce in una vicenda didattica lunga circa un
ventennio. Una vicenda che ha prodotto alcuni risultati a stampa sulla
rivista «Slavia», dal 1995 ad oggi.
Di ciò si è inteso produrre una qualche documentazione
nell’appendice al presente dossier, cui si rimanda per ogni ragguaglio.
Profili d’indagine e documentazione
A cura di Eleonora Errede
Segreti di dominio pubblico
Sara Amici
Decidere di pubblicare on line un libro comporta innumerevoli riflessioni, interrogativi, scelte.
Nell’analizzare tale argomento sarebbe opportuno tener presente i
vari punti di vista dei soggetti protagonisti: principalmente quello
dell’autore e del lettore.
Per l’autore, se in vita, il problema che maggiormente emerge è quello relativo ad una sfera economica. Un libro a cui si può accedere gratuitamente in rete potrebbe comportare, se disponibile anche in cartaceo,
un azzeramento delle vendite ed una conseguente grave perdita economica dell’autore.
Questo interesse concentrato (autori, loro eredi, editori), come sottolinea J. C. De Martin94, ha portato ad un’estensione da 14 a 70 anni di tutela dopo la morte dell’autore.
Contemporaneamente, però, la possibilità che tale testo sia di facile
reperibilità comporta, sempre dal punto d vista dell’autore, un successo
nei termini in cui il libro sia maggiormente letto, conosciuto, recensito,
suggerito, pubblicizzato.
Il lettore, a sua volta, potrà usufruire di tale libro mediante il solo accesso alla rete, simboleggiando un reale contatto con la cultura, senza alcun limite di carattere economico, che nella maggior parte della popolazione mondiale rappresenta un limite reale e preoccupante. Il soggetto
potrebbe così liberamente leggere, informarsi, curiosare, ispirarsi, approfondire, crescere.
Nella società attuale, però, in cui tutto è proposto velocemente, superficialmente, mediato dalle nuove tecnologie che proiettano una realtà
complessa senza dare a nessuno, soprattutto alle nuove generazioni, la
possibilità di riflettere, il poter accedere alla letteratura tramite uno
schermo e un mouse che permette di scorrere senza pause tra parole che
94 J. C. DE MARTIN, Segreti di dominio pubblico. Il valore della conoscenza usata liberamente, in «Nova» inserto di «Sole 24 ore», 20 novembre 2008, pp. 1-2.
2
Profili d’indagine e documentazione
necessiterebbero un’attenzione ed un coinvolgimento maggiore, potrebbe, se non si possiedono gli strumenti per usufruirne, rappresentare un
pericolo di superficialità, che forse un libro stampato, desiderato ed acquistato, toccato, letto soffermandosi, potrebbe in parte ridurre.
Tale messa in rete di un libro potrebbe, probabilmente, rappresentare
un vantaggio per chi, già inserito in un contesto culturale ampio ed attivo, sa trarne il meglio.
Se la messa in rete sia un testo, però, è carica di un significato pedagogico sociale, quale quello di fornire la possibilità ad ogni singolo individuo di accedere e contribuire al sapere, senza limitazioni, come è ben
proclamato nell’articolo 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti
dell’ Uomo, sarebbe, forse, necessaria un’educazione ad un utilizzo adeguato a tali risorse, che divengano quindi una reale risorsa di crescita e
sviluppo della società.
Considero quindi, questo, un elemento positivo, se legato ad una sensibilizzazione relativa al suo utilizzo.
Il movimento Book crossing sostiene da anni la “liberazione” di libri in
vari punti delle città95. Il Book crossing è un‘attività globale, con iscritti in
più di 130 paesi. Motivo principale, esplicitato dai fondatori, è che la cultura deve essere libera e condivisibile e non manovrata da commercianti,
che non hanno niente a che fare con la cultura. Tale movimento consiste
nella liberazione di libri allo scopo di poterne seguire il viaggio attraverso i commenti di coloro che li ritrovano. L‘idea esiste dal marzo del 200,
mentre il sito è stato pubblicato ad aprile del 2001. Nei primi 11 mesi si
sono iscritte circa 100 persone al mese. La maggior parte degli iscritti si
trova negli USA. I libri non conoscono frontiere e spesso vengono rilasciati durante viaggi. I libri vengono registrati in questo modo: durante
la registrazione il sistema assegna ad ogni libro un numero univoco (il
BCID), questo deve essere riportato sul libro (tramite un etichetta o a
mano). Basandosi su questo numero chi ritrova il libro lasciato in libertà
può registrarne il ritrovamento e seguire il percorso del libro. Dopo averlo letto si può rilasciarlo nuovamente in libertà ad esempio su una
panchina, su un treno, in un bar.
I libri personalizzati, con una etichetta nel loro interno, circolano
così fra le persone gratuitamente. Questo è un altro modo di divulgazione che sembra molto valido. Liber Liber96, a sua volta, è nota per il
progetto di biblioteca telematica accessibile gratuitamente (progetto
95
96
Fonte: http://www.bookcrossing.it [consultazione aprile 2011].
Fonte: http://www.liberliber.it [consultazione aprile 2011].
Profili d’indagine e documentazione
3
Manuzio) e per l'archivio musicale (LiberMusica), è una o.n.l.u.s. (organizzazione non lucrativa di utilità sociale) che ha come obiettivo la promozione di ogni espressione artistica e intellettuale.
Liber Liber è stata ufficialmente costituita il 28 novembre 1994, pur operando fin dal 1993. Il suo statuto è on line.
Questa associazione dedica sempre una particolare attenzione a tutti gli strumenti capaci di facilitare un accesso libero e attivo al dibattito e
alla produzione culturale italiana e internazionale.
Con LibriLiberi si è dato vita a uno dei più vivaci "bookcrossing" italiani. Molto entusiasmo poi sta suscitando il più giovane dei progetti: il Libro parlato, ovvero la produzione di audio-libri letti da attori e volontari
(come sempre, liberamente scaricabili dal sito). Con Pagina Tre si è costituito un network di riviste culturali, mentre con Open Alexandria si progetta una nuova piattaforma per la produzione e distribuzione di contenuti digitali, una innovazione che promette di rivoluzionare il mondo
dei contenuti liberi da copyright.
Relativamente alla messa in rete del Poema pedagogico di Anton Semënovič Makarenko (1888-1939) legata, come si accennava prima, ad
una sensibilizzazione del lettore, ed all’esigenza di una possibilità di accedervi senza limiti economici richiede un’analisi delle informazioni
contenute nei siti che l’universo di internet offre. I siti che sono stati analizzati principalmente in questa ricerca sono: http://www.wikipedia.org,
http://www.slavia.it, http://www.makarenko.it, con un’attenzione a tutti
gli altri riferimenti relativi alla figura di Makarenko ed al Poema pedagogico.
Il sito http://www.makarenko.it introduce il ruolo dell’Associazione
Italiana Makarenko, costituita nel 2006, è aperta a studiosi, ricercatori,
docenti universitari, insegnanti, italiani e stranieri, che si occupano
dell’opera letteraria e pedagogica di A. S. Makarenko (1888-1939).
Lo scopo di tale associazione è quello di promuovere in Italia la conoscenza e lo studio delle esperienze pedagogiche ed educative di A. S.
Makarenko, di approfondirne i risultati sul piano storico, di verificarne il
valore nel contesto sociale attuale, di aprire un confronto con esperienze
similari in Italia e nel mondo.
Nella pagina relativa al Poema pedagogico, vengono proposti vari articoli partendo da un introduzione di Titjana Fèderovna Koableva presidente della Associazione Internazionale Makarenko, un articolo di Agostino Bagnato Makarenko e il cooperativismo, di Ferrarotti Sul Poema pedagogico di A. S. Makarenko, Laboratorio Makarenko di Vincenzo Orsomarso
e infine l’articolo del maestro Marco Rossi Doria Il Poema “Romanzo di i-
4
Profili d’indagine e documentazione
niziazione” e “vita nuova”. Il sito offre una serie di collegamenti ed approfondimenti relativi all’arte, alla didattica, articoli in russo e tesi di Laurea
della facoltà di Scienze dell’Educazione e della Formazione.
Nel sito http://www.wikipedia.org viene presentato A. S. Makarenko
partendo dalla biografia, con approfondimenti relativi al suo pensiero
pedagogico, alla funzione e metodologia del collettivo con, infine, un
rimando ai titoli delle opere principale:
-La marcia dell’anno 1930, 1932;
-Poema pedagogico, 1933-1935;
-Il libro per i genitori, 1937;
- Bandiere sulle torri, 1938;
- Pedagogia scolastica sovietica, 1941-1943.
Il sito http://www.slavia.it presenta, fra i vari autori, un approfondimento su A. S. Makarenko con una rivista del 1995 con un articolo di Nicola Siciliani de Cumis Questo Makarenko, uno di Beatrice Paternò Intorno al “Poema pedagogico” e due testi dello stesso Makarenko: Battaglia
al lago Rakitno e Sulle strade accidentate della pedagogia.
Un altro sito, fra i tanti proposti, http://www.filosofico.net presenta
un capitolo del Poema pedagogico “Il caso Opriscko” legato ad una introduzione tratta dal libro di R. Tassi, Itinerari pedagogici del Novecento, Zanichelli, Bologna, 1996, pp. 47-49.
Molti siti inoltre pubblicano studi, analisi ed appunti sul tema ma in
nessun sito è reperibile il testo completo, per poter associare la cospicua
quantità di informazione e recensioni ad una lettura del testo integrale.
Proprio per questo, collegandosi al concetto inizialmente esposto relativo all’acceso ed al contributo di tutti alla cultura, risulta necessaria una
pubblicazione in rete e gratuita del Poema pedagogico che permetta ad
ogni individuo di relazionarsi con tale opera, entrando in contatto con
l’autore ed il suo pensiero pedagogico tramite gli strumenti di analisi
forniti dai siti sopra citati e dai continui contributi di esperti e studiosi.
Documentazione 1
Fonte: http://www.wikipedia.org
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Documentazione 1
Fonte: http://www.makarenko.it
Documentazione 1
Fonte: http://www.makarenko.it
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Documentazione 1
Fonte: http://www.ciao.it/Poema_Pedagogico_Makarenko
Documentazione 1
Fonte: http:// www.slavia.it/
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Documentazione 1
888
Fonte: http:// www.bookcrossing-italy.com
Documentazione 1
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Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità
Luana Arduini
1.1.
Prospetto odierno del mercato editoriale
Gli interessi e le abitudini dei lettori si sono modificate rispetto agli
anni in cui Makarenko scriveva il suo Poema pedagogico. Tale cambiamento è dovuto principalmente alla diffusione della rete internet. Si trasformano i trend dei consumi di libri e i modelli distributivi si stanno rapidamente consolidando nell’industria editoriale on line. Tali mutamenti,
apparentemente esteriori, sono legati a un profondo cambiamento strutturale in atto nell’editoria libraria: l’affermazione di un approccio produttivo digitale che affianca e integra la produzione di tipo convenzionale.
I recenti cambiamenti dell’economia hanno permesso a domanda e
offerta di riconfigurare il proprio rapporto sulla base delle nuove opportunità offerte dalla tecnologia. Attraverso lo schermo di un computer i
consumatori acquistano i libri, li leggono, confrontano le loro opinioni
con quelle di altri lettori, alcuni scrivono addirittura delle recensioni. Il
tutto avviene sfruttando i siti web dinamici, come i blog, forum, e social
network. Ad esempio su aNobii, il social network letterario più importante
al mondo, vengono create di continuo nicchie di consumo, le quali determinano un flusso d’opinioni verso un genere o verso un autore particolare.
Attualmente un lettore raggiunge le stesse identiche informazioni di
prima, ma ora lo fa in modo più rapido e infinitamente più comodo, è
lui stesso ad avere il potere di parlare bene o male di un libro attraverso
internet. In questo senso il web serve per comunicare l’offerta e completare le informazioni riguardo al contenuto, così che la parte on line rinforzi quella cartacea e non viceversa.
Questi cambiamenti nel mercato sono accentuati dal fenomeno ebook, il libro elettronico che la casa sceglie di pubblicare in toto o in parte.
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Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità
Ma quali sono oggi le tendenze del mercato editoriale? Si è interessato di quest’argomento Giovanni Peresson, responsabile dell’Ufficio Studi
di AIE (associazione italiana editori)97.
Secondo i dati dell’AIE, negli ultimi cinque anni il numero dei titoli
pubblicati è aumentato del 10,7%, mentre, nello stesso periodo di riferimento, la tiratura media si è abbassata di 5,2 punti percentuali. Se da un
lato aumenta dunque l’offerta di titoli pubblicati, in risposta a una domanda di materiale di svago, di formazione, di aggiornamento da parte
di lettori sempre più parcellizzati, dall’altro diminuisce, nonostante la
presenza di “super best seller” di successo quali Harry Potter, Il codice da
Vinci o Il Signore degli anelli, la tiratura media dei libri.
Fenomeno, quest’ultimo, da collegarsi al lento allargamento della base di lettura (pari a +3% la media annua registrata tra 2000 e 2006), e
quindi dell’acquisto, e a una maggiore capacità di controllo delle tirature
in fase di lancio e di rifornimento, reso possibile dall’integrazione tra gestione delle librerie e rete. A cambiare rapidamente sono i comportamenti d’acquisto del pubblico - ha continuato Peresson - un primo dato
non può che far riflettere: il 51% dei titoli non viene venduto in più di
due copie, vale a dire che a crescere è il numero di titoli a basso volume
di vendita, destinato a nicchie di mercato e specializzazioni di lettura.
Vi sono altre tendenze riscontrate nell’orientamento all’acquisto dei
lettori del terzo millennio che non mancano di condizionare il comportamento degli editori. Si afferma innanzitutto un club di lettori ben circoscritto che, seppur in minoranza numerica, preferisce la lettura di un
libro on line che rappresentano il 12,9%. Alcuni sondaggi mostrano che
il 54% dei potenziali lettori entra in libreria non avendo ancora deciso
quale libro acquistare, il look visivo del libro, la grafica e la copertina diventano componenti fondamentali nell’influenzare le scelte d’acquisto,
quindi il mercato d’oggi punta sugli effetti della vendita “visiva” che
sulla “qualità” del prodotto. Tutti questi elementi ci permettono di formulare una precisa considerazione: il libro entra dunque in una logica on
demand (a richiesta), nella quale proprio la tecnologia di stampa digitale
può rappresentare una grande opportunità andando ad affiancare, a integrare e sopperire la stampa cartacea.
Quali sono i vantaggi offerti dai libri in digitale? La stampa digitale
consente innanzitutto di produrre più titoli e di abbassare il numero delle tirature medie. A livello mondiale, nel corso degli ultimi cinque anni
97 Fonte: http://www.aie.it articolo del 6 maggio 2010 di ROBERTO CICALA [consultato il 18 maggio 2010].
Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità
17
circa il 10% delle aziende con fatturato inferiore ai 2 milioni di dollari e il
34% di quelle con fatturato compreso tra i 2 e i 5 milioni di dollari ha deciso di passare dalla stampa tradizionale a quella digitale, e si prevede
che tali quote siano destinate a salire rispettivamente al 57% e al 50% nel
prossimo quinquennio. Laddove la domanda si orienta verso la riduzione delle tirature è proprio la stampa digitale a rappresentare la soluzione
più adeguata.
Al giorno d’oggi risulta in crescita la produzione della stampa digitale, destinata a un pubblico sempre più ampio e pronto a utilizzare il digitale come soluzione a un’esigenza immediata.
Con l’avvento dell’era del book on demand ad affermarsi sarà un nuovo
approccio al mercato editoriale librario, nel quale lo stampatore si trasformerà in promotore di soluzioni personalizzate, avvicinandosi sempre di più ai propri clienti, ai singoli business e alle singole sfide. Allo
stesso modo, stampa digitale e stampa cartacea si equivarranno in termini di qualità: così gli editori richiederanno uno stesso prodotto in qualità e gestione del colore sia a livello cartaceo che on line.
Ma andiamo ad analizzare nello specifico il rapporto che intercorre
nel mercato di oggi fra best-seller e stampa di qualità. Secondo le ricerche effettuate recentemente è emerso che la quantità sembra prevalere
sulla qualità. Per fortuna ci sono le dovute eccezioni. Secondo alcuni
sondaggi sembra che stiamo procedendo verso l'estrema unzione del libro di qualità, il mondo dell'editoria è afflitto da un pubblico sempre più
stordito e vacanziero che predilige la lettura dei best seller.
Innanzitutto chiariamo che cosa s’intende con il termine best-seller. In
inglese designa un qualsiasi articolo (quindi anche un libro) che vende
moltissimo; in Italia il suo utilizzo è stato applicato esclusivamente ai libri che “vendono” sul mercato. Anche qui, però, occorrono alcune necessarie distinzioni, come rileva Umberto Eco sono best seller anche la
Bibbia e Pinocchio, che ancora oggi vendono numerose copie senza apparire nelle classifiche.
Ci sono libri che per un certo periodo hanno goduto di una grandissima popolarità, orientandosi verso una nicchia di lettori piuttosto esigua e scomparendo infine, questo ci sottolinea che il fulmineo successo
non garantisce il mantenimento nel tempo delle vendite, che potrebbero
avviarsi a un successivo collasso. Mentre altri libri, appunto, continuano
a sfidare gli anni, i secoli, senza rimanere mai orfani di lettori. Come
Madame Bovary o Il vecchio e il mare di Hemingway, o il Poema pedagogico di
Anton Semënovič Makarenko, insomma le opere letterarie immortali.
18
Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità
Fino ad arrivare ai libri vendutissimi che esplodono nel mercato grazie a una astuta pianificazione commerciale. Ma perché si ha la concezione che il libro deve essere venduto come un dentifricio o un paio di
scarpe qualcosa che deve persuadere per il suo aspetto esterno e non per
il contenuto, perché siamo arrivati ad essere attratti dal suo aspetto e poco c’importa della qualità?
Il marketing è penetrato anche nelle case editrici, trascinando con sé le
indagini sui target e sulla commerciabilità, ormai lo scopo è quello di
vendere, vendere, vendere. E chi vende meglio del best seller? Violenza,
denaro, sesso e potere sono gli ingredienti più invitanti, da miscelare a
piacere per un target d’individui sempre più in crescita
A questo punto Peresson esprime il suo parere:
Il segreto fondamentale degli scrittori di best seller è di non essere mai spiritualmente o linguisticamente superiori ai loro lettori. La superiorità deve essere
soltanto culturale ma guai a far sentire al lettore il peso di una profondità che
non gli appartiene98.
Questi ed altri schemi narrativi sono sempre più prevedibili, costruiti
su infinite varianti senza raccontare mai nulla di nuovo, di eversivo rispetto a quello che il pubblico si aspetta di ritrovare. Il monopolio dei
best-seller guida gli editori verso scelte sempre meno ardite.
La cultura, purtroppo, diventa sempre di più un fatto elitario, una
faccenda per pochi, grazie anche alla pressione dei mass media che invogliano il gusto della prevedibilità, della certezza. Si avverte sempre
più la schizofrenia editoriale che segna questo terzo millennio, con la
scissione sempre più marcata tra libro come prodotto di massa e libro di
cultura; il secondo è il gruppo di editori che ancora osano innamorarsi di
un autore a prescindere dai pronostici del portafoglio. L'industrializzazione dell'editoria è gestita dai grandi gruppi internazionali uniti da un
unico scopo: raggruppare i titoli più redditizi delle case editrici eliminando gli altri.
L'editoria mondiale negli ultimi dieci anni è forse cambiata più che
nell'intero secolo, si insegue la curva commerciale escludendo, o comunque emarginando, tutto ciò che rischia di “non fare audience”.
L'80% dei libri pubblicati oggi provengono dai grandi gruppi che
controllano il mercato dell’editoria. In Italia ovviamente spopolano i best
98 Fonte: http://www.aie.it articolo del 6 maggio 2010 di ROBERTO CICALA [consultato il 20 maggio 2010].
Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità
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seller americani, ma non solo. Finita l’era felice di Mondadori Arnoldo è
iniziata quella di Mondadori-Berlusconi che avanza, ingloba, i best seller
americani più venduti. Il primo gruppo editoriale italiano si muove seguendo le curve del marketing, le strategie dell'editore-imprenditore. Il
grande best seller funziona, sazia le tasche di editori, scrittori e agenti ma
arresta la creatività del settore proponendo infinite varianti delle medesime in formule narrative che persuadono il pubblico.
La stampa di qualità continuerà ad esistere in Italia solo se ci sarà
sempre un numero esiguo di lettori che incoraggerà a sperare nella qualità, e di editori capaci di osare senza le garanzie del portafoglio.
1.2.
Il mercato letterario? Non è il diavolo, a cura di Federica Manzon.
Un articolo inerente a questo argomento, degno d’essere menzionato,
è quello di Federica Manzon tratto da «Il Sole 24 Ore» nel numero di
Domenica del 07 Marzo 2010 Il mercato letterario? Non è il diavolo. In
questo articolo la giornalista s’interroga del perché la società letteraria
italiana continua ad accusare il mercato di essere il colpevole della scarsa qualità delle opere in commercio, quando il mercato si limita a persuadere le richieste di un pubblico che s’orienta sempre di più verso i bestseller che trattano d’argomenti che loro stessi richiedono e vogliono leggere.
In questo senso il mercato letterario è diviso fra l’élite intellettuale e
gli amanti dei best seller. L' élite vede nel grande pubblico, e quindi nel
mercato, un nemico da combattere e va fiera della propria minorità, vi è
un’opposizione un po’ assertiva tra qualità e quantità.
Scrive Manzon:
Umberto Eco dove lo mettiamo? E Stephen King ormai considerato un maestro? E Gomorra di Saviano, che ha parlato a più di due milioni di lettori, è di
qualità o no? In economia, con mercato si intende quello spazio aperto e sempre
mutabile dove si incrociano la domanda e l'offerta. Non un'entità astratta che
pre-esiste all'uomo e che impone a esso le proprie regole (disumane), quanto
piuttosto un luogo che prende corpo nella pluralità di incroci, ibridazioni, e
scambi. Troviamo così in questa definizione tecnica qualcosa che suona incredibilmente vicino a un concetto elementare ed essenziale di narrazione, intesa
come evoluzione e travestimento, prodotto dell'incrocio di culture e identità,
scommessa e rischio. A voler usare il potere delle immagini scopriamo che “il
mercato”, nella sua definizione più tecnica ma anche più originaria, porta in sé
situazioni e linguaggi che molto hanno in comune con il gesto dello scrittore.
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Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità
Proviamo a immaginare: un mercato è fatto di persone, persone che partendo da un punto del mondo iniziano viaggi e avventure per raggiungere piazze
lontane e a volte sconosciute. [...] Così il mercato appare prima di qualsiasi altra
definizione il luogo in cui si incontrano gli uomini - oriente e occidente esposti
senza guerre sulla piazza del mercato ateniese - e lì scambiano, intrecciano legami, mescolano le proprie qualità e le affinano nel confronto continuo. Il mercato quindi, lontano dall'essere una costruzione astratta che viene a imporsi e
alterare in negativo l'essenza dell'umano, appare invece legato a quanto all'uomo é di più proprio. Così possiamo, senza troppi imbarazzi di galateo, pensare
che “mercato” non è opposto a “letteratura”, a valore letterario.
Seguendo infatti l'equazione più semplice per cui il mercato è costituito da
persone, da un pubblico di lettori nel caso della produzione libraria (e quindi
copie vendute), è evidente come esso non risponda a regole astratte che lo portano a cercare nell’opera letteraria un canone riconosciuto come depositario di
bellezza e valore artistico, ma piuttosto a orientare ogni lettore è il bisogno di
trovare nel testo scritto qualcosa che gli parli di sé.
L’opposizione mercato e letteratura non è quindi così netta. Il successo di
pubblico non è facilmente indice di scarsa qualità letteraria, e si può azzardare
tra i due una convergenza anche in negativo.
L’alienazione del pubblico avviene infatti molto spesso quando lo scrittore,
invece di concentrarsi su ciò che vuole veramente raccontare, si fa catturare da
regole e mode, cerca di piegare la propria vocazione autentica ai dettami delle
correnti letterarie in voga e delle supposte tendenze di mercato. In poche parole, non è così scontato che il valore economico sia inversamente proporzionale
al valore artistico. Alla base, forse, c’è un modo pregiudiziale di intendere la parola mercato all'interno della produzione culturale [...]99.
1.3.
Chi difende la qualità?, a cura di Giorgio Van Straten.
Questo argomento viene affrontato anche da Giorgio Van Straten
nell’articolo Chi difende più la qualità? nel «Il Sole 24 Ore» di Domenica 28
Marzo 2010.
Come l’articolo citato precedentemente, anche Van Straten afferma
che il problema dell’editoria di oggi non è il mercato, anzi vendere libri
di qualità e non, non è più considerato un peccato capitale, sono lontani i
tempi in cui chi aveva successo commerciale veniva considerato qualcuno che avesse una buona raccomandazione.
99
Fonte: http://www.bibliogarlasco.blogspot.com/2010/03chi-difende-piu-laqualita.html [consultato il 24 maggio 2010].
Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità
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Oggi gli scrittori sono alla ricerca di un pubblico, e il pubblico è costituito da chi compra i loro romanzi, quindi gli scrittori scrivono in base
agli interessi dei lettori. Il problema è che, in questi anni in Italia, c'è solo
il mercato di quantità, e si tende a misurare la qualità in base al numero
di copie vendute. Il giornalista afferma che nel 2010 molti aspirano a
scrivere libri, compresi coloro che hanno già successo in altri ambiti della cultura e dello spettacolo: cinema, musica, ecc., come se questo costituisse un modo di accrescere il proprio prestigio intellettuale; ma allo
stesso tempo i romanzi non hanno più alcuna visibilità in quanto tali, al
massimo si accompagnano alla notorietà di chi li ha scritti.
Negli ultimi anni si contano sulla punta delle dita di una sola mano i
casi di romanzi italiani che abbiano suscitato un dibattito pubblico, una
riflessione collettiva, che abbiano dato vita a un confronto culturale vero.
Scrive Van Straten:
In questo momento, l'unica eccezione sembra essere Gomorra di Roberto
Saviano, di un caso la cui peculiarità è tale da non costituire un precedente. Eppure nel passato succedeva altro, e la discussione intorno a un testo poteva attivarsi a prescindere dal numero di copie vendute. Per questo credo che la difesa
del mercato sia pleonastica: il mercato si difende da sé. Quello che servirebbe
piuttosto è la difesa della letteratura, del suo significato, del suo essere parte
dell'identità di un Paese.
Ma di questo, mi pare, non si preoccupa mai nessuno100.
Il mercato di oggi è un “mercato del consumo”. In questo contesto
come può un libro commercialmente più debole di un best-seller, perché più impegnativo alla lettura per forma o contenuto, perché meno televisivo, perché marginale rispetto al gusto main stream e per chissà
quanti altri motivi, diventare visibile sui banconi? In questa cornice è
chiaro che il pubblico, ormai privo di segnalazioni critiche è indotto a orientarsi sulle classifiche dei più venduti, come se quantità e qualità dovessero per forza coincidere nei best-seller.
Il lettore italiano invece molto spesso non é più in grado di passare
dal best-seller all’editoria di qualità, la strapotenza dell'immagine lo
condiziona al punto che anche fra le pagine di un libro il lettore cerca
l'immediatezza televisiva e la sua leggerezza.
100
Fonte: http://www.bibliogarlasco.blogspot.com/2010/03/chi-difende-piu-laqualita.html [consultato il 26 maggio 2010].
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Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità
A questo modo di trattare la lettura contribuisce il mercato, sfornando libri come se fossero riviste che restano in libreria poche settimane e poi scompaiono, non vi è nulla di male purché si abbia la consapevolezza della differenza fra i due generi.
1.4. I dilemmi di Internet: giornali al bivio, a cura di Enrico Franceschini.
L’articolo di Franceschini I dilemmi di Internet: giornali al bivio nel
numero di «la Repubblica» di Domenica 23 Maggio 2010, offre una chiave di lettura semplice ed efficace del mercato letterario d’oggi.
Internet, ha detto Harold Evans, ex-direttore del «Times» di Londra
e uno dei più noti giornalisti britannici, offre una grande opportunità ai
media. L’informazione d’oggi vive in un’età dell'oro.
I pessimisti temono che il web faccia scomparire i giornali, offrendo
ai lettori notizie gratis e permettendo a ogni internauta di diventare
giornalista, se lo vuole, con un blog, una e-mail, una battuta su Twitter.
Gli ottimisti ritengono che internet farà scomparire i giornali fatti di carta, ma non il giornalismo e i giornalisti, i quali troveranno una nuova vita non appena sarà stato escogitato il mezzo per rendere economicamente sostenibile un giornale digitale che distribuisca notizie, commenti, reportage attraverso la rete.
Afferma nel suo articolo:
Il mezzo di divulgazione dell’informazione potrebbe essere l’i-Pad, dando alle news una nuova piattaforma di distribuzione e un modo di ricavarci un
utile. Ma anche condividendo la visione più ottimistica, un futuro in cui il giornalismo esisterà prevalentemente o completamente su Internet pone alcuni
problemi che non sono stati ancora risolti. Il primo è di ordine economico.
I giornali non più solo di carta ma anche o soltanto sul web, letti sull’ iPad o su un telefonino o su un personal computer o su un nuovo gadget che sarà inventato tra due, cinque o dieci anni, potranno indubbiamente guadagnare,
ma quanto? Pubblicità, abbonamenti, micropagamenti, quale che sia la formula
che sarà studiata, riusciranno a generare il tipo di enorme fatturato che è stato
fino a oggi necessario per finanziare una grande azienda giornalistica?101
101 Fonte: http://www.bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/i-dilemmi-di-internetgiornali-al-bivio [consultato il 30 maggio 2010].
Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità
23
Franceschini afferma che il web, così facendo, ridurrà le spese di
stampa e distribuzione, offrirà a tutti i lettori un considerevole risparmio. Il giornalismo via web potrà generare risorse sufficienti a finanziare una rete di redattori esperti, di reporter investigativi, di commentatori
autorevoli, di corrispondenti e inviati in ogni parte del mondo, di critici
prestigiosi, insomma tutto quello che serve a un giornale per svolgere al
meglio il suo ruolo.
Sembra che per riscuotere il maggiore interesse da parte del pubblico sul web occorrano due elementi: la brevità e la stravaganza. Notizie
o foto o filmati che siano di rapida consultazione e che contengano qualcosa di curioso, straordinario, eclatante, questa è la formula del successo.
Il giornalismo su internet sarà sospinto inevitabilmente verso la
strada della brevità e dell'eclatante, oppure si presterà anche a ospitare
editoriali, inchieste, reportage? In altre parole, un articolo che occupa una
pagina intera su un giornale verrà letto dallo stesso numero di lettori anche sul web? I cambiamenti tecnologici che stanno cambiando l'informazione sono una minaccia per la libertà di stampa? Possono cambiare il
ruolo che il "quarto potere" ha avuto, come controllore della democrazia,
per tutto il ventesimo secolo?102.
Conclude l’articolo invitando i suoi lettori a riflettere su queste
domande a cui oggi non vi è risposta.
1.5. “Uno spot per il libro contro la crisi della lettura”, a cura di Stefano Salis.
Riporto in seguito l’articolo di Stefano Salis di venerdì 14 Maggio
2010 nel «Il Sole 24 Ore». Ho scelto di citare quest’articolo in quanto descrive al meglio la posizione che occupano nel mercato editoriale i libri
cartacei.
Se mi vuoi bene comprami un libro, lo slogan è efficace, anche se vagamente,
nobilmente ricattatorio, come suggerisce Gian Arturo Ferrari, il presidente del
Centro per il Libro e la lettura, che lo ha selezionato e fortemente voluto: «Se mi
vuoi bene il 23 maggio regalami un libro». Con queste parole parte la campagna
di comunicazione, presentata oggi al Salone internazionale del libro di Torino, e
102 Fonte: http://www.bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/i-dilemmi-di-internetgiornali-al-bivio.html [consultato il 27 maggio 2010].
24
Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità
promossa da Centro per il Libro e dall'Associazione italiana editori, in collaborazione con l'Associazione librai italiani e il supporto di Anci e Upi, per presentare la giornata nazionale per la promozione della lettura.
La sfida è quella di rendere il libro più familiare e vicino ai lettori, un oggetto da regalare a chi si vuole bene, come testimonianza di affetto e vicinanza.
«Vorremmo che la lettura diventasse un piacere quotidiano – ha spiegato Marco
Polillo presidente dell'AIE»103.
Lo scopo è quello di sensibilizzare a livello nazionale all’acquisto e alla lettura dei libri cartacei, che a causa d’internet stanno perdendo valore
sul mercato.
1.6. Dr. Jekill e Mr. Hyde, quando il romanzo è elettronico, a cura di
Stefano Salis.
Nell’articolo Dr. Jekill e Mr. Hyde, quando il romanzo è elettronico il
giornalista Stefano Salis, del «Il Sole 24 Ore» di giovedì 13 Maggio 2010,
sono riportate delle informazioni che potremmo utilizzare al fine del
l’obbiettivo del Laboratorio Makarenko, la messa on line del Poema pedagogico. Il giornalista scrive:
Detto fatto. Erano stati messi online proprio mentre si svolgeva al Salone
del libro di Torino circa 400 titoli in formato e-book sulla più grande libreria virtuale italiana, che in serata è giunto anche il primo libro comprato. È di Giunti
ed è un classico: The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde di Stevenson, nella
traduzione di Luciana Pirè. Anche il prezzo è significativo: sul portale il volume
costa appena 2,90 €. Non a caso il costo degli e-book sarà uno dei punti centrali
intorno al quale si svilupperà il dibattito (e il business, soprattutto) editoriale
nei prossimi tempi: e se il presidente del Centro per il Libro e la Lettura, Gian
Arturo Ferrari, individua nel fattore prezzo la chiave con la quale (in tempi per
ora imprevedibili) l'e-book vincerà la sua partita, non tutti gli editori sono sicuri
del prezzo che è giusto dare al prodotto. Quello che è sicuro è che gli e-book sono stati al centro dell'attenzione della prima giornata di Salone.
Secondo le stime il totale dei titoli presentati nel formato elettronico arriverà a coprire a dicembre 2010 l’1,5% del catalogo vivo dei titoli e l'8-9% delle no-
103
Fonte: http://www.bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/se-mi-vuoi-beneregalami-un-libro.html [sito consultato il 29 maggio 2010].
Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità
25
vità. Entro Natale dovrebbero essere 4.500 i titoli distribuiti dai vari attori sul
mercato.
Riccardo Cavallero, direttore generale Libri Trade Mondadori, ha confermato il lancio dei nuovi e-book di Einaudi, Mondadori, Piemme e Sperling&Kupfer, partendo con un’offerta di 1.400 titoli di cui 400 novità, Bruno Ma,
vicepresidente di Giunti ha annunciato i primi 200 titoli già da ieri disponibili
(guide e fiction in particolare), mentre il consorzio Edigita che raggruppa Feltrinelli, Rcs e le etichette Gems Messaggerie Italiane metterà a disposizione quasi 2.000 titoli; infine il gruppo indipendente BookRepublic, da giugno metterà
online circa 1000 titoli (tra le sigle Blu edizioni, minimumfax, Il Saggiatore, Instar, Iperborea, Nottetempo)104 .
Se così fosse l'avvento degli e-book coinciderebbe con quello dell' iPad. In questa nuova fase cambieranno radicalmente i modi di leggere i
libri, tanto più che sono proprio i forti lettori a dimostrarsi più interessati al nuovo media. “Perché il Poema pedagogico dovrebbe restare estraneo
a tutto ciò?”.
1.7.
Il futuro della lettura, a cura di Massimo Novelli.
Un’ altro articolo degno d’essere menzionato è quello di Massimo
Novelli Il futuro della lettura che nel numero di «la Repubblica» di venerdì 14 Maggio 2010, espone un chiaro panorama del mercato editoriale e
dell’ascesa dell’e-book.
Non è ancora un de profundis, una chiamata per il morto. Nel presentefuturo del libro di carta, il caro vecchio libro i cui odori i bibliofili più appassionati amano annusare, si aggira tuttavia uno spettro, più o meno come si aggirava quello del comunismo nel manifesto di Marx e di Engels. Il fantasma è quello
dell'e-book, della digitalizzazione, dell'elettronica. Quasi due milioni di italiani,
del resto, si sono abituati a leggere sugli schermi, una crescita che si è triplicata
in tre anni secondo le rilevazioni fatte dall'Associazione Italiana Editori e dalla
NielsenBookScan. E se Marco Polillo, presidente della stessa AIE, invita alla
prudenza, affermando che è troppo presto per un commento sulla portata del
fenomeno, resta il fatto che è difficile dire se si tratti di una moda oppure di una
vera e propria rivoluzione che muterà il nostro modo di leggere. Gian Arturo
104 Fonte: http://www.bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/michele.html [consultato il 18 maggio 2010].
26
Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità
Ferrari, già top manager della Mondadori e ora alla guida del Centro per il Libro
e la Lettura, invece si sbilancia un pò di più.
Al convegno della Laterza dedicato al saggio La quarta rivoluzione. Sei lezioni sul futuro dei libri di Gino Roncaglia, non si esercita in profezie ma invita
comunque a confrontarsi con il mondo di oggi. Un mondo trasformato, in trasformazione continua e ineluttabile. Ferrari sostiene intanto che “il libro non è
un prodotto naturale, bensì della storia”. Esiste da poco tempo, da circa tremila
anni, e nella sua forma attuale da poco più di mezzo millennio. Dunque non è
sempre esistito.
Per le medesime ragioni, il libro di carta può scomparire, modificarsi, come dalle opere degli amanuensi si passò a quelle della stampa. Pertanto occorre
guardare alla realtà per quella che è. Il libro elettronico non è un supporto alla
lettura105 .
Come suggerisce l’articolo, ci troviamo dinnanzi ad un cambiamento che investe tutto l'universo del libro e tutti i suoi attori: dagli autori
agli editori e ai diffusori. Per questi motivi il problema non è rappresentato dall’e-book, ma dall’inadeguata pianificazione per affrontare questo
cambiamento nella comunicazione.
Attraverso l’utilizzo di internet opere come il Poema pedagogico di
Makarenko non moriranno mai.
105 Fonte: http://www.bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/il-futuro-dellalettura.html [consultato il 22 maggio 2010].
Documentazione 2
J. C. MARTIN Segreti di dominio pubblico, Il valore della conoscenza usata liberamente, in
«Nòva24»/«Il Sole 24 ore», 20 novembre 2008.
30
Documentazione 2
Fonte: http://www.aie.it/STAMPA.aspx
Documentazione 2
31
Fonte: http://bibliogarlasco.blogspot.com/2010/03/il-mercato-letterarionon-e-il-diavolo.html
32
Fonte:
Documentazione 2
http://bibliogarlasco.blogspot.com/2010/03/chi-difende-piu-laqualita.html
Documentazione 2
33
Fonte: http://bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/i-dilemmi-di-internetgiornali-al- bivio.html
34
Documentazione 2
Fonte: http://bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/se-mi-vuoi-beneregalami-un-libro.html
Documentazione 2
Fonte: http://bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/michele.html
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Documentazione 2
Fonte: http://bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/il-futuro-della-lettura.html
Documentazione 2
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38
Documentazione 2
Rapporto individuale e collettivo
Valentina Benvenuto
Emulazione e dinamica di gruppo
Visalberghi, nell’articolo Emulazione e dinamica di gruppo, estratto
dal mensile «Scuola e Città» del 1953 critica lo spirito di emulazione e
l’uso tradizionale di metterlo in pratica nella scuola con premi e incentivi funzionali al profitto. Per prima cosa bisogna specificare cosa si intende con il concetto di emulazione: «desiderio di eguagliare o superare
un’altra persona in una qualsiasi abilità mediante il proprio progresso»
106. Specificando ulteriormente il concetto:
Alle radici dell’atteggiamento emulativo c’è sempre un impegno reale e la
ricerca di un modello più alto, ma stimato raggiungibile; è un atteggiamento legato alla concretezza ed all’autoaffermazione sul piano della realtà, e non ha carattere paranevrotico di pura compensazione psicologica.
Emulazione si ha peraltro soltanto finché il modello sia un modello in carne
ed ossa e lo si reputi raggiungibile107.
A tal proposito la coscienza pedagogica contemporanea ha scarsa fiducia nello spirito d’emulazione tant’è che Visalberghi cita brevemente
un episodio di un suo amico preside a cui venne chiesto da autorità ed
enti di affidare premi ai migliori alunni della scuola. Il problema è quello
di definire chi sono i migliori? Il preside in quel caso decise di premiare
coloro che erano riusciti a migliorare il loro profitto e a compiere i più
notevoli progressi indipendentemente dai “voti” di partenza. Rousseau
e Kant criticano l’emulazione per le doti morali che insinuano
nell’individuo, basate sull’individualismo.
«Evitare il confronto con gli altri è il criterio fondamentale cui s’ispira
l’educazione di Emilio emulo solo di se stesso […]»108 .
A. VISALBERGHI, Emulazione e dinamica di gruppo, in «Scuola e città», 30 settembre 1953, p. 303.
107 Ivi, pp. 304-305.
108 Ivi, p. 302.
106
40
Rapporto individuale-collettivo
Kant sostiene che se lo spirito emulativo è applicato in maniera inadeguata può produrre invidia negli individui che è contraria al sentimento dell’amicizia e allo sviluppo della solidarietà sociale.
La posizione della maggior parte dei pedagogisti contemporanei è
descritta da Kilpatrick che distingue tra «metodo stretto» e «metodo largo». Con la prima espressione egli intende il metodo che ha come obiettivo “stretto”, quello del profitto, in questo senso l’emulazione potrebbe
portare a qualche risultato positivo. Ma se per educazione intendiamo
anche l’acquisizione più vasta di qualità intellettuali e morali, in questo
caso facciamo riferimento al “metodo largo”, allora l’emulazione è controproducente in quanto insinua negli allievi qualità individualistiche e
comportamenti egoistici. Invece di promuovere la cooperazione attiva e
impegnata nella scuola come un modello di vita sociale. Secondo Bertrand Russell: «Il mondo non ha bisogno di concorrenza, ma di organizzazione e di cooperazione; ogni fede nell’utilità della concorrenza è diventata un anacronismo»109 , e questa rappresenta la prima motivazione
per cui è utile ed etico mettere un’opera via web per promuovere lo spirito di cooperazione della conoscenza, far conoscere “tutto a tutti”, la condivisione della conoscenza in una maniera semplice e accessibile ad ognuno. Inoltre Russell sostiene che la promozione della concorrenza è
un’ideale di classe.
L’articolo continua con la descrizione della genesi e dello sviluppo
dell’atteggiamento emulativo, il concetto viene specificato con il confronto ad altri sentimenti. Come il rapporto emulazione/invidia110, emulazione/rivalità111, emulazione e la gara agonistica112infine emulazione/gelosia113. L’autore individua un termine di paragone, del rapporto
B. RUSSELL, L’educazione e l’ordinamento sociale, in A. VISALBERGHI, Emulazione e
dinamica di gruppo, cit., p. 303.
110 L’emulazione pretende un modello da raggiungere mentre l’invidioso ama
vedere l’invidiato perdere le proprie qualità.
111 L’emulazione non può essere paragonata alla rivalità in quanto quest’ultima
tende a raggiungere uno status esterno, come ad esempio il potere o il prestigio che
non comportano il miglioramento delle proprie qualità interiori.
112 L’emulazione non può essere paragonata alla gara agonistica che trova soddisfazione durante il percorso/processo competitivo piuttosto che nella realizzazione
di un progresso effettivo come avviene invece per l’emulazione.
113 Nel caso della gelosia intendiamo far mutare la disposizione d’animo della
persona con la quale si desidera un atteggiamento “esclusivo”.
109
Rapporto individuale-collettivo
41
emulazione/gelosia, nel concetto dell’identificazione114, individuata come “cooperazione maldestra” nello stadio tra bambini coetanei. Cousinet sostiene che in questa fase scaturisce lo stadio del “gioco parallelo”115
ed in seguito il bambino, dai 3 ai 5 anni, giunge allo stadio del “gioco
collaborativo”. Ma vi è un aspetto di tal gioco che è interessante sottolineare, quando un bambino è giunto a svolgere attività ludiche insieme ai
suoi coetanei, se egli vede un persona di età maggiore di lui svolgere
un’attività piacevole, egli ritorna al gioco parallelo svolgendo lo stesso
gioco, della persona più grande, in maniera autonoma ed egli trae soddisfazione se riceve complimenti da un adulto rispetto all’attività
dell’altro. In questo senso il bambino emula il fanciullo più grande, crescendo egli svilupperà delle direttive sulle quali scegliere il modello.
L’emulazione gioca un ruolo rilevante dopo i 4-5 anni e fino ai 10-11.
Infatti a quell’età il fanciullo è incline all’influenza dei compagni e adulti
assumendo caratteristiche comportamentali, atteggiamenti e modi di
parlare e di comunicare come la persona che si ammira e che si emula.
Le rivalità e le gelosie portano alla disgregazione del gruppo. Mentre
l’emulazione può avere effetti positivi ad esempio in una squadra di calcio. In tal senso “l’emulazione di gruppo” rappresenta solo un aspetto
della vita sociale.
Nel contesto scolastico viene fatto un uso inappropriato dello spirito
di emulazione in quanto esso si identifica con la persona che ha la media
più alta e si manifesta con premi e gare. Riferendosi ad un modello ristretto di attitudini e risultati comporta che la maggior parte della classe,
che non raggiunge quel modello, abbia sentimenti di inferiorità. Tutto
ciò porta allo sviluppo di atteggiamenti contro la scuola e lo studio. In
tale contesto viene meno il collegamento essenziale tra la scuola e la vita
sociale e quindi in tal senso l’emulazione non è utile in quanto è di carattere artificioso e individualista.
Vi sono alcuni ben definiti indizi che nella nostra presente cultura i fanciulli
dotati stanno sviluppando la loro superiorità più in quei tratti di carattere che
Quando un bambino vede un suo coetaneo alle prese con un gioco, che prova
soddisfazione dall’attività che sta conducendo egli vorrebbe provare lo stesso piacere, in questo senso il valore non è attribuito all’oggetto in sé ma al sentimento di
soddisfazione che egli potrebbe provare se si mettesse al posto dell’altro bambino.
115 Due o tre bambini che fianco a fianco, separatamente, svolgono la stesa attività, hanno superato la fase di appropriazione del gioco dell’altro, ma non sono ancora pervenuti alla percezione che due attività identiche possono farne una comune.
114
42
Rapporto individuale-collettivo
contribuiscono al successo individuale che in quelli che promuovono la responsabilità sociale116.
Questa rappresenta la seconda motivazione per cui è opportuno diffondere e mettere on line un’opera, proprio perché i fanciulli dotati, nella nostra cultura stanno sviluppando caratteristiche di successo individuali. La divulgazione delle ricerche e attività che vengono svolte nelle
Università non devono rimanere chiuse nelle aule, quasi fossero materiale di élite ma devono essere accessibili a tutti per far venir meno la dicotomia tra scuola, ricerca e vita sociale. Ma soprattutto quella di rilegare i più bravi a sentimenti individualistici.
Roger Cousinet critica sia l’emulazione di gruppo così come quella
individuale. Tuttavia, Visalberghi sostiene che “l’emulazione socialista”
di Makarenko rappresenta una brillante eccezione resa possibile
dall’autore, il maggior esponente della pedagogia sovietica, o meglio
della sua antipedagogia. E dalle condizioni storico-economiche che hanno permesso la ricostruzione della vita sociale in Russia.
La differenza tra l’emulazione socialista e quella individuale sta nella
definizione dei fini collettivi rappresentati dalla ricostruzione morale e
sociale dei ragazzi abbandonati e dell’uomo nuovo. A tal proposito è urgente l’esigenza di rendere l’opera che nasce dal collettivo accessibile a
tutti.
L’articolo prosegue con la descrizione di altre forme di emulazione
come quella “mista” che viene criticata in quanto non elimina i rischi
dell’emulazione individuale e viene meno un concetto fondante della
stessa che presuppone il vivo interesse. “L’autoemulazione”; e quella
“pluridirezionale”. Nell’ambiente scolastico la maggior parte degli alunni si sentirebbero frustrati se non riuscissero a trovare soddisfazione
in altre attività della vita sociale infatti il divario tra scuola e vita è rappresentato dal concetto che il primo della classe è l’ultimo nella vita sociale.
Se però con l’espressione «promuovere l’emulazione pluridirezionale»
s’intende semplicemente il favorire, predisponendo opportunamente situazioni
e materiali e fornendo suggerimenti, una varietà di attività sufficiente a che tutti
possano trovarvi possibilità di affermazione, probabilità di essere in qualche
campo «fra i migliori», in questo senso la risposta sarà senz’altro affermativa – e
116
A. VISALBERGHI, Emulazione e dinamica di gruppo, cit., p. 306.
Rapporto individuale-collettivo
43
non farà che ribadire quella che è comunque fondamentale esigenza della pedagogia attivistica117.
Per questo è importante creare nuove forme di emulazione che costruiscano nuovi fini affinché si sviluppi la cooperazione e la solidarietà
sociale. Bisogna porre l’accento sul valore sociale dell’emulazione e non
su quello individuale. A tal proposito vorrei concludere con le parole di
Visalberghi
Voglio raccontare però un episodio dal quale ci può forse venire qualche
suggerimento. Ho visto una volta nei corridoi di una scuola un gruppetto di ragazzi di nove-dieci anni correre e giostrare, allungandosi delle manate ed anche
dei calci. Mantenevano però il silenzio, non essendo quella l’ora della ricreazione: discolacci quali erano, probabilmente si trovavano lì fuori in punizione, espulsi dalle classi. Stetti a lungo ad osservarli, perché avevo notato qualcosa che
mi aveva colpito e commosso come una rivelazione improvvisa. Uno di quei
ragazzi era storpio, probabilmente per postumi di poliomielite; aveva una gamba rattrappita e anchilosata, tutta la persona sbilenca, procedeva a balzelloni
quando doveva muoversi. Ma gli altri si comportavano apparentemente con lui
come se fosse stato normale, lo urtavano e lo colpivano talvolta, più spesso si
lasciavano urtare e colpire, il tutto con tale naturalezza che egli appariva allo
spettatore e a se stesso quasi fosse un ragazzo come tutti gli altri. Impiegai un
certo tempo a rendermi conto che tutto il gioco era condizionato da tale intento:
anche fra loro i ragazzi non gareggiavano come avrebbero fatto in assenza di
quel loro compagno. C’era dell’artificio, senza dubbio, ma era l’artificio stesso
su cui si fonda la società civile nella misura in cui è civile, quell’artificio per cui
l’eguaglianza, quando non c’è, si crea, e senza il quale non esisterebbe né democrazia, né vita morale118.
È lo spirito collettivo che devono promuovere la società, la cultura, le
istituzioni sociali, politiche. I fini che la società si propone devono essere
collettivi e non individuali, il fine deve essere l’individuo e non il profitto. Il concetto di emulazione, individualismo e dinamica di gruppo cela
la disuguaglianza di un sistema economico quello capitalistico, per cui
ognuno è contro tutti, il principio sul quale esso si fonda è quello della
produzione, dell’accumulazione quantitativa al minor costo possibile,
riducendo l’uomo a semplice ingranaggio di un sistema.
117
118
Ivi, p. 310.
Ivi, p. 311.
44
Rapporto individuale-collettivo
Un sistema sociale, economico e politico diverso che abbia come principio e fine l’individuo consentirebbero di realizzare l’uguaglianza e la
solidarietà sociale degli uomini. Quel collettivo che il Laboratorio Makarenko e il corso Educazione e cooperativismo nell’Europa contemporanea si propongono di realizzare attraverso la stesura di un lavoro cooperativo e collettivo. Il lavoro cooperativo, e collettivo è la motivazione
principale del rendere il Poema un’opera on line. Opera che nasce dal lavoro comune, che si fonda sul collettivo e che permette di realizzare
l’uomo nuovo, una nuova umanità. L’opera che si caratterizza perché
non è fine a stessa; non termina la propria azione con la fine del Poema,
nell’azione e nel tempo nel quale è collocata, e si svolge la vicenda. Infatti esso continua il suo processo morale, intellettuale in coloro che a
tutt’oggi si imbattano nell’opera. In questo caso, facendo riferimento al
nostro lavoro di èquipe, dell’insegnamento di Pedagogia generale,
l’azione dell’opera continua, nel nostro lavoro cooperativo, come collettivo e per diffondere ulteriormente l’opera all’umanità, alla collettività.
Infatti quale miglior opera si può prestare meglio a tale obiettivo, di
quella di Makarenko... che nonostante il tempo, nel quale è collocata
continua la propria azione in coloro che vi si imbatteranno? A tal fine, ai
giorni nostri, quale strumento, meglio del web può avvicinare il maggior
numero possibile di persone al Poema! Il web permette a chiunque, di
qualunque nazionalità, di qualsiasi età, cultura, sesso, religione di poter
accedere in tempo reale ad un testo presente in internet. Uno strumento
collettivo, o almeno così dovrebbe essere, come internet, accessibile a tutti per un’opera collettiva, dell’umanità.
Il diritto d’autore nell’era di internet
Barbara Bozza
1.1. Premessa
«Le opere dell’ingegno si possono tranquillamente stampare, copiare,
diffondere, eseguire in pubblico, mettere in scena, tradurre, vendere e
altro ancora. Ovvero, si può seguire liberamente la propria inclinazione
culturale o i propri obiettivi imprenditoriali senza chiedere il permesso
dell’autore, dei suoi eredi o di altre entità, senza corrispondere royalties,
senza firmare contratti. […] la libertà è amplissima. […] Occorre, in altre
parole, favorire l’adozione di una serie di misure atte a ristabilire un equilibrio tra la legittima tutela degli interessi degli autori e il diritto della
collettività ad accedere e contribuire alla cultura, come affermato, in
maniera forse insuperabile, dall’articolo 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.»
Con le parole di Juan Carlos Martin, abbiamo iniziato il nostro Laboratorio Makarenko. Difatti, è stato l’articolo stesso che ha avviato il nostro percorso accademico di riflessione intorno al tema della pubblicazione su internet del Poema pedagogico. Ed è dalla domanda “è giusto
rendere accessibile a tutti, sul web, la lettura del Poema?” che hanno avuto inizio le nostre discussioni durante le lezioni universitarie, alla presenza del Prof. Siciliani. Si è andato, così, creando un gruppo molto collaborativo e compatto, in cui ogni studente ha avuto la possibilità di esprimere la propria opinione, idea e punto di vista al riguardo. Da qui si
comprende quanto il tema dello stesso Poema, il collettivo, fosse ampiamente esplicato nel nostro laboratorio: ogni studente veniva incoraggiato a condividere il proprio argomento d’interesse con gli altri partecipanti, il che permetteva di acquisire nuove conoscenze e consigli utili
per rendere migliore il proprio lavoro.
L’esposizione scritta a me affidata, ha riguardato un argomento delicato e molto discusso come quello della tutela del diritto d’autore.
Il motivo secondo il quale ho deciso di affrontare questo tema, è legato alla volontà di acquisire maggiori informazioni al riguardo, per potermi creare una visione più ampia e meno superficiale della possibilità,
molto discussa in aula universitaria, di mettere in rete il Poema pedagogico
di Makarenko.
46
Il diritto d’autore nell’era di internet
Il mio intento diventa, quindi, quello di presentare, inizialmente, una
panoramica generale sull’argomento, cercando di esporre, in termini elementari, in cosa consiste questo diritto e quali sono le sue caratteristiche peculiari. Successivamente, ripercorro la storia del diritto d’autore:
da come nacque, alla sua legge più attuale che ne regola l’utilizzo.
Passo poi, nell’ultima parte, a fornire una mia impressione sulla legge
stessa: cerco di estrapolarne i termini che mi hanno colpita in negativo,
aggiungendo delle mie opinioni al riguardo, e adeguate alternative per
poter rendere la legge più adatta ai giorni nostri.
Infine, inserisco il testo di una proposta di legge, trovata da me su
internet, che si propone lo scopo di modificare la legge sul diritto
d’autore in quelle parti citate da me prima. Questa proposta pone
l’accento su ciò che è giusto mantenere e ciò che invece bisogna modificare e rendere più adatto ai giorni nostri e alle esigenze di informazione
e divulgazione che caratterizzano l’attualità.
1.2. Cos’è il diritto d’autore
I diritti d’autore sono monopoli limitati nel tempo, permettono, cioè,
all’autore di autorizzare o vietare utilizzazioni della sua opera, consentendogli, se vuole, di pretendere un compenso per la sua autorizzazione
a diffonderla. Il diritto d’autore gli conferisce, inoltre, diritti patrimoniali
che può trasmettere a terzi tramite una licenza o un trasferimento di diritti (il diritto di rappresentazione e di recitazione, di riproduzione, di
diffusione, di emissione e di ritrasmissione e il diritto di far vedere o udire) .
Ci sono, poi, i diritti morali d’autore che proteggono la relazione personale dell’autore con l’opera, in quanto espressione della sua creatività
e soggettività. L’autore ha inoltre il diritto di stabilire se, quando e a
quali condizioni la sua opera può essere pubblicata, e può avvalersi, anche, del diritto di essere menzionato come autore.
Bisogna fare una netta distinzione tra opere protette e quelle non protette: tra le ultime possiamo elencare le sentenze dei tribunali, leggi, concetti, fascicoli di brevetti, mezzi di pagamento; le opere protette sono:
opere musicali, testi (letteratura, articoli di giornale, ecc.), fotografie,
film, immagini, programmi per computer, carte geografiche, e altro.
La protezione del diritto d’autore viene data in modo automatico, ossia nasce nel momento in cui si fornisce una delle prestazioni definite
dalla legge, creando un’opera e rappresentandola, oppure creando un
Il diritto d’autore nell’era di internet
47
supporto audio o audiovisivo: non è pertanto necessario osservare formalità particolari.
Logicamente, è l’autore che decide cosa fare della propria opera: se
pubblicarla o tenerla per sé, utilizzarla a scopo di lucro o metterla a disposizione gratuitamente; potrebbe anche gestirla personalmente o trasmettere i propri diritti patrimoniali a terzi (casa editrice o società di gestione).
C’è però un’importante limite da rispettare: il «termine di protezione». La protezione si estingue 70 anni dopo la morte dell’autore (50 per i
programmi per computer), e 50 anni dopo l’esecuzione della relativa
prestazione per i diritti di protezione affini. Una volta estinta la protezione, le opere e le prestazioni fornite sono a libera disposizione della
collettività, diventano cioè pubbliche.
1.2.1. Le origini del diritto d’autore
La storia di questo diritto risale fin dai tempi del Medioevo, in cui
veniva usato, come metodo per proteggere le proprie opere, l’inserire le
«maledizioni» all’interno degli scritti. Con l’avvento della stampa, fu
possibile riprodurre in massa le opere letterarie, dando così vita al fenomeno delle ristampe, che accentuò ancora di più il problema del legittimare le opere originali da quelle riprodotte: venne, quindi, creato il
«privilegio di stampa», limitato nel tempo e a determinati ambiti. Il problema era che questo privilegio non era attribuito all’autore, ma agli
stampatori; ciò fa comprendere che in questo periodo non si poteva parlare di diritto d’autore, ma di copyright (diritto sulla copia).
Con l’Illuminismo, gli intellettuali iniziano a comprendere
l’importanza di proteggere le proprie opere artistiche, e nasce così la
«dottrina della proprietà intellettuale»: chi realizza opere di natura immateriale ha lo stesso diritto di un artigiano sulla proprietà dell’opera
medesima. Prende, quindi, avvio l’idea di una stretta correlazione tra
autore e sua opera, creando una sorta di diritto morale d’autore.
All’inizio dell’ottocento, l’Inghilterra, la Francia, la Prussia e altri paesi, iniziano a produrre regole nazionali per gestire la proprietà intellettuale. Mentre, in Svizzera, all’inizio diversi cantoni si oppongono a una
regolamentazione, ma poi, nel 1883, proprio qui entra in vigore la prima
legge sul diritto d’autore. Quindi, la protezione internazionale del diritto
d'autore trova la propria fonte principale nei trattati internazionali, tra
cui bisogna citare il più importante: la Convenzione di Berna, firmato il 9
settembre del 1886, e successivamente revisionato a Berlino, il 13 no-
48
Il diritto d’autore nell’era di internet
vembre 1908, a Roma, il 2 giugno 1928, a Bruxelles, il 26 giugno 1948, a
Stoccolma, il 14 luglio 1967, e infine, a Parigi, il 24 luglio 1971.
In Italia il diritto d’autore inizia ad essere effettivamente considerato
nel 1942, quando entra in vigore una legge ancora oggi in parte vigente:
la «Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio»; il primo articolo diceva:
Sono protette ai sensi di questa legge le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di
espressione. Sono altresì protetti i programmi per elaboratore come opere letterarie ai sensi della Convenzione di Berna sulla protezione delle opere letterarie
ed artistiche ratificata e resa esecutiva con Legge 20 giugno 1978, n. 399, nonché
le banche di dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono
una creazione intellettuale dell'autore.
La tutela, in questo caso, consiste in una serie di diritti esclusivi di
utilizzazione economica dell'opera (diritti patrimoniali dell'autore) e di
diritti morali a tutela della personalità dell'autore, che nel loro complesso costituiscono, appunto, il "diritto d'autore", come pocanzi detto. Questa legge disciplina tuttora la materia, e difatti si fa sempre riferimento
ad essa soprattutto ora che il problema si è fondamentalmente spostato
sul piano virtuale: internet. È proprio a causa di questo potente mezzo di
comunicazione globale, che la legge originaria del 1942 è stata più volte
rivista e modificata per poter essere adattata alle esigenze della realtà attuale. Già con la legge del 1992, nell’articolo 2, si aggiunge che bisogna
tutelare i programmi per elaborare, «in qualsiasi forma espressi purché
originali quale risultato della creazione intellettuale dell’autore» . Ogni
forma di testo, anche breve, è, quindi, tutelata da questa normativa, e
non può essere copiata, riprodotta (anche in altri formati o su supporti
diversi), né tantomeno è possibile appropriarsi della sua paternità. L'unica eccezione prevista dalla legge (art. 70 l. 633/41) è quella di consentire il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o parti di opere letterarie (ma non l'intera opera, o una parte compiuta di essa) a scopo di
studio, discussione, documentazione o insegnamento («l’eccezione alla
protezione per gli utilizzi a fini didattici e scientifici» - 22 aprile 1941, n.
633/41, art. 70. ), purché vengano citati l'autore e la fonte, e non si agisca
a scopo di lucro, sempre che tali citazioni non costituiscano concorrenza
all'utilizzazione economica dell'opera stessa. Solo in questa particolare
ipotesi si può agire senza il consenso dell'autore.
Il diritto d’autore nell’era di internet
49
1.3. Attuale legislazione sul diritto d’autore
La legge al riguardo è stata più volte modificata, come abbiamo visto.
Un’altra modificazione importante è avvenuta nel 2000 con la legge che
regola le «Nuove norme di tutela del diritto d’autore» , che ha introdotto
norme specificatamente dedicate alla protezione delle opere contro i rischi di produzione di quelle registrate su supporti magnetici o elettronici (art. 2 della stessa legge). L’ambito della tutela comprende le opere letterarie, scientifiche, musicali, cinematografiche e fotografiche, i programmi per elaborare (come già visto nella legge n. 518), le banche dati e
opere di disegno industriale, e sancisce la tutela economica di un'opera
fino a che sia trascorso il settantesimo anno dalla morte dell'autore.
Il 7 dicembre 2000, con l’adozione della Carta sui diritti fondamentali
della Comunità Europea, viene introdotto definitivamente il concetto di
«proprietà intellettuale» (art. 2), che viene poi ampliato su base soggettiva e oggettiva della tutela del diritto d’autore grazie ai trattati elaborati
in sede OMPI (Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale) e
in sede UNESCO e agli accordi TRIPS , in vigore per l’organizzazione
mondiale del Commercio.
Nonostante queste leggi che regolano il diritto d’autore, sono tanti i
testi che vengono pubblicati in rete senza l’autorizzazione dell’autore
dell’opera. Oggi tutto questo è facilitato dalla possibilità di riprodurre
un testo scritto dalla carta ad un formato digitale. Per fare ciò è sufficiente avere uno scanner ed un programma di OCR (Optical Character Recognition), che consente al computer di riconoscere i caratteri e riprodurli in un qualsiasi programma per la scrittura di testi. Ciò consentirebbe
dunque a chiunque di riprodurre su un sito, interi libri, magari appena
pubblicati, e renderli anche “scaricabili” dal sito stesso. In realtà, se si facesse tale genere di operazioni si potrebbe incorrere, una volta scoperti,
oltre che alla rimozione dei testi, alle sanzioni penali previste dall'art.171
della 633/41 che prevede una multa e addirittura la reclusione.
1.4. Critica alla legge in vigore
Passiamo al prendendo in esame la modifica della legge principale
del 1942, quella del ‘92, che ha ammodernato, in un certo senso, la regolamentazione del diritto d’autore: si notano da subito le varie ambiguità
e le rigide ristrettezze che la caratterizzano. Il punto che per primo mi ha
impressionato, è quello in cui viene citata come avente diritto di essere
50
Il diritto d’autore nell’era di internet
pubblicata su internet, la sola musica o immagini artistiche: non si fa,
quindi, nessun riferimento ad opere letterarie.
Si utilizza, inoltre, il termine degradante riferito alle immagini, senza
dare alcuna definizione o riferimento in proposito. In più, si parla di usi
didattici o scientifici senza fornire una qualche spiegazione; e, cosa più
importante, non si parla di utilizzazioni con scopi divulgativi non a fini
di lucro, come invece dovrebbe essere.
A mio parere, il buon senso dovrebbe portare a pensare che tutto ciò
che è disponibile gratis su internet, deve poter essere riprodotto gratis,
alla sola condizione che la riproduzione non abbia fini di lucro. Questa
eccezione per l’utilizzazione delle opere, per finalità didattiche e scientifiche, mira, quindi, a conciliare da una parte i legittimi interessi degli autori, e dall’altra l’obiettivo generale dell’accesso alla conoscenza. Dunque, questa particolare formulazione sembra, per me, troppo restrittiva e
controproducente per la diffusione dell’era digitale: un esempio da fare
può essere quello del mettere in rete solo estratti dell’opera protetta anziché l’opera integrale.
Penso, sia quindi inaccettabile che a causa di una legge inadeguata al
contesto tecnologico in cui ci troviamo, si debba ancora sottostare a censure ingiustificate e immotivate. Bisognerebbe, dunque, muoversi in
questo senso, per poter permettere alle nuove generazioni di non essere
private della possibilità di esprimersi nel modo che è loro più congeniale. Un primo passo è stato fatto grazie alla creazione di siti web che
coinvolgono gli utenti nella creazione e distribuzione di contenuti, come
i blog, o wikipedia, che portano i lettori ad assumere un ruolo più attivo
e collaborativo nella creazione di testi e nella diffusione delle conoscenze.
Quello che noto io, quindi, è che oggi la tendenza è del tutto opposta
a questo buon senso: si vieta tutto su internet e quindi anche qualsiasi
uso di testi, immagini o suoni; il che va contro il desiderio di far crescere
il web.
Bisognerebbe, dunque, cominciare a riflettere sul fatto che la digitalizzazione dei libri può permettere la conservazione delle conoscenze
per le future generazioni e per gli utenti più prossimi.
È, però da sottolineare che, nonostante l’esistenza di questa legge,
internet offre, comunque, una quantità vastissima di informazioni non
filtrate da nessuna autorità editoriale. A mio parere, questa opportunità
rappresenta un significativo progresso democratico, in quanto consente
a tutti di entrare in possesso di informazioni utili; ma se da un lato appoggio la diffusione di testi su internet, devo anche ammettere che una
Il diritto d’autore nell’era di internet
51
grande libertà in questo senso, comporta alcuni rischi dovuti alla mancanza di controlli, che non permette di garantire l’attendibilità di quanto
si legge o vede sulla rete; ma in questo frangente bisogna affidarsi alla
propria intelligenza, necessaria per discernere da ciò a cui si può fiduciosamente attingere, a ciò che va invece analizzato con occhio più critico e attento.
Per di più, ho notato che, un altro difetto che viene fuori dall’analisi
di questa legge tuttora in vigore, è il fatto evidente e sconcertante di come questa norma si presti alle più disparate interpretazioni e sia, di conseguenza, molto difficile da applicare.
1.4.1. Esempio di ottimizzazione della legge attuale
Aggiungo, infine, un testo trovato proprio in rete, molto interessante
in quanto pone l’accento su tutti questi difetti che la legge presenta, e
cerca di porvi rimedio: una proposta di legge, che va a modificare quella
storica del 1942, presentata il 23 giugno dello scorso anno dal deputato
Cassinelli. Penso sia doveroso, a fronte delle affermazioni fatte finora,
esplicitare queste modifiche apportate alla legge in questione, in quanto
vanno esattamente nella direzione delle mie opinioni pocanzi espresse.
Nell’articolo 1 si prende in considerazione l’articolo 13 della legge originaria, e vengono eliminate le parole «copiatura a mano, la stampa, la
litografia, l’incisione, la fotografia, la fonografia, la cinematografia ed
ogni altro procedimento di riproduzione».
Nell’articolo 6, si modifica l’articolo 68 della legge del ’42, sostituendo
il secondo comma con «È libera la riproduzione, con qualsiasi mezzo, di
opere esistenti nelle biblioteche accessibili al pubblico, negli istituti di istruzione, nei musei pubblici o negli archivi pubblici, nelle discoteche e
cineteche dello Stato e degli enti pubblici, effettuata dai predetti organismi per i propri servizi, senza alcun vantaggio economico o commerciale
diretto o indiretto».
Nell’articolo 8 viene modificato l’articolo 70 della legge; il comma
uno viene sostituito con: «Sono libere la riproduzione e la comunicazione al pubblico, compresa la messa a disposizione in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, di opere e di altri materiali protetti quando l’utilizzo abbia esclusivamente finalità illustrativa per uso didattico o di ricerca scientifica, di
critica e di discussione e a condizione che, salvo in caso di impossibilità,
si indichi la fonte, compreso il nome dell’autore. In ogni caso, sono liberi
il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la
52
Il diritto d’autore nell’era di internet
loro comunicazione al pubblico, compresa la messa a disposizione in
maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento
scelti individualmente, se effettuati per uso di critica o di discussione,
nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza
all’utilizzazione economica dell’opera. Il riassunto, la citazione o la riproduzione devono essere sempre accompagnati dalla menzione del titolo dell’opera, dei nomi dell’autore, dell’editore e, se si tratta di traduzione, del traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull’opera riprodotta».
L’articolo 71 della legge del 1942, porta la sostituzione del primo
comma con: «È libera la riproduzione di fonogrammi e videogrammi, su
qualsiasi supporto, effettuata da una persona fisica per uso personale,
purché senza scopo di lucro direttamente derivante dall’attività di riproduzione e senza fini direttamente o indirettamente commerciali, anche nel caso in cui all’opera siano apposte misure tecnologiche di protezione di cui all’articolo 102-quater».
Dopo l’articolo 71 decies dell’originale, viene aggiunto un 71 undecies: «Le libere utilizzazioni di cui al presente capo non possono essere
impedite per contratto né attraverso l’apposizione all’opera di misure
tecnologiche di protezione di cui all’articolo 102-quater».
Viene infine inserito un ulteriore sezione all’articolo 69, chiamato 69
bis: «Ai sensi della normativa vigente in materia di deposito legale, le
biblioteche nazionali centrali, nonché gli istituti indicati come depositari
delle opere destinate all’uso pubblico raccolgono, conservano, documentano e rendono accessibili tali opere. Gli istituti depositari di cui al
comma 1, sono, in particolare, autorizzati alla conservazione e alla riproduzione delle opere pubblicate su supporti digitali o diffuse tramite
rete informatica nei modi adeguati alle esigenze dei loro servizi e alle
specificità delle opere stesse, per le quali garantiscono l’accesso a utenti
registrati nei modi e nei tempi stabiliti da accordi con i titolari dei relativi diritti».
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
Ilaria Carducci
Intervista
Un gruppo di studenti della Facoltà di Filosofia, dell’Università “La
Sapienza” di Roma, sta collaborando insieme ad alcuni docenti per legittimare la messa in rete di un lavoro collettivo, svolto dal 1920 al 1935,
dal pedagogista Anton Semënovič Makarenko, nei pressi di Poltava in
Ucraina, con dei ragazzi senza tutela: i besprizornye.
La parte del lavoro curata da Ilaria Carducci, consiste in un’intervista,
che vuole conoscere il punto di vista individuale e collettivo di un campione di 120 soggetti sulla seguente questione:
“La pubblicazione di un libro on line, già da tempo in vendita in libreria, porta a:
- un allargamento della conoscenza del libro e dell’autore;
- uno screditamento dell’autore;
- un ampliamento della lettura del libro on line e contemporaneamente un abbassamento della vendita cartacea;
- un ampliamento della lettura del libro on line e contemporaneamente un innalzamento della vendita cartacea,
- nessuna modificazione della situazione già esistente”.
Il campione è equiparato tra uomini e donne e suddiviso in base al
parametro età in 6 gruppi:
- 20 soggetti tra i 14 e i 18 anni;
- 20 soggetti tra i 19 e i 25 anni;
- 20 soggetti tra i 26 e i 35 anni;
- 20 soggetti tra i 36 e i 45 anni;
- 20 soggetti tra i 46 e i 55 anni;
54
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
- 20 soggetti dai 56 in poi.
L’obiettivo è il progetto di un’ipotetica prospettiva collettiva makarenkiana on line, sulla base delle risposte date nell’intervista.
Tecnica di rilevazione utilizzata:
Intervista strutturata a domande aperte e risposte libere
QUESITO:
“La pubblicazione di un libro on line, già da tempo in vendita in libreria, porta a:
- un allargamento della conoscenza del libro e dell’autore;
- uno screditamento dell’autore;
- un ampliamento della lettura del libro on line e contemporaneamente un abbassamento della vendita cartacea;
- un ampliamento della lettura del libro on line e contemporaneamente un innalzamento della vendita cartacea,
- nessuna modificazione della situazione già esistente”.
RISPOSTE DATE DAL PRIMO GRUPPO:
SOGGETTI TRA I 14 E 1 18 ANNI
UOMINI CON LA TERZA MEDIA
1: «Io lo leggo on line, non lo comprerei perché sprecare i soldi?».
2: «Io lo compro, non amo stare davanti al computer, soprattutto se
costa poco».
3: «Io lo leggo on line, poi se mi suscita particolar interesse me lo vado a comprare, fino adesso non è mai successo. Comunque non si sa
mai. Pubblicatelo interamente».
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
55
4: «Se ne pubblicate metà io neanche inizio a leggerlo. Se vedo che mi
interessa il libro lo vado a comprare dopo aver letto qualche capitolo».
UOMINI DIPLOMANDI
5: «Non mi piace leggere sul computer. Se il libro mi piace me lo
compro in libreria. Pubblicarne tutto o metà del libro secondo me non
cambia nulla, se il soggetto è interessato lo compra se no non lo compra».
6: «Io lo leggerei su internet, non lo comprerei. Forse è meglio metterne metà così se mi interessa me lo vado a comprare».
7: «Io se posso lo scaricherei e stamperei per leggerlo ma, se il libro
costa meno in libreria che stamparlo da casa, me lo compro. Lo inizio a
leggere sul computer e poi vado in libreria. Tutto o metà pubblicazione
non cambia nulla».
UOMINI DIPLOMATI
8: «Io lo leggo on line. Il mondo oramai va verso internet non è più
internet che va verso il mondo».
9: «Io lo leggo sicuramente on line. Sono abituato a questo tipo di lettura».
10: «Io ho difficoltà a stare davanti allo schermo per un tempo prolungato, quindi se il libro mi interessa lo vado a comprare».
DONNE CON LA TERZA MEDIA
11: «Io lo comprerei se fosse pubblicata la metà del libro on line, per
vedere come termina. Se fosse pubblicato tutto credo che non lo comprerei. Se il libro una volta era comodo perché poteva essere letto dappertutto, ora anche il computer portatile ti permette questo. Quindi vi consiglio di pubblicarne la metà.»
56
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
12: «Io quando trovo qualcosa che mi interessa on line la leggo direttamente senza stamparla, sia se sono articoli che libri».
13: «Io se mi interessa e costa poco lo compro in libreria».
14: «La lettura on line è più stancante. A me già non piace leggere
quindi se mi interessa me lo vado a comprare».
DONNE DIPLOMANDE
15: «Io lo leggo on line è gratis! Quindi se volete guadagnarci pubblicatene metà».
16: «Io lo leggo on line e se mi piace gli farei pubblicità con face
book».
17: «Io lo leggo on line ho l’abbonamento on line 24 ore su 24, pago
già quello non vedo perché me lo dovrei andare a comprare».
DONNE DIPLOMATE
18: «La tecnologia ormai ti permette di leggere on line senza alcun
sforzo, io approfitterei dell’opportunità se lo pubblicate interamente».
19: «Io lo compro di sicuro, odio il computer».
20: «Io lo comprerei la lettura di un libro cartaceo è tutt’altra cosa, distruggere anche questo non lo permetto proprio per quanto mi riguarda».
RISPOSTE DATE DAL SECONDO GRUPPO:
SOGGETTI TRA I 19 E I 25 ANNI
UOMINI CON LA TERZA MEDIA
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
57
21: «Non mi piace leggere sul computer. Se il libro mi piace me lo
compro in libreria. Pubblicarne tutto o metà del libro secondo me non
cambia nulla, se il soggetto è interessato lo compra se no non lo compra».
22: «Io leggo poco, comunque se l’argomento mi interessa preferisco
leggerlo su carta. Lo stamperei dall’ufficio, non lo comprerei».
23: «A me se il libro piace me lo compro, la rete me lo fa conoscere
per questo vedo utile la vostra pubblicazione».
UOMINI DIPLOMATI
24: «Quando trovo qualcosa che mi interessa on line me lo scarico e
me lo stampo; non verifico quanto costa il libro. Secondo me è meglio
metterne una parte on line, così a chi interessa se lo va poi a comprare
per vedere come evolve la storia del libro».
25: «Io me lo leggerei su internet ma, se il libro costa poco me lo compro. Vi consiglio di pubblicarne la metà per aumentare la curiosità del
lettore».
26: «Io con il computer ci lavoro 16 ore su 24, leggere anche un libro
on line sarebbe un suicidio, pubblicatelo tutto lasciando al lettore la scelta di come leggerlo».
UOMINI LAUREANDI
27: «Io lo comprerei cartaceo se spendo di più a stamparlo. Leggere
tanto sul computer mi da fastidio, più di un’ora non riesco a leggere sul
monitor mi scende la concentrazione. Mettetene metà on line solo per far
fare un’idea al lettore, che se è incuriosito poi lo compra».
28: «Se volete venderlo mettete metà altrimenti la maggior parte delle
persone lo legge on line, come me d'altronde».
58
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
UOMINI LAUREATI
29: «Se il libro mi piace e costa poco me lo compro, però non lo pubblicherei tutto on line, ne metterei solo un assaggio».
30: «Io se lo trovo on line me lo leggo on line, è più facile come quando leggi le notizie del giornale. Pubblicatelo tutto se volete farlo conoscere».
DONNE CON LA TERZA MEDIA
31: «Lo leggerei on line non lo andrei a comprare. Meglio pubblicarlo
interamente per far conoscere l’autore. Io mi urterei se a metà lettura mi
accorgessi che per sapere la fine del libro dovrei comprarlo. Neanche lo
leggerei».
32: «Io lo vado a comprare sia se lo pubblicate tutto che metà».
33: «Io lo leggo on line, approfitto dell’occasione una volta ogni tanto
che ci sono».
DONNE DIPLOMATE
34: «Non leggerò mai un libro on line. Internet amplia la conoscenza
dell’autore. Conosco il testo tramite internet e lo vado a comprare in libreria. Già non ci vedo, leggere sul computer nuocerebbe ancor più alla
mia salute. Per far si che il libro venga acquistato vi consiglio di pubblicarne metà».
35: «Io valuterei il modo più economico per leggere il testo. Se
internet mi permette di leggerlo io ne approfitto. Dato il periodo di crisi
economica lo pubblicherei tutto se volete ampliare la conoscenza
dell’autore».
36: «Io lo vado a comprare, non amo stare troppe ore davanti al computer, e sopratutto non riuscirei a comprendere bene ciò che l’autore
vuole trasmettere».
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
59
DONNE LAUREANDE
37: «Io proprio ora sto facendo un esame in piattaforma on line. Il
professore ha messo a disposizione degli studenti tutti i libri on line e
chi vuole ovviamente può comprarli in libreria. Una ragazza del corso
ha suscitato un dibattito, una polemica nei confronti del docente su questa questione, sostenendo che leggere un libro, sfogliarlo, sentirne
l’odore delle pagine è tutta un’altra cosa. Secondo questa ragazza la
pubblicazione on line fa perdere valore al libro. Io personalmente non la
penso proprio così. Per l’esame ho comprato i libri dopo averli letti su
internet. Però vi consiglio di metterne metà se volete venderlo».
38: «Io lo leggerei sul computer non lo comprerei, anche perché se
voglio rileggerlo so che è li non vedo perché dovrei comprarlo».
DONNE LAUREATE
39: «Io lo leggerei tutto on line, poi se mi piace me lo vado a comprare. Pubblicarne tutto o metà del libro secondo me è indifferente;
l’importante è che mi interessi.»
40: «Io lo compro, il libro cartaceo è tutta un’altra cosa. Non leggo
mai più di dieci pagine sul computer, stampo sempre tutto. Dato che il
libro costa poco me lo compro e non lo stampo».
RISPOSTE DATE DAL TERZO GRUPPO:
SOGGETTI TRA I 26 E 1 35 ANNI
UOMINI CON LA TERZA MEDIA
41: «Io non leggo quasi mai niente al di fuori del calcio. Però non si sa
mai!».
60
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
42: «Io leggo poco, e on line non leggo proprio. Quindi se mi interessa
ma, deve proprio interessarmi me lo vado a comprare senza pensare a
quanto costa».
43: «Io me lo leggo on line sono abituato a passare molte ore davanti
al PC. Non leggo un libro dai tempi delle medie».
UOMINI DIPLOMATI
44: «Internet amplia la conoscenza dell’autore e del testo. Permette di
ottenere un prodotto a zero costi, io lo leggerei on line».
45: «Secondo me il libro on line porta ad uno screditamento
dell’autore e non lo legge nessuno».
46: «Io lo leggo cartaceo, avrei più tempo per leggerlo».
UOMINI LAUREANDI
47: «La pubblicazione on line porta sicuramente ad un allargamento
della conoscenza dell’autore ma contemporaneamente ad un abbassamento della vendita cartacea. Io lo leggerei on line».
48: «Io passo molto tempo davanti al PC ma, leggere un libro no. Lo
compro».
UOMINI LAUREATI
49: «Bèh se mi piace lo vado a comprare sono un po’ tradizionalista
io».
50: «Io lo compro, la rete non mi permette di entrare nella storia in
prima persona, non so se mi spiego?».
DONNE CON LA TERZA MEDIA
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
61
51: «Io lo comprerei se fosse pubblicata la metà del libro on line, per
vedere come termina. Se fosse pubblicato tutto credo che non lo comprerei. Se il libro una volta era comodo perché poteva essere letto dappertutto, ora anche il computer portatile ti permette questo. Quindi vi consiglio di pubblicarne la metà».
52: «Io lo comprerei. La lettura è un piacere che il computer non ti
può trasmettere. Io vi consiglio di metterlo intero, il libro nasce così ed è
giusto pubblicarlo in questo modo».
