Makarenko in rete. Poema pedagogico 2009
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Makarenko in rete. Poema pedagogico 2009
SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA FACOLTÀ DI MEDICINA E PSICOLOGIA CORSO DI LAUREA IN PEDAGOGIA E SCIENZE DELL'EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE TESI DI LAUREA IN PEDAGOGIA GENERALE I Laureanda Eleonora Errede Matricola 983162 Relatore Chiar.mo prof. Nicola Siciliani de Cumis Correlatori Chiar.mo prof. Alessandro Sanzo Chiar.mo prof. Corrado Veneziano MAKARENKO IN RETE POEMA PEDAGOGICO 2009-2010 Anno Accademico 2011 – 2012 Elaborazione grafica a cura di Valeria Bonfigli Indice* Presentazione - A cura di Nicola Siciliani de Cumis .............................. XIII Premessa ..................................................................................................... XVII Introduzione ................................................................................................. XXI Profili d’indagine e documentazione - A cura di Eleonora Errede .............. 1 Sara Amici - Segreti di dominio pubblico ...................................................... 1 Documentazione 1 ............................................................................................ 5 Luana Arduini - Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità ............... 15 Documentazione 2 .......................................................................................... 27 Valentina Benvenuto - Rapporto individuale-collettivo .............................. 39 Barbara Bozza - Il diritto d’autore nell’era di internet ................................ 45 Ilaria Carducci - Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva. Intervista.................................................................................................... 53 Documentazione 3 .......................................................................................... 73 Eleonora Errede - Il dono al tempo del web 1 ............................................... 99 Documentazione 4 ........................................................................................ 105 Anna Lamboglia - L’educazione di massa e le industrie culturali ........... 117 Documentazione 5 ....................................................................................... 125 Doriana Maggi - Google books: contratto con gli editori ......................... 131 Giuseppe Mantico - L’accordo Google-Italia e la questione del classico ..................................................................................................... 137 Documentazione 6 ........................................................................................ 151 Valeria Negri - Segreti di dominio pubblico - Il punto di vista di Juan Carlos de Martin .......................................................................... 167 Documentazione 7 ........................................................................................ 171 VIII Indice Alessia Pacchera - Il dono al tempo del web 2 ............................................ 185 Romina Robibero - Idee che nella rete volano .............................................. 189 Documentazione 8 ........................................................................................ 195 Caterina Saccomanno - e-book, il libro del futuro ....................................... 205 Federica Saraceni - Legittimità giuridica ...................................................... 213 Documentazione 9 ........................................................................................ 221 Martina Scriboni - Vantaggi e svantaggi di una pedagogia affidata al web ....................................................................................................... 235 Claudia Stentelli - I classici in rete ................................................................ 241 Daniela Vanesa Teodori - Librerie on line e gli e-book ................................ 247 Documentazione 10 ...................................................................................... 251 Federica Traversi - La rete come spazio pubblico ....................................... 263 Appendice ........................................................................................................ 269 Nota introduttiva ............................................................................................. 271 Makarenko didattico 2000 - 2009 - Tra pedagogia e antipedagogia ................. 273 Claudia Pinci - Due autori diversi: Makarenko e Yunus ........................... 275 Elisa Condò - Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 Cinema - Due colloqui su cinema ed educazione Guido Aristarco - Nicola Siciliani de Cumis ......................................................... 285 Michela Chiara Borghese “A prua verso il divenire” - Giorni. Un pianoforte e tutte le sue “corde” ................................................................. 297 Marzia Castiglioni Humani - Il teatro e l’handicap nell’ottica di Makarenko .......................................................................................... 301 Emanuela Maiore - Perché la danza a scuola (secondo Nicola Siciliani de Cumis) ........................................................................................ 309 Daniela Pianta - La fotografia di Makarenko .............................................. 317 Indice IX Daniela Scarpetta - Makarenko e il teatro ................................................... 327 Roberta Ceccarelli - La comunicazione nel Poema pedagogico - Dal testo alla radio ........................................................................................ 329 Elisa Condò - Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 ................. 357 Francesca Romana Nocchi - Cronistoria di una riscoperta Il Poema pedagogico di A. S. Makarenko ..................................................... 397 Intervista a Dino Bernardini ....................................................................... 409 Riferimenti bibliografici................................................................................... 417 Sitografia ......................................................................................................... 419 Indice dei nomi ................................................................................................ 423 Indice delle tematiche....................................................................................... 427 * Questo Indice ripropone, secondo una sequenza unitaria e al tempo stesso comprensiva dei vari elementi della tesi, tutto ciò che ne fa parte. Tuttavia, per ragioni di opportunità editoriale, si è optato per una riproduzione delle parti monografiche del lavoro nella loro redazione a stampa; per le parti documentative, in aggiunta ed a spiegazione dei singoli interventi dell’antologia, si rimanda all’allegato dvd. Alla mia famiglia per avermi sostenuta in questi anni di carriera universitaria. A Simone per essermi stato vicino con pazienza ed amore. Al prof. Siciliani de Cumis per i suoi collettivi pedagogici, per la fiducia mostrata nei miei confronti e per esser stato un sostenitore ineludibile sollecitandomi a non arrendermi mai difronte alle difficoltà. Presentazione A cura di Nicola Siciliani de Cumis Questa tesi di laurea specialistica di Eleonora Errede, molto impegnativa per l’autrice e per quanti vi hanno collaborato preliminarmente con letture, documentazioni, redazioni di testi, interpretazioni, risulta infine innovativa nell’insieme, per i suoi contenuti precipui e virtualmente feconda di forme esplosive e di direzioni d’indagine ulteriori. Sviluppa, infatti, precise istanze comunicative e divulgative, introduce inconsueti elementi di riflessione sulle ragioni di un vero e proprio “nuovo campo d’indagini” e comporta, evidentemente, l’opportunità e direi quasi l’obbligo di successive rivisitazioni critiche del Poema pedagogico di Anton S. Makarenko (e, più in generale, dell’Opera dell’autore), per l’appunto nella stessa chiave informativa, formativa e “cooperativa” della medesima materia “poematica” della tesi. Per più motivi. Intanto perché, nel caso dello specifico contributo di Errede ai fini della messa in rete del capolavoro makarenkiano, si tratta comunque di un inserimento sui generis dell’opera di un autore (un classico della pedagogia, con le caratteristiche inscindibilmente proprie e nuove del Makarenko educatore e scrittore), nel nostro contesto: un’operazione comunicativa, pertanto, lontana lontanissima dai suoi propri ambiti storicoculturali originari e socio-politici di riferimento. Ragion per cui è la stessa differenza delle rispettive situazioni pedagogiche e antipedagogiche di contesto evocate, dagli anni Venti-Trenta del Novecento nell’URSS del dopo Rivoluzione d’Ottobre, ad oggi, a insinuare dubbi e ad imporre verifiche continuative dei termini di una propagazione possibile di un’opera per più versi paradossale: che quanto più si allontana nel tempo collocandosi nel suo “mondo”, tanto più riesce a farsi vicina e ricca di proposte per il presente e in prospettiva. In altre parole, di che cosa stiamo parlando? “A caval donato” (come si dice), per un’usuale questione di buona educazione, “non si guarda in bocca”… Risulta però poi di fatto ammesso, che il destinatario del “dono” possa rendersi conto in seguito, a ragion veduta, del valore o disvalore del dono: “Finita la festa, gabbato lu Santu”. E ciò, a maggior ragione, se non è di un “cavallo” che si tratta, ma di un libro dalle qualità non indiscusse e dall’irregolarissima fortuna editoriale. XIV Presentazione In altri termini, che cosa riteniamo di essere