53: «Io lo scarico e lo leggo on line. Se l’obiettivo è la vendita del libro
pubblicatene la metà, così una volta iniziato a leggere se ti piace lo compri per leggerlo tutto. Metà pubblicazione del libro è un incentivo alla
vendita: 7 su 10 lo comprerebbero».
DONNE DIPLOMATE
54: «Trovando tutto il libro on line non lo vado a comprare di certo;
scorro velocemente e mi stampo quello che mi interessa. Ad esempio nei
corsi d’aggiornamento che seguo vengono consigliati dei libri da comprare ma, quando li trovo on line mi stampo quello che mi serve. Quando si lavora da tanto e si ha una certa esperienza, ricolleghi quanto leggi
al tuo passato. La sete di sapere che hai da giovane diminuisce. Trovo
molte ripetizioni nei testi, cose che ho sperimentato in prima persona e
autori che mostrano la scoperta dell’acqua calda. Non pubblicatelo tutto
ma, solo tratti che suscitino curiosità. Non perde il prestigio bensì il valore economico del libro».
55: «Io su Internet preferisco leggere piccoli stralci sull’autore, amo la
libreria e non le stampe fai da te. Non pubblicatelo interamente, internet
fa perdere il fascino della struttura del libro».
56: «Il libro letto on line non è un libro. Perde di fascino. Se il libro mi
piace io lo compro in libreria anche perché io amo rileggerlo dopo passato del tempo. La rilettura di un libro dopo tanto tempo mi fa scoprire
tratti del libro estranei alla prima lettura».
DONNE LAUREANDE
62
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
57: «Mettere tutto il libro on line non porta sicuramente all’acquisto.
Io lo leggerei on line».
58: «Il libro letto on line non è un libro. Perde di fascino. Se il libro mi
piace io lo compro in libreria anche perché io amo rileggerlo dopo passato del tempo. La rilettura di un libro dopo tanto tempo mi fa scoprire
tratti del libro estranei alla prima lettura».
DONNE LAUREATE
59: «A me piace sfogliare il libro, amo il contatto con le pagine, tenerlo a casa, avere una piccola biblioteca. La pubblicazione on line per me
non ha alcun significato. Io i testi tramite internet non li compro, vado in
libreria. Pubblicherei metà libro se vi devo dare un consiglio, per incoraggiare il lettore a conoscere l’autore, dando un assaggio del contenuto.
Io non farei parte di questo gruppo naturalmente, sono poco tecnologica».
60: «Io non uso internet non sono capace. Lo leggerei on line se mio
marito me lo scaricasse e se mi piace lo comprerei comunque. Per venderlo ne metterei una parte del testo on line, per darne un’idea e se il lettore è incuriosito lo va a comprare».
RISPOSTE DATE DAL QUARTO GRUPPO:
SOGGETTI TRA I 36 E 1 45 ANNI
UOMINI CON LA TERZA MEDIA
61: «Io internet non lo uso, quindi non posso esservi d’aiuto».
62: «Io se me lo consiglia qualche amico lo vado a comprare, non lo
conoscerei tramite la rete».
63: «Io lo vado a comprare, almeno nella lettura del libro voglio rilassarmi. Internet però è utile. Pubblicatelo tutto».
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
63
UOMINI DIPLOMATI
64: «La pubblicazione on line permette un allargamento della conoscenza dell’autore e del libro ma, abbasserebbe la vendita cartacea. Io lo
leggerei on line il testo».
65: «Internet permette di far conoscere il libro ma, allo stesso tempo
abbassa le vendite, io comunque il libro lo comprerei se mi interessa».
66: «La pubblicazione on line del testo permette di far conoscere
l’autore e il libro a più persone. Io lo leggerei on line il testo».
UOMINI LAUREANDI
67: «Secondo me la messa in rete porta ad un allargamento della conoscenza dell’autore e del libro ma, ad un abbassamento della vendita
cartacea. Io preferisco comprarlo ma non tutti la pensano come me.
Internet può essere utilizzato per dare delle informazioni generali ma
non per pubblicare un libro intero».
68: «Io lo leggerei on line e poi cartaceo per assaporare le due versioni
e notare le sensazioni diverse che provocano».
UOMINI LAUREATI
69: «Il libro secondo me perde di valore non va pubblicato on line. Io i
libri li compro in libreria».
70: «Io lo leggo on line, lavoro molto con il computer, quindi mi è più
comodo».
DONNE CON LA TERZA MEDIA
71: «Io lo comprerei il libro, lo voglio avere sempre con me così
quando ho il tempo posso leggerlo. Per leggerlo tramite internet dovrei
avere determinate occasioni. Internet mi permettere di conoscere
64
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
l’autore, lo pubblicherei tutto perché se vedessi che il libro è metà neanche lo leggerei».
72: «Io lo compro il libro se mi interessa. Metterlo tutto o metà secondo me non cambia nulla. Internet mi permette di conoscere il libro tutto
qua. Il libro preferisco leggerlo cartaceo».
73: «Io lo acquisterei in libreria, internet mi permette di conoscere il
libro. Non lo pubblicherei tutto on line ma, solo le parti significative.
Internet per me è molto freddo».
DONNE DIPLOMATE
74: « Io pubblicherei solo la parte centrale del libro, che invoglia il lettore all’acquisto. Mettere tutto il testo non porta all’acquisto. Io non lo
comprerei».
75: «Un libro che mi piace ho l’abitudine di rileggerlo nel tempo.
Internet oggi mi permetterebbe questo ma, io sono tradizionalista e amo
sentire il libro tra le mani. Internet è freddo. Quindi lo comprerei. Ne
pubblicherei metà per stimolare i ragazzi a comprarlo».
76: «Io amo i libri. Internet non lo utilizzo. Pubblicatelo tutto, chi ama
il libro lo compra».
DONNE LAUREANDE
77: «La pubblicazione di tutto il testo on line porta secondo me ad
uno screditamento dell’autore e ad un ampliamento della lettura on line
e ad un abbassamento della vendita cartacea. Io farei più un sunto del
testo e se interessa si compra».
78: «La messa in rete del testo secondo me porta ad un ampliamento
della lettura generale del testo on line e cartacea. Se al lettore piace lo
compra».
DONNE LAUREATE
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
65
79: «Io lo comprerei sicuramente. Non amo stare davanti al PC, figuriamoci se dovessi leggerci un libro. Diventerei pazza».
80: «Io preferisco comprarlo. Ho difficoltà di lettura sul computer. Lo
pubblicherei tutto per dare l’opportunità a chi vuole di scaricarlo e leggerlo on line».
RISPOSTE DATE DAL QUINTO GRUPPO:
SOGGETTI TRA I 46 E 1 55 ANNI
UOMINI CON LA TERZA MEDIA
81: «Io non so scrivere neanche i messaggi con il cellulare, figuriamoci
internet! Se mi parlano del libro e mi piace vado in libreria e lo compro.
Sono antitecnologico».
82: «Se pubblicate il libro intero minimo il 75% delle persone non lo
compra, anche se costa poco, poiché il 40% della gente che lavora negli
uffici pubblici se lo stampa gratis. Il libro poi occupa spazio e quindi tanti lo leggono su internet».
83: «Io lo compro se me lo consiglia qualcuno, viaggio poco in rete».
UOMINI DIPLOMATI
84: «Io sono di quelli che legge il libro e se lo dimentica. Lo leggerei
on line e se mi piace lo comprerei per regalarlo. La diffusione on line è
del momento quindi come pubblicità è ottima. Se pubblicate metà libro è
come non metterlo, io neanche aprirei il file, ho altro da vedere».
85: «La messa in rete del testo porta ad un ampliamento della lettura
del libro on line e ad un innalzamento della vendita cartacea, poiché tutti quelli come me comprerebbero il testo se interessante».
86: «Secondo me la pubblicazione on line del testo non comporta nessuna modificazione della situazione già esistente».
66
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
UOMINI LAUREANDI
87: «La messa in rete porta ad un ampliamento della conoscenza on
line e ad un abbassamento delle vendite cartacea. Io lo leggo on line perché posso risparmiare».
88: «Io lo leggo on line, a lavoro ho più tempo».
UOMINI LAUREATI
89: «La rete fa conoscere sicuramente di più il testo e l’autore, non lo
pubblicherei tutto per paura di abbassare le vendite cartacee. Io lo leggerei cartaceo».
90: «La rete porta ad un ampliamento della vendita cartacea, a chi il
libro colpisce lo compra. Se il libro mi piace io lo compro».
DONNE CON LA TERZA MEDIA
91: «Io lo comprerei ma, gli altri credo di no. Metterei per questo solo,
ad esempio, la prefazione del testo per incuriosire il lettore, come nel caso del cinema che se sai la fine del film non lo vai a vedere. Bisogna portare il lettore a comprarlo e per questo non pubblicatelo tutto, bisogna
incuriosire dare il la».
92: «Io lo leggerei on line perché mi trovo sul computer, lo trovo più
comodo e poi non si paga. Se costa poco però me lo compro».
93: «Io lo compro soprattutto se costa poco. Internet mi aiuta a farmi
un’idea dell’autore».
DONNE DIPLOMATE
94: «Questa domanda se veniva posta 20 anni fa tutto era diverso, la
realtà era diversa, la tecnologia. Oggi quando a me serve trovare
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
67
un’infor-mazione la cerco subito on line e no sull’enciclopedia “Tre Cani” che ho a casa. Internet ci permette di fare tutto, in questo caso di conoscere l’autore. Nel mio caso io sbircerei on line di che tratta il libro ma,
poi lo andrei sicuramente a comprare se mi interessa. La lettura del libro
è più rilassante».
95: «Io se trovo il libro on line non lo comprerei sono sincera e per
questo vi consiglio di metterne metà, così poi a chi interessa saperne la
fine se lo compra».
96: «Io internet non lo so proprio utilizzare, quindi lo comprerei solo
in libreria. Sono antitecnologica! Come si chiama il libro? Mi hai incuriosito lo voglio acquistare».
DONNE LAUREANDE
97: «Io lo comprerei in ogni caso così che quando voglio posso leggerlo. Pubblicatelo interamente».
98: «Lo scaricherei e lo leggerei interamente sul computer. Non lo
comprerei. Se volete venderlo mettetene metà è più utile alla vendita, le
persone se incuriosite lo comprano per conoscerne la fine».
DONNE LAUREATE
99: «Io utilizzo internet ma leggere sul computer mi comporta molta
fatica. Mi piace curiosare ma leggere un testo lungo proprio no. Lo comprerei il testo anche se pubblicato interamente. Non tutti però sono come
me, ad esempio mia figlia lo scaricherebbe e non lo comprerebbe».
100: «Secondo me la pubblicazione on line del testo scredita l’autore.
Io lo acquisterei se mi interessa assolutamente cartaceo».
RISPOSTE DATE DAL SESTO GRUPPO:
SOGGETTI DAI 56 IN POI
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Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
UOMINI CON LA TERZA MEDIA
101: «Io lo compro, internet mi permette di conoscerlo ma, la lettura
che ti permette di avvicinarti all’autore è quella cartacea».
102: «Io lo compro, soprattutto perché costa poco».
103: «Io lo leggo on line, siamo pieni di libri in casa, sarebbe ulteriore
carta in giro».
UOMINI DIPLOMATI
104: «Io lo leggerei dal vivo, on line il libro perderebbe il suo fascino.
Non cambia nulla pubblicarlo tutto o metà».
105: «Io lo compro, vedo molto utile la pubblicazione on line. Pubblicatelo tutto altrimenti il lettore potrebbe sentirsi preso in giro e obbligato
a comprarlo per conoscere la fine e per questo neanche aprire il file e conoscere l’autore».
106: «Pubblicatene metà se volete venderlo.».
UOMINI LAUREANDI
107: «Io nonostante uso molto internet, la lettura di un libro amo farla
cartacea per arrivare all’autore, al lavoro che questo ha svolto».
108: «Io nonostante odio la rete lo leggerei on line, mia moglie mi caccia di casa se vede un altro libro, fra un po’ usciamo di casa noi per
quanti libri ho comprato».
UOMINI LAUREATI
109: «Oggi esistono molti libri on line. Comunque io la lettura su piacere la faccio su carta, mentre la lettura per dovere, per studio, la faccio
on line. Io lo comprerei soprattutto perché è un romanzo. Io amo la carta
ma, le cose stanno cambiando».
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
69
110: «Io lo compro in libreria, pubblicatelo tutto per lasciare libertà ai
lettori».
DONNE CON LA TERZA MEDIA
111: «Io con internet ho poca familiarità, però usufruirei del servizio
gratuito, poi se mi interessa lo vado a comprare valutandone i costi. A
livello strategico metterei solo qualcosa del testo che catturi l’interesse e
porti all’acquisto».
112: «Io lo leggo on line approfittandone del servizio vista la crisi attuale».
113: «Io appartengo ad un’altra generazione, che ama la carta, il profumo della carta. Personalmente lo comprerei».
DONNE DIPLOMATE
114: «Io lo comprerei in libreria, Internet mi permette di avere delle
informazioni sull’autore. Lo pubblicherei tutto».
115: «Io lo metterei nelle scuole, lavorando con il Crossing Book, lasciando il libro in posti affollati. Internet allarga la prospettiva
dell’autore. Io se mi interessa lo compro cartaceo. Il libro va toccato, annusato. Darei l’opportunità al lettore di scegliere se comprarlo o leggerlo
on line e per questo lo pubblicherei interamente on line».
116: «Io amo la carta, toccare i libri. L’idea di internet mi piace, permette di farsi un’idea dell’autore, di vedere se l’argomento interessa. Il
libro a differenza del computer permette di sottolineare le cose ritenute
più importanti. Inoltre il computer nelle famiglie molto spesso si condivide tra i fratelli e i genitori. Io a casa ho due computer ma, ci lavorano
quasi sempre i miei figli, non avrei il modo di leggere un testo con attenzione. Io pubblicherei quello che basta per far capire di che tratta il libro.
Una recensione. La pubblicazione on line è utile soprattutto per i giovani, mio figlio se trovasse un testo on line sicuramente lo leggerebbe da lì
senza stare a pensare a quanto costa il libro cartaceo».
70
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
DONNE LAUREANDE
117: «Io lo compro assolutamente in libreria, leggere e non pubblicare
un libro on line, significa screditare un autore. Quindi pubblicatelo tutto
e chi veramente vuole avvicinarsi all’autore lo comprerà».
118: «A me piace il materiale cartaceo. Il computer mi trasmette tristezza. Internet però mi permette di conoscere l’autore, il tema trattato.
Secondo me è giusto pubblicare la versione completa del testo così chi
vuole può leggerlo on line e altri come me lo comprano».
DONNE LAUREATE
119: «Se un libro mi piace io lo compro è indifferente per me metà o
tutta la pubblicazione. Non leggerei mai un libro on line».
120: «La pubblicazione on line allarga la conoscenza dell’autore, io lo
compro in libreria perché la lettura in rete è dannosa per i miei occhi e
poco rispettosa verso un autore, che ha dedicato una vita al suo lavoro».
Risultati
Dall’intervista emergono moltissimi punti di vista, che mettono in luce i vantaggi del digitale e del cartaceo.
Sinteticamente viene fuori che il digitale permette di leggere con molto meno spazio, di allargare la conoscenza dell’autore, di avere più informazioni, di approfondire ciò che non si capisce, di consumare meno
carta e abbattere meno alberi, di risparmiare. Sono pochi quelli che ritengono che internet possa screditare l’autore.
Anche i vantaggi del cartaceo risultano essere molti: ti permette di
avere sempre dietro il testo e leggerlo in ogni momento utile senza aver
paura che ti si possa scaricare; di distrarti meno; di non diventare cieco;
di provare la bellissima sensazione della carta tra le mani e poterne sentire l’odore.
La media complessiva sui 120 soggetti è:
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
71
- 41 soggetti, di cui 20 donne e 21 uomini, preferiscono leggere un
libro on line se gli viene offerta gratuitamente la possibilità.
- 76 soggetti, di cui 41 donne e 35 uomini, nonostante l’offerta gratuita preferiscono acquistare il libro.
I risultati mostrano che la percentuale di lettura on line è maggiore
nei soggetti tra i 14 e i 18 anni e diminuisce con l’avanzare dell’età con
un’accezione nei soggetti del campione che hanno tra i 46 e i 55 anni,
dove la percentuale dei lettori on line è uguale al terso gruppo di soggetti (26-35 anni).
La media di ogni singolo campione risulta essere infatti:
- nel primo gruppo di soggetti tra i 14 e i 18 anni
11 sono i lettori che preferiscono la lettura on line, di cui 6 donne e 5
uomini e
9 sono i lettori che amano il cartaceo, di cui 4 donne e 5 uomini;
- nel secondo gruppo di soggetti tra i 19 e i 25 anni
9 lettori sono i lettori che preferiscono la lettura on line, di cui 5
donne e 4 uomini e
12 sono i lettori che amano il cartaceo, di cui 6 donne e 6 uomini;
- nel terzo gruppo di soggetti tra i 26 e i 35 anni
7 sono i lettori che preferiscono la lettura on line, di cui 4 donne e 3
uomini e
12 sono i lettori che amano il cartaceo, di cui 6 donne e 6 uomini;
- nel quarto gruppo di soggetti tra i 36 e i 45 anni
4 sono i lettori che preferiscono la lettura on line, di cui 1 donna e 3
uomini e
14 sono i lettori che amano il cartaceo, di cui 8 donne e 6 uomini;
- nel quinto gruppo di soggetti tra i 46 e i 55 anni
7 sono i lettori che preferiscono la lettura on line, di cui 3 donne e 4
uomini e
13 sono i lettori che amano il cartaceo, di cui 8 donne e 5 uomini;
- nel sesto gruppo di soggetti tra i 56 anni in poi
72
Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista
3 sono i lettori che preferiscono la lettura on line, di cui 1 donna e 2
uomini e
16 sono i lettori che amano il cartaceo, di cui 9 donne 7 uomini.
Rilevanti sono stati inoltre i pareri sulla pubblicazione intera o di una
parte del libro on line:
24 sono stati i soggetti che ritengono utile dare al lettore una versione completa del testo, lasciando libera la scelta sull’acquisto;
30 sono stati i soggetti che consigliano di pubblicarne metà se il fine
è portare il lettore a conoscere l’autore e al successivo acquisto;
8 sono stati i soggetti che non trovano differenze sulla questione,
poiché se il lettore è interessato in entrambi i casi compra il libro;
2 sono stati i soggetti che sostengono che nell’acquisto di notevole
influenza è il costo del libro.
Documentazione 3
76
Documentazione 3
Perché leggere libri è ancora una delle cose migliori che possa
fare un blogger
E-book, mini report, post. Informazione veloce, frammentata, per divoratori di informazioni che hanno fretta. Blogger che collezionano informazioni, blogger che le usano, che cercano materiale per i loro blog. Velocemente.
Fermatevi. Rilassatevi. Non c’è fretta. Ricordate quando ancora si leggevano i libri? Sembra una cosa relegata al passato eppure ci sono ancora
vantaggi nel leggere libri a tema col vostro blog, volete sapere quali sono?





Il libri sono ancora il miglior modo per convertirvi in esperti del
vostro settore. Se vi piace l’argomento di cui scrivete, leggere libri a tema sarà un piacere. Quanti libri potete leggere in un mese? Due? Sono 24 libri in un anno, abbastanza materiale per apprendere, no?
I libri vi danno tempo di interiorizzare le cose. Sono come una
lunga storia, mentre i post e i racconti sono poco più di uno
sketch. I libri danno una visione più ampia, sviscerano
l’argomento e spiegano generalmente le cose in maniera più dettagliata e ragionata.
Leggendo un libro sull’argomento del vostro blog non sarete mai
a corto di idee per i post. Non copiate dal libro, ma sicuramente
leggendo vi verranno idee originali perché starete pensando
all’argomento durante tutta la lettura, appuntatele su di un bloc
notes e proseguite nella lettura.
Leggendo libri migliorerete sia il vostro modo di scrivere che il
vostro lessico.
Un libro è veramente portatile. Non ha bisogno di batterie, caricatore, si può usare sull’aereo, è consultabile velocemente sempre, anche se avete solo due minuti potete leggere alcune pagine
e, generalmente, è anche economico.
Credete che i libri siano ormai destinati a scomparire, sostituiti da blog e
pubblicazioni online? Credete che la mole di informazioni disponibile su
Internet può sopperire la necessità di comprare libri su determinati argomenti?
Documentazione 3
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11 Commenti a “Perché leggere libri è ancora una delle cose migliori
che possa fare un blogger”
1. 29 April, 2009, 10:48
Kikee
Sono decisamente d’accordo con te: leggere libri è molto importante, soprattutto per migliorare lessico e grammatica, ma anche
per trovare ispirazione.
Io non credo che i libri scompariranno o saranno sostituiti da
blog e pubblicazioni online, principalmente perché in molti casi
un libro tende ad essere più completo e ad avere una struttura
più logica delle informazioni online.
Piuttosto, sono convinta che tra qualche decennio saranno i giornali e la carta stampata a morire!
2. 29 April, 2009, 16:46
Superkick
Concordo al 100%. Leggere è veramente fondamentale, è rimasto
uno dei miei passatempi preferiti, e penso proprio che lo rimarrà
molto a lungo.
3. 29 April, 2009, 22:27
Alessandro Cosimetti - Blog in Azienda
Anche perchè “classici ebook” al momento non ne vedo!
4. 29 April, 2009, 22:36
Alex
Non so se i libri scompariranno mai del tutto, ma la domanda cui
rispondere, secondo me, è: il supporto (la carta) resisterà al progresso tecnologico? Le musicassette erano il supporto sul quale
78
Documentazione 3
era possibile ascoltare musica: ora sono praticamente sparite a
favore di ipod e lettori mp3. La stessa cosa potrebbe succedere
con la carta, che lascerebbe il posto agli e-reader (lettori di ebook) o agli e-paper (scritti con e-ink). Su una cosa possiamo essere sicuri: il sapere, la conoscenza, le informazioni resteranno,
mentre i supporti su cui le tramanderemo si avvicenderanno nel
tempo.
5. 30 April, 2009, 00:33
Izzie
Le considerazioni di Alex sono certo fondate, ma la frase di chiusura é assolutamente ispirata…e speriamo davvero che il futuro
preservi ed accresca il sapere e la conoscenza…la nostra cara,
greca “sophìa”….
6. 30 April, 2009, 13:08
Ottantotto
Leggere libri è fondamentale per un buon blogger. Documentarsi
ovunque, su internet, leggendo libri della propria nicchia ma anche di letteratura. Leggere è fondamentale per ognuno di noi, figuriamoci per chi, per un motivo o per un altro, deve scrivere
ogni giorno!
7. 30 April, 2009, 15:42
cwtrading.blogspot.com
è proprio così che è partita la mia idea di blog, concordo pienamente
Documentazione 3
79
8. 1 May, 2009, 01:01
roberto
cioa Fabio, è un piacere leggerti e conoscerti anche se virtualemente. Si i libri sono importanti, sono i mattoni della nostra conoscenza. Un libro parla di te, quando entri in una casa piena di
libri loro ti dicono gli interessi le passioni di chi li ha letti.
internet è ancora un completamento un corollario, la sua forza
come dici tu è “Informazione veloce, frammentata, per divoratori
di informazioni che hanno fretta”. Sono un romanticone
9. 1 May, 2009, 10:14
wireless
a questo punto io aggiungerei leggere anche magazine e quotidiani…magari scegliere bene anche li’. Per esempio l’edizione italiana di Wired mi ha particolarmente colpito
10. 1 May, 2009, 20:55
ilmioguadagno
Dal punto di vista della formazione credo che l’importante sia
leggere e studiare di continuo qualsiasi cosa purchè di qualità.
Dal punto di vista del piacere credo che nessun ebook o blog potrà mai sostituire un libro cartaceo!
11. 10 May, 2009, 16:51
Barbara Massini
Spero che i libri non spariscano mai ma non solo per i blogger ma
per tutti … leggere un libro è quanto di meglio ci possa essere …
ossigeno per il cervello e per la mente.
I libri per me sono degli oggetti sacri e una delle prima cose che
ho insegnato ai miei bimbi è che i libri non si rovinano, non si
spiegazzano, non si colorano (ovviamente ci sono i libri per
80
Documentazione 3
bambini da colorare e lì l’affermazione decade), non si rompono
e si usano solo per leggere… nient’altro.
Barbara Massini
Documentazione 3
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82
Documentazione 3
L’informazione online supera il cartaceo su quotidiani e riviste
E’ ufficiale: la lettura delle news online ha superato la lettura cartacea.
Questa notizia non può che giungere dal Paese della tecnologia, gli Stati
Uniti. Merito e colpa della crisi economica che ha fatto crollare le vendite dei quotidiani cartacei del 50%, secondo l’ultimo censimento del Pew
Research Center.
Si aggiorna da internet il 61 per cento delle persone, una percentuale
molto più alta rispetto a quanti leggono quotidiani e riviste su carta. Le
televisioni battono tutti, con il 78 per cento degli intervistati che placa la
propria fame di notizie sui canali locali e il 71 per cento su quelli nazionali. Se la gioca ancora la radio che, merito dell’ascolto durante i viaggi
in auto, rappresenta ancora la fonte di informazione per il 54 per cento
degli americani.
Un altro dato significativo del cambiamento sta in quel 90% di lettori che
nella stessa giornata sceglie di informarsi da più canali diversi, scegliendo tra internet, tv, giornali e radio, mostrando una scarsa fidelizzazione a un mezzo d’informazione. Elemento al quale i giornali cartacei
hanno sempre puntato.
I lettori di news online non sono costanti, non scelgono sempre lo stesso
sito, saltellando tra link, consultano dai 2 ai 5 siti online al giorno e si affidano alle news di Google.
Dati e cambiamenti fondamentali per delineare la sitazione attuale in
campo di informazione e decidere le prossime mosse in campo di giornalismo cartaceo e online.
Documentazione 3
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Documentazione 3
Svolta storica: il premio Pulitzer riconosce la stampa on-line
Di Stefano - mercoledì 17 dicembre 2008
Il prestigioso premio americano Pulitzer per il giornalismo, che premia i
quotidiani americani su carta stampata, ha deciso, per la prossima edizione, di estendere la selezione anche a quotidiani e mezzi
d’informazione che pubblicano esclusivamente online (dichiarazione
dell’8 dicembre scorso).
Una svolta storica.
Il comitato selezionatore ha inoltre puntato l’attenzione sul fatto che il
materiale inviato, cartaceo o online, dovrà provenire da giornali con frequenza di pubblicazione almeno settimanalmente, con una predilezione
per informazioni originali e reportage e che rispettino “i più alti principi
del giornalismo” (onestà, accuratezza e correttezza).
Un grande passo in avanti in materia di informazione; come dichiara il
signor Gissler, amministratore del premio: “Le nuove regole allargano il
campo d’azione del Pulitzer e riconoscono, in maniera più completa, il
ruolo del Web”. Inoltre, sempre secondo le parole dell’amministratore,
fin dal 2006 i contenuti provenienti da web sites di quotidiani erano
ammessi nelle categorie “stampa” del premio, però i quotidiani online-only potevano concorrere solamente in due categorie: breakingnews coverage e breaking-news photography.
Il panorama mondiale dei media sta cambiando e anche il Pulitzer, in
maniera rivoluzionaria, si adegua.
Il problema vero e proprio sarà capire e definire quali testate potranno
partecipare al concorso. Come verranno considerati i blog?
L’amministratore ha dichiarato, a riguardo, che se tutti i criteri verranno
soddisfatti anche i siti personali chiamati “quotidiani” potranno partecipare. Però, per partecipare effettivamente al concorso, dovranno dimostrare un alto livello di originalità d’informazione.
Documentazione 3
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Documentazione 3
Lettura: meglio la tecnologia o i cari, vecchi libri?
by Jolanda
Il tema dei libri e della lettura mi è sempre stato caro, essendo io
un’accanita lettrice di ogni genere di cosa. Mi basta che sia parola scritta!
In più in questo giorni, causa trasloco, mi son passati per le mani tutti i
miei amatissimi volumi, tomi, libri e libretti… Insomma è un periodo di
immersione quasi totale in temi “libreschi”.
Libri: che passione!
In queste ultime settimane si parla anche del nuovo IPad che doveva arrivare in Italia a fine Aprile. Ma visto il successo che ha avuto oltreoceano, l’uscita è posticipata di un mese. Lo vedremo dal vivo solo a fine
maggio (perché la Apple non aveva abbastanza IPad per il lancio europeo! Non riescono a stare dietro alle richieste, in partica).
E il confronto tra i cari, vecchi libri e la nuova tecnologia che avanza mi
ha fatto pensare un bel po’. Da una parte, il piacere che provo quando
ho un libro in mano (specie se nuovo o particolarmente amato) è indescrivibile. Mi piace sfogliarlo, sentirne l’odore, mi piace la consistenza
della carta tra le dita… Mi piace, insomma.
Dall’altra parte, spesso mi tocca alzare le cartelle dei miei figlioli e vi assicuro che pesano parecchio. Se invece di tutti i tomi cartacei che devono
portarsi dietro, avessero semplicemente un IPad (o altro mezzo di fruizione elettronica dei testi), sarebbe di certo molto meglio, almeno per la
loro schiena. Per non parlare del valore ecologico: pensate alle tonnellate
di carta risparmiate (Certo ci sarebbe poi da mettere in conto lo smaltimento del mezzo elettronico tra i rifiuti).
Altro punto focale: la lettura ha sempre avuto una forte valenza nello
stimolare l’immaginazione, la fantasia del lettore. E’ proprio uno dei
suoi compiti fondamentali, direi. Immaginazione che verrebbe probabilmente sminuita da una fruizione più spettacolare della lettura. Forse
gli “effetti speciali” sarebbe meglio confinarli al cinema e lasciar libera
l’immaginazione almeno nel momento della lettura.
Non so bene da che parte stare, in realtà sono un po’ combattuta. Cosa è
meglio? Probabilmente non c’è una risposta precisa. Ci sono ambiti in
cui è meglio il libro e ambiti in cui è preferibile uno dei nuovi mezzi di
fruizione di testi…
Documentazione 3
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Ho paura però che il libro prima o poi debba cedere il passo. I nostri figli
sono già più tecnologici di noi anche in altri campi e quindi non mi stupirebbe se preferissero un IPad ad un libro.
Però che peccato!
Voi che ne pensate?
1 Mrs Apple { 04.21.10 at 19:24 }
Io sono contraria al libro elettronico. Favorevole ad ogni forma di
tecnologia non riesco però assolutamente ad ipotizzare di sostituire i miei tomi cartacei con un freddo schermetto. In effetti si
potrebbe fare un compromesso tra i testi scolastici – tecnici e la
narrativa, informatizzando i primi e lasciando i secondi nella
forma antica … anche se studiando io ho sempre “amato” vivere
i testi, sottolinearli, scriverci…. Poi c’è un fattore che iPad ancora
non può sostituire: il fattore ofattivo … l’odore della carta, nuova
o stagionata, chi ce lo renderà????
2 Sibia { 04.21.10 at 19:43 }
sull’eventualità di sostituire i libri scolastici con uno schermo sono abbastanza riluttante.. più che altro perché non credo che la
vista ne gioverebbe molto..
3 Elle { 04.21.10 at 23:45 }
“Tricky one!”, direbbero dalle mie parti
una mia compagna di corso sta scrivendo la sua tesi di laurea
proprio su questo, su come i bambini possano crescere come lettoei sfruttando i due mezzi – cartaceo e elettronico – contemporaneamente…il futuro è probabilmente lì, in una terra di mezzo
io non riesco ancora a farmi un opinione precisa – però ho appena scoperto che la british library permette di scaricare su kindle
tutti i libri della biblioteca (cioè TUTTI i libri pubblicati in inglese, da Gutemberg in avanti) che non abbino piu diritti d autore,
gratis!
la cosa è in parte sponsorizzata dai produttori del kindle, ma, al
di là di tutte le considerazioni economiche, mi sembra una possibilità abbastanza entusiasmante…
temo cederò presto all’acquisto!
ciao!
Elle
88
Documentazione 3
4 Paolo { 04.21.10 at 23:49 }
Io fino a che ho usato solo carta (liceo classico, università) ho
continuato a perdere diottrie. Poi nel 1990 ho cominciato a passare circa 12 ore al giorno guardando uno schermo LCD (Per foruna non i vecchi monitor CRT, ma gli schermi piatti) e non ho più
perso diottrie. Quindi il fattore vista no è poi detto che sia cosi’ in
pericolo. Poi è vero che i libri sono la migliore realtà virtuale che
possa esistere in quanto la lettura – quando appassiona- introduce in una dimensione extrasensoriale di esperienza difficilmente
superabile: ma questo è possibile ottenerlo anche leggendo su
uno schermo, o ascoltando al buio un racconto appassionante,
dalle parole di una persona o da quelle incise su un nastro o
mp3,no?
Infine il PC, oltre che uno strumento di fruizione dei media, è anche uno straordinario mezzo creativo (questo blog lo testimonia),
e questo è un pregio unico. Insomma io sono ottimista e guardo
positivamente e senza troppa nostalgia la transizione al digitale.
5 super-mamma { 04.22.10 at 12:30 }
a me piacciono i libri di carta ma mi rendo conto del progresso
tecnologica che avanza e probabilmente col tempo verrano un pò
sostituiti come stà succedendo già con i giornali che ormai si leggono on-line
6 farmaciaserrage { 04.22.10 at 17:40 }
Bellissimo il video sul book !La nostra esperienza con il Kindle ci
ha fatto capire che per loro cambia poco ,si interessano a tutto
ovunque sia accessibile .Tolto il periodo iniziale della sorpresa
per loro le favole su carta o Kindle cambiano poco basta che le
legga la mamma..
.Certamente l’ipad ha la possibilita’ di renderle piu’ spettacolari
con contenuti aggiuntivi ,ma credo che passati i primi tempi siano molto piu’ rapidi di noi ad adattarsi alle fonti ,forse perche ‘
per loro e’ nuovo tutto.
Sul discorso degli zaini sono d’ accordo con te ,sarebbe un miglioramento per le schiene innanzitutto. Ho letto anche che negli
Stati Uniti pensano di rendere disponibili i libri a dispense in
modo da garantire agli insegnanti di poter costruire dei testi funzionali alle loro esigenze didattiche quindi componibili al 100%.
Documentazione 3
89
Prima o poi arrivera’ credo anche da noi anche se un libro la sera
nei 2 minuti di buco lo preferisco ancora!
7 francesca { 04.22.10 at 18:48 }
io sono per il libro LIBRO. per quanto riguarda l’annoso problema degli zaini pesanti… basterebbero delle scuole munite di armadietti per riporli e far portare a casa solo quelli che servono. e
per i problemi ecologici basterebbe usare la carta riciclata per
stamparli, basterebbe non proporre edizioni nuove ogni anno solo perchè è stato cambiato un punto con un punto e virgola… ma
poi sarebbero scontenti gli editori…
8 Elena { 04.22.10 at 22:56 }
Beh..Jolanda…traslocare nel mondo dei libri digitali sarà molto
più facile non credi?
Comunque sia, io che sono un’amante
della tecnologia (mio marito aggiungerebbe un PURTROPPO)
non riesco a immaginarmi un futuro senza libri cartacei. Pensandoci sono addirittura poco ambientalista, infatti ancora adesso
quando devo studiarmi dei testi che ho sul pc me li stampo e me
li leggo. Non riesco a fare a meno di sottolineare, prendere appunti…insomma carta e matita altrimenti non mi concentro. In
gioiellini come l’IPad ci sono troppe distrazioni. E da questo
punto di vista, se vogliamo pensare a dispositivi simili per la
scuola, o progettano Ipad “scolastici” oppure la vedo dura!!!
Per quanto riguarda l’immaginazione, io sono ancora convinta
che la parole scritte riescano a stimolare maggiormente le nostre
sinapsi e il libro cartaceo conserva sempre e comunque un valore
emotivoaggiunto.
Cavoli…ma poi per regalare un libro si dovrà dire: senti ti ho regalato un libro vai pure scaricartelo a questo link!!??
9 Sara { 04.26.10 at 10:33 }
Anche io amo i libri di carta. Mi piace tenerli tra le mani, sfogliarli e mi piace il loro odore. Però è anche vero che , arrivata ad un
certo punto e non avendo purtroppo una casa di 200 mq, non so
più dove metterli quindi ultimamente ne ho scaricato qualcuno
da internet ma leggerli sul pc è veramente scomodo e sopratutto
mi limita molto nella lettura perchè non posso leggerli dove e
quando voglio. Ma se non si può fare altrimenti ci abitueremo
anche a questo.
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Documentazione 3
10 Chiara { 04.30.10 at 03:55 }
Ciao a tutti, io ce l’ho, l’abbiamo comprato a Hong Kong, è davvero bello, sottile, leggero, comodissimo per uscire, utile per me
che vivo all’estero, per esempio faro’ degli abbonamenti a riviste
italiane, visto che quelli tradizionali sono disastrosi, mi arriva di
un mensile una copia su 4 e mi costa il triplo…
È vero che in rete circolano tantissimi e-book gratuiti, una bella
opportunita’ insomma, ma per studiare sono meglio i libri cartacei, sia per sottolineare che per le sensazioni tattili, poi i bambini
potrebbero distrarsi invece di studiare…
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Inquina di più l’informazione online o su carta stampata?
di Enrico Pascucci - mercoledì 22 aprile 2009
La guerra tra informazione online e la carta stampata ha molte facce, ma
qui su Appunti Digitali abbiamo fin’ora trascurato uno degli aspetti
fondamentali: il confronto sul piano dell’impatto ambientale.
L’argomento è infinitamente ampio e spazia dall’energia necessaria al
funzionamento di entrambi i sistemi fino all’impatto ambientale per la
realizzazione dei supporti che portano le notizie fino a noi.
Di certo il vecchio e semplicistico luogo comune per cui l’informazione
online è ecologica perché non taglia alberi possiamo tranquillamente
dimenticarlo.
Tom Zeller, del New York Times ha cercato di fornire una sintesi quella
che è una risposta, se pur non completamente esaustiva, interessante e
illuminante.
L’articolo fa riferimento ad uno studio realizzato nel 2007 dal KTH
Center for Sustainable Communications (in Svezia possono permettersi
anche queste cose) che studia l’emissione di CO2 nella fruizione
dell’informazione. In verità più che dare delle certezze fa capire la complessità di questioni simili: pur trattandosi di un solo aspetto tra tutti
quelli che insieme formano l’impronta ecologica dell’informazione è
composto da moltissime variabili.
Nello studio sono state considerate le emissioni scaturite dalla distribuzione, dal lavoro redazionale, dalla produzione e stampa della carta e
dalla realizzazione dei mezzi elettronici per la fruizione online dei contenuti.
Il calcolo non è semplice poiché esistono client elettronici che permettono la consultazione di notizie online con caratteristiche molto diverse e
vi è anche una questione geografica.
La fruizione online attraverso un notebook in Svezia ha un impatto minore in termini di emissioni rispetto alla carta se la consultazione non
supera i 30 minuti giornalieri, ma chiaramente l’ago della bilancia si
sposta se viene utilizzato un desktop o un ebook reader. La Svezia però
produce due terzi dell’energia utilizzata da nucleare e idroelettrico, in
un Paese in cui l’energia da combustibile è predominante l’impatto della
fruizione online si fa decisamente più pesante migliorando la posizione
della vecchia carta.
In ogni caso, indipendentemente dalle questioni ambientali l’informazione online cresce, per gli evidenti vantaggi in termini di tempestività
di aggiornamento e per via dell’impegno economico che la carta stampa-
Documentazione 3
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ta richiede, che diventa poi ancora più rilevante per via del calo delle
vendite conseguente al successo del web.
In Italia la carta stampata non se la passa tanto male, visto che i finanziamenti pubblici sono da sempre la norma e vengono assurdamente erogati in base al numero di copie stampate e non vendute: possono essere buttati direttamente al macero e fruttare comunque un bel po’ di soldi
alla casa editrice. Ad esempio in tutta la mia vita non ho mai visto una
copia de “Il Foglio” al di fuori delle rassegne stampa televisive, eppure il
direttore gode, stando ad alcune inchieste svolte, dello stipendio più alto
tra tutti i quotidiani italiani. È evidente che le idea di efficienza e di ecologia sono superate da altre priorità nel nostro Paese.
Ad ogni modo la carta è in crisi un po’ ovunque. Negli USA capita abbastanza frequentemente ormai di leggere online a proposito della chiusura di un quotidiano cartaceo, mentre in Francia si pensa a “iniezioni” di
soldi straordinarie per salvare l’editoria tradizionale.
Tutti segni dei tempi che stanno cambiando e modificando la nostra vita
e il mondo che abitiamo. Io per non sbagliare vi lascio con una famosa
citazione di Kahlil Gibran, che sarà sempre attuale indipendentemente
dalle vostre abitudini attuali e future:
“Gli alberi sono liriche che la terra scrive sul cielo. Noi li abbattiamo e li
trasformiamo in carta per potervi registrare, invece, la nostra vuotaggine.”
Commenti
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
#BrightSoul scrive:
Non per sminuire la validità di studi scientifici, ma lo vedo come
un ultimo (vano) tentativo di difendere la tradizionalità della carta
stampata.
Ormai tutti ricorrono ad argomentazioni ecologiche nei loro discorsi da essere quasi banali. Quando vogliono venderti l’auto,
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Documentazione 3
quando vogliono risparmiare sui costi, quando vogliono difendere la carta stampata.
Un conto è dichiarare di essere eco-friendly, un conto è esserlo
davvero. La realtà delle cose è che leggere le notizie sul PC nel
prossimo futuro ha un ampio margine di riduzione delle emissioni, sia mediante processori sempre più energy-efficient sia
mediante l’introduzione di fonti energetiche rinnovabili. Stampare un giornale non ha alcun margine di miglioramento. L’albero
dovrà sempre essere tagliato, il camion a gasolio dovrà sempre
andare a recuperare il legname, parte dei giornali invenduti saranno sempre un rifiuto in discarica.
# mercoledì 22 aprile 2009 alle ore 09:23

Globus scrive:
Non sarei cosi’ sicuro dell’ “evoluzione ecologica” dell’online rispetto al cartaceo. Innanzitutto l’albero tagliato viene ripiantato
(gia’ avviene ora, gli svedesi mica disboscano le foreste…), il camion potrebbe viaggiare con motori piu’ efficienti o addirittura
un domani senza combustibili fossili e la carta usata venire riciclata.
Sul versante elettronico invece, viene mai considerato il “costo
ecologico” di produzione dei dispositivi? Siano essi palmari,
notebook o netbook, la lavorazione del silicio e gli “annessi e
connessi” ha un notevole impatto. Senza contare che il riciclo della carta ha una fattibilità (ed un costo) molto minore rispetto a
quello dei materiali (alcuni rari, altri pericolosi) contenuti in una
serie di circuiti elettronici.
Intendiamoci, non sto difendendo la stampa rispetto al digitalizzato per partito preso…dato che sono nel settore dell’IT sarebbe
anche contro il mio interesse :D Pero’, cosi’ qui come in tutti i
campi della produzione, è giusto considerare tutti gli aspetti e
tutte le variabili possibili.
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# mercoledì 22 aprile 2009 alle ore 10:03

Paganetor scrive:
io affronterei l’argomento da una prospettiva diversa: immaginiamo di togliere dalla circolazione l’informazione “su carta” e di
sostituirla con l’on-line. Cosa succederebbe? Per una fetta consistente di persone non cambierebbe molto, continuerebbero a beneficiare di internet. Altri si troverebbero con dei punti di riferimento in meno, magari in parte colmati dall’on-line ma pur
sempre con un “buco” nell’informazione. Altri ancora, che non
utilizzano internet per reperire informazioni, si troverebbero in
grosse difficoltà: penso a persone anziane, o a gente che il computer nemmeno lo possiede e che, senza la carta, potrebero solo
guardare la TV… che, dal canto suo, vincola ancora di più
dell’on-line (devi avere un PC –> devi avere una TV, mentre con
un giornale sei libero di leggere dove/come vuoi).
sono curioso di capire a quanti “alberi abbattuti” equivale un ipotetico e-reader per notizie e magari libri (anche se, per come
ragiono io, sarebbe la manna come sostitutivo dei quotidiani ma
avrei difficoltà a usarlo al posto di un bel romanzo cartaceo) per
valutarne l’effettivo impatto ecologico… è facile dire che trasferire un file consuma poco, ma quando l’e-reader viene prodotto e
dismesso quanto inquina? che sostanze vengono rilasciate
nell’ambiente? E le batterie?
insomma, per ora credo che le due “tecnologie” possano andare
avanti molto bene insieme, colmando l’una e carenze dell’altra,
ma per il futuro l’unica speranza di salvezza per la carta rispetto
all’on-line è giocare sulla qualità del servizio informativo (che,
proprio per la vastità di fonti e di potenziali errori, l’on-line non
può garantire se non scremando e verificando tra molteplici siti).
dai, torno a lavorare :-D
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Documentazione 3
# mercoledì 22 aprile 2009 alle ore 10:27

Roberto scrive:
Ma perchè vi accanite così contro la carta stampata? Vivi e lascia
vivere è sempre un buon consiglio… detto tra noi, come essere
analogico, preferisco 10^9 volte leggermi un giornale sul gabinetto invece che guardarmelo attraverso il monitor di un portatile.
Ah, vero, e-book reader… ma dove sono? Chi li ha visti? Chi li
usa? E poi l’unico vantaggio che hanno sono le dimensioni, sempre su un monitor devi leggere e alla fine stanca…
Giusto per chiarire, non sono un vecchiaccio eh ma un ragazzo
che è nato con il computer in casa e che lo usa ogni giorno per oltre 10 ore con sommo piacere, sia per lavoro che per svago. Ma
poi, a letto, mi leggo un libro o una rivista. Di carta.
# mercoledì 22 aprile 2009 alle ore 14:14

Nightwalker scrive:
Bisogna comunque ricordare che anche se un computer ha un costo di produzione maggiore, viene usato anche per altri scopi,
sfido io a chattare in tempo reale sul giornale =D E poi il giornale
lo compri di una testata e hai solo le loro notizie, invece su
internet puoi guardare ovunque.
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Motivi e misteri del leggere o non leggere
Spesso sentiamo parlare dell’Italia come un Paese di ignoranti, ”In Italia
si legge troppo poco” sentiamo dire, ma che cosa vuol realmente dire
questa affermazione?
In fin dei conti guardandoci intorno vediamo che praticamente tutti leggono… il problema forse stà nel cosa leggono! C’è che legge il giornale,
c’è chi legge anche solo la rubrica dello sport, le signore leggono riviste
di moda, di ‘attualità’, di pettegolezzi, vediamo ragazzi chini sui loro libri scolastici, e pendolari con il cruciverba… ma realmente… chi tra tutti
quelli intorno a noi legge qualcosa come un romanzo?
O la gente intorno a me legge solo a casa.. o sono pochi quelli di loro che
leggono qualcosa che sia un libro con pagine rilegate con magari una
copertina… potrei sbagliarmi è vero, che ne sò io di quel che fanno gli
altri a casa loro, ma la verità è che anche tra gli amici è difficile trovare
qualcuno appassionato di libri ed è invece molto più facile trovare qualcuno che ne sia contrario.
Perchè il libro costa, è uno spreco di tempo e denaro, è fondalmentalmente inutile, a che ci serve sforzare la vista per leggere quei caratteri
minuti quando ciò non ha nessuno scopo diretto? A cosa serve sorbirsi
storielle inventate da scrittori eccentrici che probabilmente non avevano
nulla da fare, quando possiamo rilassarci davanti alla tv o spendere meglio i nostri soldi magari con un po’ di shopping?? Non serve a niente,
questo è il pensiero più diffuso.
Si può anche riscontrare come la diffusione dell’amore per la lettura sia
proporzionale al numero di laureati, quindi le cose vanno a braccetto?
Chissà ma il nostro stato si sà non è di certo rinomato per il suo ‘elevato’
numero di laureati.
A difesa degli Italiani però bisogna dire che nel nostro stato è cresciuto
molto velocemente il numero di lettori digitali.
Ma rimane la domanda in sospeso: che fine ha fatto l’amore per la lettura?
Non è più stato tramandato dai genitori? E’ stato stroncato dalla tv e dagli altri svaghi giovanili? Dov’è che si è perso per strada? Dov’è che
dobbiamo andarlo a recuperare?
Il dono al tempo del web 1
Eleonora Errede
Il testo, Il dono al tempo di Internet, si divide in due parti: nella prima
gli autori Marco Aime, antropologo, e Anna Cossetta, sociologa esperta
di economia politica, si soffermano sulla cultura del dono, uno dei paradigmi più studiati dall’antropologia, dalla sociologia, ecc., cioè un atto
che dà vita ad un legame tra gli individui che va al di là del puro scambio economico. Gli autori citano vari studiosi che si sono interessati
all’argomento, ed ai quesiti che esso promuove nell’informatica.
La seconda parte è una dettagliata elencazione dei vari usi di internet
nel web, con finalità di scambio, di doni virtuali, e delle persone che lo
usano. Gli scrittori su citati osservano e se ne interrogano sulle motivazioni, che anche nella società odierna caratterizzata dal mercato economico, esistono spazi in cui il dono è un protagonista fondamentale. Di
conseguenza, si pongono il quesito se gli scambi in rete (forum, blog, social network, free software, wikipedia, ecc.) siano dei nuovi promotori di
socializzazione e se i loro modelli relazionali abbiano ripercussioni sugli
schemi e le dinamiche più tradizionali della società moderna.
Era ovvio che la rapida e continua evoluzione della rete suscitasse
l’interesse e la riflessione di vari intellettuali (economisti, filosofi, sociologi, antropologi, psicologi). In particolare gli psicologi, di recente, hanno in terapia molte persone dipendenti dall’uso smoderato di facebook .
Temi fondamentali dell’analisi dei due studiosi sono: comunità, relazione, condivisione, dono. A questo punto, a mio avviso, si pongono degli interrogativi: «Come mai un gruppo ingente di persone dedica gran
parte del proprio tempo alla condivisione di saperi ed esperienze a disposizione gratuita del prossimo? Siamo passati dal do ut des al peer to
peer»?
Da qui si parte per delineare, come in una ricerca etnografica, i nuovi
fenomeni relazionali comparandoli ai sistemi più tradizionali delle società precedenti, come l’importanza comunicativa e socializzante del
linguaggio che dalla famiglia alla società legava assieme un gruppo di
persone tramite relazioni di scambio, differenziando l’uomo
dall’animale.
Cossetta, su questo argomento delle relazioni di scambio, fa riferimento a Marcel Mauss, Karl Paul Polanyi, Jacques Derrida. In particolare quest’ultimo, un filosofo francese, affermava che l’origine del lin-
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Il dono al tempo del web 1
guaggio non è la parola detta ma quella scritta (oggi direi, io, quella
scritta sul computer) e capovolgendo la gerarchia tra parola orale e scritta, difende il primato della scrittura (quella con la tastiera in tempi odierni…) sulla voce, concepisce una scienza della scrittura o grammatologia che ha come oggetto l’essere come differenza.
A questo punto, a mio avviso, viene spontaneo un collegamento con
le problematiche esistenziali che si evincono in Martin Heidegger , che
nel celebre saggio, affermava che «il linguaggio è la casa dell’essere e che
esso si serve del linguaggio» (parla nel linguaggio) e si manifesta nella
storia delle parole.
Anche Hans Georg Gadamer, afferma che il linguaggio definisce il
rapporto tra il mondo e l’uomo; il linguaggio è l’orizzonte all’interno del
quale si sviluppa la nostra vita. Quindi, possiamo constatare che il linguaggio è la forma di dono trasmessoci per via generazionale. Da queste
affermazioni scaturisce l’esigenza personale di domandarsi: - È forse
quella del computer una forma alternativa di comunicazione linguistica,
un dono via web? A mio modesto avviso questa brevissima osservazione sul passaggio dal dono linguaggio naturale al dono linguaggio della
rete, andava sottolineata o meglio accentuata in sintesi.
Tornando al tema centrale, uno degli studiosi citati è Mauss, sociologo ed etnologo francese (1872 - 1950), che nel suo libro Saggio sul dono ,
elabora la nozione di fatto sociale totale. Prende in esame il concetto di
mana (potenza, forza), così difficile da definire, che è presente in tutte le
forme di dono e di scambio nelle società arcaiche e di livello etnologico.
Per tanto, secondo il sociologo, si tratta di individuare quale forza vi
sia nella cosa che si dona, tale che faccia sì che il donatore la renda. In
sostanza, lo studioso sostiene che il dono corrisponda ad una logica fatta
di tre gesti: donare, ricevere, contraccambiare. Intermini economici al valore d’uso e al valore di scambio dell’oggetto – bene, si potrebbe aggiungere il valore di legame, quando questo diventa più importante del bene
stesso. Tengo a sottolineare che tale concetto, nell’economia classica, è
stato condiviso anche da Karl Marx, e se ci si sofferma sul valore di
scambio da ciò si nota che esiste un altro tipo di valore, quello legato alla
capacità che beni e servizi, se donati, hanno di creare e riprodurre relazioni sociali.
La speranza finale del dono è appunto questa: la relazione. Donde
l’interesse scaturito dalla gente che si aggrega sperando di condividere
informazioni, sentimenti, interessi, scambi culturali, gratuitamente e liberamente. Il valore del contro - dono sta anche nella libertà come af-
Il dono al tempo del web 1
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ferma Mauss: «più l’altro è libero, più il fatto che ci donerà qualcosa avrà
valore per noi quando ce lo darà».
Cercando di individuare alcune forme principali di dono e di scambio
in rete, Aime e Cossetta si occupano anche di Wikipedia in cui si apprende come il dono non abbia a che fare con un ricevente conosciuto e
non vi sia una relazione tra donatore e ricevente. Infatti l’enciclopedia
informatica è realizzata con contributi culturali gratuiti, di volontari che
hanno il solo scopo di diffondere o meglio donare le conoscenze, competenze, capacità possedute in una determinata disciplina.
In campo medico è sicuramente un gran dono per chi necessita di informazioni, a livello mondiale, su particolari patologie o sugli esiti, in
itinere, di ricerche scientifiche. Un dono che permette di fruire di nozioni specialistiche anche a persone con socio-svantaggio economico. Ciò,
secondo me, ricorda il dono della carità citato anche nell’esegesi biblica o
in quello più laico e istituzionalizzato in varie Onlus. Di rilievo anche gli
atti di donazione offerti da industrie o dai mass-media (ad esempio Telethon) che si esplicano con varie manifestazioni sportive o spettacoli teatrali al fine di reperire fondi per la ricerca scientifica.
Spontaneamente in termini economici, viene da porsi una domanda: Dov’è la perdita ed il guadagno nel termine virtuale delle comunità su
internet? - Gli autori rispondono che si trova nella relazione che di per se
costituisce il bene economico. Per dirla con Kennet Arrow , gran parte
della ricompensa derivante dalle relazioni interpersonali è intrinseca alla
ricompensa, essa è la relazione stessa.
Nella parte centrale del libro, si citano oltre a Wikipedia, altre forme
di dono e di scambio in rete come il free software, open source, i social
network come Facebook o Twitter, ormai molto popolari che permettono
a milioni di persone di connettersi dando loro, secondo me, quello di cui
necessitano: relazioni profonde con i propri simili che riempiono, con i
loro doni, il vuoto della vita moderna magari dando ad essa un senso:
nello scambiare si cede qualcosa (file sharing) ottenendo qualcos’altro.
Gli autori esaminano le funzioni del social network, chat, news group,
forum, si chiedono se potrebbero essere considerati in modo analogo alle
comunità tradizionali, secondo una visione funzionalistica vicina al pensiero di Georg Simmel, in cui egli osservava che il contrasto tra la vita e
le forme è infatti l’elemento necessario in cui vive la vita stessa.
Il contrasto, tra l’altro, costituisce ciò che Simmel chiama la “tragedia
della cultura”, cioè la tendenza sempre perdente delle forme culturali a
conservarsi contro la vita che prima le ha incorporate, poi superate.
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Il dono al tempo del web 1
Con la rete come nella modernità, proseguono gli autori, saltano i
confini spazio-culturali che determinano territori, culture, società, citando di sovente, Bauman.
Ci si pone un altro enigma: la virtualità quanto è autentica alla realtà
della relazione face to face? La risposta fornita nel libro è ambivalente.
Da una parte vale la considerazione di Benedict Anderson, per cui la
maggior parte delle comunità in rete alla ristretta cerchia del vicinato a
Facebook, sono immaginate, dunque reali o virtuali che siano, appaiono
simili. Dall’altro, la logica del dono disinteressato (difficili riceverli nel
vissuto da chi ci è prossimo), che soggiace allo scambio internet, ha come sfondo i grandi network che gestiscono il traffico virtuale, garantiscono il sistema ed accrescono la loro potenza economica. Lo spazio è
cyber: spazio mentale che non permette di condividere esperienze vere e
proprie (aspetto a mio avviso negativo), le quali comportano fisicità, la
mimica gestuale, legata al linguaggio del corpo. Oggi si tende a superare
il vero vincolo psicologico, la relazione col web appare fondata su pratiche più tecniche e retoriche, che gestuali.
Per questo, come sottolinea Lo Vink in «Zero comments», da un lato
internet è vista come una nuova frontiera della comunicazione creatrice
di nuove comunità di tipo virtuale, dall’altro la rete viene accusata da
alcuni critici, di spingere gli utenti verso l’isolamento sociale e fisico che
frantuma i normali economici canali di comunicazione, riducendo
l’individuo in una dimensione sempre più solipsica.
Tuttavia, secondo studi recenti, non tutti per fortuna vivono di sola
rete e mantengono rapporti di socializzazione, per cui come afferma
Manuel Castells, la comunicazione via internet non sembra avere effetto
sulle relazioni sociali tradizionali, dono di sentimenti ed affettività
scambievole, semmai si aggiunge ad esse completandole.
Il costo di un libro, come nel caso del Poema pedagogico di Anton Semënovič Makarenko, mi ha fatto condividere ed apprezzare quanto ho
letto sul concetto di dono. Ritengo valida e formativa l’idea di un «collettivo» (nel senso di un’educazione collettivistica), per dirla con una parola usata dall’autore, in rete per l’acquisto di competenze, capacità, conoscenze attraverso la diffusione mediale di un poema fruibile da tutti e
non solo da chi può permettersi l’acquisto con il prezzo stabilito dalla
casa editrice, per la maggior parte dei lettori.
Un altro aspetto positivo è quello di poter leggere e stampare,
nell’immediato, solo le parti più interessanti di determinati argomenti
convenuti nella su citata opera come personalmente mi è accaduto. Penalizzante, a livello economico, è acquistare un intero libro di cui usare
Il dono al tempo del web 1
103
solo alcuni capitoli, come accade a noi studenti; manca anche la possibilità di sottolineare il testo o mettere in evidenza alcune parti da studiare,
arricchito da note personali che stimolano la memoria visiva nel momento della lettura; in fine non potrebbe nascere, dopo anni, la curiosità
di rileggerle.
Sicuramente, per i giovani, la via telematica è la più sollecitante rispetto ai tradizionali mezzi d’istruzione. Mi vien spontaneo pensare che
Makarenko, da pedagogista, con l’intento di formare l’uomo nuovo, avrebbe trovato utili le moderne tecnologie. A mio avviso, tuttavia, potrebbe presentarsi un elemento negativo nella lettura della pubblicazione on line per problemi visivi, cioè stando per lungo tempo davanti al
computer si potrebbero avere maggiori disturbi che non leggendo un testo cartaceo. Positivo, invece, trovare la pubblicazione in rete e/o dei forum in cui scambiare idee con coetanei o docenti sul contenuto del libro.
Concludendo, resta a mio avviso auspicabile la pubblicazione in rete
del Poema pedagogico, per un raffronto didattico pedagogico con i sistemi
educativi impiantati sul modello creato dall’autore ancora attuali e praticati in Russia.
Documentazione 4
Le seguenti immagini119 sono state scelte per la realizzazione del Logo
In rete all’indirizzo:
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/tecnologia/grubrica.a
sp?ID_blog=30&ID_articolo=7453&ID_sezione=38&sezione=
119 Le immagini sono state riprese dal motore di ricerca del sito:
http://www.google.it
108
Documentazione 4
In rete all’indirizzo:
http://erboristeria.guidaconsumatore.com/disturbi-e-rimedinaturali/001069_rimedi-naturali-per-proteggere-le-mani-dal-sole/
Documentazione 4
In rete all’indirizzo:
http://www.opartigiano.it/annunci.htm
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Documentazione 4
In rete all’indirizzo:
http://www.eurekaos.org/?tag=udc
Documentazione 4
In rete all’indirizzo:
http://bruno60.wordpress.com/immagini_le-mani/
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Documentazione 4
In rete all’indirizzo:
http://antoniogenna.wordpress.com/2007/01/01/illusioni-festive-10mani-che-disegnano/
Interviste online
Castells: «Il destino del mondo catturato dalla Rete120»
A colloquio con lo studioso spagnolo, autore di una poderosa ricerca
sull'«Età dell'informazione». «Il web è stato creato proprio perché non lo
si potesse controllare né fermare o censurare». Castells.
Ha tutte le caratteristiche dello studioso di culto: percorso accademico irregolare, ma prestigioso (non ha mai ottenuto una cattedra nel Paese d'origine, la Spagna, ma gliene anno concesse addirittura due a Berkeley, Usa); ampie e svariate pubblicazioni, non meno di una ventina di
volumi; lavoro matto e disperatissimo; nomadismo culturale per spargere il suo verbo in tutti i continenti, di fronte a platee di estasiati addetti ai
lavori; traduzioni in venti lingue; cortese dribbling ai meccanismi
dell'informazione-spettacolo; pettinatura a onda laterale, tipica da scienziato «genio & sregolatezza».
Manuel Castells ha 60 anni, e a Milano, all'università Bocconi, ha tenuto una lectio brevis di circa tre ore sui contenuti della sua ultima opera di pensiero, La nascita della società in Rete, pubblicata in italiano dalle edizioni di questa stessa università (Egea, pagg. 601, euro 34,50). Introdotto dal rettore Carlo Secchi, da Fabrizio Rindi, presidente del
Gruppo Winterthur (società di assicurazioni qui nelle vesti di sponsor di
Castells) e dal sociologo Guido Martinotti, autore della prefazione al volume, Castells mostra subito il volto al quale tiene di più: quello dell'intellettuale integro e dunque nemico della divulgazione facile e semplicista.
Per carità, lui parla chiaro, in varie lingue, prediligendo un inglese
dallo spiccato accento ispanico; ma per ogni approfondimento rimanda
al suo libro. Che tuttavia, nella sua granitica imponenza, a prima vista
potrebbe dissuadere i lettori più volonterosi, tanto più che è il primo volume di una trilogia intitolata L'età dell'informazione: economia, società,
cultura. E dunque, nell'attesa che appaiano anche in Italia i prossimi tomi, ci addentriamo con il professore nei meandri di un territorio che più
Fonte bibliografica: Intervista pubblicata su «Il Giornale» dell'11 Maggio 2002,
reperibile nel sito: http://www.swif.uniba.it/lei/rassegna//020511d.htm
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114
L’educazione di massa e le industrie culturali
globale non si può. Intanto, che materia è, questa? Sociologia, economia,
filosofia? Si potrebbe dire tutt'e tre e magari anche qualcos'altro, se non
fosse proprio lui a sgombrare subito il campo da una serie di possibili
confusioni. «Non sono un futurologo né m'interesso di politica», stabilisce subito. E' già qualcosa.
Attenzione, però. Castells non è neanche un lettore di fantascienza,
non apprezza, nel senso che non li legge, i lavori dei più noti divulgatori
odierni di temi tecnologici, dagli economisti modaioli alla Rifkin agli
scrittori di fiction e analisti del costume in Rete come William Gibson. «E
non ho fatto nessuno sforzo per rendere facile e leggibile questo libro»,
dichiara. «E' un libro di ricerca, punto e basta. Un testo accademico». Ma
qui il luminare pecca di modestia, perché il suo libro, per quanto ponderoso, ha un grado di leggibilità decisamente superiore alla media dei
prodotti accademici nostrani. Inoltre non mena troppa il can per l'aia,
cioè non teorizza se non dopo essere passato attraverso l'analisi dei fatti.
«Alcuni grandi editori italiani mi hanno proposto la pubblicazione a
patto che riducessi il materiale a duecento paginette. Ho risposto che se
mi sono fermato a duemila è stato solo perché temevo di morire prima
di vedere finito il mio lavoro». E' questa una delle poche note ironiche
della sua elaborazione verbale, affabile finché si vuole, ma viziata da
una certa freddezza di fondo, appena incrinata dalla passione per la materia. E la materia è la trasformazione della società umana, cioè del
mondo, a causa dell'innovazione tecnologica e informatica, in pratica di
Internet. E così, con questo «approccio globale» di ambizione leonardesca, Castells ci dice che il cambiamento radicale della realtà umana è già
avvenuto. Si tratta soltanto di far sì che tutti a poco a poco si adeguino.
Oggi quello che conta è la capacità di tenere il passo con la rivoluzione
telematica. O dentro o fuori.
William Gibson ha scritto più volte che «la Rete trova sempre la sua
strada». Secondo lei che cosa vuoi dire?
«Non conosco Gibson, né lo leggo. La frase tuttavia è interessante. Per
me vuoi dire che la Rete è stata deliberatamente disegnata dai suoi creatori per non essere controllata. In altre parole, l'informazione in Internet
non conosce ostacoli, e dovunque li trova, li aggira.
L’educazione di massa e le industrie culturali
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Ogni censura equivale a un fallimento tecnico. Il messaggio può essere rintracciato, ma non fermato. Siamo tutti sorvegliati, è vero, e in Rete
non c'è vera privacy. Per esempio l'Fbi sa benissimo come interferire con
i messaggi e dove andare a rintracciarne gli autori. Ma come struttura di
relazione la Rete è assolutamente aperta. Perciò la gente muore, ma il
messaggio sopravvive».
Ha osservato la situazione italiana? Che ne pensa?
«La conosco bene. In Italia, come in Spagna, c'è una spaccatura tra il
livello relativamente alto raggiunto dal sistema economico e la capacità
complessiva di usare Internet. Per esempio, nel vostro Paese la gente si
connette più da casa che dal lavoro, al contrario che in tutte le altre economie avanzate. Inoltre l'università, salvo poche eccezioni, è scarsamente informatizzata. Gran parte degli utenti di Internet in realtà non sanno
bene quale utilità trarre dalla Rete. Ma non si può avere "un pochino" di
Internet. Internet è un sistema globalizzante, perciò tocca adeguarsi».
Come vede il «divario digitale» (digital divide), la spaccatura tra il mondo tradizionale e il mondo delle tecnologie digitali?
«Osservo per esempio, partendo da analisi statistiche, dunque da dati
di fatto, che oggi in Usa e Scandinavia ci sono on line più donne che
uomini. Oppure che il 99 per cento di certe popolazioni, per esempio in
Cile, non è connesso. O ancora, che in Corea il 50 per cento degli utilizzatori di Internet usa già la banda larga, appena introdotta in Italia. Tuttavia la questione centrale non riguarda la tecnologia in sé, ma l'educazione a usare la tecnologia. Andiamo verso un mondo dove ci sarà sempre più differenza tra "letterati" e "illetterati", tra sapienti e analfabeti
nell'uso delle tecnologie».
Da una parte l'economia globale aumenta la competitività tra le aziende, dall'altra nascono i movimenti no global..
«L'economia globale non si capisce se non si capisce come si sono sviluppate negli ultimi anni le telecomunicazioni. Il mercato finanziario
globale e integrato è fatto dai computer. Ma lo stesso movimento antiglobal è costruito intorno a un sistema mediatico globale. In altre parole,
le manifestazioni pubbliche no global avvengono grazie a un'organizzazione che si avvale proprio di Internet. Sono due aspetti di altrettante
tendenze: da una parte la crescita di competitività economica, dall'altra
la crescita sociale».
116
L’educazione di massa e le industrie culturali
Per fortuna alla fine il professore ammette non essere un determinista
tecnologico. Concede cioè uno spiraglio di libero arbitrio ai capricci degli umanisti. Tutto il resto, a quanto pare, è spiegato nei suoi libri.
L’educazione di massa e le industrie culturali
Anna Lambroglia
1.1. Il dono al tempo di Internet
Il tema affrontato nel libro Il dono al tempo di Internet espone in maniera chiara e amplia l’evoluzione della cultura del dono e dello scambio
in un’epoca invasa, se non dominata, dalla rete. In 120 pagine gli autori
Marco Aime, docente di antropologia culturale all’Università di Genova,
e Anna Cossetta, docente alla facoltà di Economia dell’Università di Genova, sviluppano questioni relative alla condivisione e costruzione partecipata nell’era attuale, in modo stimolante e propositivo, facendo riferimento ad un molteplicità di punti di vista riguardanti l’economia, la
filosofia, l’antropologia, la sociologia, la psicologia e così via.
La tesi sostenuta dagli autori presenta una delle caratteristiche principali della rete: dare vita a comunità immaginate, che non sempre necessitano di relazioni tra gli individui. Le parole chiave del volume sono
infatti: comunità, relazione, e soprattutto, condivisione e dono.
Su internet si trova di tutto, e quasi tutto gratis: dalle informazioni di
Wikipedia ai pareri degli esperti sui blog e i forum, fino ai brani musicali
sui network peer to peer. Chi regala il proprio lavoro, le proprie idee, i
propri file sulla rete sta facendo un dono? A chi, e perché? E con quali
conseguenze?
Tra i paradigmi più studiati dall’antropologia vi è quello apparentemente indecifrabile del «donare», un atto che dà vita a un legame tra
donatore e ricevente fondato sulla tensione della perdita. Il caso dei moderni scambi online sembra assai diverso: dov’è la perdita e il guadagno
nel turbine virtuale delle comunità su Internet? E senza la forza del dono, come si possono stabilire dei rapporti significativi tra utenti, tra cittadini, tra esseri umani? Eppure, la nostra epoca sarà sempre di più pervasa dalla Rete, dalla sua capacità di connettere milioni di persone e dalla sua difficoltà a dare loro ciò di cui hanno da sempre bisogno: delle relazioni profonde con i propri simili.
Cosa spinge tante persone a dedicare una parte consistente del proprio tempo e della propria vita alla condivisione di saperi ed esperienze,
senza nessun ritorno? Il web produce schemi simili alla società tradizio-
118
L’educazione di massa e le industrie culturali
nale o elabora nuovi modelli relazionali? Per rispondere a ciò gli autori
si soffermano sul pensiero di Marcel Mauss, antropologo, sociologo e
storico francese, il quale sostiene che la vera reciprocità è quella in cui il
dono risponde ad una «logica fatta di tre gesti: donare, ricevere, contraccambiare». L’atto del donare implica due protagonisti, colui che dona e
colui che riceve, che può decidere o meno se accettare il dono e se ricambiare, in un secondo momento. Il dono implica una forte dose di libertà, è vero che nella maggior parte dei casi si è indotti a contraccambiare, ma i modi e i tempi non sono rigidi e non vi è un vero e proprio
obbligo morale, che non è perseguibile né sanzionabile.
Il valore del dono sta nell’assenza di garanzie da parte del donatore.
Un’assenza che presuppone una grande fiducia negli altri. Il valore del
controdono sta nella libertà: più l’altro è libero, più il fatto che ci donerà
qualcosa avrà valore per noi quando ce lo darà.
Il dono non è altro che la «volontà degli uomini di creare rapporti sociali, perché l’uomo non si accontenta di vivere nella società e di riprodurla come gli altri animali sociali». È nello spazio di tempo che intercorre tra l’atto del dono e quello del contraccambio che si sviluppa e si
mantiene viva la relazione tra due attori.
Molti studiosi, nel corso di un convegno svoltosi a Milano, nel 2008,
dal titolo Il dono e i suoi paradossi, hanno mostrato un’ottica secondo la
quale il dono non è un atto gratuito poiché comporta un’ aspettativa;
dunque, non si tratta di un’azione totalmente disinteressata.
1.2. La cultura del web
Il web, attraverso la reciprocità dello scambio crea relazioni, comunità, gruppi e tribù. Spazi aperti che fanno da ponte verso altri mondi e
luoghi e spazi più chiusi in cui ci si identifica fortemente e che possono
fornire un connotato preciso alla nostra esistenza. Scambiare è fondamentale per l’uomo, che non è «fornito dalla natura di alcuna specializzazione» . L’uomo ha colmato questa lacuna con ciò che chiamiamo cultura, ovvero l’insieme ci credenze, conoscenze, arte, morale, legge, costume e ogni altro uso acquisito dall’uomo, resa possibile dallo scambio
e dalla condivisione.
La forza del dono risiede nella sua capacità di creare legami e di dare
vita a relazioni tra persone, ma la condivisione anonima non produce legami. Si tratta di una tipica forma di «dono generalizzato»; gli autori so-
L’educazione di massa e le industrie culturali
119
stengono che «l’atteggiamento dell’utente in rete potrebbe essere più
simile a quello di un consumatore che non a quello del membro di una
vera comunità».
L’aspetto sociale del dono viene a sfumarsi, in quanto manca la perdita, che crea quel vuoto in cui, se il ricevente contraccambia perdendo
anch’egli qualcosa, si inserisce il rapporto, durevole nel tempo, tra donatore e ricevente .
La parte centrale del libro è dedicata ad alcune forme di dono o di
scambio in rete, da Wikipedia, enciclopedia multilingue redatta da milioni di volontari sparsi in tutto il mondo senza fini di lucro, al free software, ovvero un programma «senza padroni» e libero da proprietà, il
copyleft, che sarebbe l’opposto del copyright, in cui l’autore concede a
chiunque il permesso di usare il proprio programma, l’open source, cioè
i programmi modificabili al tanto dibattuto file sharing alla base del Pirate Bay, che permette lo scambio di materiale audiovisivo coperto da
diritto d’autore, c’è chi lo fa per scarsi mezzi economici, chi per «motivazioni ideologiche», fino ai social network come Facebook o Twitter,
tanto popolari.
La nostra epoca sarà sempre di più pervasa dalla rete, dalla sua capacità di connettere milioni di persone e dalla sua difficoltà a dare loro ciò
di cui hanno da sempre bisogno: delle relazioni profonde con i propri
simili.
Il web dà vita a forme relazionali basate su «funzioni e non tra individui», con comunità di tipo virtuale che hanno segnato una nuova frontiera delle comunicazioni. «Alcuni critici accusano la Rete di spingere gli
utenti verso un isolamento sociale e fisico, che spezza i tradizionali canali di comunicazione, relegando l’individuo in una dimensione sempre
più personalistica»; infatti, questo nuovo modello di socialità è caratterizzato da un forte individualismo.
1.3. Il Poema pedagogico on line
Lo scambio tra perfetti sconosciuti si basa sull’appartenenza ad una
comunità che seppur online, permette di condividere delle informazioni,
«non si sa a chi si dona, né da chi si riceve. Si sa però che esiste una sorta
120
L’educazione di massa e le industrie culturali
di comunità, più o meno formalizzata, che fa le due cose in un flusso
continuo di scambio e di condivisione».
Quali sono i reali vantaggi che questa tipologia di condivisione comporta? Il terreno del web è, aldilà delle ideologie diverse, un terreno accessibile più o meno a tutti; la larga diffusione del mezzo e la gratuità di
scambio rendono la comunicazione e la condivisione non vincolata da
fattori individuali legati allo status socio-culturale ed economico degli
utenti. Ovvero, tutti possono leggere, utilizzare risorse, apprendere conoscenze al solo costo del canone telefonico.
Ricollegando il tema del dono in rete a quello dell’intenzione di pubblicare l’opera di Makarenko, Il Poema pedagogico, al fine di renderlo
maggiormente fruibile e creare un terreno di studio-ricerca rivolto ad un
lettore “generalizzato”, sembra opportuno riprendere questa affermazione:
La rete si presenta come terreno di ricerca e allo stesso tempo come
oggetto di indagine, in quanto costituisce lo spazio, seppur virtuale, in
cui si attivano e si consolidano le relazioni di scambio. Non si tratta però
di un semplice spazio di azione, ma anche di un mezzo, tecnologicamente avanzato, che consente di mettere in atto modalità relazionali prima
impossibili o comunque realizzabili in modo assai più ridotto e rallentato. Il web ha aperto spazi nuovi e ha allargato a dismisura quelli già esistenti, velocizzando e potenziando le comunicazioni, grazie alla trasmissione di file contenenti informazioni di ogni tipo.
Date le peculiarità che il web assume nella società contemporanea,
fatta di scambi e relazioni tramite lo schermo di un computer, Il Poema
pedagogico potrebbe essere un dono nuovo ancora mai donato sul web.
La pretesa non è quella di ricevere un contraccambio materiale, forse solamente la condivisione e la fiducia nelle potenzialità del ricevente.
1.4. L’educazione di massa e le industrie culturali
Attualmente la rete globale ha investito la vita dell’uomo nel modo
più totale e globalizzante, tanto che oggi si può parlare di educazione
strumentalizzata nelle democrazie di mercato.
Le persone, gli individui, i gruppi sono sottoposti quotidianamente
ad un processo di strumentalizzazione estrema, a essere strumentalizzata verso è la stessa possibilità di pensare, che fa emergere quanto non vi
sia, ma è indispensabile, una politica dell’educazione.
L’educazione di massa e le industrie culturali
121
Le esperienze genuinamente pedagogiche, la formazione, la scuola, la
didattica e le normali declinazioni dell’educazione sempre di più vengono comunicate in termini numerici e quantitativi, per mezzo di cifre
economiche, che impigliano valori e istituzioni, e che portano al consumo di massa e l’industria culturale. Nel libro L’educazione impensabile ,
di Paolo Perticari, docente di Pedagogia generale e Filosofia della formazione all’Università di Bergamo, l’attenzione è focalizzata sulla questione delle industrie culturali, che liquidando l’individuo,
l’individuazione e con essa il processo di formazione della persona.
Il consumo culturale è metodicamente massificato: «ogni giorno, milioni di persone si connettono simultaneamente agli stessi programmi
televisivi, radio e giochi elettronici» , ciò ha conseguenze sul desiderio e
sulle coscienze dei soggetti, in cui «le minacce contro le capacità intellettuali, d’apprendimento, affettive ed estetiche dell’intera umanità sfumano, davanti all’illusione del trionfo dell’individuo».
Tutto sembra seguire una pianificazione, un modello elaborato per
l’uomo dalle industrie culturali e dalle attività produttive: turismo, tv,
multimedia, hi-fi, high-tech, happy hours, moda, comunicazione, spettacolo, sport e così via; il tempo libero sembra essere l’oggetto privilegiato
del capitalismo. Queste attività non hanno la funzione di liberare il tempo individuale, ma al contrario di controllarlo per massificarlo al massimo attraverso gli strumenti di una nuova servitù volontaria, che dà vita a società di controllo.
Il capitalismo culturale e dei servizi che fabbrica modelli di vita, trasformando il quotidiano per condizionarlo ai suoi interessi immediati,
standardizzando le esistenze mediante i concetti del marketing. Il nostro
futuro è caratterizzato da un divenire gregario dei comportamenti e da
una perdita di individuazione generalizzata. Ciò richiama, quella che nel
XIX e nel XX secolo era la sorte dell’operaio assoggettato al servizio della
macchina utensile, ridotto alla condizione di proletario dalla perdita della sua capacità e competenza, e quindi della sua stessa individualità.
Oggi è il consumatore con i suoi oggetti tecnologici industriali a subire
la standardizzazione dei comportamenti, attraverso la formattazione e la
fabbricazione artificiale dei suoi desideri, per cui viene privato del suo
saper vivere. Le possibilità dell’esistenza vengono così soppiantate da
mode, marche e loghi.
Il consumo coincide con la vita quotidiana, in una società che propone continuamente valori, linguaggi, stili e modalità di esistenza via via
122
L’educazione di massa e le industrie culturali
sempre più globalizzanti; e per mezzo di essi si esercita un controllo sociale e una relazionale che veicola e produce soggettività, aventi «la funzione di plasmare i comportamenti di consumo e massificare il modello
di vita, con l’obiettivo di assicurare lo smaltimento di sempre nuovi
prodotti generati dall’attività economica».
Questa privazione dell’individuazione, e quindi della stessa esistenza, presenta una pericolosità estrema perché incide contemporaneamente sulla struttura intima del desiderio e sulla struttura del legame sociale. L’uomo privato della sua individualità diventa una mandria insieme
agli altri uomini, esseri afflitti, con la mancanza di un futuro e con una
crescente psicologia di massa. Il controllo intimo dell’uomo genera un
comportamento di massa che si estende a tutte le attività umane: tutto
deve diventare consumabile, anche l’istruzione, la cultura e la salute,
non solo la marca del detersivo o dei cereali da acquistare.
La sola obiezione alla messa in rete dell’opera di Makarenko è quessta: non incrementare il consumo che massifica gli uomini, e che fa diventare opere di estrema importanza dei semplici best seller, ovvero libri di grande successo commerciale nel breve periodo, che attraverso i
mezzi di comunicazione di massa e la pubblicità diretta e indiretta permettono la diffusione rapida dell’opera. Il Poema pedagogico non rientra
sicuramente tra questi, ma forse questo non è un male, piuttosto conferma l’idea che leggere debba essere un atto completamente volontario,
senza condizionamenti esterni, fonte di cultura e arricchimento personale e non necessariamente fonte di guadagno per qualcuno.
1.5. Il lessico della rete
Chat: letteralmente significa “chiacchierata” ed è utilizzato per riferirsi a tutti i servizi che permettono un dialogo in tempo reale anche tra
perfetti sconosciuti, generalmente dotati di un nickname, ovvero una
pseudonimo. «Il "luogo" (lo spazio virtuale) in cui la chat si svolge è
chiamato solitamente chatroom (letteralmente "stanza delle chiacchierate"), detto anche channel (in italiano canale), spesso abbreviato chan» .
Comunity: si tratta di una comunità virtuale, ovvero un insieme di
persone che condividono degli interessi e che corrispondono tra loro attraverso una rete telematica, costituendo una rete sociale con caratteristiche peculiari. La relazione avviene tra perfetti sconosciuti, che non
hanno vincoli spaziali, chiunque può partecipare alla discussione avendo accesso alla rete.
L’educazione di massa e le industrie culturali
123
Copyright: termine di lingua inglese che letteralmente significa diritto
di copia, indica l'insieme delle normative sul diritto d'autore in vigore
nel mondo anglosassone e statunitense. In Italia indica le norme sul diritto d'autore vigenti in Italia, in cui il copyright differisce sotto vari aspetti. «È solitamente abbreviato con il simbolo ©. Quando tale simbolo
non è utilizzabile si riproduce con la lettera "c" posta tra parentesi: (c) o
(C)» .
File sharing: è la condivisione di file all'interno di una rete comune;
questi programmi sono utilizzati direttamente o indirettamente per trasferire file da un computer ad un altro su Internet, o su reti aziendali Intranet. Il file sharing anonimo è cresciuto in popolarità e si è diffuso rapidamente grazie alle connessioni di Internet sempre più veloci e al formato, relativamente piccolo ma di alta qualità, dei file audio MP3. «La
condivisione di materiali coperti da copyright è ritenuta in genere illegale ma ha acceso diverse discussioni anche a causa delle diverse legislazioni in vigore nei vari paesi».
Forum: termine utilizzato per indicare una struttura informatica nella
quale degli utenti discutono su vari argomenti, definiti topic.
Un senso di comunità virtuale si sviluppa spesso intorno ai forum che
hanno utenti abituali ed interessi comuni. La tecnologia, la scienza, i videogiochi, la politica, l'attualità, l'informatica e lo sport sono temi popolari, ma ci sono forum per un enorme numero di argomenti differenti. I
forum vengono utilizzati anche come strumenti di supporto on line per
vari prodotti e all'interno di aziende per mettere in comunicazione i dipendenti e permettere loro di reperire informazioni.