sul punto di “regalare”, finalmente, sul web? In che cosa consiste la strenna culturale, che ci siamo fatti persuasi di fruire, noi della Sapienza Università di Roma, dal 1992 al 2012, nelle aule, in studio, nei corridoi, per le scale, nei giardini di Villa Mirafiori? Valeva la pena, individualmente e collettivamente, spendere tanto tempo e tanto lavoro per la lettura, la traduzione, lo studio accurato, la stampa e la ristampa, l’edizione e la riedizione delle seicento pagine e passa di cui consta il Poema pedagogico? Vale la pena, oggi, di servirsi di internet, per voler dare un così grande risalto ad un’opera che quasi nessuno, fuori che nel nostro ambiente di lavoro, considera degna di esser letta, recensita, divulgata? Le ragioni comunicative e “amplificative” del messaggio makarenkiano, idonee a rispondere positivamente ai nostri attuali “perché” - dicevo – è già Makarenko stesso a trasmettercele, nel romanzo… E, intanto, perché la sua scelta di tramutare la sua propria opera di pedagogoscrittore in un’opera letteraria che comunicasse narrativamente ed educativamente gli effetti del lavoro formativo compiuto, viene a Makarenko proprio quell’urgenza di non disperdere e, se mai, di consolidare, accrescere e comunicare al mondo l’esperienza vissuta con i ragazzi della Colonia Gor’kij. E questo, non solo al fine di serbarne e potenziarne la memoria, ma anche per trasmetterne in senso nei modi a lui congeniali della scrittura, contenuti e forme, tra fruizione estetica ed azione educativa, tra formazione del romanzo e romanzo di formazione. Le une e le altre caratteristiche (narrative e pedagogico-antipedagogiche), apertamente inseparabile e praticamente senza limiti, perché adesso del tutto in sintonia, sia con la filosofia della prospettiva di Makarenko, sia con le incommensurabili “aperture” del web. La “tecnica della comunicazione”, del resto, e la “comunicazione della tecnica”, per quanto e l’una e l’altra ancora ad uno stato aurorale, giocano tuttavia nel Poema pedagogico un ruolo esplicito. Basta rileggere con attenzione il romanzo capitolo dopo capitolo e non sarebbe difficile rendersene conto. Né mancano a questo riguardo studi specifici, fioriti nell’ambito ed a lato della nostra pratica comunicativa della materia poematica del romanzo. Basta rileggere le introduzioni all’edizione 2009 del Poema per rendersene largamente conto. Numerose sono d’altra parte le “prove”, raccolte da Errede e da lei illustrate o additate con intelligente organicità e accuratezza all’attenzione del lettore nella sua ricerca. Riscontri che ora si prolungano, da un lato nell’abbondante bibliografia makarenkiana, rintracciabile nel medesimo dossier attualmente predisposto per la rete e di cui si dà conto nella tesi; Presentazione XV e, da un altro lato, in ciò che ne resta fuori: e, quindi, nell’enorme quantità di elaborati scritti d’esame e di laurea (triennale) e di tesi di laurea (di vecchio ordinamento, specialistiche e magistrali), tutti, direttamente e/o indirettamente sul tema del Poema pedagogico e belli e pronti per esser pubblicati, a stampa o in internet… Magari nel ricordo di quell’indimenticabile pagina, ormai conclusiva, del Poema, per l’appunto in tema di comunicazione e di diffusione dell’impresa makarenkiana, in cui Makarenko racconta della raggiunta notorietà mondiale della sua azione di pedagog. Una pagina, a mio parere, moralmente tra le più alte della pedagogia di tutti i tempi, in fatto di mezzi e di fini educativi. E dunque, in prossimità dell’attuale messa in rete del romanzo di Makarenko, una sorta di vademecum decisamente bene augurante: Il nostro treno correva più vivace e avvolgeva negli sbuffi del suo fumo allegro ampie fasce di buone giornate sovietiche. La gente sovietica guardava la nostra vita e si rallegrava. Alla domenica ricevevamo visite: studenti, gruppi operai, pedagoghi, giornalisti di riviste e di quotidiani. Sulle pagine dei loro periodici costoro pubblicavano semplici racconti amichevoli della nostra vita, fotografie dei nostri piccoli, del nostro porcile, della falegnameria. Gli ospiti se ne andavano un poco commossi dal nostro modesto splendore, stringevano le mani ai nuovi amici e all’invito di ritornare rispondevano facendo il saluto e dicendo «agli ordini». Cominciarono a portarci sempre più spesso degli stranieri. Gentlemen eleganti guardavano con cortesia le nostre ricchezze primitive, le vecchie volte del monastero e le tute di cotone dei ragazzi. Non riuscivamo a meravigliarli nemmeno con le nostre vacche. Ma i visi vivaci dei ragazzi, il loro affaccendato chiacchierio e gli sguardi di leggera ironia, che essi rivolgevano a quegli abiti eleganti e originali e a quelle facce ben curate, a quei minuscoli libretti per appunti, colpivano gli ospiti. Essi insistevano con gli interpreti nel porre domande maligne e non c’era modo di convincerli che eravamo stati noi a demolire il muro del monastero, anche se il muro in effetti non c’era più. Mi chiedevano il permesso di conversare con i ragazzi e io lo accordavo con l’unica categorica clausola che non venissero fatte domande sul passato dei ragazzi. Gli ospiti mi guardavano sbalorditi e cominciavano a discutere. L’interprete mi diceva visibilmente imbarazzato: - Chiedono perché nascondete il passato dei ragazzi. Se è brutto, lei ne avrebbe merito ancor più grande. Ma traduceva con piena soddisfazione la mia risposta: XVI Presentazione - Non abbiamo bisogno di meriti. Quella che io esigo è semplice delicatezza. Noi non c’interessiamo mica del passato dei nostri ospiti. Gli ospiti allora sorridevano e annuivano amichevolmente. - Yes, yes! Poi loro se ne andavano sulle loro preziose automobili e noi continuavamo la nostra vita. Premessa L’anno 2002 ha segnato per me una linea di demarcazione culturale molto incisiva: il completamento degli studi del Liceo psico-sociopedagogico sperimentale col conseguimento del diploma di maturità e l’iscrizione all’università presso la Facoltà di Filosofia della Sapienza di Roma. Prima di seguire le lezioni universitarie mi son posta alcuni quesiti, come ad esempio cosa venisse richiesto in termini di competenze/conoscenze ad una studentessa appena diplomata. In un momento d’incertezza nell’affrontare il nuovo percorso formativo, tra me e me, ho iniziato a pensare alla funzione pedagogica dell’insegnante, ossia del lavoro che desideravo intraprendere dopo la laurea. Ho riflettuto sul fatto che, sul versante dei problemi più propriamente educativi e formativi, è di fatto aumentata la richiesta di specifiche competenze professionali in corrispondenza di situazioni esistenziali e sociali sempre più frequenti: socio-svantaggio, nuclei familiari allargati, emarginazione, abbandono scolastico, multi etnie, ricerca di senso, rispetto per la alterità/diversità, handicap, et alia. Quindi ricordandomi di Edgar Morin quando cita Michel de Montaigne, mi sono confermata nella persuasione: […] è meglio una testa ben fatta che una testa ben piena 1. Mi sono quindi liberata dei miei aforismi, consapevole che avrei dovuto impegnarmi a fondo nel percorso universitario per utilizzare quanto avrei appreso, in occasione dei vari esami, in contesti diversi per applicarlo a situazioni completamente nuove in una sorta di long life learning. Dopo l’impatto iniziale, mi sono totalmente immersa ed appassionata agli studi intrapresi, tanto che in tre anni ho sostenuto i 37 esami prescritti per il conseguimento della laurea triennale. Il tema dell’elaborato di laurea è stato Genesi e sviluppo dei processi cognitivi superiori: esperienza valutativa in un istituto comprensivo di Monterotondo (Roma); relatrice la professoressa Maria Serena Veggetti. 1 Cfr. E. MORIN, La testa ben fatta. Riforma dell'insegnamento e riforma del pensiero, Milano, Raffaello Cortina, 2000. XVIII Premessa Tuttavia, ancora non mi sentivo soddisfatta. Avevo desiderio di approfondire le conoscenze pedagogiche. Ho quindi deciso di proseguire gli studi, iscrivendomi alla specialistica dello stesso corso di laurea, per poter completare il percorso in campo educativo. Oltre a questo, un altro dei miei intenti è stato quello di insegnare nella scuola dell’infanzia cercando di seguitare ad apprendere la didattica e la pedagogia più idonea alle età evolutive dei futuri discenti. Lavorare su una tabula rasa è sicuramente complicato, bisogna riuscire ad individuare il metodo più idoneo al raggiungimento degli obiettivi richiesti dal percorso scolastico, cioè rendere “spendibile” quanto appreso in precedenza durante il corso di laurea. Quando avviene il primo approccio con la pedagogia di Anton Semënovič Makarenko? Con il mio secondo esame della laurea triennale seguendo Terminologia pedagogica e di scienze dell’educazione, tenuto dal professore Nicola Siciliani de Cumis. Negli anni del liceo il Poema pedagogico non l’avevo né letto né studiato, quindi non avevo informazioni in merito all’autore ed alla sua opera. Devo dire, d’altra parte di avere conosciuto poco le problematiche makarenkiane anche durante il completamento della laurea triennale. Solo dopo, proseguendo gli studi della laurea specialistica ho cominciato ad apprezzarne i metodi educativi, nel quadro del periodo storico in cui è stato scritto il romanzo. Sin da subito mi hanno colpito le seguenti frasi: Occorre tirar fuori l’uomo nuovo in modo nuovo. Abbiamo la nostra necessità di formare un uomo… il nostro uomo!2 Mi sono dunque appassionata sempre di più al Poema, un vero romanzo di formazione e di educazione di circa cinquecento pagine, che spiegava il senso della riflessione su quelli che erano i miei pensieri sull’approccio pedagogico-educativo con i bambini. Ho così intuito che era necessario approfondire il Poema e l’occasione mi è stata data seguendo il “Laboratorio Makarenko” coordinato dallo stesso Siciliani. La struttura del corso era suddivisa in due moduli: “Labriola”, “Laboratorio Makarenko”. È proprio nel “Laboratorio Makarenko” che venCfr. A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico. A cura di N. Siciliani de Cumis. Con la collaborazione di F. Craba, H. Hupalo, E. Konovalenko, O. Leskova, E. Mattia, B. Paternò, A. Rybčenko, M. Ugarova e studenti dei corsi di Pedagogia generale I nell’Università di Roma “La Sapienza” 1992-2009, Roma, l’albatros, 2009. pp. 3-4. 2 Premessa XIX go a scoprire l’importanza del lavoro di gruppo e del “collettivo”, di cui discorreva Makarenko: e sin dalla prime lezioni nasce tra studenti e docente un arcobaleno di idee, scambi, desideri, prospettive pedagogiche future… Tutte attività con un unico obiettivo: la messa in rete del Poema pedagogico in forma gratuita. Nel mese di luglio 2010 ricevo una telefonata del Docente, che mi chiede se fossi interessata ad approfondire l’argomento del “Laboratorio Makarenko”, non solo in chiave individuale, ma anche nell’ottica di un lavoro personale di tesi specialistica, che recuperasse nel suo interno la dimensione collettiva, cooperativa, sia del suddetto “Laboratorio”, sia del corso di “Educazione e cooperativismo”. Se avessi accettato, avrei dovuto approfondire determinate direzioni d’indagine già sperimentate dai colleghi studenti del “Laboratorio”, e mettere a punto uno strumento multimediale unitario per far conoscere attraverso il web l’opera del pedagogista ucraino. Ascolto con interesse, ringrazio della proposta che mi è stata offerta e mi riservo di decidere. Finisco con il chiedermi: quale miglior occasione, per specializzarmi in Pedagogia e Scienze dell’Educazione e della Formazione? Difficilmente, forse, potrei trovare un argomento più adatto alla circostanza. Spinta dal desiderio di togliermi il dubbio, inizio ad elaborare l’idea e rifletto sulla possibilità di metterla in pratica. Nel frattempo preparo e sostengo gli ultimi esami della laurea specialistica, arrivando a superare nel mese di ottobre l’ultimo esame, ossia il cinquantunesimo! Alquanto soddisfatta contatto il professore avvisandolo di essere disponibile a dedicarmi al “viaggio” intrapreso mesi e mesi fa: il Poema pedagogico nel web! Non è stato facile, in questi anni, portare avanti la carriera universitaria in parallelo con il lavoro; ma devo dire che non mi sono mai arresa, perché ho sempre creduto di perseguire l’obiettivo che mi ero proposta, nonostante la fatica, credendoci fino in fondo. È solo grazie alla passione e all’entusiasmo che sono arrivata a portare avanti un progetto di ricerca in ambito pedagogico, e a realizzare il sogno di un professore e di una studentessa: inserire il Poema in un portale. Dal momento che nella vita “gli esami non finiscono mai”, anche nel cammino di ricerca i progetti sono in continua evoluzione… i libri, anche quelli più dimenticati, possono essere un’occasione per ricordarli e farli circolare… alla grande! XX Premessa Ringrazio, per la loro collaborazione ed attenzione alla serie dei problemi che il mio lavoro ha posto, i professori Nicola Siciliani de Cumis, Alessandro Sanzo, Corrado Veneziano ed il dottore Claudio Cella. Introduzione Un “Laboratorio Makarenko” Il presente lavoro è il frutto di un’analisi individuale e collettiva maturata nel corso del “Laboratorio Makarenko” tenuto dal professor Nicola Siciliani de Cumis nell’A. A. 2009/2010, nel corso di laurea specialistica di Pedagogia e Scienze dell’Educazione e della Formazione dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza”: l’intento – esplicito – è quello di divulgare l’opera dell’educatore e scrittore ucraino oltre i confini geografici, gratuitamente, attraverso la messa in rete del Poema pedagogico. In merito a tale obiettivo, ci siamo proposti di comprendere se l’inserimento in internet comportasse una perdita del suo valore formativo, oppure una crescita della visibilità delle tematiche pedagogiche e una loro maggiore valorizzazione in senso comunicativo, o divulgativo e dunque anche educativo. L’idea di un’impresa di questo genere, quale offerta di un corso collaborativo come quello su menzionato, ha entusiasmato gli studenti sin dalla prima lezione. E, alla fine, ha ottenuto un nutrito numero di adesioni e quindi di recensioni. Durante il corso gli studenti hanno focalizzato l’attenzione su quelli che potrebbero essere i vantaggi della messa in rete del Poema pedagogico, con l’ausilio di molteplici articoli e materiali didattici, messi a disposizione da Siciliani de Cumis, i quali sono stati presi in esame nelle dimensioni più attinenti all’argomento da svolgere, con l’intento finale di realizzare la pubblicazione nel web. Importante è stata la lettura di un articolo del professor Juan Carlos De Martin3 sul concetto di dominio pubblico e sul valore della conoscenza usata liberamente nell’era di internet. Nello specifico ogni studente si è impegnato ad approfondire un proprio profilo d’indagine, e produrre delle documentazioni in merito a temi di ricerca: concetto di pubblico dominio, rapporto tra best-seller ed editoria di qualità, rapporto individuale e collettivo, diritti d’autore, ampliamento della prospettiva. Inoltre: concetto di dono, educazione di 3 J. C. DE MARTIN, Segreti di dominio pubblico. Il valore della conoscenza usata liberamente, in «Nova» inserto di «Il Sole 24 ore», 20 novembre 2008, pp. 1-2. XXII Introduzione massa e industrie culturali, Google books, accordo Google-Italia, segreti di dominio pubblico, e-book, legittimità giuridica, classici in rete, librerie on line, rete come spazio pubblico. Il filo conduttore, e lo scopo di tutto il lavoro di natura cooperativistica, è stato quello di pubblicare il Poema nel web. Peraltro va posto l’accento sul fatto che l’impegno nella ricerca dei materiali, le recensioni individuali, le interpretazione collettive si sono svolti secondo un criterio di tipo cooperativistico, costruendo un’ipotetica prospettiva makarenkiana on line, mantenendo la stessa tipologia di procedura durante tutto il tempo in cui si è svolta l’esperienza, cioè circa tre mesi: un filo conduttore che non si è spezzato e che, a tutt’oggi, produce ulteriori effetti, proseguendo con l’esperienza innovativa di digitalizzare l’opera makarenkiana. Dopo molteplici dibattiti, confronti, discussioni ed un attento studio, si è giunti alla conclusione che l’inserimento dell’opera in rete non comporta una perdita di valore dell’opera in sé, in quanto ciò consente di completare ed integrare il libro cartaceo compiendo un ipotetico “viaggio culturale” dalla libreria ad internet. Sicuramente positiva è stata l’esperienza, in quanto abbiamo imparato a sfruttare le risorse collettive a beneficio anche della socializzazione del team di lavoro. Dal “Laboratorio Makarenko” alla nascita effettiva del portale Una domanda che può sorgere spontanea nel leggere il presente testo è: in che consiste il passaggio dal lavoro del “Laboratorio” all’elaborato di tesi di laurea? Il “Laboratorio Makarenko”, tenuto nell’anno 2010, è scaturito dall’idea e dall’esigenza del docente Siciliani de Cumis e degli studenti del corso di trovare forme alternative alla mera diffusione di concetti e nozioni teoriche del Poema, proposte dal maestro ucraino Makarenko. Lo scopo da perseguire avrebbe dovuto essere, invece, quello di far nascere negli studiosi maggiore interesse per il pensiero pedagogico dell’autore, ed oltrepassare la soglia che fino ad alcuni decenni fa era rappresentata dai libri cartacei, che limitavano il campo d’interesse ai soli compratori, estimatori e lettori di libri. Va sottolineato che la presente ricerca consiste in una prima approssimazione al problema: un’ipotesi progettuale, un’analisi, un lavoro che tuttavia sottende la speranza che possa far emergere un input spendibile nel miglioramento delle conoscenze, competenze, capacità critiche di co- Introduzione XXIII loro che s’interessano ai temi pedagogici e rimanere un “valore di scambio”, come affermava Marcel Mauss4 nel suo pioneristico saggio sul dono. In sostanza, si è convinti che è più interessante e agevole ricercare argomenti o opere tramite la rete che non su testi cartacei standardizzati; e che comunque, in ogni caso, i due livelli d’indagine si integrano. A conferma di ciò, come risulta dai recenti studi di Marco Aime ed Anna Cossetta5, l’opera makarenkiana, se ritenuta interessante, potrebbe essere un “dono gratuito” senza confini per varie istituzioni scolastiche, ricercatori, luoghi pedagogici, portali e quant’altro. È con la rete che saltano i confini che determinano culture, territori, società. Quindi l’elaborato potrebbe anche essere inteso come l’inizio di relazioni in rete tra giovani, come un atto che dà vita ad un legame di collaborazione culturale tra individui che va al di là del puro scambio di notizie: una sorta di “facebook culturale”! Si presume che nei luoghi di produzione e di trasmissione di cultura sia arrivato il tempo di passare dal do ut des6 al peer to peer7 tramite l’interazione di scambi mediali, per ottenere l’auspicabile dono gratuito di una proficua applicazione allo studio e magari ritrovare in essa la validità di arricchimenti concettuali che oggi sta scemando soprattutto nei giovani: in sostanza, un nuovo e gratificante modo per riappropriarsi del “senso della vita”, traendo spunti ed insegnamenti dai canali del web. Il primo passo è stato quello di recuperare e dare un ordine ai vari elaborati scritti dagli studenti che hanno lavorato per tre mesi nel “Laboratorio Makarenko”. Peraltro, assemblare gli scritti provenienti da tutti gli studenti del corso “Laboratorio Makarenko”, caratterizzati da diversi stili linguistici e di pensiero, non è stata un’impresa facile. Sicuramente è stato sollecitante ogni momento dedicato alla costruzione di un testo organico e riepilogativo, cioè un lavoro di editing di testo. Da ciò scaturisce una critica più che positiva sull’impegno e l’interesse mostrato dai vari colleghi del corso. La particolarità del presente studio è proprio l’esame della documentazione, quel passaggio da lavoro di team ad un lavoro individuale. O- M. MAUSS, Saggio sul dono (1921), Torino, Einaudi, 2002. M. AIME, A. COSSETTA, Il dono al tempo di Internet, Torino, Einaudi, 2010. 