In alcuni forum è indispensabile la registrazione dell’utente prima di
poter inviare messaggi ed in alcuni casi anche per poterli leggere. È uno
strumento di comunicazione asincrono, ovvero i messaggi vengono
scritti e letti in momenti diversi.
Network: è una rete sociale, composta da persone connesse tra loro
da diversi legami sociali: conoscenza casuale, rapporti di lavoro, vincoli
familiari. «Le reti sociali sono spesso usate come base di studi interculturali in sociologia e in antropologia. Si rende possibile anche l'analisi delle
reti sociali, ovvero la mappatura e la misurazione delle reti sociali» .
Open source: termine inglese che indica una sorgente aperta, ovvero
un software i cui autori ne permettono il libero studio e l'apporto di modifiche da parte di altri programmatori indipendenti, cioè è reso possibile tramite applicazioni di licenze d’uso. «L'open source ha tratto grande
124
L’educazione di massa e le industrie culturali
beneficio da Internet, perché esso permette a programmatori geograficamente distanti di coordinarsi e lavorare allo stesso progetto».
L’open source si ispira il movimento open content (contenuti aperti):
in questo caso ad essere liberamente disponibile non è il codice sorgente
di un software ma contenuti editoriali quali testi, immagini, video e musica. Wikipedia è un chiaro esempio dei frutti di questo movimento. Attualmente l'open source tende ad assumere rilievo filosofico, consistendo di una nuova concezione della vita, aperta e refrattaria ad ogni oscurantismo, che l'open source si propone di superare mediante la condivisione della conoscenza.
Peer to peer: una rete di un piccolo gruppo di persone, non più di 10,
in una modalità normalmente conosciuta con il termine gruppo di lavoro, in dominio condiviso. È una rete informatica che non possiede nodi
gerarchizzati, come clienti e serventi, ma un numero di nodi equivalenti,
in cui qualsiasi nodo è in grado di avviare o completare una transazione.
L'esempio classico è la condivisione di file.
Wikipedia: è una enciclopedia libera e multilingue. Il Italia ha preso
avvio alla fine del 200. Il termine wiki indica il software collaborativo utilizzato per creare il sito web, che permette di apportare modifiche al
testo, condividere e scambiare conoscenze. È gestita da una fondazione
senza fini di lucro, con contenuto aperto e con vari progetti come: wikidizionario (dizionario e lessico); wikibooks (manuali e libri di testo scritti ex-novo; il wikisource, (documenti digitalizzati di pubblico dominio
già pubblicati); wikiquote (raccolta di citazioni); wikispecies (catalogo
delle specie); wikinotizie ( fonte di notizie a contenuto aperto); commons
(risorse multimediali condivise); wikiversità (risorse e attività didattiche); meta-wiki (progetto di coordinamento per le altre wiki.
Documentazione 5
A) Il dono al tempo di internet
128
Documentazione 5
B) E io giudice vi spiego perché lo combatto
Documentazione 5
C) L’Educazione impensabile
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Google books: contratto con gli editori
Doriana Maggi
1.1. Il libro on line
Le vie telematiche espandono sempre di più il loro dominio. Sono
molteplici le cose che ad oggi si possono fare tramite un pc, attraverso
internet, senza dover uscire di casa.
Un’iniziativa nata e sviluppata nel secolo attuale è quella della digitalizzazione dei libri fuori commercio, iniziativa attuata dal motore di ricerca più utilizzato oggi: Google.
I libri fuori commercio, sono quei libri che l’autore ha deciso di ritirare dal commercio, o, se esauriti, da non ristampare.
Quest’ultimo ha attuato, prima Google Books, che dava la possibilità
di consultare il 20 % circa dei libri che venivano digitalizzati e, quindi,
letti tramite internet. Poi ha dato il via al passo successivo, ossia la Google Editions che permetterà di scaricare un libro, in corso di stampa o
fuori commercio nell’edizione cartacea, direttamente sul computer, sul
telefono, sul Sony Bookreader o su un altro supporto teconologico.
Google Books sta catalogando tutti i libri del mondo, vecchi e nuovi.
Alcuni possono essere letti interamente da Internet, altri, invece, solo
sfogliati come se si stesse in una libreria. Google Books è disponibile,
ormai, anche in lingua italiana.
Esso ha messo in atto tutte le precauzioni affinchè possa garantire che
la conversione digitale riproduca la totalità del contenuto informativo
dell’opera e, soprattutto, ne garantisca il mantenimento nel tempo.
Si possono scaricare interamente i libri sul pc?
La risposta è positiva. Si possono scaricare completamente per i testi
su cui il diritto d’autore è scaduto o non c’è e si possono scaricare in
formato pdf oppure in formato “solo testo”.
La Divina Commedia, di Dante Alighieri, ad esempio, è uno dei libri
già scaricabili in quanto il download è libero.
E ancora «per i possessori di E-Book, libri elettronici, si possono anche scaricare libri in formato EPUB, gratuitamente» .
Per quanto riguarda, invece, i libri coperti da diritto d’autore, non
posso assolutamente essere scaricati, questo lo assicura Google, ma c’è la
possibilità di leggerne solo 30-40 pagine.
A cosa serve Google libri?
132
Google books: contratto con gli editori
Il lavoro di catalogare tutti i libri nel mondo, è incredibile. Su Google
Book è a disposizione una vasta gamma di opere, vecchie e nuove, molte
consultabili interamente, ma per poterli leggere è necessario comprarli.
Infatti, per molti testi, soprattutto nuovi, come Harry Potter o Gomorra,
non è possibile vedere neanche l’anteprima, come invece è possibile per
Pinocchio di Collodi, ma è visibile solo la presentazione del libro e la copertina.
Google Cerca Libri funziona come Google normale e, andando sulle
impostazini avanzate, si può affnare la ricerca cercando, ad esempio, solo i libri italiani.
Il trucco migliore per il download di un libro in anteprima è quello di
usare Firefox, installare GreaseMonkey […], installare lo UserScript di
Google Book Downloader e, infine, scaricare in installare il plugin per
Firefox, FlashGot.
Una volta installato il tutto, lo script GreaseMonkey farà apparire un
link in alto a destra della pagina web di un libro, con scritto “Download
This Book”, lo si preme e si vedranno e varie pagine come fossero link.
Aprendo i link delle singole pagine del libro, esse si vedranno come
dei Jpeg che potranno essere salvati, uno ad uno, sul pc.
Se il libro avesse un’anteprima di tante pagine, conviene usare il plugin FlashGot, selezionare tutte le pagine da scaricare con il mouse, premere il tasto destro e scegliere “Scarica la selezione con FlashGot” (tra le
opzioni di FlashGot, scegliere “incorporato nel browser”).
Aprendo la cartella, si troveranno dei file che nessun programma riesce ad aprire di default, io consiglio il programma InfarView e usarlo
per aprire queste immagini che saranno rinominate con l’aggiunta della
estensione JPG e saranno pienamente leggibili.
Un altro modo per scaricare i libri da Google Books, era usare il programma GoogleBook Downloader che non esiste più.
Un programma che funziona ma è un po’ limitato nella sua versione
gratuita è GooReader.
Si tratta di uno strumento per la ricerca di libri, molto utile se si sceglie di trovare solo i libri che si possono scaricare e leggere gratis.
Per Mac c’è il software Google Book Downloader che estrae automaticamente le pagine leggibili gratis di un libro (possono esseretutte o solo
alcune) e le converte in un file pdf.
Per i libri senza nessuna anteprima, non c’è nulla da fare, se non
comprarli sul negozio online, il cui prezzo è molto inferiore rispetto a
quello esposto dalle librerie italiane.
Google books: contratto con gli editori
133
1.2. Google Books: il contratto con gli editori
Secondo l’accordo che Google ha stretto con autori ed editori americani, il colosso di Mountain View può digitalizzare tutti i libri fuori
commercio, usciti sul mercato statunitense. Per favorire l’accordo Google ha favorito 125 milioni di dollari.
Da ormai cinque anni Google, il motore di ricerca più famoso ed utilizzato, sta inserendo on line le copie di molti libri delle biblioteche. Sette
milioni di copie digitali sono attualmente accessibili su internet tramite
Book search; attraverso questo strumento, svariati romanzi, saggi ed enciclopedie sono visibili e consultabili coodamente da casa. Alcuni di essi
sono protetti da diritto d’autore, altri invece no.
Le associazioni degli editori Usa hanno intrapreso immediatamente
una causa in tribunale, accusando Google di voler creare, con il suo progetto Google Books, un mercato del libro on line monopolista e dannoso
nei confronti delle aziende operanti nel settore oltre che dei lettori stessi.
La causa ha dato il via ad un lungo processo che sembra essersi concluso a novembre con un accordo extragiudiziale tra le parti.
Google potrà beneficiare dei guadagni derivanti dalla lettura, dalla
vendita, dalle licenze, dalla pubblicità e da altri tipi di sfruttamento.
“Big G” pagherà 125 milioni di dollari: 30 agli avvocati, 35 per le operazioni iniziali di un “registro” dei diritti dei libri ed un minimo di 45 milioni per i pagamenti in contanti agli aventi diritto dei volumi e dei contenuti. Si parla di 60 dollari per ogni titolo già on line.
La lotta di Google di portare la cultura in rete non si ferma e, anzi, si
espande. La biblioteca nazionale di Francia, una delle maggiori biblioteche d’Europa e del mondo, potrebbe affidare a Google la digitalizzazione delle sue opere, circa 14 milioni di libri.
1.3. Pareri pro e contro l’iniziativa
Riguardo l’obiettivo di Google di rendere visibile su internet tutte le
opere fuori commercio esistenti nel mondo, numerosi enti si sono dichiarati contro, in netta minoranza, invece, sono quelli a favore.
Il motore di ricerca dovrà chiarire all’U.E., i termini dell’accordo effettuato lo scorso anno con il sindacato Authors’ Guild e l’Association of
America Publishers.
Tra i primi contestatori di questo nuovo sistema ci sono grandi nomi
del mercato Internet come Amazon, Microsoft e Yahoo, che allertano le
autorità sul rischio di abuso di posizione dominante, anche se:
134
Google books: contratto con gli editori
… è arrivata: la versione beta di Live Search Books della Microsoft.
Seguendo le orme di Google, già autore da oltre un anno di Google Books Search, la Microsoft ha lanciato il suo personale progetto di digitalizzazione dei libri.
Questa prima versione di prova include solo i libri non coprti da copyright e che sono stati offerti per la digitalizzazione della British Library, dell’Università della California e dell’Università di Toronto. Ma la
Microsoft annuncia si tratta solo dell’inizio, perché nei primi mesi del
2007 saranno aggiunti i libri messi a dispodizione della New York Public
Library, della Cornell University e dell’American Museum of Veterinay
Medicine, che comprendono anche libri sotto diritti d’autore, che saranno acquistati dagli editori con un accordo ad hoc.
Ancora, la Federal Trade Commission invita Google a sviluppare una
nuova politica di privacy sui propri libri elettronici e a focalizzare
l’attenzione sulla «limitazione di usi secondari dei dati personali raccolti
tramite Google Books, compresi gli usi che possano essere contrari alle
ragionevolipettative dei consumatori».
E, ancora, scrive David Vladeck, direttore del Bureau of Consumer
Protection della FTC:
siamo convinti che sia importante che Google sviluppi una nuova politica di privacy, in particolar modo per Google Books, che si applichi ai
prodotti attuali, che sottolinei anche l’impegno per un’applicazione su
futuri servizi, ma che mantenga l’impegno profuso nell’attuare politica
di privacy.
In un altro comunicato il capo della Ftc, Jon Leibowitz, ha assicurato
che insisterà affinché la privacy del cliente venga rispettata e afferma
«l’iniziativa Google Books può apportare notevoli benefici ai consumatori, ma rappresenta anche una sfida per la difesa della privacy, per via
della grande quantità di dati che potrebbe essere raccolta».
Tra i maggiori oppositori della digitalizzazione dei libri fuori commercio, c’è il Ministro tedesco alla Giustizia Brigitte Zypries.
Anche molti editori italiani non sono d’accordo con il progetto di Google Books e hanno inviato formalmente delle osservazioni alla corte di
New York, che ha il compito di decidere sulla class action in merito ai
diritti d’autore.
L’Aie ha effettuato delle ricerche e fatto un sondaggio sul database di
Google per valutare se i libri considerati fuori commercio siano realmen-
Google books: contratto con gli editori
135
te tali e ne ha rilevato che, almeno l’80% sia il margine di errore del
database.
Google, secondo gli accordi presi con autori ed editori americani, può
digitalizzare tutte le opere fuori commercio.
Nelle varie opere di Camilleri, Calvino, Bassani, Eco, Fallaci e Pavese,
almeno l’81% dei casi analizzati dall’Aie, risulta essere un’edizione fuori
commercio che Google può mettere su internet, almeno che l’autore corregga l’errore. C’è quindi la possibilità che otto opere su dieci vengano
digitalizzate.
L’errore aumenta per i classici del nostro ‘900 rispetto ai best seller di
oggi, protetti da contratti migliori.
Tra i 7 milioni di libri che Google ha già digitalizzato, poi, le opere
fondamentali del 900 italiano sono già quasi tutte presenti (il 91 %). Ma
in questo caso, protestano gli editori, la determinazione di un’opera come F.C., non riguarda la digitalizzazione, già avvenuta, ma gli usi commerciali che Google è autorizzato a farne. Una volta digitalizzato, infatti,
un libro non è messo in rete a disposizione del pubblico (come molti
credono) ma venduto online da Google o inserito in banche dati vendute
in abbonamento alle biblioteche.
Tuttavia, c’è chi è a favore all’iniziativa dei libri on line.
Associazioni per i diritti civili, operazioni che operano nel campo della disabilità, ad esempio, condividono quest’opera; ma tra i più favoreli
al riguardo, compaiono molti gruppi legati alla didattica che riflettono
sul fatto che, così facendo, la possibilità di accesso all’informazione si
espande ed è resa possibile, non solo ai benestanti, ma anche ai più svantaggiati economicamente.
Affiorano diversi punti di vista, tra cui quello di Lateef Mtima, docente di legge e direttore dell’Institute of Intellectual Property e Sociale Justice della Howard University School of Law, che apprezza decisamente
il progetto di Google in quanto riflette sul fatto che studenti che non
hanno accesso alle bibloteche possono consultare i libri sul web.
Anche Wade Henderson, presidente della Leadership Conference sui
Diritti Civili, che afferma che l’opera di Google è un modo per far sì che
tutti abbiano accesso alle librerie di tutto il mondo.
Google continua ad espandere il progetto in Belgio, a Gand, dove ha
già scansionato 300.000 libri. Tutti i mesi i camion portano via dalle biblioteche i libri che tornano alcune settimane più tardi, dopo che sono
stati scansionati in un luogo tenuto segreto a costi che Google si rifiuta
di svelare.
136
Google books: contratto con gli editori
1.4. Conclusione
Molti libri, manuali tecnici, riviste o documenti rari sono tuttora di
grande interesse per la consultazione, la ricerca, la ocumentazione storica. La digitalizzazione permette di preservare l’originale producendone
una copia comoda da consultare, facile da riprodurre e utilizzabile per
ottenere ristampe cartacee di ottima qualità.
L’articolo intitolato Così si potranno scaricare i libri fuori commercio,
di cui non è specificato né l’autore e né il quotidiano, sottolinea, prima di
tutto, il continuo evolversi e migliorarsi della teconologia, e poi la grande iniziativa intrapresa e sviluppata, con tanta caparbietà, dal motore di
ricerca più utilizzato in tutto il mondo.
La capacità di individuare un modo con cui chiunque possa accedere
alla lettura e allo studio dei libri, anche comodamente da casa, non è cosa da poco e, come spiega l’articolo di giornale analizzato, Google sta
portando avanti questa possibilità con ogni mezzo disponibile. Molti testi di diversi autori sono già stati digitalizzati e, molti altri, in procinto di
essere messi in rete.
Molti testi hanno vita breve nelle librerie e capita che, nel giro di pochissimo, molte copie spariscono e finiscono nel dimenticatoio. Succede
però, che molti appassionati della lettura, soprattutto di testi di saggistica spasimanti di una specifica materia, vadano alla ricerca proprio di
quelle opere esaurite rapidamente; purtroppo il numero non è così alto
da permettere una ristampa e così, tramite la digitalizzazione, molte organizzazioni provvedono ora anche alla ristampa di una singola copia.
La digitalizzazione di un libro potrebbe essere uno strumento di ampliamento dell’accesso e di ricerca ad alto valore aggiunto.
Ancora, la conservazione e la messe in rete di un’opera antica e andata perduta, sembrerebbe un modo di salvaguardare e rispettare un capolavoro pregiato che è stato messo da parte e si dà la possibilità di farla
conoscere e apprezzare da moltissimi.
Google ha affrontato e continua ad affrontare e combattere le accuse
di molti. Accuse che affermano che il progetto di Google è solo un’opera
di pirateria.
Le ultime notizie parlano di denunce che vedono il motore di ricerca
costretto, per tre mesi, a bloccare e a non digitalizzare nessuna opera
che, lamentano, va a danneggiare gli editori. Sembra però, che Google
farà appello, precisando che, comunque, la sentenza non è un divieto
generale e che riguarda solo le opere ancora protette da diritto d’autore.
L’accordo tra Google-Italia e la questione del classico
Giuseppe Mantico
1.1. Breve introduzione: obiettivi e ricerca
È possibile considerare il Poema pedagogico come un classico della letteratura? È paragonabile a quelle grandi opere quali: La Divina Commedia, I Promessi Sposi, Guerra e Pace ecc… ? Se la risposta fosse positiva, in
una società multimediale come quella attuale, è possibile far diventare il
maggior testo makarenkiano come opera globale, ossia entrare a far parte ed essere condivisa nella rete di internet. Se cosi fosse, sarebbe accessibile a tutti: a partire dall’età adolescenziale fino ad arrivare all’età più
adulta; dal ragazzo curioso che frequenta le scuole medie fino al ricercatore o professore universitario ecc… Ma quali sarebbero le conseguenze
di questo “accesso facilitato” all’opera: sempre positive o c’è il rischio di
rendere il testo troppo “commerciale” svalutando il contenuto? Ed infine, tale procedimento multimediale, è da considerarsi attinente alle tematiche makarenkiane?
Queste sono alcune domande (e obiettivi) che sono sorti durante il
corso “Laboratorio Makarenko”, tenuto dal prof. Nicola Siciliani de Cumis. Tale percorso laboratoriale va a completare l’intero corso di Pedagogia Generale tenuto nell’ A.A. 2009/2010 per gli studenti del corso di
laurea magistrale in Pedagogia e Scienze dell’Educazione e della Formazione presso la Facoltà di Filosofia dell’Università di Roma “La Sapienza”.
Il clima collaborativo del corso è sempre risultato attivo: ogni partecipante ha proposto un suo pensiero, un suo argomento, una sua idea
per la realizzazione degli obiettivi prefissati all’inizio del corso. Particolarmente utili sono risultati i materiali di approfondimento (soprattutto
articoli di quotidiani) che il prof. Siciliani de Cumis ci ha distribuito durante le varie lezioni: ciò è stato indispensabile per capire le varie metodologie d’inserimento di un testo su internet, per capire il contesto in cui
si agiva, per stimolarci a scegliere un determinato argomento da approfondire, che sarebbe stato utile per il nostro lavoro “collettivo”. Ecco!
Proprio il collettivo, tanto caro a Makarenko, è stato il punto di forza di
questo laboratorio in quanto ogni partecipante, dopo aver lavorato individualmente su di un determinato argomento, ha condiviso il tutto con
gli altri partecipanti, in una sorta di relazione orale che è sempre risulta-
138
L’accordo Google-Italia e la questione del classico
ta utile per proseguire il lavoro in maniera più lineare e approfondita,
contribuendo, magari involontariamente, anche ad una maggior perfezione delle relazioni individuali e delle ricerche che dovevamo presentare.
Oltre a capire come (e se è possibile) inserire il testo di Makarenko on
line, studiando procedure e leggi a riguardo, ci è stato chiesto un ulteriore lavoro collettivo: correggere, all’incirca, trenta pagine dell’ultima edizione del Poema pedagogico curata dal prof. Siciliani de Cumis, al fine di
inserire, in prospettiva futura, l’opera nella maniera più corretta possibile, magari per evitare confusione nel lettore.
La pianificazione del lavoro è iniziata proprio con la divisione dei capitoli da correggere (per quanto mi riguarda, ho corretto i capitoli che
vanno dal 28 al 30 della prima parte del testo). Successivamente, stimolati, come già accennato, dagli articoli che il professore ci distribuiva,
ognuno dei partecipanti ha scelto un articolo, ed il rispettivo argomento,
specifico su cui lavorare e approfondire, per l’inserimento e la “ristrutturazione” del sito internet che dovrebbe “accogliere” il testo (es. c’è chi si
è occupato della musica da inserire come sfondo, chi delle immagini
ecc…).
Per quanto mi riguarda, ho deciso di approfondire il concetto di
“pubblico dominio”: come è nato, cosa riguarda, quali condizioni sono
necessarie per considerare un opera “collettiva” ed accessibile a tutti, le
eventuali normative da considerare, le strutture e gli enti che si occupano di pubblico dominio digitale ecc… Questi sono alcuni punti focali che
ho sviluppato e ricercato: il tutto è partito da un articolo che il professore
ha distribuito tra i partecipanti del corso; successivamente ho analizzato, confrontando le nozioni acquisite sul pubblico dominio, la “questione
italiana” sull’accordo fatto tra Google ed il Ministero per i Beni e le Attività culturali, che prevede la digitalizzazione delle opere delle biblioteche nazionali di Roma e Firenze: scelta giusta o azzardata? Si tenta davvero di condividere il sapere? Questo e altro si tenta di descrivere in
questa relazione.
1.2. Il pubblico dominio: caratteristiche generali
La ricerca sul pubblico dominio è sorta dopo aver letto l’articolo del
prof. Juan Carlos De Martin, docente di informatica e internet presso il
Politecnico di Torino: l’articolo si sofferma, in maniera molto generica,
sul concetto di pubblico dominio, sul perché è nato e sulle nuove restrizioni nell’ambito del copyright. Nonostante ci siano libertà abbastanza
L’accordo Google-Italia e la questione del classico
139
ampie sulla riproduzione di determinate opere (vedi La Divina Commedia
o I Promessi Sposi) che consentono un costruttivo confronto intellettuale e
profonde discussioni pubbliche, esistono alcune restrizioni che, se non
rispettate, rischiano di farci cadere nell’illegalità. De Martin ne cita due
in particolare, ossia non è lecito attribuire opere di cui non si ha la paternità e non è consentito citare brani al di fuori del contesto specifico
dello stesso, in quanto c’è il rischio di alterare il pensiero dell’autore.
Detto ciò, possiamo già capire che per pubblico dominio s’intende
quella condizione data ai testi una volta decaduti i diritti d’autore, rendendo l’opera “collettiva”, accessibile a tutti (gratuitamente o a basso costo), dando la possibilità a studiosi e non, di commentare criticamente
un testo, di realizzare edizioni per non-vedenti o edizioni a fumetti per i
più piccoli, promuovendo, a tutto tondo, la cultura della lettura
all’interno della società, sviluppando sempre più la libertà del pensiero
critico, il diritto di cronaca, la libertà d’insegnamento ed un corretto funzionamento delle biblioteche, una risorsa sempre meno utilizzata dagli
studenti.
Ma, dopo la nascita del copyright moderno, voluta soprattutto dalle
case editrici, per tutelare le proprie entrate economiche, sono aumentate
le restrizioni che condannano sempre più il pubblico dominio (e le sue
conseguenze): una di queste è l’estensione della cosiddetta “eccezione
temporanea”, la quale, prevede che un testo decada dai suoi diritti
d’autore solo settant’anni dopo la morte dell’autore. Secondo il prof. De
Martin, questa estensione condanna ‹‹[…] l’esercizio di libertà […] per
assicurare una democrazia piena, una società culturalmente vivace
[…]››.
A questa sorta di “protezionismo”, come cita De Martin, bisogna opporsi, mettendo in evidenza sia il ruolo che l’importanza del pubblico
dominio: proprio per questo motivo, nel 2009, è stata realizzata la prima
celebrazione della “Giornata del Pubblico Dominio” (Public Domain
Day), organizzata da Communia , ossia una rete telematica europea sul
pubblico dominio digitale. Oltre a questa interessante iniziativa, la Open
Knowledge Foundation di Londra ha realizzato dei “calcolatori del pubblico dominio” nazione per nazione, stilando una sorta di lista internazionale per definire quali autori e quali opere rientrano nel dominio
pubblico.
Incuriosito da questo primo articolo, ho deciso di approfondire il
concetto di pubblico dominio e, navigando in internet, sono riuscito a
trovare il manifesto che regolamenta questo concetto. Brevemente tenterò di esporre i punti principali di questo documento che potrebbe essere
140
L’accordo Google-Italia e la questione del classico
utili per capire se l’opera magna di Makarenko, Poema pedagogico, è da
considerarsi di pubblico dominio.
Il libro, in quanto libro, appartiene all'autore, ma in quanto pensiero appartiene - senza voler esagerare - al genere umano. Tutti gli intelletti ne hanno diritto. Se uno dei due diritti, quello dello scrittore e quello dello spirito umano,
dovesse essere sacrificato, sarebbe certo quello dello scrittore, dal momento che
la nostra unica preoccupazione è l'interesse pubblico e tutti, lo dichiaro, vengono prima di noi .
Con questa citazione si apre il Manifesto del Pubblico Dominio, che
subito mette in evidenza come sia importante la condivisione del sapere
umano, azzarderei il “sapere collettivo” come diritto sociale.
Innanzitutto è fondamentale premettere che il manifesto è stato prodotto nell’ambito del progetto Communia. Questo è costituito da 5 parti:
la prima, il preambolo, dove si da una prima definizione di pubblico
dominio:
Il pubblico dominio, nella sua accezione più ampia, è la preziosa risorsa di informazioni che è libera da quelle barriere all'accesso o al riuso
generalmente associate alla tutela del copyright, sia in quanto libera da
ogni tutela sul diritto d'autore oppure perché i detentori dei diritti hanno volontariamente deciso di rimuovere tali barriere. Il pubblico dominio è il fondamento del nostro riconoscimento come espressione del bagaglio comune di conoscenze e cultura. È la materia grezza dalla quale
viene ricavata la nuova conoscenza e si creano nuove opere culturali. Il
pubblico dominio funge da meccanismo protettivo onde assicura che
questo materiale grezzo sia disponibile al costo di riproduzione - vicino
allo zero - e che tutti i membri della società possano costruirvi sopra.
Subito si nota come tale concezione sia più ampia rispetto all’articolo
del prof. De Martin, infatti qui vengono messi in evidenza due livelli: il
primo riguarda la parte più burocratica, dove vengono descritti i motivi
della decadenza del diritto d’autore; il secondo più filosofico-sociale, se
così possiamo intenderlo, che abbraccia tutta la società e ci fa capire che
il dominio pubblico è riconoscibile come “bagaglio comune di conoscenze e cultura”, che si riflette sulle future conoscenze, le quali vengono
protette. Ciò ci fa capire che mantenere tale diritto diventa essenziale per
il benessere sociale ed economico della nostra società. Il pubblico dominio riveste un ruolo fondamentale nel campo dell'istruzione, delle scienze, del patrimonio culturale.
L’accordo Google-Italia e la questione del classico
141
Tutto ciò vale ancor di più nella nostra società, dove ormai il sapere è
sempre più digitalizzato, infatti la questione del pubblico dominio è
sempre al centro del dibattito sul copyright.
La seconda parte del manifesto introduce alla concezione del pubblico dominio nel XXI secolo: il pubblico dominio auspicato è definito come quel materiale culturale che può essere usato senza restrizioni, esente dalla tutela del copyright. Oltre alle opere “classiche” che fanno parte
del pubblico dominio, il manifesto elenca anche alcune opere, definite
“volontarie” che vengono condivise dagli autori a condizioni generose
creando così un bene comune di origine privata che opera per molti versi come fosse un pubblico dominio. Si possono inoltre utilizzare molte
opere protette grazie a eccezioni e limitazioni del copyright, quali il fair
use (uso consentito) e il fair dealing (corretto trattamento). Tutte queste
fonti, che permettono un migliore accesso alla cultura e al patrimonio
collettivo, sono importanti e devono essere attivamente sostenute affinchè la società possa godere il massimo beneficio dalla condivisione della
conoscenza e della cultura.
La terza parte del manifesto la definirei strutturale, in quanto vengono descritte le nozioni principali del pubblico dominio. In particolare, il
pubblico dominio strutturale si compone di quattro ambiti diversi di
materiali:
Opere d'autore per le quali sono scaduti i termini della tutela del
copyright (diritto temporaneo garantito);
Il bene comune ed essenziale dell'informazioni che non è coperto
da copyright (cioè tutte quelle opere che non sono tutelate dal diritto
d'autore, perchè non hanno passato il test sull'originalità o perché escluse da tale tutela);
Opere volontariamente condivise dai titolari dei diritti;
Le prerogative degli utenti create da eccezioni e limitazioni al copyright, dal fair use e fair dealing.
Nella quarta parte del manifesto vengono elencati i principi generali
che sostengono il pubblico dominio I seguenti principi sono essenziali
per preservare una significativa comprensione del pubblico dominio e
per assicurare che quest’ultimo continui a funzionare nel contesto tecnologico di una società dell'informazione in rete. Per quanto riguarda il
pubblico dominio strutturale, questi principi sono i seguenti:
1. Il pubblico dominio è la regola, il copyright è l'eccezione;
2. La tutela del copyright deve durare solo il tempo necessario ad assicurare un ragionevole compromesso tra la protezione e la ricompensa
142
L’accordo Google-Italia e la questione del classico
all'autore per il proprio lavoro intellettuale, e la salvaguardia dell'interesse pubblico alla diffusione della cultura e della conoscenza;
3. Ciò che è nel pubblico dominio deve rimanere nel pubblico dominio;
4. Il legittimo utente di una copia digitale di un'opera nel pubblico
dominio deve essere libero di (ri-)usare, copiare e modificare quest'opera;
5. Non vanno applicati contratti o misure tecniche di protezione che
restringono l'accesso e il riutilizzo di opere già nel pubblico dominio.
Nell’ultima parte del manifesto vengono elencate delle raccomandazioni generali che possano consentire un ulteriore sviluppo del pubblico
dominio:
1. Occorre ridurre la durata dei termini di tutela del copyright;
2. Qualsiasi modifica sulla portata della tutela del copyright (ivi
comprese qualsiasi nuova definizione della materia tutelabile o l'espansione di diritti esclusivi) deve tener conto degli effetti sul pubblico dominio;
3. Qualora un'opera debba rientrare pubblico dominio strutturale del
proprio Paese d'origine, va riconosciuta come parte del pubblico dominio strutturale in tutti gli altri Paesi del mondo;
4. Ogni tentativo falso o ingannevole di appropriarsi di opere in
pubblico dominio va punito a norma di legge;
5. Non è consentito ricorrere ad alcun ulteriore diritto di proprietà
intellettuale per ricostituire l'esclusività su opere di pubblico dominio;
6. Occorre implementare un modo pratico ed efficace per rendere disponibili le 'opere orfane' e i lavori già pubblicati ma non più in commercio (ad esempio, le opere fuori catalogo) onde poter essere riutilizzate dalla società;
7. Le istituzioni a tutela del patrimonio culturale dovrebbero assumere un ruolo cruciale per l'efficace catalogazione e tutela delle opere di
pubblico dominio;
8. Va eliminato ogni ostacolo legale che possa impedire la condivisione volontaria delle proprie opere o la diretta assegnazione a pubblico
dominio da parte dell'autore;
9. In generale va reso possibile l'uso personale non commerciale delle
opere tutelate dal copyright, e per casi simili vanno esplorate forme alternative di remunerazione per l'autore.
Una volta ricercate ed analizzate queste informazione sul copyright e
sul dominio pubblico, possiamo capire se il Poema Pedagogico è inseribile
come opera di dominio globale, e per questo pubblicabile su internet.
L’accordo Google-Italia e la questione del classico
143
Come prima considerazione, meramente formale, bisogna ricordare che
l’opera di Makarenko ha perso i diritti d’autore in quanto il pedagogista
ucraino, morto il primo marzo del 1939, ha raggiunto “l’eccezione temporanea” dei settant’anni dalla morte, quindi ogni diritto decade. Per
rafforzare questa ipotesi, sono andato alla ricerca della lista stilata dalla
Open Knowledge Foundation : ebbene c’è anche Makarenko, quindi, se
si ha la possibilità di inserire il testo del pedagogista ucraino in un sito
internet, è possibile farlo senza andare incontro a questioni legali.
Sicuramente è interessante notare come il concetto di pubblico dominio sia anche sinonimo di collettivo: infatti il tema tanto caro a Makarenko si lega totalmente a tutto questo. La possibilità di realizzare un
sapere ed un patrimonio collettivo rafforza ancora di più il pensiero makarenkiano: la condivisione, in questo caso, dei testi, permette uno sviluppo culturale e scientifico della società attuale, conservando il patrimonio attuale e realizzando un sapere futuro. Proprio come il collettivo
generale di Makarenko, in fondo, si può considerare il pubblico dominio
come una struttura unitaria, organica e totalizzante perché in essa si sviluppano tutte le forme di vita del soggetto/società grazie al lavoro di più
persone.
1.2. L’accordo Google-Italia e la questione del “classico”
La seconda tappa della seguente ricerca è partita dopo aver letto
l’articolo scritto da Francesco Borgonovo all’interno del quotidiano “Libero” dove viene descritto, per sommi capi, l’accordo tra il motore di
ricerca Google ed il Ministero per i Beni e le Attività Culturali che prevede, entro i prossimi due anni, la digitalizzazione e la messa in rete di
ben un milione di opere (non coperte da copyright) delle biblioteche nazionali di Roma e Firenze. Il costo dell’intera operazione, in base all’accordo, è totalmente a carico di Google che organizzerà punti di scanning
all’interno delle biblioteche stesse. Ciò permetterà a migliaia di utenti,
sparsi nel mondi, di condividere la cultura e scaricare (?) sul proprio pc
o sull’ e-book l’opera per intero.
Non contento delle poche informazioni a riguardo, e dei troppi elogi
da parte della politica di maggioranza e dai creatori di Google, navigando in internet, sono andato alla ricerca di ulteriori informazioni (ed eventuali critiche) leggendo ulteriori articoli, inseriti in altri quotidiani,
che riguardavano il medesimo argomento.
Come volevasi dimostrare, non mancano aspre disapprovazioni verso questo progetto. Una in particolare mi ha incuriosito è mi ha fatto ri-
144
L’accordo Google-Italia e la questione del classico
flettere: si tratta di un blog , nel quale si è affrontato, con toni molto accesi, il patto tra l’Italia e Google. Il dibattito inizia con l’elenco di progetti
simili a quello analizzato, proposti all’Italia e per nulla pubblicizzati. I
progetti in questione sono: il “Progetto Gutenberg” nato nel 1971, Gallica presente dal 1997, Europeana dal 2008 e l’italianissimo LiberLiber
che dal 1993 porta avanti il “Progetto Manunzio”. Ci si domanda perché
questi progetti, sorti prima di Google, non siano stati presi del tutto in
considerazione nonostante si avvicinino molto all’accordo tra il motore
di ricerca e l’Italia. A mio parere, sicuramente il progetto Google “alletta” di più in quanto internet è ormai accessibile a tutti, mentre magari gli
altri progetti hanno minor utenza. Questo comporta anche una maggior
visibilità per il governo stesso, il quale può pubblicizzare, a livello mondiale, il proprio operato.
Il secondo punto del dibattito riguarda l’effettività dell’accordo stipulato; infatti non tutti sanno che Google ha posto delle condizioni d’uso
su qualsiasi libro di pubblico dominio presente nei propri archivi.
Già ciò deve far riflettere in quanto, solo per il fatto che ci siano delle
regole da rispettare per usufruire di un qualsiasi testo, ritenuto collettivo, viene meno al concetto stesso di pubblico dominio. Ecco alcuni punti
delle condizioni d’uso imposta da Google che risultano contradditori rispetto al Manifesto del Pubblico Dominio:
Non inviare query automatizzate Non inviare a Google query automatizzate di alcun tipo. Se stai effettuando delle ricerche nel campo
della traduzione automatica, del riconoscimento ottico dei caratteri
(OCR) o in altri campi dove necessiti di utilizzare grandi quantità di testo, ti invitiamo a contattarci. Incoraggiamo l’uso dei materiali di pubblico dominio per questi scopi e potremmo esserti di aiuto.
Conserva la filigrana La “filigrana” (watermark) di Google che
compare in ciascun file è essenziale per informare gli utenti su questo
progetto e aiutarli a trovare materiali aggiuntivi tramite Google Ricerca
Libri. Non rimuoverla.
Fanne un uso legale Indipendentemente dall’utilizzo che ne farai,
ricordati che è tua responsabilità accertati di farne un uso legale. Non
dare per scontato che, poiché un libro è di pubblico dominio per gli utenti degli Stati Uniti, sia di pubblico dominio anche per gli utenti di altri paesi. I criteri che stabiliscono se un libro è protetto da copyright variano da Paese a Paese e non possiamo offrire indicazioni se un determinato uso del libro è consentito. Non dare per scontato che poiché un libro compare in Google Ricerca Libri ciò significhi che può essere utiliz-
L’accordo Google-Italia e la questione del classico
145
zato in qualsiasi modo e in qualsiasi Paese del mondo. Le sanzioni per le
violazioni del copyright possono essere molto severe.
Si noti che, con queste condizioni, viene meno il concetto di “pubblico
dominio” poiché:
1. Non tutti i testi, ritenuti “collettivi”, si possono salvare e/o stampare se non si dispone del permesso degli amministratori di Google;
2. Il conservare la filigrana di Google su ogni pagina del testo indica
una sorta di monopolizzazione dei testi e, in più, diventa una pubblicità
gratuita che gli utenti sono “costretti”, implicitamente, a diffondere;
3. Non consente chiare indicazioni sull’effettivo valore di pubblico
dominio di un testo, che cambia da nazione a nazione, mettendo a rischio la correttezza degli utenti.
In questo modo sembra che venga meno il principio portante del
pubblico dominio, ossia che tali opere sono patrimonio dell’umanità, in
quanto Google applica contratti e misure tecniche di protezione che restringono l’accesso e il riutilizzo di opere già nel pubblico dominio. Lo
stato di pubblico dominio di un’opera deve garantirne il diritto di riuso,
modifica e riproduzione. Ciò vale anche per le prerogative dell’utente
derivanti da eccezioni e limitazioni, dal fair use e fair dealing, assicurando che queste opzioni non vengano limitate da mezzi tecnologici o
contrattuali.
Andando avanti nella ricerca, dopo aver consultato vari articoli , sia
italiani che stranieri (tutti presenti all’interno dell’appendice I della seguente relazione) mi sono imbattuto nell’articolo del “Corriere della Sera” che riprende tale argomento. Rispetto all’articolo di “Libero” vi sono ulteriori elementi che approfondiscono meglio quest’accordo:
Devono essere inseriti solo i volumi di pubblico dominio, ovvero i
volumi storici pubblicati fino al 1860;
Google fornirà alle due biblioteche le copie digitali di ciascun libro;
Tra le opere rare e rilevanti che la Biblioteca Nazionale di Firenze
includerà nel progetto ci sono: rare opere scientifiche del XVIII Secolo e
dell’Illuminismo; opere letterarie del XIX secolo che hanno creato il clima culturale che ha portato all’unità d’Italia; opere illustrate e litografie
di ogni epoca.
La Biblioteca Nazionale di Roma includerà nel progetto di digitalizzazione tra le altre: rare prime edizioni di opere del XIX Secolo; opere di
Gianbattista, Keplero e Galileo Galilei; erbari e farmacopee del XIX Secolo;
Se un libro della biblioteca è di dominio pubblico (non protetto da
copyright) viene visualizzato per intero. Se invece è protetto da copy-
146
L’accordo Google-Italia e la questione del classico
right, gli utenti potranno vedere solamente alcune informazioni di base
(ad esempio, il titolo del libro e il nome dell’autore) e, al massimo, due o
tre frammenti di testo del libro, insieme all’indicazione della biblioteca
nella quale si trova o della libreria in cui può essere acquistato.
La scelta dei “classici” da inserire on line è effettuata dai curatori
delle biblioteche di Roma e Firenze.
Grazie a queste ulteriori informazioni, vorrei mettere in evidenza soprattutto due punti che considero interessanti: in primis il “dono” che
Google renderà alle biblioteche, ossia una copia di ogni opera digitalizzata (file in formato pdf). Questa condizione mi sembra più che giusta,
in quanto permette alle biblioteche di conservare le opere in formati digitali al fine di salvaguardare e preservare ancor di più il patrimonio
culturale italiano, facendo circolare, tra l’utenza, solo i file multimediali,
evitando così la probabile usura di testi che risultano molto antichi. Oltre a ciò, le biblioteche potranno usufruire delle opere in diversi modi,
per esempio rendendole disponibili attraverso piattaforme diverse da
Google (evitando così una sorta di vincolo contrattuale), come quella
dell'Unione Europea, “Europeana”.
Il secondo punto riguarda la selezione dei “classici” che i curatori delle rispettive biblioteche effettueranno per la futura scansione: con quali
criteri si può definire un’opera letteraria “classica”? Perché selezionare
determinate opere da scannerizzare ed escluderne altre?
Da questi interrogativi nasce la seconda parte di questa breve ricerca:
che cos’è un “classico”? Esistono dei canoni che riescano a definirlo?
Ebbene, navigando sul web mi sono imbattuto in una sorta di convenzioni che definiscono un opera letteraria come “classico”: “Il Canone
dei classici”. Questa lista di opere risponde a determinati criteri di selezione, determinati nell’arco dei secoli, rispetto alla miriade di opere letterarie realizzate nel corso della storia dell’umanità. In questo “canone”
sono distinte determinate categorie, tra queste c’è quella “dei testi letterari”, che non va confusa con opere tecniche, giuridiche o filosofiche. Da
questa immensa categoria di “testi letterari” possiamo riscontrare
un’ulteriore sottocategoria che divide le opere in base a specifiche proprietà (es. di forma, di sostanza).
Per rendere più chiara la questione, il critico letterario Albero Asor
Rosa definisce “opera letteraria” quel testo che rispetta queste tre asserzioni:
1. In primo luogo, essa è un testo che si distingue dagli altri per una
tradizione consolidata nel tempo, per un lungo, ripetuto e autorevole riconoscimento;
L’accordo Google-Italia e la questione del classico
147
2. In secondo luogo, all'idea di Opera è connesso un elemento di
progettualità, l'intenzione da parte dell'autore di costruire qualcosa che
corrisponda a un disegno definito, un prodotto la cui definizione sottintenda una tecnica e uno scopo;
3. In terzo luogo, per definire un'Opera è necessario riconoscere in
essa uno stile, ovvero un'identità sua propria sia linguistica che formale,
tale da renderla originale, distinguibile e irripetibile.
Sulla base di queste prime informazioni, possiamo già capire come il
Poema pedagogico rientri, a tutti gli effetti, come “opera letteraria”: in
primis perché l’opera makarenkiana, sia nel suo tempo che oggigiorno,
si è contraddistinta come testo “rivoluzionario” grazie alle sue tematiche
pedagogiche e soprattutto antipedagogiche riproposte e seguite durante
la sua epoca; in secondo luogo esiste quell’elemento di progettualità e
continuità che contraddistingue le “opere letterarie”: basta pensare che il
romanzo ha come oggetto la formazione, la crescita e l’evoluzione, le
quali sono tematiche attualissime, che con l’introduzione di un nuovo
metodo educativo (il concetto di “collettivo”) permette la formazione
dell’uomo nuovo. Infatti Makarenko riteneva che il primo compito di un
buon educatore fosse quello di formare un solido collettivo in modo da
poter abbandonare i metodi coercitivi. Sicuramente i temi affrontati da
Makarenko sono da ritenersi “continui” in quanto, nonostante sia
un’opera scritta negli anni ’30, si possono riscontare anche nella società
attuale, per questi motivi il pedagogista ucraino è conosciuto come il
«pedagogista della prospettiva» per la sua apertura all’avvenire, al futuro; infine il Poema pedagogico ha sicuramente un proprio stile ben definito, e per questo subito riconoscibile ed irripetibile: la sua originalità sta
nel fatto che Makarenko ha impostato il testo come opera pedagogicanarrativa, in cui intende narrare la storia di un popolo, delle loro occupazioni e relazioni, ma anche delle loro speranze, passioni e paure. Nel
romanzo è possibile trovare alcune immagini figurate che riprendono le
tematiche della crescita, del cambiamento, della metamorfosi, effettuando un viaggio nel tempo e nello spazio, con prove e riprove, tentativi,
errori, soluzioni, fondate su un atteggiamento profondamente critico,
non passivo e teorico, ma nettamente distinto dai filoni pedagogici
dell’educazione classica. Per tale ragione si parla di romanzo di formazione, in quanto la storia narrata comporta il cambiamento dei personaggi, che si sviluppa non solo singolarmente, ma anche collettivamente.
Giunti a questo punto, abbiamo visto come si definisce un “opera letteraria”, ma il passaggio da “letteraria” a “classico” come avviene?
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L’accordo Google-Italia e la questione del classico
Di solito, per definire un’opera “classica” si prende in considerazione:
una lunga tradizione storica improntata su valori ben riconoscibili; le identità linguistiche nazionali; deve rispettare le strutture ideologiche ed
economico-sociali del suo tempo e anche le considerazione dei critici letterari, i quali posso detronizzare o innalzare una determinata opera.
A questo riguardo è interessante l’analisi che Nicola Siciliani de Cumis propone sul concetto di “classico”: esiste, in ogni opera “classica”,
una forte valenza pedagogica e didattica che deriva dalla formazione
dell’autore; questo fa si che chiunque legga un “classico” (o non “classico”) ha la possibilità di acquisire quel valore pedagogico che l’autore ha
tentato di proporre, implicitamente, nel testo. Tale concetto risulta fondamentale in quanto, a mio avviso, fa capire come un “classico” può
formare, anche implicitamente il lettore. Un testo (“classico” o non che
sia) ha una “forza” pedagogica tale che sembrerebbe quasi rischioso categorizzare cosi nettamente un’opera da un’altra. In fondo, la scelta di
leggere un testo piuttosto che un altro dipende dalla propria formazione
e dal percorso pedagogico che si vuole seguire. Ognuno di noi può definire se una determina opera risulta “classica”.
Il saggio continua con una critica ad alcune posizioni, che Siciliani de
Cumis definisce estreme, che tentano di “etichettare” un’opera come
“classica”: si inizia con la critica alla posizione eurocentrica, che risulta
troppo elitaria, selettiva, accessibile a pochi, in quanto si citano (e si studiano) solo le opere che risultano radicate nelle cultura nostrana, evitando il confronto con opere che risultano culturalmente lontane dal nostro
pensiero “europeo”; la seconda posizione criticata è quella “libertaria”
che definisce classica qualsiasi opera scritta e l’ultima corrente ripresa è
quella “poetica”, la corrente di Calvino che afferma ‹‹cos’è un classico? è
un autore che non smette mai di dirci qualcosa; un classico è un libro che
non ha mai finito di dire quello che ha da dire››. Questa posizione, per
Siciliani de Cumis, risulta troppo indeterminata, in quanto un testo ha
sempre un obiettivo, un fine da perseguire, che, per esempio, è quello di
creare criticità nella mente del lettore. Un testo non è mai fine a se stesso.
Se lo si scrive è perché l’autore vuole esprimere il suo punto di vista, dà
tutto se stesso per sottolineare con maggior forza una morale, che diventa una sorta di mezzo procedurale per il lettore il quale, a sua volta, ha la
possibilità di formarsi intellettualmente.
Secondo Siciliani de Cumis la scelta del “classico” viene effettuata in
base ai programmi di studio (scolastici od universitari che siano), alla
cultura dell’insegnante ed anche alle scelte personali del lettore, ma la
cosa fondamentale è non effettuare mai la scelta contrapponendo tra lo-
L’accordo Google-Italia e la questione del classico
149
ro gli autori. In questa scelta hanno un ruolo rilevante anche gli editori e
gli autori, entrambi con un propria formazione culturale.
Un “classico” è davvero tale se riesce ad inserirsi positivamente nel
nostro contesto culturale, lo si “rivitalizza”, per capire se risponde e risolve le problematiche attuali. In questo senso esemplare è la similitudine tra il “classico” e la zavorra che Siciliani de Cumis, definisce concettuale: in questo senso l’opera “classica” diventa un punto fermo per la
cultura, infatti attorno al testo si realizzano e si sviluppano ulteriori ambiti culturali dando adito ad un sapere collettivo e pluri-transdisciplinare fondamentale per la formazione di ogni individuo.
Per quanto concerne il Poema pedagogico, a parer mio, è giusto definirlo un “classico” in quanto, nonostante sia stato scritto negli anni ’30, in
un periodo storico e culturale del tutto opposto da quello attuale, si riscontrano nel testo tematiche che definirei “universali” e che ben
s’inseriscono nella nostra società: il recupero dei besprizornye, dei ragazzi “traviati” che Makarenko accoglie nella colonia facendoli studiare
e lavorare non è tematica da poco conto che riprende molte situazioni di
disagio presenti all’interno della nostra società. Su questo argomento cito Marco Rossi Doria il quale, con le seguenti parole, afferma che
Vedo altre cose. Ho già detto di alcune ricorrenze del Poema che segnalano,
con la bellezza del racconto e l’acume dell’impietosa auto-riflessione, temi di
grandissima attualità, riguardanti l’inestricabile contraddizione tra la crescita di
tutti e l’emancipazione di ognuno.
Ma vedo oggi, in primo luogo, quanto sia attuale e presente l’oggetto stesso
del racconto, la ragione per la quale Makarenko lavorò e scrisse. Solo a voler
guardare il nostro mondo così com’è, infatti, è del tutto evidente che la materia
viva, il primo contenuto del Poema ci riguarda ancora. Il che fare, il come poter,
concretamente, affrontare la questione dei ragazzi più esclusi dalle opportunità
della vita. Che siano i ragazzi privi di dimora e senza guida né accompagnamento adulto. O i ragazzi precocemente al lavoro o senza istruzione né formazione. O i ragazzi che lungo la loro via hanno incontrato tanta sfortuna da avere
imboccato strade crudeli.
In conclusione, reputo interessante e formativa la proposta fatta dal
prof. Sicilani de Cumis, ossia quella di inserire on line il Poema pedagogico: questo procedimento renderebbe il testo ancor più collettivo ed universale in quanto moltissime persone si avvicinerebbero alla grandiosità
pedagogica dell’opera. Darebbe al testo quella “valenza” letteraria che
merita, oggigiorno fin troppo bistrattata dalla cultura dominante. Gli
150
L’accordo Google-Italia e la questione del classico
sforzi fatti dal Siciliani de Cumis in questi anni per far leggere il Poema
agli studenti universitari verrebbero ripagati con questa iniziativa.
Come abbiamo visto il Poema pedagogico è inserito nella lista di quelle
opere di pubblico domino, quindi l’inserire il testo “in rete” non porta a
conseguenza legali. Consiglio di non introdurre l’opera all’interno di
Google Books poiché troppe contraddizioni sono presenti all’interno del
regolamento che mina i principi primi dal Manifesto del Pubblico Dominio.
Sulla questione del “classico” risulterò impopolare ma ho una mia
considerazione da fare: credo sia rischioso categorizzare e selezionare in
maniera così netta opere rispetto ad altre. Certo esistono criteri che tentano di stabilire se un’opera oltre ad essere “letteraria” risulta anche
“classica” ma chi stabilisce che questi siano realmente universali? Per
questo motivo credo che ognuno di noi, in base al suo percorso formativo, ai propri interessi, alla sua curiosità stabilisce se un opera è “classica” o no. Un “classico” è un testo che ci coinvolge a 360 gradi, sia emotivamente che intellettualmente, che riesce anche a formare quel sentimento critico, tanto utile per il nostro percorso pedagogico ed educativo.
Documentazione 6
Articoli tratti dai quotidiani adoperati per la ricerca
BORGONOVO FRANCESCO, Accordo storico Google. C’è la firma: tutti i classici scritturati da internet, in «Libero», 11 marzo 2010, p. 36.
154
Documentazione 6
Documentazione 6
155
BIANCHI PAOLO, Google Avanza. Lasciate che i libri vengano al web, in «Libero», 10
marzo 2010, p. 29.
156
Documentazione 6
Documentazione 6
157
Accordo Mibac e Google per digitalizzare biblioteche nazionali a Roma e Firenze, in «Il Messaggero», 10 marzo 2010, p. 25.
158
Documentazione 6
MONTANARI LAURA, Accordo con Google per 1 milione di libri, in «la Repubblica», 10 marzo 2010, p. 51.
Documentazione 6
159
Accordo Italia-Google Books un milione di volumi gratis on line, in «La Stampa», 11 marzo 2010, p. 33.
160
Documentazione 6
CARBONE MARIA TERESA, Biblioteche digitali, accordo tra Google e il ministero, in «il manifesto», 11 marzo 2010, p. 12.
Documentazione 6
161
GIURATO BRUNO, Dante e Manzoni a portata di clic nella biblioteca universale
on line, in «il Giornale», 11 marzo 2010, p. 31.
162
Documentazione 6
CONTI PAOLO, L’accordo con Google. Dante, Vico, Manzoni. Ecco il tesoro on
linea, in «Corriere della Sera», 11 marzo 2010, p. 45.
Documentazione 6
163
CHERCHI ANTONELLA, Libri italiani in rete con Google, in «Il Sole 24 Ore»,
11 marzo 2010, p. 32.
164
Documentazione 6
COLCHESTER MAX, EMSDEN CHRISTOPHER, Europe expands book scans, in «The Wall
Street Journal Europe», 11 marzo 2010, p. 18.
Documentazione 6
165
Galileo enters digital age with Google book project, in «The Times», 11 marzo 2010,
p. 38
Segreti di dominio pubblico – Il punto di vista di Juan Carlos de Martin
Valeria Negri
1.1. Il punto di vista di Juan Carlos de Martin
La società in cui viviamo è basata sulla conoscenza121. Questa ha una
forma cumulativa, si crea, si diffonde e si arricchisce grazie alla condivisione dei suoi contenuti. È possibile, quindi, definire la conoscenza come
il patrimonio collettivo di una comunità.
Oggi, i supporti per la trasmissione del sapere passano attraverso la
rete Internet. Qui i contenuti sono accessibili a tutti, modificabili e adattabili. Chiunque può partecipare alla formazione dei contenuti e delle
informazioni. L’utente non è più solo un consumatore, ma contribuisce
direttamente ad aumentare il potenziale presente sul web e a condividerlo.
È nel momento in cui il sapere su Internet, è nella sua forma di massima accessibilità, che si stanno creando delle norme restrittive sulla
proprietà intellettuale collettiva, che limitano le risorse on line e mettono
in pericolo il carattere di bene comune della conoscenza.
Juan Carlos de Martin122, con la sua attività di ricerca, si concentra sui
temi dell’elaborazione e della trasmissione delle informazioni digitali.
Per società della conoscenza si intende una società che fonda la propria crescita e competitività sul sapere, la ricerca e l´innovazione. Una società dotata di sistemi
educativi, scolastici e formativi efficaci e garantiti ad ognuno per tutto l’arco della
vita, in un’ottica di pari opportunità. Una società volta alla promozione del libero
accesso alle informazioni e alle opportunità e alla libertà di espressione. Essa, inoltre, rappresenta uno degli obiettivi della Strategia di Lisbona (Consiglio Europeo di
Lisbona, marzo 2000).
122 È Professore associato presso la Facoltà dell’Informazione del Politecnico di
Torino. Dopo l’esperienza professionale di ricerca presso l’Università della California e del Texas, tornato a Torino è divenuto il capo del gruppo di ricerca in comunicazioni multimediali del Consiglio Nazionale delle ricerche. Fondatore nel novembre del 2006 del NEXA (Centro di Ricerca su Internet e Società) si occupa di «elaborazione e trasmissione di contenuti multimediali, nonché di software libero/opensource e di condivisione di contenuti». Tratto da: http://demartin.polio.it/aboutme
[consultato il 15 aprile 2010].
121
168
Segreti di dominio pubblico – Il punto di vista di Juan Carlos de Martin
Egli, con alcuni collaboratori del progetto europeo COMMUNIA123, si è
dedicato, in questi anni, alla creazione di alternative delle norme protezionistiche sul diritto di autore, considerato una minaccia per il ruolo e
l’importanza del pubblico dominio nelle nostre società.
Le limitazioni alle opere di pubblico domino iniziano nel secolo scorso, con il diffondersi delle tecniche di stampa che permettono la riproduzione meccanica. In principio, l’obiettivo è quello di tutelare e sostenere gli autori. Successivamente, però, si comincia a proteggere solo gli
interessi delle case di produzione e degli autori stessi. Questa è l’Era del
copyright moderno che tende a limitare gli interessi della collettività.
Juan Carlos de Martin è uno dei sostenitori del Manifesto del pubblico
dominio. Si tratta di alcune linee guida per un ripensamento della proprietà intellettuale e del copyright nell’era del digitale. L’obiettivo del
testo è l’opposizione alla privatizzazione del sistema della conoscenza.
«Ogni individuo ha diritto di prender parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere dell'arte e di partecipare al progresso
scientifico e ai suoi benefici»124.
C’è un chiaro invito a riflettere, insieme alle istituzioni, su forme democratiche di creazione e condivisione digitale dei saperi.
Il pubblico dominio rappresenta tutti quei contenuti liberi dalle tutele
del copyright, dal diritto d’autore o dalla scelta volontaria da parte dei
detentori dei diritti.
Gli autori del testo definiscono il pubblico dominio come «la materia
grezza dalla quale viene ricavata la nuova conoscenza e si creano nuove
opere culturali»125. Il Manifesto elenca una serie di principi generali che
dovrebbero essere prese in considerazione da coloro che si occupano
delle norme protezionistiche.
Secondo i ricercatori di questo settore, il concetto di pubblico dominio
può essere esteso solo alle opere per le quali sono scaduti i termini di tutela del copyright. Nonostante ciò esistono altri modi per permettere agli
individui di accedere liberamente alle opere. Per esempio, i creatori stesÈ un progetto finanziato dalla Commissione Europea all'interno del programma «eContentPlus» e coordinato dal Centro Nexa su Internet e Società presso il
Politecnico di Torino. Avviato il 1 settembre 2008, il progetto si concluderà il 31 agosto 2010 con un report strategico per suggerire alla Commissione le migliori politiche su pubblico dominio e diritto d'autore nell'ambito digitale.
Tratto da: http://www.wikipedia.it [consultato il 20/05/2010].
124 ART. 27, Dichiarazione universale dei diritti umani, in COMMUNIA, Manifesto del
pubblico dominio, 2010, p. 1.
125 COMMUNIA, op. cit., p. 1.
123
Segreti di dominio pubblico – Il punto di vista di Juan Carlos de Martin
169
si hanno la possibilità di rilasciare delle licenze libere o altri strumenti
legali, che rendono legittimo l’utilizzo di questi materiali creativi senza
limiti. Essi possono decidere di esercitare del tutto o solo in parte i loro
diritti. È importante che né il copyright, né la legge o altri tipi di statuti
impediscano questa libertà di scelta.
«Il pubblico dominio è la regola, il copyright è l’eccezione»126. Ogni
forma culturale è di interesse pubblico e deve essere accessibile.
«La rete è già anticopyright» per principio. Internet come invenzione,
come strumento rovescia le regole del privato. Inoltre, il copyright, ha
una durata eccessiva che nega la diffusione del sapere. I settant’anni di
tempo che devono trascorrere dalla morte di un autore, per poter far cadere i diritti, incrementano la presenza di opere «orfane» che tendono a
essere dimenticate e a uscire dal mercato commerciale.
«Dato che di tali opere, in base all’attuale normativa, non beneficiano
né gli autori né la società, le stesse vanno rese disponibili alla società nel
suo insieme per essere riutilizzate in maniera produttiva»127.
Ciò che viene definito di pubblico dominio, deve rimanere tale nel
tempo; una volta garantito l’accesso all’opera, per nessun motivo possono essere stabilite ulteriori limitazioni su di esso.
«Ovviamente ciò non significa che tutto sia lecito»128. L’uso del bene
comune deve essere regolato per impedire lo sfruttamento intellettuale,
ma in una prospettiva che mantenga la democratizzazione del sapere.
È fondamentale che sia possibile a tutti di consultare i materiali, di
poterli arricchire con la propria esperienza.
De Martin ha partecipato, inoltre, fin dall’inizio al progetto di redazione della versione italiana delle Licenze Creative Commons. Si tratta di
poche righe da applicare a un’opera creativa che permette di non violare
le norme vincolanti del diritto di autore e del copyright. La licenza permette l’uso di un bene di origine privata, come fosse di pubblico dominio. L’autore, nel pieno significato del Manifesto, di sua volontà stabilisce la possibilità di consultazione della sua creazione. Egli ottiene così,
non solo un riconoscimento di tipo economico, ma quella che dovrebbe
essere l’aspirazione di ogni scrittore, ovvero, la massima diffusione della
sua opera.
Ivi, p. 3.
Ivi, p. 5.
128 J. C. DE MARTIN, op. cit., p. 1.
126
127
170
Segreti di dominio pubblico – Il punto di vista di Juan Carlos de Martin
Il libro, in quanto libro, appartiene all'autore, ma in quanto pensiero appartiene - senza voler esagerare - al genere umano. Tutti gli intelletti ne hanno diritto. Se uno dei due diritti, quello dello scrittore e quello dello spirito umano,
dovesse essere sacrificato, sarebbe certo quello dello scrittore, dal momento che
la nostra unica preoccupazione è l'interesse pubblico e tutti, lo dichiaro, vengono prima di noi129.
Open content130, Creative Commons e open source131 possono costituire un
efficace strumento di garanzia del libero accesso alla conoscenza e una
sua più democratica diffusione globale.
La volontà di pubblicare sul web il Poema pedagogico di Anton Semënovič Makarenko, rientra nel discorso di condivisione del sapere.
L’intenzione del Laboratorio Makarenko e il cooperativismo è di far conoscere e rendere accessibile il romanzo, nella sua recente edizione, con
la possibilità di modifica e arricchimento, attraverso l’intervento degli
utenti, considerati non più solo utenti, ma anche coproduttori.
Nei nostri propositi, non ci sono scopi economici, bensì il desiderio di
potenziare la conoscenza del pensiero makarenkiano, un sapere creativo
e motivato, che nasca dalla cooperazione e dal confronto con l’altro.
È necessario affrontare il tema da un punto di vista di opportunità.
Internet e la condivisione di dati digitali rappresenta l’occasione per una
crescita culturale individuale e dell’intera umanità.
V. HUGO, Discorso d’apertura al Congresso letterario internazionale, 1878. La citazione viene utilizzata come Preambolo del Manifesto del pubblico dominio.
130 Sono liberamente accessibili e disponibili, non il codice sorgente di un programma, ma i contenuti editoriali quali, testi, immagini, video e musica. Tratto da:
129
http://www.indizio.it/open_source.pdf [consultato il 25 maggio 2010].
131 Termine inglese che significa sorgente aperta, indica un software rilasciato
con un tipo di licenza per la quale il codice sorgente è lasciato alla disponibilità
di eventuali sviluppatori, in modo che con la collaborazione (in genere libera e
spontanea) il prodotto finale possa raggiungere una complessità maggiore di
quanto potrebbe ottenere un singolo gruppo di programmazione.
Tratto da: http://www.indizio,it/open_source.pdf [consultato il 25 maggio 2010].
Documentazione 7
Allegato I
SEGRETI DI DOMINIO PUBBLICO. Il valore della conoscenza usata
liberamente132
Le opere dell’ingegno si posso liberamente stampare, copiare, diffondere, eseguire in pubblico, mettere in scena, tradurre, vendere e altro ancora. Ovvero, si può seguire liberamente la propria inclinazione culturale o i propri obiettivi imprenditoriali senza chiedere il permesso
dell’autore, dei suoi eredi o di altre entità, senza corrispondere royalties,
senza firmare contratti. Ovviamente ciò non significa che tutto sia lecito:
non e’ lecito, per esempio, attribuirsi opere di cui non si ha la paternità
o, per restare in un ambito regolato solo da norme di tipo sociale, non si
citano brani fuori dal contesto così da distorcere il pensiero originale
dell’autore. Ma a parte simili regole di comportamento, perlopiù dettate
dal buon senso, la libertà e’ amplissima. Le nostre società hanno da
sempre convenuto, infatti, che in questo modo viene massimizzata la vivacità e la profondità delle discussioni pubbliche, la ricchezza e la varietà della produzione culturale, la possibilità per i singoli di definire ed
esprimere la propria identità. E quindi troviamo normale e molto positivo che in questo momento, per fare un esempio, in Italia siano disponibili ben 38 edizioni de “I promessi sposi” o 54 edizioni de “La divina
commedia”, con prezzi compresi tra i 5 e i 640 euro, con versioni in milanese e in siciliano, recitate sotto forma di audiolibro, commentate da
molti diversi studiosi, stampate per ipovedenti, illustrate per bambini e
per adulti, a fumetti, con rilegature sia economiche sia di lusso, eccetera.
Quelle appena descritte sono le regole che valgono per il pubblico
dominio, ovvero l’insieme di tutte le opere per le quali sono “scaduti i
diritti”. Contrariamente alla percezione comune, dominata dal motto
“tutti i diritti riservati”, il pubblico dominio, in una prospettiva di lungo
periodo, e’ la condizione di default per tutte le opere dell’ingegno, la
condizione naturale in cui passeranno la maggior parte della loro esistenza.
Sennonché’, pochi secoli fa, con il diffondersi delle tecniche a stampa e
poi di altre forme di riproduzione meccanica delle opere, si decise di tu132
Cfr. J. C. DE MARTIN, Nòva, «Il Sole24ore», 20 Novembre 2008, p. 1.
174
Documentazione 7
telare l’investimento fatto nella produzione dell’opera introducendo
un’eccezione temporanea alla condizione altrimenti naturale del pubblico dominio, ovvero un monopolio limitato nel tempo relativamente agli
sfruttamenti economici dell’opera. L’obiettivo principale, da un punto di
vista utilitarista, era quello di favorire il sostentamento degli autori e di
fornire incentivi alla produzione di opere, con la convinzione che i danni
causati dal monopolio (prezzi più alti e, in generale, minor diffusione
delle opere) fossero, in media, più che compensati dal maggior numero
di opere rese disponibili. Nacque così il copyright moderno. Diritto monopolistico, ma -si badi bene- comunque non assoluto. Una serie di utilizzi, infatti, rimasero fin dal principio leciti perché considerati essenziali
per realizzare compiutamente libertà come quella di espressione e di critica, il diritto di cronaca, la libertà di ricerca e d’insegnamento, il corretto
e libero funzionamento delle biblioteche, e altri ancora.
Tuttavia, come spesso capita quando da una parte c’e’ un interesse
concentrato (autori, i loro eredi, editori e altri intermediari) e dall’altra
un interesse diffuso (la collettività nel suo complesso) l’eccezione temporanea che inizialmente corrispondeva a 14 anni di tutela rinnovabili per
altri 14, ha finito con l’estendersi fino a ben settant’anni dopo la morte
dell’autore. Per intenderci: un’opera pubblicata oggi da una giovane
scrittrice, per esempio 29-enne, entrerà nel pubblico dominio tra oltre
centoventi anni, ovvero, nella prima metà del XXII secolo.
Insomma, l’eccezione temporanea e’ diventata così lunga rispetto alla
vita media di un individuo da essere di fatto, per il singolo, quasi eterna.
Non solo. Le isole di libertà ad attenuazione del monopolio sopra elencate sono state progressivamente erose, rendendo sempre più difficoltoso -anche solo per il timore di incorrere in problemi legalil’esercizio di libertà che sono essenziali per assicurare una democrazia
piena, una società culturalmente vivace, nonché un’economia della conoscenza non paralizzata da monopoli incrociati e sovrapposti.
A questa deriva protezionistica, occorre reagire riaffermando innanzitutto il ruolo e l’importanza del pubblico dominio nelle nostre società. In
tal senso, la celebrazione del primo “Public Domain Day” a inizio 2009,
un’iniziativa di COMMUNIA, la rete tematica europea sul pubblico dominio digitale, potrà dare un contributo. Inoltre, i “calcolatori del pubblico dominio” – prodotti, tra gli altri, dalla Open Knowledge Foundation di Londra – consentiranno di stabilire, nazione per nazione, se una
certa opera e’ o meno nel pubblico dominio.
Al livello normativo, tra le iniziative in discussione spiccano le seguenti: la riduzione della durata della protezione del diritto d’autore; la
Documentazione 7
175
messa a disposizione nel pubblico dominio della maggior quantità possibile di dati e contenuti prodotti dal settore pubblico (come già avviene
negli USA per tutti i dati prodotti da agenzie federali); norme contro dichiarazioni di copyright troppo ampie (come quelle fatte dagli editori
che dichiarano, anche solo per sciatteria, di avere il copyright dei testi di,
per esempio, Shakespeare); il cambiamento della regola di default per la
protezione (“tutti i diritti riservati” solo su richiesta); il riconoscimento
formale esplicito sia del pubblico dominio in senso stretto, sia di quello
su base volontaria, ovvero l’insieme delle opere rilasciate con licenze
Creative Commons o analoghe.
Occorre, in altre parole, favorire l’adozione di una serie di misure atte
a ristabilire un equilibrio tra la legittima tutela degli interessi degli autori e il diritto della collettività ad accedere e contribuire alla cultura, come
affermato, in maniera forse insuperabile, dall’articolo 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
Allegato II
Il manifesto del pubblico dominio133
Il Manifesto del Pubblico Dominio è stato prodotto nell'ambito del
progetto europeo COMMUNIA, network tematico sul pubblico dominio
digitale.
Preambolo
Il libro, in quanto libro, appartiene all'autore, ma in quanto pensiero
appartiene - senza voler esagerare - al genere umano. Tutti gli intelletti
ne hanno diritto. Se uno dei due diritti, quello dello scrittore e quello
dello spirito umano, dovesse essere sacrificato, sarebbe certo quello dello scrittore, dal momento che la nostra unica preoccupazione è l'interesse pubblico e tutti, lo dichiaro, vengono prima di noi134. Victor Hugo, Discorso d'apertura al Congresso letterario internazionale del 1878, 1878
I nostri mercati, la nostra democrazia, la nostra scienza, le tradizioni
della libertà di parola, e l'arte, tutto dipende in maniera cruciale da un
Fonte: http://www.publicdomainmanifesto.org/italian
[consultato il 23 maggio 2010].
134 V. HUGO, Discorso d'apertura al Congresso letterario internazionale del 1878, 1878.
133
176
Documentazione 7
pubblico dominio di materiale liberamente accessibile molto più di
quanto non lo sia dal materiale informativo coperto da diritti di proprietà. Il pubblico dominio non è quanto rimane dopo che tutte le cose migliori siano state coperte dalle norme sulla proprietà. Il pubblico dominio è l'ambito da cui estraiamo i mattoni con cui costruire la nostra cultura. Rappresenta, di fatto, la maggior parte della nostra cultura135.
Il pubblico dominio, nella sua accezione più ampia, è la preziosa risorsa di informazioni che è libera da quelle barriere all'accesso o al riuso
generalmente associate alla tutela del copyright, sia in quanto libera da
ogni tutela sul diritto d'autore oppure perché i detentori dei diritti hanno volontariamente deciso di rimuovere tali barriere. Il pubblico dominio è il fondamento del nostro riconoscimento come espressione del bagaglio comune di conoscenze e cultura. È la materia grezza dalla quale
viene ricavata la nuova conoscenza e si creano nuove opere culturali. Il
pubblico dominio funge da meccanismo protettivo onde assicurare che
questo materiale grezzo sia disponibile al costo di riproduzione - vicino
allo zero - e che tutti i membri della società possano costruirvi sopra.
Mantenere un pubblico dominio sano e florido è essenziale per il benessere sociale ed economico delle nostre società. Il pubblico dominio riveste un ruolo fondamentale nel campo dell'istruzione, delle scienze, del
patrimonio culturale e per i dati del settore pubblico. Un pubblico dominio sano e florido rappresenta uno dei prerequisiti per assicurarsi che
ogni persona al mondo possa trarre giovamento dai principi dell'Articolo 27 (1) della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani «Ogni individuo ha diritto di prender parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere dell'arte e di partecipare al progresso scientifico e ai
suoi benefici».
La società dell'informazione digitalizzata in rete ha portato la questione del pubblico dominio al centro del dibattito sul copyright. Al fine
di preservare e rafforzare il pubblico dominio abbiamo bisogno di definire una comprensione solida e aggiornata della natura e del ruolo di
questa risorsa essenziale.
Questo Manifesto del Pubblico Dominio definisce il pubblico dominio
e illustra i principi necessari e le linee guida per avere un sano Pubblico
Dominio all'inizio del XXI secolo. Il pubblico dominio viene qui considerato in relazione alla normativa sul copyright, escludendo altri tipi di diritti sulla proprietà intellettuale (come i brevetti e i marchi) e intendendo
la normativa sul copyright nel suo senso più ampio fino a includere i di135
J. BOYLE, The public domain, 2008, p. 40.
Documentazione 7
177
ritti economici e morali sottoposti al diritto d'autore e simili (inclusi i diritti annessi e i diritti sulle banche dati). Nella parte restante di questo
documento, quindi, il copyright (o diritto d'autore) viene usato come un
termine generico per indicare tutti questi diritti. Inoltre, il termine opere
(o lavori) comprende tutti i lavori protetti dal copyright così definito, includendo quindi database, spettacoli e registrazioni. Allo stesso modo, il
termine 'autori' include fotografi, produttori, distributori, pittori e attori.
Il Pubblico Dominio nel XXI secolo
Il pubblico dominio auspicato in questo Manifesto è definito come
quel materiale culturale che può essere usato senza restrizioni, esente
dalla tutela del copyright. In aggiunta alle opere che fanno formalmente
parte del pubblico dominio, ce ne sono molti validi lavori volontariamente condivisi dagli autori a condizioni generose creando così un commons (bene comune) di origine privata che opera per molti versi come
fosse un pubblico dominio. Gli individui possono inoltre utilizzare molte opere protette grazie a eccezioni e limitazioni del copyright, quali il
"fair use" (uso consentito) e il "fair dealing" (corretto trattamento). Tutte
queste fonti, che permettono un migliore accesso alla cultura e al patrimonio collettivi, sono importanti e devono essere attivamente sostenute
affinché la società possa godere il massimo beneficio dalla condivisione
della conoscenza e della cultura.
Il Pubblico Dominio
Il pubblico dominio strutturale occupa il cuore della nozione di pubblico dominio e comprende la conoscenza, la cultura e le risorse condivise, che possono essere usate senza le restrizione del copyright come definito dalle attuali normative. In particolare, il pubblico dominio strutturale si compone di due ambiti diversi di materiali:
1. Opere d'autore per le quali sono scaduti i termini della tutela del
copyright. Il copyright è un diritto temporaneo garantito agli autori.
Una volta raggiunta la scadenza di tale protezione temporanea, tutte le
restrizioni legali cessano di esistere, pur se in alcuni Paesi soggette ai diritti morali perpetui dell'autore.
2. Il bene comune ed essenziale dell'informazioni che non è coperto
da copyright. Le opere non tutelate dal diritto d'autore, perché non hanno passato il test sull'originalità o perché escluse da tale tutela (come dati, fatti, idee, processi, sistemi, metodi, concetti, principi o scoperte, a
178
Documentazione 7
prescindere dalla forma in cui vengano descritti, spiegati, illustrati o incorporati in altra opera, così come normative o decisioni giuridiche e
amministrative). Questo bene comune essenziale è troppo importante
per il funzionamento delle nostre società per essere vincolato da restrizioni legali o di altra natura, seppure per un periodo limitato.
Il pubblico dominio strutturale è storicamente un compromesso sui
diritti degli autori tutelati dal copyright ed è essenziale per la memoria
culturale e per i fondamenti della conoscenza delle nostre società. Nella
seconda metà del XX secolo questi due elementi sono stati minacciati
dall'estensione dei termini di tutela del copyright e dall'introduzione di
ulteriori regimi di protezione legale simili al diritto d'autore.
Beni comuni volontari e prerogative dell'utente
In aggiunta a questo nocciolo strutturale del pubblico dominio, esistono altre fonti essenziali che permettono agli individui di interagire liberamente con le opere tutelate da copyright. Tali fonti rappresentano la
'boccata d'aria' della cultura e della conoscenza, assicurando che la protezione del copyright non interferisca con i requisiti specifici della società e con la scelta volontaria degli autori. Mentre queste fonti aumentano
la possibilità d'accesso a opere sotto tutela, alcune di esse condizionano
l'accesso a specifiche forme d'uso o categorie di utenti:
1. Opere volontariamente condivise dai titolari dei diritti. I creatori
possono rimuovere le restrizioni d'uso sulle proprie opere rilasciandole
con 'licenze libere' oppure ricorrendo ad altri strumenti legali che prevedano l'altrui utilizzo di tali lavori senza limiti, o ancora destinandole
direttamente al pubblico dominio.
Per le definizioni di licenze libere, si faccia riferimento alla definizione di software libero (http://www.gnu.org/philosophy/free-sw.it.html), e
alla definizione di conoscenza aperta.
(http://opendefinition.org/1.0/italiano).
2. Le prerogative degli utenti create da eccezioni e limitazioni al copyright, dal "fair use" e "fair dealing". Queste prerogative sono parte
integrante del pubblico dominio. E assicurano l'esistenza di un sufficiente accesso alla cultura e alla conoscenza condivise, consentendo il funzionamento delle istituzioni sociali essenziali e la partecipazione sociale
di individui con necessità particolari.
Considerati nel loro insieme, il pubblico dominio, la condivisione volontaria delle opere e le eccezioni e limitazioni al copyright, il fair use e il
fair dealing, contribuiscono ad assicurare a tutti l'accesso alla conoscenza
Documentazione 7
179
e alla cultura condivise, al fine di favorire l'innovazione e la partecipazione culturale a beneficio dell'intera società. È quindi importante che il
pubblico dominio in ciascuna delle sue incarnazioni venga attivamente
sostenuto, in modo da continuare a esercitare pienamente il proprio ruolo in questo periodo di rapido cambiamento tecnologico e sociale.
Principi generali
In periodi di rapido cambiamento tecnologico e sociale il pubblico
dominio adempie ad un ruolo sostanziale per la partecipazione culturale
e l'innovazione digitale, e di conseguenza va attivamente sostenuto. Per
dare sostegno al pubblico dominio occorre tenere presente una serie di
principi generali. I seguenti principi sono essenziali per preservare una
significativa comprensione del pubblico dominio e per assicurare che il
pubblico dominio continui a funzionare nel contesto tecnologico di una
società dell'informazione in rete. Per quanto riguarda il pubblico dominio strutturale, questi principi sono i seguenti:
1. Il pubblico dominio è la regola, il copyright è l'eccezione. Poiché
la tutela del copyright è garantita solo alle forme di espressione originale, la larga maggioranza di dati, informazioni e idee prodotte nel mondo
in ogni istante appartiene al pubblico dominio. Oltre alle informazioni
che non hanno diritto alla protezione, all'inizio di ogni anno il pubblico
dominio viene ampliato dall'ingresso di opere la cui tutela è scaduta.
L'applicazione combinata dei requisiti di tutela e della durata limitata
del copyright contribuisce al benessere del pubblico dominio in quanto
assicura l'accesso alla conoscenza e alla cultura condivise.
2. La tutela del copyright deve durare solo il tempo necessario ad
assicurare un ragionevole compromesso tra la protezione e la ricompensa all'autore per il proprio lavoro intellettuale, e la salvaguardia
dell'interesse pubblico alla diffusione della cultura e della conoscenza. Né dalla prospettiva dell'autore né da quella del pubblico esistono
argomenti validi (di qualsivoglia carattere storico, economico, sociale o
altro) a sostegno di una durata eccessiva della protezione del copyright.
Mentre l'autore deve essere in grado di raccogliere i frutti del proprio
lavoro intellettuale, il pubblico non va privato per un periodo esageratamente lungo dei benefici derivanti dal libero accesso a tali lavori.
3. Ciò che è nel pubblico dominio deve rimanere nel pubblico dominio. Il controllo esclusivo sulle opere di pubblico dominio non deve
essere ristabilito rivendicando diritti esclusivi sulle riproduzione tecni-
180
Documentazione 7
che delle opere, o usando misure tecniche di tutela per limitare l'accesso
alle riproduzione tecniche di tali opere.
4. Il legittimo utente di una copia digitale di un'opera nel pubblico
dominio deve essere libero di (ri-)usare, copiare e modificare quest'opera. Lo stato di pubblico dominio di un'opera non significa necessariamente che questa vada messa a disposizione del pubblico. I titolari di un
lavoro di pubblico dominio solo liberi di restringerne l'accesso. Tuttavia,
una volta garantito l'accesso a un'opera, non devono essere imposte ulteriori restrizioni sul ri-uso, la modifica o la riproduzione della stessa.
5. Non vanno applicati contratti o misure tecniche di protezione che
restringono l'accesso e il ri-utilizzo di opere già nel pubblico dominio.
Lo stato di pubblico dominio di un'opera deve garantirne il diritto di riuso, modifica e riproduzione. Ciò vale anche per le prerogative dell'utente derivanti da eccezioni e limitazioni, dal "fair use" e "fair dealing",
assicurando che queste opzioni non vengano limitate da mezzi tecnologici o contrattuali.
In aggiunta, i seguenti principi sono alla base dei beni comuni volontari e delle prerogative dell'utente descritti sopra:
1. La cessione volontaria del copyright e la condivisione di opere
sotto tutela sono legittimi esercizi di esclusiva sul diritto d'autore.
Molti autori aventi diritto alla protezione del copyright sulle proprie opere possono decidere di non esercitare del tutto tali diritti o di volerli
cedere per intero. Queste azioni, se volontarie, costituiscono un legittimo
esercizio di esclusiva sul copyright e non devono essere ostacolate dalla
legge, da statuti o altri meccanismi, inclusi i diritti morali sull'opera.
2. Le eccezioni e le limitazioni al copyright, il "fair use" e "fair dealing", devono essere attivamente mantenute un modo da assicurare
l'equilibrio fondamentale tra copyright e interesse pubblico. Questi
meccanismi creano quelle prerogative per l'utente che costituiscono la
necessaria 'boccata d'aria nell'attuale sistema del copyright. Dato l'elevato tasso delle trasformazioni sia nella tecnologia che nella società, è importante che tali meccanismi rimangano in grado di assicurare il funzionamento delle istituzioni sociali essenziali e la partecipazione sociale di
individui con bisogni particolari. Quindi le eccezioni e le limitazione al
copyright, il fair use e fair dealing, dovrebbero essere costruite come evolutive per natura e costantemente adattate per tenere conto dell'interesse
pubblico.
Oltre a questi principi generali, occorre affrontare subito varie altre
questioni rilevanti per il pubblico dominio. Le seguenti raccomandazioni
hanno l'obiettivo di tutelare il pubblico dominio e assicurarne il funzio-
Documentazione 7
181
namento in maniera significativa. Sebbene tali raccomandazioni siano
applicabili sull'intero spettro del copyright, rivestono particolare rilevanza nell'ambito dell'istruzione, del patrimonio culturale e della ricerca
scientifica.