6 Do ut des letteralmente significa “dare per avere in cambio qualcosa”. 7 Peer to peer letteralmente significa “pari a pari”. 4 5 XXIV Introduzione biettivo comune: rendere accessibile a tutti in modo gratuito e fruibile il Poema pedagogico, e la sua divulgazione in diverse lingue. Ci si è proposti di restituire non solo i testi specifici concernenti Makarenko, ma anche alcuni contributi didattici prodotti da diversi studenti: quelli che, in qualche modo, sono sembrati evidenziare una certa originalità e vicinanza alle tematiche makarenkiane. Nella ricerca, si evidenziano due diversi livelli di presentazione del materiale: uno documentaristico, selezionato ed adattato alle regole di scrittura del corso di laurea specialistica; l’altro di documentazione dei singoli contributi prodotti nel laboratorio Makarenko con una nota critica realizzata dalla specializzanda, che occupa lo spazio del dvd allegato. Dopo aver creato un ordine alfabetico, nell’ampia documentazione per la messa in rete, si è proseguito con l’Indice, elaborato in modo da rendere visibile, al primo impatto, l’oggetto della trattazione ed i criteri adottati. È stato inserito un Indice delle tematiche ricorrenti che attraversano l’elaborato, viene reso disponibile come guida alla consultazione, all’uso e alla fruizione del testo in rete. Per quanto attiene alle regole di scrittura, si lasciano gli elaborati nella loro versione originaria, così come si presentano, senza apporre correzioni. Per ciò che riguarda la messa in rete, è stato scelto un preciso ordine cronologico di presentazione degli elaborati, seguendo il criterio alfabetico degli studenti. Alcuni colleghi, nel proprio lavoro, hanno inserito una documentazione specifica dei testi e degli articoli, consultati durante il periodo del Laboratorio, come ausilio nella ricerca, per discernere quel che comporta la messa in rete di un’opera, ed individuare le ragioni dei singoli motivi di partecipazione al progetto. Riflessioni, critiche, studi e ricerche sul web La complessità (e la di diversificazione dei punti di vista) prodotta dall’analisi della comunicazione multimediale, ha fatto registrare il crescente coinvolgimento di pedagogisti, psicologi, filosofi, politologi, esperti del settore della comunicazione. L’era dell’iPad, seguendo il pensiero espresso nel testo del politologo Giovanni Sartori, Introduzione XXV rappresenta la nuova civiltà dell’immagine e il declino della scrittura 8. Da Johann Gutenberg, uno stampatore di Magonza, inventore della stampa (1452) a caratteri mobili, con la quale avvenne il passaggio dal libro manoscritto al libro stampato, la forma scritta di comunicazione ha assunto nel Novecento aspetti diversi, dovuti alla nascita di nuovi strumenti di trasmissione delle notizie e del sapere, quali stampa, telegrafo, radio, televisione; scoperte che avviano l’era delle comunicazioni immediate. L’avvento della tv fornisce il primato dell’immagine sulla parola, ma sono il computer ed i nuovissimi dispositivi multimediali, che consentono la condivisione e la conservazione dei dati più svariati in qualunque contesto ed a velocità sbalorditive. Centrale diventa la trasformazione del soggetto da homo sapiens ad homo videns. Secondo Sartori, l’uomo contemporaneo ha assunto un diverso atteggiamento nei confronti della realtà che lo circonda, perdendo la capacità di conoscere attraverso i simboli e finendo per conoscere esclusivamente attraverso le immagini. In altre parole, il dialogo non trova più, nella forma scritta, il luogo dove depositarsi ma diventa immagine, al punto che le cose raffigurate contano e pesano più delle cose dette9. Diciamo che la “rottura” avviene alla metà del nostro secolo, con la televisione (tele =da lontano), che porta al cospetto di un pubblico di spettatori eventi da vedere da qualsiasi luogo e distanza. Prosegue esprimendo una sua perplessità: Probabilmente i veri studiosi continueranno a leggere libri, avvalendosi di internet per riempitivi, per le biografie e le informazioni che prima trovavano nei dizionari; ma dubito che se ne innamoreranno10. Proseguendo nella ricerca di opinioni e critiche sul tema, i nuovi dispositivi multimediali ci consentono di avere la rete sempre a “portata di mano”, ma spesso questo significa, almeno secondo alcuni pensatori, essere “in mano” al web. Ecco perchè gli studiosi dei nuovi mezzi di comunicazione rivelano la necessità di trovare una sorta di “antidoto” che G. SARTORI, Homo videns, Roma-Bari, Laterza, 1997, p. 252. Ibidem. 10Ibidem. 8 9 XXVI Introduzione consenta agli utenti di internet di non restare impigliati nelle maglie della rete, ma anzi di vivere proprio attraverso di essa scambi comunicativi efficaci ed arricchenti che rappresentano, nel loro piccolo, lo scopo di tutto il lavoro intrapreso. Per rimanere nel tema, interessante è il punto di vista di Maurizio Ferraris11, tratto da una sua intervista ad alcune importanti figure di riferimento per quanto riguarda il mondo di internet, come Kevin Kelly, cofondatore di wired, che ha sostenuto che il web va concepito non tanto come strumento passivo, ma come organismo che persegue in autonomia i propri fini: è la tecnica che comanda, non l’uomo12! Juan Carlos De Martin, pensa che sia sempre stato così: la tecnica ha sempre determinato l’umanità, tuttavia un aspetto importante che caratterizza sia i computer sia il web è che sono entrambe invenzioni piattaforma, cioè senza un uso fissato a priori. Per Bernard Stiegler, l’irruzione del web nella nostra vita è paragonabile all’irruzione della scrittura nella vita quotidiana dei Greci all’epoca di Socrate che, considererebbe il web come una sorta di phármakon, cioè contemporaneamente un veleno ed un rimedio. Secondo lo scrittore John Naughton, il vero problema di questa nuova scrittura è semmai quanto possa sopravvivere. Più positivo il pensiero di Stiegler il quale sottolinea che bisogna solo trovare i modi di organizzazione e le regole pratiche, che permettono di rendere efficaci gli scambi e di lavorare in modo cooperativo, come in realtà è accaduto e si è realizzato nel Laboratorio Makarenko, tenuto da Siciliani de Cumis. Prosegue l’autore, sottolineando che: il web è lo spazio di quelle che chiamano “cooperative del sapere”; in questo senso il futuro dipende da noi, dalla nostra capacità di rimettere in causa le nostre idee, sorte quando il phármakon era diverso, era la scrittura su carta e dunque era diversa la terapia, senza dimenticarle, ma trasformandole in vista del phármakon, il web, e grazie ad esso, senza restarne ingabbiati 13. M. FERRARIS in «la Repubblica», 7 dicembre 2010. K. KELLY, Quello che vuole la tecnologia, Torino, Codice edizioni, 2011. 13 Op.cit. 11 12 Introduzione XXVII Alcune ricerche scientifiche, per analizzare tutti i punti di vista, sostanziano le tesi del cambiamento delle noste attività neurologiche indotte dalle nuove tecnologie, come l’articolo di Nicholas Carr sull’«Atlantic Monthly» di circa un anno fa, dal titolo: Google ci rende stupidi? La nuova domanda, a nostro parere, pare più “come stiamo cambiando?”, che non l’implicito giudizio contenuto nel chiederci: ”era meglio prima?” Un lavoro di ricerca scientifica in questo senso è raccolto di recente nel «New York Times»14, che cerca di analizzare quel che sappiamo e su come il nostro cervello si comporta nel nuovo sistema di attività discontinue, distrazioni e multitasking creato dalle nuove tecnologie e dalla rete. L’articolo spiega che gli stimoli di questo genere producono dopamina ed eccitazione che possono generare dipendenza: in loro assenza le persone si sentono annoiate. «La tecnologia sta reimpostando il nostro cervello», dice Nora Volkow15. Nel 2008 il consumo d’informazione da parte degli americani era triplicato rispetto al 1960. Secondo una ricerca condotta da Adam Gazzaley16, chi sta davanti al computer per lavoro, cambia finestra o programma circa 37 volte all’ora. Invece, uno studio della University of California Irvine, ha dimostrato che le persone interrotte nel lavoro dall’arrivo di una e-mail, hanno riportato un notevole incremento dei livelli di stress rispetto ai soggetti rimasti concentrati. Si è dimostrato poi che gli ormoni prodotti dallo stress influiscono, riducendola, sulla memoria a breve termine. Altri approfondimenti dimostrano che, alcune persone, riescono facilmente e senza danni, a gestire contemporaneamente molti canali d’informazione anche se il numero di questi super taskers non supera il 3% della popolazione. Per concludere, a nostro avviso, si potrebbe affermare che chi usa molto il computer o altri mezzi multimediali della rete non può che esserne influenzato; ed è indubbio che link, finestre, ecc. condizionano il nostro modo di ragionare. Quando si studiava in biblioteca tra silenzio “tombale”, faticose ricerche per trovare i testi appropriati, tutto era diverso e caratterizzato da notevole lentezza operativa per ricercare la pagina giusta, ecc. Oggi tutto si attingee, almeno in parte si apprende, in Fonte: http://www.ilpost.it/2010/06/07/google-ci-rende-un-po-stupidi/ Nora Volkow neuroscienziata, direttrice dell'istituto di Ricerca statunitense NIDA (National Institute on Drug Abuse). 