Raccomandazioni generali
1. Occorre ridurre la durata dei termini di tutela del copyright. L'eccessiva durata della protezione sul copyright, combinata con l'assenza di
formalità legali, è altamente dannosa per l'accessibilità della nostra conoscenza e cultura. Inoltre, ciò incrementa la presenza di 'opere orfane',
ovvero quei lavori che per vari motivi non rientrano più né sotto il controllo degli autori né fanno parte del pubblico dominio, e in entrambi i
casi non possono essere usate. Quindi per le nuove opere la durata della
tutela del diritto d'autore va ridotta a termini più ragionevoli.
2. Qualsiasi modifica sulla portata della tutela del copyright (ivi
comprese qualsiasi nuova definizione della materia tutelabile o l'espansione di diritti esclusivi) deve tener conto degli effetti sul pubblico dominio. Qualsiasi cambiamento nella portata della protezione del
copyright non va applicato retroattivamente a lavori già oggetto di tutela. Il copyright è un'eccezione limitata nel tempo dello stato di pubblico
dominio della cultura e conoscenza condivisa. Nel XX secolo la portata
del diritto d'autore è stata estesa in maniera significativa per privilegiare
gli interessi di un gruppo ristretto di titolari di diritti alle spese del pubblico generale. Come risultato, gran parte della nostra cultura e conoscenza rimane bloccata a causa di restrizioni imposte dal copyright e da
questioni tecniche. Dobbiamo assicurarci quantomeno che tale situazione non veda peggiorando e che anzi in futuro venga invece migliorata.
3. Qualora un'opera debba rientrare pubblico dominio strutturale
del proprio Paese d'origine, va riconosciuta come parte del pubblico
dominio strutturale in tutti gli altri Paesi del mondo. Qualora nel proprio Paese un'opera non debba godere della tutela del copyright, in base
a una specifica clausola di esclusione dallo stesso, ovvero in quanto non
soddisfi i criteri di originalità o nel caso di scadenza della durata alla tutela, non deve essere possibile per nessuno (compreso l'autore) invocare
la protezione del copyright dello stesso materiale in un altro Paese in
modo da sottrarlo al pubblico dominio strutturale.
4. Ogni tentativo falso o ingannevole di appropriarsi di opere in
pubblico dominio va punito a norma di legge. Al fine di preservare
l'integrità del pubblico dominio e di tutelare gli utilizzatori di opere di
182
Documentazione 7
pubblico dominio da rappresentazioni inaccurate e menzognere, ogni
tentativo falso o ingannevole di avanzare pretese di esclusività su materiale di pubblico dominio deve essere dichiarato illegittimo.
5. Non è consentito ricorrere ad alcun ulteriore diritto di proprietà
intellettuale per ricostituire l'esclusività su opere di pubblico dominio. Il pubblico dominio è parte integrante dell'equilibrio interno al sistema del diritto d'autore. Questo bilanciamento interno non va manipolato da tentativi per ricostituire od ottenere il controllo esclusivo su opere di pubblico dominio tramite normative esterne al copyright.
6. Occorre implementare un modo pratico ed efficace per rendere
disponibili le 'opere orfane' e i lavori già pubblicati ma non più in
commercio (ad esempio, le opere fuori catalogo) onde poter essere riutilizzate dalla società. L'estensione della portata e della durata del copyright e 'assenza di formalità per i lavori stranieri hanno creato un'ampia
quantità di 'opere orfane' che non sono né sotto il controllo dei rispettivi
autori né fanno parte del pubblico dominio. Dato che di tali opere, in base all'attuale normativa, non beneficiano né gli autori né la società, le
stesse vanno rese disponibili alla società nel suo insieme per essere riutilizzate in maniera produttiva.
7. Le istituzioni a tutela del patrimonio culturale dovrebbero assumere un ruolo cruciale per l'efficace catalogazione e tutela delle opere
di pubblico dominio. A queste organizzazioni è stato affidata per secoli
la conservazione della conoscenza e cultura pubbliche. In quanto detentrici di questo ruolo, esse sono chiamate a garantire che le opere di pubblico dominio siano disponibili a tutti, tramite la loro chiara classificazione, la preservazione e la messa a disposizione della collettività in maniera libera.
8. Va eliminato ogni ostacolo legale che possa impedire la condivisione volontaria delle proprie opere o la diretta assegnazione a pubblico dominio da parte dell'autore. Entrambi sono esercizi legittimi dei
diritti esclusivi garantiti dal copyright ed entrambi sono elementi cruciali per assicurare l'accesso ai beni culturali e alla conoscenza di base e per
rispettare la volontà dell'autore.
9. In generale va reso possibile l'uso personale non commerciale
delle opere tutelate dal copyright, e per casi simili vanno esplorate
forme alternative di remunerazione per l'autore. Poiché è essenziale
per lo sviluppo personale di ciascun individuo che egli/ella sia in grado
di utilizzare in maniera non commerciale tali opere, è parimenti essenziale prendere in considerazione la posizione dell'autore nello stabilire
Documentazione 7
183
nuovi limiti ed eccezioni sulla tutela del copyright o quando vengano
rivisti quelli già esistenti.
---------------Traduzione italiana a cura di Irene Cassarino, Valentin Vitkov, Bernardo Parrella .
Allegato III
Le licenze Creative Commons136
Le licenze Creative Commons si basano sulle seguenti quattro condizioni (alle quali è associato un simbolo grafico allo scopo di renderne più
efficace il riconoscimento):
Attribuzio- Attribution
ne
(by)
Permette che altri copino, distribuiscano, mostrino ed eseguano copie dell'opera e dei lavori derivati
da questa a patto che vengano mantenute le indicazioni di chi è l'autore
dell'opera.
Permette che altri copino, distribuiscano, mostrino ed eseguano coNon com- NonCommercial
pie dell'opera e dei lavori derivati
merciale
(nc)
da questa solo per scopi non commerciali.
Permette che altri copino, distribuiscano, mostrino ed eseguano solNon opere No Derivative
tanto copie identiche dell'opera;
derivate
Works (nd)
non sono ammesse modifiche basate sull'opera.
Condividi
allo
stesso Share Alike (sa)
modo
Permette che altri distribuiscano
lavori derivati dall'opera solo con
una licenza identica a quella concessa con l'opera originale.
136 Tratto da: http://www.wikepdia.it e http://www.creativecommons.it [consultato il 21/05/2010].
184
Documentazione 7
Ognuna di queste quattro clausole individua una condizione particolare a cui il fruitore dell'opera deve sottostare per poterne usufruire liberamente. Dalla combinazione di queste quattro clausole nascono le sei
licenze attualmente in uso:
CC BY
CC BY-NC
CC BY-ND
CC BY-SA
CC BY-NC-ND
CC BY-NC-SA
Il dono al tempo del web 2
Alessia Pacchera
Il dono al tempo di Internet
Il libro da me scelto, per rispondere alla domanda se è giusto mettere
il Poema pedagogico su internet, è Il dono al tempo di internet. Il libro è diviso in tre sezioni, ognuna delle quali affronta una tematica importante. La
prima tematica affrontata è Scambio, dono e reciprocità nella società
contemporanea; la seconda è alcune forme di dono e di scambio in rete;
l’ultima, invece, riguarda Comunità e Community.Le parti più importanti però sono due, nello specifico la seconda e la terza.
Nella seconda tematica, l’autore affronta e spiega le differenze fra
dono tradizionale e dono ai tempi di Internet, spiegando le varie forme
di dono che troviamo attraverso di esso. All’interno di questo capitolo,
l’autore ci spiega che grazie ad internet possiamo mantenere o recuperare contatti con persone che si trovano molto distanti da noi. In particolare ci spiega le varie differenze tra i vari social network; wikipedia, forum, blog, ecc. Una delle prime cose che appare subito chiara fin
dall’inizio della lettura di questo libro è che ci sono molti punti che vanno a favore nel mettere in rete un libro. Il passaggio dal quale si evince
questo, è dove gli autori parlano dei blog, mettendo ben chiara fin da
subito che essi sono luoghi nei quali si scambiano opinioni su vari argomenti e dai quali ci si può informare dell’esistenza di blog aperti e
blog chiusi, dando spiegazione della differenza tra i due.
I blog aperti ci permettono di poter dare un giudizio personale su ciò
che troviamo all’interno di esso. Spesso al loro interno
«Gli scrittori possono pubblicare dei racconti o delle novelle, suddivise in
brevi trance accessibili al pubblico, che con i suoi giudizi, può contribuire a migliorare il lavoro»137.
I blog chiusi sono tutti quei blog che non ci permettono di esporre le
nostre opinioni su quel determinato argomento. Questo tipo di blog viene usato da alcuni scrittori che non permettono ai lettori di poter esprimere una propria opinione su un determinato argomento.
137
M. ANIME, A. COSSETTA, Il dono al tempo di Internet, Torino, Einaudi, 2010, p. 86.
186
Il dono al tempo del web 2
Altro aspetto che gli autori spiegano è il fenomeno sempre più crescente di Wikipedia, un‘enciclopedia in rete, accessibile a tutti e dove
tutti, competenti e non, possono scrivere o aprire una pagina o semplicemente ampliarla. Tutti coloro che scrivono su di essa vengono chiamati wikipisti.
Un altro “luogo” per scambiarsi informazioni, idee su vari campi è il
forum, il quale raggruppa molte forme diverse di associazioni con finalità diverse. Esistono forum di carattere assembleare, dove è possibile trovare discussioni che vanno dalla politica, all’economia, alle letteratura,
ecc. In genere i forum hanno frequentatori abituali e sono caratterizzati
da figure come moderatori o amministratori che controllano l’evolversi
del forum, le discussioni che vi nascono. Questo perché esistono delle
regole di buon comportamento all’interno di essi, il cui mancato rispetto
porta l’utente a subire delle sanzioni, tali da poter essere escluso
dall’utilizzo del forum stesso per un determinato periodo di tempo o,
cosa peggiore, la cancellazione.
Essenza propria della rete è l’apertura. La rete è anche una forma di
aggregazione che utilizza l’individuo al fine di formare nuove comunità
virtuali, sollevando il quesito se queste nuove forme di aggregazione
possano ritenersi vere comunità o pseudo - comunità.
Le pseudo comunità sono forum; social network come Facebook, dove il rapporto di scambio non è face to face. Le comunità online vengono chiamate da Bruce
«Isole nella rete luoghi tridimensionali che si aprono all’interno della rete telematica»138.
Del concetto di comunità si sono occupati vari campi, come la sociologia per la quale è uno dei concetti fondamentali; la politica e
l’antropologia. Per Weber
«La comunità è una realizzazione sociale che poggia su una comune appartenenza, soggettivamente sentita dagli individui che ad essa partecipano»139.
Per Cohen la comunità è l’entità a cui uno appartiene, più grande della famiglia e più ridotta di quell’astrazione che chiamiamo società.
138
139
Ibidem, p. 86.
Ivi, p. 94.
Il dono al tempo del web 2
187
Oggi per comunità s’intende l’interazione non strumentale con altro.
Il dono può essere preso come uno degli elementi centrali per la costruzione di una nuova rete di realizzazioni o qualsiasi comunità; le comunità on line sembrano superare la vecchia divisione tra comunità e
società.
In rete transitano doni che permettono di costruire reti, riformare legami forti. Spesso la condivisione di file o altri documenti all’interno
della rete non fa necessariamente creare nuovi o forti legami fra gli utenti stessi.
Secondo il rapporto della Nielsen , i social network più conosciuti sono appunto Facebook e Twitter, nei quali è possibile conoscere nuove
persone, creando amicizie virtuali oppure ritrovare vecchie amicizie con
le quali si erano interrotti i rapporti da molto tempo. Il motore che anima tutto ciò è la ricerca di nuove relazioni.
È molto diffusa l’idea che i rapporti in rete siano spersonalizzati e differenti da quelli che si intrattengono nella vita reale.
«Ciò che risulta mancare nelle relazioni emotive e in gran parte istintive, che un
incontro face to face inevitabilmente suscita. Quelle che si chiamano normalmente
sensazioni di pelle»140.
Cosa molto importante, non dobbiamo dimenticare che la rete consente di entrare in contatto con sconosciuti, allargando in questo modo il
bacino d’utenza di ogni individuo. La facilità con cui si istaurano le amicizie con sconosciuti in rete è dovuta anche al fatto che oltre ad avere
l’anonimato ci si può creare una falsa identità.
Per rispondere alla domanda se trovo giusto o no mettere in rete il
Poema, sono favorevole ma al tempo stesso anche contraria.
Favorevole in quanto ritengo che poter mettere in rete un qualsiasi libro dia più possibilità di acculturarsi, in quanto molte persone non possono permettersi di comprare un libro, ma trovarlo in rete in modo gratuito fa si che questo possa girare più facilmente. Altro lato positivo è la
possibilità che le persone possano accedere a determinati libri, difficili
da reperire in negozi specializzati o in librerie o biblioteche.
Sono contraria per il semplice fatto che piacendomi molto la lettura,
avendo un libro solamente in rete, non avrei più quel piacere che si prova quando si compra un libro, e lo si apre per la prima volta e sentire
“l’odore”di un libro nuovo; non poter più sottolineare o scrivervi le e140
Ivi, p. 105.
188
Il dono al tempo del web 2
mozioni oppure lasciare semplicemente un segno su una determinata
pagina che per me in quel momento ha dato molto. Altro lato negativo,
forse il più banale, il solo non poter entrare in una libreria e scegliere il
libro tanto desiderato. Aggiungerei anche il fatto che la messa in rete
dei libri potrebbe portare i bambini ad allontanarsi dai libri, perdendo il
piacere di leggere e di sceglierli da soli, per una loro personale scoperta.
Tuttavia sono più favorevole che contraria, anche perché mettere un
libro in rete soprattutto quelli meno conosciuti, come il Poema pedagogico,
da la possibilità che questi possano, grazie proprio ad internet, diffondersi molto più facilmente rispetto alla sola forma cartacea.
Idee che volano nella rete
Romina Robibero
1.1. «Il grande libro del bosco»
Credi proprio che uno dei miei ragazzi di montagna abbia un numero di cognizioni molto inferiore di un suo coetaneo di città?
Dieci anni di occhi di ragazzo spalancati sul mondo sono dieci anni qui sul
Monte Giovi come in via Tornabuoni. E nel tempo che i vostri figlioli posavano
gli occhi su un mucchio di cosette scelte, i miei non li tenevano mica serrati, li
posavano su altre cosette.
I vostri conoscono il dinosauro e il puma, ma non riconoscono un coniglio
maschio da una femmina. I miei non sanno i colori del semaforo né se un rubinetto si giri a destra o a sinistra, ma in compenso sanno tutto sulla vita del bosco coi suoi infiniti nidi, rettili, piante, col volgere delle stagioni e delle ore.
Dieci anni valgono dieci anni, credi a me. Va bene che sui libri c’è una concentrazione di osservazioni che con gli occhi nostri e basta non si potrebbe raggiungere. Ma qui in compenso, nel grande libro del bosco e del campo, c’è una
concretezza di osservazioni che sui libri non si raggiungerà mai.
Ma oltre al libro del bosco c’è anche quello delle famiglie. Sulle famiglie e le
loro leggi e i loro rapporti sa troppo di più un ragazzo di qui che uno dei vostri.
Passa un trasporto e non sapete chi è morto, se ha lasciato dietro di sé pianto e
litigi. Cosa volete dunque saperne della vita all’infuori del ristretto cerchio di
casa vostra o di quello dei libri che leggete e vi ingannano perché di solito li ha
scritti gente isolata nel guscio come voi?
Tutto questo discorso solo per concludere che è da presumersi a priori che
per es. un boscaiolo di vent’anni sia ricco di cognizioni e d’una visione del
mondo pari a quella d’un universitario di vent’anni. Non voglio dire eguale, ma
equivalente sì. Più ricca da una parte, più povera da un’altra. In conclusione:
certo non inferiore. Anzi, se proprio dovessi dire la mia opinione, sono incline a
credere che Dio abbia voluto dare piuttosto qualcosa di più al diseredato che
all’altro: in buon senso, equilibrio, realismo, ecc.
Ebbene, ora questi due uomini che abbiamo detto certo non inferiori l’uno
all’altro per ricchezza interiore, mettiamoli di fronte l’uno all’altro in discussione. Oppure di fronte ai problemi quotidiani che la vita moderna impone, e vedremo il mio figlio cadere al primo colpo. Umiliato, battuto in mille occasioni
dal primo bellimbusto di studentello cittadino.
190
Idee che nella rete volano
Forse il semaforo o il rubinetto (opera di mano d’uomo) valgono più del bosco (opera di Dio)? Forse che fra le cognizioni c’è una gerarchia di valori? Alcune (quelle di città) nobili e utili; altre (quelle del bosco) ignobili e vane. Se quella
gerarchia si dovesse fare, vorrei che le cognizioni del bosco fossero innanzi a
quelle del programma TV o a quelle dell’ultimo ritrovato americano per far la
vita comoda e non virile. Ma quella gerarchia non esiste. Il sapere è nobile sempre, quando è conoscenza del creato di Dio.
Io son sicuro dunque che la differenza fra il mio figliolo e il vostro non è nella quantità né nella qualità del tesoro chiuso dentro la mente e il cuore, ma in
qualcosa che è sulla soglia fra il dentro e il fuori, anzi è la soglia stessa: la Parola.
I tesori dei vostri figlioli si espandono liberamente da quella finestra spalancata. I tesori dei miei sono murati dentro per sempre e insteriliti. Ciò che manca
ai miei è dunque solo questo: il dominio sulla parola. Sulla parola altrui per afferrarne l’intima essenza e i confini precisi, sulla propria perché esprima senza
sforzo e senza tradimenti le infinite ricchezze che la mente racchiude.
Sono otto anni che faccio scuola ai contadini e agli operai e ho lasciato ormai
quasi tutte le altre materie. Non faccio più che lingua e lingue. Mi richiamo dieci, venti volte per sera alle etimologie. Mi fermo sulle parole, gliele seziono, gliele faccio vivere come persone che hanno una nascita, uno sviluppo, un trasformarsi, un deformarsi.
Nei primi anni i giovani non ne vogliono sapere di questo lavoro, perché
non ne afferrano subito l’utilità pratica. Poi pian piano assaggiano le prime
gioie. La parola è la chiave fatata che apre ogni porta. L’uno se ne accorge
nell’affrontare il libro del motore per la patente. L’altro fra le righe del giornale
del suo partito. Un terzo s’è buttato sui romanzieri russi e li intende. Ognuno di
loro se n’è accorto poi sulla piazza del paese e nel bar dove il Dottore discute
col farmacista a voce alta, pieni di boria. Delle parole afferra oggi e ogni sfumatura. S’accorge solo ora che esprimono un pensiero che non vale poi tanto quanto pareva ieri, anzi pochino. I più arditi han provato anche a metter bocca. Cominciano a inchiodar il chiacchierone sulle parole che ha detto.
«Parole come personaggi» si chiama una tua rubrica. Ecco, questo è appunto
il mio ideale. Quando il povero saprà dominare le parole come personaggi, la
tirannia del farmacista, del comiziante e del fattore sarà spezzata.
Una utopia? No. E te lo spiego con un esempio.
Un medico oggi, quando parla con un ingegnere o con un avvocato discute
da pari a pari. Ma questo non perché ne sappia quanto loro di ingegneria o di
diritto. Parla da pari a pari perché ha in comune con loro il dominio della parola. Ebbene a questa parità si può portare l’operaio e il contadino senza che la società vada a rotoli. Ci sarà sempre l’operaio e l’ingegnere, non c’è rimedio. Ma
Idee che nella rete volano
191
questo non importa affatto che si perpetui l’ingiustizia di oggi per cui l’ingegnere debba essere più uomo dell’operaio (chiamo uomo chi è padrone della sua
lingua). Questa necessità non fa parte delle necessità professionali, ma delle necessità di vita d’ogni uomo, dal primo all’ultimo che si vuol dir uomo 1.
In tempo di crisi come quello attuale che stiamo vivendo, avere tra le
mani una lettera di questo genere può risultare un compito di non facile
lettura.
Afferrarne il senso, capirne l’intenzionalità...
o semplicemente, tenere riga fino alla fine senza “voltare pagina” evitando di saltare qua e là sarebbe già di per sé una vera conquista.
Ciò per il semplice, ed inequivocabile fatto, che lo si farebbe senza alcuna particolare forma di pregiudizio: Leggo solamente per il gusto di
leggere e di vedere che c’è alla fine; sgombero la mente, l’alimento di parole, ne afferro il senso.
Sarebbe legittimo pensare in egual modo in ogni occasione che racchiuda in sé la «lettura»; quel processo che ci «permette di recuperare e
comprendere informazioni o idee conservate o immagazzinate in forma
scritta»2.
Inteso però nel senso originario del termine la «lettura» indica il «raccogliere con gli occhi i segni della scrittura»3.
In conclusione, potrebbe star ad indicare non-interpretazione.
Sarebbe molto più facile, dunque, e soprattutto meno dispendioso,
che a custodirla fossimo noi: uomini, secondo la parola di Don Milani,
padroni della nostra lingua ma soprattutto, liberi di scegliere.
Pur nei limiti che la stessa libertà ci impone.
A volte, però, risulta quasi impossibile spogliarsi del proprio o altrui
pregiudizio: perché nell’era della digitalizzazione, tra le «insidie di un
mercato iperliberalizzato»4, questioni relative a «proprietà intellettuali»5,
1 Saper dominare le parole da Lettere di Don Lorenzo Milani (1923-1967), Mondadori, Milano, 1970 in U. BERNARDI, Educazione civica Con interventi su Costituzione,
civiltà del computer, mass-media e con intervista al Presidente della Repubblica di Gaspare
Barbiellini Amidei, Minerva Italica, Bergamo, 1990, pp. 184-86.
2 Cfr. «La Voce» Lettura in http://www.wikipedia.it [03 novembre 2010].
3 Difatti solo in un secondo momento si passò al significato di «leggere». Cfr.
lemma Leggere in http://www.educational.rai.it [consultato l’11 aprile 2010].
4 I. MORDIGLIA, Svendere libri. Editori a confronto sulle insidie di un mercato iperliberalizzato (un breve resoconto del Convegno L'Europa non fa più sconti tenutosi a Torino
il 14 maggio 2009), in http://www.ospiteingrato.org [consultato l’11 aprile 2010].
192
Idee che nella rete volano
e libri pesanti che proprio non ne vogliono sapere di andare in soffitta definitivamente6, ci si perde quasi senza rendersene conto tra una miriade di
termini e di informazioni digitali che ci catturano privandoci del nostro
senso.
Sarebbe bello, e non utopico, come dire: leggere liberandosi di tutto e
di tutti, ri-stabilire un rapporto primitivo con la lettura che ci faccia
“acquistarne” il senso più vero… quello originario di partenza e legato
alle emozioni istantanee dell’autore responsabili del concepimento delle
sue stesse parole.
Ma, se con il tempo presente dobbiamo farci i conti, varrà il caso di
rifletterci un pò su.
1.1.1. La messa in rete del Poema Pedagogico
L’idea di mettere in rete il Poema pedagogico di Makarenko nasce da
una esigenza strettamente pedagogica. Un’esigenza che diviene quasi
un’urgenza se consideriamo la “scarsità materiale” in cui versa la lettura
di questo testo. Ciò è vero se consideriamo, ad esempio, altre opere letterarie per le quali sono disponibili ben e più differenti versioni141.
Per il Poema, invece, non sono attualmente commercializzate delle
stampe che si possano rendere “facilmente” trovabili ai lettori.
Tutto ciò accade in un contesto europeo in cui a fare da sfondo è la
presenza massiccia di un «mercato iperliberalizzato» che, mentre vede
gli Stati Uniti e l’Inghilterra alle prese con la guerra degli sconti, lo sviluppo smisurato del «potere contrattuale» delle grandi catene di librerie
ma anche con il «potere crescente dei supermercati e di internet»; in Italia vige la giusta preoccupazione di tutelare il diritto di quella che è la
realtà delle piccole e medie realtà editoriali142.
D. HORROCKS, Considerazioni e consigli sul copyright nell’ambiente digitale di Dylan
Horrocks in http://yanfry.wordpress.com [consultato il 1 maggio 2010].
6 Cfr. Sempre più e-book ma il libro di carta non va in soffitta Gelmini, diamo una
mano alle famiglie e un sollievo agli studenti in http://www.campus.rieti.it [consultato l’11 aprile 2010].
141 Sono presenti in Italia 38 edizioni de I promessi sposi e 54 edizioni de La divina
commedia. Cfr. JUAN CARLOS DE MARTIN, Segreti di dominio pubblico Il valore della conoscenza usata liberamente, Nòva «Il Sole24 ore» [consultato il 20 novembre 2008].
142 Senza però garantirne una normativa che sia ispirata ad «una concezione non
puramente economica dell’editoria». Cfr. I. MORDIGLIA, cit.
5
Idee che nella rete volano
193
E mentre c’è chi è contrario all’editoria on line, c’è chi «nell’ambiente
digitale» ha scoperto il proprio pubblico: come Dylon Horrocks amato
da molti per i suoi comics e la cui opera Hicksville è oramai un colossal143.
«Artista e autore professionista a tempo pieno» – come egli stesso si
autodefinisce – sostiene che «internet offra opportunità senza precedenti» affinché si crei «un nuovo pubblico che la logistica dell’editoria tradizionale ha reso impossibile»144.
Quello di creare pubblico è proprio l’obiettivo che ci si propone in tale sede: un pubblico per la colonia Gorky affinché essa sia conosciuta e
resa al pubblico; affinché diventi parlata ma non interpretata, semplicemente, letta.
E affinché un’Opera di tale portata pedagogico-didattica si avvicini
meglio alle menti dei lettori i quali, liberi di scegliere, sperimenteranno il
gusto del sapere afferrando delle parole ogni sfumatura.
Un rinnovamento di cultura, della nostra innanzitutto per far sì che
sia posta successivamente a chi, dinanzi a noi, tenta di capire.
E ciò non ha prezzo.
Come viceversa non ha prezzo il «tenere ancora in piedi accanto al
computer» e «senza mandare in soffitta le pagine di carta stampata».
Perché alla fin fine il Poema pedagogico proprio per la sua, semplice ed
inequivocabile natura, reggerà il paragone…
e che non chiamerà di certo in causa alcuno se qualcuno, da qualche
parte, sentirà il bisogno di ricordarlo come: «Il grande libro del bosco di
Anton Semenovyč Makarenko».
Proviamo tutti a leggere il Poema.
E non stupiamoci se, solo in un secondo momento, ci accorgiamo che
«quelle parole» «esprimono un pensiero che non vale poi tanto quanto
pareva ieri».
143
144
Cfr. D. HORROCKS, cit.
Ibidem.
Documentazione 8
198
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199
200
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Documentazione 8
e-book, il libro del futuro
Caterina Saccomanno
1.1 Nascita dell’e-book
Non è facile risalire alla data di nascita di una tecnologia. In particolare quando il nuovo strumento fa la propria comparsa all’interno del
complesso mondo del sapere. La rivoluzione dell’e-book sembra infatti
lanciare una sfida particolarmente ambiziosa alla secolare cultura del libro e della testualità. Per studio o per svago, o semplicemente per risparmiare, potremmo avere necessità di un determinato libro gratis,
magari in lingua originale.
Basta fare una semplice ricerca su google ed ecco che si apre il mondo
del pear to pear. Invece di uscire di casa, andare alla ricerca della libreria
più vicina, con un semplice click del mouse si può scaricare il libro che
stiamo cercando (ammesso che sia stato precedentemente caricato sul sito). Ecco fatto si avrà così il download che ci serve a costo zero e con nessuna perdita di tempo.
Da quando è nato il web praticamente, un esercito di volontari appassionati di libri, sparsi nel mondo stanno trascrivendo telematicamente, con appropriati softwares (tipo OCR), libri freeware (scaricabili gratuitamente) contribuendo ad alcuni progetti di diffusione del libro online.
Poi ci sono casi sporadici, e spesso non ben coordinati tra loro, in cui
viene messo in rete un libro mentre viene distribuito nelle librerie.
La storia dell’e-book ha origine intorno alla fine degli anni novanta,
in seguito all’affermazione dei siti commerciali per la vendita di libri
(cartacei) on line, i quali iniziarono ad offrire ai propri clienti contemporaneamente alle librerie, oltre alla versione cartacea, anche una trasposizione digitalizzata dei libri in uscita. Secondo alcuni l’idea del libro elettronico è nata insieme a quella del personal computer, partorita dalla
fervida mente di Alan Kay.
Kay è:
206
e-book, il libro del futuro
un informatico statunitense. Inventore del linguaggio di programmazione Smalltalk145, è uno dei padri della programmazione orientata agli oggetti. Inoltre ha
concepito i laptop146, ha inventato le interfacce grafiche moderne, ha contribuito
a creare ethernet147 ed il modello client-server148. […] Nel 1968 Kay concepì l'idea
di un dispositivo, da lui chiamato Dynabook, che avrebbe dovuto essere "un personal computer interattivo e portatile, accessibile come un libro”. L’idea del
Dynabook fu alla base del lavoro svolto dallo studioso presso lo Xerox Palo Alto Research Center (PARC). Qui videro la luce le graphical user interfaces; concetti come quello di “finestra”, “icona”, “doppio click” furono sviluppati presso il
Parc anche grazie al decisivo contributo di Alan Kay, il quale era ispirato e guidato dalla sua originale visione di “libro dinamico” 149.
Un importante passo avanti nella storia dell’e-book è rappresentato
dall’interesse per i testi letterari in formato elettronico suscitato dal Project Gutenberg (Progetto Gutenberg). Siamo nel lontano 1971, in un certo
senso siamo ancora agli albori dell’epoca informatica, Michael Hart è
uno studente dell’università dell’Illinois.
Egli ebbe in modo del tutto casuale la possibilità di accedere al mainframe
Xerox Sigma V., un costosissimo computer del Materials Research Lab
dell’Università. Hart ottenne un account con 100.000.000 di dollari in tempo
computer; egli decise che il modo migliore per sfruttare la costosa potenza del
computer consisteva nell’archiviazione, nel recupero e nella ricerca delle informazioni contenute nel patrimonio librario mondiale, al fine di diffondere, sfruttando le possibilità offerte dalla tecnologia digitale, il patrimonio culturale
dell’umanità al maggior numero di persone possibile. Animato da questi nobili
propositi Hart cominciò a digitare manualmente sul suo terminale il testo della
Smalltalk è un linguaggio di programmazione orientato agli oggetti con gestione dinamica dei tipi e con un paradigma di programmazione riflessivo.
http://it.wikipedia.org/wiki/Smalltalk [consultato nel mese di aprile 2010].
146 Un computer portatile, spesso abbreviato in portatile, anche chiamato
notebook o, più raramente, laptop, è un personal computer dotato di display, tastiera e alimentazione a batteria, tutto integrato nello stesso telaio e caratterizzato da
dimensioni e peso ridotti in modo da permetterne un facile trasporto ed un uso in
mobilità. http://it.wikipedia.org/wiki/Laptop. [consultato nel mese di aprile 2010].
147 Ethernet è il nome di una famiglia di tecnologie per reti locali.
http://it.wikipedia.org/wiki/Ethernet [consultato nel mese di aprile 2010].
148 http://it.wikipedia.org/wiki/Alan_Kay [onsultato nel mese di aprile 2010].
149
http://ww2.unime.it/digisic/documentazione/codifica_baltico/html/II.2.html
[consultato nel mese di aprile 2010].
145
e-book, il libro del futuro
207
Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti: prendeva così l’avvio il Project
Gutenberg. Nel giro di pochi anni al capostipite Hart si aggiunse una folta serie
di volontari “amanuensi elettronici”, i quali contribuirono a creare il più noto e
ricco archivio testuale presente su Internet. Il Progetto Gutenberg ospita opere
ormai libere dai diritti d’autore codificate […]150.
1.1.1. L’utilizzo dell’e-book
L’e-book è la rappresentazione elettronica di un libro, destinata
all’accessibilità e fruibilità elettronica. Ma non è affatto detto che tale
fruibilità debba essere in rete. L’e-book può essere letto e venduto attraverso il nostro personal computer o pocket computer, ma anche attraverso appositi lettori.
Il primo lettore dedicato per e-book è stato il Rocket e-book prodotto dalla
Nuvomedia, una società fondata nel 1998 con il supporto dei capitali di Bertelsmann Ventures e della Barnes & Noble. Il dispositivo, una tavoletta di non più
di un chilo di peso dotata di uno schermo monocromatico a cristalli liquidi sensibile al tocco, è stato presentato nel corso della Fiera del Libro di Francoforte
nel 1998. Nello stesso anno sono iniziate le vendite dei titoli per il Rocket ebook, le “Rocket Editions”, nella libreria on line di Barnes&Noble, numerosi altri editori hanno in seguito adottato il formato Rocket per le proprie edizioni
elettroniche.
Il Rocket e-book ha di poco strappato la palma di primo e-book reader device portatile ad un altro dispositivo, il Softbook, prodotto dalla Softbook Press. Il
Softbook presenta caratteristiche analoghe al lettore della Rocket fatta eccezione
per la presenza di un modem interno che permetteva di scaricare direttamente
da Internet il libri elettronici per l’apparecchio 151.
http://ww2.unime.it/digisic/documentazione/codifica_baltico/html/II.2.html
[consultato nel mese di aprile 2010].
151http://ww2.unime.it/digisic/documentazione/codifica_baltico/html/II.2.html
[consultato nel mese di aprile 2010].
150
208
e-book, il libro del futuro
1.2. L’m-book
Nonostante gli autobus e le metropolitane siano affollatissime, la gente non rinuncia mai alla compagnia di un buon libro o del giornale del
mattino. In questo periodo c’è chi legge L’eleganza del riccio di Muriel
Barbery, chi sfoglia il giornale del mattino e c’è chi, invece, attira
l’attenzione perché non sfoglia a fatica il giornale né tantomeno ha nelle
mani un tascabile Feltrinelli. L’ignaro sconosciuto attira l’attenzione perché ha nelle mani un m-book.
L’m-book è un nuovo concetto di lettura. Significa leggere attraverso
il cellulare. Con l’uso di m-Book il telefonino diventa un vero e proprio
lettore di testi: qualsiasi contenuto informativo, comprese le immagini,
potrà essere trasferito sul cellulare. In particolare si pensi ad articoli, intere riviste,dispense universitarie, libri di testo, nonché formulari, libretti
di orari e dizionari. La lettura sul cellulare è molto simile alla lettura su
giornali o riviste, con la differenza che è visualizzata solo una porzione
del testo.
Cos’è un m-book?
m-book è un programma per dispositivi mobili, in particolare i telefonini che
supportano la tecnologia JAVA MIDP 2.0. Un programma per cellulare differisce molto da un programma per computer. A differenza di un programma per
computer, che è organizzato per finestre, un m-book usa le “viste”. Per vista si
intende ciò che è correntemente visualizzato sul display del cellulare.
Le viste più importanti di un m-Book sono:
 vista testo
 vista immagini
 vista menù
 vista impostazioni
Ogni vista occupa totalmente l’area dello schermo ed è possibile muoversi
tra le viste attraverso i tasti del telefonino. Il testo che si decide di portare sul
cellulare e l’applicazione sono distribuiti in un unico pacchetto, cioè un file unico, in formato JAR (il formato per le applicazioni Java) che può essere trasferito
sul telefonino152.
152http://www.lswn.it/tecnologie/articoli/m_book_libri_e_documenti_a_portata_
di_cellulare [consultato nel mese di aprile 2010].
e-book, il libro del futuro
209
1.3. Il fenomeno dei keitai shosetsu
I keitai shōsetsu sono il nuovo movimento letterario giapponese sviluppatosi nell’ultimo decennio. Il termine tradotto significa “romanzi
per il cellulare”. Si tratta appunto di romanzi virtuali che, non solo vengono letti, ma anche scritti sullo schermo del proprio telefono cellulare
da giovani autori/autrici amatoriali, non necessariamente interessate alla
letteratura, le quali narrano con genuina semplicità le loro esperienze di
vita sociale, introducendo al tempo stesso un nuovo tipo di scrittura
all’occidentale. Lo stesso termine comprende anche gli e-book, ovvero
libri nati in forma cartacea e poi trasposti in versione elettronica per essere letti principalmente sul PC o palmare, e recentemente anche con il
cellulare. Per i keitai shōsetsu il procedimento è inverso, in quanto nascono in versione elettronica e quelli di maggior successo vengono pubblicati in forma cartacea.
210
e-book, il libro del futuro
e-book, il libro del futuro
211
1.4. Conclusione
L’articolo di Fabio Di Gianmarco sottolinea quanto la nostra società
sia in continua evoluzione. Una sorta di guerra contro il tempo che riflette i cambiamenti di una società.
La domanda adesso è una sola: chi vincerà la lotta e-book book?
Anche in questo, il modo di pensare della gente è diviso, c’è chi non
rinuncia al piacere di un buon libro sul comodino e chi apprezza le sfaccettature, nonché la leggerezza, di quello tecnologico.
L’unica certezza è che il libro tecnologico riflette il mondo d’oggi; un
mondo fatto di ipod, di film a 3d e di psp153. Al contrario il libro cartaceo
non è soltanto l’insieme di fogli che contengono un testo stampato o
manoscritto, rilegati e provvisti di copertina. Esso può essere un passatempo, certo, ma anche qualcosa in grado di farci ridere, commuovere,
pensare e sognare. Il libro rappresenta un rifugio, un mondo dal quale
imparare e prendere appunti per la vita. Il libro è la storia del cammino
che l’uomo ha compiuto e le pagine che noi teniamo tra le mani sono i
passi che separano l’uomo primitivo da l’uomo di oggi.
153
PlayStation Portable.
Legittimità giuridica
Federica Saraceni
1.2. Mettere in rete il Poema pedagogico: legittimità giuridica
La discussione sul rapporto tra copyright e diffusione del sapere è iniziata con la lettura di un articolo tratto da un inserto de Il sole 24 ore154, il
cui argomento era appunto il rapporto tra diritti d’autore e necessità di
diffondere il più possibile la cultura; qual è il giusto equilibrio tra interessi degli autori, e diritto della collettività ad accedere con facilità al sapere e alla cultura? Come raggiungere una democrazia reale, nel rapporto tra l’intellettuale, colui che la cultura la produce e colui che la cultura
la riceve (o vorrebbe riceverla) senza dover aspettare quasi un secolo?
Abbiamo saputo infatti - leggendo l’articolo - che con il diffondersi
delle tecniche a stampa e delle varie forme di riproduzione meccanica,
«si decise di tutelare l’investimento fatto nella produzione dell’opera introducendo un’eccezione temporanea, […] ovvero un monopolio limitato nel tempo relativamente agli sfruttamenti economici dell’opera»155,
questo per favorire il sostentamento degli autori e incentivare la produzione di opere.
L’eccezione temporanea passò presto da 14 a 70 anni dopo la morte
dell’autore e le libertà di utilizzo (libertà di espressione e di critica, diritto di cronaca, libertà di insegnamento e di ricerca, utilizzo in biblioteche
ecc.) furono intaccate.
Io personalmente, informandomi da un deputato ormai in pensione,
ho saputo che durante la legislatura 1996-2001 che vedeva al governo il
centrosinistra, ci fu una lunga battaglia sopratutto contro gli inasprimenti penali a tutela dei monopoli nell’utilizzo delle opere e a danno del
pubblico dominio156.
Infatti, afferma il deputato:
J. C. DE MARTIN, Segreti di dominio pubblico. Il valore della conoscenza usata liberamente, in «Nòva/Il Sole 24 ore», 20 novembre 2008.
155 J. C. DE MARTIN, op. cit.
156 La legge sui “diritti d’autore e SIAE” è la 633/41, approvata per la prima volta
nel 1941 e continuamente aggiornata tanto che oggi conta più di 200 articoli.
154
214
Legittimità giuridica
riconoscere un compenso all’autore di opere dell’ingegno (arti figurative, letteratura, scienze, musica, cinema) mi sembra non solo giusto, ma anche necessario per lo sviluppo della cultura (anche gli autori hanno bisogno di mangiare…). Quello che non mi sembra giusto è l’esasperazione della tutela degli interessi patrimoniali connessi alle opere dell’ingegno che in realtà, sotto le mentite
o enfatizzate spoglie della tutela dell’autore, persegue la tutela dei profitti (e a
volte superprofitti) dell’industria culturale. […] Ma che non sia l’interesse degli
autori a preoccupare il legislatore è dimostrato anche dal fatto che questi reati
sono perseguibili d’ufficio, cioè anche nel caso in cui l’autore non ne subisca alcun danno e non se ne lamenti con una querela157.
Si può trovare, dunque, il giusto equilibrio tra diritti di chi crea l’opera
dell’ingegno e diritto della comunità alla conoscenza, in una società governata dal nonsenso e dove anche la cultura e il sapere sono stati degradati a merce?
Arriviamo così al giudice Gennaro Francione158, che ha elaborato (parole sue) «una nuova teoria del diritto d’autore in chiave nettamente
anticopyright»159 e coerente col suo pensiero assolve nel 2001 quattro
venditori di cd contraffatti per «stato di necessità» (fame), la sentenza fu
definita dal giudice stesso anticopyright160.
La sentenza di Francione è certamente una bella testimonianza della coscienza di un giudice che non si arrende alle iniquità di una legge. Ha potuto
farlo ricorrendo ad un istituto (lo “stato di necessità”), che consente di dire,
quando se ne ha la sensibilità e la voglia, che non si può essere puniti per un reato di lieve entità commesso per procurarsi il proprio sostentamento. Ma non
credo, ahimé, che la sua decisione abbia avuto molto seguito. Non so neppure
se è stata impugnata e riformata nei gradi successivi di giudizio e se, quindi, si
Intervista a un deputato ormai in pensione, autore di lunga battaglia parlamentare, durante la discussione che ha portato all’approvazione della legge 18 agosto 2000, sopratutto contro gli inasprimenti penali a tutela dei monopoli nell’utilizzo
delle opere e a danno del pubblico dominio. In allegato si trova l’intera intervista.
158 G. Francione, è nato a Torre del Greco, 1 aprile 1950 è uno scrittore italiano, ha
svolto anche attività di attore e regista teatrale, saggista, pittore. È stato inoltre Consigliere di Corte di Cassazione, giudice presso la sezione penale del Tribunale penale di Roma e membro del comitato scientifico del Centro Studi Informatica Giuridica
di Firenze. Cfr. il sito http//:www.wikipedia.it [consultato il 10 maggio 2010].
159 G. FRANCIONE, E io giudice vi spiego perché lo combatto, in «Gli Altri», senza data.
160 In allegato la sentenza scaricata dal sito http://www.antiarte.it [consultato il 20
aprile 2010].
157
Legittimità giuridica
215
possa dire che, almeno in un caso, la giustizia italiana abbia definitivamente riconosciuto che l’esigenza di sopravvivenza di un uomo meriti maggior tutela
del bollino SIAE161.
Il giudice sostiene che «l’opera non sia dell’autore ma dell’Umanità»
e che a questi si possa riconoscere «una paternità morale e un limitato
diritto di sfruttamento commerciale»; per questo, ha deciso di andare oltre le Creative Commons162 che «sono comunque sottoposte alla volontà dell’autore
che potrebbe anche non rilasciarle» e di intendere l’anticopyright come imposizione all’autore della diffusione libera e gratuita delle sue opere nella
Cyberteca Universale.
Ma in concreto, come funziona l’anticopyright?
Finisce il ricatto del prodotto artistico che può essere utilizzato solo pagando. L’arte è di tutti! Con l’anticopyright, se hai i soldi, paghi il mio prodotto
confezionato (ad es. il libro cartaceo). Se hai pochi soldi, paghi il prodotto degradato (dvd, cd, dischetto ecc.). Se non hai i soldi, usufruisci gratuitamente
della mia opera in rete. Ciò grazie alla cyberteca universale dove ogni autore è
tenuto a depositare e mostrare la sua opera. […] concludendo, il motto del copyright è (ricatto legale = old economy) “Prima paghi e poi leggi”; il motto
dell’anticopyright (potlach = dono vicendevole della new economy) è: “Prima
leggi, ascolti etc. e poi, eventualmente paghi”163.
In questa maniera il guadagno per l’autore sta prima di tutto nel vedere diffusa la sua opera, ma, poi anche nella vendita - che comunque
rimane - del prodotto confezionato o degradato e nel compenso che riceve dal server per il tempo necessario a scaricare l’opera.
Si potrebbe contestare che anche chi non ha i soldi dovrebbe avere il
diritto di usufruire di un prodotto confezionato e no degradato, ma questo è un problema sociale e politico che non trova spazio in queste righe
e che non può di certo essere risolto da una singola persona. Nel conteDall’intervista al deputato.
Queste licenze, in sostanza, rappresentano una via di mezzo tra "full-copyright"
e "public domain": da una parte la protezione totale realizzata dal modello "All Rights
Reserved" (tutti i diritti riservati) e dall'altra l'assenza totale di diritti ("no rights reserved"). La filosofia su cui si fonda lo strumento giuridico delle licenze CC si basa sul
motto "Some Rights Reserved" (alcuni diritti riservati): l’autore di un'opera può decidere quali diritti riservarsi e quali concedere liberamente. Cfr. il sito http://www.wikipedia.com
[consultato il 9 maggio 2010].
163 G. FRANCIONE, op. cit.
161
162
216
Legittimità giuridica
sto dato, il nostro, dove anche la cultura e il sapere sono degradati a
merce è già un passo avanti mettere comunque chiunque nella condizione di poter quanto mento conoscere un’opera. È proprio questo che avviene con l’anticopyright.
E così, come per l’antipedagogia di Makarenko, anche per l’anticopyright
di Francione il contesto in cui si opera e il buonsenso sono ingredienti
principali per dare risposte giuste e costruttive.
Dalla sentenza si legge:
Nel merito valga quanto segue.
La consuetudine è una manifestazione della vita sociale che si concreta in
un'attività costante ed uniforme dello Stato-comunità (Tesauro). Ad essa può
essere attribuita funzione di mezzo d'interpretazione di principi e norme (consuetudine interpretativa) ma anche di fatto idonea a disapplicare la norma scritta (consuetudine abrogativa).
Nessuna norma, invece, vieta la consuetudine interpretativa che anzi il magistrato penale applica continuamente come nei processi indiziari ad esempio,
quando tenda a trarre conclusioni da comportamenti umani logici e regolari individuati in un ambiente con un determinato background socioculturale.
background socioculturale.
Anche la legge penale va interpreta alla luce del mondo concreto in cui si
sviluppa, con tensione dinamica e non statica ad evitare una discrasia tra il dover essere normativo e quello reale. "La dottrina - come leggiamo in Antolisei - è
concorde nell'attribuire alla consuetudine la più grande importanza nell'interpretazione della legge, specie nei riguardi dei fatti che sono valutati in diverso
modo nei vari ambienti sociali" (F. Antolisei, Manuale di diritto penale, Parte
generale - Giuffrè Milano, 1969, p. 51-52, in cui si cita il Codex iuris canonici
<ca. 29>: Consuetudo est optima legum interpres).
La legge e la giustizia vanno applicate in nome del popolo ad esso spettando
la sovranità (art. 1 della Cost.) e il metro di questa sintonia è proprio la rispondenza piena del popolo alle leggi penali emanate dal Parlamento, il quale può
andare "controcorrente" quando contraddica lo spirito del comune sentire della
popolazione che ad esso ha dato mandato, incorrendo in tal maniera di fatto
nella disapplicazione della norma scritta.
Nel caso di specie la norma repressiva di base, la protezione penalistica - e
non meramente civilistica del diritto d'autore - è desueta di fatto per l'abitudine
di molte persone di tutti i ceti sociali, che, in diuturnitas, ricorrono all'acquisto
di cd per strada o li scaricano da Internet 164.
164 L’intera sentenza scaricata dal sito http://www.antiarte.it [consultato il 20 aprile 2010], si trova in allegato.
Legittimità giuridica
217
Partendo dai fatti reali, dal dato certo che tutti comprano cd per strada, che tutti scaricano la musica e altro dalla rete, che i giovani extracomunitari non avevano altra fonte di sostentamento perché non siamo in
un contesto sociale capace di garantire i mezzi di sussistenza ai meno
abbienti e che il danno sociale provocato dalla vendita era praticamente
inesistente, il giudice, ha elaborato una sentenza caratterizzata da una
onesta capacità e elasticità di interpretare la legge, sostanzialmente da
un grande buonsenso, che gli ha provocato un procedimento disciplinare intrapreso dall’allora Ministro della giustizia Castelli. Una sentenza
antigiuridica dunque e proprio per questo molto pedagogica, basti leggere questo ulteriore passaggio della sentenza:
Nel caso di specie è innegabile che il venditore di cd è un extracomunitario
che agisce spinto dal bisogno di alimentarsi. Una vecchia giurisprudenza escludeva lo stato di necessità per chi agisca spinto da necessità attinenti all'alimentazione "poiché la moderna organizzazione sociale, venendo incontro con diversi mezzi ed istituti agli indigenti, agli inabili al lavoro e ai bisognosi in genere, elimina per costoro il pericolo di restare privi di quanto occorre per <omissis> il loro sostentamento quotidiano"(Cass. Sez. III 24 maggio 1961, P. M. c. De
Leo, Giust. pen. 1962, II 81, m. 68).
Trattasi di giurisprudenza riferentesi a un contesto sociale diverso da quello
attuale dove l'entrata in massa di extracomunitari rende praticamente impossibile predicare l'esistenza di organizzazioni atte ad accoglierli e a nutrirli in massa. E quindi più che mai si pone il problema di affrontare modi e forme del loro
sostentamento, rendendosi necessario ampliare il concetto di stato di bisogno
quando vengano da essi commesse infrazioni minime al consesso sociale, soprattutto in materie ai limiti del danno puramente civile, ove questo stesso mai
esista. Ciò è tanto più vero ove si pensi che il fondamento della scriminante è
stato colto nell'istinto della conservazione, incoercibile nell'uomo (Maggiore,
Diritto Penale, Parte generale, 5a ed., Bologna 1951, p. 319).
1.2.1. Oltre la legittimità giuridica
Ma, la legittimazione della diffusione di un’opera, della nostra opera165, non può essere solo giuridica (questo è solo un aspetto, da non sottovalutare per evitare di passare i guai); ciò che in questo lavoro, in questa sede (il laboratorio Makarenko) ci interessa è anche la legittimazione
pedagogica, sociale, culturale.
165 Il professor Siciliani, sono certa mi consentirà il pronome plurale nel parlare
della nuova edizione del Poema pedagogico.
218
Legittimità giuridica
Cosa ci muove a mettere in rete il Poema pedagogico?
Una prima risposta può arrivare dalle parole di un soldato anonimo,
citate nel retrocopertina del libro I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”166:
La sorte mi ha portato su molte e lunghe strade di guerra. Non ho preso nulla con me dalla mia casa di Leningrado. Ho preso solo una cosa a me cara: il Poema pedagogico. E questo libro è adesso con me. Mi ha insegnato molte cose nella
vita, e ancora me ne insegna.
Come ho detto in principio, credo che tutti dovrebbero leggere il Poema pedagogico che, secondo me, ha un grande valore letterario e pedagogico. È un romanzo d’infanzia ma è anche un romanzo di vita che può
lasciare qualcosa a chiunque; tante volte in questi anni mi è capitato di
dire a qualcuno: «dovresti leggere il Poema pedagogico» e non nascondo
di averne regalate alcune copie. È giusto quindi, forse doveroso (e anche
lecito, visto che Makarenko è morto esattamente 71 anni fa)167, metterlo
in rete. Non credo tra l’altro che questo ne comporti una svalutazione;
chi si appassionerà all’opera, chi ne riconoscerà il valore, non potrà fare
a meno di averlo nella sua biblioteca e chi non si appassionerà avrà almeno avuto modo di conoscerlo.
Nel trovare una legittimazione pedagogica alla messa in rete del Poema, e quindi ad una sua maggiore diffusione, non si può non considerare
l’attualità che l’opera continua ad avere.
Chiunque, solo per fare un esempio, abbia un minimo di conoscenza
del problema della rieducazione dei minori e non, e del problema della
(in)vivibilità all’interno delle carceri, può senz’altro trovare nel Poema
delle chiavi di lettura, delle modalità possibili.
Ma vedo oggi, in primo luogo, quanto sia attuale e presente l’oggetto stesso
del racconto, la ragione per la quale Makarenko lavorò e scrisse. Solo a voler
guardare il nostro mondo così com’è, infatti è del tutto evidente che la materia
viva, il primo contenuto del Poema ci riguarda ancora. Il che fare, il come poter,
concretamente, affrontare la questione dei ragazzi più esclusi dalle opportunità
della vita. Che siano i ragazzi privi di dimora e senza guida né accompagnamento adulto. O i ragazzi precocemente al lavoro o senza istruzione né forma-
166 N. SICILIANI DE CUMIS, I bambini di Makarenko il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, Pisa, Edizioni Ets, 2002.
167 Makarenko morì a Mosca il primo aprile del 1939.
Legittimità giuridica
219
zione. O i ragazzi che lungo la loro via hanno incontrato tanta sfortuna da avere
imboccato strade crudeli168.
L’esperienza di Makarenko investe un po’ tutto il campo educativo
assumendo un carattere pedagogicamente e sperimentalmente universale, proprio per la metodologia usata che costringe a trovare praticamente
e nelle condizioni date (non in astratto dunque), soluzioni ai problemi
educativi, sociali e pedagogici di fronte ai quali ci si trova. Esperienza,
dunque, che genera nuova esperienza, pratica educativa e teoria.
A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico. A cura di N. SICILIANI DE CUMIS. Con la
collaborazione di F. Craba, E. Konovalenko, O. Leskova, E. Mattia, B. Paternò, A.
Rybčenko, M. Ugarova e degli studenti dei corsi di Pedagogia generale I
nell’Università di Roma “La Sapienza” 1992-2009, L’albatros, Roma 2009, p. XXXI
168
Documentazione 9
Intervista a un ex deputato
Riconoscere un compenso all’autore di opere dell’ingegno (arti figurative,
letteratura, scienze, musica, cinema) mi sembra non solo giusto, ma anche necessario per lo sviluppo della cultura (anche gli autori hanno bisogno di mangiare).
Quello che non mi sembra giusto è l’esasperazione della tutela degli interessi patrimoniali connessi alle opere dell’ingegno che in realtà, sotto le mentite o
enfatizzate spoglie della tutela dell’autore, persegue la tutela dei profitti (e a
volte superprofitti) dell’industria culturale.
Questo mi sembra particolarmente evidente nella evoluzione della tutela
penale, con particolare riguardo ai profitti connessi alle opere musicali, che negli ultimi tempi hanno avuto una straordinaria diffusione, anche in virtù del facile accesso agli strumenti di riproduzione.
Proprio su questo terreno si registra il primo serio intervento di repressione
penale, con la comparsa e la diffusione popolare delle musicassette, che rischia
di mettere in crisi i profitti delle Major, monopoliste, in pratica, della produzione e della diffusione della musica.
Dalle musicassette l’intervento penale e stato via via esteso ai nuovi supporti
con successivi adeguamenti legislativi.
L’intervento penale ha conosciuto qualche momento di gloria quando è riuscito a toccare alcune organizzazioni criminali, in particolare la camorra napoletana, che riproducevano e distribuivano musicassette su larga scala (non so se il
fenomeno ancora permane). Questo mi pare il terreno proprio dell’intervento
penale, ma è anche il terreno più difficile, perché esige buona organizzazione
degli uffici giudiziari, indagini lunghe e laboriose, investigatori volenterosi e
capaci. Non sempre (o quasi mai) si trovano riunite tutte queste virtù. E allora,
come speso accade, il legislatore prende le scorciatoie: colpire il terminale del
fenomeno, che è più visibile, a volte del tutto scoperto, comunque facilmente
aggredibile (che c’è di più facile di arrestare un extracomunitario che vende
musicassette abusive a un semaforo?).
Lo strumento principe per questo intervento è stato, ed è, il bollino SIAE. Ma
i risultati sono, a volte, aberranti.
Si punisce con una pesante multa e con la reclusione da sei mesi a tre anni,
chi “cede a qualsiasi titolo” un supporto musicale privo del bollino: non credo
ci sia nessun amatore della musica che non abbia commesso ripetutamente questo reato; tutti quelli che mi hanno regalato un CD fatto in casa lo hanno commesso… anche se non lo sanno (ed io stesso me ne ero dimenticato).
224
Documentazione 9
Per fortuna, come accade quando la repressione penale attinge simili vette di
assurdità, credo che questa previsione della legge (art. 171 ter lettera d) sia rimasta sulla carta e non abbia mai conosciuto alcuna applicazione.
Conosce invece frequenti applicazioni un’altra “fattispecie” prevista nello
stesso articolo: è punito (sempre con la pena da sei mesi a tre anni) chi “detiene
per la vendita” supporti musicali privi del bollino. È la stessa pena detentiva
(ma senza la multa!) prevista, per esempio, per la c.d. corruzione impropria,
cioè quando il pubblico ufficiale riceve una bustarella a compenso
dell’adempimento del suo dovere (non per violarlo). Quindi, per il nostro legislatore, vendere al semaforo qualche CD senza bollino ha lo stesso (e anzi maggiore) disvalore sociale di prendere una bustarella per rilasciare una pur dovuta
licenza edilizia o di polizia. E si consideri che se i CD sono più di cinquanta la
pena della reclusione sale a un anno nel minimo (e quattro nel massimo).
Sarebbe interessante una rilevazione statistica sui casi concreti che occupa il
tempo e le scarse energie della nostra disastrata amministrazione della giustizia
e calcolarne il costo per la comunità. Credo non sia azzardato supporre che questo costo superi i benefici che gli autori ricevono da una simile repressione penale. Ma che non sia l’interesse degli autori a preoccupare il legislatore è dimostrato anche dal fatto che questi reati sono perseguibili d’ufficio, cioè anche nel
caso in cui l’autore non ne subisca alcun danno e non se ne lamenti con una
querela.
A proposito di costi per la collettività, una delle disposizioni più assurde è la
pubblicazione “in uno o più quotidiani, di cui almeno uno a diffusione nazionale, e in uno o più periodici specializzati”, che deve essere indiscriminatamente
disposta dal giudice, anche nei casi più banali, con la sentenza di condanna.
Non so quanto costi ognuna di queste pubblicazioni (che restano quasi sempre
a carico dell’amministrazione e quindi della collettività), ma credo alcune centinaia di euro. Sarebbe interessante sapere quante volte è comparsa su un quotidiano a tiratura nazionale, oltre che su una rivista specializzata, la condanna di
una extracomunitario colto in flagrante detenzione di CD senza bollino.
Queste sono alcune delle storture che qualcuno a suo tempo tentò di eliminare dalla legge che si andava approvando verso la fine della XIII legislatura.
Altre era riuscito ad evitarle, la legge andava necessariamente approvata (e lo
fu, con una maggioranza schiacciante di di centro-sinistra e centro-destra), con
urgenza, prima di andare in vacanza. E infatti porta la data del 18 agosto 2000.
La sentenza di Francione è certamente una bella testimonianza della coscienza di un giudice che non si arrende alle iniquità di una legge. Ha potuto
farlo ricorrendo ad un istituto (lo “stato di necessità”), che consente di dire,
quando se ne ha la sensibilità e la voglia, che non si può essere puniti per un reato di lieve entità commesso per procurarsi il proprio sostentamento. Ma non
Documentazione 9
225
credo, ahimé, che la sua decisione abbia avuto molto seguito. Non so neppure
se è stata impugnata e riformata nei gradi successivi di giudizio e se, quindi, si
possa dire che, almeno in un caso, la giustizia italiana abbia definitivamente riconosciuto che l’esigenza di sopravvivenza di un uomo meriti maggior tutela del
bollino SIAE.
Sentenza anticopyright169
Motivi della decisione
Mohammed Tizio, colto in possesso di cd sprovvisti di contrassegno SIAE e
abusivamente duplicati, è stato tratto a giudizio, chiamato a rispondere dei reati di cui alla rubrica.
In via preliminare il Giudice, dopo aver accertato che non risultano nelle carte del P. M. atti tendenti a dimostrare che il prevenuto straniero abbia altre forme di sostentamento oltre quella illecita rilevata, invitava le parti a svolgere i
loro rilievi, considerando che ricorresse un caso di obbligo di immediata declaratoria di causa di non punibilità ex art. 129 c.p.p. per aver l'imputato agito in
stato di necessità essendo mosso nella sua azione di venditore di cd contraffatti
dalla necessità di salvare se stesso dal pericolo attuale di un danno grave alla
salute e alla vita rappresentato dal bisogno alimentare non altrimenti soddisfatto.
Essendosi opposto il P. M. per la declaratoria de quo e avendo la difesa concordato, il Giudice si ritirava in Camera di Consiglio per la decisione, rilevando
la sussistenza dell'esimente ex art. 54 c. p. sulla base delle seguenti considerazioni.
In via preliminare va notato che la vecchia giurisprudenza secondo cui l'onere della prova incombeva all'imputato risulta superata dal nuovo 111 della
Cost. e dal giusto processo instaurando per il quale, nella paritaria posizione
delle parti, è compito del giudice, in un rinnovato spirito del favor rei, valutare
anche d'ufficio già a monte qualunque elemento possa escludere la responsabilità del prevenuto.
Nel merito valga quanto segue.
La consuetudine è una manifestazione della vita sociale che si concreta in
un'attività costante ed uniforme dello Stato-comunità(Tesauro). Ad essa può essere attribuita funzione di mezzo d'interpretazione di principi e norme(consuetudine interpretativa) ma anche di fatto idonea a disapplicare la
norma scritta(consuetudine abrogativa).
Il nostro ordinamento considera contra legem la consuetudine abrogativa
perché contraria al dettato dell'art. 8 delle preleggi che comporta l'applicabilità
della consuetudine(usi) solo se richiamata da leggi e regolamenti.
169 La sentenza è stata scaricata dal sito http://www.antiarte.it e non è stata modificata né corretta, eventuali errori sono dunque “originali”.
228
Documentazione 9
Nessuna norma, invece, vieta la consuetudine interpretativa che anzi il magistrato penale applica continuamente come nei processi indiziari ad esempio,
quando tenda a trarre conclusioni da comportamenti umani logici e regolari individuati in un ambiente con un determinato background socioculturale.
Anche la legge penale va interpreta alla luce del mondo concreto in cui si
sviluppa, con tensione dinamica e non statica ad evitare una discrasia tra il dover essere normativo e quello reale. "La dottrina - come leggiamo in Antolisei - è
concorde nell'attribuire alla consuetudine la più grande importanza nell'interpretazione della legge, specie nei riguardi dei fatti che sono valutati in diverso
modo nei vari ambienti sociali"(F. Antolisei, Manuale di diritto penale, Parte
generale - Giuffrè Milano, 1969, p. 51-52, in cui si cita il Codex iuris canonici
<ca. 29>: Consuetudo est optima legum interpres). Secondo Antolisei è addirittura da ammettersi la consuetudine integratrice o praeter legem che sorga per
integrare i precetti della legge qualora essa non si risolva in danno dell'imputato(F. Antolisei, ibid.).
La legge e la giustizia vanno applicate in nome del popolo ad esso spettando
la sovranità(art. 1 della Cost.) e il metro di questa sintonia è proprio la rispondenza piena del popolo alle leggi penali emanate dal Parlamento, il quale può
andare "controcorrente" quando contraddica lo spirito del comune sentire della
popolazione che ad esso ha dato mandato, incorrendo in tal maniera di fatto
nella disapplicazione della norma scritta.
Nel caso di specie la norma repressiva di base, la protezione penalistica - e
non meramente civilistica del diritto d'autore - è desueta di fatto per l'abitudine
di molte persone di tutti i ceti sociali, che, in diuturnitas, ricorrono all'acquisto
di cd per strada o li scaricano da Internet. Anche grossi network come Napster
si sono mossi da tempo in senso anticopyright e hanno permesso copie di massa
dell'arte musicale. Fenomeno appena sfiorato dalle recenti sentenze degli USA
che si sono espresse nel senso di regolamentare la materia della riproduzione di
massa, ma con un pagamento ridottissimo in un nuovo mercato dove il guadagno dei produttori è quantificato su "minimi diffusissimi". In linea con questa
strategia si è espresso recentemente il Parlamento europeo con la direttiva per
"la protezione del diritto d'autore nella società dell'informatica" avanzando al
più l'ipotesi di un equo compenso per gli autori per la diffusione globale della
loro opera.
Il fatto è che la strategia del regalo è uno dei punti centrali nel mondo digitale, tanto che si parla di free economy, economia del gratis appunto, o di gift economy, economia del regalo. "Nell'età dell'accesso si passa da relazioni di proprietà a relazioni di accesso. Quello di proprietà privata è un concetto troppo
ingombrante per questa nuova fase storica dominata dall'ipercapitalismo e dal
commercio elettronico, nella quale le attività economiche sono talmente rapide
Documentazione 9
229
che il possesso diventa una realtà ormai superata"(Vedi New economy in
http://mediamente.rai.it/biblioteca).
Anche la New Economy depone, dunque, nel senso dell'arte a diffusione
gratuita o a bassissimo prezzo, per rendere effettivo il principio costituzionale
dell'arte e la scienza libere(art. 33 della Cost.) e quindi usufruibili da tutti, cosa
non assicurata dalle attuali oligarchie produttive d'arte che impongono prezzi
alti, contrari a un'economia umanistica, con economia anzi diseducativa per i
giovani spesso privi del denaro necessario per acquistare i loro prodotti preferiti e spinti, quindi, a ricorrere in rete e fuori a forme diffuse di "pirateria" riequilibratrice.
L'azione degli oligopoli produttivi appare quindi in contrasto con l'art. 41
della Cost. secondo cui l'iniziativa economica privata libera "non può svolgersi
in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla
libertà, alla dignità umana". Solo un'arte a portata di tasca di tutti i cittadini e
soprattutto dei giovani può essere a livello produttivo umanitaria e sociale come richiesto dalla Costituzione, per far sì che davvero tutti possano godere dei
prodotti artistici.
In definitiva, se compito dello Stato ex art. 2 della Costituzione è rimuovere
gli ostacoli di ordine economico e sociale che si frappongono al libero ed egualitario sviluppo della comunità, risulta la normativa penalistica a favore del copyright tendenzialmente abrogata di fatto ad opera dello stesso popolo per desuetudine, con azione naturale tendente a calmierare le sproporzioni economiche del mercato capitalistico in materia. Tale consuetudine non è quella abrogativa canonica ex lege ma di fatto incide sull'interpretazione della norma penalistica, quanto meno nel senso di far percepire al giudice quanto possa essere ridotta la forza cogente di una norma espressa, imposta ma non accettata dalla
maggioranza del consesso sociale. Nel contempo permette di rilevare come ai
fini dell'enunciando stato di necessità il fatto del vendere cassette per sopravvivere è più che proporzionato al pericolo connesso alla lesione del copyright(art.
54 ult. parte co. 1).
L'azione di depenalizzazione strisciante e non legalizzata del fenomeno trova appiglio de iure condendo nei lavori della Commissione ministeriale per la
riforma del codice penale (istituita con d.m. 10 ottobre 1998) che nel progetto
preliminare di riforma del codice penale avanza il principio della necessaria offensività del fatto, e soprattutto, quello della sua irrilevanza penale. La Commissione ha preso innanzitutto atto del fatto "che il principio di necessaria offensività costituisce ormai connotato pressoché costante dei più recenti progetti
riformatori. Esso ha trovato ingresso nello schema di legge-delega Pagliaro, che
in uno dei primi articoli, collocato non a caso subito dopo la enunciazione del
principio di legalità, invita a "prevedere il principio che la norma sia interpreta-
230
Documentazione 9
ta in modo da limitare la punibilità ai fatti offensivi del bene giuridico" (art. 4
comma 1). Ed è stato enunciato a tutto campo nel Progetto di revisione della seconda parte della Costituzione, licenziato il 4 novembre 1997 dalla Commissione Bicamerale: "non è punibile chi ha commesso un fatto previsto come reato
nel caso in cui esso non abbia determinato una concreta offensività".
La Commissione ritiene che, al di là delle opinioni specifiche di ciascuno sulle modalità di inserimento di tale principio nel codice, le posizioni sopra enunciate esprimano la esigenza insopprimibile di ancorare, anche visivamente, la
responsabilità penale alla offesa reale dell'interesse protetto, nel quadro di un
diritto penale specificamente finalizzato a proteggere i (più rilevanti) beni giuridici".
Anche sul campo della concreta offensività la New economy ha dimostrato
come addirittura la diffusione gratuita delle opere artistiche acceleri paradossalmente la vendita anche degli altri prodotti smistati nei canali ufficiali, e se ciò
vale nello spazio virtuale di Internet deve valere anche nello spazio materiale
con vendita massiccia di prodotti-copia che alimentano l'immagine e la vendita
dello stesso prodotto smistato in via "legale".
Naturalmente in questa sede la depenalizzazione in re, per mancanza di una
reale offesa al copyright(tutelabile al più civilmente ma non penalmente), non
può essere ancora invocata e lo si potrà probabilmente con la riforma del codice
penale, ma il dato acquista rilievo di fatto ai fini di stabilire la proporzione
dell'azione svolta dai venditori di cd con l'offesa arrecata ai diritti d'autore.
In tema di stato di necessità, a fronte dei dubbi interpretativi suscitati dall'espressione "danno grave alla persona", ancora la Commissione succitata ci illumina avendo proposto di "chiarire quali beni siano effettivamente "salvabili"
(lo schema di legge-delega Pagliaro sembra considerare rilevanti agli effetti della esimente tutti gli interessi personali propri o altrui, siano essi oggetto di pericolo di un danno grave o non grave, attengano alla integrità fisica o a quella
morale della persona, compensando tuttavia questo ampliamento con una drastica delimitazione della scriminante sul terreno della proporzione)".
Quanto ai venditori di cd per strada è fatto notorio che trattasi di soggetti
privi di lavoro, in condizioni spesso di schiacciante subordinazione. Notoria
non egent probatione, i fatti notori non richiedono prova dal momento che la
nozione di fatto de quo rientra nella comune esperienza. Si aggiunga che dalle
carte processuali non emergono elementi per dedurre che il prevenuto avesse
altre forme di sussistenza e si può, quindi, presumere che la vendita del prevenuto oggi incriminato sia fatta esclusivamente per il proprio sostentamento vitale.
Nel caso di specie è innegabile che il venditore di cd è un extracomunitario
che agisce spinto dal bisogno di alimentarsi. Una vecchia giurisprudenza esclu-
Documentazione 9
231
deva lo stato di necessità per chi agisca spinto da necessità attinenti all'alimentazione "poiché la moderna organizzazione sociale, venendo incontro con diversi mezzi ed istituti agli indigenti, agli inabili al lavoro e ai bisognosi in genere, elimina per costoro il pericolo di restare privi di quanto occorre per <omissis> il loro sostentamento quotidiano"(Cass. Sez. III 24 maggio 1961, P. M. c. De
Leo, Giust. pen. 1962, II 81, m. 68).
Trattasi di giurisprudenza riferentesi a un contesto sociale diverso da quello
attuale dove l'entrata in massa di extracomunitari rende praticamente impossibile predicare l'esistenza di organizzazioni atte ad accoglierli e a nutrirli in massa. E quindi più che mai si pone il problema di affrontare modi e forme del loro
sostentamento, rendendosi necessario ampliare il concetto di stato di bisogno
quando vengano da essi commesse infrazioni minime al consesso sociale, soprattutto in materie ai limiti del danno puramente civile, ove questo stesso mai
esista. Ciò è tanto più vero ove si pensi che il fondamento della scriminante è
stato colto nell'istinto della conservazione, incoercibile nell'uomo(Maggiore, Diritto Penale, Parte generale, 5a ed., Bologna 1951, p. 319).
Tale inquadramento risponde anche a principi fondamentali garantiti dalla
Costituzione come i diritti inviolabili dell'uomo(art. 2 della Cost.), in cui è da
ricomprendersi il diritto a nutrirsi, e il diritto alla salute(art. 32 della Cost.)
compromesso naturalmente in chi, non riuscendo a procurarsi un lavoro normale suo malgrado, non abbia i mezzi minimi per il suo sostentamento alimentare. Le norme costituzionali testé citate rendono anche edotti della gravità del
danno(attuale e continuato) derivante alla persona dalla mancanza assoluta di
mezzi per sostentarsi, altro requisito richiesto dalla giurisprudenza costante(Cass. sez. III, 4 dicembre 1981, n. 10772) per potersi configurare lo stato di
necessità da mettere in rapporto col danno in concreto arrecato.
In conclusione, tenendo anche conto che ex art. 4 della Cost. è compito dello
Stato garantire il diritto al lavoro e promuovere le condizioni che rendano effettivo questo diritto, non c'è fine di lucro illecito "penalmente" in chi venda per
strada cd a prezzo ridotto (in linea con la New Economy) al fine di procurarsi
da mangiare, con azione accettata e condivisa dalla maggioranza del consesso
sociale. Quell'azione, formalmente contra legem, è scriminata da uno stato di
necessità(art. 54 c.p.) connesso alla sopravvivenza degli extracomunitari entrati
nel nostro paese senza alcuna regolamentazione lavorativa, essendo la loro attività di venditori operanti per sopravvivere assolutamente necessaria per sopravvivere e proporzionata al pericolo di danno(minimo se non inesistente visto il numero modesto di cassette contra legem trovate) arrecato ai produttori.
Necessitas non habet legem, quindi. Difetta l'antigiuridicità del comportamento incriminato per mancanza del danno sociale rilevante ai fini penalistici,
232
Documentazione 9
anche se non si può escludere un risarcimento civilistico alla SIAE ex art. 2045
c.c. da coltivare e realizzare eventualmente in sede civile.
Si ordinerà confisca e distruzione del materiale in sequestro.
Articolo: E io giudice vi spiego perché lo combatto.170
Partiamo da una premessa: la rete è già anticopyright. Quindi, ogni
battaglia non anticopyright è retrò.
A questo punto mi presento: sono il giudice Gennaro Francione, che
emise nel 2001 la sentenza anticopyright. Assolsi quattro venditori di cd
extracomunitari per stato di necessità (fame) avendo rilevato un danno
sociale in concreto inesistente per il limitato numero di copie vendute e
per analogia con la diffusione anticopyright dell’arte libera e gratuita in
rete. Tutti compravano e comprano cd per strada, tutti scaricavano e
scaricano musica e altro dalla rete col peer to peer e condannare a 8 mesi
quei poveracci mi sembrava davvero ingiusto. Oltre a giudice (ora in
pensione) sono un drammaturgo e, in tale veste, ho elaborato una nuova
teoria del diritto d’autore in chiave nettamente anticopyright.
Reputo che l’opera non sia dell’autore ma dell’Umanità, da cui
l’artista ricava tutti i materiali, pur riconoscendogli una paternità morale
e un limitato diritto di sfruttamento commerciale.
In questa strategia sono andato oltre le Creative Commons che rappresentano una riforma moderata del diritto d’autore conservatore attuale, ma non risolvono i problemi di fondo. Le licenze CC. Sono comunque sottoposte alla volontà dell’autore che potrebbe anche non rilasciarle. Nell’anticopyright, invece, all’autore “va imposta la diffusione libera
e gratuita delle sue opere nella Cyberteca Universale” salvo a lucrare per
quanto può sul prodotto confezionato.
Ma vediamo come funziona l’anticopyright, se hai i soldi, paghi il
mio prodotto confezionato (ad es. libro cartaceo). Se hai pochi soldi, paghi il prodotto degradato (dvd, cd, dischetto etc.). se non hai soldi, usufruisci gratuitamente della mia opera in rete. Ciò grazie alla cyber teca
universale dove ogni autore è tenuto a depositare e mostrare la sua opera.
E l’autore guagagna? Certo che guadagna: in primis il vero profitto
per l’autore è vedere diffusa la sua opera ma poi anche materialmente
guadagna ad es. col vendere comunque il prodotto confezionato o degradato, con l’esecuzione dei suoi pezzi, col ricevere dal server una percentuale in rapporto al tempo necessario a scaricare la sua opera. con-
170 La scannerizzazione dell’articolo lo rendeva illeggibile, ho così deciso di trascriverlo.
234
Documentazione 9
cludendo il motto del copyright (ricatto legale = old economy) è: “Prima
paghi e poi leggi”; il motto dell’anticopyright (potlach = dono vicendevole della new economy) è: “Prima leggi, ascolti tc. E poi, eventualmente, acquisti paghi”. La verità è che la rete e il mondo sono già
anticopyright. Che il legislatore possa adeguarsi, se no i magistrati, a noi
fruitori liberi di arte e cultura, ci mandano tutti in galera… Anche se per
la verità non basterebbe un continente come l’Australia per contenerci
tutti!
[email protected]
Martina Scriboni
PERCHÉ METTERE IN RETE IL POEMA PEDAGOGICO?
Vantaggi e svantaggi di una pedagogia affidata al web
1.1. Spunti di riflessione
Viviamo in un momento straordinario della storia delle telecomunicazioni.
Tutto è fluido e in continuo mutamento. Se sappiamo cogliere il momento, possiamo determinare il nostro futuro per il bene pubblico. Dobbiamo digitalizzare
 digitalizzare e democratizzare 171.
Un momento straordinario, sì, per le nuove tecnologie: per i media,
per il web, per le telecomunicazioni, per i social network. Un momento
straordinario. Ma in tutto ciò, il buon caro, vecchio libro dove andrà a
finire? Dove andrà a finire il rapporto con le pagine ingiallite, odorose di
antico, frutto di ricerche, di lavori certosini, di secoli di storia?
Il libro; il libro ed il suo infinito ed insieme incommensurabile valore;
un valore espresso sapientemente attraverso le sagge parole dello scrittore americano Morley:
Quando si vende un libro a una persona, non gli si vendono soltanto dodici
once di carta, con inchiostro e colla, gli si vende un’intera nuova vita. Amore,
amicizia, e navi in mare di notte; c’è tutto il cielo e la terra in un libro, in un vero
libro172.
Ebbene, i fautori più accaniti della carta stampata sostengono ardentemente proprio questo: il libro è un mondo; nel libro c’è un mondo; un
mondo inesplorato che va assaporato pagina dopo pagina, capitolo dopo
capitolo, per poter poi ritornare, una volta terminato il lungo viaggio alla ricerca di noi stessi e dell’altro  dell’altro diverso da noi , alla ricerca
di un’apertura mentale, di un’apertura verso nuovi orizzonti, verso
nuove mete, verso nuovi lidi inesplorati; su quelli che a nostro avviso
R. DARNTON, Il futuro del libro. Trad. di A. Bottini, Milano, Adelphi, 2011, p. 63.
Fonte: http://www.pensierinmovimento.com/il_valore_dei_libri.htm [consultato il 14 giugno 2011].
171
172
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Vantaggi e svantaggi di una pedagogia affidata al web
sono stati i passi più salienti, più significativi; i passi attraverso i quali
abbiamo potuto assaporare una crescita interiore, librandoci verso altri e
alti pensieri.
Ma senza voler trascurare il ruolo assunto dal libro nel corso dei secoli risulta doveroso, a nostro avviso, fissare l’attenzione sul fronte che da
alcuni anni si profila all’orizzonte: il fronte digitale. Ebbene, a dispetto
di coloro che vedono nel digitale la vera e propria “morte” del libro, si
può affermare che il connubio tra il libro e il web, il matrimonio tra
l’universo analogico e l’universo digitale è possibile, anzi auspicabile.
Se la storia del libro ci insegna qualcosa, è che i nuovi media non rimpiazzano quelli precedenti, quantomeno non sul breve periodo: dopo Gutenberg, la
pubblicazione in forma manoscritta ha continuato a fiorire per tre secoli, perché
per tirature ridotte spesso era più economico pagare dei copisti piuttosto che
affrontare le spese di stampa. Il codice […] è stato una delle più grandi invenzioni di tutti i tempi: ha svolto egregiamente il suo ruolo per due millenni, e
non è sul punto di estinguersi; in realtà, è possibile che la recente tecnologia del
print on demand gli infonda nuova vita  e dico questo con tutto il rispetto per
il Kindle, l’iPad e compagnia173.
È proprio a partire da queste premesse che il Poema pedagogico174 vuole
prendere le mosse. Non si tratta di sostituire il testo in cartaceo con la
forma più maneggevole, più comoda, più pratica data dalla sua messa in
rete, dalla sua digitalizzazione. Si tratta di voler rendere accessibile ad
un pubblico quanto mai vasto  quale può essere il pubblico che si orienta giorno per giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto, nel vasto universo telematico  un’opera dalle vaste potenzialità; un’opera di larghe
vedute; un’opera che, nonostante la sua ambientazione nell’Urss degli
anni Venti e Trenta del secolo scorso, rimane pur sempre un’opera attuale; un romanzo dei nostri giorni; un romanzo collocabile nel nostro presente, un presente pedagogico ed educativo.
Sarebbe, senza ombra di dubbio, un enorme passo in avanti, un balzo
innegabile per l’umanità, un progresso democratico; un progresso operato da un collettivo  un collettivo studentesco, universitario  in favore
R. DARNTON, op. cit., p. 245.
A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico. Materiali didattici 2007-2008. A cura di N.
Siciliani de Cumis. Con la collaborazione di F. Craba et alii, Roma, Edizioni Nuova
Cultura, 2007.
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Vantaggi e svantaggi di una pedagogia affidata al web
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di altri collettivi: i collettivi che viaggiano e usufruiscono quotidianamente del vasto portale informatico.
Sarebbe una vera e propria opportunità di crescita, sia per coloro che
si adopereranno per la messa in rete di tali materiali, approfondendo in
tal modo, migliorando e affinando le proprie competenze in materia di
informatica e di telematica, sia per coloro che potranno, invece, comodamente seduti in poltrona, sfogliare sul web un testo che in altro modo
o attraverso altra fonte non avrebbero avuto occasione di conoscere. Una
possibilità di crescita, quindi, sia per chi usufruisce del mezzo informatico, sia per coloro che col mezzo informatico lavorano. E quale miglior
occasione del Poema pedagogico per attuare questa crescita? Del resto,
come il Professor Siciliani de Cumis afferma, il Poema pedagogico è il racconto di una crescita; è un racconto «“di formazione”, per ciò che esso
riesce ad esprimere e a far esprimere in fatto di infanzia»175; è un romanzo d’educazione
tuttora in fieri, sia come risultato storiografico e poetico-letterario aperto; sia
come efficace strumento pratico-educativo tutt’altro che superato, ed ancor ricco, se mai, di vitali innervature e determinazioni formative 176.
Un’evoluzione, quindi, proprio come quella che da alcuni anni a questa
parte il mondo delle biblioteche, della tipografia, della stampa in generale sta vivendo; un cambiamento che attraverso la digitalizzazione di libri, manoscritti, saggi, articoli di interesse scientifico e culturale, porterà
ben presto alla creazione di una biblioteca digitale di proporzioni stratosferiche. Basterà premere un tasto, digitare un termine per poter spalancare le porte a un mondo inesplorato, un mondo di conoscenze e di erudizione; basterà un semplice “clic”. E non passerà nemmeno troppo
tempo affinché ciò si realizzi: il processo che porterà a questo futuro
molto prossimo è in già via di costruzione e di consolidamento, e non si
fa chiamare biblioteca; ma Google Book Search.
La cosa che distingue la biblioteca di Google da ogni altra non è la digitalizzazione in sé, presente ovunque, bensì le proporzioni della scansione e le sue
finalità. Google è un’azienda commerciale, il cui fine primario è il profitto. Le
175 N. SICILIANI DE CUMIS, I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, Pisa, Edizioni ETS, 2002, p. 19.
176 Ivi, p. 20.
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Vantaggi e svantaggi di una pedagogia affidata al web
biblioteche sono state create per fornire libri ai lettori – libri e altri materiali, alcuni di questi in formato digitale177.
Nonostante questo aspetto negativo, aspetto che potrebbe portare alla
creazione di un vero e proprio monopolio, un monopolio di altro tipo,
ma pur sempre monopolio, ossia la prerogativa dell’accesso alle informazioni, i fattori positivi e anzi incentivanti a questo genere di lavoro
non mancano. Primo fra tutti il processo di democratizzazione cui si andrebbe inevitabilmente incontro. Perché impedire ad un pubblico composto da persone di ogni rango, ceto sociale e formazione culturale di
avvicinarsi ad un testo dall’altissima valenza pedagogica ed educativa?
Perché impedire allo stesso Poema pedagogico di estendere le sue radici
oltre i confini territoriali e culturali che gli appartengono? E ancora, perché impedire ad un’opera che sin dalla sua nascita si è posta non come
un testo concluso e terminato una volta per tutte, ma come un romanzo
aperto a nuovi sviluppi, in fieri, come un work in progress, di proseguire
la sua evoluzione, il suo ampliamento attraverso edizioni continuamente
rivedute ed ampliate? E perché, poi, non dare fiducia a questo mezzo 
quale si dimostra essere Internet  dalle enormi potenzialità e possibilità
proprio attraverso uno strumento che della fiducia ha fatto e fa tuttora il
suo baluardo?
A riprova dell’infinito potenziale insito nelle nuove tecnologie, anche
il Premio Nobel per la Pace 2006, Muhammad Yunus, il Banchiere dei
poveri, dedica un intero capitolo del suo libro Un mondo senza povertà178
alla dimostrazione di quanto i nuovi strumenti di informazione di massa
– Internet, telefonia cellulare, computer, tv via cavo e via satellite – stiano trasformando lo stato, la scuola, il mondo.
La nuova società che sta sorgendo da questa rivoluzione tecnologica non si
caratterizza tanto per un elevato tasso d’incremento del Pil o per le grandi fortune che alcune imprese o i loro imprenditori hanno accumulato grazie ad essa.
La vera, irripetibile caratteristica delle nuove tecnologie sta nella loro capacità
di creare nuove relazioni tra le persone, una trasformazione destinata ad avere
un impatto profondo sull’esistenza dei poveri, e soprattutto su quella delle
donne e dei bambini179.
R. DARNTON, op. cit., pp. 65-66.
M. YUNUS, Un mondo senza povertà. Con la collaborazione di K. Weber. Trad. di
P. Anelli, Milano, 2008.
179 Ivi, p. 193.
177
178
Vantaggi e svantaggi di una pedagogia affidata al web
239
Grazie ad Internet, infatti, oggi ogni singolo individuo può parlare al
mondo intero senza bisogno di alcun intermediario. Il web è diventato
l’amplificatore del pensiero del popolo a costi ridotti, sia da un punto di
vista meramente economico, sia a livello energetico, sia a livello temporale.
Sono finiti i tempi dei volantini ciclostilati a mano, delle trasmissioni radio
pirata, dei samizdat manoscritti e fatti circolare con tantissimi rischi e tanta fatica. Una volta inviati a un sito web, un messaggio, una fotografia o un video sono immediatamente a disposizione di tutto il mondo. I contatti fra persone legate da un comune sentire non sono mai stati così facili180.
Se dunque, secondo Yunus, la rivoluzione tecnologica verrà condotta
lungo sentieri positivi, di crescita e di arricchimento per tutti, si giungerà
presto ad «una vera rivoluzione sociale caratterizzata da un allargamento senza precedenti della libertà economica e personale di cui potranno
godere tutte le persone del mondo»181. Si tratta solo di dare fiducia; fiducia e libero sfogo alla creatività finora repressa nelle persone; e di consentire, facilitare, auspicare il passaggio verso una nuova era, un’era di
crescita e sviluppo.
Se in tutto ciò il web, la rete informatica e la rete telematica possono
giocare un ruolo di primo piano, ben venga. Spesso è bene ritornare sui
propri pensieri e riflettere maggiormente sui propri limiti e sulle proprie
carenze, qualora il fine da raggiungere fosse più alto. Anche questo sarebbe, senz’ombra di dubbio, un forte segnale di crescita.
Del resto lo stesso Yunus, già nel libro Il banchiere dei poveri182, aveva
anticipato e sottolineato, seppur con delle riserve, l’enorme potenzialità
della tecnologia informatica, una tecnologia che, se non adeguatamente
gestita e controllata, avrebbe allargato ulteriormente il divario tra i ricchi
e i poveri:
La tecnologia informatica (IT) porterà nel mondo drastici cambiamenti. Il
processo è già cominciato. Il modo di condurre gli affari cambierà per tutti al di
là di ogni immaginazione. La tecnologia informatica sta modellando un mondo
in cui la distanza non esiste, in cui la comunicazione è istantanea, e questo inci-
Ivi, pp. 206-207.
Ivi, p. 195.
182 ID., Il banchiere dei poveri. Con la collaborazione di A. Jolis. Nuova edizione
ampliata. Trad. di E. Dornetti, Milano, Feltrinelli, 2008.
180
181
240
Vantaggi e svantaggi di una pedagogia affidata al web
derà su tutti gli ambiti della vita. La tecnologia informatica contribuisce a far sì
che le economie si espandano a un ritmo finora mai raggiunto. I paesi e i soggetti più ricchi si arricchiranno ulteriormente e in modo più rapido che nel passato. Nel quadro dell’economia di libero mercato i paesi e i soggetti più ricchi
premono perché il profilo e l’applicazione dell’IT si adattino ai loro scopi. Pur
aprendo interessantissimi spiragli per l’abolizione della povertà, le potenzialità
della tecnologia informatica in questa direzione andranno in gran parte perdute
se le lasciamo in balìa delle forze di mercato183.
La tecnologia pertanto, secondo il Banchiere dei poveri, può rivelarsi
una pericolosa arma a doppio taglio: solo attraverso uno sforzo globale,
comune e coerente nell’utilizzo dei mezzi informatici gli esseri umani
potranno invertire questa tendenza negativa. Il futuro è nelle mani delle
persone; spetta a loro, quindi, far sì che l’IT possa dischiudere «ai poveri
 uomini, donne, giovani  nuove forme di partecipazione nell’economia
globale con effettiva incidenza sui costi e modalità di reciproco aiuto»184;
ma soprattutto spetta a loro lavorare affinché «il terminale informatico
diventi un amico, una guida, un insegnante, un filosofo, un medico, un
esperto185»; in poche parole, un mezzo dell’uomo per l’uomo. Il che, tra
l’altro, è una delle ragioni principali per cui si è venuti a riflettere
sull’opportunità di mettere in rete il Poema pedagogico, valutando con attenzione e analizzando nel dettaglio sia i possibili e potenziali vantaggi,
che gli eventuali e probabili svantaggi.
Ivi, p. 269.
Ivi, p. 270.
185 Ibidem.
183
184
I classici in rete
Claudia Stentelli
Partiamo da una premessa: la rete è già anticopyright. Quindi, ogni battaglia
non anticopyright è retrò.
[…]. Reputo che l’opera non sia dell’autore ma dell’Umanità, da cui l’artista
ricava tutti i materiali, pur riconoscendogli una paternità morale e un limitato
diritto di sfruttamento commerciale.
[…]. Ma vediamo come funziona l’anticopyright. Finisce il ricatto del prodotto artistico che può essere utilizzato solo pagando. L’arte è di tutti! Con
l’anticopyright, se hai i soldi, paghi il prodotto confezionato (ad es. libro cartaceo). Se hai pochi soldi, paghi il prodotto degradato (dvd, cd, dichetto etc.). Se
non hai soldi usufruisci gratuitamente della mia opera in rete. Ciò grazie alla
Cybernetica dove ogni autore è tenuto a depositare e mostrare la sua opera.
E l’autore guadagna? Certo che guadagna: in primis il vero profitto per l’autore
è vedere diffusa la sua opera ma poi anche materialmente guadagna ad es. col
vendere comunque il prodotto confezionato o degradato, con l’esecuzione dei
suoi pezzi, col ricevere dal server una percentuale in rapporto al tempo necessario a scaricare la sua opera.186
1.1.
Le biblioteche digitali
Libro cartaceo o libro elettronico? È questa una delle domande che ricorrono
piú spesso quando si parla di saperi e nuove tecnologie. Ma libro cartaceo e libro in formato digitale viaggiano su due binari diversi seppur paralleli che mirano alla stessa meta: la circolazione dei saperi.187
Queste poche parole, presenti nella home del sito della biblioteca digitale della letteratura italiana, introducono in modo soddisfacente il dibattito circa la pubblicazione dei classici della letteratura on line.
Innanzitutto, come suggerisce il sito sopra citato e rimanendo in tema
di biblioteca, bisogna fare una distinzione tra biblioteca cartacea e digitale. La prima è un insieme di documenti cartacei raccolti in un luogo ben
preciso, utilizzabili solo da chi ha la possibiltà di recarsi in quel luogo; la
186
187
FRANCIONE GENNARO, Quando il copyright uccide, in «Piratpartiet», s. d.
Fonte: http://www. letteraturaitaliana.net [consultato il 20 giugno 2010].
242
I classici in rete
seconda invece è una raccolta di testi che in vari formati elettronici è disponibile on line a chiunque abbia una connessione a internet.
Il Web è l’elemento che dà senso a una raccolta digitale, consentendo di superare le barriere spaziali e temporali e di accedere all’informazione ricercata in
tempi veloci e da qualsiasi luogo.188
Nel corso degli ultimi anni, con la maggiore fruibilità della rete, si sono moltiplicati nel web i siti che permettono, grazie ad una semplice registrazione (login), di consultare libri di ogni genere gratis; si pensi al
famoso Liber Liber, sito in continua espansione in cui ci sono migliaia di
testi, o la banca dati telematica Nuovo Rinascimento.
Liber Liber, un’associazione senza scopo di lucro costituita con atto
notarile il 28 novermbre 1994, che vuole promuovere ogni espressione
artistica e intellettuale favorendo l'utilizzazione consapevole delle tecnologie informatiche in campo umanistico e avvicinando la cultura umanistica e quella scientifica. Oltre alla consultazione gratuita dei capolavori
della letteratura italiana il sito promuove altre iniziative volte alla diffusione delle conoscenze informatiche in ambito umanistico, come
l’archivio musicale Liber musica, o il progetto Libro parlato, ossia la produzione audio di libri letti da attori o volontari.189
La banca dati telematica Nuovo Rinascimento è una raccolta di opere di
autori italiani composta da saggi, bibliografie, materiali didattici e mate-
Ibidem.
Fonte: http://www.liberliber.it/comunicare/chisiamo/index.html [ consultato il
20 giugno 2010].
188
189
I classici in rete
243
riali informatici che fanno riferimento alla cultura e letteratura italiana,
anche attuale, disponibili a tutti per lettura e studio.
La bibliografia si compone di due parti: Testi e Studi. Entro di esse le voci
sono disposte in ordine alfabetico in base al cognome dell'autore. Per agevolare
il trasferimento dei dati le due parti sono divise ciascuna in due documenti, che
comprendono rispettivamente le voci dalla A alla L e dalla M alla Z. Al loro interno le voci sono strutturate a diversi livelli (evidenziati da rientri progressivi
del margine di sinistra):




al primo livello si trova il cognome e nome dell'autore (in maiuscoletto
e neretto), separati da una virgola
al secondo livello il titolo dell'opera (in corsivo)
al terzo livello il nome del curatore, il nome della banca dati, la data di
immissione in rete, il formato del/dei documento/i
al quarto livello, in corpo minore, l'indirizzo telematico al quale la voce
rinvia; lo stesso indirizzo (che appare di norma in azzurro e sottolineato) funziona da collegamento ipertestuale con il sito al quale la voce
rinvia; le dimensioni del documento in questione sono indicate fra parentesi quadre (qualora siano conosciute); si indica ugualmente fra parentesi quadre se il documento è consultabile in linea o compresso.190
1.1.1.
I progetti
Nel 1999 un consorzio che raggruppava una decina istituti degli atenei italiani, tra cui l’Università di Roma “La Sapienza” con il professore
Alberto Asor Rosa, realizzava in collaborazione con Liber Liber un progetto denominato Testi Italiani in Linea (TIL). L’idea del consorzio era
quella di mettere in linea trecento opere della letteratura italiana attraverso un linguaggio chiamato “sgml” che, oltre a non essere protetto da
codici criptati, è traducibile in altri linguaggi tra cui word. Il progetto è
stato realizzato nel 2000 e i testi concretizzati grazie a questa collaborazione sono liberamente consultabili nella biblioteca di Liber Liber e attraverso un sofisticato motore di ricerca tramite il sito Internet TIL
dell'Università di Roma "La Sapienza".191
Fonte: http://www.nuovorinascimento.org/n.rinasc/default.html [Data ultima
consultazione 20 giugno 2010].
191 Fonte: http://www.repubblica.it/online/cultura-scienze/classici/html [consultato il 20 giugno 2010].
190
244
I classici in rete
Anche oggi si moltiplicano le iniziative riguardanti la digitalizzazione
dei classici. Infatti è di marzo la notizia per cui Google, popolare motore
di ricerca, metterebbe a disposizione degli utenti di tutto il mondo, entro
due anni, un mlilione di libri conservati nelle Biblioteche Nazionali di
Roma e Firenze. Tra i testi messi a disposizione dalle due biblioteche ve
ne sono alcuni alquanto rari, tra cui le opere scientifiche del XVIII secolo
e dell’Illuminismo, opere di Galileo Galilei e Gianbattista Vico e tutte le
varie edizioni della Divina Commedia di Dante Alighieri. Alle due biblioteche, presto si affiancheranno nel progetto anche quella di Napoli e di
Venezia e varrà messo online anche materiale di grande pregio, ad esempio manoscritti, incunaboli e cinquecentine.192
Il mondo della scuola è sicuramente uno degli utenti ideali di una biblioteca digitale, soprattutto se si analizzano i segnali che arrivano agli editori da parte del
personale docente e che si possono riassumere nelle seguenti necessità:



manuali leggeri, agili e comunque ricchi di testi e materiali didattici;
manuali completi e personalizzabili;
indicazioni che possano consentire al docente la realizzazione di materiali didattici personalizzabili e coerenti con le direttive dell’autonomia
scolastica.
Realizzare un’antologia della letteratura italiana che risponda a tali requisiti diventa quindi un compito sempre piú arduo per gli editori che si vedono così costretti a una scelta di testi che non necessariamente rispecchia le aspettative degli insegnanti.Le principali caratteristiche della Biblioteca, che si pone come obiettivo quello di rispondere in modo esauriente ai bisogni di una scuola che sta
sperimentando nuove tecnologie e nuovi contenuti, si possono riassumere nei
seguenti punti:



quantità dei materiali forniti in forma completamente gratuita;
qualità dei testi di livello alto e filologicamente affidabile;
semplicità di utilizzo: il formato pdf con cui sono forniti i testi consente
una estrema semplicità di utilizzazione.
Ogni biblioteca, per sua natura, è una realtà dinamica sia per la continua acquisizione di pubblicazioni e materiali di consultazione di varia specie, sia per i
192 BORGONOVO FRANCESCO, Google. C’è la firma: tutti i classici scritturati da Internet,
in «Libero», 11 marzo 2010, p. 33.
I classici in rete
245
servizi che mette a disposizione dell’utenza e che la rendono non chiusa in se
stessa ma aperta verso l’esterno.193
193
Fonte: http://www.letteraturaitaliana.net [consultato il 20 giugno 2010].
Librerie on line e gli e-book
Daniela Vanesa Teodori
1.1. Librerie e il nuovo ospite: e-book
Il lavoro è iniziato dalla lettura di un articolo di giornale La libreria
delle ragazze si chiama Rinascita. Ho scelto questo articolo per l’interesse a
scoprire la realtà di una cooperativa che gestisse una libreria: la libreria
Rinascita di Empoli. La particolarità di questa libreria che è gestita da sole donne che hanno portato avanti il loro lavoro con coraggio e determinazione dal lontano 1979. Una volta letto l’articolo si è entrati nel vivo
del lavoro. Si è parlato telefonicamente con la presidente della cooperativa la signora Tamara Guazzino. Nello stesso tempo si è svolto il lavoro
nella biblioteca Liber di Roma gestita anch’essa da una cooperativa quella della Coop in via Laurentino 748, Roma.
Entrambe hanno uno scopo ben preciso la trasmissione della cultura
attraverso la lettura piacevole di un libro.
Ultimamente c’è stato un grande dibattito sulla messa in rete dei libri
in formato e-book. Un sogno che per alcuni si sta materializzando sia studenti che ricercatori incominceranno ad usufruire di questo nuovo servizio.
Una libreria è propensa a inserire alcuni libri su Internet? Ci sono librerie che sono favorevoli e altre che invece la pensano diversamente.
Ritengono che il libro vada letto, sfogliato con le proprie mani e che
venga usato pienamente.
Google nel mese di dicembre annunciava l’iniziativa Google Print library Project in base alla quale molte biblioteche universitarie di alto livello parteciperanno alla digitalizzazione di 15 milioni di volumi e la
messa in rete di libri. Grazie a questo progetto è possibile scaricare un
libro intero se l’opera non è protetta da copyright. Inoltre saranno presenti delle librerie on line. Lo scopo di questo progetto è quello di consentire agli utenti la ricerca di libri pertinenti collaborando con le case
editrici e biblioteche alla ricerca di un catalogo virtuale completo. Ma
tutte le librerie sono veramente d’accordo? Entriamo nel vivo della situazione esaminando la situazione della libreria di Empoli che si è costituita nel 1977 e proprio lo scorso anno ha festeggiato l’anniversario.
248
Librerie on line e gli e-book
1.1.1. Cooperativa: Libreria Rinascita
La libreria «Rinascita» è considerata una «storica» cooperativa gestita
da quattordici ragazze attive e vivaci. Nasce nel 1977 ma è diventata
cooperativa nel 1985.Quest’anno infatti nel mese di Marzo ha festeggiato i suoi 25 anni dall’essere cooperativa. I soci della cooperativa si
trovano nel circondario di Empoli. Ho intervistato come detto precedentemente la presidente della libreria la signora Tamara Guazzino
sulla nascita e la costituzione della cooperativa e questa è stata la sua
risposta siamo una cooperativa che ha 659 soci. La quota sociale è di 125 euro e il socio ha diritto al 20% di sconto su tutto eccetto testi scolastici e universitari sui quali hanno il 10% di sconto. All’interno della cooperativa ci sono 14 donne me compresa, 11 soci e un consiglio di amministrazione formato da 9 persone: il Presidente io, il vicepresidente, 7 consiglieri e un sindaco
revisore esterno e la lega della cooperativa alla quale aderiamo che revisiona
ogni 2 anni. Inoltre la libreria ad Empoli ha due sedi: questa in via Ridolfi, 53
Empoli e un’altra nel centro commerciale di Santa Maria con solo donne:
noi! Abbiamo uno statuto a cui atteniamo ma sta per cambiare.
Un’altra domanda è stata quella della distribuzione dei libri in formato e-book
Noi vendiamo solamente i libri. Non facciamo vendite on line. Il libro
deve essere toccato, annusato e consumato. Ora si sente parlare di Edigita194 promossa da alcuni gruppi editoriali tra i quali Feltrinelli,
Rizzoli e GeMs e hanno aderito anche altre single. Si, sarà possibile
trovare nelle librerie una serie e-book in italiano. Qui è solo vendita
tradizionale lavorando in maniera attiva ma ci piace anche scherzare.
La vendita on line dei libri costa anche molto.
194
Distribuzione e-book: Editoria digitale italiana.
Librerie on line e gli e-book
1.1.2
249
Librerie on line e gli e-book
Le librerie negli ultimi mesi stanno progredendo sempre più. Secondo un’indagine Nielsen195 presentata al salone di Torino196le librerie di
catena dal 2009 sono cresciute ancora di più rispetto alle librerie indipendenti(+ 4,6% sul 2008). Quindi se il numero delle librerie indipendenti sale dello 0,6 nei primi mesi del 2010 il filone delle librerie on line sta
crescendo del 24,8 % facendo riferimento al 2009. Nelle librerie anche l’ebook sta facendo la sua parte infatti secondo alcune valutazioni riportate
all’Associazione italiana editori l’e-book raggiungerà l’1,5% del catalogo
vivo dei titoli nei prossimi mesi intorno a dicembre 2010 e l’8-9 % delle
novità dati che cresceranno sempre più. La libreria virtuale italiana ha
fatto presente sempre nell’articolo del «Sole 24 Ore», «l’e-book- incalza
ma le vecchie librerie restano le preferite», che da giugno saranno messi
a disposizione oltre duemila titoli in versione e-book nel sito apposito e i
libri saranno in formato E-Pub e Pdf. Due giornalisti di Repubblica Maurizio Bono e Jaime D’Alessandro scrivono su «la Repubblica» sia le librerie on line che le librerie tradizionali metteranno a disposizione sia volumi cartacei che link per scaricare libri digitali. Riccardo Mondatori il
direttore generali libri trade di Mondatori Piemme e Sperling &Kupfer
se ne potranno usufruire.
Negli ultimi mesi le librerie si stanno aprendo al futuro tecnologico.
In alcune librerie non si venderà direttamente ma molto probabilmente
attraverso operatori e e-commerce italiani e stranieri. L’e-book quindi è
diventato una realtà con cui tanti editori dovranno misurarsi per non
rimanerne fuori.
Nielsen opera in oltre 100 paesi del mondo. La sede centrale si trova a New
York. Offre una serie di informazioni marketing raccolte da una vasta gamma di
fondi, strumenti avanzati di gestione delle informazioni e strumenti e analisi sofisticati.
196 «Il Sole 24 ore», l’E-book incalza le vecchie librerie restano le preferite, 13 maggio
2010 di Stefano Salis, Google.
195
Documentazione 10
Articolo dell’Unità del 13 Febbraio 2010
La Biblioteca LIBER
1.1. Nascita della biblioteca
La Coop Laurentino in via Laurentina, 748 Roma è un luogo di vendita ma anche di incontro, di socializzazione, scambio di idee ed offerta di
nuovi servizi.
Non è una società per azioni bensì un progetto a vasto raggio regolato da alcuni principi che favoriscono l’unione di altre cooperative sparse
nel mondo. Conta oltre 500 soci, 46 supermercati e 6 ipermercati che si
trovano sul territorio di Toscana, del Lazio e della Campania. Negli ultimi anni è andata crescendo notevolmente sia in termini di soci che in
termini di fatturato. Nel 2003 i soci 550.000 soci e i 5000 dipendenti.
La biblioteca inaugurata nel settembre 2003 dal sindaco di allora
Walter Veltroni e dai rappresentati facenti parte del XII municipio.
Nel settembre del 2003 è nata una biblioteca all’interno del supermercato per i suoi soci. L’anno successivo, nel settembre del 2004, si è
costituita una biblioteca per ragazzi nella “Bibliocoop ragazzi”. Questa
ultima ha facilitato l’incontro tra il mondo dell’adulto e quello del giovane.
Biblioteca LIBER adulti
Biblioteca LIBER ragazzi
La biblioteca è di tipo generalistico. Utilizza la classificazione ideata
da Melvil Dewey197. E’ un tipo di schema di classificazione dei documenMelvil Louis Kossuth Dewey il suo nome completo. Nasce in una famiglia
povera in una Contea di Jefferson il 10 dicembre del 1851 e muore il 26 dicembre del
1931 per ictus. Studia gli scrittori di biblioteconomia e visita molte biblioteche nelle
città di New York tra cui la biblioteca di Harward e Boston.
197
256
La Biblioteca LIBER
ti su base disciplinare. E’ molto utilizzata nel sistema bibliotecario pubblico ed anche nelle librerie scolastiche di tutto il mondo specialmente
negli Stati Uniti ma anche in Italia.
La Liber quindi suddivisa in due aree tematiche:
- Letteratura italiana
- Letteratura straniera (americana, spagnola, inglese..)
Inoltre vi è la sezione dei gialli, arte e cinema, cucina, salute, cibo..
La letteratura per ragazzi si suddivide in questo modo:
- da 0 a 6 anni sez A/R
- da 6 a 12 anni B
- 12-16 anni C
- Divulgazione D
- Vi sono 5/ 6 libri per l’insegnante.
La biblioteca degli adulti internamente è contrassegnata dalla lettera
A.
La biblioteca è costituita da 2600 libri per adulti e 900 libri per ragazzi, una enciclopedia Treccani e una enciclopedia di «LaRepubblica».
Secondo una statistica effettuata tra il 1 Gennaio 2009 al 22 Aprile del
2010 le persone che hanno usufruito maggiormente della biblioteca erano comprese in questa fascia d’età.
Biblioteca Laurentina: Statistica sugli utenti per fascia d’età.
Statistica dal 1 Gennaio 2009 al 22 Aprile 2010 sulla tipologia Utente che
ha usufruito della biblioteca.
TIPO UTENTE
AC- Altre categorie non professionali
AL- Altri lavoratori dipendenti
BIB- Biblioteca Sol
CA- Casalinga
DI- Dirigente
I- Impiegato
LA- Lavoratore autonomo e coadiuv.
TOTALE
2
43
2
46
4
156
14
257
La Biblioteca LIBER
LP- Imprenditore e libero profess
NO- Non occupato
OP- Operaio
RL- Ritirato dal lavoro
S- Studente
TOTALE
10
8
3
71
65
424
Biblioteca Liber Laurentina: Tipo Utente
1.2. Economia del dono
La Coop a partire da 1854 nasce con l’idea del libro come mezzo di
trasmissione del sapere quindi del come diffondere la cultura.
Nel 2003 Unicoop tirreno seguendo la scia del Book-crossing, ha avuto
l’idea di realizzare nei propri negozi spazi per “libri abbandonati”. Le
persone sono invitate a portare ma anche a lasciare uno o più libri in un
luogo predestinato ( ospedali, supermercato…) in modo tale che qualcuno possa trovarlo e prenderlo gratuitamente. Se volesse il donatore
può prenderlo un altro in cambio.
Daniel Pennac198 afferma "Se un libro non vi è piaciuto, abbandonatelo. Se
vi è piaciuto abbandonatelo per farlo leggere a qualcun altro. Se vi è piaciuto così tanto, ricompratelo."
1.3. Progetto LIBERA LIBRO
Il progetto nasce nel 2003 sotto la dizione “Libera libro” per
l’inaugurazione dello spazio servizi del Laurentino in relazione alla biblioteca Liber.
198 Daniel Pennac pseudonimo di Daniel Pennacchioni. È uno scrittore francese.
Vinse diversi premi.
258
La Biblioteca LIBER
Logo "Libera libro".
1.4. Progetto LIBRI RANDAGI
Nel 2006 il progetto Libera Libro cambia dizione, sotto il nome di LIBRI RANDAGI, ma anche il logo. Sarà sostituito dall’immagine di un
gatto vicino ad un libro aperto.
La Biblioteca LIBER
259
Logo Gatto Randagio 2006
La caratteristica dei libri Randagi è basata sullo scambio, sulla condivisione e sulla cooperazione inoltre servono anche alla diffusione della
cultura tra i suoi soci e i consumatori.
I lettori per seguire le varie fasi di questo viaggio possono navigare
su questo sito www.librirandagi.coop.it. Possono registrarsi come utente e scaricare l’etichetta da apporre sul libro che si intende lasciare in
dono e successivamente è bene comunicare il luogo in cui è stato lasciato
e se si volesse scrivere anche un commento o pensiero.
Ma dove si trovano i libri randagi? punti di vendita coop
- Colleferro, via Casilina Km 49 Roma
- Colli Aniene, Roma
- Largo Agosta, Roma
- Via Laurentina, Roma
- Altre parti…
Teatro Quirino in via delle Vergini, 7 Roma
Un tipo di scaffale con questo tipo di caratteristiche si trova in alcuni
supermercati Coop di Roma
- Flessibilità in quanto gli arredi sono cosituiti sulla base di più tipologie che verranno composte a punto di vendita sulla base degli spazi disponibili.
- Facilità di monitoraggio gli elementi saranno uniti tra loro da viti
di giunzione a cannocchiale
- Comunicazione in genere viene garantita da un pannello che raccoglie il manifesto, le info verranno personalizzate con cartelli A4
e le vaschette per segnalibri ed etichette
- Economicità in quanto si vuole utilizzare come finitura un pannello nobilitato nei colori più tendenti al rosso come colore di riferimento.
260
-
La Biblioteca LIBER
Un cesto: consentirà una raccolta veloce lasciando ai soci referenti
la possibilità di effettuare successivamente un giusto collocamento dei libri sullo scaffale.
1.5. La storia di Biagio, gatto randagio
La storia di Biagio è una storia inventata di un gatto randagio che va
alla ricerca dei libri perduti. Gatto curioso e “affamato” di leggere e scoprire diversi libri. E’ stato preso come spunto per il logo dei gatti randagi.
Biagio, gatto randagio detto Agio, è il mio gatto preferito.
Lui rovista tra la spazzatura, alla ricerca dei libri perduti. "Ma che son matti questi?" –
mi ha detto un giorno. "Per buttare i libri devono essere proprio matti" – ha ribadito
miagolando triste.
Gli ho lanciato un sorriso d’intesa, accucciandomi accanto a lui con un cartoccio di pesce. Affare fatto: lui mi cerca i libri e me li mette da parte.
Ogni giorno trovo pile di libri davanti alla porta di casa – abito a pianterreno, si capisce.
Pile ordinate e divise per settori: case editrici, argomenti, libri vecchi e rari, nuovissimi
addirittura.
Mondo gatto! Chi trova un amico trova un tesoro – da leggere!
Dice lui: "Per forza. Io sono Biagio, gatto randagio, e questo è l’Agio della lettura". E
leccandosi i baffi aggiunge: "E ricorda: le ore passate a lèggere sono le ore più leggére".
Si è sparsa la voce. Nessuno butta più i libri nella spazzatura. Non c’è più un matto in
giro neppure a pagarlo oro. I libri, adesso, li danno a Biagio, che li porta alla Bibliocoop.
Biagio ora fa servizio di strada, di quartiere addirittura. Tutti al Supermercato Laurentino, ché c’è Biagio che porta i libri. Che meraviglia!
È l’Agio dell’incontro, vero? Grazie Biagio, randagio per amore della lettura!
1.6. Incontri nella biblioteca e tematiche trattate
Nella biblioteca dal 2003, anno di inaugurazione, ad oggi sono state
invitate diverse persone famose. Tra queste possiamo ricordare Luca
Zingaretti, Valerio Mastrandrea, Carlo Freccero, Chiara Papaccini.
Nel corso del 2009 si sono sviluppate alcune tematiche seguendo i
mesi dell’anno. In autunno la tematica della solidarietà con la festa dei
nonni, in Inverno si è sviluppata quella dell’inanzia (tutti i diritti legati
La Biblioteca LIBER
261
all’infanzia) in Primavera quelli riferite all’ambiente e in ultimo in estate
si andrà a sviluppare la tematica della Felicità.
1.7. Spazio Be. Bi " 5 Libera Tutti"
Lo spazio Be.Bi “5 libera tutti” è nato l’anno successivo
all’inaugurazione della biblioteca Liber nel 2004. Si trova sopra al supermercato Coop di via Laurentina, 748 Roma ed è nato in collaborazione tra Unicoop Tirreno, XII municipio e Comune di Roma. Fa parte del
XII municipio di Roma ed è convenzionato con il comune. Accoglie 28
bambini dai 18 ai 36 mesi con un orario che comprende sia la mattina ( 813) e sia il pomeriggio (14-19). Il nome dello spazio bebi è stato scelto
non a caso ma in base al suo spazio educativo che è costituito da ben 5
stanze comunicanti.
Dietro lo spazio c’è stato un vero e proprio studio sensoriale ovvero
dei 5 sensi del gusto, della vista, del tatto, dell’olfatto e dell’udito. Si è
dato anche attenzione all’ambiente come elemento educativo per il bambino per stimolarlo sul gioco, sulla scoperta ma anche sulla ricerca.
Anni fa avevano portato avanti un progetto “Nati per leggere”
all’interno del nido. Era un momento importante di comunicazione:
l’adulto che dedicava del tempo al bambino con la lettura di un libro.
“Nati per leggere” è un progetto sia dell’Associazione italiana biblioteche sia dell’Associazione culturale Pediatri e sia del Centro per la salute.
La rete come spazio pubblico
Federica Traversi
1. La qualità della scienza nella filantropia
Il terreno innovativo intrapreso in questi ultimi anni dalle fondazioni
che elargiscono finanziamenti per sostenere progetti scientifici che non
trovano interesse né presso lo Stato né presso il mercato sta sperimentando l'utilizzo delle opportunità offerte dalla rete. Racconta infatti Alessia Maccaferri nel suo Il dono della ricerca199 che oggi la filantropia deve
rendere conto agli stakeholders. Fino a pochi anni fa le fondazioni exbancarie si affidavano a commissioni interne. Oggi invece si fa ricorso
sempre più frequentemente alla peer review. E' attraverso questa metodologia che verranno valutate le caratteristiche dei progetti quali la sostenibilità o l'autonomia, l'efficienza e l'efficacia dei risultati ottenuti e la
qualità dei risultati. La britannica Wellcome Trust - la prima charity in
Europa con 770 milioni di erogazioni – sta rinnovando il suo processo di
valutazione ed a questo fine ha richiesto a tutti i suoi ricercatori che
hanno ottenuto un finanziamento di pubblicare in open access una copia
delle loro pubblicazioni.
1.2. La rete come spazio pubblico
Open access rappresenta uno spazio pubblico offerto dalla rete e dalle
nuove tecnologie della comunicazione (NTC), oggi al centro di analisi e
dibattiti in tutto il mondo. Se infatti da un lato il web può rappresentare
la via evolutiva dell'idea di spazio pubblico, dall'invenzione del teatro
nella polis greca alle piazze del Rinascimento, dall'altro contiene insidie
di cui occorre essere consapevoli.
Si fa normalmente riferimento a tre criticità insite nel web. La prima è
riconducibile al fatto che spesso il web diventa il luogo in cui colui che
non ha alcuna nozione dell'argomento in discussione può controbattere
ad armi pari il più grande esperto della materia. Il secondo elemento è
rappresentato dalla immediatezza della scrittura che riduce drastica199 A. MACCAFERI, Il dono della ricerca. La filantropia nella scienza si fa strada fra Stato
e mercato, in «Nòva», 12 febbraio 2009, copertina.
264
La rete come spazio pubblico
mente la capacità di approfondimento. La terza consiste nel proliferare
di amicizie virtuali.
Di contro, e quindi a favore del web, la possibilità che la società
dell'informazione possa diventare «il nuovo spazio pubblico di una polis
fatta da informazioni prodotte dalle azioni degli uomini che vivono e
usano la rete come nuova opportunità di relazione sociale»200.
A difesa di questa possibilità di maggiore democrazia offerta dalla rete è recentemente intervenuta anche il segretario di Stato americano, Hillary Clinton. La Clinton ha voluto difendere la libertà di espressione su
Internet in un discorso trasmesso a livello mondiale nel corso del quale
si è espressa anche contro la censura.
«Gli Stati Uniti sostengono una Rete globale e libera. Il primo emendamento della Costituzione americana è il fondamento della libera espressione, della libertà di parola e stampa. Oggi va applicato tenendo
conto della tecnologia. Oggi abbiamo il dovere di difendere Internet e il
potere che la Rete concede», ha affermato la Clinton sostenendo che «ci
sono barriere e muri virtuali che vanno abbattuti, oggi, come un tempo
abbiamo abbattuto i muri della repressione, e il muro di Berlino. Blog,
video, messaggi, social network, hanno un ruolo fondamentale per diffondere verità e giustizia»201.
E' questo il motivo per il quale il governo americano ha deciso di sostenere «organizzazioni private, investendo nella ricerca, nello sviluppo
della tecnologia e nelle telecomunicazioni»202, ed è questo il motivo per il
quale, sostiene la Clinton «dobbiamo migliorare le armi che già abbiamo
a disposizione per garantire la sicurezza e consentire il libero accesso a
tutti. Internet è utile all'economia, per la ricerca medica, per la politica, è
stato fondamentale perfino nelle ultime elezioni. Siamo aperti a nuove
idee, Microsoft ha già cominciato a creare il 'digital doctor', ci sono banche online in Pakistan, e molte altre iniziative che siamo pronti ad accogliere, che ci aspettiamo di ricevere. Abbiamo una responsabilità. Principi come la libertà di stampa non sono solo nostri, sono valori universali. Dobbiamo lavorare insieme, espandere la definizione di comunità
C. INFANTE, La creatività sociale del web per “riavviare” la democrazia italiana, in
«l'Unità», 29 maggio 2009. L'autore è docente di Performing media presso le Università di Bologna, Udine e Macerata.
201 H. CLINTON, Internet è democrazia, in «excite.it», 22 gennaio 2010.
202 Ibidem.
200
La rete come spazio pubblico
265
globale. Dobbiamo ricostruire l'economia mondiale e difendere tutti insieme l'ambiente. Possiamo farlo solo creando un link che ci unisca»203.
Se si assume questo approccio risulta evidente la grande opportunità
di utilizzare lo spazio pubblico offerto da internet per diffondere nuovi
format culturali ed educativi finalizzati al rafforzamento del sistema educativo e dell'esercizio dei diritti di cittadinanza.
1.3. Web e modelli partecipativi
«L'evoluzione del social networking (e ancor prima dei blog) rifonda
il concetto di informazione: non più solo prodotta dagli specialisti (giornalisti ed autori) bensì dagli utenti dei sistemi informativi che, attraverso
l'approccio interattivo, esprimono il loro diritto-dovere di cittadinanza
nella società dell'informazione. Si tratta di condivisione dello spazio
pubblico rappresentato dalle reti: l'infrastruttura della società in divenire. L'utente delle reti può trovare il modo per portare con sé, dentro la
rete globale, la dimensione locale della propria soggettività e della propria comunità, per dare forma alla coscienza dinamica della propria partecipazione attiva. Educare dopotutto significa “tirar fuori” (dal latino
“educere”)»204.
E' proprio questo l'aspetto di maggior interesse che è stato colto dalle
fondazioni filantropiche, interessate a tessere rapporti sempre più stretti
con i propri stackholders e ad ampliare i loro spazi di partecipazione. «Il
modello in via di definizione prende l'avvio da Telethon, tra i maggiori
finanziatori di ricerche in Italia (con 32 milioni di euro nel 2007). La fondazione è partita proprio dai suoi stackholders, cioè i malati e i loro familiari. Nel caso di questa fondazione che organizza ogni anno la raccolta fondi a favore della ricerca sulle malattie genetiche, la selezione è centrata sulla peer review, strumento di imparzialità di giudizio. “La Commissione scientifica di 30 persone di cui il 90% lavora all’estero – spiega
Lucia Monaco, direttore scientifico di Telethon - effettua una prima
scrematura, in base a criteri come rispondenza al bando, fattibilità, completezza, originalità. In genere viene scartato un terzo dei progetti”. I restanti vengono sottoposti prima all’esame di due referee stranieri, esperti
del settore, poi di tre revisori della Commissione scientifica. E “il revisore conosce l’identità del candidato, mentre quest’ultimo non sa chi lo valuta' precisa Monaco. L’anno scorso è stato finanziato il 16% dei progetti.
203
204
Ibidem.
C. INFANTE, op. cit.
266
La rete come spazio pubblico
Fino a pochi anni fa le fondazioni ex bancarie si affidavano a commissioni interne. “Ora stiamo elaborando delle linee-guida per i bandi di ricerca basati su peer review - spiega Andrea Landi, presidente della Commissione ricerca scientifica di Acri - le fondazioni grandi e medie stanno
adottando la cultura della peer review”»205.
1.4. La peer review
Le definizioni attualmente rintracciabili della peer review sono spesso discordi e tese a ridefinire confini e strumenti. Al fine di offrire elementi di conoscenza sulla riflessione in corso in Italia rispetto all'utilizzo
di questa metodologia, si riporta di seguito l'analisi sviluppata da Emilio
Vergani. L'autore sottolinea anzitutto «come l’uso della definizione in
lingua inglese non è un vezzo ma è dovuto al fatto che – diversamente
da altre modalità valutative che vengono tradotte in lingua italiana (se
già non sono formulate in latino) – nel nostro paese non solo la letteratura su questo tema è molto scarsa ancora, ma anche la stessa peer review
non viene praticata con metodo ed è pochissimo diffusa, anche laddove
troverebbe larghissimo impiego»206.
Letteralmente peer review significa “revisione tra pari” e quindi verifica dell'adeguatezza di qualcosa rispetto al suo uso. Pertanto la revisione «ha a che fare con degli obiettivi dichiarati e con la verifica circa
l’esistenza di parametri, condizioni o standard che devono essere presenti per il conseguimento degli scopi medesimi»207. La revisione assume
pertanto i caratteri di una valutazione, in questo caso una valutazione
tra pari. Occorre allora definire le caratteristiche dei cosiddetti “pari”,
coloro che sono da considerarsi sullo stesso piano per parametri che
vanno di volta in volta definiti (età, ruolo, esperienza, status professionale, ecc.) attraverso un metodo che deve essere individuato ed esplicitato.
«Come si capisce la Peer review è principalmente un tipo di valutazione che favorisce l’apprendimento organizzativo secondo un approccio sociale. È infatti nella costruzione di un setting interrogante e parte-
A. MACCAFERRI, op.cit.
E. VERGANI, La valutazione nel campo sociale, ragioni e strumenti, saggio on line
disponibile nel sito: http://www.c-progettosud.it/editoria/note%20sociali/11.html
207 Ibidem.
205
206
La rete come spazio pubblico
267
cipato che avviene l’apprendimento non tanto e non solo della persona
in peer review bensì di tutto il gruppo»208.
1.5. L'utilizzo della peer review nella stampa scientifica
La cultura della peer review è alla base delle scelte delle fondazioni, il
cui operato è stato analizzato dalla Maccaferri, non solo per la valutazione dei progetti da parte del gruppo dei pari ma anche per la socializzazione e, implicitamente, valutazione degli elaborati dei ricercatori da
parte del mondo scientifico nel suo insieme. La peer review trova per
questi motivi un ambito classico di applicazione nelle comunità scientifiche. Infatti «nell'ambito della comunicazione scientifica la selezione degli articoli degni di pubblicazione avviene tramite revisione paritaria,
revisione paritetica o revisione dei pari (in inglese chiamata peer review), cioè una valutazione fatta da specialisti. Gli editori e le agenzie di
finanziamento usano la revisione paritaria per selezionare le proposte
ricevute. Questo processo inoltre costringe gli autori ad adeguarsi agli
standard della loro disciplina. Pubblicazioni e premi che non abbiano
subito una revisione paritaria sono generalmente guardati con sospetto
dai ricercatori e dai professionisti di molte discipline»209. Ciò in quanto il
lavoro di uno scienziato è il risultato di una pratica scientifica e per questo viene richiesta la «descrizione rigorosa dell'esperimento, la sua replicabilità, la verificazione (o falsificazione) dei suoi esiti, l'anonimato dei
valutatori ecc. Tutto ciò deriva dalla natura appunto scientifica dell'esperienza in esame»210.
L'introduzione della peer review in Italia è principalmente contestualizzata ad alcuni ambiti delle scienze sociali quali quello delle scienze
umanistiche (Il peer review come linguaggio settoriale, 2010211), dell'istruzione e della formazione (Manuale europeo di peer review per l'istruzione e
la formazione professionale e iniziale, progetto Leonardo da Vinci 2007212),
Ibidem.
Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Revisione_paritaria
210 E. VERGANI, op.cit.
211 M. FOSSI, Il peer Review come linguaggio settoriale, saggio on line disponibile nel
sito: http://dielupe.dilectio.net/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=178
212 I. TRAMONTANO (a cura di), Manuale europeo di peer review per l'istruzione e la
formazione professionale e iniziale, Gutknecht-Gmeiner, 2007.
Documento consultabile nel sito:
208
209
268
La rete come spazio pubblico
della ricerca sul cervello e sulle neuroscienze (Linee guida per la pubblicazione di studi scientifici su BrainFactor – peer review process, 2010213).
Pur senza richiamare gli step necessari per la pianificazione della peer review e le fasi di svolgimento della stessa, si ritiene utile in questa
sede descrivere le condizioni preliminari dalle quali non si può prescindere:
1) «la Peer review per essere efficace deve avere una programmazione periodica. In altre parole, nelle équipe questo tipo di valutazione deve essere previsto come appuntamento ricorrente. Se così non fosse verrebbe meno la possibilità di fare comparazioni e valutazioni circa i progressi fatti, inoltre verrebbe fortemente depotenziato il suo impatto nei
processi di lavoro. Per ottenere ciò, ancorché in modo incrementale, si
deve procedere alla progettazione di un suo utilizzo ricorrente.
2) Bisogna definire un “collegio dei pari”. Questo è un problema tecnico di non poco conto. L’individuazione dei pari è però decisiva e la
scelta del criterio non è neutrale.
3) Prima di avviare la review occorre avere definito in modo chiaro le
finalità generali del lavoro praticato, inoltre bisogna avere definito dei
parametri di riferimento (elementi qualitativi, standard di base, indicatori utili) per ogni area tematica di applicazione. Un metodo di definizione di questi parametri è quello del coinvolgimento dei portatori di interesse»214, o stakeholders.
http://www.peer-review-education.net/calimero/tools/proxy.php?id=12357
213 A. LAVAZZA, Linee guida per la pubblicazione di studi scientifici su BrainFactor – Peer
Review Process, in «Brainfactor.it.», 15 febbraio 2010.
Fonte: http://brainfactor.it/brainfactor_peer_review.pdf
214 E. VERGANI, op.cit.
Appendice
Nota introduttiva
Sembra in qualche modo utile, nell’ambito della presente messa in rete del Poema pedagogico, richiamare l’attenzione del lettore e/o visitatore
del sito internet in preparazione, su alcune pagine di docenti, laureati e
studenti relative ai rapporti tra i mass media e il Poema pedagogico.
In particolare, a titolo puramente esemplificativo si scelgono alcuni
testi: Claudia Pinci, Due autori diversi: Makarenko e Yunus, Guido Aristarco – Nicola Siciliani de Cumis, Il cinema, la scuola (Lukàcs, Makarenko);
Michela Chiara Borghese, A prua, verso il divenire Giorni. Un pianoforte e
tutte le sue “corde”; Tiziana Pangrazi, L’udibilità nel Poema di Makarenko.
Nel testo Makarenko “didattico” 2002-2009. Tra pedagogia e antipedagogia
di Nicola Siciliani de Cumis in collaborazione con la studentessa Chiara
Coppeto, sono presenti i seguenti elaborati: Marzia Castiglione Humani,
Il teatro e l’handicap nell’ottica di Makarenko; Emanuela Figlioli, La musicalità nel Poema pedagogico; Emanuela Maiore, Perché la danza a scuola (secondo Nicola Siciliani de Cumis); Daniela Pianta, La fotografia di Makarenko;
Daniela Scarpetta, Makarenko e il teatro; Roberta Ceccarelli, Makarenko alla
radio.
Infine viene riprodotta, come ultima appendice, l‘introduzione
dell’elaborato di laurea specialistica in Pedagogia e scienze
dell’educazione e della formazione della studentessa Elisa Condò, Il professor Makarenko in «Slavia» 1995-2010. Un lavoro che si segnala per la
complessità ed abbondanza della documentazione dei materiali didattici
prodotti negli anni dagli studenti di Pedagogia della Sapienza e pubblicati sulla rivista «Slavia».
Di ciascuno dei seguenti testi vengono dati i necessari riferimenti
nelle note alle riproduzioni successive.
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA” - FACOLTÀ DI FILOSOFIA
CATTEDRA DI PEDAGOGIA GENERALE
Makarenko “didattico” 2002-2009
Tra pedagogia e antipedagogia
A cura di
Nicola Siciliani de Cumis
Con la collaborazione di
Chiara Coppeto
Roma - 2009
Claudia Pinci*
Due autori diversi: Makarenko e Yunus
Makarenko è un educatore, un grande pedagogista. Yunus è un economista ma anche un ottimo insegnante. L’educazione, strumento indispensabile per il cambiamento, è l’elemento che li accomuna. La passione per l’insegnamento appartiene ad entrambi e riduce notevolmente il
divario tra i due.
Ovviamente le differenze permangono; la più palese, senza dubbio,
riguarda il contesto, non solo storico, ma anche geografico, nonché sociale, culturale ed economico. Ciononostante, tra i due autori è possibile
trovare numerose correlazioni. Partendo dalle loro storie di vita è ragionevole cogliere alcune incredibili somiglianze.
La rivoluzione russa, e l’indipendenza del Pakistan orientale, sono i
due eventi storici che lasciano il segno, nella vita di Makarenko, e di Yunus. La grande Rivoluzione d’ottobre lascia una traccia indelebile
nell’uomo, ma anche, e soprattutto, nel pedagogista, perché dagli eventi
rivoluzionari dipende la sua carriera. Yunus, giovane professore di economia, al momento della guerra di liberazione, che porterà la nascita del
Bangladesh, è negli Stati Uniti, ma decide di tornare nel suo paese, dove
nonostante l’indipendenza la situazione non è cambiata in meglio. Il ritorno è un momento decisivo, coglierà dal contrasto, tra le due realtà totalmente diverse, tutti gli aspetti che caratterizzeranno la sua attività.
Questi due avvenimenti rappresentano un punto di svolta per entrambi. In Russia come in Bangladesh la situazione è caotica, ed è lontana la normalità; il cambiamento che verrà, è legato, nell’uno e nell’altro
caso, ai loro nomi. Dal disordine emerge con prepotenza la forza dei due
uomini, la voglia di fare qualcosa di concreto, di migliorare la condizione esistente. C’è in ambedue la medesima convinzione: che l’uomo ha
delle potenzialità enormi non misurabili a priori. Grazie al loro coraggio
qualcosa si muove. È l’inizio del cambiamento.
I loro percorsi educativi e le loro esperienze di vita determinano quella attitudine che li porta ad avere fiducia, a credere negli altri. C’è in entrambi la stessa certezza: che tutti gli uomini hanno capacità da sviluppare. Così, per Makarenko, i besprizorniki non sono cattivi ragazzi irrecuperabili, non vanno giudicati a priori, ma vanno sostenuti ed aiutati a
crescere, a cambiare, a migliorare.
*
C. PINCI, Makarenko e Yunus, tra differenze e analogie. A. A. 2002-2003, pp. 53-62.
276
Due autori diversi: Makarenko e Yunus
E perciò non ho mai avuto la tentazione di creare un metodo pedagogico basato sull’opinione che, in seguito a un determinato reato, si produca una deformazione del carattere infantile, tale da rendere la delinquenza abituale. Ciò deriva dalla mia fiducia nell’uomo o meglio ancora dal mio amore per l’uomo 32.
Lo stesso ottimismo muove Yunus, si fida dei poveri, e affida loro la
sua speranza. Abbandona la sua carriera di insegnante di successo e si
mette in gioco, crea un progetto per i diseredati del suo paese, perché è
consapevole che dare una possibilità ai poveri significa operare per il
bene dell’intera società.
Grameen mi ha insegnato due cose. Primo, la nostra conoscenza delle persone e dei modi in cui esse interagiscono è ancora molto inadeguata; secondo, ogni persona è estremamente importante. Ciascuno di noi ha un potenziale illimitato, e può influenzare la vita degli altri all’interno delle comunità e delle nazioni, nei limiti e oltre i limiti della propria esistenza33.
Questa fiducia incondizionata è una naturale disposizione di entrambi, che nasce e si perfeziona in loro quasi spontaneamente. È il contesto
in cui crescono ad affinare i loro caratteri. Per tutti e due è fondamentale
l’azione educativa della famiglia, il ruolo dei genitori è importantissimo
per la loro crescita morale.
Le figure dei genitori di Makarenko balzano vive ai nostri occhi attraverso
molte pagine del figlio, in particolare nel romanzo l’Onore. […]
In quella che possiamo forse definire come l’opera più matura e meditata di
Makarenko, il Libro per i genitori, è sempre vivo – anche se non esplicitamente il
richiamo al padre operaio; e quando Makarenko dice: «che i genitori siano esigenti verso se stessi, che abbiano rispetto per la famiglia, che si controllino ad
ogni passo ecco il principale metodo di educazione!», egli ha certamente davanti agli occhi la figura di suo padre e quella di sua madre, l’ordine e la nettezza
della modesta casa operaia della sua infanzia, la «pulizia morale» della sua famiglia operaia34.
Yunus, nonostante alcune circostanze avverse, come la grave malattia
della madre, trova comunque nella famiglia uno stimolo indispensabile
per lo sviluppo della sua personalità. Il nucleo familiare numeroso,
l’attaccamento alla mamma malata, la forza d’animo del padre, sono elementi determinanti nella sua formazione.
Due autori diversi: Makarenko e Yunus
277
Con la forza del suo esempio insegnò anche a noi a tenere lo stesso comportamento.
Con la malattia di mia madre, mio padre assunse a tutti gli effetti il doppio
ruolo di padre e di madre, e la sua preoccupazione più grande fu sempre quella
di garantirci la migliore educazione possibile. Ciò che siamo diventati lo dobbiamo in massima parte alla sua sollecitudine35.
In entrambi i casi, i genitori, con la loro semplicità, e la loro moderazione, rappresentano l’esempio da seguire. Sono fondamentali per lo
sviluppo delle loro indoli. Nasce nelle proprie famiglie quel profondo
senso di rispetto che ispira sia Makarenko che Yunus. I loro comportamenti sono guidati da un’enorme percezione di riguardo nei confronti
degli altri.
Il mio principio fondamentale […] è sempre stato quello di avanzare il maggior numero possibile di esigenze nei confronti del ragazzo ma nello stesso
tempo di dimostrargli il massimo rispetto possibile. Le nostra dialettica, in realtà, dimostra la stessa cosa: non si può chiedere molto ad un uomo se non lo si
rispetta36.
La considerazione vale per tutti indistintamente: uomini, donne,
bambini; è quella considerazione che Yunus esige, da parte di ogni
membro della società, per i poveri, i diseredati del suo paese, e più in
generale, per tutti gli indigenti del mondo.
Noi riteniamo che tutti gli esseri umani, possiedano una capacità innata, che
è la capacità di sopravvivenza. Il fatto che i poveri siano vivi è una prova lampante di quanto affermiamo. Per questo, invece di perdere tempo a trasmettere
nuove competenze, abbiamo deciso di puntare su quelle che le persone già possiedono. Il denaro che poi guadagneranno diventerà la chiave per esplorare la
gamma delle ulteriori potenzialità37.
Rispettare gli altri, credere, dare fiducia, sono i punti di partenza
dell’azione rieducativa di Makarenko e del progetto di Yunus. Con tali
convinzioni i due si sono mossi incontrando innumerevoli difficoltà, però con audacia, senza alcuna certezza, ma con una convinzione:
l’educabilità del genere umano. Si sono messi in gioco, e si sono lanciati in
una sfida senza garanzie di successo. Hanno avuto l’enorme coraggio di
correre il rischio, consapevoli dei pericoli cui andavano in contro, hanno
comunque osato per il raggiungimento di un obiettivo ideale; ed hanno
278
Due autori diversi: Makarenko e Yunus
dato vita ad una pedagogia senza precedenti, una vera e propria antipedagogia. Non avevano esempi da seguire, una via dritta da percorrere,
anzi, cammini ricchi di ostacoli, ciononostante hanno provato.
Questi autori sono gli artefici di due forme di rieducazione totalmente nuove, e per molti aspetti differenti. La diversità riguarda in primo
luogo i soggetti coinvolti nella loro azione: i bambini per Makarenko, e i
poveri per Yunus, con particolare attenzione alle donne inserite nella loro dimensione familiare, e quindi nel ruolo di madri che lottano più dei
mariti per migliorare la loro condizione, anche per il bene dei figli. E così, la dimensione dell’infanzia, intesa come futuro del mondo, è coinvolta nel modello del pedagogista sovietico direttamente, e in quello
dell’economista bengalese indirettamente. Entrambi sono senza dubbio
dei grandi educatori ma esprimono seri dubbi sulla pedagogia. Makarenko va contro la pedagogia ufficiale, i dogmi dei manuali troppo distanti dalla realtà. Yunus rifiuta il sistema bancario tradizionale e si oppone ai programmi di formazione per i poveri, i quali hanno bisogno di
alfabetizzazione ma non di semplici prescrizioni. Così tutti e due sottolineano l’importanza della creatività e della spontaneità proprie di ogni
uomo.
Non accettano le imposizioni pur impostando dei sistemi sostanzialmente ordinati da regole ben precise.
Da veri pionieri hanno cominciato procedendo per tentativi. Dagli
sbagli hanno imparato. Hanno subito critiche, suscitato polemiche, le loro idee innovative sono state accolte da non poche perplessità.
[…] Makarenko e Yunus sono dei veri e propri sperimentatori.
L’audacia che li spinge è fondamentale per la loro attività. Quel che conta è non temere gli errori e osare, perché rinunciare al rischio significa rinunciare al successo.
Le paure del pedagogista sovietico corrispondono a quelle del professore bengalese. In tempi diversi, in luoghi diversi, per motivi diversi i
due iniziano il loro compito tra incertezze ed errori, e diverse controversie. L’educatore mette in dubbio la scienza pedagogica, l’economista il
sistema bancario, entrambi mostrano il loro enorme coraggio, ma riconoscono la loro insicurezza.
Ma noi, nel nostro bosco, con la testa appoggiata sulle mani, cercavamo di
dimenticare il frastuono dei grandi avvenimenti e leggevamo libri di pedagogia.
Per me il principale risultato di quelle letture fu la certezza, divenuta chissà
perché salda e fondata, di non avere in mano alcuna scienza ed alcuna teoria, e
che la teoria bisognava se mai trarla da tutta la somma dei fenomeni reali che
Due autori diversi: Makarenko e Yunus
279
accadevano sotto i miei occhi. Inizialmente non tanto capii, quanto mi accorsi
che quello che mi occorreva non erano formule libresche, che non trovavano
applicazione nella realtà, ma un’analisi immediata ed un’azione diretta 38.
L’esitazione iniziale di Makarenko è molto simile a quella di Yunus.
Entrambi non sanno se sono nel giusto, ma sono convinti a proseguire
l’impresa, a guardare avanti, a proiettarsi nel dopo, in quello che verrà,
il loro sguardo è rivolto al futuro, ai frutti che raccoglieranno dalle loro
esperienze. Il punto di partenza è comune: l’incertezza, altro elemento
parallelo è l’allontanarsi dalle tradizioni. Per entrambi è fondamentale
disimparare la teoria per prendere lezione dalla realtà.
Quando facevo lezione, sapevo fin dal principio che ogni problema avrebbe
avuto un’elegante soluzione. Ma quando uscivo dall’aula mi dovevo confrontare con il mondo reale, dove i buoni venivano spietatamente calpestati e sconfitti. […]
Avevo voglia di scappare dai manuali e dalle teorie, di lasciarmi alle spalle
la vita accademica. Mi premeva capire la realtà che circondava la vita dei poveri, scoprire l’economia di un villaggio nel suo svolgersi quotidiano 39.
Non è sufficiente imparare a memoria delle formule, è un metodo inefficace per risolvere problemi reali. Yunus fa tesoro dei semplici insegnamenti del filosofo e matematico rumeno Georgescu-Roegen, suo professore negli Stati Uniti. Capire la realtà e costruire piani concreti per risolvere problemi è semplice ed utile, questi elementari concetti appresi a
contatto col suo mentore, sono fondamentali per la sua carriera.
Per Makarenko è importantissima la figura dello scrittore Gor’kij, il
pedagogista si rivolge a lui nei momenti più importanti della sua vita,
per un giudizio, un consiglio, un orientamento. La critica del poeta è
fondamentale e non lo avvilisce, anzi lo incita. Georgescu-Roeger e
Gor’kij sono due figure fondamentali, due stimoli indispensabili che
permettono la crescita di caratteri fiduciosi.
Il senso della dignità dell’uomo, la forza e la bellezza del genere umano, la fiducia nelle immense possibilità di ciascuno, e quindi un incrollabile ottimismo, sono i motivi che animano il pensiero di Makarenko e di Yunus, e vivono sia nel Poema che nel Banchiere dei poveri.
Makarenko è un maestro innovatore, che ama i bambini, la forza viva
della società, che senza essi sarebbe fredda e senza vita. Svolge la sua attività nella colonia di rieducazione con una certezza: anche i giovani delinquenti sono degli esseri umani, e questa è la cosa rilevante.
280
Due autori diversi: Makarenko e Yunus
Ciascuno ha la sua strada davanti a sé, come ha una sua strada da seguire la
stessa colonia “Gor’kij”. Sento fra le mie mani gli inizi di molte di quelle strade,
ma non riesco a distinguere la continuazione e la fine nella nebbia del futuro,
che comincia lì vicino. In quella nebbia si agitano elementi naturali che l’uomo
non ha ancora vinto, che ancora non soggiacciono a leggi matematiche 40.
La stessa incrollabile fede nella creatività umana accompagna Yunus
nella sua esperienza. Grameen nasce dal suo ottimismo, dal suo amore
per il genere umano, anche i più miseri hanno capacità che non vanno
sottovalutate.
Noi stabiliamo rapporti con le persone, non con i documenti. Il nostro legame riposa sulla fiducia, e il successo o il fallimento della nostra iniziativa dipendono dalla forza del rapporto personale con l’utente.
La parola “credito” significa propriamente fiducia. Nel sistema bancario tradizionale, tuttavia vige soltanto la diffidenza reciproca. […]
Per Grameen al contrario, il presupposto di partenza è che i debitori siano
onesti41.
Makarenko e Yunus entrambi insegnanti, entrambi entusiasmati dal
proprio lavoro, entrambi innamorati dei bambini, entrambi pieni di fiducia. Il loro obiettivo: guardare avanti. Andare “oltre”, oltre il tempo,
oltre le circostanze avverse, oltre le critiche, oltre le loro epoche. È
l’apertura sul futuro che innesca il concetto di “prospettiva”. Il loro pensiero consente un prolungamento nel “dopo”, tanto che, anche il nostro
tempo può essere relazionato alle loro esperienze. I due autori mostrano
un’adesione incrollabile ad una “prospettiva pedagogica”. Ciò emerge
dai motivi fondamentali delle loro teorie. Prioritaria è l’idea di crescita,
che è trasformazione, intesa come miglioramento. È il processo di evoluzione narrato nelle pagine del Poema, e l’incessante espansione di Grameen. È la sviluppo del collettivo, il cambiamento della colonia, quella sorta
di società in miniatura, dove un gruppo di giovani sbandati diventa un
gruppo di lavoratori responsabili, degli uomini nuovi. La Gor’kij non resta
un nucleo chiuso nella sua attività, nelle sue abitudini, e nelle sue regole,
ma è aperta al futuro, non ci si adagia sulle conquiste fatte, ma si tende a
progredire, proponendosi sempre nuove e più ampie prospettive. Crisi
ed ostacoli si presentano di continuo nel naturale processo di evoluzione, ma si tratta di fattori utili, perché generano una catarsi.
Due autori diversi: Makarenko e Yunus
281
Allora mi sembrava che centoventi ragazzi della colonia non fossero solo
centoventi ragazzi abbandonati che avevano trovato una casa e un lavoro. No,
erano cento sforzi etici, cento energie tese in un accordo musicale, cento piogge
benefiche che perfino quella donna grandiosa e bizzosa che è la natura aspettava con gioia impaziente42.
La purificazione è indispensabile anche per Yunus che auspica un
mondo senza povertà. Un sogno possibili grazie alla sua azione concreta. Il progetto muove i suoi primi passi tra ansie ed esitazioni ma, anche
in tal caso, è il “dopo” che conta. La “prospettiva” ritorna. C’è una crescita graduale, dalla fiducia iniziale all’espansione mondiale, di questa
iniziativa singolare. Una proposta pensata per pochi che cresce a dismisura investendo l’intero pianeta. L’idea planetaria di Yunus consente ai
poveri di tutte le nazioni di uscire dalla miseria attraverso un meccanismo semplice: l’accordo di piccoli prestiti, il rimborso settimanale,
l’importanza del gruppo; sono questi elementi a determinare la forza del
progetto che fissa lo sguardo al futuro.
Ho maturato la certezza, solida e profonda, che, se davvero lo vogliamo,
possiamo realizzare un mondo senza povertà. […]
Non è solo il microcredito che può spazzare via la povertà. Il credito è solo
una delle porte, per quanto grande, che la gente può imboccare per uscire dalla
miseria. Ma un’infinità di altri sbocchi possono essere reperiti per facilitare tale
scopo. Si tratta soprattutto di avere un diverso concetto delle persone e di delineare un nuovo quadro istituzionale atto ad accogliere la nuova concezione
[…].
In ognuno di noi si cela molto di più di quanto finora si sia avuto la possibilità di esplorare. Fino a che non creeremo un contesto che ci permetta di scoprire la vastità del nostro potenziale, non potremo sapere quali siano queste risorse43.
Con una mentalità nuova, Yunus ha rivendicato l’esigenza di un rinnovamento. Egli ha posto al centro della sua attività il credito, cioè la fiducia. Le sue indiscusse conoscenze economico-finanziarie hanno rappresentato la base della sua iniziativa, ma a queste si è accompagnata
anche una prospettiva pedagogico-educativa nata spontaneamente. Perché
la povertà non può essere concepita semplicemente come un problema
economico, in tale concetto va incluso anche il senso morale e culturale.
282
Due autori diversi: Makarenko e Yunus
Perciò, contro la povertà, non è sufficiente una soluzione economica,
ma è necessario un intervento di più ampio respiro. Attraverso il microcredito.
microcredito, la fiducia nelle potenzialità umane, i rimborsi a breve
termine, il rifiuto dell’assistenzialismo, l’attenzione reale ai problemi
delle persone, Yunus ha raggiunto il suo obiettivo. Il modello di sviluppo Grameen ha cambiato il Bangladesh, ed è arrivato a guadagnare una
rapida popolarità nel resto del mondo.
Ma si tratta di numeri in movimento, in crescita… La mattina di domenica
29 ottobre 2000 Yunus stava in Italia in televisione, […] e si è capito che il suo
progetto, pur tra mille difficoltà, tende tangibilmente ad ampliarsi un po’ in tutto il mondo Stati Uniti, Europa, e Italia compresi […].
Restando sulla linea di quanto l’economista è venuto dicendo e ripetendo da
noi […] ciò che risulta sempre più evidente è difatti l’esportabilità del modello
“Grameen Bank” anche nei paesi cosiddetti avanzati, e proprio in quanto si
fonda sui concetti di “microcredito”, “prestito d’onore senza garanzia”, e “credito solidale” come “redditività d’impresa” e “attività di gruppo”. Ma c’è un
“di più”, nel programma, che non è mero rapporto finanziario, bancario; e che
invece appare essere una sorta di “questione di principio”, un atteggiamento filosofico “altro”…44
Anche Makarenko, grazie ad un atteggiamento filosofico “altro” guarda
“oltre”. Nel suo pensiero il tema filosofico educativo forte è la pedagogia
della prospettiva, come rigenerazione dei bambini abbandonati, come apertura sull’avvenire. Il pedagogista combatte sulle barricate che separano il vecchio dal nuovo. Nel Poema pedagogico il collettivo è l’immagine
dell’“uomo in divenire”. I besprizorniki, ragazzi senza tutela, nella colonia dimenticano il loro passato e si trasformano in uomini nuovi. La positiva convinzione dell’educabilità umana che li trasforma, è la fiducia nei
lati liberamente creativi della personalità.
E Makarenko lascia fare, ed anzi incoraggia sempre e dovunque il gioco
dell’immaginazione, la fantasia, le facoltà espressive, tutto ciò che può favorire
la genesi di libere personalità. La disciplina stessa è essenziale in quanto conquista autonoma. Egli ammonisce: «Si noti che questa tesi paradossale, che disciplina significa libertà, viene compresa assai facilmente persino dai ragazzi, i
quali l’hanno sempre presente nella vita quotidiana, e a ogni passo si convincono che è esatta; molti, nel prendere attivamente partito per la disciplina, dicono
appunto che significa libertà»45.
Due autori diversi: Makarenko e Yunus
283
La nascita e la crescita del collettivo è in stretta correlazione con la
formazione delle singole personalità che lo costituiscono. I bambini di
Makarenko all’interno della colonia sono il “frutto della tradizione” ma
anche il “seme della prospettiva”. Il Poema è “romanzo d’infanzia”, del collettivo, della prospettiva, dell’uomo nuovo per un futuro migliore.
SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA
FACOLTÀ DI FILOSOFIA
CORSO DI LAUREA IN
PEDAGOGIA E SCIENZE DELL'EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE
TESI DI LAUREA IN PEDAGOGIA GENERALE
Laureanda
Elisa Condò
Relatore
Chiar.mo prof.
Nicola Siciliani de Cumis
Matricola
983440
Correlatore
dott.
Alessandro Sanzo
IL PROFESSOR MAKARENKO
IN «SLAVIA» 1995-2010
Editrice
Nuova Cultura – Roma
Anno Accademico
2009 – 2010
286
Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione
Cinema
Due colloqui su cinema ed educazione
Guido Aristarco - Nicola Siciliani de Cumis
Il cinema, la scuola (Lukàcs, Makarenko)215
- S.: In questi giorni, su «EI Pais» prima su «l’Unità» poi, è apparso un articolo assai significativo di Fernando Savater, noto filosofo dell’etico-politica a valenza anche pedagogica, sul cinema: un articolo, cioè, in difesa di Jurassic Park e
della “funzione popolare dell’arte cinematografica”, e pertanto in polemica con
i detrattori del film di Spielberg: «Non so se i dinosauri di Spielberg sono giurassici o cretacei, ma sono convinto che molti intellettuali e critici cinematografici vivono ancora nel Paleolitico», giacché - aveva detto prima - è forse «colpa
di questa cecità se il cinema europeo è stato sempre incapace di produrre film
per adolescenti e per bambini». Che te ne sembra?
- A.: Si tratta qui più di un problema educativo che cinematografico, o meglio, si tratta di due problemi che rimandano l’uno all’altro. Occorre distinguerli, e vederne insieme le connessioni.
- S.: Non è un caso, del resto, che tra Jurassic Park e la scuola italiana di oggi
(Jurassic School, come l’hanno definita) si sia stabilita una specie di feeling. Il cinema, in quanto tale, è un’educazione, però è una grande possibilità. E ciascuno
di noi, nel suo campo, lo sa bene.
- A.: Certamente, ma quali sono i tuoi motivi, le tue ragioni “cinematografiche?” «Cinema Nuovo» è una Rivista di cinema, è vero, che recupera
costutivamente al suo interno la cosiddetta cultura generale e, variamente, i risultati di determinate discipline “umanistiche”. Tu ti occupi di filosofia, di pedagogia, di didattica. Sei da tempo collaboratore di «Cinema Nuovo»; però è
pur sempre dall’interno dei tuoi interessi, dei tuoi studi di settore, che arrivi a
scrivere di cinema. Come mai?
- S.: Potrei risponderti in vari modi. Мa per il momento preferisco questo
motivo, che si connette direttamente alla rivista da te diretta. C’è una mia antica
consuetudine con «Cinema Nuovo». Che poi si è specificata. Ho trascorso alcuni mesi, di recente, a fare uno spoglio sistematico delle sue annate; ed ho ricavato una serie non breve di indicazioni utili a connettere i miei interessi scientifici
215 Questo colloquio è avvenuto alla fine del novembre 1993. L’articolo di F. Savater, di cui
si discorre all’inizio, era apparso su «l’Unità» del 17 novembre dello stesso anno in traduzione
da «El Pais», a cura di Cristiana Paternò.
Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione
287
e professionali con la materia propria e nuova del periodico, e praticamente
dal ‘53 ad oggi. Con una continuità di propositi e di esiti che è in realtà impressionante...
- A.: Мi incuriosisce ciò che dici. Puoi spiegarti meglio, facendo degli esempi?
- S.: Va bene. Lascio perdere quel che è quasi ovvio: che cioè esiste un rapporto preciso tra l'educazione estetica, secondo i principi di una estetica marxista
classica, ed una concreta attività critica che si eserciti alla luce dei fatti artistici che
più interessano, dal punto di vista del cinema come agente educativo di eccezionale portata. Della qual cosa, «Cinema Nuovo» si è sempre occupato: con saggi,
cronache, recensioni, inchieste, note critiche ed informative ecc.
- A.: Anche tu vi stai collaborando.....
- S.: Si, ma ancora prima, fin dal principio della sua attività, come dicevo, la
rivista ha svolto un compito preciso, distintivo, che mi pare opportuno sottolineare. Scorrendo rapidamente le mie schede di lettura, in ordine alfabetico, ritrovo subito i seguenti importanti elementi di indagine: Arzignano, Scuola di.
Rimanda per l’appunto all’esperienza di Antonio Pellizzari, alla stessa fondazione di «Cinema Nuovo», ad un curioso intreccio di competenze pedagogiche
che converrà vedere più da vicino.
Attori, Scuole di recitazione. C’è bisogno di illustrare la legittimità educativa di
questa voce? E la rivista ospita interventi, anche importanti, sul tema.
Beni culturali. La pedagogia se ne alimenta e vorrebbe produrne.
Come «Cinema Nuovo», che non ha mai trascurato di occuparsi di “beni”
della cultura, pure l’educazione ha la presunzione di collaborare a togliere
qualche “male” culturale. Di qui un’altra ragione per riflettere assieme.
- A.: Va bene, va avanti. L’elenco mi interessa e mi diverte. Che viene dopo?
- S.: Borse di studio. Borse di studio per l’Italia e per l’estero. Anche «Cinema
Nuovo» se ne è fatta e se ne fa promotrice....
- A.: Certamente, facciamo il possibile con il Premio «Cinema Nuovo» Pasinetti...
- S.: Si, ma c’è anche altro. Tra le mie schede, alla lettera C, trovo degli argomenti pedagogicamente interessanti: che so io, il tema Calabria (quale nesso trovare tra la “questione meridionale”, la “Questione calabrese” e l’educazione che
parte dal e arriva al cinema?); il tema Calvino, Italo (se è vero che Calvino è uno
scrittore a suo modo pedagogico, e se è vero che proprio il cinema ha una certa
importanza nella sua formazione, quale conseguenza specifica deriva da questi
due presupposti?); i temi Cinema e letteratura, Classici del cinema, Cinema e classicità ecc., in che relazione stanno con le trattazioni periodiche di Cinema nuovo su
Cinema e scuola/Scuola e cinema (su Film e didattica), su Cinema e università, su Ci-
288
Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione
nema e programmi scolastici (non solo programmi di Italiano, Storia, Filosofia,
Geografia, Musica, ma anche di Fisica, Biologia, Astronomia, Informatica ecc.)?
- A.: Certo, c’è da ragionarci su.
- S.: E non è finita. Ti risparmio molto delle mie schede informative, però su
alcune può servire fermarsi. Su queste, per esempio: Disegni animati; Disegni di
legge per una cinematografia didattica; Educazione politica; Film sulla scuola
(d’argomento direttamente e indirettamente scolastico); Gramsci (il Gramsci del
“nuovo principio educativo”); Handicappati (cinema e handicap); Insegnanti (da
diversi punti d’osservazione); Labriola (per trent’anni insegnò pedagogia, tutta
la vita fu un educatore); Marx (ed ovviamente Lukàcs, attentissimo anche alla
dimensione educativa del marxismo); Natura (c’è un posto che la rivista riserva
alle “scienze della natura”, accanto alle “scienze della cultura”: con tutte le conseguenze anche pedagogiche di questo fatto); Obiettivi didattici della rivista, a
più livelli); Premi didattici; Quantità-qualità (due tradizionali categorie anche pedagogiche); Recensione (come strumento di formazione di una competenza critica, in ambito cinematografico); Scienze dell'educazione cinematografica (Sociologia
del cinema, Psicologia del cinema, metodologie, Contenuti ecc.); Televisionedidattica (molti argomenti); URSS (scuole di cinema, il cinema-scuola); Valori cinematografici (come elementi essenziali di un’educazione al film e/о attraverso il
film); Zavattini (educatore, alla sua maniera).
- A.: Un programma ambizioso, mi sembra. Ambizioso quanto stimolante.
- S.: Si, ed è tanto più impegnativo quanto più coinvolge i piani di una pedagogia indiretta...
- A.: Cioè ?
- S.: L’argomento è complesso, e non credo di riuscire ad esaurirla in poche
battute. Per cui mi limito ad elencarti alcuni livelli d’indagine, a mio parere essenziali. E, se me lo permetti, prenderei le mosse proprio da un luogo che ti riguarda, cioè dal punto di vista di György Lukàcs su quel “discorso sul cinema”,
che è il tuo Il dissolvimento della ragione del 65...
- A.: Va bene, ma tieni presente che Lukàcs si occupa di cinema anche altrove. Dovremmo cominciare col fare riferimento al saggio del 1911...
- S.: Certo, anche di pedagogia, di educazione, di formazione, egli viene a dire in ben altre sue pagine. Bisognerà condurre un’indagine specifica su questo
punto. Però non è su ciò che io voglio fermarmi soprattutto adesso. È sul fatto che
non è necessario muoversi esplicitamente nella dimensione pedagogica, educativa, didattica per produrre modificazioni di insegnamento/apprendimento. Anzi,
le esperienze formative indirette sono le meglio interiorizzabili e dunque più
stabili e durature e forti. Le più radicali.
- A.: Hai fatto bene a ricordare quel testo lukacsiano. Rileggi uno dei passi
conclusivi: quello sul superamento del “tecnicismo”, sul che voglia dire “essere
Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione
289
radicali” per Marx-Lukàcs, sul non-marxista Chaplin che contribuisce, anche lui
con la sua arte, allo stesso compito educativo umano che è proprio del marxismo (almeno in una certa misura). Eccolo qui, quel passo:
«Il superamento del tecnicismo nella teoria e nella prassi del cinema, la dimostrazione che dietro ad ogni questione in apparenza meramente formale
stanno gravi e ingenti problemi della vita umana, che influiscono attraverso il
mezzo della configurazione artistica sul trovarsi o sul perdersi dell’uomo: questo il compito centrale del critico cinematografico che oggi voglia meritare questo nome. Le cognizioni specifiche, la fine sensibilità estetica sono, s’intende,
premesse necessarie, ma non più che premesse, non la cosa stessa. Ciò che ne
scaturisce - additando il giusto cammino o invece da esso sviando - ha il suo
fondamento in tale rapporto con la vita dell’uomo. “Essere radicali”, dice Мarx,
“significa andare alla radice delle cose. Per l’uomo, però, la radice è l’uomo
stesso.» Chaplin non è mai stato un marxista. Ha tuttavia mostrato nelle più diverse forme quanto si possano mettere a frutto le nuove possibilità tecniche del
cinema nel fissare, come egli indimenticabilmente ha fissato, l’immagine
dell’uomo in pericolo, della sua lotta per conservarsi a se stesso, dello smascheramento di quanto quell’umanità contrasta ed insidia. Al cinema e alla critica
cinematografica che si muovono sul piano esteriorizzante del tecnicismo, va
contrapposta una critica capace di interiorizzazione e di approfondimento estetico, e che se in spirito di verità e di esattezza saprà andare sino in fondo, non
potrà che pervenire all’uomo, all’uomo reale, che soffre e lotta socialmente tra
uomini e contro altri uomini.
- S.: Il luogo è significativo, utile per chi fa il mio mestiere, per chiunque faccia un lavoro critico relativamente alle idee, ed al tempo stesso studi le ragioni e
gli effetti in via di ipotesi pedagogici di un siffatto lavoro.
- A.: È Lukàcs stesso a mettere sulla buona strada per capire la connessione
cinema-educazione. È dalla giovinezza, come scrive, che egli si è interessato al
cinema (bisogna consultare Gelebtes Denken, l’”autobiografia in forma di dialogo” con Istvàn Eörsi); e poi basta rileggere l’ultima parte dell’estetica (Die Eigenart des Aesthetischen), per ritrovare una teoria del cinema che è anche un contributo sull’educazione. Così a me sembra. Tu che ne dici?
- S.: Mi pare evidente che sia proprio l’Estetica l’opera-chiave, l’opera trattodi-unione-tra cinema e pedagogia secondo Lukàcs. Ma, ripeto, bisognerebbe
analizzare a tappeto tutti gli scritti del nostro autore, per farsi dell’argomento
un’idea più precisa ed organica. Tuttavia, quanto all’Autobiografia, al suo
“pensiero vissuto”, è sufficiente notare il posto che vi occupa Вéla Вalàzs, per
confermare la nostra ipotesi generale. Ma io sottoporrei alla tua attenzione un
altro aspetto della questione lukacsiana che è ancora direttamente ed indirettamente pedagogico.
290
Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione
- A.: È sulla pedagogia indiretta, mediata da una filosofia, da una concezione
del mondo, che io mi soffermerei di più.
- S.: Sono due momenti egualmente necessari che s’integrano reciprocamente.
Lo dimostra proprio ciò che stavo per dire ancora di Lukàcs, a proposito del
suo doppio motivo di interesse per l’arte e l’ideologia di un educatore-scrittore
come Anton Semёnovič Makarenko: e cioè per un romanzo come Pedagogiceskaja
Poema, il Poema pedagogico, inteso quale storia dello sviluppo, ovvero storia
dell’”accumulazione originaria” della pedagogia socialista, con una siffatta precisazione terminologico-concettuale:
«In questo libro di Мakarenko è narrata la storia dello sviluppo, anzi meglio
dell’”accumulazione originaria” della pedagogia socialista. (L’espressione “accumulazione originaria” viene qui usata per indicare la preistoria ricca di urti e
di conflitti del nuovo mondo; e come da questo siano sorti i principi e le norme,
che più tardi sarebbero divenuti fondamentali e generali; infine come le premesse di queste norme siano state poste nel - relativo - caos di un’epoca rivoluzionaria di transizione). Questa pedagogia e però ben altra cosa che non la pedagogia, intesa nel ristretto senso borghese del termine, non è soltanto un ramo
specifico della cultura. È pur vero che anche nelle società di classe i grandi pensatori, che lottavano per il bene della società e volevano sinceramente risolvere i
problemi posti dalla pedagogia, hanno sempre varcato i confini della specializzazione. E sono pervenuti, in molti casi, a risultati importanti. Ma è altresì vero
che essi non sono mai giunti a risultati complessivi soddisfacenti.
Perché? Perché il carattere antagonistico della società classista non consente,
proprio in questo campo, alcuna soluzione positiva, ma soltanto, nel migliore
dei casi, una prospettiva utopistica, la cui realizzazione dev’essere rinviata
all’infinito, senza che possa essere mai additata, seppure approssimativamente,
la strada giusta».
- A.: Sembra, almeno in parte, lo stesso ragionamento su Chaplin ed il tecnicismo nell’Introduzione già ricordata a Il dissolvimento della ragione.
- S.: E c’è dell’altro. Per esempio, c’è un passaggio dell’Autobiografia, che è
pure chiarificatore, sia dei discorsi di Lukàcs sull’estetica in relazione al cinema,
sia delle sue riflessioni in tema di pedagogia socialista; e che è il seguente:
«Sto parlando di tipi umani e non di persone. In mezzo ci sono sfumature infinite, che dovrebbero essere realisticamente rappresentate dall’arte, ma bisogna
vedere tutta questa gamma. Se dimentichiamo questo, arriviamo di fatto a sostenere che, beh, ci sono stati problemi d’ogni tipo, ma adesso li abbiamo superati, quindi dimentichiamoli. Invece non li dobbiamo dimenticare. Questo problema è già emerso nella nostra letteratura in termini splendidi, mi riferisco al
grande romanzo pedagogico di Мakarenko. Lì il metodo educativo socialista si
Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione
291
esprime nel fatto che il dimenticare segue alla vergogna e alla catarsi. Quindi si
può dimenticare solo dopo la catarsi. Se vogliamo davvero il socialismo, non
possiamo rinunciare a questo lavoro pedagogico. Senza questo lavoro pedagogico noi vivremo ideologicamente in uno pseudo socialismo».