16 Adam Gazzaley neuroscienziato all’università della California. 14 15 XXVIII Introduzione modo istantaneo; ad esempio, cliccando il tasto search, allora, non è già questa una positività fornita dal web? Sta a noi saperne fruire con l’unica preponderante dote che ci differenzia dall’animale: l’uso appropriato di razionalità ed intelligenza fruendone in maniera saggia e produttiva. A scuola con l’iPad: esperienze, novità L’idea di inserire il Poema pedagogico di Makarenko nella rete per una migliore diffusione e condivisione dell’opera con il prossimo, è stata suffragata da una serie di ricerche veicolate da Apple Italia, circa le nuove introduzioni di apparecchi multimediali e su altri Istituti che hanno adottato l’iPad in classe. Sono stati tenuti presenti anche gli eventuali aspetti negativi di tale innovazione, confrontando i pareri di alcuni intellettuali o studiosi. Il 20 Gennaio 2012, al Museo Guggenheim di New York, non son mancate le novità: iBooks Author, un’applicazione per Malosx, ibooks 2 ed una speciale applicazione, iTunes U. Ad introdurle è stato Phil Schiller17, capo settore marketing di Apple. Oltre quindici milioni di iPad sono già in uso in vari istituti d’istruzione e si pensa ad una accelerazione del processo, reinventando i libri di testo, soggetti ad usura, che non sono interattivi e non favoriscono le ricerche non potendoli aggiornare di frequente. Infine, in arrivo anche iTunes U Apple, il negozio virtuale dove gli studenti di tutte le età potranno trovare i contenuti multimediali. Tra i numerosi tentativi di avviare in Italia la fruizione scolastica del l’iPad al posto dei libri cartacei, si ritiene opportuno produrre notizie sulle sperimentazioni in atto in alcuni istituti di vari ordini e grado. Valido l’esperimento condotto18 in Appennino a Castiglione dei Popoli, in cui sono stati consegnati agli studenti, in comodato d’uso, alcuni iPad all’interno del progetto cl@sse 2.0. La Preside19 sottolinea che tali sperimentazioni, come quelle delle lavagne digitali sono volute dal precedente Ministro della pubblica istruzione e della ricerca (MIUR) Gelmini, come scrutini e pagelle online dal 2008, il registro elettronico integrale dei docenti, dal Phil Schiller dirigente d’azienda statunitense. In Apple ricopre il ruolo di vicepresidente per il product marketing a livello mondiale. 18 Condotto il 19 Gennaio 2012 nella classe 2° F dell’Istituto di istruzione superiore Caduti della Direttissima (Bo). 19 Teresa D’Aguanno Preside dell’IIS Caduti della Direttissima a Castiglione dei Pepoli (Bo). 17 Introduzione XXIX 2009 e la possibilità per i genitori che ne fanno esplicita richiesta, di seguire l’iter formativo, la frequenza alle lezioni e la valutazione dei propri figli, muniti di una password personale20. Ancor più avanti nel progresso elettronico è l’Istituto Icaros di Bergamo, che per primo ha sostituito, nell’a.s. 2011/2012, i libri di testo con le tavolette della “Grande Mela” di Cupertino. Nell’istituto, che opera nel settore della formazione professionale, gli alunni usano l’iPad, nella versione wi-fi, per effettuare delle ricerche, per scrivere ma anche per ricevere i compiti che arrivano direttamente via e-mail, in caso di assenze prolungate. I risultati dell’esperimento verranno monitorati da un ateneo per capire se sia valsa o no la pena di abbandonare o meglio defenestrare le versioni cartacee dei libri. L’innovazione, che ha una valenza economica per le famiglie, anche addizionando il costo di eventuali applicazioni aggiuntive, ottiene una spesa finale probabilmente inferiore al costo dei vari dizionari, libri di testo cartacei che si devono comperare ogni anno. Favoriti anche i problemi cervicali, lombo-sacrali, procurati dagli zaini sempre più rigonfi e pesanti, a partire dalla scuola primaria. Certo l’iPad è un dispositivo molto costoso, ma può essere concesso in leasing o comodato d’uso ai ragazzi, all’incirca 20 dollari al mese per tre anni (in Italia, a circa 15 euro). Sicuramente è proprio in America che si stanno facendo degli esperimenti importanti di apprendimento con le nuove tecnologie: una scuola privata secondaria, la Webb School di Knoxville, in Tennessee, ha reso obbligatorio l’utilizzo dell’iPad in classe dal a.s. 2011/2012. Si è pensato che ormai i ragazzi usino questi dispositivi normalmente a casa, per cui vale la pena che il loro utilizzo cominci a far parte 20 Fonte: http://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/2012/01/19/655552scuola_ipad_espe... [consultato il 23 gennaio 2012]. XXX Introduzione dell’educazione vera e propria. Si potrebbe obiettare che un iPad sarà una fonte anche di distrazioni, oltre che di apprendimento, come già accade con i telefonini usati di nascosto in aula per inviare messaggi, mms, foto, ecc… Proprio per questo, infatti, saranno disabilitati programmi come Facebook, Twitter e tutti i social network, all’interno dell’area della scuola. Utilizzare di fatto un tablet, che è praticamente un piccolo computer, non solo nei laboratori d’informatica ma anche durante la lezione frontale, potrà permettere di fare cose prima impensabili, con un normale libro di testo ed un quaderno sul banco. Altro esempio, per tornare nel nostro territorio, ad usare questo nuovo metodo è stata l’Università Federico II di Napoli, con un portale dedicato su iTunes chiamato “Federica”, raccogliendo migliaia di lezioni da poter ascoltare dalla facoltà più diverse, da Medicina a Chimica, da Biologia alle lezioni sulla Divina Commedia, che si sono dimostrate, tra l’altro, le più scaricate e ascoltate. L’iPad consente di sperimentare nuove funzionalità per le lezioni universitarie, atenei internazionali come Berkeley, Yale, Oxford, il Mit, con audio e video, in particolare a chi non ha potuto seguire le lezioni in presenza, così come chi vuol ripassare concetti non chiari o completare i propri appunti; con questo mezzo ha l’opportunità di collegarsi telematicamente, anche scaricando argomenti e contenuti da altre università. Il mondo della scuola, del resto, sarà rivoluzionato anche dall’ultima novità della Apple: i-Book 2, cioè dalla speciale versione del tablet. Invece, l’Istituto paritario Pio XII, in provincia di Sondrio, introduce la sperimentazione solo su due classi: la prima della scuola media e la seconda del Liceo scientifico. Una scelta che si inserisce nei piani tracciati dal nuovo Ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, che per la scuola del 2012, ha ipotizzato l’uso dei tablet nei licei. Una svolta nella scuola mediante le nuove tecnologie, con l’intenzione di coinvolgere anche gli insegnanti nei piani di aggiornamento per dare slancio alla lezione in classe. In un recente forum con i lettori del quotidiano «la Repubblica», il Ministro ha affermato: I ragazzi sono “nativi digitali”, di conseguenza la loro scuola deve diventare moderna e visionaria quindi, si può fare web 2.0 con strumenti diversi a costi ridotti per le famiglie21. 21 Fonte: http://www.larepubblica.it [9 gennaio 2012]. Introduzione XXXI Si è soffermato poi sul tablet e le sue infinite potenzialità anche come libro di testo in progress scritto dai docenti stessi come banco touch, oppure come blocco notes. Peraltro ha citato i casi, già esistenti in Italia, che testimoniano il successo di utilizzo dei tablet come l’Istituto Cecco Angiolieri di Siena, che aderisce al progetto cl@sse 2.0 e l’Istituto comprensivo V. Brianza di Bollate in provincia di Milano, che fa parte del progetto Apple teacher institute in cui l’iPad è utilizzato in maniera integrata con dispositivi già esistenti nella scuola come la Lim22. Successivamente, sono stati citati esempi interessanti, in giro per il mondo, come quello dell’India, dove il Governo ha regalato un tablet Android dal costo molto contenuto, chiamato “Aakash” a tutti gli studenti, che è riconosciuto dalle istituzioni come strumento molto utile per la formazione. Esemplare soprattutto il caso della Corea del Sud, che ha previsto di passare completamente all’utilizzo dei tablet nelle scuole superiori di I grado nel 2012, ed entro il 2015 a una digitazione totale dei libri scolastici. Verrà utilizzata anche una network cloud che permetterà a tutti gli studenti di accedere ai testi, anche da casa, attraverso una semplice connessione ad internet. A chiudere questa veloce carrellata, l’esperienza di Auburn nel Maine, dove il distretto scolastico ha stanziato duecentomila dollari per l’acquisto di numerosi iPad da far utilizzare agli alunni che frequentano la scuola dell’infanzia, con l’intento di migliorare l’apprendimento. L’iniziativa però non ha mancato di suscitare preoccupazioni e perplessità da parte di alcuni insegnanti e genitori a causa dell’età cronologica dei bambini. Sicuramente questa perplessità può essere accostata al pensiero di Raffaele Simone, come afferma in un articolo del giornale «la Repubblica» del 12 Gennaio 2012, dove sollecita il Ministro Profumo affinché pensi ai libri ed alle biblioteche evitando di puntare sui due “spettri”, che si aggirano per le scuole italiane: le Lim ed il tablet, che definisce il più insidioso date le maggiori possibilità di uso. Quando il Ministro si è insediato, prosegue Simone, ha scoperto che i ragazzi che usano il computer sono solo il 4% ed ha annunciato che, per rendere la scuola italiana più moderna e aggiornata, punterà sulla diffusione di lavagna interattiva e tablet (Lim). A parte l’entità dell’investimento, come riferisce l’autore del su citato articolo, più di un analista dubita della reale utilità di queste risorse nella scuola. 