- A.: Un argomento da affrontare, rispetto a queste osservazioni di Lukàcs,
sarebbe quello del peso del cinema sovietico nelle sue proprie elaborazioni estetiche complessive...
- S.: Gli spunti non mancano anche sul terreno dell’influenza di Lukàcs e dei
lukacsiani sulla cultura cinematografica in URSS. E poi, per ritornare su Makarenko e sul giudizio del filosofo ungherese sul Poema pedagogico, è una precisa
coincidenza cronologica che egli rientri dalla Germania in Russia l’anno stesso
in cui comincia la pubblicazione del romanzo del pedagogista ucraino (1933). Di
più, nello stesso periodo di tempo, non è ancora spenta in Unione sovietica l’eco
di un film come II cammino verso la vita (Putёvka v zizn) di Nikolaj Vladimirovic
Ekk, il primo film sonoro sovietico: una opera che ha per tema, appunto, la rieducazione dei besprizornye, dei ragazzi sbandati vittime della guerra civile, attraverso le “comuni di lavoro” ideate da Makarenko. Ecco ciò che volevo dire io
prima, quando distinguevo educazione diretta ed educazione indiretta, rispetto
al cinema. Nella situazione storica or ora rievocata, c’è - è vero - un contenuto
immediatamente educativo (la materia stessa, cioè, del Poema pedagogico makarenkiano); ma quanti e quali altri profili pedagogici ancora! La formazione del
regista Ekk, nel clima culturale diffuso delle “comuni di lavoro”, e
l’assorbimento, l’interiorizzazione di certi concetti e delle pratiche educative
proprie e nuove di Мakarenko; ma, pure, ciò non esclude una qualche interferenza formativa dell’opera cinematografica su quella del romanziere-che-stanarrando la sua storia autobiografica. Inoltre c’è Lukàcs. Come entra, se entra,nel suo specifico discorso sull’estetica (con annessi e connessi), l’evidenziato
intreccio di competenze? Non era stato Ekk un allievo di Vsevolod Emil’evic
Mejerchol’d, il quale a sua volta aveva fondato nel 1920 (lo stesso anno in cui
comincia l’azione del Poema Pedagogico) il teatro del Proletkul’t? Quanto devono, se devono, Мakarenko da un lato Lukàcs dall’altro, alle stesse teorizzazioni
e applicazioni estetico-pedagogiche di Analolij Vasil’evic Lunacarskij (e seguaci
e discendenti) della Proletarskaja Kul’tura?
- A.: Importanti ricerche da fare. Non avrei dubbi.
Sole che inganni perfido e tremendo216
(Su Sole Ingannatore di Nikita Sergeevič Michalkov)
216
Colloquio del dicembre 1994
292
Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione
- A.: Sole Ingannatore, quello che non capisco è questo vezzo di usare le maiuscole nei titoli dei films: “Ingannatore”, perché?
- S.: Io una spiegazione ce l’avrei, per questa volta almeno...
- A.: Quale spiegazione?
- S.: Come a dire che ingannatore come lui, non c’era nessuno; che Stalin,
l’URSS, il comunismo erano l’Inganno con la “T” maiuscola...
- A.: È possibile che sia così, anche perché - hai notato? - c’è un’altra tendenza: quella di abusare dei titoli in lingua inglese.
- S.: Si, una volta, nell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento, si esagerava con il Francese. Ora lo si fa con l’inglese. Domani chissà.
- A.: Il film di Michalkov però non è da buttare, è perfino interessante: un
Čechov alla rovescia... è molto ambiguo.
- S.: Direi che riassume Brežnev, Gorbačev ed El’cin, nel senso che l’autore è noto - è abbastanza flessibile, politicamente disinvolto.
- A.: Sì, quella caricatura dei “pionieri” è tutto un programma. Però coesiste
con una certa umbratilità, con un certo lirismo... La storia, nell’insieme, è ben
costruita: e fino alla fine non capisci dove va a parare. Il personaggio di Dmitrij
(Oleg Mengikov è bravo) è riuscito: la storia d’amore con la padrona di casa,
quando non stava ancora coll’alto ufficiale Kotov, il protagonista interpretato
da Michalkov stesso, assorbe l’attenzione, tiene sospesi, così non ti aspetti quel
finale.
- S.: Effetti del Sole Ingannatore...
- A.: La tesi è chiara: Stalin finisce con l’ingannare tutti quanti: inganna il colonnello, inganna la spia, perfino la polizia politica è ingannata: e così pure i
vecchi, i bambini, i diversi tipi umani nelle giornate di festa. Stalin poi inganna
anche se stesso: perché Stalin è tante cose, padre e tiranno, rivoluzionario e reazionario. Ognuno, ancora, inganna sé medesimo: perché ciascuno ha il suo Stalin. E c’è lo Stalin del militare (l’eroe che ha combattuto contro la Guardia bianca nel ‘20), come c’è lo Stalin della polizia segreta (l’erede degli zar, e semplicemente la mente di crudeli congiure di palazzo). C’è lo Stalin della gente, delle
varie categorie sociali. Ma soprattutto c’è lo Stalin ingannatore, ingannatore
come la spia, come la stessa metafora del sole.
- S.: Il suicidio finale sta a testimoniarlo: ché in realtà è pure quello un omicidio per interposta persona (il suicida stesso, per l’appunto).
- A.: Però c’è anche il sole, in quanto sole, che inganna. È la natura, diresti, al
servizio, perfino lei, della politica di Stalin. Ingannatrice e ingannata. Come la
donna del film...
- S.: In effetti è così.
Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione
293
- A.: Ti ripeto, Čechov, Čechov adattato, tradotto. La presenza del teatro,
d’altra parte, è evidente. Pensi un po’ a Zio Vanja. Quel pubblico o quel privato
che si mescolano incredibilmente.
Il giudizio sui tempi, sulla storia, meglio sulla Storia, è assai netto: c’è un
immeschinimento generale...
- S.: ... un immeschinimento del Colonnello! Kotov, il Colonnello.
- A.: Piuttosto, un colonnello in pantofole. Michalkov offre una visione casalinga della rivoluzione. È il solito Michalkov.
- S.: Mi viene in mente Bulgakov, lo Stalin di Bulgakov è un’altra cosa. Sto rileggendo Il maestro e Margherita, e siamo decisamente ad un altro livello. Se poi
ci metti accanto le pagine di Vitalij Šentalinskij, al capitolo quarto di I manoscritti
non bruciano. Gli archivi letterari del KGB, appena tradotto da Garzanti, ti rendi
conto di una effettiva diversità di spessore...
- A.: Siamo d’accordo. Anch’io lo sto leggendo; e l’impressione che ne sto ricavando è più o meno la stessa. Le pagine su Isaak Babel’, che in parte toccano
argomenti cinematografici, sono molto interessanti, e nuove.
- S.: Se lo sarà letto Michalkov, questo libro?
- A.: Chissà. A naso non direi. In Sole Ingannatore sono notevoli certi scadimenti nel didascalico, nell’ideologico (la macchia del sole “ingannatore”, per
esempio, non si capisce a che serva: il film avrebbe guadagnato senza).
- S.: Sì, le caricature sono evidenti: anche se ho trovato interessante la ricostruzione degli interni domestici, la descrizione di determinati particolari, certi
spunti critici (per esempio, sul panslavismo, sulla “patria Russia”, contro
l’esterofilia, contro i francesismi ecc.).
- A.: Questo film è un documento utile.
- S.: Utile a scuola, anche: per l’insegnamento della storia...
- A.: ...e dell’estetica. Lukács aveva ragione quando diceva che il cinema è da
accostarsi alla novella, e non al romanzo. Un film come questo Sole Ingannatore è
un buon esempio per svolgere un’argomentazione del genere. E il discorso potrebbe allargarsi al tema degli specifici artistici, alla distinzione delle arti, delle
poetiche, alla funzione della critica...
- S.: Già, la critica. Hai visto che pareri circolano sui giornali, a proposito di
questo film?
- A.: Sì e no. Non è che mi interessi gran che...
- S.: Eppure, forse, vale la pena di tenere presente che per alcuni Sole Ingannatore è un «bellissimo film […] Senza una forzatura, un’annotazione di troppo»
(Francesco Bolzoni, su Avvenire); «bello e importante» (Giovanna Grassi, sul
Corriere della sera); e Michalkov, «è un grande narratore, forte, profondo, affascinante» (Lietta Tornabuoni, su La Stampa) ecc. Per altri, le forzature ci sono:
«qualche autoindulgenza», come nota la stessa Tornabuoni; e «qualche eccessi-
294
Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione
vo indugio sul ruolo della piccola figlia di Kotov, cui si concedono fin troppe
moine (ma si tratta di amor paterno: la bambina è la figlia di Michalkov), e su
qualche caratterizzazione di maniera» (Vito Attolini, su La Gazzetta del Mezzogiorno). Tanto per esemplificare.
- A.: Può bastare, direi.
- S.: Certo che sì. Soltanto vorrei segnalarti, se ti fosse sfuggita, l’opportuna
pedanteria di Tullio Kezich sul Corriere della sera del 17 dicembre u.s., che gli fa
scrivere: «Nessuno vieta di far ammazzare un personaggio immaginario in un
modo qualsiasi ma la data del 12 agosto 1936 scelta da Nikita Michalkov in Sole
Ingannatore per andare incontro al plotone d’esecuzione nella divisa del colonnello Kotov si direbbe proprio sbagliata. Il procedimento contro Zinov’ev e altri
quindici presunti congiurati antistalinisti, che inaugurò il biennio sanguinoso
dei processi di Mosca, si apri infatti solo il 19 agosto e si concluse pochi giorni
dopo con il massacro legalizzato di tutti i “colpevoli innocenti”. A tale evento si
riferisce il film quando dal titolo della Pravda fa leggere (in anticipo di un paio
di settimane sulla realtà storica?) l’asserzione dell’accusatore Vyšinskij: “La confessione è fonte di giustizia” […]».
- A.: Un altro spunto su cinema e insegnamento della storia, non ti pare?
- S.: Certamente. Al quale aggiungerei sia l’attuale voglia, confessata da Michalkov quando è stato a Roma in dicembre, di «non condannare né giustificare
nessuno […] è troppo facile parlare con il senno di poi. Gli errori sono stati
commessi da una parte e dall’altra, l’importante è non dimenticare». Comodo,
no?
- A.: È l’ambiguità dell’autore, di cui ti dicevo prima.
- S.: Sì, la flessibilità: dal Sole Ingannatore, con la “I” maiuscola, alla notte di
hegeliana memoria, in cui tutte le vacche sono nere...
- A.: E senza dimenticare Čechov, nell’adattamento ai tempi.
- S.: Già. Tanto è vero che Michalkov sta ora preparando un nuovo film, dal
titolo Ricordando Čechov, e pensando ad un’opera sugli ultimi giorni dei Romanov...
- A.: Un nuovo film, o un vecchio film?
- S.: Aspettiamo di vedere.
Le date e i dati di una vita
- Guido Aristarco nasce a Мantova il 7 ottobre 1918.
- Comincia la sua attività di pubblicista sui fogli del Guf (“Pattuglia”, “Signum”, “Architrave”, “Via Consolare”, “Spettacolo”) e su «La Gazzetta Di
Mantova» e «II Corriere Padano» (al posto di Michelangelo Antonioni).
Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione
295
- Con Gianni Puccini, Francesco Pasinetti (suo primo maestro in fatto di cinema), Domenico Purificato, Мassimo Mida ed altri collabora a «Cinema» (prima serie). E a «Bianco e Nero». Del 1943 è Invito alle immagini (Pattuglia).
- Nel 1946 collabora con Giuseppe De Santis e Carlo Lizzani alla sceneggiatura di uno dei primi film neorealisti Il sole sorge ancora, di Aldo Vergano.
- Ancora negli anni Quaranta incomincia il suo sodalizio con Cesare Zavattini, cui resterà legato praticamente sempre. Nel 1948, dopo le elezioni, viene licenziato dalla radio dove teneva una rubrica.
- Nel 1950 pubblica L’arte del film (Bompiani).
- Del 1951 è Storia delle teoriche del film (Einaudi). Lo stesso anno vince il Premio Pasinetti per gli studi del cinema.
- Primo in Italia, tiene a Мilano un Corso di cultura cinematografica (anno
accademico 1951-52). Dirige «Cinema» (seconda serie).
- Nel 1952 fonda la rivista «Cinema Nuovo», che dirige fino al 1996.
- Nel 1953 vince la Penna Doro per la critica cinematografica.
- Con Piero Calamandrei e Renzo Renzi, nel 1954, scrive Dall'Arcadia a Peschiera (Laterza). L’anno prima era stato arrestato e processato, con lo stesso
Renzi, per aver pubblicato su «Cinema Nuovo» un soggetto considerato “antipatriottico”, L'armata S'agapo', in cui venivano denunciate le atrocità della guerra italiana in Grecia.
- Sempre negli anni Cinquanta, e successivamente, scrive su importanti riviste straniere, quali «Film-culture» (New York), «Positiv» e «La Revue du Cinéma» (Parigi), «Кino» (Praga), «Filmska Cultura» (Zagabria) ecc. Collabora
quindi con vari editori (Einaudi, ed altri), dirigendo collane di studi cinematografici: e facendo conoscere in Italia autori importanti come Siegfried Krakauer,
Rudolf Arnheim, Paul Rotha, Richard Griffith, Nikolaj Lébedev, John Howard
Lawson, ecc.
- Nuovo corso di cultura cinematografica presso l’Università di Milano,
nell’anno accademico 1958-59.
- Del 1960 è la seconda edizione della Storia della teoriche del film. Pubblica inoltre: Esperienza culturale ed esperienza originale in Luchino Visconti, in Rocco e i
suoi Fratelli (Cappelli).
- Nel 1961 ricorre il Premio Città di Cattolica, per il miglior contributo alla
saggistica cinematografica. Dello stesso anno è Cinema italiano 1960. Romanzo e
antiromanzo (II Saggiatore), che si lega ad un significativo saggio su Rocco e i suoi
fratelli di Luchino Visconti, ad uno studio su Miti e realtà nel cinema italiano ecc.
- Nel 1962 pubblica Il mestiere del critico (Schede dei più importanti film italiani e stranieri: 1958 - 1961). (Мursia).
- Del 1963 è una nuova edizione di Storia delle teoriche del film (Einaudi).
296
Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione
- II dissolvimento della ragione. Discorso sul cinema, con una Introduzione di
György Lukács (Feltrinelli), è del 1965.
- Nel 1969 vince con Luigi Chiarini la Cattedra di Storia e critica del cinema.
- Nel 1973 pubblica i Taccuini di Aleksandr Dovženko, seguiti da Problemi di
drammaturgia cinematografica (estratti) (Quaderni di «Cinema Nuovo», nei tipi
del Sansoni). Intanto insegna a Torino.
- Del 1975 è un’antologia di «Cinema Nuovo» 1952-1958 (Guaraldi).
- Del 1978 è Sotto il segno dello scorpione. Il cinema dei fratelli Taviani. Con un
saggio sul film di Valentino Orsini “I dannati della terra” (D’Anna).
- Del 1979, Marx, il cinema e la critica del film, con Introduzione di György Lukàcs (Feltrinelli). Dello stesso anno: Teorici del film da Tille id Arnheim. Testi scelti
da Guido Aristarco (Celid).
- Del 1980, Neorealismo e nuova critica cinematografica (Nuova Guaraldi).
- Del 1981, Sciolti dal giuramento. Il dibattito critico-ideologico sul cinema degli
anni Cinquanta (Dedalo). Presso quest’ultimo editore, Erige intanto la collana
«Ombra sonora» (oltre trenta titoli fino al `96).
- Del 1983 è Il mito dell'attore. Come l'industria della star produce il sex symbol
(Dedalo).
- Del 1984, L'utopia cinematografica (Sellerio). Viene chiamato ad insegnare
nell’Università di Roma «La Sapienza».
- Nel 1985, con Teresa Aristarco, cura “Il nuovo mondo dell'immagine elettronica” (Dedalo).
- Dal 1987 è membro dell’Accademia dei Lincei.
- Del 1988 è I sussurri e le grida. Dieci letture critiche di film. Prefazione di Giulio Carlo Argan (Sellerio). Ancora dell’88, Su Antonioni. Materiali per un'analisi
critica (La Zattera di Babele).
- Del 1992, Il cinema. Verso il centenario, curato con Teresa Aristarco (Dedalo).
- Del 1996, Il cinema fascista. II prima e il dopo (Dedalo). Мuore l’11 settembre,
a Roma.
- Le opere di Guido Aristarco sono tradotte da alcuni decenni in varie lingue
non solo europee.
A cura di Daria Siciliani de Cumis
SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA
FACOLTÀ DI FILOSOFIA
CORSO DI LAUREA FILOSOFIA
ELABORATO DI LAUREA IN PEDAGOGIA GENERALE
Laureanda
Michela Chiara Borghese
Relatore
Chiar.mo prof.
Nicola Siciliani de Cumis
Matricola
983177
Correlatore
Chiar.mo prof.
Franco Ferrarotti
“A prua, verso il divenire”
Giorni. Un pianoforte e tutte le sue “corde”
Anno Accademico
2011-2012
298
“A prua verso il divenire” – Giorni. Un pianoforte e tutte le sue “corde”
Martedì 7 giugno 2011
http://www.youtube.com/watch?v=HbOIBdweLQk&feature=
Oggi ho fatto l’esame di Pedagogia generale. Ѐ andata molto bene: 30
e lode!!
Parlando del Poema pedagogico col professor Siciliani e col professor
Sanzo è emersa la possibilità di scrivere sulla musica nel Poema. Non solo. Ma di affidare a delle musiche, scelte da me, il “commento” o la “descrizione” di alcuni passi dello stesso: brani di qualsiasi genere che ritengo essere adatti al momento descritto, per atmosfera, ritmo della narrazione, per ciò che può evocare...
Il tutto mi “stuzzica”... per l’abitudine che ho di ascoltare musica praticamente in ogni momento, eccetto quando sono io ad eseguirla! Quando leggo libri, poi, i brani musicali... li “scelgo” a seconda dell’atmosfera
e momento descritto nel testo, perché la sensazione “udita” sia in accordo
con quella “visiva”, letta; musica quando scrivo, mangio, guido... Sempre la ascolto, vivendo anche un pò l’intolleranza di chi mi è vicino. E
leggendo Makarenko, per il Poema ho “voluto” La danza di Rossini trascritta ed eseguita dal virtuoso, ma non solo, pianista Marc-André Hamelin (http://www.youtube.com /watch ?v=D5j7 razDIFA&feature), nel
capitolo Il teatro, per esempio; oppure nella parte conclusiva, nell’ultimo
capitolo, Epilogo, la colonna sonora di Mission, Gabriel's oboe and The Falls
di Ennio Morricone, interpretato dal grandissimo violoncellista Yo-Yo
Ma (http://www.youtube.com/ watch?v=XISBJ-MJ0HI), pezzo evocativo
e di grande enfasi...
Evocativo...
Ricordo che la prima volta che lessi il Poema, credo fosse dicembre
scorso, arrivata proprio alla fine nel punto in cui Anton passa “in rassegna” i suoi ragazzi... cercavo ansiosamente il nome di Lapot’. Non ne ho
saputo nulla e questo mi rattristò a tal punto da sperare nella seconda
lettura del Poema, quasi a dirmi “...mi sarà sfuggito! Così tanti personaggi! Sicuramente l’ho letto ma non lo ricordo!!”
Anche nelle letture che seguirono alla prima, però, non seppi che fine
avesse fatto Lapot’, un personaggio importante per me, per il ruolo che
ricopriva e per la capacità che aveva di sdrammatizzare.
Così importante da vivere con lui quello che mi capita con alcuni
compositori: quelli che ritengo efficaci e nelle mie corde, spesso mi chiedo che risata avessero, come ridevano, se di pancia, di gola, in acuto o
grave... Beh, la risata di Lapot’ ho la sensazione di conoscerla, di averla
sentita, da lontano, ma di sapere com’era. Tale era, infatti, l’intesa che
“A prua verso il divenire” – Giorni. Un pianoforte e tutte le sue “corde”
299
avevo trovato con lui che quasi ne anticipavo le battute e credo che questo “conoscendolo” lo avrebbe “divertito”!
Poco prima di uscire dalla stanza, il professore mi ha dato un articolo
di Tiziana Pangrazi dal titolo L’udibilità nel Poema di Makarenko che leggerò prestissimo!
Capitolo dodicesimo
Suoni, movimenti e visioni
12.1. Marzia Castiglione Humani*
Il teatro e l'handicap nell’ottica di Makarenko
Fino ad ora abbiamo visto come il teatro viene usato per il recupero
di handicap mentale e fisico, ma nel Poema pedagogico troviamo un'altra
forma di handicap, quello dei ragazzi moralmente degenerati.
Il libro è diviso in tre parti. Nella prima parte viene descritta come è
nata questa impresa pedagogica, le difficoltà, i dubbi e anche le incertezze dell’autore sui metodi pedagogici che fossero più appropriati nel dare
una impronta formativa ai giovani coloniali, incertezze anche sulla modalità più adeguata di riabilitazione psicologica e morale, che poi si
chiamerà comune, come in quel momento il partito dei Soviet chiedeva:
fare l’uomo nuovo che fosse cioè il modello dell’evoluzione comunista
integrale, socialmente protagonista del proprio destino e della storia della nazione.
Nel settembre del 1920 il direttore dell’Ufficio provinciale per
l’istruzione popolare affidò a Makarenko una colonia di ragazzi sbandati
e abbandonati, situata a pochi chilometri da Poltava, allo scopo di formare “l’uomo nuovo”, soggetti che Makarenko definisce handicappati
morali, cioè ragazzi privi di valori etici.
Makarenko in Il mestiere di genitore ci spiega che gli «uomini educati
senza l’amore dei genitori sono spesso dei mutilati». Questi ragazzi sono
degli handicappati morali, termine che indica una particolare situazione
di svantaggio sociale, i ragazzi sopravvivevano rubando e la loro situazione economica disastrosa probabilmente era la causa delle loro azioni
negative:
Questi ragazzi non erano affatto degli idioti, erano dei comuni ragazzi che il
destino aveva gettato in una situazione incredibilmente stupida: da una parte
erano stati privati di tutti i vantaggi dello sviluppo umano, dall’altra erano stati
strappati dalle positive condizioni di una lotta primordiale per la sopravviven-
*
M. CASTIGLIONE HUMANI, Teatro e diverse abilità. A. A. 2006-2007, pp. 69-73.
302
Il teatro e l’handycap nell’ottica di Makarenko
za stessa con quel quotidiano piatto di minestra, magari cattiva, ma per lo meno
garantita1.
I ragazzi affidati alla colonia “Gor’kij” appartenevano, infatti, a due
tipi di “trasgressori della legge”: quelli che «solo da poco avevano abbandonato le case paterne», spinti dalla fame o dal desiderio di ribellione ed evasione, come nel caso di Beluchin e Anton Bratčenko, e quelli
“senza tutela”, i besprizornye orfani derivanti dalla guerra civile da poco
conclusa.
La maggior parte dei nostri ragazzi proveniva da famiglie e solo da poco avevano abbandonato le case paterne. I membri della nostra colonia erano mediamente personalità con caratteristiche molto sviluppate, ma con un bagaglio
culturale assai limitato. Ed erano proprio così quelli che mandavano nella nostra colonia, riservata appunto agli elementi di difficile rieducazione. La stragrande maggioranza di essi era scarsamente istruita o del tutto analfabeta. Quasi tutti erano abituati alla sporcizia ed ai pidocchi e, nei rapporti con le altre
persone, avevano imparato a sviluppare un atteggiamento di costante difesa,
spesso minaccioso, una posa di eroismo primitivo2.
L’obiettivo che Makarenko si proponeva di perseguire con il suo costante impegno educativo era quello di formare l’uomo nuovo, lo stereotipo dell’uomo comunista, attraverso metodi sperimentali, dal sapore
innovativo, che andava oltre, il semplice fatto di fornire una adeguata
istruzione a questi ragazzi, o educarli ad apprendere un mestiere. Occorreva trasmettere loro, nuovi abiti morali, nuovi valori, un uomo maturo
e responsabile disposto a lottare, senza mai arrendersi davanti alle numerose avversità della vita, in un domani che li vedrà forti, determinati
ed invincibili, padroni di se stessi, esattamente come veniva prefigurato,
dall’educazione sociale.
Dopo un momento iniziale di difficoltà economiche, con il passare del
tempo le condizioni della colonia migliorano grazie alla produzione agricola ed al lavoro artigianale. Tra i ragazzi della colonia iniziò a crescere l’interesse per una vita culturale, in modo particolare, sotto la spinta
di Makarenko, si dedicarono al teatro.
Inizialmente ci furono dei problemi oggettivi, ad esempio il luogo
non riscaldato, il materiale molto costoso che non veniva risarcito poiché
i biglietti d’ingresso erano gratuiti, ma grazie alla tenacia e
all’entusiasmo di questi ottanta ragazzi il teatro andò avanti diventando
sempre più una cosa seria. Lo stesso Makarenko sosteneva: «Davo molta
Il teatro e l’handycap nell’ottica di Makarenko
303
importanza al teatro, perché grazie ad esso il linguaggio dei ragazzi era
molto migliorato ed i loro orizzonti in generale si erano molto ampliati»3.
Era un divertimento che la gente dei villaggi si aspettava di trovare
settimana dopo settimana.
Venivano rappresentate commedie con spartiti più o meno conosciuti; a volte facevano parte della letteratura classica russa, ad esempio Gogol; altre volte le commedie avevano un significato politico, per promuovere un certo tipo di cultura.
Provavamo ogni giorno e provavamo l’intera rappresentazione. In complesso
non ci restava nemmeno il tempo sufficiente per dormire. Bisogna notare che molti
dei nostri attori ancora non erano in grado di muoversi sulla scena e che quindi dovevano imparare a memoria intere sequenze di movimenti, a cominciare da ogni
movimento delle mani o dei piedi, dalla posizione della testa, dallo sguardo, dal
modo di voltarsi. Insistevo più che altro su questo, perché sapevo che per il testo
avrebbe supplito il suggeritore. Per il sabato sera il lavoro veniva considerato pronto4.
Così la colonia “Gor’kij” iniziò ad essere sempre più conosciuta. Ogni
tanto Makarenko andava in città a parlare con i responsabili
dell’istituzione per far conoscere il lavoro della sua colonia, stabilendo
dei contatti per promuovere l’educazione popolare. Alcuni responsabili
diventarono amici di Makarenko e apprezzarono il suo operato; ma altri
conservavano diffidenze verso i suoi modi poco ortodossi.
Il messaggio pedagogico trasmesso da Makarenko è basato sul lavoro
e la disciplina, che deve essere cosciente, e dunque la legge deve essere
compresa ed interiorizzata. La sua organizzazione è di tipo paramilitare:
c’è una squadra con quattro trombe, otto tamburi e la bandiera, cosicché
questi ragazzi marciavano quando si recavano in paese o in città. I principi a cui Makarenko fa riferimento sono il lavoro, la laicità assoluta, la
disciplina, l’organizzazione, la distinzione dei ruoli, lo spirito paramilitare e l’ emulazione tra loro, sempre nella legalità, la lotta contro lo sfruttamento del lavoro e contro l’alcolismo.
Il Poema pedagogico illustra come dal niente, o comunque dalle rovine
delle cinque abitazioni destinate a Makarenko e ai suoi ragazzi, è possibile costruire una comunità organizzata. Così da ragazzi definiti “degenerati” può nascere un “nuovo uomo”.
Il pedagogo è riuscito a vedere le potenzialità insite in questi ragazzi
“moralmente deficienti” ed è riuscito a sfruttarle nel modo migliore; per
304
Il teatro e l’handycap nell’ottica di Makarenko
fare ciò si è servito di strumenti validi come il collettivo, già esaminato
in precedenza, il senso di responsabilità, la disciplina, l’educazione mista, l’istituzione di turni e reparti misti per l’organizzazione del lavoro,
un lavoro soprattutto manuale con la falegnameria, l’officina e naturalmente l’agricoltura.
Idea centrale della prassi pedagogica di Makarenko è rappresentata
dall’importanza del collettivo, per cui la colonia era una struttura organizzata in grado di assumere le caratteristiche di una vera famiglia, una
specie di "società in miniatura”, un gruppo di lavoratori uniti da un fine
unitario. Alcune caratteristiche particolari erano: la vita in collegialità, la
convivenza di educatori, ragazzi e personale esecutivo ed amministrativo, l’organizzazione in reparti e gruppi di lavoro, l’autosufficienza economica, l’auto-amministrazione. Considerando l’importanza del collettivo, ne derivava che l’intervento pedagogico sul singolo individuo riguarda sempre il coinvolgimento dell’intero gruppo.
Questa “cellula sovietica” [il collettivo della colonia Gor’kij] era sufficientemente allargata da poter essere rappresentativa del collettivo “globale” e abbastanza piccola da poter far sentire immediatamente al singolo la responsabilità
delle sue azioni. Questa era sentita contemporaneamente come corresponsabilità
in quanto, nel bene e nel male, le conseguenze di ogni comportamento singolo
ricadevano su tutto il reparto5.
Pertanto quello che Makarenko propone è un modello pedagogico
volto ad aiutare ragazzi moralmente svantaggiati attraverso il sano lavoro, l’impegno, il rispetto reciproco e la condivisione e nel far ciò, già in
quegli anni, è ricorso ad un strumento di grande valore educativo, il teatro. L’esperienza di Makarenko è stata esemplare: anche le persone con
alcuni disagi psicologici e sociali possono approdare al mondo teatrale e
trarne benefici, proprio come le persone definite “normodotate”. Dopo
aver analizzato il metodo di Makarenko, mi colpisce il fatto che in un
paese molto diverso dal mio, in un momento storico diverso da quello
attuale, le tecniche usate per preparare un’attore non professionista,
l’impegno e l’entusiasmo sono gli stessi che si ritrovano nei moderni
corsi di teatro sia per persone normodotate sia per persone con “diverse
abilità”. Secondo me in questo sta la bellezza e l’attualità sia del metodo
pedagogico di Makarenko sia di tutto il suo Poema.
Per Makarenko l’età migliore per iniziare a fare teatro è quella adolescenziale, in cui non si è né troppo maturi, né troppo infantili ed è forse
Il teatro e l’handycap nell’ottica di Makarenko
305
il momento migliore per mettersi in discussione, per crescere. È una concezione che ho maturato anch’io nel corso della mia esperienza teatrale.
12.2. Emanuela Figlioli*
La musicalità nel Poema pedagogico
Nel Poema pedagogico di Anton Makarenko è rintracciabile la sua musicalità. È un opera in cui si narra la storia di ragazzi abbandonati e orfani, i cosiddetti besprizorniki, che entrano a far parte della colonia, affidata a Makarenko, nel periodo della rivoluzione d’ottobre in Russia.
Nel secondo capitolo della seconda parte viene affrontata più dettagliatamente la vicenda di questa opera e viene vista sotto il punto di vista della meraviglia, ora ci limiteremo a parlare dei suoni, della musica
presente nel romanzo. Questa musicalità è in tutto il romanzo, è caratterizzata dai suoni emanati dall’ambiente in cui si svolge la narrazione,
dai personaggi, dalla loro voce, dai loro gesti come quando emettono un
riso o un pianto, dai suoni emessi dal collettivo e dalle marce; soprattutto dai canti di Karabanov e dalla melodia del gopak. Tiziana Pangrazi a
riguardo scrive:
il vocabolario acustico - sonoro di Makarenko quantitativamente e qualitativamente rilevante, la differenziazione dei suoni in base alla loro origine e alla loro
funzione pratica, l’amplificazione delle idee e dei contenuti che il testo contiene
per mezzo dei suoni. Allora sembra possibile pensare ad un ruolo complesso
della dimensione dell’udibilità nel Poema, udibilità rivelatrice dello spirito della
colonia6.
In tutto il romanzo sono presenti elementi sonori - musicali;
dall’ambiente in cui è situata la colonia, il suo paesaggio circostante, dalle voci, risate e dai mestieri che svolgono i colonisti. Soprattutto le risate
come anche le grida dei ragazzi le ritroviamo in tutto il Poema, infatti citandone alcune troviamo: le risate di Karabanov, di Zadorov, di Burun,
le grida e le urla di Beluchin, di Tos’ka…
«Soroka agita la frusta su Nibbio, mentre i ragazzi sghignazzano e
Karabanov dietro un cespuglio si torce dalle risate. Ride persino Anton7».
*
E. FIGLIOLI, «Quando i bambini fanno ooh... ». Una canzone e la sua “pedagogia”.
A. A. 2005-2006, pp. 46-49.
306
Il teatro e l’handycap nell’ottica di Makarenko
Alla festa, dopo il primo momento di solennità, Černenco stesso montò sulla
mietitrice e cominciò a girare sui campi. Karabanov si torceva dal ridere e gridava a tutto spiano: - Si riconosce subito lo stile del padrone8.
«L’amministratore della RKI lasciò cadere il cucchiaio e drizzò le orecchie con aria inquieta. Karabanov scoppiò a ridere nascose la testa
sotto il tavolo»9.
«Beluchin sconcertato, tornò alla colonia e si mise a urlare nel dormitorio»10.
Oltre alle risate e ai pianti dei ragazzi, i personaggi attraverso la loro
voce emettono dei suoni, ognuno con il proprio tono; ad esempio: «Tra i
cespugli dell’ex giardino risuona una risata di Olja Voronova e le risponde la pungente voce baritonale di Burun»11.
O ancora, la voce rauca di Korotkov e quella da basso di Zainovij Ivanovič Bucaj: «Zainovij Inovanovič Bucaj ci sorprese per alcune sue
spiccatissime qualità. Era magro come un chiodo, nero come il carbone e
parlava con una voce talmente da basso che pareva che articolasse con le
caviglie, e quasi non lo si capiva»12.
«Lui si voltò verso la danza, poi si costrinse a guardarmi ancora e avrebbe voluto parlare allegramente, ma la voce gli uscì di nuovo rauca
[…]»13.
Inoltre, la musicalità la si può rintracciare anche nelle tematiche sviluppate all’interno dell’opera, come collettivo, crescita, rotazione, prospettiva, disciplina, reparto misto… Soprattutto il collettivo si identifica
attraverso le assemblee, che sono delle vere e proprie orchestre, Pangrazi
scrive:
grazie a questo dialogare tutti i coloristi sono variamente ora l’individuo ora il
collettivo, ponendosi come portatori di “significativa sonora”, definendo il
campo delle relazioni sonore in cui loro stessi agiscono creando il loro vero e
proprio ambiente sonoro. Le assemblee sono questa specie di esecuzioni in fieri
e la dialocità uno – tutti ne è il segreto14.
In più a provocare altri suoni ci sono gli scoppi, della legna che arde,
della seminatrice, della frusta, della locomotiva, il rumore delle seghe
ecc. Questi rumori, testimoniano la presenza della sonorità nel romanzo,
ma testimoniano anche la crescita, la trasformazione, in quanto da una
società agricola si stava arrivando a quella industriale. Makarenko narra:
Il teatro e l’handycap nell’ottica di Makarenko
307
«Giunti alla svolta della colonia per un pelo non ci scontrammo con la
seminatrice, che avanzava di volata con uno strano rumore di ferraglia»15.
Ma la vera sonorità, musicalità è data da due elementi; dalle trombe,
dai tamburi usati dai ragazzi, che rispecchiano la disciplina, l’ordine:
«Nei giorni delle feste proletarie la colonia entrava in città al suono dei
suoi tamburi e stupiva i cittadini e i pedagoghi più sensibili per la sua
armonia, la ferrea disciplina e per l’originalità dei suoi atteggiamenti»16.
... e dalle vere e proprie canzoni cantate da Karabanov: «Ivan, il bel
giovanotto taciturno e ben curato, attaccò Splende la luna, mentre Karabanov si piegava fin sotto la panca dal ridere […]»17.
Karabanov intonava diverse canzoni. Queste venivano intonate durante il lavoro, come: «Sulla scena un gruppo di ragazzi smonta dei tavolacci, e qualcuno canterella S’alza tramonta il sole…»18.
«A un tratto Karabanov intonò ostentamente, a tutta voce:
Chinati un poco, fiorellino
Vieni cosacco, vieni vicino»19.
O ancora:
«[… i suoi amici lo seguono, sempre abbracciati, e intonano a squarciagola:
Da ragazzo quanto ho girato
In lungo e largo per la città»20.
In particolare i ragazzi della colonia cantano in coro L’Internazionale,
l’inno degli operai. Nel canto loro si identificavano soprattutto in questo
testo, Makarenko narra:
«Forse perché in quel momento ogni frase dell’Internazionale era così
vicina alla nostra vita, cantammo l’inno con allegria, sorridendo»21.
Questa canzone racchiude la pedagogia di Makarenko, che attraverso
il collettivo, la rotazione, la prospettiva, il reparto misto, lo stile ha formato l’uomo nuovo, l’uomo comunista. L’Internazionale, fu composta da
un operaio poeta, nel giugno del 1871, Eugène Pottier e fu eseguita in
Francia nel 1888 per la festa dei lavoratori. Per la sua immagine insurrezionale, in molte nazioni era proibita ma nel 1910, a Stoccarda al secondo
Congresso dell’Internazionale dei lavoratori, fu proclamata come l’inno
dei lavoratori. Nel 1902 fu approvata da Lenin, la versione russa, piuttosto fedele al testo francese22.
12.3.
Emanuela Maiore*
Perché la danza a scuola (secondo Nicola Siciliani de Cumis)
La danza a scuola, perché? Intanto, perché la danza è scuola, la danza
è un’educazione, un’attività di formazione. Una sorta di essenziale maieutica, voglio dire, nella crescita individuale e collettiva dei singoli
gruppi, ai vari livelli di età e di scolarizzazione. E, quindi, un esempio,
tra gli altri possibili, di trasmissione e produzione di un importante sapere tecnico, che è antico quanto antica è la storia degli uomini.
Aggiungerei poi, che la danza, come il teatro, la musica, il canto, tutte
le arti, compresa quella particolare «arte del corpo» che è l’educazione
fisica, è già, nella storia, una sorta di naturale e variamente collaudata
materia scolastica. Lo è, per rimanere alla nostra cultura mediterranea,
fin dai tempi della sofistica e di Socrate.
Cito soltanto, a questo proposito, una notazione di Antonio Labriola
su Socrate, a partire dalle testimonianze di Platone, Aristotele, Senofonte, sull’educazione dell’Ateniese:
Imparare a leggere, e recitare poi a memoria le sentenze degli antichi poeti;
assuefarsi alla modulazione ed al canto, che era destinato a formare nell’animo
il senso dell’armonia; esercitare il corpo con la ginnastica, per sviluppare con la
regolarità dei movimenti l’accordo dell’esterno con l’interno, ed il senso dell'euritmo; in questi tre capi consisteva l’educazione dell’Ateniese.
La danza, in altri termini, vi appare assai più che in filigrana. Non si
dice la parola, ma si descrive la «cosa»: cioè la danza, come risultato
dell’intreccio di più discipline; come disciplina, essa stessa, nei due significati della parola «disciplina», come materia virtualmente istituzionalizzata di insegnamento-apprendimento, e come modalità tendenzialmente rigorosa della condotta. Come necessità dell’incontro, a scuola, di disciplinarità e interdisciplinarità, enciclopedismo e specializzazione, quantità e qualità, didattica e ricerca.
Questa la ragione per la quale, personalmente, considererei la danza
come una sorta di piano nobile della pedagogia. Intanto perché, come
genitore e come insegnante sto senz’altro dalla parte di Billy Elliot e non
*
59-65.
E. MAIORE, Handicap e danza. Un'esperienza di tirocinio. A. A. 2005-2006, pp.
310
Perché la danza a scuola (secondo Nicola Siciliani de Cumis)
di suo padre: e perché continuo a commuovermi, tutte le volte che rivedo L’attimo fuggente di Peter Weir…
E, se ci fosse l’opportunità, discorrerei quindi volentieri, autobiograficamente, dell’importanza formativa di quella indimenticabile dedica, Ad
Thersicorem verginesque musas, posta lassù in cima allo schermo-palcoscenico del vecchio cinema-teatro Politeama-Italia di Catanzaro. Il mio
«Cinema Paradiso».
Racconterei pure, nello stesso senso, dei giganti danzerini di Vibo Valentia e, a riguardo, delle mie fantasie di bambino; delle tarantelle e dei
balli lenti e/o movimentati nell’età dello sviluppo; della danza e della
scoperta dell’educazione estetica, al liceo e all’università, tra la teoria
dell’arte, arte della teoria e pratica educativa. E racconterei, ancora in
chiave formativa, del lungo-lunghissimo valzer nel Gattopardo di Luchino Visconti; e dei balli straordinari nel cinema di Gianni Amelio: in Colpire al cuore, in Lamerica, in Così ridevano.
Così come, in quanto genitore, potrei provare a cercare il senso pedagogico effettivo dei dodici anni trascorsi ad accompagnare, aspettare, assistere variamente, fino alla prima e alle repliche del saggio finale, una
figlia aspirante ballerina (quindi architetto). E, come insegnante e ricercatore, tentare di spiegare il perché della gioia dell’incontro con la danza, in un’infinità di situazioni didattiche e scientifiche a scuola,
all’università, all’Accademia Nazionale d’Arte drammatica «S.
D’Amico»: e leggendo e recensendo libri, vedendo e discutendo film. Visitando quindi in Crimea i «campi di avventura» del Centro Internazionale per l’Infanzia di Artek; buttandomi proprio qui ancora una volta
nella mischia in una danza mozzafiato, con il gusto un po’ perverso del
«ciò che si lascia è perduto»; e amoreggiando infine tranquillamente al
computer, con le pagine di questo libro…
Da questo punto di vista anch’io, come i colleghi intervenuti nel convegno di cui per l’appunto si stampano gli atti, sarei del tutto persuaso
del fatto che la danza, come materia educativa specifica, possa essere a
pieno titolo, una peculiare materia educativa, un’effettiva possibilità
d’incontro di pedagogia, scienze e attività della formazione. Una prova
ulteriore, se non ce ne fosse bisogno, dell’importanza dei contenuti e delle forme della trasmissione e della produzione di competenze tecniche
incisive e decisive, nel farsi di una personalità di una personalità, tra
«carattere» e «inclinazioni», «motivazioni» e «interessi», «natura» e «cultura», «mezzi» e «fini», «istruzione» e «educazione».
Basti pensare all’enorme fatica, e insieme alla gioia altrettanto grande
dell’insegnare e dell’apprendere in funzione educativa questa «discipli-
Perché la danza a scuola (secondo Nicola Siciliani de Cumis)
311
na specifica» che, come avverte giustamente Monica Vannucchi nel suo
intervento tra «scuola di danza» e «scuola che danza», consiste nella
possibilità di
guardare alla scuola come a un grande laboratorio dove convivono aspettative e
ideali di giovani vite in attesa di prendere una direzione definitiva; dove entrano in conflitto culture ormai molto diverse fra loro, linguaggi spesso incapaci di
comunicare. Il danzatore, il coreografo che accettano la sfida di questo confronto, trovano improvvisamente a disposizione un’infinita ricchezza di stimoli, di
temi che chiedono di essere trasformati da una parte, in nuove istanze pedagogiche, dall’altra in nuovi motivi compositivi. Ma cosa ancora più importante,
trovano la ragione, quella politica e sociale, del fare arte.
Di qui, conclude la Vannucchi, l’opportunità della collaborazione
«fianco a fianco» di una
pedagogia tradizionale che procede più per analisi e sintesi con una pedagogia,
quella della danza contemporanea, che tende a muoversi per processi associativi, attraverso interventi rapsodici e tappe tematiche, dove le poetiche individuali si trasformano in percorsi di conoscenza di sé e di approfondimento della realtà.
Anche per la danza, del resto, come accade in tutti gli altri possibili
casi di trasmissione e di produzione culturale nella scuola e per la scuola, sono comunque da tenere ben presenti le solite, irrinunciabili questioni di principio. La necessità, intanto, che ad insegnare danza sia chi,
di danza, si intenda davvero, da competente; che però, insegnando a
danzare, non trascuri di occuparsi della personalità degli allievi e d’intervenire psicologicamente nel farsi dell’esperienza didattica e di ricerca.
Né mancherà d’altro canto, chi insegna danza, di intendere sociologicamente le caratteristiche del mondo circostante in trasformazione (del
nostro mondo in ebollizione); né di intervenire metodologicamente, nelle forme e con le tecniche migliori possibili dell’apprendere-insegnare il
movimento. Che è proprio ciò che, secondo Ivana Bigari, offre il miglior
aiuto a educare proprio quel «bambino globale», figlio per l’appunto di
quel «movimento», che è infatti «la prima forma di conoscenza dei bambini piccolissimi», giacché «è con il movimento delle braccia, delle gambe che un neonato accompagna la comunicazione del suo essere: il suo
pianto, il suo sorriso».
312
Perché la danza a scuola (secondo Nicola Siciliani de Cumis)
Vengono in mente in generale, a questo proposito, le posizioni teorico-pratiche di John Dewey, Jean Piaget e di Lev S. Vigotskij; e, in particolare, quelle di Maria Montessori, quando scrive:
È uno degli errori dei tempi moderni il considerare il movimento a sé. Come
distinto dalle funzioni più elevate […]. Osservazioni sui bambini di tutto il
mondo provano che il bimbo sviluppa la propria intelligenza attraverso il movimento; il movimento aiuta lo sviluppo psichico e questo sviluppo si esprime a
sua volta con ulteriore movimento e azione.
Ecco perché il movimento, la danza, secondo Chiara Ossicini, è «materia da vivere e da praticare» sì soggettivamente, ma come «risonanza
transoggettiva. Il movimento, la danza esigono infatti, a loro volta,
uno spazio di pratica artistica, un territorio particolare in cui gli insegnanti, i
bambini o i ragazzi vivono uno scambio sensibile di esperienze di movimento
[…]. La danza a scuola, che non è quindi un intervento pedagogico limitato ad
un apprendimento, può concorrere allo sviluppo di una cultura artistica accanto
alla musica, al teatro, alle arti plastiche. […] È un accesso democratico alla sensibilità estetica.
La danza, allora, è scuola di socialità e di politica, di cultura politica e
di politica culturale, a trecentosessanta gradi. Una sorta di infinita «coreografia» sui generis, senza limiti di spazio, ma storicamente situata nel
tempo. Una pratica intrinsecamente educativa, che mette enciclopedicamente «in circolo» motivazione e interesse, ragione e sentimento, emozione e attenzione, concentrazione e ricreazione, libertà e disciplina,
individualità e collegialità, percorsi di soggettività raggiunte e itinerari
di intersoggettività da costruirsi, formazione linguistica e trasformazione di linguaggi i più diversi, creatività e interpretazione, immediatezza
emotiva e riflessione critica, comunicazione e azioni in comune, dimensioni culturali e aperture interculturali, ipotesi personali di ricerca e esecuzioni collettive, progettualità sociali e decisioni politiche.
Non a caso, quindi, nel libro a cura di Vannucchi, c’è chi ribadisce il
nesso evidente tra formazione nel «senso critico» e «danza»: ed insiste
sul «corpo», come «fonte espressiva e di contatto con l’altro», come «espressione della propria interiorità» e come «vero e proprio laboratorio
del movimento, dove i bambini si sono misurati con le potenzialità, generalmente inespresse» (Francesca Manica e Rebecca Ramponi). La danza, in questo senso, è un vero e proprio «viaggio», ricco di peregrinazio-
Perché la danza a scuola (secondo Nicola Siciliani de Cumis)
313
ni, avventure, prove personali e collettive: un viaggio di formazione, nel
corso del quale il «corpo comunicando […] produce immagini», mettendo «in libertà le tendenze creative soggettive dei bambini» (Elena Orengo). E dei gruppi.
Di qui, l’importanza della proposta (di Chiara Parisi e di altri) di rendere finalmente la danza «materia curricolare» a scuola: come la storia
dell’arte e la musica, il cinema e il teatro; e dunque, come l’italiano, la
matematica, la storia, la geografia, la lingua straniera... Anche perché è
proprio la creatività corporea della danza, la sua plasticità psico-fisica, a
facilitare i rapporti tra le materie della cosiddetta area umanistica e quelle della cosiddetta area scientifica (vedi, a questo proposito, l’intervento
di Stefania Salerno).
Inoltre, la danza ai fini educativi, come straordinaria lingua di segni,
è un formidabile strumento di comunicazione interculturale, planetaria.
E può giovare e non poco, da un lato, nelle relazioni di «senso comune» tra docenti e studenti, artisti, professionisti, cittadini qualsiasi; da un
altro lato, su un altro piano, nell’insegnamento ai bambini con determinate «disabilità». Per esempio i bambini sordi (ancora Parisi).
Può giovare insomma, la danza, anche nel tentativo di fare di necessità virtù, contribuendo per così dire ad attingere una diversa abilità: e a
giovare quindi ai non danzanti, oltre a chi danza.
Proprio come i poeti, i filosofi, gli storici, gli scienziati, gli scrittori, gli
artisti d’ogni genere, gli atleti che s’incontrano a scuola, sul piano della
formazione complessiva della personalità, non possono che giovare a
tutti e a ciascuno (senza che ciascuno e tutti debbano diventare tecnicamente poeta, filosofo, storico, scienziato, scrittore, artista, atleta).
Può giovare per così dire onnilateralmente, stando a ciò che scrive
Friedrich Nietzsche, nel Crepuscolo degli idoli:
La danza, in tutte le sue forme, non può essere esclusa da una nobile educazione: danzare con i piedi, con le idee, con le parole, e devo aggiungere che bisogna essere capaci di danzare con la penna?
E giova interdisciplinarmente, a partire dalla letteratura italiana, visto
che della danza scrivono variamente Guittone d’Arezzo e Jacopone da
Todi, Dante Alighieri, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio, Torquato Tasso e Carlo Goldoni, Giuseppe Parini e Ugo Foscolo, Giovanni Pascoli e Gabriele D’Annunzio, Vincenzo Cardarelli e Massimo Bompetelli,
Diego Valeri e Mario Luzi, ecc. O a partire dalla matematica, visto che
nella scuola italiana di oggi non mancano esperienze anche in tal senso.
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Perché la danza a scuola (secondo Nicola Siciliani de Cumis)
Basta guardarsi intorno, pedagogicamente e antipedagogicamente. E
sentire magari ancora, così facendo, gli echi di quel ballo un po’ speciale
che è il gopak, del quale significativamente, in un luogo strategico decisivo, si racconta nel Poema pedagogico di Anton S. Makarenko:
Borovoj con sufficienza sorrise alla limitatezza coreografica di Karabanov,
pensò un poco, chinò la testa e attaccò a suonare una danza frenetica, ritmata.
Karabanov allargò le braccia e si buttò a ballare accoccolato, come un ossesso. Le ciglia di Nataša sventolarono sul riso infiammato. Senza guardare nessuno, lei avanzò movendo appena la gonna, semplice ma ben stirata, da festa. Semën batté il tacco a terra e si mise a volteggiare intorno a Nataša con un sorriso
sfrontato a un ritmo sempre più frenetico, lanciando tutt’intorno decine di volte
le gambe, agilmente. Nataša alzò le ciglia a guardò Semën con quell’espressione
particolare che si fa solo nel gopak e che tradotta in parole suona così: «Sei carino, ragazzo, e balli bene, ma attento, vacci piano!…».
Borovoj aggiunse un po’ di pepe alla musica, Semën ci aggiunse di suo un
po’ di fuoco e Nataša un po’ di allegria: anche la sua gonna ormai non si limitava più a ondeggiare, ma le vorticava intorno alle ginocchia. I kurjažjani si affrettarono ad allargare il cerchio, asciugandosi i nasi nelle maniche e facendo gran
baccano. Il ritmo e le ondate del gopak poterono così allargarsi maggiormente
nella sala.
Allora in mezzo alla folla spuntarono due braccia che si fecero strada fra la
massa cedevole dei più piccoli e Perec si mise in posa in mezzo alla sala, strizzando l’occhio a Nataša. La tenera e cara Nataša guardò con fierezza Perec, gli
volteggiò sotto il naso con le spalle e ad un tratto gli sorrise in modo franco e
amichevole, come a un compagno, con l’intelligenza di un membro del Kosmosol che tende la mano al compagno.
Perec non poté resistere a quello sguardo. Per lo spazio interminabile di un
secondo si guardò intorno preoccupato, poi esplose, abbattendo dentro di sé
tutte le barriere, fece un salto in aria, scagliò a terra il vecchio berretto e si gettò
nel vortice del gopak. Semën fece lampeggiare i denti, accelerò il ritmo, passando a volo sotto i nasi dei kurjažjani. Perec danzava per conto suo, con mille
smorfie e sorrisi, un ballo sfrontato e poco teppistico.
Io guardavo. Gli occhi socchiusi di Korotkov avevano un’espressione seria,
sfumature impercettibili d’ombra si diffondevano sulla sua fronte e sulla sua
bocca. Tossicchiò. Si guardo intorno e accorgendosi che lo fissavo venne verso
di me. Quando ancora fra noi due c’era qualche persona mi tese la mano e mi
disse rauco:
- Anton Semënovič! Oggi non l’ho ancora salutata.
- Salve, - gli sorrisi, guardandolo negli occhi.
Perché la danza a scuola (secondo Nicola Siciliani de Cumis)
315
Lui si voltò verso la danza, poi si costrinse a guardarmi ancora e avrebbe voluto parlare allegramente, ma la voce gli usci di nuovo rauca:
- Accidenti se ballano, quelle canaglie!…
12.4. Daniela Pianta*
La fotografia di Makarenko
Nella nostra narrazione per immagini cercheremo di mostrare come
Makarenko, nel suo poema pedagogico, cerca di narrare l’esperienza vissuta nell’istituto di rieducazione per ragazzi traviati e abbandonati, illustrando la sua opera almeno da due punti d’osservazione: dal punto di
vista di Makarenko che descrive spesso i suoi personaggi, quasi volesse
rivederli e farli vedere; dal punto di vista di coloro che ai ragazzini del
Poema si sono ispirati, riproducendone l’immagine (disegnatori, fotografi,cineasti ecc.) 23, nell’ultima parte del Poema inoltre viene messo in evidenza, un frammento che fa riferimento alla fabbrica per la produzione
di macchine fotografiche.
Makarenko nel Poema pedagogico, vero e proprio “romanzo d’infanzia”, scrive da letterato e dunque fotografa nella sua scrittura i volti delle
persone, coglie le loro espressioni, gli ambienti in cui vivono, ecc. Fotografa, insomma, con le parole.
Immagine e parola costituiscono un linguaggio, ma la comunicazione
visiva fotografica si riferisce sempre a una realtà specifica determinata in
quel momento e che può essere trasformata, ma che comunque esiste
all’origine della produzione. L’immagine ha una sua valenza diversa da
quella che la frase verbale può assumere ed è chiaro che esistono differenze profonde e sostanziali tra la comunicazione verbale e quella visiva.
La fotografia dunque è un linguaggio e in quanto tale comunica. Si
potrebbe dire che, in un certo senso, la fotografia parla. Se osserviamo
delle immagini non c’è bisogno di commentarle perché si esprimono da
sole; si presentano ai nostri occhi come immagini vive, piene di particolari, con contorni chiari, precisi, che assumono un determinato significato.
Ci sono delle immagini che sono quasi mutilate, che non si esprimono
completamente o che danno solo un accenno, queste sono immagini che
mancano di particolari e a cui l’osservatore deve dare un senso.
Makarenko nello scrivere il Poema pedagogico da letterato, fotografa i
volti dei personaggi della colonia di rieducazione “M. Gor’kij”.
*
D. PIANTA, La fotografia. Makarenko tra il visibile e il normato. A. A. 2006-2007,
pp. 13-41.
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La fotografia di Makarenko
Descrive i personaggi in un modo così minuzioso da sembrare un vero fotografo. La descrizione dei bambini è reale, questo porta a mettere
in evidenzia le immagini e qui Makarenko esce fuori e fotografa i veri
protagonisti, descrivendo i loro volti, ma anche le situazioni che lasciano
l’immagine impressa nei nostri occhi.
Frammenti… illustrati
Le fotografie riportate nell’elaborato, possono contenere delle didascalie che fanno riferimento ai frammenti del Poema pedagogico.
Ecco, di seguito, alcuni frammenti del Poema di Makarenko che ci
paiono mostrare delle affinità con il linguaggio fotografico:
Le tracce materiali della vecchia colonia erano ancora più insignificanti. I vicini più prossimi alla colonia avevano trasferito nei loro “depositi”, vale a dire
nelle rimesse oppure nei granai, a braccia o addirittura su carri, tutto ciò che poteva essere considerato bene materiale: attrezzature, dispense, mobili 24.
Il primo trattore nella colonia “Gor’kij” 1927.
Immaginatevi il Pan di Vrubel’, già del tutto calvo, con appena qualche superstite ciuffetto sopra gli orecchi. Togliete al Pan la barba ed acconciategli i baffi alla maniera di un metropolita. Infine infilategli una pipa tra i denti. Ora al
posto del Pan avete ottenuto Kalina Ivanovič Serdjuk. Era un uomo estrema-
La fotografia di Makarenko
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mente complicato per un compito tanto semplice quale la gestione economica di
una colonia giovanile. Aveva alle spalle almeno cinquant’anni di attività nei
campi più svariati25.
Imprecava con lo stesso gusto contro i borghesi, i bolscevichi, i russi, gli ebrei, contro il nostro essere trasandati e contro la precisione tedesca. Ma i suoi
occhi azzurri brillavano di un tale amore per la vita ed era così vivace e ricettivo
che non mi dispiaceva riservargli una piccola parte della mia energia pedagogica26.
M. Gor’kij e A. S Makarenko con colonisti allievi kurjaž 1928.
Di quei piccoli tutti comunque oltre dieci anni, ne avevano una dozzina. Erano tipi svegli, svelti di mano e inverosimilmente sporchi. Arrivavano alla colonia sempre conciati da far pena: scheletriti, scrofolosi e con la scabbia 27.
I ragazzi illustrati, giocano alla morra, ma possono rappresentare i bambini
arrivati nella colonia “Gor’kij".
Nell’inverno del 1922 nella colonia c’erano sei ragazze. A quell’epoca Olja
Voronova si era sviluppata e si era fatta molto bella. […] Sulle ragazze comandava Nastia Nočevnaja. […] Era stata ladra, ricettatrice, aveva dato rifugio ad
un’intera banda […]. La più istruita era Raisa Sokolova e la mandammo alla facoltà operaia di Kiev nell’autunno del 1921 28.
Cortile della seconda colonia (Trepke), accanto all’albero la colonista Nočévnaja.
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La fotografia di Makarenko
In giugno, in un pomeriggio di calura, apparve all’orizzonte un’ intera processione. Quando si fu avvicinata, potemmo distinguere dei particolari sconvolgenti: due contadini ci portarono Opriško e Soroka legati29.
Andavano e venivano gruppi di ragazzi al lavoro, carri con materiale per la
semina, foraggio e viveri, passavano carri presi in affitto al villaggio e carichi di
materiale edilizio, transitava Kalina Ivanovič con un vecchio calesse che era riuscito a stanare chissà dove, galoppava Anton in sella a Belva, facendo prodezze
da cavallerizzo30.
Reparto per l’ammasso del combustibile in primo piano Anton Brátcenko.
Il secondo a destra è Semën Karabanov.
Così nella seconda colonia si era andato formando un collettivo di tono e valore del tutto diversi dal nostro. Era formato da ragazzi meno vivaci, meno attivi e anche meno difficili. Il loro insieme costituiva un collettivo grezzo e informe, risultato di scelte compiute su criteri pedagogici. Le personalità interessanti
c’erano solo per caso, emergevano tra i piccoli che crescevano o sbucavano fuori
all’improvviso fra i novellini. Ma a quell’epoca anche queste non si erano ancora rivelate e si perdevano nella amorfa massa di quelli di Trepke. In genere
«quelli di Trepke» erano una razza che lasciava sempre più demoralizzati me,
gli educatori e gli altri ragazzi. Erano indolenti e sporchi, capaci di indulgere ad
La fotografia di Makarenko
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un peccato mortale come il mendicare. Guardavano sempre con invidia la prima colonia e parlavano con aria misteriosa di quello che in essa si mangiava per
pranzo e per cena, di cosa c’era nella sua dispensa e del perché le stesse cose
non erano state portate anche a loro. Ma di protestare apertamente non erano
capaci e si limitavano a borbottare negli angoli, ingiuriando con astio i nostri
rappresentanti ufficiali31.
Il collettivo della seconda colonia, era formato da ragazzi meno vivaci. Il loro insieme costituiva un collettivo grezzo e informe, risultato di scelte compiute su
criteri pedagogici molto discutibili.
Gli addobbi erano un omaggio del circolo pittorico di Zinovij Ivanovic: da
sottili canne, piantate a sovrastare i tavoli, in punti dove le mani dei ragazzi erano arrivate a fatica e dove invece arrivava facilmente lo sguardo, pendevano
agili ghirlande verdi fatte con ramoscelli di betulla. Sulle tavole, dentro le brocche, spiccavano mazzi di «regina delle nevi»32.
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La fotografia di Makarenko
Festa del primo covone 1925
Finalmente capisco: sono gli ex kurjažiani Si tratta proprio di quella trasfigurazione che abbiamo organizzato nelle ultime due settimane. Facce fresche e lavate, berretti di velluto nuovi sulle teste rasate dei ragazzi. E la cosa più importante e piacevole: nuovi sguardi allegri e fiduciosi, la grazia neonata di uomini
finalmente ben vestiti e liberi dai pidocchi 33.
Tutti i ragazzi erano completamente cambiati e stupendamente sorridenti, al
punto che anche la Džurinskaja aveva un’aria distratta, perché non riusciva a
staccare gli occhi da quelle file di teste pulite, di spalle bianche e di sorrisi 34.
La fotografia di Makarenko
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Gli studenti della colonia “Gor’kij”: Golos, Zadorov, Geogevskij e Veršnev
(da sinistra a destra)
Davanti a un giovane bosco di querce, con la facciata verso Char’kov, era sorta una bella casa grigia di pietra scintillante, accuratamente rifinita. All’interno
c’erano camerate alte e luminose, saloni lussuosi, scale ampie, tendaggi, ritratti.
Tutto era stato fatto con buon gusto, niente a che vedere con lo stile dell’ Istruzione popolare35.
L’edificio di una colonia, dove venivano ospitati i ragazzi.
324
La fotografia di Makarenko
«Dicono che fra i ragazzi abbandonati ce ne sono molti che hanno talenti e
tendenze creative… Dica, avete degli scrittori o dei pittori?» 36.
Nel 1932 qualcuno disse nella comune:
- Fabbricheremo macchine fotografiche!
Lo aveva detto un čekista, rivoluzionario e operaio, né ingegnere né ottico e
nemmeno costruttore di macchine fotografiche. E gli altri čekisti, rivoluzionari e
bolscevichi, dissero:
- Sia, i comunardi fabbricheranno macchine fotografiche!
I ragazzi non si scomposero:
- Macchine fotografiche? Benissimo, le faremo.
Ma centinaia di uomini, ingegneri, ottici,tecnici, dissero:
Macchine fotografiche? Ma cosa dite? Ah, ah!... 37
K. Kuznetsov: I comunardi giovani che svolgono mansioni nel Dzeržinskij comune, l’industria di costruzioni meccaniche (dall’URSS nell’aprile 1934).
12.5. Daniela Scarpetta*
Makarenko e il teatro
[…] mi vergogno un poco ad ammetterlo, ma quasi tutto il nostro tempo libero
lo sacrificavamo alla causa del teatro. Nella seconda colonia eravamo riusciti a
conquistarci un vero teatro. Ѐ difficile descrivere l’entusiasmo che ci prese
quando ottenemmo a nostra completa disposizione la rimessa del mulino38.
Il Poema pedagogico, sia per motivi didattici che scientifici, si è rivelato
essere un ottimo strumento di lavoro tra storiografia e scienza
dell’educazione. È ciò che evidenzia il professore Nicola Siciliani de
Cumis nel suo libro I bambini di Makarenko39, inteso a rappresentare il
tentativo più esplicito per sottolineare i motivi antichi e recenti per cui
rimettere in circolazione il “romanzo di formazione” di Anton Semënovič Makarenko.
L’infanzia abbandonata, i bambini kosovari, kurdi, albanesi, spesso
adulti-bambini come quelli del sogno di “Lamerica” di Gianni Amelio,
tutti i bambini dell’est europeo in fuga dalla propria disperazione, non
costituiscono forse un’occasione di riflessione sull’uomo nuovo e sulle
sue possibilità di crescita?
Non c’è oggi paese della terra che possa dirsi estraneo alla gravità del
fenomeno dell’abbandono dell’infanzia, della tragedia dei “ragazzi di
strada”. Il libro I bambini di Makarenko è la descrizione di un itinerario di
ricerca che ha inizio con una rilettura del Poema pedagogico nella sua andatura sia pedagogica sia antipedagogica. Fa i conti con la necessità del
processo makarenkiano di manipolazione testuale e contestuale, si muove tra fattori culturali, interculturali e dimensioni transculturali. Ciò riconduce ad altre situazioni ed altre proposte d’indagine come quella di
Lev Semenovič Vygotskij ed il disegno infantile, Vygotskij ed il teatro, la
professione rivoluzionaria di Asja Lacis pedagoga teatrale per l’infanzia.
Si ripensa a Walter Benjamin ed al valore pedagogico delle silografie in
bianco e nero in cui il bambino entra nel mondo del linguaggio e della
scrittura.
Benjamin redige un “Programma per un teatro proletario per i bambini” per Lacis, impegnata dopo il 1917 nelle sue attività pedagogico*
D. SCARPETTA, Identità umana identità attoriale nel “sistema” di Stanislavskij. A.
A. 2004-2005, pp. 36-37.
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Makarenko e il teatro
teatrali nella città di Orёl (a Sud di Mosca), dove vivono numerosi bambini abbandonati: i besprizorniki.
Vi è appunto una stretta connessione tra l’antipedagogia di Benjamin
e della Lacis e l’antipedagogia di Makarenko. «Per ridestarli dal loro letargo occorreva un impegno che li coinvolgesse totalmente e riuscisse a
liberare le loro facoltà traumatizzate. E io sapevo quale forza prodigiosa
fosse racchiusa nel gioco teatrale», scrive Lacis affrontando
un’esperienza che sarà anche di Makarenko. Non solo per ciò che concerne il teatro, ma anche più in generale, per il lavoro nella colonia
“Gor’kij”, con il reparto misto e con l’integrazione dei suoi colonisti (ex
besprizorniki) nella società civile e politica, servendosi del teatro e di altre
occasioni.
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SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA
FACOLTÀ DI FILOSOFIA
CORSO DI LAUREA IN
PEDAGOGIA E SCIENZE DELL'EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE
TESI DI LAUREA IN PEDAGOGIA GENERALE
Laureanda
Elisa Condò
Relatore
Chiar.mo prof.
Nicola Siciliani de Cumis
Matricola
983440
Correlatore
dott.
Alessandro Sanzo
IL PROFESSOR MAKARENKO
IN «SLAVIA» 1995-2010
Editrice
Nuova Cultura – Roma
Anno Accademico
2009 – 2010
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Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
Introduzione
Reperire e documentare tutto o quasi tutto di quello che è stato pubblicato su «Slavia» riguardo a Makarenko non è stato un lavoro molto
difficile.
Visitando il sito internet http://www.slavia.it si è potuta effettuare
una ricerca sull’indice cronologico degli articoli della rivista dal 1992 al
2010 proposto da Tania Tomassetti. Non è stato un problema consultare
i fascicoli, perché ne è stata trovata disponibilità nella Biblioteca di Slavistica della Facoltà di Lingue dell’Università degli Studi «La Sapienza» di
Roma, che ha sede presso Villa Mirafiori. Soltanto tre fascicoli non erano
presenti in Biblioteca, il n. 4 del 2005, il n. 1 ed il n. 4 del 2006, ma sono
stati forniti dal professor Nicola Siciliani de Cumis.
La presente ricerca consiste pertanto in un catalogo ragionato e in una
ampia documentazione sulla produzione letteraria di «Slavia» concernenti Makarenko e il suo Poema pedagogico. Sulla base degli articoli pubblicati dal periodico, dopo averli scansionati, ho quindi elaborato: un Indice cronologico, un Indice delle tematiche ricorrenti, un Indice dei nomi, un
Indice dei personaggi presenti nel Poema pedagogico ed un Indice dei titoli delle opere recensite e citate.
Questa struttura permette di cogliere immediatamente l’interesse che
la rivista riserva al pedagogista sovietico e alla sua opera. Vengono così
evidenziati i settori disciplinari relativi agli articoli. Infatti si va
dall’ambito pedagogico a quello didattico, fino ad arrivare a parlare di
cinema ed educazione. Inoltre viene rivolta una particolare attenzione
alle tematiche che lo stesso Makarenko pone come basi per il suo lavoro
pedagogico, come ad esempio il “collettivo” e la formazione dell’“uomo
nuovo”. E vengono analizzate anche le principali tematiche economicofinanziarie come l’economia e la povertà, facendo riferimento al contesto
storico e politico del tempo.
L’Indice cronologico consiste nell’elencazione degli articoli, con l’indicazione dell’autore, del titolo, dell’anno, del numero del fascicolo e delle
pagine.
L’Indice delle tematiche ricorrenti comprende, in ordine alfabetico, una
vasta gamma di tematiche. Accanto ad ogni termine viene indicata la
sua collocazione negli articoli, precisando l’anno, il numero di pubblicazione e il numero delle pagine.
Nell’Indice dei nomi non sono stati inseriti soltanto nomi di autori e di
persone a cui si fa riferimento negli articoli, ma sono presenti anche no-
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
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mi di città, paesi e nomi propri di enti, strutture e istituti. Come
nell’Indice delle tematiche ricorrenti, anche qui viene precisata la collocazione in ordine alfabetico del termine, indicando l’anno, il numero di
pubblicazione e il numero delle pagine.
Per quanto riguarda l’Indice dei personaggi, essi sono stati inseriti in
ordine alfabetico, con l’anno, il numero di pubblicazione e il numero
delle pagine in cui si trovano.
Infine nell’Indice delle opere recensite e citate, sono compresi titoli di
film, libri e riviste, sempre indicando la loro collocazione in «Slavia».
Un’ulteriore ricerca è stata effettuata nel paragrafo 1.7, in cui vengono
riportate tutte le citazioni riguardanti Makarenko presenti nelle ultime
pagine di «Slavia», nella sezione delle rubriche.
1.1. Che cos’è «Slavia»
«Slavia» è una rivista trimestrale di cultura che nella nuova temperie
culturale e politica determinata dal crollo dell’URSS, si è assunta il compito di continuare la lunga esperienza nata nel 1950 con «Rassegna sovietica». Il nuovo periodico cerca di promuovere nuove iniziative per
divulgare e approfondire la conoscenza del patrimonio storico, artistico
e culturale dei Paesi slavi a partire dalla Russia. Oggi, infatti, ancora più
che nel passato, si percepisce la necessità di informare tempestivamente
su una realtà molto frastagliata ed in costante e tumultuosa evoluzione.
La rivista si propone come punto di riferimento e luogo di dibattito e di
supporto delle attività di carattere culturale e scientifico-didattico, dei
russisti e degli slavisti.
«Slavia» è aperta ai contributi e alle ricerche di studiosi ed esperti italiani e stranieri. Vengono pubblicati testi di conferenze, recensioni, resoconti ed atti di convegni, studi e articoli di vario genere, inclusi anche risultati originali delle tesi di laurea in lingue, letterature e culture slave217.
Offre le sue pagine come tribuna di dibattito sui vari aspetti della ricerca e dell’informazione e sull’evoluzione socioeconomica, politica e
storico-culturale della Russia e dei Paesi est-europei218.
La rivista svolge un importante compito di mediazione interculturale:
tra produzioni intellettuali di prima mano e divulgazione scientifica, tra
217
218
Cfr. «Slavia», 1995, n. 3/4, p. 2.
Cfr. «Slavia», 2000, n. 4, p. 20.
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Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
differenti campi disciplinari e possibili convergenze multidisciplinari,
tra i Paesi dell’Europa occidentale e quelli dell’Europa orientale219.
1.2. I Quaderni di «Slavia»
I Quaderni di «Slavia» si propongono di pubblicare i materiali che arrivano con continuità e sovrabbondanza alla rivista; si tratta di pubblicazioni prodotte a margine delle attività editoriali del trimestrale. Questi
testi hanno un carattere monografico che suggerisce la possibilità di sviluppare percorsi monotematici, riproponibili nella forma autonoma. Inoltre svolgono un importante compito di mediazione interculturale,
che attraverso una riflessione critica cerca di raggiungere ulteriori miglioramenti.
I contributi del citato Quaderno di Slavia 1. Italia-URSS/Russia-Italia.
Tra culturologia ed educazione 1984-2001, contribuiscono a dare una spiegazione del processo di apprendimento/insegnamento di aspetti della
cultura italiana-russa-europea in chiave formativa220.
La collaborazione di diversi autori permette la trasformazione della
posizione argomentativa, arricchendola di una competenza critica collettiva, con finalità pedagogiche e antipedagogiche. Sono diversi i profili di
ricerca, ma hanno un unico proposito scientifico-divulgativo: le curiosità
culturali di specifiche questioni su libri, autori e lettori, di tentativi di
innesti storico-critici, con finalità pedagogiche. I contenuti culturologicoeducativi del volume, presentano delle tematiche e delle problematiche
che si inseriscono in un contesto interdisciplinare tra cronaca e storia
delle idee. Il proposito ambizioso di Italia-URSS/Russia-Italia, è quello di
sviluppare studi e ricerche che, pur nella loro unilateralità, si collocano
nel contesto interculturale europeo, ma con gli occhi rivolti a tutto il
mondo.
L’insieme delle pagine, qui assemblate in un disegno unitario, dichiara un ambito di ricerca compatibile con Quaderni di Slavia 1. Oggetto di
questa indagine è Makarenko, che ritroviamo anche nelle pagine del libro. Inoltre, libro e documenti hanno delle caratteristiche comuni: entrambi sono costituiti da testi di vari autori e anche se sono nati originaCfr. N. SICILIANI DE CUMIS, Italia-Urss/Russia-Italia. Tra culturologia ed educazione 1984-2001. Con la collaborazione di V. Cannas, E. Medolla, V. Orsomarso, D.
Scalzo, T. Tomassetti. Quaderni di Slavia /1, Roma, E.S.S. Editorial Service System
S.r.l., 2001.
220 Ivi, p. 8.
219
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
359
riamente da propositi relativamente autonomi, si è riuscita a tracciare
una linea di congiunzione. I capitoli 11 e 12 della prima parte di ItaliaURSS/Russia-Italia, intitolati rispettivamente Makarenko a sessanta anni
dalla morte. Il gioco, le scritture bambine e il banchiere dei poveri e Dewey,
Makarenko e il Poema pedagogico, sono stati pubblicati dalla rivista «Slavia» e quindi appaiono anche in questa indagine. Questo a dimostrazione che esiste una linea continua tra «Slavia», Italia-URSS/Russia-Italia, ed
il seguente dossier.
Il discorso è diverso, invece, per quanto riguarda Quaderni di Slavia 3.
Questo libro è caratterizzato dall’indicizzazione di due periodici: «Rassegna della Stampa sovietica» (1946-1949) e «Rassegna Sovietica» (19501991), presentando così un panorama completo degli articoli pubblicati
dal 1946 al 1991. Gli indici sono proposti innanzitutto come strumento di
lavoro e intendono dare un contributo alla riflessione sulla vicenda passata, sulle prospettive e le forme di una futura ricerca221.
La prima analogia con la seguente indagine si riscontra nel fatto che
la metodologia degli indici non si discosta da quella usata da Tania Tomassetti. Ed è proprio grazie al suo modo di indicizzare ed ai suoi numerosi contributi, che si è potuta effettuare questa ricerca. Perché come
scritto in precedenza, l’indagine è partita dall’analisi dell’indice cronologico degli articoli di «Slavia» curato da Tomassetti che si trova sul sito
internet http://www.slavia.it.
Inoltre i documenti di questo catalogo sono stati raccolti per una finalità analoga a quella degli Indici di «Rassegna della Stampa sovietica» 19461949. Indici di «Rassegna Sovietica» 1950-1991. Infatti, gli articoli saranno
in seguito analizzati per sviluppare degli Indici: cronologico, delle tematiche ricorrenti, dei nomi, dei personaggi e dei titoli delle opere recensite
e citate. Il fine di questo lavoro coincide con quello che si è prefisso
l’autrice dei Quaderni di Slavia 3, valorizzando l’importanza del tipo di
indagine che è l’indice.
1.3. Perché fare un Indice
Se si cerca su un qualsiasi vocabolario la parola Indice, generalmente
si trova la definizione di un «elenco ordinato dei capitoli o delle parti di
T. TOMASSETTI, Indici di «Rassegna della Stampa sovietica» 1946-1949. Indici di
«Rassegna Sovietica» 1950-1991. Prefazione di Giuseppina Monaco, postfazione di
Nicola Siciliani de Cumis. Quaderni di Slavia /3, Roma, E.S.S. Editorial Service
System S.r.l., 2003, p. 9.
221
360
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
un libro per agevolarne la ricerca»222. Ma si può parlare di un Indice e
più specificatamente di “fare un Indice” come “materia specifica”. Per
rendere più chiaro il concetto è bene esplicitare altre definizioni correnti
del termine:
nell’accezione più generica, conformemente all’etimo, definisce ciò che indica,
ciò che serve per indicare (e talvolta compare, nell’uso letterario o poetico con
valore aggettivale); nell’uso comune assume vari significati specifici. In un libro
(per lo più alla fine), serie di indicazioni che si riferiscono alle varie parti del libro stesso o a determinati suoi contenuti, ciascuna con accanto il rimando alla
pagina relativa, così da facilitare la ricerca; il più comune è l’Indice generale, presente in quasi tutti i libri; vi sono segnate le diverse parti del libro (sezioni, capitoli, paragrafi ecc.) ciascuna col suo titolo; Indice analitico, quello nel quale, in
ordine alfabetico, sono elencati i singoli argomenti trattati; Indice delle cose notevoli, dei nomi, delle illustrazioni223.
Ed ancora:
la parte di un libro che reca l’elenco dei capitoli e dei paragrafi in cui esso è
suddiviso, o dei brani, delle illustrazioni ecc. che vi sono contenuti, con
l’indicazione della pagina corrispondente: scorrere, consultare l’indice; indice analitico, dei nomi propri, delle cose notevoli 224.
Questi Indici sono stati realizzati in modo da rendere visibile al primo
impatto, le loro caratteristiche peculiari ed inoltre forniscono un grande
aiuto nella ricerca di base degli operatori (insegnanti, studenti ed altri
diversi tipi di utenti). Nascono espressamente con l’intento della divulgazione di contenuti più o meno tecnici e complessi.
Le iniziative di carattere indicizzatorio risultano preziose per individuare, stimolare e mettere in rilievo delle precise linee di ricerca sulle
tematiche e sui loro possibili rapporti.
Questo tipo di indagine, offre una tecnica didattica ideale per analizzare alcuni concetti presenti in un testo. L’originalità sta proprio nel minimalismo cronachistico e documentale, che lascia involontariamente
più libera l’informazione e quindi consente la formazione di giudizi più
N. ZINGARELLI, lo Zingarelli minore. Vocabolario della lingua italiana, Milano,
Mondolibri S.p.a, su licenza Zanichelli editore S.p.a., 2004.
223 Il Dizionario della lingua italiana, Istituto Geografico De Agostani, Novara, 1995.
224 http://www.sapere.it/dizionari, consultato nel mese di ottobre del 2010.
222
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
361
trasparenti e meno vincolati ideologicamente. Quindi, già negli Indici
troviamo traccia di dibattiti, discussioni e polemiche. Come afferma anche Siciliani:
Si sa infatti che le luci e le ombre di un’indagine, all’origine, dipendono quasi sempre da motivi squisitamente bibliografici. È la bibliografia preesistente
che, in un certo senso, permette di decidere del “prima”, del “durante” e del
“dopo” di una proposta scientifica e della sua incidenza prospettica (o meno)225.
Oltre ai contenuti bibliografici direttamente esplicitati, nel catalogo si
concretizza l’immagine di un laboratorio di ricerca, con la possibilità di
effettuare uno studio sistematico delle materie segnalate, ma senza perdere di vista l’argomento trattato.
L’Indice fornisce una serie di argomenti che appartengono a diversi
linguaggi settoriali: attraverso la selezione e l’individuazione di un corredo di dati importanti e principali di un testo. Grazie all’ampiezza e alla
profondità dell’elenco documentativo, alla cura della datazione e della
periodizzazione, le diverse questioni e problematiche appaiono immediatamente nitide, nei loro termini dialettici.
La consultazione di questo genere di documentazione dovrebbe essere sufficiente allo scopo che si propone l’utente, ma rappresenta solo un
assaggio, uno stimolo che il lettore interessato al tema deve approfondire attraverso letture specifiche. Perché, anche se l’Indice è ampio e ricco
di sfaccettature, ha il solo compito di risparmiare fatica agli utenti e
quindi bisogna provvedere personalmente ad argomentare le tematiche.
L’Indice assume anche una funzione statistica. Perché, consultandolo,
si può rilevare immediatamente in quante pagine compare un determinato termine o un determinato nome.
Si può trarre vantaggio con sicurezza ed immediatezza dalla visione
di questi cataloghi; seguendo questa strada che ci riporta nel passato,
che fa organicamente parte della storia. E che, in quanto tale ci appartiene: ci sollecita dunque, ad intervenire storiograficamente e formativamente nel merito.
La scelta delle informazioni è un aspetto importante che può suscitare
perplessità. Infatti può accadere che un Indice non presenti dei termini
rispetto ad un altro Indice; perché è ovvio che, cambiando il punto di vi225 N. SICILIANI DE CUMIS, in T. TOMASSETTI, Indici di «Rassegna della Stampa sovietica» 1946-1949. Indici di «Rassegna Sovietica» 1950-1991, cit., pp. 440-441.
362
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
sta e scegliendo obiettivi differenti, in lavori di questo genere è facile che
compaiano degli errori. Quindi, a partire dai diversi indicatori attivati, si
possono correggere ed integrare criticamente gli Indici. Perciò è possibile migliorare la qualità “indicativa” e delineare altre prospettive di indagine, cercando di non gettare ombra sugli effettivi sforzi compiuti da chi
ha compilato l’elenco.
In particolare, l’Indice delle tematiche ricorrenti, nella sua essenzialità ed
elasticità, cerca di dare conto delle principali tematiche presenti negli articoli. Il suo obiettivo è quello di rendere immediatamente evidenti i motivi dell’intera ricerca proposta in un determinato volume; cercando di
sollecitare il lettore ad intervenire con osservazioni critiche, integrazioni
ed ulteriori analisi al riguardo.
In conclusione l’Indice si può considerare una risorsa culturale in più:
acquista valore educativo, può diventare non solo veicolo di diverse direzioni di studio, ma anche di ipotesi di ricerca da ampliare ed esplicitare, di percorsi di indagine da costruire e sviluppare, di procedure e metodi da inventare, di novità scientifiche da proporre.
1.4. I settori disciplinari e la nascita della rubrica Didattica
Durante tutta la sua vita, «Slavia» ha dimostrato di avere un particolare interesse per Makarenko e la sua opera. Cercando di divulgare e
approfondire la sua conoscenza, la rivista si è impegnata ad analizzare
tutte le sfaccettature dell’autore, rapportandolo a diversi settori disciplinari.