22 Lim: lavagna interattiva multimediale XXXII Introduzione A validare, invece, la nostra ipotesi di inserire il Poema pedagogico in rete, c’è il sondaggio della Fondazione Pearson: nel 2011, l’86% degli studenti universitari che possiedono un tablet, affermano che il dispositivo li aiuta a studiare in modo più efficiente, il 76% segnala che il tablet li aiuta maggiormente durante le lezioni. Il 70% si dichiara interessato a possederlo ed il 20% prevede di acquistarlo nei prossimi mesi. Questi dati schiaccianti danno la sicurezza di essere sulla strada giusta ed essi non paiono il risultato di manie tecnologiche, infatti, gli studi dimostrano che i contenuti interattivi possono affettivamente aumentare l’apprendimento, i ragazzi, oggi, preferiscono imparare “facendo”, rispetto a vedere o leggere, come accade attualmente. Obiettivamente bisogna ammettere che l’Italia è ancora lontana da numeri e iniziative come quella della Corea del Sud. Le nostre esperienze restano sporadiche. Senza dubbio la dotazione di device tecnologici non è sufficiente a trasformare la scuola tradizionale, così come la conosciamo, in una scuola 2.0 come auspica il Ministro Profumo. Per ora egli ha emanato la circolare23 che ha come oggetto: Adozione dei libri di testo per l’a.s. 2012-2013, con indicazioni operative per le scuole di ogni ordine e grado in cui si attesta che i libri di testo da adottare devono essere redatti in forma mista (parte cartacea e parte in formato digitale), ovvero interamente scaricabili da internet, non vanno mantenuti i testi scolastici esclusivamente cartacei. Per l’adozione resta ferma (secondo la circolare ministeriale del 10 Febbraio 2009 n°16, che si intende integralmente richiamata), la cadenza pluriennale (i testi adottati non possono essere cambiati prima dei cinque anni scolastici per la scuola primaria e prima dei sei anni per la scuola secondaria di I e II grado). Le perplessità restano ma il nostro gruppo di lavoro attesta che bisogna evolversi e diffondere le opere (come quelle del pedagogista ucraino Makarenko), attraverso forme convergenti di apprendimento – informazione onde evitare che il libro rimanga solo un oggetto inutilizzato in qualche biblioteca. Le sperimentazioni, è noto, fanno sempre discutere: in positivo o in negativo, l’importante è che inneschino meccanismi di conoscenza adeguata ai tempi e favoriscano un piccolo contributo di ricerca innovativa e non una mera teoria cartacea. Un'altra e non ultima prospettiva futura è quella di pubblicare il Poema nel sito in diverse lingue del mondo, essendo un’opera non molto conosciuta e consultata. 23 Circolare n°18 Prot. 703 del 09 febbraio 2012. Introduzione XXXIII Vantaggi e svantaggi della messa in rete dell’opera Nella nostra ricerca sono stati vagliati gli elaborati individuali che hanno fornito un interessante apporto, in itinere, al lavoro svolto durante il “Laboratorio Makarenko” per la pubblicazione nel web di un’opera come il Poema pedagogico. Punto di partenza, la lettura dell’articolo del docente d’informatica ed internet Juan Carlos de Martin, Segreti di dominio pubblico, il valore della conoscenza usata liberamente, in cui afferma: Le opere dell’ingegno si possono liberamente stampare, copiare, diffondere, eseguire in pubblico, mettere in scena, tradurre, vendere e altro ancora. Ovvero, si può seguire liberamente la propria inclinazione culturale o i propri obiettivi imprenditoriali senza chiedere il permesso dell’autore, dei suoi eredi o di altre entità24. Comunque (lascia comprendere l’autore) non è tutto permesso; infatti, non ci si può attribuire opere non scritte personalmente ma da altri, né è lecito cambiare senso al pensiero originale dell’autore. Prosegue de Martin facendo un esempio. In Italia, sono disponibili ben 38 edizioni de I promessi sposi, 54 edizioni de La divina commedia, con prezzi che variano tra i 5 e i 640 € con versione in milanese e siciliano, recitate sotto forma di audiolibro, commentate da vari studiosi, stampate per ipovedenti, illustrate per bambini e per adulti a fumetti, con rilegature sia economiche, sia di lusso ecc…25 Con tale esempio de Martin ha inteso descrivere le regole usate per il pubblico dominio, ossia per quelle opere per cui sono “scaduti” i diritti d’autore. Questo punto e quello che riguarda le regole/norme del copyright moderno, sono stati approfonditi da alcuni studenti del gruppo di lavoro, come si potrà vedere più avanti. Altro articolo interessante, del su citato autore è quello in cui si illustra l’Internet Governance Forum (Igf), cioè un’iniziativa annuale dell’ONU che dal 2006 mette a confronto i pareri dati su internet (in te- 24 Cfr. J. C. DE MARTIN, Segreti di dominio pubblico. Il valore della conoscenza usata liberamente, in «Nova» inserto di «Sole 24 ore», 20 novembre 2008, pp. 1-2. 25 Ibidem. XXXIV Introduzione ma di società civile, governi, settore privato, università e comunità tecniche) sui tanti aspetti della cosiddetta “internet governance”come, ad esempio, gestione tecnica, accesso, sicurezza, ecc... Quello dell’Igf rappresenta un esperimento pioneristico per l’ONU, sia per i contenuti che per il metodo: la possibilità per gli addetti ai lavori di riunirsi e confrontarsi, scambiarsi idee, progettazioni, interventi, prospettive. In Europa, un forte impulso è stato dato nel 2008 dall’invito, che il Parlamento Europeo ha rivolto agli stati membri, di dar vita ad iniziative regionali e nazionali. L’Italia ha mostrato sensibilità e partecipazione tenendo, nello stesso anno a Cagliari, il primo Igf italiano, organizzato dalla Regione Sardegna e dal Ministro per la Pubblica Amministrazione ed Innovazione, in collaborazione con Isoc Italia26. Invece nel 2009, a Pisa, si è tenuta la II edizione dell’Istituto d’informatica e telematica del Cnr. Gli obiettivi del forum italiano, globalmente, sono affini a quelli dell’Igf dell’ONU: cioè riunire tutti i soggetti interessati per confrontare i vari punti di vista e, dove possibile, trovare posizioni condivise anche allo scopo di indirizzare scelte politiche. Vi è inoltre la volontà di rafforzare la presenza del nostro paese, negli appuntamenti internazionali. L’edizione 2010 dell’Igf Italia tenuta a Roma il 29-30 Novembre 2010, basata sulle precedenti esperienze, ha trovato modo di espandersi, approfondendo gli scambi d’opinione per inserire l’Igf nella società civile con lo slogan “Internet è di tutti: fai sentire la tua voce!”. Così si è inteso di trovare il modo per organizzare incontri tematici paralleli su un qualsiasi argomento relativo ad internet. Grazie al “passa parola” si sono ottenuti ben 21 incontri, da Trento a Cagliari, organizzati in totale autonomia da associazioni no profit, gruppi d’interesse, università, aziende. Gli organizzatori si sono riuniti a Roma (30 Novembre 2010), nella sede del Cnr, insieme agli altri partecipanti dell’Igf. Il fine che si sono proposti è quello di migliorare lo stato di internet in Italia in vari ambiti: libertà d’espressione, micro pagamenti, social networks, digital divide. La soddisfazione dei partecipanti sarà quella di poter dire, in un prossimo futuro, che “anche l’Italia è un paese per internet”. ISOC Italia è la delegazione nazionale (chapter) di Internet Society e agisce principalmente in ambito nazionale con l'obiettivo di diffondere la cultura di Internet e di promuovere lo sviluppo della tecnologia che la sostiene. Missione di ISOC è lo sviluppo e la diffusione universale di Internet. 26 Introduzione XXXV L’articolo su menzionato avvalora il leit motiv del corso di Pedagogia generale I (A.A. 2009-2010). Dopo il lavoro di ricerca svolto su varie fonti come: articoli di giornale, siti internet, motori di ricerca, ecc… sono stati presi in considerazione gli elaborati d’esame degli studenti, che hanno dato il loro apporto, in merito alla pubblicazione on line dell’opera. Si tiene a sottolineare che i contributi apportati dai singoli partecipanti al corso “Laboratorio Makarenko”, ha permesso di spaziare attraverso varie tematiche che hanno ampliato notevolmente il campo di ricerca seguito per sviluppare la seguente tesi. Tutti gli studenti hanno maturato uno spiccato interesse per la pedagogia makarenkiana con una motivazione costante ed un serio impegno nel lavoro di approfondimento sul testo dell’autore ucraino e la scelta della sua messa in rete. Grazie al lavoro della studentessa Sara Amici, Segreti di dominio pubblico, si è venuti a conoscenza dell’associazione Liber Liber, che propone la liberalizzazione simbolica dei libri in ogni punto della città. Vengono resi noti alcuni siti internet, dove è possibile consultare il materiale relativo all’autore come: http://www.wikipedia.org; http://www.makarenko.it; http://www.slavia.it. In particolare il sito di http://www.makarenko.it, introduce il ruolo dell’Associazione italiana Makarenko, costituita nel 2006, aperta a studiosi, ricercatori, docenti universitari, insegnanti italiani e stranieri, che si occupano dell’opera letteraria e pedagogica dell’autore. Come sottolinea Amici: Lo scopo di tale associazione è quello di promuovere in Italia la conoscenza e lo studio delle esperienze pedagogiche ed educative del pedagogista ucraino, di approfondirne i risultati sul piano storico, di verificarne il valore nel contesto sociale attuale, di aprire un confronto con esperienze affini, nel nostro paese e nel mondo. Valide le riflessioni della studentessa, in merito alla decisione di pubblicare on line un libro e su tutto ciò che comporta una serie di quesiti riguardanti i punti di vista dell’autore e del lettore. La pubblicazione in rete fa d’altro canto sorgere dei dubbi circa la sfera economica che riguarda gli interessi dell’autore e/o eredi per le vendite mancate; pertanto a nostro avviso è bene essere informati sulle varie