Il Poema pedagogico oltre ad essere una piacevole lettura, si pone come
occasione di riflessione: può essere preso in considerazione per discussioni e confronti. L’opera grazie alla sua versatilità e vastità di argomenti
e Makarenko grazie alla sua personalità poliedrica di scrittoreeducatore, possono essere inseriti proficuamente non solo in contesti
pedagogici e letterari, ma anche in diversi ambiti che riguardano problematiche attuali. Nonostante gli eventi pedagogici e didattici occupino
più della metà del catalogo, viene dato spazio anche ad altre tematiche
che sono: letteratura, linguistica, cinema, psicologia, filosofia, passato e
presente, ecc.
Pertanto, scorrendo gli indici dell’antologia, un po’ tutti i settori trovano riscontro. Infatti sono molte le sfumature delle materie segnalate
che vengono approfondite e trattate.
Grazie all’accertamento di tutti gli elementi costitutivi, gli indici qui
proposti offrono uno spaccato significativo di tutta la produzione di
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
363
«Slavia». La funzione degli elenchi tematici è quindi quella di dimostrare l’impegno di tutti coloro che hanno contribuito a raccontare di Makarenko e la sua opera attraverso i più svariati canali di ricerca.
Nel numero 3 del 1997 della rivista, Makarenko viene chiamato in
causa in tema di cinema. Viene pubblicato un dialogo tra Nicola Siciliani
de Cumis e Guido Aristarco in cui discutono di cinema ed educazione. A
proposito di questo argomento, non si può non parlare del film sovietico
Il cammino verso la vita di Ekk, la cui trama è appunto la rieducazione dei
besprizornye, i ragazzi abbandonati “senza tutela” vittime della guerra
civile, nelle “comuni di lavoro” ideate da Makarenko. In questo articolo,
si torna indirettamente a parlare di Makarenko e della sua pedagogia; la
formazione del regista avviene nel clima culturale delle “comuni di lavoro” e quindi c’è l’assorbimento di alcuni concetti che sono propri della
pratica educativa makarenkiana.
Il pedagogista e il suo romanzo, sono presenti anche nelle rubriche di
letteratura e di linguistica. Nel secondo volume del 2001, viene fatto un
paragone tra l’opera di Makarenko e quella di Bachtin. A proposito del
“romanzo di formazione”, vengono accostate le tematiche centrali dei
due autori: la “filosofia della prospettiva” come “forza organizzatrice
del futuro”, il “dover essere” e la “possibilità-educabilità dell’uomo”,
l’uomo come “autore” e come “eroe”, i bambini come “autori” e come
“eroi”. Inoltre viene svolta una riflessione sui significati che assumono le
parole “Poema” ed “infanzia”; termini che ricorrono frequentemente in
questi autori e che possono essere intesi in modi differenti.
Altra dimensione in cui ritroviamo Makarenko, è quella storicoeducativa. Trattando argomenti pedagogici attuali, si fa riferimento a situazioni passate e quindi c’è un confronto tra passato e presente. Ad esempio, Sergio Cicatelli nel suo articolo del 1999, pubblicato nel terzo
volume, presenta il libro di Nicola Siciliani de Cumis intitolato Di professione, professore! In queste pagine troviamo tutta l’esperienza formativa
di Siciliani, dalla frequentazione della scuola pedagogica di Aldo Visalberghi, al suo grande impegno nello studio del Poema pedagogico di Makarenko. Dovuto anche e soprattutto alla lezione di Giovanni Mastroianni.
Le esperienze che Siciliani racconta - spiega Cicatelli - sono di vario
tipo e rappresentano contesti diversi: dalle fredde aule di una scuoletta
perduta tra le montagne calabresi, alla lettura scolastica del giornale, fino agli incontri con protagonisti contemporanei come Gianni Amelio e
Italo Calvino. In questo modo Siciliani intende costruire la “scienza” pedagogica, perché i progetti non hanno solo una teorizzazione accademi-
364
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
ca, ma si concretizzano intorno a veri problemi individuali e sociali.
Queste esperienze, non possono essere replicate in situazioni differenti,
ma devono essere filtrate dall’insegnante e valutate come modelli di
possibili azioni didattiche. A questo punto, l’autore si chiede cosa avrebbe pensato Makarenko riguardo a questa teoria pedagogica; secondo la quale l’insegnamento deve proporsi come una forma di ricerca e
sia l’alunno che l’insegnante devono porsi come “scienziati” e le proposte didattiche risulteranno il loro terreno di scambio.
Un argomento diverso, ma in cui troviamo sempre il confronto tra
passato e presente, è quello presentato nell’articolo Un Makarenko a Casal
del Marmo, pubblicato nel numero 4 del 2000. Questo articolo propone
un chiarimento del Verba manent ’99. La Città Invisibile: un piccolo testo
che contiene informazioni storiche, pedagogiche e viene raccontato un
progetto educativo realizzato in collaborazione con l’Istituto penale per
minorenni di Roma «Casal del Marmo». Leggendo questo testo, ti torna
in mente il Poema pedagogico di Makarenko e anche se ci sono delle differenze, ti viene da pensare ai ragazzi della colonia «M. Gor’kij» che si
danno da fare per realizzare degli spettacoli teatrali. Giorgio Spaziani,
direttore artistico, come Makarenko direttore della colonia di rieducazione. Due figure simili che si trovano a vivere in due realtà differenti,
ma allo stesso tempo analoghe. Il loro lavoro non è semplice, perché vivono con dei ragazzi che hanno alle spalle un passato difficile e quindi
devono comprenderne gli umori e aiutarli a superare lo sconforto e la
stanchezza.
Affrontando il tema dell’“abbandono dell’infanzia” e dei “ragazzini
di strada”, nell’articolo intitolato I bambini di Makarenko del numero 3 del
2002, il Poema pedagogico viene visto come documento del suo tempo
(anni Venti-Trenta del secolo scorso) e come documento del nostro tempo (nuovo millennio). L’infanzia abbandonata nei paesi dell’ex Unione
sovietica, si estende oggi nel resto del mondo: Cina, Africa, Medio Oriente, Sud America…
Al giorno d’oggi, le iniziative di Muhammad Yunus e della sua Grameen Bank, sono un esempio lampante di attività di impronta makarenkiana. Per questo ci viene riproposta una lettura del Poema pedagogico;
per stimolare un’altra riflessione che va al di là dello spazio geografico e
del tempo storico che appartengono a Makarenko, cercando di coinvolgere il lettore odierno, sia come storico che come educatore.
Ma principalmente, Makarenko viene preso in esame nelle dimensioni pedagogiche e didattiche. Infatti, di 41 articoli pubblicati che lo riguardano, 31 affrontano esplicitamente il tema della pedagogia e della
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
365
didattica. Dal secondo volume del 2004, la rivista ha dato un ampio spazio a questa dimensione riservandole un’intera rubrica chiamata appunto Didattica.
Questa sezione propone elaborati di laurea, elaborati scritti per gli esami di Pedagogia generale, Terminologia pedagogica e di scienze
dell’educazione ed elaborati scritti per alcuni Laboratori (Pedagogia generale, Makarenko, ecc.).
Riguarda quasi esclusivamente le attività svolte presso la Facoltà di
Filosofia dell’Università di Roma «La Sapienza», nei Corsi di laurea in
Scienze dell’educazione e della formazione e Pedagogia e scienze
dell’educazione e della formazione, ad opera della Cattedra di “Pedagogia generale I”. Si riferisce in particolare al rapporto di un solo docente
con i suoi studenti ed al loro metodo di lavorare nel “circolo” ricercadidattica/didattica-ricerca226.
In questo modo, viene data agli studenti l’opportunità di coniugare la
ricerca e la didattica cercando di favorire la crescita delle competenze, lo
sviluppo della personalità ed un maggior senso critico. La possibilità
concreta di trasformarsi, se lo vogliono, da studenti in studiosi.
Inoltre queste dimensioni, didattica e ricerca, sono ritenute fondamentali, sia per gli interessi scientifici e per i risultati di studio dei docenti, sia per le motivazioni alla ricerca e le effettive indagini svolte dagli
studenti. Tra il docente e gli studenti c’è collaborazione.
Queste pubblicazioni documentano la qualità del lavoro svolto
nell’ambiente universitario da cui l’esperienza didattica e scientifica scaturisce. Sono le basi di altre ricerche, di altre pubblicazioni.
Gli elaborati scritti che risultano, diversi tra loro sia per argomento
(ricerche innovative, approfondimenti, esperienze e competenze di carattere storico-letterario, scientifico-educativo, linguistico-traduttivo, filologico-classico, interculturali), per il tipo di impegno disciplinare, si
completano reciprocamente alla luce della stessa didattica universitaria.
Oltre agli insegnamenti semestrali del docente, si deve molto ai laboratori ed ai seminari di scrittura scientifica che grazie a modalità rigorose
di stesura (griglie editoriali, regole redazionali, tecnologie informatiche)
risultano funzionali all’elaborazione dei testi227.
Il primo saggio in ordine cronologico che riguarda il settore didattico,
si trova nel numero 3/4 dell’anno 1995, inserito appunto nella rubrica
pedagogica. Qui, c’è un primo approccio al Poema pedagogico e alla tecni226
227
N. SICILIANI DE CUMIS, Questa rubrica, in «Slavia», 2010, n. 1, p. 171.
ID., Didattica, in «Slavia», 2008, n. 4, p. 174.
366
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
ca pedagogica makarenkiana. Inoltre c’è un promemoria dei temi e dei
problemi presenti nel Poema e si ripropongono due capitoli dell’opera
che non sono presenti nell’edizione italiana.
Dopo questa prima presentazione, sembra impossibile mettere da
parte Makarenko. Infatti, si torna a parlare di pedagogia con lui
nell’articolo Una prima idea di infanzia nel Poema pedagogico di Anton S.
Makarenko pubblicato nel numero 3 del 2000 della rivista. Viene analizzato il concetto di infanzia (fondamentale per Makarenko differenziare i
vari livelli di età), che è la vera protagonista dell’opera. La “dimensione
infanzia” caratterizza l’intera attività pedagogica/antipedagogica, così si
torna a parlare del suo programma educativo che non si basa su nessuna
teoria, ma si fonda nella pratica. Vengono analizzati tutti i mezzi di cui
si avvale per raggiungere la creazione dell’uomo nuovo. Quindi si passa
dalla fase della “catarsi” a quella della “dimenticanza” e della “novità”,
fino ad arrivare alla nascita della “responsabilità”, attraverso la “prospettiva” e la formazione del “collettivo”.
Nel numero 2 del 2004, ci sono diversi articoli che trattano il tema
della didattica. Il titolare della Prima Cattedra di Pedagogia generale alla
Facoltà di Filosofia dell’Università di Roma «La Sapienza» (Corso di laurea in Scienze dell’educazione e della formazione), presenta il programma del corso per il primo semestre, secondo il nuovo ordinamento.
L’obiettivo del corso è l’acquisizione della terminologia pedagogica
nelle sue dimensioni disciplinari, attraverso il chiarimento e l’approfondimento del significato di alcuni termini. Alla fine del corso, gli studenti devono produrre un testo scritto sulla base della lettura del Poema
pedagogico di Makarenko. Facilitati dalla vastità di argomenti presenti
nell’opera, devono redigere un testo libero, scegliendo una tematica ritenuta significativa.
Si può notare la multidisciplinarità del romanzo, che può essere analizzato da diverse prospettive di studio: settore storico-culturale, pedagogico ed educativo, dimensioni disciplinari teoriche, applicative, scientifiche, telematiche e multimediali.
Per rendere più chiaro questo tipo di lavoro, nel fascicolo sono stati
inseriti i testi degli elaborati scritti di due studenti: il primo ha scelto di
sviluppare la tematica del gioco ed ha intitolato il suo elaborato Il gioco
come strumento educativo. La seconda, ha messo a confronto due traduzioni, inglese e italiana, del Poema pedagogico. Pur rientrando nel campo
della didattica, quest’ultimo elaborato si è inserito nella sfera della filologia e della slavistica. Questo dimostra, ancora una volta, che Makaren-
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
367
ko viene preso in considerazione per interventi che riguardano diverse
attività settoriali.
Altre “tesine” svolte per l’esame di Pedagogia generale con il professor Siciliani de Cumis, sono pubblicate nel terzo volume del 2004. Il tema principale dell’elaborato della studentessa Francesca Romana Nocchi, è il concetto di cura nel romanzo di Makarenko. Una cura intesa non
solo come formazione culturale e dell’uomo nuovo, ma anche cura della
prospettiva, della disciplina, dei valori e quindi una cura che riguarda
tutti gli aspetti della vita collettiva. Mentre lo studente Roberto Toro
svolge un lavoro di ricerca, in funzione didattica, riguardo la dimensione non verbale nella pedagogia di Makarenko. In questa indagine, c’è un
confronto tra il Poema pedagogico e alcune opere di Vygotskij, intrecciando così le attività didattiche e di ricerca pedagogiche, con quelle psicologiche.
Un’altra forma di dimensione didattica è presentata nel primo volume del 2006, in cui Alessandra Stentella scrive ad una sua vecchia insegnante della scuola secondaria. Nella lettera, la studentessa fornisce un
dettagliato riassunto del Poema pedagogico con lo scopo di far appassionare l’insegnante alla lettura del libro, in modo da far conoscere Makarenko ai suoi futuri allievi.
Nei volumi numero 1 del 2007 e 4 del 2008 di «Slavia» vengono pubblicati i risultati di un “Laboratorio autogestito” di Pedagogia generale.
Tutti gli elaborati riguardano Makarenko, ma prendono in considerazione aspetti diversi: Makarenko e il lavoro rieducativo, Makarenko e
Yunus, Makarenko e la disciplina.
Sempre in tema di didattica, nel secondo volume del 2008 Siciliani
pubblica l’elenco dei titoli di tutti gli elaborati di laurea riguardanti Makarenko.
Inoltre vengono pubblicati anche i risultati di alcune tesi di laurea.
Nel numero 4 del 2007 della rivista, si riproducono alcune parti della tesi
di laurea di Chiara Coppeto riguardante l’educazione dell’uomo nuovo
e vengono messe a confronto due grandi personalità come quella di Makarenko e di Gramsci. Di più nella premessa, la studentessa dà delle indicazioni redazionali per la stesura di un elaborato come la tesi di laurea. Mentre nel terzo volume del 2008 viene pubblicata parte della tesi di
laurea di Emanuela Mattia, che affronta il Poema pedagogico come romanzo di formazione.
Ma per raggiungere questo tipo di risultato, sono fondamentali il coinvolgimento e la collaborazione del docente, che deve occuparsi di un
po’ tutte le fasi dell’elaborazione: «dalla ideazione del percorso, che egli
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Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
vuole seguire, alla condivisione della definizione del “campo di indagine”; dal controllo delle modalità di preparazione, fino al raggiungimento dell’ipotetica “dignità di stampa”228».
Un altro obiettivo che si pone il curatore di questa rubrica, è quello di
rendere utile la stessa rubrica per fornire un maggior numero di informazioni
nei limiti del possibile, un qualche confronto di idee tra professori e studenti su
ciò che ciascuno viene facendo nel proprio ambito disciplinare e nei limiti delle
circostanze individuali, collegiali e di contesto nelle quali le singole esperienze
accademiche maturano e si consumano 229.
Ma la rubrica Didattica vorrebbe aprirsi a ben più ampie esperienze di
insegnamento-apprendimento che non riguardano solo il campo universitario, ma anche contesti scolastici (scuole elementari e medie, inferiori
e superiori) ed altri luoghi educativi.
Gli elaborati di cui finora si è parlato, sebbene abbiano elementi comuni, sono diversi tra loro per natura e per consistenza critica; ma ciò
che li unisce è il fatto di essere un mezzo di espressione, uno strumento
che dimostra la crescita intellettuale e l’acquisizione delle forme essenziali della comunicazione scientifica. Risultato di un evento didattico e
scientifico allo stesso tempo; frutto di una tradizione accademica e di un
modo di insegnare e di apprendere230.
In conclusione si può dire che l’intento di Siciliani de Cumis è quello
di mostrare i risultati dei percorsi universitari dei suoi studenti: acquisizione di un certo grado di padronanza, capacità di autocorreggersi e migliorarsi nelle abilità di ragionamento e di scrittura. Ciò che conta è il
miglioramento dei livelli di partenza e la prospettiva di ulteriori miglioramenti “in vista” della materia umana e culturale che si ha di fronte. Il
più alto obiettivo da raggiungere è quindi, il graduale aumento della capacità di critica e autocritica. Secondo Siciliani questo percorso va sostenuto, incoraggiato e se produce frutti, va “premiato” (punizioni e premi
sono ritenuti strumenti fondamentali dell’educazione!). Per questo, grazie alla disponibilità offerta da «Slavia», Siciliani si serve della pagina
228
ID.,
229
ID.,
Didattica, in «Slavia», 2007, n. 2, p. 63.
Un esame di Pedagogia generale secondo il “nuovo ordinamento” universitario,
in «Slavia», 2004, n. 2, p. 114.
230 Cfr., ID., Antonio Labriola e «La Sapienza». Tra testi, contesti, pretesti 2005-2006.
Con la collaborazione di A. SANZO e D. SCALZO, Roma, Nuova Cultura, 2007, p. XIV.
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
369
pubblica per aiutare certi processi di crescita; cercando di incoraggiarli e
dirigerli verso le possibili finalità migliorative.
Nella prospettiva di far diventare la rubrica un terreno di scambio di
informazioni, Siciliani invita i lettori della rivista ad intervenire con osservazioni, integrazioni, critiche ed obiezioni. Quindi si augura di far
contribuire non solo altri colleghi e studenti, ma di coinvolgere anche altre dimensioni formative.
1.5. Introduzione alla nuova edizione del Poema pedagogico
Nel primo volume del 2010 di «Slavia» viene pubblicata l’introduzione di Nicola Siciliani de Cumis alla nuova edizione del Poema pedagogico.
Con questa nuova edizione del testo, l’ateneo romano della «Sapienza» intende offrire un’attenzione maggiore ad Anton Semënovič Makarenko e la sua opera, attirando l’attenzione dei suoi studenti e di tutti gli
interessati alla pedagogia in relazione alla letteratura e, più in generale
alle connesse dimensioni culturali. Il Poema è comunque al centro
dell’attenzione.
[…] Soltanto in questi giorni ho finito la terza parte [del Poema pedagogico] e l’ho
inviata a Gor’kij. Sto ancora lavorando alla ribattitura per l’edizione del singolo
volume. Se sia ben riuscito… lo sa il diavolo!? Mi vengono fatti elogi, ma la mia
impressione è certamente diversa. Vi sono brani che fanno pietà; e poi il problema del finale, che tu ben conosci, non mi pare proprio felicemente risolto
[…]231.
[…] Come puoi vedere dall’allegato che ti invio, sto varando la terza edizione
del Poema pedagogico.
Sto dando l’anima e buttando il sangue per una cosa che mi pare ancora appena all’inizio (eppure sono diciassette anni che ci lavoro tecnicamente).
A. S. MAKARENKO, in Lettere inedite di Makarenko, in «Rassegna Sovietica», luglio-agosto 1976, p. 62. La lettera era stata pubblicata sulla «Literaturnaja gazeta»,
Mosca, n. 14, 7 aprile e quindi tradotta, in parte, da Tilde Bonavoglia. Il testo che se
ne dà ora, con alcune modifiche, è stato rivisto sull’originale russo e in parte integrato: cfr. quindi A. S. MAKARENKO, Sočinenija, vol. 8, Mosca, Pedagogika, 1986, pp.
54-55.
231
370
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
Leggi per piacere la mia introduzione (e gli scritti che la precedono) e fammi
sapere la tua opinione […]232.
Makarenko scrive un “libro sui ragazzi” e Siciliani, con la sua nuova
edizione del Poema, propone un libro fatto con il contributo dei “suoi
studenti”. Questa versione dell’opera è frutto di un’ampia esperienza
pedagogica nata nei primi anni Novanta e tutt’oggi ancora in corso. Dopo aver consciuto il Poema e approfondito i suoi concetti peculiari e le relative finalità pedagogiche e letterarie, Siciliani è riuscito a intrecciare la
sua formazione personale con quella professionale.
È dal 1990 che il romanzo, da me letto e riletto, è diventato oggetto di corsi
universitari, di ricerche e studi monografici, di tesi di laurea, di esercizi di traduzione e ritraduzione, ecc233.
E riguardo al suo primo incontro con il Poema dice
[…] Il libro tuttavia, il Poema, lo avevo probabilmente comperato
nell’impatto con l’Istituto Magistale in Calabria: verso la metà degli anni Settanta, nella versione “economica” in tre volumi degli Editori Riuniti, già Edizioni
Rinascita, traduzione di Leonardo Laghezza, con prefazione di Lucio Lombardo
Radice. Però non ero mai riuscito a leggerlo benché ci avessi provato e riprovato, a più riprese inutilmente. Fino al 1989234.
Dalla Cattedra Siciliani de Cumis ha posto al centro del suo insegnamento, oltre a Labriola, la figura di Makarenko come educatore e scrittore. Grazie anche alla collaborazione di colleghi e di studenti che hanno
contribuito ad affrontare didatticamente, secondo una molteplicità di
punti di vista, l’opera complessa, educativa ed artistica di Makarenko.
Dalla lettura collettiva (studenti e docente) delle edizioni esistenti del
Poema, è nato l’approfondimento di Makarenko e della sua opera. Una
ricerca iniziata con la revisione e il confronto di queste traduzioni e successivamente integrate con la traduzione del testo russo. Quindi attraverso incontri collettivi e individuali tra professore e studenti, attraverso
Da uno scambio epistolare avvenuto tramite e-mail tra Nicola Siciliani de
Cumis e la scrivente, in data 28/06/2009.
233 A. BAGNATO, Makarenko oggi. Educazione e lavoro tra collettivo pedagogico comunità e cooperative sociali, cit., p. 20.
234 Ivi, p. 19.
232
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
371
le lezioni e la preparazione di elaborati scritti per esami e tesi laurea, si è
avuto il contributo di studenti, esperti e collaboratori.
I materiali didattici messi a disposizione per gli studenti, rivisti ogni
volta alla luce dei loro interventi, sono stati di grande aiuto. Spaccati tematici e punti di vista problematici, hanno contribuito ad arricchire la
nuova stesura del testo. Perciò i feed back lanciati agli studenti durante le
lezioni e durante la preparazione per l’esame di Pedagogia generale, sono stati determinanti per portare avanti questa fruttuosa esperienza. E
nonostante che questa nuova edizione del Poema si caratterizzi come il
risultato di uno studio personale, riceve e mette in evidenza i contributi
di un’attività collegiale e di un lavoro collettivo. Traspare quindi,
l’importanza che Siciliani riserva al valore metodologico e didattico, ma
soprattutto alla motivazione e gratificazione dei suoi studenti. Caratteristiche fondamentali per la crescita della personalità e delle competenze.
Coloro che intendono o sono aperti al “nuovo che avanza” invece, sanno
perfettamente, o comprendono, come non c’è nulla di meglio per la crescita
umana, della personalità, delle conoscenze e delle competenze, di una ricerca
operata con forte motivazione personale, e cosa può darti più stimolo di sentirti
parte di un gruppo che, work in progress, partecipa alla stesura di un testo pedagogico del calibro del Poema?
Quante le volte che noi tutti, al racconto di un evento storico di rilievo, ci
siamo sorpresi nell’affermare: io c’ero!? E non occorre che l’evento sia stato il
primo sbarco dell’uomo sulla luna o la caduta del muro di Berlino, ciò vale per
altri tempi, per i giovani d’oggi, l’evento, è stata la guerra tecnologica e/o televisiva in Iraq o il terremoto in Abruzzo, ma è anche, il concerto di una Pop Star o
la vittoria ai mondiali di calcio, ed a maggior ragione dunque, l’evento, a buon
diritto e buon per tutti che sia così, può diventare la citazione sulla nuova edizione del Poema pedagogico: «Con la collaborazione di […] e degli studenti dei
corsi di Pedagogia generale I nell’Università di Roma «La Sapienza» 19922009», come si legge appunto sul frontespizio della terza edizione del Poema a
cura del professor N. Siciliani de Cumis. Ebbene, io c’ero! Vedi questa pagina? È
stata prodotta dal nostro laboratorio del… e… vedi questo termine? Proviene dalla mia
tesina in Terminologia…235
235 S. IMPOCO, Poema pedagogico. L’autore e il lettore: dalla colonia Gor’kij al Minerva Moda, Roma, Nuova Cultura, 2010, p. XXXVI.
372
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
La lettura e la rilettura del testo, hanno portato a maggiori osservazioni e confronti sulla punteggiatura utilizzata nel testo originale e quella completamente cambiata nelle traduzioni italiane. Così con l’ausilio
del vocabolario russo e grazie ad alcune consulenze sulle lingue ucraine
è cresciuto sempre più l’interesse per la traduzione: dalla punteggiatura
alle proposizioni, dai capoversi ai capitoli, ai significati delle parole. Ad
esempio, la parola pedagog è sempre stata tradotta con educatore oppure
bespryzorniki, con senza tutela e ragazzi abbandonati. Questo a dimostrazione del fatto che non si tratta solo di un interesse critico-linguistico,
ma anche e soprattutto pedagogico-letterario. Così come lo stesso Siciliani afferma:
E siamo divenuti sempre più consapevoli del fatto che, così procedendo, di
ritraduzione in ritraduzione, noi non facevamo altro che prendere a nostro modo sul serio il franco e incoraggiante invito delle stesse Edizioni Raduga «Ai nostri lettori», a metterci in gioco come revisori, traduttori, correttori, interpreti
della grande opera che avevamo di fronte:
«Le Edizioni Raduga saranno molto
riconoscenti a quanti vorranno comunicare
la loro opinione sul contenuto, la traduzione
e la presentazione di questo libro236».
Da qui quindi, nasce la convinzione di riproporre una nuova edizione
del testo; ampliando il lavoro e realizzando così l’ambizione di offrire al
lettore un quadro più dettagliato dell’opera.
Oltre l’impegno dedicato alla nuova edizione del Poema, Siciliani si è
assunto una doppia responsabilità: nei confronti dell’opera stessa, in
quanto c’è stata una meticolosa cura nella nuova stesura del testo e nei
confronti dei suoi studenti e di tutti coloro che vorranno leggere l’opera
in quanto racconta e tramanda in modo implicito la sua personale esperienza pedagogica e didattica.
Questa nuova proposta editoriale vuole essere un invito per un continuativo uso didattico, nella prospettiva di inserire Makarenko e la sua
opera nella nostra cultura.
[…] è che un’opera sui generis come il Poema pedagogico possa oggi essere utilmente oggetto di rinnovate letture, di nuove interpretazioni critiche ed usi formativi appropriati, da pur distinti ma concomitanti punti
236
N. SICILIANI DE CUMIS, in «Slavia», 2010, n. 1, p. 174.
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
373
di vista: così per il passato (storiograficamente) come per il presente
(pedagogicamente) e per il futuro (prospetticamente)237.
1.6. Le principali tematiche ricorrenti
Dalla sua esperienza come educatore dei ragazzi senza tutela (besprizornye) nella “colonia Gor’kij”, Makarenko viene ispirato per la stesura
del Poema pedagogico che può essere definito come romanzo di formazione dell’uomo nuovo. E vediamo come, grazie all’esperienza educativa
reale, si arriva ad un elevato livello di socialità e collettività, partendo da
una situazione disagiata e di abbandono: la guerra e la grave crisi economica, contribuirono alla nascita della delinquenza minorile che accoglieva orfani e sbandati. Così le autorità sovietiche diedero agli educatori l’ordine di dirigere le colonie. Ed ecco allora che Makarenko si dedica
a questi ragazzi, ritienuti vittime di condizionamenti sociali e persone
sfortunate che il destino aveva gettato in una situazione difficile. Davanti a tutto ciò ritiene di non potersi affidare a nessuna teoria pedagogica e
quindi di dover ricavare indicazioni dagli avvenimenti e dai comportamenti quotidiani dei ragazzi, sviluppando un proprio metodo educativo
basato sull’esperienza e sulle situazioni reali. Questo fece sì che si formasse una propria tradizione del gruppo, o per meglio dire del collettivo.
È bene quindi definire le categorie pedagogiche makarenkiane e spiegare gli argomenti al centro della trattazione.
Scorrendo l’Indice delle tematiche riportato in seguito, possiamo notare
come le maggiori tematiche analizzate, siano proprio quelle tanto care
allo stesso Makarenko.
Per avere una visione più chiara, è utile iniziare dall’interpretazione
del titolo dell’opera di Makarenko: Poema pedagogico.
1.6.1. Il Poema pedagogico
La parola “Poema” deriva dal greco e significa non solo fare, agire,
operare… ma anche realizzare, formare, educare, plasmare ecc. Da qui
possiamo già capire l’intenzione pedagogica di Makarenko e infatti il Poema pedagogico può essere definito “romanzo d’infanzia”; ovvero risultato storiografico e letterario, ma allo stesso tempo efficace strumento pra237 ID., I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, Pisa, Edizioni ETS, 2002, p. 212.
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tico-educativo ricco di determinazioni formative. L’attenzione cade appunto sul carattere non solo storico-cuturologico, ma anche pedagogicoletterario e soprattutto sul suo impatto critico-formativo.
L’intento di Makarenko è quello di coinvolgere il lettore in una doppia operazione fomativa: letteraria e pedagogica. Infatti il contenuto del
romanzo rappresenta la reale esperienza educativa e l’effettiva procedura narrativa di Makarenko.
1.6.2. L’infanzia e il gioco
È importante analizzare il concetto di infanzia, in quanto viene intesa
sia come protagonista della storia, sia come mezzo per esprimere
l’esperienza educativa. E infatti i bambini di cui si narra nel romanzo
sono in qualche modo coautori del Poema pedagogico come “romanzo
d’infanzia”. Non solo sono presenti e pedagogicamente influenti nel Poema, ma sono i veri protagonisti del romanzo ed i reali destinatari del
modello educativo sperimentato238: incarnano la prospettiva e sono la
speranza di una umanità futura migliore.
Nell’opera c’è sempre la presenza di bambini e li troviamo di tutte le
età: da quella prenatale fino a quella di dieci-dodici anni. La maggior
parte dei rieducandi ha tra i quindici e i diciotto anni, ma ci sono personaggi che hanno dieci anni, poco meno o poco più e addirittura ci sono
bambini non-nati, appena nati e di appena qualche mese. Di centosessanta personaggi presenti nel romanzo, centosei non sono adulti e Makarenko intende differenziare i vari livelli di età ogni volta che si parla
d’infanzia e infatti non vuole confondere i personaggi di dieci-dodici
anni con quelli di quattordici-quindici ecc.
Il concetto di infanzia lo ritroviamo anche quando ci sono riferimenti
ad istituzioni ed organizzazioni sociali (es. asili infantili ed orfanotrofi).
Inoltre il valore metaforico della “dimensione infanzia” caratterizza
l’intera attività pedagogica/antipedagogica di Makarenko che scrive
questo romanzo con una sorta di «scrittura bambina».
Makarenko dalla sua esperienza acquista sia come educatore, sia come scrittore degli specifici valori d’infanzia. L’esperienza collettiva infantile della colonia e la sua “scrittura bambina” costituiscono il processo educativo e letterario che risulta essere il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”.
238
Ivi, p. 12-13.
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375
Il Poema pedagogico quindi, come laboratorio, esso stesso, di “valori
d’infanzia” in esperienze di insegnamento/apprendimento che prestano
attenzione ai bisogni dei bambini, alle loro motivazioni e alle loro espressioni di desiderio239.
Un altro aspetto importante che riguarda l’infanzia nel Poema, è quello relativo al “gioco”. Il quale rappresenta sia l’espressività creativa dei
singoli personaggi, sia il graduale processo di formazione del collettivo:
tra evidenze fattuali e latenze simboliche, tra individuazione di codici
comportamentali d’identità e definizione di basi normative, tra procedure di inclusione ed esclusione e determinazione di regole, come regole
dell’uomo nuovo240.
Il gioco procura una soddisfazione al bambino. Si tratta della gioia della creazione o della gioia della vittoria o della gioia estetica, gioia della qualità. Anche
un buon lavoro procura una simile gioia. E qui la somiglianza è completa241.
Secondo Makarenko come il bambino si relaziona con il gioco, così
sarà da grande per molti aspetti, nel lavoro. Per questo l’educazione
dell’uomo nuovo si svolge soprattutto nel gioco. La storia di ogni singolo individuo come lavoratore può essere rappresentata nello sviluppo
del gioco e nel suo passaggio al lavoro.
Il gioco riveste una grande importanza nella vita del ragazzo, ed assume la
stessa importanza che hanno per l’adulto l’attività, il lavoro, l’impiego. Quale è
il bambino nel gioco, tale egli sarà, per molti aspetti, nel suo lavoro una volta
cresciuto. Perciò l’educazione del futuro uomo e lavoratore si svolge innanzi
tutto nel gioco242.
È del resto da ritenere, secondo Makarenko, che come a ciascun bambino,
nel corso dell’infanzia, deve essere garantita la giusta dose di gioco che l’età esige, così ad ogni adulto, nel farsi della vita, e nel lavoro, deve essere dato il diritto di praticare intelligentemente, qualitativamente, le sue proprie irrinuncia-
Ivi, p. 23.
ID., I bambini di Makarenko, in «Slavia», 2002, n. 3, p. 135.
241 N. SICILIANI DE CUMIS, I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, cit., p. 37.
242 A. S. MAKARENKO, in N. SICILIANI DE CUMIS, I bambini di Makarenko. Il Poema
pedagogico come “romanzo d’infanzia”, cit., p. 36.
239
240
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bili attività ludiche. Tanto nell’interesse della “persona”, quanto nell’interesse
del “collettivo”243.
L’infanzia è fondamentale per Makarenko e cerca di curarla in tutti i
suoi aspetti perché da essa dipende il futuro della società stessa e quindi
dell’uomo nuovo; un uomo che rinasce e che è in grado di superare il
passato fatto di orrori e di sofferenza. Vede nei bambini la matrice
dell’uomo nuovo, la prova di ciò che chiama “prospettiva”; sono i presupposti di una umanità futura, anticipati nel presente della colonia, ma
con gli occhi al futuro244.
1.6.3. Lo stile: frutto di tradizione e di prospettiva
La “tradizione” e la “prospettiva” sono le categorie pedagogiche e le
componenti principali del Poema pedagogico come romanzo di formazione e di educazione. Questi elementi si amalgamano tra di loro e sono
fondamentali per la formazione di uno “stile” del collettivo e di conseguenza per la formazione dell’uomo nuovo.
I bambini più piccoli insieme ai ragazzi migliori del collettivo, rappresentano la “tradizione” e la “prospettiva” del percorso educativo
guidato da Makarenko. Sono il frutto di una “tradizione” ed il seme di
una “prospettiva”.
I “piccoli” nel rapporto con i più grandicelli e con i più grandi, sono la garanzia vivente del formarsi, stabilizzarsi ed ampliarsi di una tradizione propria
e nuova del collettivo: di una tradizione bambina che incomincia a vivere sul
terreno della ricerca pedagogica di prima mano a partire dal settembre del 1920,
e che nel corso del 1923 non solo ha preso una certa forma, ma ha anche costruito i suoi anticorpi e i suoi strumenti di riproduzione non meccanica ma storicocritica ed autocritica , cioè dialettica245.
Come si narra nel romanzo, i più piccoli ancora non erano in grado di
prendere i posti di comando che spettavano agli anziani, ma sicuramente avevano un vantaggio su di loro. Infatti avevano vissuto nella colonia
N. SICILIANI DE CUMIS, I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, cit., p. 35.
244 ID., I bambini di Makarenko, l’infanzia di Gor’kij, in «Slavia», 2003, n. 2, p. 21.
245 ID., I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, cit.,
p. 80.
243
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in età più giovane e quindi avevano appreso le tradizioni e credevano
molto di più all’importanza della vita collettiva. I “novellini” così definiti da Makarenko, nel rapporto con i più grandi, garantivano il formarsi e
l’ampliarsi di una propria tradizione del collettivo.
La “prospettiva” di una società migliore dà la forza e la speranza ai
ragazzi di andare avanti ed è rappresentata dagli stessi bambini. La dimensione pedagogica è radicata nel presente, ma proiettata nel futuro;
quindi si può parlare di una “pedagogia della prospettiva” in quanto si
parte dalla rigenerazione dei bambini abbandonati e si vede in loro la
speranza di un futuro migliore rappresentata dalla nascita dell’uomo
nuovo.
La “tradizione” si trova all’origine di ciò che rende possibile
l’obiettivo pedagogico finale e cioè la formazione dello stile: i nuovi ragazzi che arrivano alla colonia, si avvalgono dell’esperienza dei più
grandi e di conseguenza contribuiscono alla crescita dell’intero collettivo. I ragazzi più grandi, in questa situazione vengono rimessi in gioco e
cercano di combattere la possibilità che prenda il sopravvento il male
peggiore, che è la stasi246.
Lo “stile” quindi, è la parte finale e più importante dell’educazione
collettiva: ‹‹Occorre curarlo, seguirlo giorno per giorno, coltivarlo con lo
stesso zelo col quale si coltiva un vivaio››. Si forma lentamente ed è il risultato dell’apprendimento di tradizioni e prospettive comuni. Gli insuccessi dei ragazzi, infatti sono dovuti alla mancanza di uno stile, che
magari aveva appena iniziato a formarsi.
1.6.4. La padronanza e la responsabilità
La “responsabilità” e la “padronanza” sono altri due punti di forza
della pedagogia makarenkiana.
La “padronanza” coincide con l’esperienza reale dei colonisti ed è un
primo punto di arrivo del processo di formazione dell’uomo nuovo, in
quanto l’individuo è padrone di se stesso e si sente libero.
La “responsabilità” è un obiettivo che si vuole raggiungere nel corso
di tutto il romanzo, in quanto il suo raggiungimento aiuta a crescere ed a
formare una personalià cosciente e autonoma. Infatti si cerca di inventare una tecnica di formazione della responsabilità, o meglio una tecnica
del far emergere e crescere la responsabilità. Ed è proprio grazie al senso di responsabilità maturato nei ragazzi che Makarenko riesce a gestire
246
Ivi, p. 89.
378
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la colonia: gli educandi riescono a organizzare in modo autonomo la vita
all’interno del collettivo.
1.6.5. La dimenticanza
Secondo Makarenko per educare “l’uomo nuovo” bisognava dimenticare il passato dei ragazzi, anche se era molto difficile. Oltre alla curiosità di sapere perché il ragazzo era stato mandato alla colonia, nella logica della pedagogia di quel tempo si pensava che, per rieducare una persona, bisognava conoscere il suo passato; come si faceva in medicina:
dove, per curare una malattia, bisognava conoscerla.
Secondo me il metodo fondamentale per la rieducazione dei trasgressori della legge doveva essere fondato sul fatto di ignorare completamente il passato
dei ragazzi ed ancor più i delitti commessi in questo passato. Adottare con coerenza sincera un metodo del genere era costato fatica a me per primo, giacchè
oltretutto avevo dovuto vincere le mie tendenze naturali. Mi tentava sempre di
sapere il motivo per cui un ragazzo era stato mandato alla colonia, e che razza
di cose mai avesse combinato. La normale logica pedagogica di quei tempi si
limitava a imitare la medicina e a dire con aria di superiorità: per curare una
malattia bisogna conoscerla. Era una logica che talora coinvolgeva anche me,
ma aveva particolarmente la meglio su tutti quanti i miei colleghi e su quelli
dell’Istruzione popolare247.
Il dimenticare il passato, dopo le fasi della “vergogna” e della “catarsi”, è uno strumento indispensabile per la costruzione di personalità
modello, un esperimento di tipologie umane eticamente superiori, rispetto alle soluzioni morali precedenti248.
Quindi dopo la “vergogna” e la “catarsi” deve seguire nel vecchio
uomo la “dimenticanza” e poi una fase di “novità” in quanto c’è una rinascita dell’infanzia. I ragazzi non sono più abbandonati, ma sono ben
integrati in un collettivo. La crescita del collettivo permette anche la
formazione personale dei suoi componenti.
Bisogna decisamente respingere la teoria della costante persistenza sociale
del fenomeno dei ragazzi abbandonati: di questi esseri che riempirebbero le noA. S. MAKARENKO, Poema pedagogico, cit., p.
N. SICILIANI DE CUMIS, I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come ”romanzo d’infanzia”, cit., p. 67.
247
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stre strade non solo dei loro «terribli delitti» e dei loro pittoreschi abbigliamenti,
ma anche della loro «ideologia». Gli autori delle ciance romantiche sul vagabondo anarchico sovietico, se ne restavano probabilmente con le mani in mano,
quando tutta la nostra società venne in aiuto dell’infanzia che stava sul punto di
morire. Non si sono mai accorti che, dopo la guerra civile e la carestia, milioni
di bambini sono stati salvati, grazie ad un enorme sforzo compiuto da tutto il
paese, negli orfanotrofi. Sicchè adesso tutti i nostri romantici si devono ficcare
bene in testa la seguente verità: che, nel cento per cento dei casi, questi bambini
sono oggi adulti che lavorano nelle fabbriche e negli uffici sovietici 249.
1.6.6. La pedagogia della lotta e l’antipedagogia makarenkiana
Il metodo educativo di Makarenko può essere definito una “pedagogia della lotta” perché nasce da un’esperienza educativa concreta, reale e
non ha nessuna certezza di successo. L’educazione vive delle stesse questioni della colonia; la risoluzione dei problemi e il loro ripresentarsi caratterizzano il formarsi della pedagogia, detta appunto della “lotta” perché si combatte sempre per la speranza di un futuro migliore.
L’educazione quindi, diventa prassi educativa; la formazione deve
trasformarsi in autoformazione e basarsi soprattutto sull’esperienza. Si
tratta «di un prevalere del fare sul conoscere, della vita reale sulle rappresentazioni fittizie di essa, delle complessità e difficoltà del collettivo sulle semplificazioni edificanti di qualsiasi tipo»250.
In ogni pagina traspare l’amore di Makarenko per il proprio lavoro di
educatore, in contrasto con la pedagogia ufficiale, tutta protesa a privilegiare la sostanza piuttosto che la forma251.
Una pedagogia “della lotta”. Al limite, un’”antipedagogia”: che però, come
si accennava più sopra, è pur sempre una pedagogia. Una esperienza educativa
concreta, che tuttavia non si esaurisce in se stessa, e che aspira d’altra parte a
tradursi in una tecnica. Dal “negativo” al “positivo”, insomma; e dalla “quantità” alla “qualità”, ma pur sempre mediante una lotta e senza alcuna garanzia a
A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico, cit., p. 384.
N. SICILIANI DE CUMIS, I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, cit., p. 213.
251 A. BAGNATO, Makarenko oggi, cit., p. 39.
249
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priori di successo, né di qualsivoglia uscita di sicurezza nel farsi per l’appunto
del “Poema”252.
La pedagogia di Makarenko può quindi anche essere considerata
un’antipedagogia, perché c’è un rovesciamento dei ruoli in fatto di insegnamento e apprendimento; e infatti lo stesso autore afferma che i “grandi” hanno molto da imparare dai “piccoli”. I bambini più piccoli, insieme ai ragazzi migliori, incarnano la tradizione di tutta l’esperienza educativa.
Questa antipedagogia si fonda anche sul rapporto tra adulti e bambini; educatore ed educando si modificano a vicenda e l’educatore impara
insegnando253. L’educatore nel rieducare l’infanzia, rieduca se stesso: inventando e costruendo il suo ruolo educativo si ritrova ad essere egli
stesso un uomo diverso. Vive quindi le fasi di una “seconda” infanzia”254.
Makarenko, nel suo intento, non segue una vera e propria linea educativa, ma cerca di estrarre la teoria dai fatti accaduti. Infatti non esistono né potenzialità innate da sviluppare e né regole prestabilite da rispettare; bisogna solo “inventare” l’uomo nuovo. Un uomo nuovo che nasce
come intenzione pedagogica e sarà la conferma di una produzione educativa. Secondo Makarenko bisogna estrarre la teoria dall’insieme dei
fenomeni reali. Partendo dal rispetto e dall’amore per i suoi ragazzi, lui
si basa sulla pratica e quindi sull’esperienza educativa.
La tecnica si può dedurre soltanto dall’esperienza pratica. Le leggi per il taglio dei metalli non sarebbero mai state scoperte se nella storia umana nessuno
si fosse mai messo a tagliare metalli. Solo quando esiste un’esperienza tecnica è
possibile inventare, scegliere, scartare.
La nostra produzione pedagogica non si è mai basata su criteri tecnologici,
ma sempre secondo la logica del campo dell’educazione vera e propria, il semplice lavoro scolastico è un poco più facile255.
N. SICILIANI DE CUMIS, I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, cit., p. 109.
253 Ivi, p. 212.
254 Ivi, p. 53.
255 A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico, cit., p. 458.
252
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Si tratta di un’educazione volta a creare “l’uomo nuovo”. L’educatore
stesso esercitando il suo ruolo, vive una seconda infanzia ed è costretto a
diventare un uomo nuovo.
Inoltre ritiene che l’educazione nella società sovietica non può basarsi
sugli interessi personali del soggetto da educare, anzi, induce i componenti del collettivo a identificare il loro interesse con quello della totalità
nel suo complesso e quindi bisogna tener conto di tutte le necessità politiche e sociali.
1.6.7. La nascita del collettivo e l’amputazione
Nel Poema pedagogico il collettivo può essere considerato “l’eroe” in
quanto il suo raggiungimento determina l’obiettivo che si è prefissa
l’educazione, ossia la creazione dell’“uomo nuovo”.
Per noi era ben poca cosa “redimere” semplicemente un uomo, ci toccava
invece di educarlo in modo nuovo, perché si trasformasse non soltanto in un
membro inoffensivo per la società, ma perché fosse in condizione di partecipare
attivamente alla costruzione della nostra nuova epoca256.
Collettivo visto come invenzione di una tecnica della formazione, o
meglio collettivo inteso come tecnica del crescere di responsabilità.
L’educazione comunitaria poggia sulla forza che il collettivo offre
all’individuo nella gestione e conduzione delle diverse attività. Si lavora
insieme, si vive insieme e si collabora a un bene comune. Così si impara
a rispettare il prossimo e ad essere rispettato dal gruppo. Non c’è perdita
di individualità, ma crescita di responsabilità. Ed è proprio l’assunzione
di responsabilità che diventa metodo educativo ed esperienza formativa,
perché indica la costruzione di un progetto, la presenza di ruoli e la partecipazione ad un percorso comune257.
Crede fermamente nel collettivo: solo un’unione forte di gruppo che
sviluppa sue proprie tradizioni e stile personale, è in grado di riportare
nell’ambito della società i giovani delinquenti a lui affidati258.
La nascita e la crescita del collettivo è in stretta relazione con la formazione delle singole personalità che lo costituiscono e viceversa. La
Ivi, p.
S. IMPOCO, Poema pedagogico. L’autore e il lettore: dalla colonia Gor’kij al Minerva Moda, cit., p. XVI.
258 Ivi, p. 121.
256
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chiave interpretativa del Poema è quindi quella di offrire ai ragazzi delle
attività gratificanti all’interno del gruppo al fine di garantire il rispetto
delle regole e la definizione di una disciplina comune.
Makarenko riesce a costruire una “personalità comune”, collettiva fra
tutti i ragazzi che riescono a mettere da parte i propri individuali interessi e danno importanza alle superiori esigenze sociali della colonia:
Non furono tanto le convinzioni morali o la rabbia, quanto questa lotta interessante e reale a dare i primi germi di un sano spirito collettivo. La sera si discuteva, si rideva e si fantasticava sulle nostre avventure. Le difficoltà ci rendevano uniti e solidali in un’unica entità chiamata «colonia Gor’kij»259.
In questo progetto educativo, si individua nel collettivo lo strumento
principale dell’educazione e infatti all’interno di esso deve svolgersi
l’intera vita dei ragazzi, anche attraverso l’imposizione di una dura disciplina.
- Scegliete, ragazzi, quello che vi conviene. Io non posso fare diversamente.
Nella colonia ci deve essere disciplina. Se non vi piace, andate pure dove vi pare. Ma chi resta nella colonia deve condividere la disciplina. Scegliete260.
La disciplina non è né una imposizione dall’alto né una teoria fine a
se stessa. Nasce dai ragazzi, si diversifica con loro e con loro diviene nel
tempo quello stile e quella tradizione tanto importanti per la pedagogia
di Makarenko261.
Un esempio è rappresentato dalla punizione data a Osaděij dopo aver
picchiato un suo compagno: ‹‹-Te ne starai chiuso quattro giorni in calzoleria a pane e acqua262››. Infatti il metodo educativo di Makarenko
prevede anche punizioni e egli stesso afferma: ‹‹Non sono capace di educare senza punizioni, è un’arte che nessuno mi ha ancora insegnato››.
La vita del collettivo seguiva una rigida disciplina: fondata sull’educazione della personalità, l’istruzione obbligatoria e il lavoro. Alternando infatti la scuola al lavoro, o meglio, la teoria alla prassi, il lavoro intellettuale a quello manuale; i ragazzi trascorrevano metà della loro giorna-
Ivi, p. 37.
A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico, cit., p. 13.
261 S. IMPOCO, Poema pedagogico. L’autore e il lettore: dalla colonia Gor’kij al Minerva Moda, cit., p. 89.
262 Ivi, p. 94.
259
260
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383
ta nelle aule a imparare le materie scolastiche e l’altra metà la trascorrevano lavorando.
Makarenko crede nella virtù educatrice della vita di gruppo che deve
essere intensamente e continuamente vissuta, che si pone degli obiettivi
concreti che permettono la sopravvivenza del collettivo e si basa su regole che organizzano la vita quotidiana.
Il collettivo non si riferiva solamente ai rieducandi della colonia, ma
includeva anche gli educatori che erano coinvolti in tutte le varie attività
dei ragazzi, infatti mangiavano insieme e alla sera era abitudine dell’educatore di turno sedersi sui letti dei ragazzi per ascoltare e raccontare storie.
La collettività che piano piano si andava formando nella colonia, consisteva nella consapevolezza di ciò che era necessario fare per il bene
della società e anche se era mantenuta con rigore, faceva leva sul senso
di responsabilità personale e collettiva. I ragazzi svolgevano tutte le attività di cui avevano bisogno all’interno della colonia e i loro bisogni primari non avevano alcun motivo di incoraggiamento, perché questi bisogni erano indispensabili per la crescita del collettivo stesso; ed era una
spontanea attività solidale che i giovani educandi svolgevano per aiutarsi gli uni con gli altri. I ragazzi capivano che il lavoro collettivo aveva il
più alto valore sociale; e che doveva essere svolto con cura e precisione,
perché il suo risultato andava a beneficio di tutti.
Il collettivo rappresenta l’intera vita della colonia: autosufficenza economica e autoamministrazione, che provvedono al mantenimento del
gruppo; convivenza di educatori ed educandi e organizzazione di reparti e gruppi di lavoro. Era organizzato fondamentalmente attorno al lavoro: dettato inizialmente dal bisogno di sopravvivenza della colonia, solo
successivamente divenne una regola pedagogica. Si prefiggeva obiettivi
produttivi ai quali tutti dovevano contribuire con il massimo impegno.
Infatti la colonia veniva vista anche come un’organizzazione economica
che doveva badare al suo mantenimento e al suo sviluppo, per far si che
i giovani fossero stimolati a lavorare e a produrre:
Caro, carissimo Commissariato del popolo per l’istruzione! Noi qui soffochiamo e abbiamo già fatto tutto quel che si poteva fare. Ancora sei mesi e diventeremo tutti psicopatici. Dateci qualcosa di grande, di tanto grande che ci
faccia perdere la testa per il troppo lavoro.
Possiamo dire che il collettivo è organizzato attorno al lavoro per necessità di sopravvivenza della colonia. Ma è anche una regola pedagogi-
384
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
ca composta da abitudini stabilizzate e valori solidi. Inoltre Makarenko
dimostra che, nel collettivo, non c’è nessuna differenza né di età e né di
sesso e quindi un’educazione mista può dare anche risultati migliori, in
quanto tra i ragazzi e le ragazze si instaura un rapporto fraterno.
L’individuo deve riuscire a mettere da parte i propri “individuali” interessi e deve dare importanza alle superiori esigenze sociali. Se l’integrazione nel collettivo non riesce, non rimane altro che l’espulsione, o
amputazione come la definisce Makarenko. A volte bisogna predere delle
dure e difficili decisioni che mettono a rischio lo stesso collettivo, ma che
allo stesso tempo si cerca di difendere. Come ad esempio, nell’episodio
in cui Mitjagin viene cacciato perché sembra non aver capito che non si
dovevano commettere furti:
No, Mitjagin, per far le cose per il meglio bisogna che tu ci lasci una buona
volta in pace… Sei adulto ormai e non sarai mai d’accordo con me. È meglio che
ci dividiamo263.
L’allontanamento dalla colonia è una dura scelta di responsabilità,
ma indispensabile per non danneggiare il collettivo. Makarenko capisce
che l’atteggiamento di Mitjagin avrebbe potuto influenzare gli altri ragazzi e quindi distruggere il collettivo: ‹‹Ormai mi era chiaro che avevo
permesso la nascita di un processo di putrefazione del collettivo››264.
Perché spesso i “grandi” erano la guida e un modello da seguire per i
più “piccoli”.
A volte però i “ragazzi-educatori” non davano il buon esempio. Come appare in un altro episodio in cui vengono espulsi Mitjagin e Karabanov. Makarenko prende questa dolorosa decisione a malincuore, ma
non può fare altrimenti: i bambini più piccoli avrebbero imitato il comportamento di Mitjagin e si sarebbe danneggiato anche il collettivo. Però
con questa decisione il collettivo era stato in qualche modo danneggiato
lo stesso. Infatti Mitjagin e Karabanov ‹‹erano integrati nella vita della
colonia e rispondevano con energia ad ogni problema e ad ogni contrarietà della sua quotidianità››265, sicchè il loro allontanamento aveva provocato tristezza e noia in tutta la colonia.
Possiamo considerare il Poema uno strumento per creare l’uomo nuovo, un mezzo per intervenire radicalmente in ambito pedagogico; in
A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico, cit., p. 94.
Ibidem.
265 Ivi, p. 154.
263
264
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
385
quanto tenta di costruire l’immagine dell’uomo che cresce attraverso la
nascita e lo sviluppo del collettivo.
1.6.8. L’autobiografia
Makarenko presenta l’autobiografia come strumento educativo, in riferimento ad una infanzia in formazione che muta rapidamente. Questa
funzione parte dalla scoperta di sé da parte del bambino: motivazione,
identificazione, consapevolezza, capacità di confronto, emulazione, capacità di decisione e di scelta, alla luce di un’esperienza umana esemplare che risulta essere quella di Gor’kij. La sua autobiografia educa il collettivo: i ragazzi riscrivono e vivono la loro infanzia giorno dopo giorno,
alimentata dalle esperienze infantili di Gor’kij266. Le sue opere, in particolare i racconti della sua giovinezza e del vagabondaggio attraverso la
Russia, sono il punto di riferimento più importante dell’opera di Makarenko267.
Per capire fino in fondo il valore autobiografico del romanzo, bisogna
far riferimento ancora una volta a Maksim Gor’kij. Il grande scrittore resta una figura immanente all’intera costruzione letteraria del Poema pedagogico e non a caso, la prima colonia è a lui intitolata. Quando egli visita la colonia e si intrattiene con i ragazzi poco prima che si compia il ciclo formativo e i migliori vadano a contribuire alla costruzione della società sovietica, come esempi viventi di uomini nuovi, si capisce la grande importanza che Makarenko attribuisce all’esperienza autobiografica
del suo maestro268.
1.7. Le tematiche economico-finanziarie
Altre tematiche importanti da analizzare, sono quelle economicofinanziarie perché la narrazione del romanzo è ambientata in una situazione di disagio e di povertà. Per questo prima di tutto, è bene chiarire la
situazione della Russia in quel periodo.
1.7.1 La situazione economica e politica della Russia degli anni Venti
(tra le due guerre)
I bambini di Makarenko, l’infanzia di Gor’kij, in «Slavia», 2003, n. 2, p. 20.
A. BAGNATO, Makarenko oggi. Educazione e lavoro tra collettivo pedagogico comunità e cooperative sociali, cit., p. 38.
268 Ivi, p. 42.
266
267
ID.,
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Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
Agli inizi del Novecento il 70% della popolazione russa viveva nelle
campagne.
Le condizioni di vita dei contadini erano miserabili e la maggior parte
dei terreni apparteneva ai kulaki (contadini agiati) o ai grandi proprietari
terrieri.
Nelle maggiori città (Mosca, Pietroburgo, Odessa) cominciava a nascere una classe operaia che viveva in condizioni non certo migliori di
quelle dei contadini, orari prolungati e salari bassissimi.
Nel febbraio del 1917 uno sciopero operaio e un’insurrezione di soldati fecero crollare l’impero degli zar.
La delegittimazione del potere monarchico unì le forze dell’opposizione:
- esponenti dell’aristocrazia liberale
- borghesi del Partito Costituzionale Democratico
- gruppi di ispirazione socialista rivoluzionaria, divisi in menscevichi
guidati da Julij O. Martov e bolscevichi guidati da Lenin.
Il dissenso fra questi due partiti verteva soprattutto sulla concezione
del partito: per i bolscevichi doveva essere un ristretto manipolo di rivoluzionari fortemente centralizzato; per i menscevichi invece doveva trattarsi piuttosto di un’organizzazione aperta a tutti i simpatizzanti. I pareri dei due partiti erano contrastanti anche riguardo la rivoluzione. I bolscevichi credevano in una rivoluzione possibile e portata avanti dal proletariato, i menscevichi, riponendo la loro fiducia nella borghesia ritenevano che i tempi non fossero ancora pronti per la rivoluzione.
Gli anni compresi tra il ‘18 e il ‘21 furono per la Russia sovietica gli
anni di una guerra civile, che ebbe origine dallo scontro tra il nuovo
gruppo dirigente capeggiato da Lenin e lo schieramento dei suoi nemici:
nostalgici del vecchio regime zarista, forze liberali, mensceviche e socialrivoluzionarie che non avevano accettato il “colpo di forza” rappresentato dallo scioglimento dell’assemblea costituente nel gennaio 1918.
Le armate bianche zariste ricevettero l’aiuto delle potenze capitalistiche occidentali (Italia, Inghilterra, Francia, America e Giappone che temevano le forze del comunismo).
Lenin, invece, fronteggiò le lotte anti-bolsceviche con l’Armata Rossa,
un esercito popolare diretto da ex ufficiali zaristi passati dalla parte della
rivoluzione.
La guerra civile produsse enormi perdite umane e materiali, ma al
termine i bolscevichi riuscirono a sconfiggere i loro avversari.
Durante la guerra, il governo bolscevico cercò di attuare una politica
più energica e autoritaria, definita con il termine “comunismo di guer-
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387
ra”. Cioè una forma di regime economico e sociale caratterizzato dal totale controllo statale della produzione e del commercio, visto come
l’unico mezzo possibile per poter vincere la guerra civile.
Lenin iniziò la sua opera garantendosi la fedeltà delle classi operaie
urbane (cardini della forza bolscevica) e combattendo con il terrore qualsiasi opposizione.
Ma il comunismo di guerra ebbe comunque effetti disastrosi sull’economia sovietica, tanto che crollò la produzione agricola e quella industriale, di conseguenza si manifestarono segni di malcontento popolare e quindi nacquero proteste non solo per la crescente miseria, ma anche per il carattere sempre più autoritario del sistema politico.
A partire dal 1921, con la fine della guerra civile, il partito comunista
sovietico abbandonò il comunismo di guerra e diede inizio a una nuova
fase politica: Lenin istituì la Nep (Nuova politica economica) durante il
decimo congresso del partito comunista a Mosca che aveva l’obiettivo di
stimolare la produzione agricola e di favorire l’afflusso dei generi alimentari verso le città. La liberalizzazione si estese anche al commercio e
alla piccola industria produttrice di beni di consumo. Lo Stato mantenne
comunque il controllo delle banche e dei maggiori gruppi industriali.
Gradualmente, uno strato di contadini benestanti chiamati kulaki, riuscirono a crearsi un minimo di patrimonio attraverso la vendita dei beni.
Ciò era temuto dai dirigenti bolscevichi e dallo stesso Lenin in quanto
speravano che non rinascesse il capitalismo.
La classe operaia e urbana, invece, cardine del potere bolscevico, ebbe
scarsi vantaggi. Venne stabilito l’assoluto divieto di opposizione
all’interno del partito di Lenin e quindi anche l’opposizione dei menscevichi e dei socialrivoluzionari furono messi fuori gioco.
Nasceva quindi una dittatura di partito.
Nel 1922 nacque l’Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste
(URSS) istituita dai congressi dei soviet delle singole repubbliche, poi nel
1924 fu elaborata una nuova costituzione che però riconosceva come
partito legittimo solo quello comunista bolscevico.
Nello stesso anno morì Lenin e gli succedette Stalin che nella sua ascesa al potere tra il ‘24 e il ‘27 mise gradualmente fuori gioco tutti i dirigenti sovietici.
Stalin teorizzava l’inevitabilità del “socialismo in un paese solo” e la
necessità di consolidare il regime sovietico in Russia data l’impossibilità
di una rivoluzione mondiale.
Iniziava così in Russia il lungo periodo dello stalinismo cioè della feroce dittatura della burocrazia di partito.
388
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
Iniziava anche l’epoca dell’industrializzazione a tappe forzate che avrebbe portato il Paese a diventare una delle più grandi potenze economiche e militari del mondo.
Stalin operò alcune scelte fondamentali: la fine della Nep, la lotta contro i kulaki (accusati di far rinascere il capitalismo) la collettivizzazione
forzata nelle campagne, l’industrializzazione a ritmi accelerati attraverso
i “piani quinquennali”.
Milioni di contadini furono costretti a entrare nelle fattorie collettive
(kolchoz), la produzione agricola venne interamente requisita dallo stato
e ogni forma di mercato privato venne vietata. Di conseguenza morirono
milioni e milioni di persone soprattutto per le carestie, molti emigrarono
spostati con la forza attraverso la repressione poliziesca.
Fu promossa una rapida industrializzazione attraverso i piani di sviluppo quinquennali in modo di far convergere tutte le forze umane e
materiali verso la stessa industria in quanto la Russia si sentiva sola e
circondata da potenze capitalistiche.
Il consolidamento del potere di Stalin raggiunse il massimo quando il
totalitarismo staliniano manifestò tutta la sua brutalità: dopo l’assassinio
del leader bolscevico Sergej Kirov, il governo staliniano diede inizio a
grandi persecuzioni denominate “purghe” contro tutti gli oppositori.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale nel 1939 la Russia si trovò in una condizione di debolezza militare, ma il terrore staliniano continuò a colpire gente comune, milioni di operai, contadini e impiegati iscritti o no al partito comunista.
Il totale delle vittime delle repressioni supera i venti milioni e molti
non uccisi venivano portati nei campi di concentramento, i gulag.
Stalin riprese la politica di repressione delle nazionalità minori, cioè
di “russificazione” forzata, già praticata prima della rivoluzione dallo
zarismo, che formava dei veri e propri insediamenti di interi popoli oltre
a reprimere le loro autonomie.
Questi tentativi, a breve termine riusciti, a lungo tempo però furono
destinati a fallire, infatti non potevano resistere in quanto Stalin tentava
di trasformare in breve tempo l’Unione Sovietica in potenza mondiale
comprendendo in essa popolazioni troppo diverse fra loro e provenienti
da troppi gruppi etnici diversi269.
269 Cfr. A. GIARDINA, G. SABBATUCCI, V. VIDOTTO, Profili storici, dal 1900 a oggi,
(Casarile), Roma-Bari, Milano, Editori Laterza, 1999, pp. 120-130 (per approfondimenti su questi temi cfr. E. CARR, Storia della Russia sovietica, Torino, Einaudi, 1970).
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389
1.7.2. La povertà
Parlando di povertà, generalmente ci si riferisce ad una persona o ad
una comunità di persone, che ha appena il necessario per vivere e spesso
manca anche di quello.
La povertà è motivo di preoccupazione poiché, le ingiustizie sociali
sono cause di conflitti nella società e se, da un lato hanno spesso consentito l’evoluzione della società stessa verso forme più alte di convivenza
civile ed anche verso strutture sociali più solide e più giuste, dall’altro
hanno provocato guerre civili o violenze diffuse e generalizzate.
La sconfitta della miseria aumenta il tenore di vita e quindi la capacità di consumo; consentendo, pertanto, uno sviluppo più armonico dell’economia.
Nei riguardi della condizione dei minori e della tutela dei loro diritti,
c’è sempre una grande preoccupazione.
Le condizioni economiche e sociali inadatte per la crescita psicofisica
dei fanciulli favoriscono: analfabetismo, evasione scolastica e babycriminalità. Sono queste le questioni che assillano l’universo dei bambini
e degli adolescenti. In molti paesi i bambini muoiono per fame, per malattie dovute alla carenza o all’insufficienza di strutture igienico-sanitarie; altri non sanno ne leggere ne scrivere.
L’analfabetismo e l’evasione scolastica nascono da un degrado sociale
che spinge numerosi ragazzi a preferire la cultura della strada, piuttosto
che la scuola.
Le cause di queste condizioni, vanno ricercate anche nella povertà
culturale, che fa smarrire il senso profondo di alcuni aspetti importanti
della vita umana, come il diritto dei bambini e dei ragazzi a vivere pienamente la loro infanzia e la loro adolescenza; non privati delle risorse
(il gioco, la socialità, l’educazione, la salute) indispensabili per una crescita sana e matura.
Anche Makarenko si trova in una situazione analoga: perché la guerra e la rivoluzione seguente avevano distrutto regole sociali elementari e
aumentato la presenza di bande di giovani delinquenti. Si trova davanti
ragazzi segnati dalla guerra, inaspriti dalla miseria, sbandati e privi di
ogni codice morale. Quindi nella sua impresa, concepisce e diffonde un
modello educativo per il recupero sociale di giovani vagabondi e bambini abbandonati, rieducandoli al lavoro e alla convivenza civile.
Gli stessi bambini diventano una risorsa preziosa per migliorare la situazione sociale, economica e culturale esistente, e trasformarla in una
condizione migliore. Alla base c’è una profonda fiducia nelle potenziali-
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Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
tà e nella creatività umana. Perciò, l’educazione si rivela uno strumento
fondamentale in questo senso: consiste in una liberazione delle capacità
individuali in un progressivo sviluppo rivolto a scopi sociali270.
Ancora oggi, stando ai recenti dati dell’Unicef, mentre l’economia
mondiale cresce in modo esponenziale, il numero di persone che vivono
in povertà è arrivato a oltre 1,2 miliardi, fra cui più di 600 milioni di
bambini. Quando la povertà opprime la famiglia, sono proprio i bambini
i più colpiti; e il loro diritto alla sopravvivenza, alla crescita ed allo sviluppo è messo gravemente a rischio. La carenza di cibo, infatti, genera
una catena di fenomeni negativi per l’infanzia, che vanno dal ritiro dei
figli da scuola (per limitare le spese e aumentare la manodopera familiare) al lavoro minorile, alla prostituzione occasionale o sistematica. Povertà è associata con fame, malattia, ignoranza, sfruttamento, disgregazione familiare e abbandono dell’infanzia271.
1.7.3 L’economia
Durante la narrazione del Poema, ogni volta che si cerca di perseguire
una certa finalità, si cerca di farlo con i minimi mezzi. In particolare con
l’impiego razionale e misurato dei beni e dei mezzi che si hanno a disposizione; in modo da soddisfare i vari bisogni, ma evitando scompensi e
sprechi. Di conseguenza, parlare di Makarenko e del Poema pedagogico
non vuol dire soffermarsi sull’autore e sull’opera, ma sugli aspetti che
caratterizzano l’uno e l’altra, in considerazione delle condizioni socioeconomiche della Russia; dove sono presenti la disgregazione sociale, il
malessere individuale, l’emarginazione e la caduta di valori etici e morali272.
L’esperienza educativa makarenkiana riporta il discorso direttamente
alle cause dell’infanzia “senza tutela”: guerra civile, carestia, famiglie ed
istituzioni sociali allo sbando, burocratizzazione dell’istruzione. Quindi,
nel corso della storia, c’è dalle prime alle ultime pagine, un’infanzia della vita materiale, economico-commerciale e artigianal-industriale della
colonia e non solo un’infanzia della vita culturale e morale.
Dalla condizione di handicap sociale e morale dell’essere abbandonati
e “senza tutela”, il racconto porta ad una nuova condizione umana ed
R. RUGGIERO, Il “Poema pedagogico” come “romanzo d’infanzia”, in «Slavia», 2004,
n. 1, pag. 108.
271 Ivi, p. 114.
272 A. BAGNATO, Makarenko oggi, cit., p. 35.
270
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391
anche economica: «tra i ragazzi si erano già formati dei fabbri e dei falegnami e nelle nostre tasche tintinnava già qualche monetina»273. Si raggiunge, così, l’integrazione sociale e si arriva all’acquisizione di un alto
livello di moralità e socialità.
1.8 Alcune interpretazioni di «Slavia»: rassegna di luoghi problematici riguardanti Makarenko274
Riportiamo qui di seguito alcune schede di lettura, che vogliamo
“memorizzare” in vista di una rilettura critica più “interna” al contributo di «Slavia» sul “Makarenko didattico”, nel senso su esposto. In particolare, si tratta di proposte di indagini occasionali, che completano il
quadro antologico di insieme e che stimolano riflessioni ulteriori.
L’utilizzazione creativa di un’eredità pedagogica. A. S. Makarenko nell’educazione dei giovani futuri lavoratori.
(1994, n. 4, p. 222).
Per l’appunto da Makarenko in giù, se è vero che in tutto il mondo, Italia
compresa, i besprizorniki (ragazzi abbandonati) assommano a molti milioni di
unità e che i “benpensanti” sono purtroppo assai di più. Così per esempio in
Russia, oggi, dove gli eventi precipitano e dove una seria rilettura del Poema pedagogico potrebbe forse aiutare…
(1994, n. 4, p. 223).
E, portando avanti l’indagine fuori dall’ambito cronologico esaminato, sembra già sufficiente rileggere le pagine sul “mangiare insieme” nel Poema pedagogico di Anton Semënovič Makarenko; e ritrovare in questi altri incredibili eppur
veritieri specchi russale immagini riflesse di una diversa “tavola da pranzo”, di
ben differenti “soluzioni di conflitti” sul terreno di un collettivo interiorizzato,
ed in forza di una prospettiva filosofica e umana degna di essere fatta propria al
di qua dell’utopia, nella realtà sociale, etico-politica, educativa di tutti i giorni.
(1994, n. 4, p. 232).
273
274
A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico, cit., p. 47.
Non viene esplicitato l’autore, trattandosi sempre di Nicola Siciliani de Cu-
mis.
Le rubriche in questione comprendono testi eterogenei variamente presenti sotto i
titoli: Schede, Recensioni, Rubriche.
392
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
E magari, tra l’altro, con nella testa il ricordo di quella straordinaria variazione sul tema, che è nella lettera del 10 luglio 1937 di Anton Semënovič Makarenko a Nikolaj Florovič Šeršnev: […] «E se ti tocca mettere in atto tenacia e audacia, questo dimostra soltanto che hai un’opera assai interessante da svolgere».
E Makarenko? Egli prosegue sul filo della memoria: «Mi ricordo di quando ero
alla colonia “Gor’kij”, pure allora occorrevano tenacia e pazienza soprattutto.
Ricordo quanto “m’intristissi” nella solitudine, e poi è risultato che quello era
stato il tempo più felice della mia vita […]».
(1995, n. 3/4, pp. 226-227).
Si prendano, per esempio, gli otto righi dedicati ad Anton Semënovič Makarenko e al suo Poema pedagogico (alle pp. 78 e 79). Ma davvero questo scrittore
sui generis sta al posto giusto, se si colloca semplicemente nel quadro della «letteratura di persuasione ideologica» (per quanto illustre)? Non è, il “realismo”
makarenkiano, un «realismo» di una specie particolare, e tale, per certi versi, da
uscire dallo stesso genere letterario in questione? In ogni caso, è inesatto dire
che, nel Poema pedagogico, Makarenko «descrive la sua esperienza come direttore
della «Comune Dzeržinskij», dove vennero cresciuti orfani della guerra civile,
trasformati da “criminali” in cittadini coscienti». È infatti della “Colonia
Gor’kij”, che il romanzo racconta in quasi tutte le sue pagine (la Dzeržinskij
compare solo alla fine dell’opera, e di essa Makarenko si occuperà altrove). Ed è
ben altro, assai più ambizioso, l’obiettivo del racconto: non solo il “recupero”
degli handicappati civili (besprizorniki), ma anche e soprattutto la sperimentazione di contenuti e forme poetiche “nuove” per un umanesimo “altro”. E c’è
letteratura, anche autorevole al riguardo.
(1997, n. 1, pp. 210-211).
Il volumetto è bilingue, in russo e tedesco; ed è un esempio periodico delle
attività-scientifiche permanenti del “Makarenko-Referat”, di cui in Italia resoconta da tempo, del resto collaborandovi autorevolmente, Bruno A. Bellerate
(cfr. id., A. S. Makarenko oggi, in Pedagogia e vita, 1995, 1, pp. 11-30). In particolare, questo «Opuscolo makarenkiano» propone unitariamente per la prima volta,
giacchè anticipazioni parziali già se ne avevano, una serie di documenti relativi
alla vita reale della colonia “M. Gor’kij” nel periodo 1922-1928; e dunque concernenti l’effettività della attività pedagogica di Makarenko[…]. Nella seconda,
in tre sezioni, testi relativi alla difesa makarenkiana di A. I. Ostapčenko, giudizi
giornalieri e tecnico-istituzionali, una lettera di Makarenko ad un giornale (tutte
cose databili 1927-28). Infine note filologiche e di commento.
Fin qui i documenti dell’«Opuscolo», ed, immediatamente, il vantaggio di
essere immessi nel doppio laboratorio makarenkiano, pedagogico e letterario,
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
393
sulla scorta di materiali di prima mano, che fanno chiarezza sulla genesi del Poema pedagogico. […] una questione, che rinvia non solo a precisi livelli di approfondimento filologico circa le fonti biografiche, storiografiche, emerografiche,
esperenziali, poetiche ecc. del Makarenko autore […].
(1997, n. 1, pp. 216-217).
E dall’Indice dei nomi è possibile accorgersi subito che, tra gli altri, risultano
specificatamente al centro dell’attenzione autori come Konstantin S. Stanislavskij e Vsevolod E. Mejerchol’d […]. Significativi i riferimenti ad Aleksandr A.
Bogdanov, a Maksim Gor’kij, e soprattutto a Asja Lacis e ad Anton Semënovič
Makarenko…
[…] Si può rilevare la presenza di Makarenko nelle temperie della rivoluzione sovietica, le sue case comunità, i suoi rapporti con Gor’kij, il suo lavoro per le
centinaia di ragazzi abbandonati; e ancora il suo modulo pedagogico,
l’autogoverno, “le case per l’infanzia”, il gioco, l’assemblea e il collettivo educatore.
(1997, n. 2, p. 213).
È una sorta di maieutica che passa non solo per la presenza di voci sui letterati-educatori (Lev N. Tolstoj, Anton Semënovič Makarenko, Nikolaj Ognëv,
Lidija Sejfullina ecc.), ma pure attraverso una quantità di altri riferimenti[…].
(1998, n. 2, p. 219).
Le prospettive, la “prospettiva”: e ripensi anche al fatto che, proprio nel ’25,
dopo un quinquennio di esperienze pedagogiche “alternative”, Anton Semënovič Makarenko incomincia a scrivere il Poema pedagogico (lo concluderà nel
’35)…
(1998, n. 2, p. 225).
A p. 713 - poniamo - la Pachlovska scrive di Anton Makarenko in questi
termini, «Purtroppo, la scuola sovietica si rifarà ben presto alle teorie pedagogiche di Anton Makarenko, per il quale una sana istruzione propedeutica al
mondo del lavoro deve cancellare le ubbie di una istruzione “borghese”. […]».
Francamente dopo aver letto e riletto, e riletto ancora il Poema pedagogico di
Makarenko, tutto si può ricavare, tranne che una linea politico-culturale e pedagogico-educativa del tipo di quella che si evince dal passo precedente. […].
Se una fissazione aveva, poi, Makarenko, essa consisteva proprio nella valorizzazione della competenza, della tecnica, di un’idea di specializzazione ben intesa, e dunque nell’elevamento generalizzato del livello di istruzione. Perfino la sua
opposizione ai burocrati del partito e dell’istruzione popolare (la celebre critica
394
Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010
all’ “Olimpo Pedagogico”, ma c’è ben altro), va rivisitata in un’ottica di filosofia
dell’azione responsabilmente rigorosa, controllata, qualitativamente alta. Dice
chiaro, a più riprese, che la quantità si faccia qualità. E proprio qui sta il nodo
principale della sua “antipedagogia”.
(1999, n. 2, pp. 215-216).
Non direi però, semplicemente: «Il termine ‘collettivo’ è stato introdotto dalla pedagogia da Makarenko e sta ad indicare i gruppi educativi (o unità
dell’educazione) nei quali i bambini e gli adolescenti (al pari degli adulti, nella
vita sociale) vengono suddivisi non solo per ragioni organizzative, ma soprattutto per motivi ideologici e pedagogici. […] Ebbene proprio in un dizionario di
pedagogia che vuole essere anche di scienze dell’educazione, non sarebbe stato bene precisare che il “collettivo” - ancor prima che da Makarenko - proviene dalla
sociologia, dalla psicologia, che ha una tradizione in filosofia, e che in pedagogia
può essere assunto metodologicamente come un “dover essere”? Inoltre: “ideologia” di Makarenko a parte, quanto di ideologico c’è, prima che in lui, nella formulazione del “collettivo” data da hebartiani e positivisti, e da spiritualisti e
materialisti? E poi: quanto allo stesso Makarenko, siamo davvero sicuri che egli
teorizzi, con la sottomissione al collettivo, la “rinuncia alla propria individualità”»? […]
Infine, e più in generale: per il Dizionario nel suo insieme, non sarebbe stato
un vantaggio dire di Makarenko (non di quello, com’è ovvio, di cui abbiamo in
testa un semplice schema), almeno nelle voci Abbandono, ApprendereApprendimento, Autobiografia, Autogoverno, Avventura, Azione, Biografia, Bisogni,
Carattere, Dialettica, Disciplina, Economia, Educabilità, Educazione estetica, Educazione morale, Etica, Finalità-Fini, Individualismo, Lavoro, Libertà, Lotta, Materiale,
Materialismo-Materialistico, Mezzo-i, Prospettiva, Qualità, Quantità, Responsabilità,
Rischio-Rischiare, Riso, Risorsa, Rotazione, Sentimenti, Sovrastruttura, Stile, Struttura, Teatro-Teatrale, Umorismo, Vita, ecc. ecc.?
(2000, n. 1, pp. 223-224).
A p. 121, presentando Anton Semënovič Makarenko e il Poema pedagogico
(tradotto in italiano anche, nel 1985, per le edizioni Raduga, di Mosca), questa
domanda: quali le eventuali edizioni e traduzioni parziali del romanzo?...
(2003, n. 1, p. 190).
Cronostoria di una riscoperta.
Il Poema pedagogico di A. S. Makarenko
Francesca Romana Nocchi
Non sempre il mestiere di docente è interpretato in maniera costruttiva: è, infatti, un'operazione piuttosto complessa riuscire a trovare un equilibrio fra la giusta valorizzazione delle proprie competenze e lo spazio deputato allo sviluppo di quelle altrui; significa, direbbe il filosofo
Seneca, porsi nella condizione di chi è ancora in cammino verso il sapere
ed ha tanto da dare e da dire ai giovani, ma è pronto anche ad imparare
da loro275, cogliendo e valorizzando la diversità delle prospettive. È
proprio questo che ha realizzato Nicola Siciliani de Cumis con questa
nuova edizione del Poema pedagogico di Anton Semënovič Makarenko276,
il cui valore consiste non solo nell'accurato lavoro filologico277 sotteso alla ricostruzione e resa del testo in italiano, ma nel metodo pedagogico
impiegato per la sua realizzazione: ed è proprio su questo aspetto
"poiematico" che occorre soffermarsi per poterne apprezzare pienamente
l'aderenza al testo ed al suo più profondo significato. Siciliani, infatti, ha
riattualizzato la prospettiva makarenkiana attraverso la realizzazione di
un lavoro collettivo grazie al quale ogni allievo si sentisse partecipe di
un progetto comune: la dialettica fra risultato individuale (l'esame e l'elaborato scritto) e prospettiva collettiva (la nuova edizione del Poema) ha
costituito l’elemento innovativo che ha caratterizzato il suo metodo, insieme alla compenetrazione fra tecnica e sperimentazione. Si tratta, essenzialmente, di un insegnamento dativo, che non si accontenta di risulQuesto aspetto, particolarmente evidente nella pratica educativa di A. S. Makarenko, è stato mutuato da N. Siciliani de Cumis, che sottolinea come i giovani, espressione più genuina di "vita", costituiscano una "garanzia di misura della validità
di un'azione formativa" (N. Siciliani de Cumis, I bambini di Makarenko, tra “pedagogia” e “antipedagogia”, in G. Cives, M. Corda Costa, M. Fattori, N. Siciliani de Cumis [a
cura di], Evaluation. Studi in onore di Aldo Visalberghi, Caltanissetta-Roma, Sciascia,
2002, p. 363).
276 A. S. Makarenko, Poema pedagogico. A cura di N. Siciliani de Cumis. Con la collaborazione di F. Craba, H. Hupalo, E. Konovalenko, O. Leskova, E. Mattia, B. Paternò, A. Rybčenko, M. Ugarova e degli studenti dei corsi di Pedagogia generale I
nell'Università di Roma "La Sapienza" 1992-2009, Roma, L'albatros, 2009, d'ora in
poi l'edizione sarà citata con l'abbreviazione Makarenko3.
277 Ibidem, pp. LXIV-LXV; LXVIII-LXVIX.
275
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tati parziali (i libri pubblicati anche con la collaborazione degli allievi),
ma che è alla continua ricerca di “prospettive” di maggior respiro, nella
convinzione delle enormi potenzialità che i giovani possiedono e nel timore che esse vadano perdute se non stimolate adeguatamente. Non ricordo neppure un’occasione in cui, recatami da Siciliani, non mi sia stato
offerto uno spunto di lavoro: una fucina di idee espresse con entusiasmo
ed una capacità di individuare le attitudini di ciascuno veicolandole verso la “costruzione”. Le centinaia di “tesine” o tesi di laurea278 su Makarenko, sono nate sempre da spunti offerti dagli stessi allievi, preferenze
e suggestioni che Siciliani ha guidato verso la realizzazione di un elaborato organico, con i frequenti incontri individuali e quelli “collettivi” del
sabato, in cui la didattica del confronto trova piena attuazione e dai quali è impossibile allontanarsi senza aver ricavato un qualsiasi insegnamento, sia pur in termini di contenuti umani. È proprio questa impostazione metodologica che ha guidato la realizzazione della nuova edizione
del Poema pedagogico, la più vicina all’intento originale proprio perché
realizzata da chi ha compreso a pieno le idee pedagogiche dell’autore.
Una comprensione profonda che va al di là della situazione storicopolitica e che rispecchia un ottimismo pedagogico e la fiducia verso
l’uomo279.