problematiche prima di inserire il Poema in rete. XXXVI Introduzione Come sottolinea de Martin27, ciò ha comportato l’innalzamento (da 14 a 70) di tutela degli interessi economici, dopo la morte dell’autore. Tuttavia, può essere soddisfacente - per chi scrive un testo - il successo dovuto alla diffusione on line della propria opera e (laddove intervenga) l’eventuale pubblicità che se ne riceve. È evidente che i benefici sicuramente più graditi, investono il lettore. È quest’ultimo infatti che può fruire in forma gratuita di qualsiasi libro, economizzando anche sui tempi per la ricerca nelle librerie e l’acquisto della forma cartacea.28 Come fa notare la studentessa Amici nel suo elaborato: Il movimento bookcrossing, che è un’attività globale con iscritti in più di 130 paesi, sostiene da svariato tempo la “liberalizzazione” di libri in vari punti della città. Il sito29 è stato pubblicato nel lontano aprile del 2001 e la maggior parte degli iscritti risiede negli Usa, in sostanza sembra proprio che i libri non “conoscano frontiere”, infatti lo scopo dei fondatori è che la cultura possa divenire libera e condivisibile non manovrata da commercianti. Liberalizzando i libri si riesce anche a seguirne il viaggio attraverso i commenti di coloro che riescono a trovarli ed a prenderli in prestito. Interessante il modo di registrazione tramite un numero scritto su un’etichetta incollata sulla pagina iniziale, in modo tale che la persona che trova il testo (lasciato in treno, al bar, su una panchina) può registrare la data e il luogo in cui ha preso il libro. Questo consente di seguire il percorso del libro “lasciato in libertà”. Dopo averlo letto può rimetterlo in circolazione, seguendo la stessa prassi, dando modo ad altre persone di fruirne gratuitamente. Valido anche il progetto Liber Liber, a giudizio della studentessa, una biblioteca telematica gratuita (progetto Manuzio), fornita anche di un archivio musicale30: una onlus non lucrativa, che ha l’intento di promuovere ogni azione artistica e intellettuale. Essa è stata costituita il 28 novembre 1994, ma operava già dal 1993 con statuto on line ed ha dato vita ad uno dei più vivaci “bookcrossing” italiani. DE MARTIN, Op. cit. Art. 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo, poter accedere e migliorare le conoscenze-competenze, senza limitazioni. 29 Fonte: http://www.bookcrossink.it [consultazione maggio 2010]. 30 Liber musica. 27 28 Introduzione XXXVII Condivisibile l’entusiasmo provato nell’apprendere l’esistenza del progetto su i “libri parlanti”, cioè la produzione di audio-libri letti da volontari e scambiabili liberamente sul sito. A tutto ciò Amici aggiunge il riferimento ad altri due progetti: Pagina Tre e Open Alexandria. Inoltre, prosegue la studentessa: Con Pagina Tre si è costituito un network di riviste culturali e con Open Alexandria si è progettata una nuova piattaforma per la distribuzione di contenuti digitali, innovazione che potrebbe rivoluzionare il mondo dei contenuti liberi da copyright. Un’analisi ugualmente stimolante è stata condotta da Luana Arduini la quale si è documentata sul rapporto tra best-seller ed editoria di qualità; per delucidare l’argomento si è documentata sugli interessi dei lettori nell’acquisto della così detta “editoria di qualità”, in quanto il Poema fa parte di questa categoria. La studentessa ha utilizzato alcuni articoli di giornalisti che s’interrogano su i cambiamenti del mercato editoriale odierno. Ci fa tra l’altro notare, che dell’argomento si è interessato Giovanni Peresson31. Secondo i dati forniti dall’AIE, prosegue: negli ultimi 5 anni il numero dei titoli pubblicati è aumentato del 10,7%, mentre nello stesso periodo di riferimento la tiratura media si è abbassata di 5,2 punti percentuale32. Il responsabile del competente ufficio dell’AIE afferma che si registra un rapido cambiamento delle modalità d’acquisto del pubblico. Ciò che segue ci fa riflettere: il 51% dei titoli non viene venduto in più di due copie. Tutto ciò, evidentemente, condiziona il comportamento degli editori. Arduini riporta i seguenti dati: Un piccolo gruppo di lettori, il 12,9%, preferisce la lettura di un libro on line; il 54% dei potenziali lettori in libreria, per curiosità, se acquista lo fa essenzial- 31 Giovanni Peresson responsabile dell’ufficio studi di AIE (Associazione Italiana Editori). 32 Cfr. una nota dell’elaborato di Arduini, nel suo Dossier. XXXVIII Introduzione mente se viene colpito dal look visivo del libro, quindi il puntare sugli effetti della vendita “visiva”33. Questo fa supporre, come sottolinea Arduini, che il libro entra in una logica on demand 34, nella quale proprio la tecnologia di stampa digitale può rappresentare una grande opportunità andando ad affiancare e/o sopperire la stampa cartacea. Si presume che carta cartacea e stampa digitale, nel futuro si equivarranno in termini di qualità. Sull’argomento la studentessa cita vari articoli, come quello della giornalista Federica Manzon35, che s’interroga sul perché la società letteraria italiana continui ad accusare il mercato di essere colpevole della scarsa qualità delle opere in commercio. Tale fenomeno comporta il dirottamento delle scelte del pubblico verso opere note come: Gomorra di Roberto Saviano, quelle di Stephefen King e di Umberto Eco36. La studentessa prosegue citando l’articolo Chi difende più la qualità? di Giorgio Van Straten, in cui il giornalista afferma che: Oggi gli scrittori sono alla ricerca di un pubblico, ed esso è costituito da chi compra i loro romanzi, quindi gli scrittori scrivono in base agli interessi dei lettori37. Un successivo articolo preso in esame è quello di Enrico Franceschini I dilemmi di internet: giornali al bivio38, che offre una chiave di lettura semplice ed efficace del mercato letterario d’oggi. Invece internet, secondo Harold Evans39, anche lui citato da Franceschini, offre una grande opportunità ai media. L’informazione d’oggi vive in un’età dell’oro. Ibidem. On demand significa a richiesta. 35 F. MARZON, «Il Sole 24 ore», Il mercato letterario? Non è il diavolo, [consultato il 7 marzo 2010]. 36 Fonte: http://www.bibliobarlasco.blogspot.com/201003/chi-difende-più-la qualità.html [consultato il 24 maggio 2010]. 37 Fonte: http://www.bibliogarlasco.blogspot.com [consultato il 28 marzo 2010]. 38 E. FRANCESCHINI, I dilemmi di internet: giornali al bivio, in «la Repubblica» [consultato il 23 maggio 2010]. 39 Harold Evans già direttore del «Times» di Londra, uno dei più noti giornalisti britannici. 33 34 Introduzione XXXIX Un altro interessante punto di vista è quello dei “pessimisti” come rileva Arduini, i quali affermano che il web, offrendo notizie gratis, faccia scomparire i giornali rendendoli vaghi e privi di scientificità. A questo punto è necessario evidenziare una sintesi dell’articolo di Franceschini, precedentemente citato, che risulta di particolare rilevanza a nostro avviso, per lo scopo della nostra ricerca: Il mezzo di divulgazione dell’informazione potrebbe essere l’i-Pad, dando alle news una nuova piattaforma di distribuzione e un modo di ricavarci un utile. Tuttavia in un futuro in cui il giornalismo esisterà prevalentemente o completamente su internet, pone alcuni problemi che non sono stati risolti. Il primo è di ordine economico. I giornali non più solo di carta ma anche o soltanto sul web riusciranno a generare il tipo di enorme fatturato (pubblicità, abbonamenti, ecc…), che è stato fino ad oggi necessario per finanziare una grande azienda giornalistica?40 Sostiene ancora il giornalista: Il giornalismo su internet sarà sospinto inevitabilmente verso la strada della brevità e dell’eclatante, oppure si presterà anche ad ospitare editoriali, inchieste, reportage? In altre parole, un articolo che occupa una pagina intera su un giornale verrà letto dallo stesso numero di lettori anche sul web?41 Le domande, queste ultime e le precedenti, sono state usate come mezzo per stimolare la riflessione dei lettori. Bisogna affermare che la relazione di Arduini approfondisce i temi riportando molti articoli interessanti in cui si evidenziano gli aspetti positivi e negativi di ogni tipo di pubblicazione nel web. Successivamente riporta un articolo a cura di Stefano Salis, Uno spot per il libro contro la crisi della lettura42. L’articolo, come si nota dall’elaborato della studentessa, viene citato perché descrive in maniera esaustiva l’importanza del mercato editoriale e dei libri cartacei. Esso è stato scritto per cercare di sensibilizzare le persone all’acquisto e alla lettura dei libri tradizionali che con l’avvento di internet stanno perdendo valore sul mercato. Ibidem. Ibidem. 42 S. SALIS, Uno spot per il libro contro la crisi della lettura, in «Il Sole 24 ore» [consultato il 14 maggio 2010]. 