La nuova edizione, vero prodotto di un “collettivo” nel senso più makarenkiano del termine, è passata attraverso diverse fasi di riflessione e
rielaborazione ed ha prodotto dei risultati anche in ambiti collaterali: ha
richiesto, infatti, una seria analisi di carattere filologico, condotta a più
livelli da allievi e dallo stesso Siciliani a partire dal testo in italiano, russo e dalle edizioni in lingue moderne, nell’intento di realizzare un risultato il più possibile aderente alle intenzioni dell’autore. Questo ha determinato una profonda riflessione sull’attività del traduttore, di cui gli
allievi sono stati resi attivamente partecipi nell’ambito dei corsi e
nell’elaborazione dell’opera. A questo si sono aggiunti approfondimenti
di carattere interculturale, che hanno permesso di andare oltre l’aspetto
meramente letterario e di evidenziare le connessioni con ulteriori ambiti
culturologici, ad esempio l’interdipendenza fra la stesura del romanzo
ed il cinema, in particolare la pellicola di N. V. Ekk, Il cammino verso la
vita, curiosamente uscita nel 1931, prima della pubblicazione di parte del
Di esse il prof. Siciliani rende conto a più riprese, da ultimo nella sua Introduzione alla nuova edizione.
279 Cfr. A. S. Makarenko, I miei principi pedagogici, «Rassegna Sovietica», 14, 1951,
p. 22.
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romanzo, ma che con essa ha numerose relazioni280; molteplici, inoltre,
sono stati i confronti fra Makarenko ed altri autori che con lui condividevano idee, spunti, interessi281. Numerosi stimoli, infine, provenivano
dai problemi sollevati dalla lettura del romanzo in ordine al rapporto, ad
esempio, fra educazione e teatro, scuola e lavoro, sulla disabilità, sul
ruolo della famiglia. Questo lavoro, connotato fondamentalmente da
una componente sperimentale, creativa e motivante, ha implicato anche
l’acquisizione da parte degli allievi di competenze scientifiche rigorose,
che Nicola Siciliani ha costantemente sollecitato guidando sia l’attività di
ricerca che l’elaborazione scritta e stimolando negli allievi la capacità critica attraverso una lettura consapevole del testo. Il risultato più prezioso
prodotto da questo sforzo sinergico di insegnante e studente è stato
quello di sollecitare l’interesse e la curiosità per l’attività di ricerca, la
fiducia nella possibilità di parteciparvi secondo le proprie possibilità e
280 Si veda, a questo proposito, D. Scalzo, Per un confronto tra il "Poema pedagogico"
di A. S. Makarenko e "Verso la vita" di N. V. Ekk, in N. Siciliani de Cumis, con la collaborazione di V. Cannas, E. Medolla, V. Orsomarso, D. Scalzo, T. Tomassetti, ItaliaUrss/Russia-Italia. Tra culturologia ed educazione, Roma, Quaderni di Slavia/1, 2001,
pp. 349-402; più di recente N. Siciliani de Cumis (a cura di), Il «Professor Makarenko»
tra romanzo e film, «Pedagogia e vita» 68, 2010, pp. 200-209, in cui la prospettiva educativa makarenkiana viene accostata a quella del cartone animato Ratatouille.
281 A questi confronti il Prof. Siciliani ha dedicato numerosi Corsi di Terminologia pedagogica e di Pedagogia generale I, che hanno portato alla produzione di altrettanto numerose tesine e tesi di laurea su Makarenko, Labriola, Montessori, Dewey, Gramsci, Don Milani, Muhammad Yunus, scrupolosamente elencate in N. Siciliani de Cumis, Il "Makarenko didattico" nell'Università «La Sapienza» di Roma, «Slavia» 2, 2008, 571-583 ed inoltre selezionate e raccolte in Id. (a cura di), Makarenko
"didattico" 2002-2009. Tra pedagogia e antipedagogia, Roma, Nuova Cultura, 2009, presente anche in http://www.makarenko.it. La scelta di pubblicare questi lavori nasce
dalla convinzione che il modo più autentico di valutare la qualità del lavoro dei docenti universitari sia quello di pubblicare i risultati della loro didattica. A Siciliani si
deve anche uno studio specifico sui possibili scambi ideologici fra Dewey e Makarenko in Italia-Urss, cit., pp. 259-267, il cui pregio consiste nella cautela e precisione
dell'indagine filologica con cui viene condotta la ricognizione delle suggestioni reciproche; per un accostamento fra le riflessioni di M. M. Bachtin e Makarenko riguardo al romanzo di educazione e al tema dell'infanzia, cfr. N. Siciliani de Cumis, Su
Bachtin, Makarenko e il Poema Pedagogico come "romanzo d'infanzia", «Slavia» 2, 2001,
pp. 77-87; infine, è dello stesso autore I figli del papuano. Cultura, culture, intercultura,
interculture da Labriola a Makarenko, Gramsci, Yunus, Milano, Edizioni Unicopli, 2010,
frutto di una raccolta di saggi di carattere "interculturale" nel senso lato del termine,
ovvero di uno scambio "alla pari" fra culture differenti e fra docente e allievi.
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attitudini personali, l’idea che essa non sia un ambito riservato ad
un’élite ristretta.
Occorre, inoltre, ricordare che questa terza edizione ha riproposto la
riflessione su alcuni problemi pedagogici della nostra epoca: Makarenko, infatti, nel progettare le proprie innovazioni pedagogiche e nello
sperimentarle, si interroga sull'efficacia di un insegnamento orientato
sullo sviluppo della personalità e sulla cura dei risvolti psicologici, un
insegnamento creativo e volto all'incremento di competenze, piuttosto
che mero travaso di informazioni. In particolare, la sua battaglia "antipedagogica" contro un'educazione "tradizionale", ribadisce la necessità
di una formazione complessiva dell'uomo, che si fondi sull'impiego di
una tecnica calibrata in base all'esperienza. A chi esercita oggi il difficile
mestiere dell'insegnante e vive la traumatica esperienza della riforma,
questa lettura potrà offrire interessanti spunti di meditazione.
Infine, l’opera contiene alcune sezioni mai tradotte prima e due capitoli
assenti nelle due versioni italiane che l’hanno preceduta, fondamentali
per la comprensione degli ideali pedagogici makarenkiani e strettamente
connessi al tessuto del romanzo.
Solo ripercorrendo le tappe fondamentali della stesura di questa terza
edizione italiana del Poema si può comprendere a fondo lo spirito collettivo che la pervade e lo stretto legame fra ricerca e didattica militante di
cui essa è frutto. Innanzitutto va detto che l'impresa di restituire un testo
che fosse il più possibile "autentico", nonostante i limiti già insiti nella
complessa opera di traduzione in un'altra lingua, non era, già nelle sue
premesse, cosa facile ed ha richiesto un accurato lavoro di ricostruzione
filologica. La storia del testo makarenkiano, infatti, è piuttosto complessa: l'opera subì numerosi rimaneggiamenti ancor prima della morte
dell'autore e non solo di sua mano. Già nella pubblicazione a puntate
della prima parte del Poema nella rivista "Al'manach" nel 1933, diretta da
Gor'kij, l'opera fu oggetto di gravi decurtazioni; anche in occasione
dell'edizione completa del 1937 vennero cancellati interi episodi ad opera della moglie di Makarenko282. Queste "varianti" hanno prodotto nella
storia della tradizione del testo gravi guasti e travisamenti interpretativi:
in particolare, i cambiamenti apportati da chi non aveva seguito la lunga
gestazione del Poema e non aveva vissuto la profonda esperienza formativa di Makarenko come scrittore ed educatore, finirono per modificare
il senso originario dell'opera, proprio a causa del nesso inscindibile fra
282 Di queste prime vicende editoriali rende puntualmente conto B. Paternò, Intorno al "Poema pedagogico" di A. S. Makarenko, «Slavia» 3/4, 1995, pp. 18-19.
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forma e contenuto e fra singole parti e l'intero romanzo, rompendo un
equilibrio che l'autore aveva creato con una difficile armonizzazione delle parti. Come si vedrà, un importante punto di riferimento per la ricostruzione della versione italiana del Poema è stata l'edizione critica tedesca di Marburgo283, vero lavoro di équipe il cui testo è frutto di un confronto accurato fra le varianti contenute nell'edizione accademica russa
del 1950, fino ad allora la più autorevole, e le edizioni ad essa precedenti. Lo studio scientifico ha evidenziato anche che numerosi cambiamenti
apportati alla lezione del testo erano del tutto dissonanti rispetto alle intenzioni originarie dell'autore, deducibili dal manoscritto e dai suoi appunti. Traendo importanti spunti anche da questo lavoro, Siciliani de
Cumis ha dato inizio alla paziente opera di ricostruzione della genesi
dell'opera, del suo farsi nella mente dell'autore, evidenziando anche i
motivi della sua attualità284.
Prima fase della lunga gestazione, che ha comportato più di 15 anni di
lavoro per la Prima Cattedra di Pedagogia dell’Università “La Sapienza”
(ancora un aspetto che accomuna l’opera di Siciliani e quella di Makarenko), sono state, a partire dai primi anni Novanta, le esercitazioni di
confronto fra la prima285 e la seconda edizione italiana286 del romanzo ad
A. S. Makarenko, Gesammelte Werke, hrsg. von L. Froese, G. Hillig, S. Weitz u.
a., Ravensburg, Otto Maier Verlag, 1976. Questa edizione venne curata da un gruppo di ricerca, il Makarenko-Referat, che lavorava per il Centro di ricerche di educazione comparata, formatosi nel 1968. Sul lavoro compiuto da questa commissione si
veda B. Bellerate, Sarà la buona volta? L'edizione critica del "Poema pedagogico" makarenkiano, «Orientamenti pedagogici» 1983-1984, pp. 703-706, e Id., A. S. Makarenko
oggi, «Pedagogia e vita» 1, 1995, pp. 11-30.
284 Un proposito che N. Siciliani de Cumis aveva esplicitato per la prima volta in
Per una nuova edizione del Poema Pedagogico di Makarenko, «Scuola e città» 4, 1997,
pp. 157-161, pur avendo già iniziato a lavorarvi da circa quattro anni.
285 A. S. Makarenko, Poema pedagogico, trad. it. a cura di L. Laghezza, Roma, Edizioni Rinascita, 1952; l'opera presenta un'ampia introduzione di L. Lombardo Radice (riprodotta in Appendice alla terza edizione a cura di Siciliani, pp. XLI-LVIII), ma
la traduzione si fonda sull'edizione sovietica del 1947 che, oltre a contenere numerosi errori materiali ed interpretativi, ha apportato notevoli variazioni al testo originario, per lo più indotte da una censura moralistica.
286 A. S. Makarenko, Poema pedagogico, trad. it. a cura di S. Reggio, Mosca, Raduga, 1985. Anche questa edizione non è esente da difetti: nonostante il maggiore rispetto dell'originale, manca un'accurata contestualizzazione della resa terminologica e sono assenti spiegazioni, pur minime, delle scelte editoriali e le note al testo. Su
questo argomento cfr. N. Siciliani de Cumis, Per una nuova edizione del Poema pedagogico di Makarenko, cit., p. 160. C'è da dire, però, che la stessa casa editrice aveva
283
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opera degli allievi, sotto la supervisione di Siciliani287. Man mano che
emergevano gli spunti dalla lettura del Poema, eseguita a lezione prima
dallo stesso docente, poi dagli studenti, sempre più coinvolti fattivamente nel rendere conto delle proprie acquisizioni288, Siciliani cominciava il
lento e scrupoloso lavoro di traduzione di alcune sezioni scelte dell'opera, sulla base dell'edizione dell'Accademia delle Scienze di Mosca. L'opera di mediazione connaturata all'attività del traduttore è stata da lui
incessantemente finalizzata a penetrare le intenzioni originarie di Makarenko, uno sforzo che, a detta di Pirandello, accomuna illustratori, attori e
traduttori289, ma con un risultato che è andato ben oltre le aspettative dello scrittore siciliano, perché sorretto sempre da un profondo rispetto del
dettato d'autore. Un esempio emblematico in questo senso è offerto
dall'attenzione per l'uso dell'interpunzione e per i travisamenti a cui essa
può indurre: il confronto fra l'edizione Raduga e l'originale russo ha
permesso di evidenziare le notevoli modifiche apportate al testo dalle
scelte ingiustificate dei traduttori italiani, restituendogli il suo significato
autentico290.
Da un punto di vista squisitamente pedagogico l'operazione di confronto e di traduzione ha suscitato negli allievi un forte entusiasmo, tanto che alcuni di loro hanno intrapreso lo studio della lingua russa per
una comprensione più profonda e immediata dell'originale291 e questa
passione contagiosa è stato poi il movente principale che ha condotto alla realizzazione della terza edizione italiana del Poema. Il lavoro, inoltre,
sollecitato il contributo dei lettori ad integrare le mancanze di questa edizione, premettendo una nota al testo: «Le Edizioni Raduga saranno molto riconoscenti a
quanti vorranno comunicare la loro opinione sul contenuto, la traduzione e la presentazione di questo libro».
287 Sul lento processo di avvicinamento e la riscoperta del testo makarenkiano,
nonché la correzione dei numerosi errori presenti nella pur pregevole edizione di
Reggio, si veda Makarenko3, pp. LXIV-LXV.
288 Una cura particolare è stata dedicata alla valorizzazione dell'originalità e delle
competenze specifiche: alcune traduzioni, ad esempio, sono state eseguite in dialetto, in altri lavori, invece, sono state proficuamente impiegate le competenze sceniche o poetiche degli studenti.
289 L. Pirandello, Illustratori, traduttori e attori, 1907, in L. Pirandello, Saggi e Interventi, a cura di F. Taviani, Milano, Mondadori, 2006, pp. 643 ss.
290 Cfr. Makarenko3, p. LXIV.
291 Da questo interesse crescente nascono anche alcuni lavori di approfondimento
su temi specifici relativi al contesto storico-culturale del Poema, per i quali cfr. Makarenko3, p. LXV, n. 52.
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ha comportato per gli studenti l'acquisizione di conoscenze teoriche
sull'operazione traduttiva292 e competenze pratiche, raggiunte attraverso
l'impiego di un metodo filologico applicato al testo: all'individuazione
dei principali nuclei concettuali contenuti nel romanzo, infatti, si è aggiunta un'attenta analisi del valore semantico dei termini chiave debitamente contestualizzati293. Sono stati condotti, inoltre, studi specifici sulla
terminologia tecnica legata all'infanzia, che hanno condotto gli allievi ad
una maggiore consapevolezza delle scelte lessicali dell'autore. Il raffronto fra le due edizioni ha permesso di affinare le capacità interpretative
attraverso l'individuazione delle differenze.
In questa operazione euristica di riscoperta del senso originario, ha costituito un tassello indispensabile l'edizione bilingue di Marburgo, che ha
implicato da parte di Nicola Siciliani una nuova impresa traduttiva. L'edizione offriva il vantaggio di possedere un apparato critico in cui erano
fedelmente registrate tutte le varianti al testo presenti nell'edizione accademica ed in quelle russe ad essa precedenti, nonché nella versione in
ucraino; a questi preziosi strumenti filologici si aggiungeva un ampio
commento informativo sulla genesi e sulla diffusione dell'opera. Questa
volta, però, Siciliani de Cumis non si accontenta della propria traduzione, ma ricorre alla consulenza di allieve madrelingua russe o ucraine e di
collaboratori esterni, a cui sottopone sistematicamente i risultati del proprio lavoro ed i propri dubbi: è in questa occasione, inoltre, che diviene
consapevole della presenza di numerosi ucrainismi nel Poema, elemento
del tutto ignoto fino ad allora. Alla fine degli anni novanta e all'inizio
del millennio, quindi, risalgono le collaborazioni con Olga Leskova, Elena Konovalenko, Anna Rybčenko, le numerose letture e riletture del Poema ed i confronti fra il Makarenko tedesco e l'edizione Raduga294: la traduzione ancora provvisoria cui Siciliani giunge in questi anni, infatti,
nasce dal tentativo di rispettare il più possibile questa seconda versione
292 I cui frutti, ad esempio, sono stati messi in luce nella tesi di Laurea in Pedagogia generale di O. Leskova, Il traduttore come mediatore fra le culture. A proposito del
Poema pedagogico di A. S. Makarenko (Relatore: N. Siciliani de Cumis – Correlatori: P.
Ferretti e M. S. Veggetti), Università degli Studi «La Sapienza» di Roma, Anno accademico 2003-2004.
293 Cfr. Makarenko3, p. LXV.
294 Gli avanzamenti negli studi di questi anni sono stati puntualmente riferiti da
N. Siciliani de Cumis in Italia-Urss, cit., in particolare nel saggio qui raccolto, Makarenko a sessanta anni dalla morte. Il "gioco", le "scritture bambine" e il "banchiere dei poveri", pp. 225-258.
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italiana da lui molto apprezzata295, tenendo conto, però, dei nuovi materiali messi a disposizione dall'edizione bilingue. L'opera tedesca, infatti,
oltre a possedere un valore di natura eminentemente storico-filologica,
ha permesso di riscoprire l’importanza degli attuali capp. 11 e 13 (parte
I), per la cui traduzione Siciliani si è avvalso, oltre che dell'originale russo, anche dell'importante contributo di Beatrice Parternò, fine conoscitrice della lingua tedesca. Anche in questo caso l'operazione di palingenesi
è stata determinante per avvicinare il pensiero pedagogico di Makarenko. I capitoli, infatti, contengono alcune idee in nuce che pur trovando il
loro sviluppo in sezioni successive dell'opera, sono fondamentali per
comprendere la nascita del pensiero pedagogico dell'autore, come tasselli di un puzzle senza i quali non può essere restituita l'immagine completa: anche questa riscoperta, dunque, può essere a diritto considerata "filologica" in senso stretto, in quanto funzionale alla ricostruzione del testo originario296. Nel cap. 11, infatti, di natura eminentemente narrativa,
Makarenko racconta un episodio di "cameratismo" fra i suoi colonisti ai
danni delle "autorità", episodio che egli, pur non rendendosene attivamente complice, lascia sfilare di fronte ai suoi occhi senza intervenire
con azioni punitive, limitandosi cioè ad osservare. Ciò che a Makarenko
interessa è studiare le reazioni dei besprizornye di fronte alle aggressioni
esterne, lo spirito di corpo, l'importanza del mutuo aiuto, il senso di appartenenza ad una comunità da difendere: sono i primi segni della nascita di un collettivo. Lo scrittore-pedagogo sta sperimentando e la Battaglia
al lago Rakitno costituisce una tappa di questo processo. Il cap. 13, Sulle
strade accidentate della pedagogia, più riflessivo, mostra alcune idee che saranno riprese ed approfondite in Ai piedi dell'Olimpo (parte III, cap. 10).
L'autore si interroga su quale organizzazione dare alla colonia e soprattutto su quale tipo di lavoro sia più "formativo" in senso sociale. È proprio questo il momento in cui balena nella sua mente l'idea di un nuovo
tipo di educazione, lontana dai falsi moralismi coercitivi, ma anche dal
liberismo e ottimismo pedagogico e dall'abuso che di tali ideologie veniva fatto in Russia. Questo superamento dell'ottica individuale in virtù di
Si veda, a questo proposito, quanto riferito dallo stesso curatore in Makarenko3,
p. LXIV.
296 Sull'importanza di questi capitoli N. Siciliani de Cumis si sofferma in Questo
Makarenko, «Slavia» 3/4, 1995, pp. 3-16, evidenziando la ricchezza dei temi presenti
in confronto alle problematiche complessive affrontate nel romanzo; l'argomento è
ripreso anche nell'Introduzione dello stesso autore alla terza edizione del Poema, p.
LXIII, n. 46. I capitoli furono pubblicati per la prima volta in italiano in «Slavia», 3/4,
1995, pp. 21-34.
295
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una visione più ampia e collettiva, che spinge addirittura Makarenko a
ridimensionare i singoli crimini in virtù di una "prospettiva" pedagogica
di gruppo, è probabilmente il motivo che ha indotto la censura moralistica del capitolo. In realtà esso è determinante per comprendere gli sviluppi del pensiero pedagogico makarenkiano e le modalità della sua genesi: in esso, infatti, si affacciano idee-chiave per l'interpretazione degli
episodi successivi. L'autore parla per la prima volta dell'importanza della tecnica pedagogica e dell'esperienza pratica, della motivazione, delle
connessioni tra formazione morale e progresso economico. In un'opera
in cui il carattere poiematico è parte integrante del sostrato letterario e
pedagogico, sottrarre questi due capitoli significherebbe tradirne la natura stessa ed il carattere sperimentale; la scelta di reinserirli nella loro
posizione originaria, dunque, costituisce una tappa ulteriore di avvicinamento all'autore297.
Fra le traduzioni in lingua straniera del Poema pedagogico è bene ricordare il rifacimento in inglese, The road to life298, che ha riscosso un certo interesse fra gli allievi e fornito utili informazioni per il lavoro di ricostruzione testuale: la traduzione, effettuata da madrelingua ucraine, più sensibili alla polisemia dell'originale e per questo maggiormente fedeli alla
resa terminologica del significato specifico, oltre a far risaltare aspetti di
natura stilistica e contenutistica, ha permesso di sfruttare le potenzialità
espressive insite nella lingua inglese per rilevare alcune sfumature che
nelle edizioni italiane precedenti potevano non essere state colte299.
Nell'edizione dell'Accademia delle scienze sovietiche del 1950 comparivano in
Appendice.
298 A. S. Makarenko, The road to life (An epic education), I-II, transl. by Ivy and Tatiana Litvinov, Moscow, Foreign Languages Publishing House, 1951: il titolo è tratto
dall'edizione americana del film di N. V. Ekk, uscita nel 1933 e presentata da J. Dewey (cfr. J. Bowen, Soviet education. Makarenko and the Years of Experiment, 1962, trad.
it. di A. Mondolfo, Roma, La Nuova Italia, 1973, pp. 5-7). Solo a titolo esemplificativo si può citare, fra i numerosi lavori condotti su questa versione in inglese del Poema il contributo di S. Pellegrini, Makarenko in inglese e in italiano, «Slavia» 2, 2004, pp.
171-216, ma numerosi altri controlli sono stati realizzati (quelli, per esempio, di
Francesca Craba e di Irene Vaccaro), sebbene non siano giunti alle stampe. In realtà
esiste un'altra edizione in inglese precedente a questa (Road to life: transl. by Stefen
Garry, London 1936), che non presenta, però, alcuna utilità ai fini della riscoperta
del testo makarenkiano.
299 Ulteriori confronti sono stati operati sulla base di brani selezionati con le edizioni in lingua francese, greca, spagnola, polacca, albanese, ungherese, a seconda
delle suggestioni e degli apporti da parte di studenti stranieri appartenenti a queste
297
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Nel 2002 venivano pubblicati I bambini di Makarenko300, frutto di lavori
di approfondimento sul romanzo compiuti da Siciliani con la collaborazione degli allievi, un libro che, a detta dello stesso autore, ha permesso
di mettere a fuoco alcune acquisizioni sul pensiero dell'educatore ucraino che, se pur provvisorie, sono divenute nuovi punti di partenza per lo
studio di Makarenko. Il saggio ha costituito una tappa importante anche
per la realizzazione della nuova edizione del Poema, in quanto ha condotto ad una comprensione più autenticamente makarenkiana della nozione di "infanzia", attraverso un'indagine di natura lessicale ed interpretativa.
Un’ulteriore fase che connota lo “sperimentalismo” didattico di Siciliani de Cumis, elemento che lo avvicina ancor più allo scrittore ucraino,
ha visto gli allievi cimentarsi in esercizi di “intercultura”, ovvero traduzioni di alcune sezioni dell’opera direttamente dall’originale con l’aiuto
di specialisti: un'esperienza utile a sviluppare nuove competenze, nella
convinzione che “avanzare il maggior numero di esigenze nei confronti
del ragazzo, ma nello stesso tempo dimostrargli il massimo rispetto” sia
il miglior metodo per produrre il suo progresso301.
L'inattesa pubblicazione nel 2003 di una nuova edizione russa302, contenente sezioni sconosciute del romanzo, ha richiesto per la terza volta
uno sforzo traduttivo ed una rilettura integrale dell’opera: le integrazioni di ulteriori brani, puntualmente riportate nell'edizione di Siciliani, sono state indispensabili per restituire al testo la sua autenticità303. Non è
un caso, probabilmente, che i loci inediti siano contenuti soprattutto nel
capitolo Ai piedi dell'Olimpo: ancora una volta si tratta di sezioni in cui
l'autore si espone presentando la propria antipedagogia. L'edizione russa,
per di più, giunge a conoscenza di Siciliani molto tempo dopo la sua
pubblicazione, quando ormai il nuovo Poema pedagogico sta per essere
dato alla stampa: Siciliani, allora, si dedica a quest'ultimo sforzo di tranazionalità (cfr. N. Siciliani de Cumis, Premessa per una nuova edizione del Poema Pedagogico di A. S. Makarenko, «Slavia» 1, 2008, pp. 564-565).
300 N. Siciliani de Cumis, I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come "romanzo di infanzia", Roma, Edizioni ETS, 2002.
301 A. S. Makarenko, I miei principi pedagogici, cit., p. 22.
302A. S. Makarenko, Pedagogičeskaja poema, Moskva, ITRK, 2003, accessibile in rete
all'indirizzo http://www.2lib.ru/getbook/7089.html
303 N. Siciliani de Cumis nell'Introduzione alla terza edizione del Poema, pp.
LXXVIII-LXXXI, riporta anche un elenco dei passi tradotti dall'edizione russa del
2003 che presentano tuttora problemi di carattere interpretativo: l'intento è di trovar
loro esatta collocazione nell'opera che verrà a breve pubblicata online.
Cronistoria di una riscoperta – Il Poema pedagogico di A. S. Makarenko
405
duzione e revisione, che lo porta finalmente al traguardo: si tratta, però,
avverte il curatore, di un risultato parziale, poiché troppi problemi restano ancora insoluti. Non è chiaro, ad esempio, se le parti aggiunte in
questa edizione del 2003 fossero state eliminate dallo stesso autore o dalla moglie: occorrerebbe una revisione di prima mano degli originali e
della loro disposizione, indagine che, allo stato attuale delle cose, non
sembra realizzabile per la dispersione dei materiali. Che quello di Siciliani sia un work in progress è dimostrato dalla volontà di andare avanti
con nuovi progetti e nuove “prospettive”, anche dopo l'uscita della nuova edizione: il prossimo obiettivo, infatti, è quello di rendere accessibile
a tutti il romanzo attraverso la sua pubblicazione in rete, accompagnata
da saggi che motivino e sostengano l’utilità nel nuovo formato; è prevista, inoltre, la realizzazione di un’edizione cartacea in versione economica, che ne favorisca la divulgazione304.
Il valore di questa terza edizione, dunque, risiede anche nel metodo
impiegato per la sua realizzazione, grazie al quale è stata messa in luce
l'interdipendenza di realtà solo apparentemente in opposizione: la prospettiva individuale e quella collettiva, l'aspetto scientifico e quello divulgativo, l'importanza della teorizzazione e della messa in pratica, il reciproco arricchimento della ricerca e della didattica. In particolare essa è
andata sperimentando l'autentico metodo makarenkiano, attraverso la
partecipazione di chi si è speso professionalmente e di chi ha voluto cooperare all'impresa come apprendista e consulente. L’edizione proposta,
quindi, non è solo quella del testo dell'autore, ma di tutto un sistema
educativo che Nicola Siciliani de Cumis ha riproposto ricontestualizzandolo in una realtà storica, sociale e culturale diversa, eppure sempre
pronta a recepire un insegnamento che si fonda sul rispetto delle componenti più autenticamente umane.
Il progetto prevede, inoltre, la messa in rete di un'antologia di tutti i lavori relativi al Poema pedagogico editi nella rivista «Slavia», realizzata da E. Condò, intitolata Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995-2010, frutto di una tesi di laurea in Pedagogia generale, Relatore Prof. N. Siciliani de Cumis, Correlatore Dott. A. Sanzo, a. a.
2009-2010.
304
Intervista a Dino Bernardini
Dal 1992 in poi, Lei dirige «Slavia». Che rapporto c’è tra la rivista nel suo
insieme e i contributi, rilevanti dal punto di vista quantitativo, riguardanti
Makarenko?
Tra poche settimane «Slavia» compirà venti anni. Quando nacque, nel
1992, la rivista voleva principalmente colmare il vuoto creatosi con la
chiusura di «Rassegna Sovietica», rivista bimestrale di cultura, che per
più di quaranta anni aveva svolto un ruolo importante nella cultura italiana. Certo, nessuno nella redazione, escluso forse il professor Nicola
Siciliani de Cumis, pensava allora che il tema “Makarenko”, o la didattica, avrebbero occupato, poco alla volta, trimestre dopo trimestre, tanto
spazio nella rivista. Insomma, la sezione, o rubrica, Didattica si è conquistata il suo spazio sul campo e oggi non si può immaginare la rivista
senza questa rubrica. Personalmente non ho mai coltivato un interesse
specifico per la didattica o la pedagogia, per me Makarenko è stato innanzitutto uno scrittore, un grande narratore. Peraltro, devo confessare
che quando lo lessi per la prima volta a Mosca nel 1956, non ero ancora
in grado di leggerlo nell’originale russo e lo lessi in quella traduzione italiana che è stata citata e analizzata più volte su «Slavia» e più recentemente nei testi che accompagnano la nuova edizione del Poema pedagogico curata da Nicola Siciliani de Cumis. Era un’edizione degli Editori
Riuniti in collaborazione con una casa editrice sovietica, e devo dire che
quel libro mi piacque moltissimo.
Dunque, Makarenko è entrato in «Slavia» grazie al professor Siciliani.
Tra l’altro, voglio rivelare un particolare: io tanti anni fa parlavo bene il
russo e adesso lo parlo male, mentre Nicola Siciliani lo parlava male e
invece adesso lo parla bene. Anni fa, mi capitava spesso di correggerlo
quando lui diceva: «Makarènko». Allora io gli dicevo: «Guarda che si dice Makàrenko». Ma la lingua, si sa, è una cosa viva, e se non la si pratica
tende ad atrofizzarsi. Così, ultimamente a me è scappato di dire: «Makarènko», e lui giustamente mi ha corretto.
In tutti questi anni, da quando cura la rubrica Didattica, il professor
Nicola Siciliani de Cumis ha fatto collaborare moltissimi dei suoi allievi,
con i quali ha creato il gruppo che ha tradotto e curato la nuova edizione
del Poema pedagogico.
Da diversi anni è nato il sito internet di «Slavia». Che rapporto c’è tra la rivista e il suo sito?
408
Intervista a Dino Bernardini
Sia il sito, ottimamente curato da Piero Nussio, sia la rivista cartacea
sono di proprietà dell’Associazione culturale «Slavia». Molti nostri lettori ci chiedono: «Perché mettete sul sito soltanto l’indice di ogni numero e
non tutti i testi in versione elettronica?». Rispondo che non ce lo mettiamo e non ce lo metteremo per motivi essenzialmente economici. Diciamo innanzitutto che cos’è «Slavia»: un prodotto artigianale che, senza
finanziamenti e senza pubblicità, anzi, diciamola tutta, senza proprio
soldi, miracolosamente esce da venti anni e puntualmente grazie al fatto
che tutti collaborano e lavorano gratuitamente, a cominciare da me che
sono il direttore factotum, dove factotum significa veramente che faccio
tutto: correggo le bozze, rispondo a chi ci scrive, a chi si vuole abbonare
e così via. Se ne avessimo i mezzi, neanche tanti, potremmo lavorare
meglio. Per lavorare meglio intendo: poniamo per esempio che in Russia
o in un altro paese slavo esca un buon un saggio, un racconto, un romanzo che varrebbe la pena di pubblicare. Noi non possiamo chiedere a
qualcuno di tradurlo. Primo, perché non abbiamo i soldi per pagare il
traduttore, ma anche perché oggi bisogna pagare i diritti d’autore. Una
volta, ai tempi di «Rassegna Sovietica», non pagavamo i diritti d’autore,
giacché fino al ’73 nell’Unione Sovietica si pubblicavano gli autori occidentali senza pagare un centesimo e altrettanto facevano gli editori occidentali con gli autori sovietici… In realtà, se un autore occidentale faceva un viaggio in Russia, veniva pagato in rubli, secondo le tariffe
dell’Unione degli scrittori sovietici. E siccome in Unione Sovietica gli autori erano molto ben pagati, con quei rubli l’autore occidentale poteva
comprare molte cose, caviale, pellicce ecc., poteva persino aprire un conto in banca e tenerli a disposizione per un prossimo viaggio. L’unica cosa che non poteva fare era portare via le banconote o cambiarle.
Comunque, tornando a noi, se avessimo i soldi, potremmo anche
chiedere a qualcuno di commentare un avvenimento, di recensire
un’opera letteraria, di scrivere un saggio. Ce n’è di gente in Italia capace
di scrivere buoni testi sulla letteratura russa. Ma questo non lo possiamo
fare perché non abbiamo i soldi per pagare né i traduttori né gli autori.
Quindi io mi comporto come un rapace che sta in cima alla montagna e
guarda giù nella pianura finché non vede passare una preda. Insomma,
aspetto che qualcuno mi dica: «Io avrei tradotto il tale testo», oppure:
«Vorrei tradurre questo testo. Me lo pubblicate?». E io chiarisco subito
che innanzi tutto non abbiamo la possibilità di retribuire, come sarebbe
giusto, il lavoro del traduttore. Poi, se non lo conosco, chiedo se l’autore
è vivo, in che epoca è vissuto. Ma più che l’epoca dell’autore è importante sapere la data della prima edizione dell’opera che si vuole tradurre,
Intervista a Dino Bernardini
409
quando è stata publicata per la prima volta. Perché la formula con cui
l’Unione Sovietica aderì alla convenzione di Ginevra nel ’73 suona più o
meno così: “tutti i testi pubblicati fino ad oggi restano reciprocamente
senza tutela del diritto d’autore, quelli occidentali in Unione Sovietica e
quelli sovietici in Occidente. Quindi si può continuare a pubblicarli senza pagare onorari. Ma tutte le opere ancora inedite, a partire da oggi ricadono sotto la tutela del diritto d’autore”. A quell’epoca pubblicai il testo integrale dell’accordo su «Rassegna Sovietica». Oggi la questione del
diritto d’autore condiziona molto «Slavia», ma c’è soprattutto il fatto che
io non ho il coraggio di chiedere a qualcuno di lavorare gratis. Per questo ho evocato l’immagine del rapace che aspetta la preda. Aspetto che
siano i potenziali collaboratori a fare le proposte.
Ma mi accorgo di essermi allontanato dall’argomento della domanda.
Se noi mettessimo sul sito i testi integrali di ciò che pubblichiamo, temo
che gli abbonamenti diminuirebbero e non venderemmo più le copie arretrate. Non che le entrate dalle copie arretrate siano rilevanti, ma per il
nostro bilancio conta ogni euro. Tornando a Makarenko, credo che ormai, grazie a Nicola Siciliani, qualsiasi approccio al Poema pedagogico non
possa prescindere da «Slavia».
La rubrica Didattica curata da Nicola Siciliani de Cumis è nata nel 2004. In
questa rubrica si parla quasi esclusivamente di Makarenko.
In teoria la rubrica non è dedicata soltanto a Makarenko e infatti accoglie anche testi che nulla hanno a che vedere con l’autore del Poema
pedagogico, però riconosco che l’argomento “Makarenko” è prevalente e
le dirò che questo ha suscitato anche qualche critica.
Questa monotematicità makarenkiana ha mai messo alla prova la sua disponibilità di direttore?
Dal momento che tutto il lavoro della “cucina” di «Slavia» ricade sulle mie spalle, a volte questo mi fa sentire quasi una specie di “dittatore”,
ma devo dire che la mia disponibilità non è mai venuta meno. A parte
questo, siamo un gruppo di amici e quando qualcuno ha fatto notare
l’eccessiva presenza di Makarenko, ho risposto: «Forse che per pubblicare tutto questo materiale su Makarenko abbiamo sacrificato la pubblicazione di qualche contributo caldeggiato dai membri del consiglio di redazione?». La risposta è stata: «No, in verità questo non è avvenuto».
Si deve pensare che sono 240 pagine di rivista da pubblicare ogni 3
mesi, che non paghiamo nessun collaboratore e, miracolosamente, non
410
Intervista a Dino Bernardini
abbiamo il problema di come riempire la rivista. Al contrario, spesso mi
capita di sentirmi in imbarazzo con autori che giustamente si lamentano,
mi scrivono, mi mandano e-mail e mi dicono: «Ma insomma è più di un
anno che mi ha detto che avrebbe pubblicato il mio contributo e ancora
niente…». Però alla fine pubblichiamo tutto ciò che abbiamo promesso
di pubblicare, sia pure con un po’ di ritardo…
Ci sono anche delle pubblicazioni a margine della rivista come i Quaderni di
«Slavia».
Della collana I Quaderni di «Slavia» finora sono usciti cinque volumi.
La collana non ha una periodicità fissa. Quelli sono volumi che, intanto,
bisogna avere i soldi per pubblicarli. Con «Slavia», tutto sommato siamo
quasi vicini all’autofinanziamento grazie agli abbonamenti. Invece i volumi bisognerebbe venderli, ma per questo bisognerebbe anche avere
un’organizzazione dietro le spalle. Il secondo Quaderno che facemmo,
addirittura, lo mandammo in omaggio a tutti gli abbonati. Ma lo avevamo pubblicato perché quella volta si era accumulata una tale quantità di
articoli in redazione che non sapevamo più come uscirne fuori.
Dal 1972 in poi, Lei ha fatto parte del Consiglio di redazione di «Rassegna
Sovietica» in veste di vicedirettore.
Ufficialmente di vicedirettore, ma la situazione era questa: ufficialmente il direttore era Umberto Cerroni, che adesso purtroppo è morto,
ma è stato un grande direttore. Dopo qualche anno che dirigeva «Rassegna Sovietica» aveva ottenuto la cattedra all’Università di Lecce, e quindi faceva avanti e indietro con Roma. Chi dirigeva ufficialmente la rivista era il vicedirettore Irina Colletti. La quale era una donna bellissima
che parlava perfettamente il russo perché era figlia di russi e parlava
perfettamente l’italiano perché aveva studiato e si era laureata in Italia.
Era una persona dolce e colta, ma raramente aveva la forza di opporsi a
qualcuno autorevole. Quando io arrivai nel ’72 a «Rassegna Sovietica» la
rivista stava in ritardo mediamente di un anno. Ogni tanto recuperava
un po’ con il trucco dei numeri doppi, tripli o quadrupli, ma rimaneva
sempre in enorme ritardo a causa della soggezione che Irina Colletti aveva nei riguardi dei collaboratori titolari di cattedra, baroni universitari. Se un professore prometteva un saggio per il prossimo numero, quel
numero non usciva finché il saggio in questione non fosse arrivato in redazione. Il tempo passava e la rivista rimaneva ferma. Quando finalmente quel saggio arrivava, un altro collaboratore titolato che aveva in-
Intervista a Dino Bernardini
411
vece consegnato il suo contributo in tempo giusto, diceva: «Da quando
ho scritto il mio testo sono usciti due saggi importanti sull’argomento, è
passato troppo tempo, devo assolutamente rivedere il mio articolo». È
così che si andava avanti.
Ricordo la prima riunione che facemmo del Consiglio di Redazione.
Qualcuno (non Irina Colletti) disse: «Allora facciamo così, ci sono innanzi tutto questi articoli da pubblicare, sono importanti…». «Va bene, dissi io, - ma dove stanno questi articoli?» «Beh, il professor “X” e il
professor “Y” ce li devono ancora dare», e io: «Sentite, noi facciamo la
rivista con quello che c’è, sarò felice di pubblicare quegli articoli, ma
quando ce li daranno. Intanto ne facciamo a meno e andiamo avanti». In
pochi mesi recuperammo tutto il ritardo. Io rimasi ufficialmente vicedirettore e anche Irina Colletti rimase vicedirettrice di «Rassegna Sovietica» finché la rivista uscì. Però il vicedirettore esecutivo ero io. Successivamente mi venne attribuita anche la carica di direttore responsabile,
mentre formalmente Umberto Cerroni rimase direttore fino alla fine. Ma
devo dire che non c’è mai stato alcun problema tra di noi, anzi, se dovevo risolvere qualche problema spinoso, ricorrevo sempre ai suoi consigli.
Che ricordi ha di Makarenko in quel periodo?
Come ho già detto, nel ’56 avevo letto il Poema pedagogico per la prima
volta a Mosca in italiano ed ero rimasto entusiasta dell’autore in quanto
scrittore. Non avevo un particolare interesse per il tema dei besprizorniki,
per me Makarenko era un classico della letteratura sovietica. Quando
Nicola Siciliani iniziò a scrivere su Makarenko in «Slavia» io ne fui felice,
ma c’era anche il fatto che allora temevo sempre ci potesse mancare una
parte di materiale per completare il numero, quindi era una fortuna che
la rubrica Didattica ci garantisse sempre un certo numero di pagine di
buona qualità. Il che non era poco.
Invece di Makarenko su «Rassegna Sovietica» non c’è mai stata traccia?
Adesso non ricordo, ma sicuramente il tema Makarenko è stato presente in «Rassegna Sovietica» chissà quante volte. Peraltro è facile verificarlo perché uno dei nostri cinque Quaderni di «Slavia», curato da Tania
Tomassetti, contiene proprio gli indici ragionati delle quaranta annate di
«Rassegna Sovietica». Insomma per me Makarenko resta un ottimo scrittore, ma non saprei giudicare il suo valore di pedagogista, anche in considerazione del fatto che aveva a che fare con un tipo particolare di allie-
412
Intervista a Dino Bernardini
vi, quasi tutti ex delinquenti, ragazzi abbandonati, besprizornye, letteralmente “privi di qualcuno che badi a loro”.
Ancora prima, nasceva «Rassegna della Stampa Sovietica»: ricorda le circostanze della trasformazione di questa rivista in «Rassegna Sovietica»?
Credo che il merito della trasformazione vada riconosciuto a Umberto Cerroni e a Pietro Zveteremich. Inizialmente la rivista doveva essere,
ed era, una rassegna di ciò che si pubblicava in Unione Sovietica. Ma il
taglio era propagandistico. Mi pare che sia durata un paio d’anni. Perché
poi, proprio sotto la spinta di Umberto Cerroni, acquistò sempre più vita
autonoma e cambiò anche nome, diventando «Rassegna Sovietica», rivista di cultura. A quel punto si cominciò a pubblicare con notevole successo il materiale, inedito in Italia, delle avanguardie letterarie e artistiche degli anni ’20 e ’30. Editore della rivista era l’Italia-URSS, Associazione italiana per i rapporti culturali con l’Unione Sovietica, della cui
presidenza facevano parte parlamentari di tutto l’arco costituzionale italiano: democristiani, comunisti, socialisti, liberali, repubblicani. La rivista però era vista di mal occhio dai sovietici proprio perché non era un
organo di propaganda. Allora il senatore Adamoli, segretario generale
di Italia-URSS, pensò a me come nuovo direttore perché avevo studiato
a Mosca, dove mi ero laureato in Lingua e letteratura russa. La speranza
era che io riuscissi a mantenere la linea “italiana” della rivista e al tempo
stesso a mediare con i sovietici, che erano pur sempre la controparte
dell’Associazione.
«Rassegna Sovietica» ebbe successo, nel corso degli anni gli abbonati
aumentarono continuamente, ma nel 1991, quando scomparve l’Unione
Sovietica, non aveva più senso che una rivista italiana si chiamasse
«Rassegna Sovietica».
Sul piano delle scelte e degli esiti, come si caratterizzerebbe in quanto traduttore dal russo?
Ma… Non credo di essere un grande traduttore, forse lo diventerò
con il tempo, dopotutto adesso ho soltanto 78 anni. Ho tradotto però
tanti libri, di narrativa e di saggistica, tre volumi delle opere di Lenin,
Padri e figli e Primo amore di Turgenev. E ho tradotto anche Le anime morte
di Gogol’. Ma quest’ultima traduzione ha una storia che vorrei raccontare. Dagli anni Ottanta gli Editori Riuniti, la casa editrice del PCI, stavano
pubblicando una collana di narrativa in collaborazione con la Progress
di Mosca: io traduco Le anime morte, vengo regolarmente pagato, e dopo
Intervista a Dino Bernardini
413
pochi giorni crolla tutto, Unione Sovietica e PCI. Gli Editori Riuniti falliscono e la mia traduzione finisce tra tante scartoffie negli scantinati della
casa editrice. Passano gli anni, e nella mia cantina ritrovo la mia copia,
sporca, fatta con la carta carbone. Debbo dire che mi era dispiaciuto molto che la mia traduzione fosse rimasta inedita, ma devo anche confessare
che, rileggendola, quella traduzione oggi non mi piace. Così mi sono deciso a rifarla completamente. Debbo anche dire che oggi non sarei capace di tradurre Le anime morte, perché è un testo difficilissimo, pieno di
ucrainismi, ma che quando ho tradotto il libro pensavo di essere
all’altezza del compito. Intendiamoci, mi fido della mia traduzione di allora, credo che sia fedele, quello che non mi piace è il mio italiano. Adesso la sto rifacendo completamente, devo soltanto renderla nel mio italiano di oggi. Perché il segreto di una buona traduzione è quello di scrivere
bene nella lingua di arrivo, anche se, naturalmente, bisogna conoscere
bene anche quella di partenza. Non so quando finirò il lavoro, ogni tanto
ne pubblico un capitolo su «Slavia», ho finito da poco di “sistemare” il
sesto capitolo. Tra un capitolo e l’altro passano mesi, a volte anche un
anno, ma non ho fretta.
Che io sappia, Lei non ha mai insegnato in una università italiana, ma è stato correlatore per alcune tesi di laurea. Cosa ricorda di quella esperienza?
Avrei dovuto intraprendere la carriera universitaria, ero in buoni
rapporti con Ettore Lo Gatto e con Angelo Maria Ripellino, ma per motivi familiari andai a lavorare a Praga, alla redazione di «Problemi della
pace e del socialismo», rivista del movimento comunista internazionale.
Ma di come sono finito a Praga l’ho raccontato in uno dei miei “Scampoli di memoria”, che ogni tanto pubblico su «Slavia».
Poi ho tenuto qualche lezione di letteratura russa, in alcuni di quei
corsi finanziati dall’Unione Europea, ma niente di molto impegnativo.
Un paio di volte, è vero, sono stato anche correlatore di tesi di laurea.
Siciliani ha dichiarato in più occasioni di doverle consigli, consulenze, attenzione critica nel suo lavoro di curatore dell’edizione del Poema pedagogico.
Ritiene che i risultati raggiunti, benché ancora da migliorare, siano accettabili?
Io credo di sì. Non ho ancora avuto il tempo di esaminare a fondo
l’edizione del professor Siciliani de Cumis, ma mi fido della sua serietà
e del suo impegno. Tra l’altro, mi pare di ricordare che nel gruppo dei
suoi collaboratori ci fossero anche due studentesse, o ex studentesse ucraine. Ma per un giudizio sul Poema pedagogico le suggerisco di leggere
414
Intervista a Dino Bernardini
nel numero 4-2010 di «Slavia» l’ottima recensione a cura di Cristina Contri.
Grazie della disponibilità e della collaborazione.
Roma, 10 novembre 2010.
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http://www.topologic.inet [ultima consultazione: 13 giugno 2010].
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http://www.wikipedia.com [ultima consultazione: 13 giugno 2010].
Elaborazione grafica a cura di Valeria Bonfigli
Indice dei nomi
AIME MARCO, XXIII, XLVI, XLVII,
XLIX, 99, 117
ALIGHIERI DANTE, L, 131, 244, 313
AMELIO GIANNI, 310, 327, 365
ANTONIONI MICHELANGELO, 294
ARISTARCO GUIDO, VIII, 271, 286, 294,
296, 365
ARNHEIM RUDOLF, 295
ARROW KENNET, 101
ASOR ROSA ALBERTO, 146
FRANCESCHINI ENRICO, XXXVIII, 22
FRANCIONE GENNARO, LX, 214, 233
BAGNATO AGOSTINO, 3
BOCCACCIO GIOVANNI, 313
HART MICHAEL, LIII, 206
HEMINGWAY ERNEST, 17
HORROCKS DYLON, LVII, 193
GALILEI GALILEO, LXII, 145, 244
GEERT LOVINK, XLVIII
GOLDONI CARLO, 313
GRAMSCI ANTONIO, 288, 369, 399
GRIFFITH RICHARD, 295
GUITTONE D’AREZZO, 313
GUTEMBERG JOHANN, 87
CELLA CLAUDIO, XIX
COSSETTA ANNA, XXIII, XLVI, XLVII,
XLIX, 99, 117, 185
KONOVALENKO OLENA, XVIII, 397, 403
D’ALESSANDRO JAIME, 249
D’ANNUNZIO GABRIELE, 313
DARTON ROBERT, LXI, LXII
DE MARTIN JUAN CARLOS, 1, 173
DE SANTIS GIUSEPPE, 295
DEWEY JOHN, 312
DI GIANMARCO FABIO, LIX, 211
DON LORENZO MILANI, LVII, 191
DORIA MARCO ROSSI, LVI, 3, 149
LABRIOLA ANTONIO, XVIII, 288, 309,
370, 372, 399
LAMBOGLIA ANNA, VII, XLVIII, XLIX,
117
LAWSON JOHN HOWARD, 295
LÉBEDEV NIKOLAJ, 295
LESKOVA OLGA, XVIII, 397, 403
LIZZANI CARLO, 295
LO GATTO ETTORE, 415
LUKÀCS GEORGE, 271, 286, 288, 289, 290,
291, 296
ECO UMBERTO, XXXVIII, XLII, 17, 19
ENGELS FRIEDRICH, 25
ERREDE ELEONORA, III, VII, XIII, XLVI,
LVII, 1, 99
EVANS HAROLD, XXXVIII, 22
FALLACI LORIANA, LII, 135
FERRAROTTI FRANCO, 3, 297
FIGLIOLI EMANUELA, 271, 305
FOSCOLO UGO, 313
MACCAFERRI ALESSIA, 263
MAGGI DORIANA, VII, L, 131
MAIORE EMANUELA, VIII, 271, 309
MAKARENKO ANTON SËMENOVIČ (si
omette per elevato tasso di
ricorrenza)
MANICA FRANCESCA, 312
MANTICO ANTONIO, LII, LVI
422
Indice dei nomi
MANUZIO ALDO, XXXVI, LIV,3
MANZONI ALESSANDRO, 161, 162
MARX KARL, 25, 100, 288, 289, 296
MARZON FRANCESCA, XXXVIII
MATTIA EMANUELA, 369
MAUSS MARCEL, XXIII, 99, 118
MIDA МASSIMO, 295
MONACO GIUSEPPINA, 361
MONDADORI ARNOLDO, XLVIII, 19, 25,
26, 402
MONTESSORI MARIA, 312
NEGRI VALERIA, VII, 167
NIETZSCHE FRIEDRICH, 313
NOCCHI FRANCESCA ROMANA, IX, 369,
397
NOVELLI MASSIMO, XL, 25
NUSSIO PIERO, 410
ORENGO ELENA, 313
ORSOMARSO VINCENZO, 3, 360, 399
OSSICINI CHIARA, 312
PACCHERA ALESSIA, VIII, LVII, 185
PANGRAZI TIZIANA, 271, 299, 305, 306
PARINI GIUSEPPE, 313
PARISI CHIARA, 313
PASCOLI GIOVANNI, 313
PASINETTI FRANCESCO, 287, 295
PATERNÒ BEATRICE, XVIII, 4, 219, 286,
397, 400
PAVESE CESARE, LII, 135
PERESSON GIOVANNI, XXXVII, 16, 18
PERTICARI PAOLO, XLIX, 121
PETRARCA FRANCESCO, 313
PIAGET JEAN, 312
PIANTA DANIELA, VIII, PIERO 271, 317
PINCI CLAUDIA, VIII, 275
PIRANDELLO LUIGI, 402
PIRÈ LUCIANA, XL, 24
POLANYI KARL PAUL, XLVII, 99
POLILLO MARCO, 24, 25
POTTIER EUGÈNE, 307
PUCCINI GIANNI , 295
PURIFICATO DOMENICO, 295
RAMPONI REBECCA , 312
RIPELLINO ANGELA MARIA, 415
ROBIBERO ROMINA, VIII, LVII, 189
RONCAGLIA GINO, XL, LIV, 26
ROSSINI GIOACCHINO , 298
ROTHA PAUL, 295
RUSSELL BERTRAND , XLII, 40
RYBČENKO ANNA, XVIII, 397, 403
SACCOMANNO CATERINA, LVII, LVIII,
205
SALIS STEFANO, XXXIX, 23, 24, 249
SANZO ALESSANDRO, III, XIX, 285, 298,
357, 370, 407
SARACENI FEDERICA, VIII, LIX, LX,
LXIV, 213
SAVIANO ROBERTO, XXXVIII, 19, 21
SCARPETTA DANIELA, IX, 271, 327
SICILIANI DE CUMIS NICOLA, III, VII,
VIII, XIII, XVIII, XIX, XXI, XXII,
XXVI, XLIX, LV, LVI, LXII, 4, 45,
137, 138, 148, 149, 150, 217, 218, 219,
236, 237, 271, 273, 285, 286, 296, 297,
298, 309, 327, 357, 358, 360, 361, 363,
365, 367, 369, 370, 371, 372, 373, 374,
377, 378, 380, 381, 382, 393, 397, 398,
399, 401, 403, 404, 406, 407, 409, 411,
413, 415
SIMMEL FREUD, 101
SINISCALCO MARIA TERESA
SPAZIANI GIORGIO, 366
STENTELLI CLAUDIA, VIII, LXIV, 241,
369
STEVENSON ROBERT LOUIS, XL, 24
Indice dei nomi
TASSO TORQUATO, 313
TEODORI DANIELA VANESA, VIII, LXIV,
LXV, 247
TORRENTE ANDREA, XLIII
TRAMONTANO ISMENE, 267
TRAVERSI FEDERICA, VIII, LXV, 263
UGAROVA MAŠA, XVIII, 219, 397
VAN STRATEN GIORGIO, XXXVIII, 20, 21
VANNUCCHI MONICA, 311, 312
VENEZIANO CORRADO, III, XIX
VERGANO ALDO, 295
VICO GIANBATTISTA, 145, 162, 244
423
VICTOR HUGO, LVI, 175
VISALBERGHI ALDO, XL, XLI, XLII, 39,
40, 42, 43, 365, 397
VLADECK DAVID, 134
VYGOTSKIJ LEV SEMËNOVIČ , 327, 369
YUNUS MUHAMMAD, VIII, LXIII, 238,
239, 275, 276, 277, 278, 279, 280, 281,
282, 366, 369, 399
ZAVATTINI CESARE, 288, 295
ZELA MARCO, LIV
ZVETEREMICH PIETRO, 414
ZYPRIES BRIGITTE, 134
Indice delle tematiche ricorrenti
Accedere, XXXI, XXXVI, XLIII, 1, 2,
44, 45, 136, 168, 175, 187, 206, 213,
242
Accessibilità, 167, 181, 207
Accordo, VII, XXII, L, LI, LIII, 49, 52,
77, 88, 133, 134,135, 137, 138, 143,
144, 145, 160, 162, 247, 281, 293,
298, 309, 386, 411
Acquisto, XXXI, XXXVI, XXXVII,
XXXIX, XLVI, 16, 24, 62, 64, 69, 72,
87, 102, 216, 228
Ampliamento, VII, XXI, XLV, 53, 54,
64, 65, 66, 136, 230, 238
Approccio, XVIII, 15, 17, 114, 265, 266,
367, 411
Approccio produttivo digitale, 15
Archivio, XXXVI, 3, 207, 242
Articoli, XXI, XXIV, XXXV, XXXVII,
XXXVIII, XXXIX, XL, XLIV, LIII,
LVIII, 3, 46, 56, 137, 138, 143, 145,
208, 213, 229, 237, 267, 358, 359,
361, 364, 366, 368, 412, 413
Articolo, XXI, XXVII, XXXI, XXXIII,
XXXV, XXXVIII, XXXIX, XL, XLII,
XLIII, LII, LIX, LXIV, 2, 3, 4, 16, 17,
18, 19, 20, 22, 23, 24, 25, 26, 39, 40,
42, 45, 48, 51, 52, 92, 107, 136, 138,
139, 140, 143, 145, 175, 211, 213,
224, 233, 247, 249, 286, 299, 365,
366, 368, 413
Aspetto, XXVI, XLVIII, LXII, 18, 41, 92,
102, 119, 185, 217, 238, 265, 289,
363, 377, 397, 398, 401, 407, 410
Autore, VII, XIII, XVIII, XXI, XXII,
XXVI, XXXII, XXXIII, XXXV,
XXXVI, XLI, XLII, XLIII, XLIV,
XLV, XLVI, L, LI, LII, LIV, LV, LVI,
LVII, LIX, LX, LXI, 1, 4, 15, 18, 40,
42, 45, 46, 47, 48, 49, 51, 53, 54, 58,
60, 61, 62, 63, 64, 66, 67, 68, 69, 70,
72, 87, 102, 103, 113, 119, 123, 131,
133, 134, 135, 136, 139, 140, 141,
142, 143, 146, 147, 148, 168, 169,
170, 173, 174, 175, 176, 177, 178,
179, 180, 181, 182, 183, 185, 192,
193, 207, 213, 214, 215, 216, 223,
224, 228, 230, 233, 241, 243, 264,
266, 289, 292, 294, 301, 358, 364,
365, 366, 373, 382, 383, 384, 392,
393, 395, 398, 399, 400, 402, 403,
404, 406, 407, 410, 411, 413, 417
Best seller, XLIX, LII, LIX, 16, 17, 18,
19, 122, 135
Biblioteca, XXVII, XXXII, XXXVI, LI,
LIII, LIV, LXIV, 2, 62, 87, 103, 133,
146, 161, 218, 229, 237, 241, 243,
244, 247, 255, 256, 257, 258, 261, 262
Blog, LIII, 15, 22, 50, 76, 77, 78, 79, 84,
88, 99, 107, 117, 144, 185, 265, 418,
419
Book, VIII, XXII, XL, XLVII, L, LIII,
LVII, LVIII, LIX, LXIV, LXV, 15, 17,
24, 25, 26, 56, 76, 78, 88, 90, 96, 143,
164, 166, 192, 205, 206, 207, 208,
209, 211, 247, 248, 249
Casa editrice, 18, 47, 93, 102, 139, 247,
261, 401, 409, 414
Click, 205, 206
Collettivo pedagogico, 372, 387, 417
Computer, XXV, XXVI, XXVII, XXX,
XXXI, XLIV, XLVII, L, LVIII, 15, 22,
46, 47, 49, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 61,
63, 65, 66, 67, 69, 70, 95, 96, 100,
426
Indice delle tematiche
103, 115, 120, 123, 131, 191, 193,
205, 206, 207, 208, 238, 310
Condivisione, XXV, XXVIII, XLII,
XLVII, LVII, 40, 99, 117, 118, 120,
123, 124, 140, 141, 142, 143, 167,
168, 170, 177, 178, 180, 182, 186,
260, 265, 304, 370
Consultazione, XXIV, XXXVI, 23, 92,
136, 169, 206, 207, 208, 235, 241,
242, 243, 244, 245, 363, 419
Contenuti digitali, XXXVII, 3
Contraccambio, 118, 120
Contratto con gli editori, VII, 131, 133
Contributi culturali gratuiti, XLVII,
101
Copie, XXXVII, L, LVII, 16, 17, 20, 21,
93, 133, 136, 145, 183, 218, 228, 233,
411
Copyright, XXXIII, XXXVII, XLIV,
XLIX, LI, LII, LIII, LIX, LXI, LXIV,
3, 47, 119, 123, 134, 138, 139, 140,
141, 142, 143, 144, 146, 168, 169,
174, 175, 176, 177, 178, 179, 180,
181, 182, 192, 213, 215, 229, 230,
234, 241, 247
Costo, XXIX, XXXI, XL, XLVI, 24, 43,
72, 94, 96, 102, 120, 139, 140, 143,
176, 205, 224
Crescita, XXI, XL, LIV, LXII, 2, 17, 18,
25, 115, 147, 149, 167, 170, 236, 237,
239, 276, 279, 280, 281, 282, 283,
306, 309, 327, 367, 370, 371, 373,
379, 380, 383, 385, 391, 392
Cultura, XXXI, XXXIV, XXXVI, XLIII,
XLVI, L, LI, LIV, LV, LVI, LX, 1, 2,
4, 18, 21, 41, 42, 43, 44, 45, 99, 101,
113, 117, 118, 122, 133, 139, 140,
141, 142, 143, 148, 149, 150, 175,
176, 177, 178, 179, 181, 182, 193,
205, 213, 214, 216, 223, 234, 242,
243, 247, 258, 260, 266, 267, 286,
287, 288, 290, 291, 295, 303, 309,
310, 312, 359, 360, 374, 391, 409,
414, 417
Diffusione, XV, XXII, XXVIII, XXXI,
XXXIV, XXXVI, XLII, XLIII, L,
LVII, LVIII, LXI, 15, 46, 50, 65, 98,
102, 120, 122, 142, 169, 170, 174,
179, 205, 213, 215, 218, 223, 224,
228, 229, 230, 233, 242, 260, 403
Digitalizzazione, XL, L, LI, LIII, 25, 50,
131, 133, 134, 135, 136, 138, 143,
145, 191, 236, 237, 244, 247
Dimensione, XIX, XLVIII, 88, 102, 119,
265, 278, 288, 305, 365, 367, 368,
369, 376, 379
Dinamica di gruppo, XL, XLII, 39, 40,
42, 43, 418
Diritto d’autore, XLIV, XLV, 46, 47, 48,
119, 411
Dispense universitarie, 208
Distribuzione, XXXVII, XXXIX, LXIV,
3, 22, 23, 50, 92, 248
Divulgazione, XXIV, XXXIX, XLI, 2,
22, 42, 46, 113, 359, 362, 407
Dizionari, XXV, XXIX, 208, 362
Dominio, VII, XXI, XXXIII, XXXV, L,
LII, LVI, LIX, 1, 29, 124, 131, 138,
139, 140, 141, 142, 143, 144, 145,
146, 167, 168, 169, 170, 173, 174,
175, 176, 177, 178, 179, 180, 181,
182, 190, 192, 213, 214
Dono, VII, VIII, XIII, XXI, XXIII, XXIV,
XLVI, XLVII, XLIX, LVII, LXV, 99,
100, 101, 102, 117, 118, 119, 120,
127, 146, 185, 186, 215, 234, 258,
260, 263, 417
Download, L, 131, 132, 205
e-book, LXV, 24, 207, 249
Editore, 19, 52, 296, 362, 418
Indice delle tematiche
Edizione, XIV, XXXIV, L, LXIII, 79, 84,
131, 135, 138, 170, 217, 239, 295,
368, 371, 372, 373, 374, 397, 398,
400, 401, 402, 403, 404, 405, 406,
407, 409, 410, 415, 418
Educatore, XIII, XXI, 147, 275, 278, 288,
290, 364, 366, 372, 374, 375, 376,
381, 382, 383, 385, 395, 400, 406
Educazione, VII, VIII, XIII, XVIII, XIX,
XXI, XXX, XLII, XLIX, LIV, LV,
LXII, 2, 39, 40, 102, 115, 117, 120,
121, 147, 237, 271, 275, 276, 277,
286, 287, 288, 289, 291, 302, 303,
304, 309, 310, 313, 327, 358, 360,
365, 367, 368, 369, 370, 377, 378,
379, 381, 382, 383, 384, 386, 391,
392, 396, 399, 400, 401, 404, 418
Emulazione, XLI, XLII, 39, 40, 41, 42,
43, 303, 387
Esperienza educativa, 375, 376, 381,
382, 392
File sharing, XLVII, 101, 119, 123
Formato, XXXII, XL, L, LXII, 24, 49,
123, 131, 146, 206, 207, 208, 238,
241, 243, 244, 247, 248, 249, 307,
322, 323, 407
Forum, XXX, XXXIV, XLVI, XLIX, 15,
99, 101, 103, 117, 123, 185, 186
Free software, XLVI, XLVII, 99, 101,
119
Fruibile, XXIV, LVII, 102, 120
Fruibilità, 207, 242
Giornali, XXXVIII, XXXIX, XLIV, 22,
23, 33, 77, 82, 84, 88, 94, 208, 293
Google, VII, XXII, XXVII, L, LI, LIII,
LIV, LVIII, LXII, 82, 131, 132, 133,
134, 135, 136, 137, 138, 143, 144,
145, 146, 150, 153, 155, 157, 158,
159, 160, 162, 163, 166, 237, 244, 247
427
Gratuitamente, XXI, XXXVI, XLV, L, 1,
2, 47, 71, 100, 131, 139, 205, 215,
233, 241, 258, 410
Immagini, XXIV, XXV, LIV, LVIII, 19,
46, 50, 107, 111, 124, 132, 138, 147,
170, 208, 295, 313, 317, 318, 393
Industrializzazione dell'editoria, 18
Innovazione, XXVIII, XXIX, XXXVII, 3,
114, 167, 179
Internet, XXIII, XXXIII, XXXIV, XLIII,
XLVI, XLVIII, XLIX, LVII, 22, 58,
60, 61, 62, 63, 64, 66, 67, 69, 70, 76,
99, 114, 115, 117, 123, 124, 131, 133,
167, 168, 169, 170, 185, 207, 216,
228, 230, 238, 239, 243, 244, 247,
264, 417
i-pad, XXXIX, 22, 25
i-pod, LIX
Laboratorio Makarenko, XVIII, XIX,
XXI, XXII, XXIII, XXVI, XXXIII,
XXXV, 3, 24, 44, 45, 137, 170
Lavoro, IX, XIV, XVII, XVIII, XIX, XXI,
XXII, XXIII, XXIV, XXVI, XXVII,
XXXII, XXXIII, XXXV, XLI, XLII,
XLIV, XLV, XLVI, XLIX, L, LII,
LVII, LIX, LXII, LXIV, 44, 45, 53, 57,
63, 66, 68, 70, 92, 96, 113, 114, 115,
117, 123, 124, 132, 137, 138, 142,
143, 149, 179, 180, 185, 190, 206,
217, 218, 230, 231, 238, 247, 257,
267, 268, 271, 280, 281, 289, 291,
302, 303, 304, 307, 322, 327, 328,
358, 361, 365, 366, 367, 368, 369,
371, 372, 373, 374, 377, 381, 382,
384, 385, 387, 391, 392, 395, 397,
399, 400, 401, 402, 403, 405, 410,
411, 415, 417
Legge sul diritto d’autore, XLV
Leggere, XXII, XXV, XXXII, XL, XLV,
XLVIII, L, LIV, LV, LXI, LXIV, 1,
428
Indice delle tematiche
19, 25, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 67,
69, 70, 71, 76, 77, 79, 80, 93, 94, 95,
96, 98, 102, 120, 122, 123, 132, 148,
150, 187, 191, 192, 193, 208, 217,
218, 258, 261, 262, 294, 309, 374,
391, 415
Legittimità, XXII, LIX, LXI, 213, 217,
287
Lettore/i, XIV, XXX, XXXV, XXXVI,
XXXVII, XXXVIII, XXXIX, XL,
XLVI, LXII, LV, LXIV, 1, 3, 15, 16,
17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 50,
57, 62, 64, 66, 68, 69, 71, 72, 78, 82,
86, 93, 98, 102, 113, 114, 120, 133,
138, 148, 149, 185, 192, 193, 207,
208, 238, 260, 271, 360, 363, 364,
366, 371, 373, 374, 376, 383, 384,
402, 410, 417
Lettura, XIV, XXI, XXXIII, XXXVII,
XXXVIII, XXXIX, XL, XLV, LI, LII,
LVIII, 4, 16, 17, 21, 22, 23, 24, 25, 26,
36, 45, 53, 54, 55, 56, 58, 61, 62, 64,
65, 67, 68, 70, 71, 72, 76, 82, 86, 88,
89, 98, 103, 133, 136, 139, 185, 187,
191, 192, 208, 213, 218, 243, 247,
261, 262, 287, 298, 364, 365, 366,
368, 369, 372, 374, 393, 399, 400, 402
Liber Liber, XXXV, XXXVI, LIV, LXIV,
2, 3, 242, 243
Libreria, XXII, XXXVII, XL, XLII,
LXIV, 16, 22, 24, 53, 54, 55, 56, 57,
58, 59, 61, 62, 63, 64, 65, 67, 69, 70,
131, 146, 187, 205, 207, 247, 248, 249
Libri, XXII, XXV, XXVIII, XXIX, XXXI,
XXXII, XXXV, XXXVI, XXXVII,
XXXIX, XL, XLIII, XLIX, L, LI, LII,
LIII, LVIII, LXII, 2, 3, 15, 16, 17, 18,
20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 49, 50, 56,
59, 61, 63, 64, 68, 69, 76, 77, 78, 79,
86, 87, 88, 89, 90, 95, 98, 116, 122,
124, 131, 132, 133, 134, 135, 136,
155, 158, 187, 189, 191, 192, 205,
207, 208, 209, 235, 237, 238, 242,
244, 247, 248, 249, 256, 258, 260,
261, 278, 298, 310, 359, 360, 362,
398, 414
Limiti economici, 3
Logo, 107, 259, 260
Makarenko, VII, VIII, IX, XIII, XIV,
XV, XVIII, XXII, XXIV, XXVIII,
XXXII, XXXV, XLI, XLII, XLV,
XLVIII, XLIX, LII, LVIII, 3, 4, 10, 15,
17, 26, 42, 44, 45, 53, 102, 103, 120,
122, 137, 138, 140, 143, 147, 149,
170, 192, 193, 216, 217, 218, 219,
236, 237, 271, 273, 275, 276, 277,
278, 279, 280, 282, 283, 286, 290,
291, 298, 299, 301, 302, 303, 304,
305, 306, 307, 314, 317, 318, 319,
327, 328, 358, 359, 360, 364, 365,
366, 367, 368, 369, 371, 372, 374,
375, 376, 377, 378, 379, 380, 381,
382, 384, 385, 386, 387, 391, 392,
393, 394, 395, 396, 397, 398, 399,
400, 401, 403, 404, 405, 406, 407,
409, 411, 413, 417, 418
Marketing, XXVIII, 18, 19, 121, 249
Mass media, L, 18, 271
Mercato, XXXVII, XXXVIII, XXXIX,
XL, XLIII, L, LI, LXV, 15, 16, 17, 18,
19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 31, 99, 115,
120, 133, 169, 191, 192, 228, 229,
240, 263, 390
Messa in rete del Poema, XIX, XXI, 3,
192, 218, 271
Metodologia, LXV, 4, 103, 219, 263,
266, 361
Modelli, XLIII, 15, 99, 118, 121, 265,
366
Indice delle tematiche
Motore di ricerca, L, LI, LIII, LXIV,
107, 131, 133, 136, 143, 144, 243, 244
Mouse, 1, 132, 205
Network, XXX, XXXI, XXXVII, XLVI,
XLVII, XLVIII, 3, 15, 99, 101, 102,
117, 119, 175, 185, 186, 187, 228,
235, 264
Notizie, XXIII, XXV, XXVIII, XXXVIII,
L, LII, LIX, LX, LXI, LXIV, 22, 58,
82, 92, 94, 95, 96, 124, 136
Notizie gratis, XXXVIII, 22
On line, VIII, XXII, XXXV, XXXVI,
XXXVII, XXXIX, XL, XLIII, XLV,
XLVI, L, LI, LVI, LVII, LVIII, LXIV,
1, 3, 15, 16, 17, 24, 42, 44, 53, 54, 55,
56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63, 64, 65,
66, 67, 68, 69, 70, 71, 72, 103, 115,
119, 123, 131, 133, 135, 138, 146,
149, 159, 161, 167, 186, 193, 205,
207, 241, 242, 247, 248, 249, 266, 267
Open, XLVII, LVII, LXV, 101, 119, 123,
124, 167, 170, 263
Open source, XLVII, 101, 119, 123, 124,
170
Opera, XIII, XIV, XVIII, XIX, XXI, XXII,
XXIII, XXIV, XXVIII, XXIX, XXXIII,
XXXV, XXXVI, XLI, XLII, XLIII,
XLIV, XLV, XLVIII, XLIX, L, LII,
LIV, LV, LVI, LVII, LVIII, LX, LXI,
LXII, 3, 4, 20, 40, 42, 44, 46, 47, 49,
50, 51, 52, 102, 113, 120, 122, 131,
135, 136, 137, 138, 139, 140, 141,
142, 143, 145, 146, 147, 148, 149,
150, 169, 174, 177, 178, 180, 181,
183, 184, 190, 193, 213, 214, 215,
216, 217, 218, 228, 229, 233, 236,
238, 241, 243, 247, 249, 276, 289,
291, 294, 305, 306, 317, 358, 364,
365, 367, 368, 371, 372, 374, 375,
429
376, 387, 389, 392, 394, 398, 400,
401, 403, 406, 410
Opere, XXIII, XXXII, XXXIII, XXXVIII,
XLIII, XLIV, XLIX, LI, LII, LIII, LIV,
LV, LIX, LX, LXI, LXIV, 4, 17, 19,
26, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 122,
132, 133, 135, 136, 137, 138, 139,
140, 141, 142, 143, 145, 146, 147,
148, 150, 168, 169, 173, 175, 176,
177, 178, 179, 180, 181, 182, 183,
192, 207, 213, 214, 215, 223, 230,
233, 242, 243, 244, 296, 358, 359,
361, 369, 387, 411, 414
Opere culturali, XLIII, 140, 168, 176
Peer to peer, XXIII, XLVII, 99, 117, 233
Piattaforma, XXVI, XXXVII, XXXIX, 3,
22, 59
Piattaforma on line, 59
Poema pedagogico, IX, XIII, XIV, XV,
XVIII, XIX, XXIV, XXVIII, XXXII,
XXXIII, XXXIX, XL, XLII, XLIX, L,
LII, LVI, LVII, LIX, LXII, 3, 4, 15,
17, 24, 25, 26, 45, 102, 103, 119, 120,
122, 137, 138, 140, 147, 149, 150,
170, 185, 187, 192, 193, 213, 217,
218, 219, 236, 237, 238, 240, 271,
282, 290, 291, 298, 301, 303, 305,
314, 317, 318, 327, 358, 361, 364,
365, 366, 367, 368, 369, 371, 373,
374, 375, 376, 377, 378, 380, 381,
382, 383, 384, 386, 387, 392, 393,
394, 395, 396, 397, 399, 400, 401,
403, 405, 406, 407, 409, 411, 413,
415, 417, 418
Prezzo, XL, 24, 102, 132, 193, 229, 231
Problema dell’editoria, 20
Produzione/produzione
culturale,
XXXVII, 3, 15, 17, 20, 43, 49, 92, 94,
96, 168, 173, 174, 213, 223, 242, 302,
430
Indice delle tematiche
309, 310, 311, 317, 358, 364, 382,
389, 390, 399
Proposta, XIX, LVI, 46, 51, 149, 281,
313, 363, 364, 374, 407
Proposta di legge, 46, 51
Prospettiva, VII, XIII, XIV, XXI, XXII,
XXXIII, LIV, 53, 54, 69, 95, 138, 147,
169, 173, 179, 280, 281, 282, 283,
290, 306, 307, 365, 368, 369, 370,
371, 374, 376, 378, 379, 393, 395,
397, 399, 405, 407
Pubblicazione, XXI, XXXIII, XXXV,
XXXIX, XLII, XLVI, LIX, LXIV, 4,
45, 53, 54, 55, 57, 59, 60, 61, 62, 63,
64, 65, 67, 68, 69, 70, 72, 84, 103,
114, 224, 236, 241, 267, 268, 291,
358, 359, 398, 400, 406, 411
Pubblico dominio, LII, 138, 139, 140,
141, 142, 143, 144, 145, 173, 174,
175, 176, 177, 179, 180, 181, 182
Rapporto, XXI, XXXVII, LXII, 15, 17,
40, 100, 119, 186, 187, 192, 213, 231,
233, 235, 241, 280, 282, 287, 289,
367, 378, 379, 382, 386, 399, 409
Realtà, XXV, XXVI, XLI, XLVIII, LX,
LXI, LXV, 1, 26, 39, 48, 49, 66, 86,
88, 94, 102, 114, 115, 192, 214, 223,
229, 236, 244, 247, 249, 275, 277,
278, 279, 287, 292, 294, 295, 311,
317, 359, 366, 393, 405, 407, 410
Reciprocità, 118, 185
Relazioni di scambio, XLVII, 99, 120
Reportage, XXXIX, 22, 23, 84
Rete, VII, VIII, XIII, XIV, XV, XIX, XXI,
XXII, XXIII, XXIV, XXV, XXVII,
XXVIII, XXXII, XXXIII, XXXV,
XLII, XLVI, XLVII, XLVIII, XLIX,
LI, LIII, LVII, LVIII, LIX, LXI, LXII,
LXIV, LXV, 1, 2, 3, 4, 15, 16, 22, 23,
45, 49, 50, 51, 52, 53, 57, 60, 62, 63,
64, 65, 66, 68, 70, 90, 99, 100, 101,
102, 103, 107, 108, 109, 110, 111,
112, 117, 119, 120, 122, 123, 124,
133, 135, 136, 137, 139, 141, 143,
150, 163, 167, 169, 174, 176, 179,
185, 186, 187, 189, 192, 205, 207,
213, 215, 217, 218, 229, 233, 234,
236, 237, 239, 240, 241, 242, 243,
247, 263, 264, 265, 271, 406, 407, 418
Ricerca, XIV, XVII, XIX, XXI, XXII,
XXIV, XXV, XXVII, XXVIII, XXXII,
XXXIII, XXXV, XXXVI, XXXVIII,
XXXIX, XLI, XLIV, LII, LIII, LIX,
LXII, LXV, 3, 21, 39, 42, 51, 99, 101,
113, 114, 120, 132, 136, 137, 138,
143, 145, 146, 153, 167, 174, 181,
187, 205, 206, 213, 235, 247, 261,
262, 263, 264, 265, 268, 309, 311,
312, 327, 358, 359, 360, 361, 362,
363, 364, 365, 366, 367, 369, 372,
373, 378, 398, 399, 400, 401, 407
Riproduzione di brani, 48, 51
Risorsa, 2, 139, 140, 176, 364, 391
Riviste, XV, XXXVII, 3, 22, 82, 90, 98,
136, 208, 295, 359
Scambi, XIX, XXIII, XXVI, XXXIV,
XLVI, 19, 99, 100, 117, 120, 399
Scaricare, L, LIII, 70, 87, 131, 132, 136,
143, 205, 207, 215, 233, 241, 247,
249, 260
Scelte, XXXIV, XXXVIII, LVI, LXVI, 1,
16, 18, 107, 149, 189, 267, 298, 322,
323, 390, 401, 402, 403, 414
Schermo, LIX, 1, 15, 55, 87, 88, 120, 207,
208, 209, 310
Search, XXVIII, L, 133
Server, 206, 215, 233, 241
Servizio, 69, 95, 121, 247, 261, 292
Sito, XXXIII, XXXV, XXXVI, XXXVII,
L, LI, LXIV, 2, 3, 4, 16, 18, 20, 21, 22,
Indice delle tematiche
23, 24, 25, 26, 49, 82, 107, 113, 124,
138, 143, 205, 214, 215, 216, 227,
239, 241, 242, 243, 249, 260, 266,
267, 268, 271, 358, 361, 409, 410, 411
Social network, 15, 101
Società, XXIII, XXXIV, XXXVIII, XLVI,
XLVII, XLVIII, XLIX, LI, LVI, LIX,
LXIII, LXV, 1, 2, 19, 43, 47, 99, 100,
102, 113, 114, 117, 118, 120, 121,
137, 139, 140, 141, 142, 143, 147,
149, 167, 168, 169, 173, 174, 176,
177, 178, 179, 180, 182, 185, 186,
190, 207, 211, 214, 228, 238, 255,
264, 265, 276, 277, 279, 280, 290,
304, 306, 328, 378, 379, 381, 383,
385, 387, 391
Spazio pubblico, VIII, XXII, LXV, 263,
264, 265
Spese, 23, 181, 236, 392
Stampa, IX, XIV, XV, XXV, XXXVIII,
XLIV, L, LXVI, 16, 17, 19, 23, 26, 47,
51, 65, 84, 92, 93, 94, 131, 168, 173,
213, 236, 237, 264, 267, 370, 406, 418
Stampatore, XXV, 17
Sviluppo, XVII, XXV, XXXIV, LVII,
LX, 2, 40, 41, 142, 143, 182, 190, 192,
214, 223, 229, 239, 264, 276, 277,
280, 282, 290, 301, 310, 312, 367,
377, 385, 387, 390, 391, 392, 397,
400, 404
Tecnologie, XXVII, XXIX, XXX, XLV,
LVIII, LXIII, LXV, 1, 95, 103, 115,
206, 208, 235, 238, 241, 242, 244,
263, 367
Testo, IX, XXII, XXIII, XXIV, XXVIII,
XXIX, XXX, XXXI, XXXII, XXXV,
XXXVI, XLIV, XLVI, XLIX, L, LII,
LIV, LV, LVI, LVII, LVIII, LXI,
LXII, 1, 2, 4, 20, 21, 44, 46, 48, 49, 51,
58, 60, 62, 63, 64, 65, 66, 67, 69, 70,
431
72, 99, 103, 114, 124, 131, 137, 138,
139, 143, 144, 145, 146, 147, 148,
149, 150, 168, 192, 206, 208, 211,
236, 237, 238, 271, 288, 298, 303,
305, 307, 362, 363, 366, 368, 371,
372, 373, 374, 397, 398, 400, 401,
402, 403, 405, 406, 407, 410, 413, 415
Titoli/titoli pubblicati, XXXVII, XL, 4,
16, 18, 24, 25, 207, 249, 292, 296,
358, 359, 361, 369, 393
Tutela, XXXVI, XLIII, XLIV, LIX, LX, 1,
45, 48, 49, 53, 140, 141, 142, 168,
174, 175, 176, 177, 178, 179, 180,
181, 182, 183, 213, 214, 215, 223,
225, 282, 302, 365, 374, 375, 391,
392, 411
Twitter, XLVII
Utente, 119, 123, 142, 145, 167, 178, 180,
186, 260, 265, 280, 363
Utilizzazione economica dell'opera,
48, 52
Utilizzo, XXIX, XXXI, XLV, LIX, LXIII,
2, 17, 26, 46, 51, 64, 67, 144, 169,
178, 180, 186, 207, 213, 214, 240,
244, 263, 266, 267, 268
Valore/valore di scambio, XIII, XXI,
XXII, XXIII, XXXIII, XXXV, XXXIX,
XLII, XLIII, XLIX, LV, LXI, 1, 3, 20,
24, 29, 41, 43, 59, 61, 63, 86, 89, 100,
118, 136, 145, 148, 173, 192, 213,
218, 235, 304, 322, 327, 362, 364,
373, 376, 385, 387, 397, 403, 404,
407, 413
Vendita, XXXVII, LI, LVIII, LXV, 16,
53, 54, 60, 61, 63, 64, 65, 66, 67, 133,
205, 215, 217, 224, 230, 248, 255,
260, 389
Versione, XXIV, XXIX, XXX, XXXIII,
XLVI, LI, LVIII, 70, 72, 132, 134,
432
Indice delle tematiche
169, 205, 209, 249, 307, 372, 401,
403, 405, 407, 410
Web, VII, VIII, XIV, XIX, XXI, XXII,
XXIII, XXIV, XXV, XXVI, XXVIII,
XXX, XXXIII, XXXVIII, XXXIX,
XLII, XLVI, XLIX, LVII, LXI, LXIII,
LXIV, LXV, 15, 22, 23, 40, 44, 45, 50,
84, 93, 99, 100, 102, 107, 113, 117,
118, 119, 120, 124, 132, 135, 146,
155, 167, 170, 185, 205, 235, 236,
237, 239, 242, 263, 264
Wikipedia, XXXV, XLVI, XLVII, L, 3,
4, 7, 50, 99, 168, 185, 191, 206, 214, 215,
267, 41
Finito di stampare nel mese di ottobre 2012
presso il Centro Stampa Pioda, Roma