40 41 XL Introduzione Inoltre, dello stesso giornalista, viene citato l’articolo Dr. Jekill e Mr. Hyde, quando il romanzo è elettronico43, utilizzabile per la messa on line del Poema pedagogico: Detto fatto. Erano stati messi on line proprio mentre si svolgeva al Salone del libro di Torino circa 400 titoli in formato e-book sulla più grande libreria virtuale italiana, che in serata è giunto anche il primo libro comprato. È di Giunti ed è un classico: The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde di Stevenson, nella traduzione di Luciana Pirè. Anche il prezzo è significativo: sul portale il volume costa appena 2,90 €. Non a caso il costo degli e-book sarà uno dei punti centrali intorno al quale si svilupperà il dibattito editoriale nei prossimi tempi. Il commento della studentessa sull’articolo è calzante: Dal momento che i lettori appaiono più interessati al nuovo media, perché il Poema pedagogico dovrebbe restare estraneo a tutto ciò? L’elaborato termina con un altro articolo di Massimo Novelli Il futuro della lettura44, in cui offre una chiara delucidazione di quello che si prospetta nel mercato editoriale e l’ascesa dell’ e-book: Non è ancora un de profundis, nel presente-futuro del libro di carta, il caro vecchio libro i cui odori i bibliofili più appassionati amano annusare, si aggira uno spettro, quello dell’ e-book, della digitalizzazione dell’elettronica. Quasi due milioni di italiani del resto, si sono abituati a leggere su gli schermi, una crescita che si è triplicata in tre anni, secondo le rilevazioni fatte dall’ Associazione Italiana Editori e dalla NielsenBookScan. Resta il fatto che è difficile dire se si tratti di una moda oppure di una vera e propria rivoluzione che muterà il nostro modo di leggere. Al convegno della Laterza, dedicato al saggio La quarta rivoluzione. Sei lezioni su il futuro dei libri di Gino Roncaglia, non si leggono profezie ma un invito a confrontarsi con il mondo di oggi45. S. SALIS, Dr. Jekill e Mr. Hyde, quando il romanzo è elettronico,in «Il Sole 24 ore» [consultato il 13 maggio 2010]. 44 M. NOVELLI, Il futuro della lettura, in «la Repubblica» [consultato il 14 maggio 2010]. 45 Fonte degli articoli: http://www.bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/il-futurodella-lettura.html [consultato il 22 maggio 2010]. 43 Introduzione XLI Anche nella premessa dell’elaborato di Valentina Benvenuto, Rapporto individuale-collettivo, si parte dall’obiettivo che ci si è posti nel modulo del corso. In merito a ciò viene citato un interessante articolo di AldoVisalberghi46 su Emulazione e dinamica di gruppo, in cui si critica lo spirito di emulazione e l’uso tradizionale di metterlo in pratica nella scuola, con premi ed incentivi che fungono da stimolo al profitto. Prosegue Visalberghi: Alle radici dell’atteggiamento emulativo c’è sempre un impegno reale e la ricerca di un modello più alto, ma stimato raggiungibile; è un atteggiamento legato alla concretezza ed all’autoaffermazione sul piano della realtà, e non ha carattere paranevrotico di pura compensazione psicologica. Emulazione si ha peraltro soltanto finché il modello sia un modello in carne ed ossa e lo si reputi raggiungibile47. Il pedagogista, come sottolinea la studentessa, sostiene anche che: L’emulazione socialista di Makarenko rappresenta una brillante eccezione resa possibile dall’autore, il maggiore esponente della pedagogia sovietica, pensiero che riflette le condizioni storico-economiche che hanno permesso la ricostruzione della vita sociale in Russia48. D’altronde la differenza tra l’emulazione socialista e quella individualista sta nella valorizzazione o meno dei fini collettivi della ricostruzione morale e sociale dei ragazzi abbandonati. A tale proposito, come osserva la studentessa, è urgente l’esigenza di rendere l’opera che nasce dal collettivo, accessibile a tutti. Ne consegue, prosegue Benvenuto, che: la divulgazione delle ricerche ed attività che vengono svolte nelle università, non devono rimanere “chiuse nelle aule”, quasi come se fossero materiale di élite, ma devono essere accessibili a tutti per collegare la scuola alla ricerca ed alla vita sociale. A. VISALBERGHI, Emulazione e dinamica di gruppo, in «Scuola e città», 30 Settembre 1953, p. 303. 47 Op. cit., pp. 304-305. 48 Op. cit., p. 306. 46 XLII Introduzione La riflessione, in merito ai tratti distintivi di emulazione, porta ad osservare che nel nostro team di lavoro non si è manifestata emulazione, ma ha sempre contato un “sogno” comune: rendere accessibile il nostro lavoro comune. Si condivide l’opinione di Makarenko quando affermava: La parola “sogno” non mi piace molto49. Preferisco credere e contribuire alla realizzazione e pubblicazione del Poema pedagogico nel web. Adeguata, a questo punto, la citazione sulle dinamiche dell’emulazione, riportate da Benvenuto riprese in Visalberghi nel su citato articolo50, dove l’autore riporta il pensiero del filosofo e logico Bertrand Russell, che asserisce: Il mondo non ha bisogno di concorrenza, ma di organizzazione e di cooperazione; ogni fede nell’utilità della concorrenza è diventata un anacronismo51. E questa, seguita la studentessa, rappresenta la prima motivazione per cui è utile ed etico mettere un’opera in rete, per promuovere lo spirito di cooperazione della conoscenza, far conoscere tutto a tutti. Una condivisione del sapere in maniera semplice ed accessibile ad ognuno. Inoltre, Bertrand Russell sostiene che: La promozione della concorrenza è un ideale di classe52. Dopo le varie considerazioni, il dibattito che si è acceso nel gruppo di lavoro ha sempre portato alla conclusione che l’inserimento nel web del Poema non porterebbe alla perdita di valore dell’opera in sé, ma consentirebbe di completare il libro cartaceo, veicolandolo dalla libreria ad internet, per rendere possibile la diffusione. Come sostiene Umberto Eco: A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico. A cura di N. Siciliani de Cumis. Con la collaborazione di F. Craba, A. Hupalo, E. Konovalenko, O. Leskova, E. Mattia, B. Paternò, A. Rybčenko, M. Ugarova e studenti dei corsi di Pedagogia generale I nell’Università di Roma”La Sapienza” 1992-2009, Roma, L’albatros, 2009, p. 340. 50 A. VISALBERGHI, op. cit., p. 303. 51 B. RUSSELL, L’educazione e l’ordinamento sociale, in A. A. VISALBERGHI, Emulazione e dinamica di gruppo, cit., p. 303. 52 Ibidem. 49 Introduzione XLIII il libro, la ruota, il cucchiaio ed altre invenzioni essenziali dell’uomo, sono delle acquisizioni primarie che non possono essere sostituite. I libri potranno assumere nuove forme, del tipo per esempio dei testi on line; ma questo non sminuisce il valore di opere culturali ed educative. In particolare Barbara Bozza cita d’altra parte l’opera di Guido Scorza53 quando sostiene che: Negli ultimi anni la multimedialità ha sintetizzato in un solo medium lo scritto, i suoni, le parole, l’immagine statica e quella in movimento. Internet ha fatto il resto costituendo uno straordinario serbatoio d’informazioni e contenuti eterogenei al quale chiunque può accedere con facilità, libero dai condizionamenti tipici dei tradizionali mezzi di comunicazione. […] Biblioteche hanno iniziato a proliferare, mettendo a dura prova la capacità dell’editoria tradizionale di assimilare il cambiamento e modificare i propri modelli di business. In merito a ciò conclude citando Juan Carlos de Martin54: […] Occorre, in altre parole, favorire l’adozione di una serie di misure atte a ristabilire un equilibrio tra la legittima tutela degli interessi degli autori e il diritto della collettività ad accedere e contribuire alla cultura, come affermato, in maniera forse in superabile, dall’articolo 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. La studentessa prosegue con un contributo sulla definizione di diritto d’autore, citando anche un Manuale di diritto privato: I diritti d’autore sono monopoli limitati nel tempo, permettono allo scrittore di autorizzare, o vietare utilizzazioni della sua opera, consentendogli, se vuole, di pretendere un compenso per la sua autorizzazione a diffonderla. Ciò gli conferisce anche diritti patrimoniali trasmissibili a terzi tramite licenza o un trasferimento di diritti (diritti di rappresentazione e di recitazione, di riproduzione, G. SCORZA, Internet, il mercato, i consumatori e le regole, in «Consumatori, diritti e mercato», rivista quadrimestrale diretta da F. SILVIA, Milano, 1 marzo 2010, pp. 1516. 54 J. C. DE MARTIN, op. cit. 53 XLIV Introduzione di diffusione, di emissione e di ritrasmissione nonché il diritto di far vedere o udire) 55. Inoltre, esistono anche i diritti morali d’autore, che tutelano la relazione personale dell’autore con il testo, in quanto espressione della sua creatività e soggettività. Per esser più precisi, prosegue Bozza, c’è da fare una distinzione tra opere protette (testi, articoli di giornali, opere musicali, filmati, programmi per computer, ecc…) e quelle non protette: leggi, concetti, fascicoli di brevetti, mezzi di pagamento. La protezione del diritto d’autore è automatica, di attua nel momento in cui si fornisce una delle prestazioni definite dalla legge, creando o rappresentando un’opera, un supporto audio visivo, ecc… per cui non è necessario osservare condizioni o formalità particolari. Va tenuto presente che l’importante è rispettare il limite del termine di protezione, infatti essa si estingue 70 anni dopo la morte dell’autore (50 per i programmi per il computer, e 50 dopo l’esecuzione della relativa prestazione per i diritti di prestazione affini; trascorso il tempo su citato le opere e le prestazioni diventano a libera disposizione della collettività cioè pubbliche56). Originale la parte del lavoro di ricerca, condotto da Bozza che si è anche soffermata sulla storia delle origini del diritto d’autore che risale al Medioevo; in quel periodo storico le “maledizioni” inserite all’interno degli scritti, rappresentavano una tutela per i produttori delle opere. Poi venne creato il “privilegio di stampa”, che però era attribuito agli stampatori, quindi in quel periodo più che di diritto d’autore, si aveva il diritto sulla copia: per l’appunto l’antesignano del copyright. Col trascorrere dei secoli, in Europa, durante l’Illuminismo, gli intellettuali dell’epoca si resero conto che era necessario proteggere le proprie opere, anche quelle artistiche, da malfattori o imitatori. Inizia così la genesi della “dottrina della proprietà intellettuale”: chi realizza opere di natura immateriale, ha lo stesso diritto di un artigiano sulla proprietà Cfr. A. TORRENTE e P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, Giuffrè Editore, 2004. 56 Fonte: http://www.urheberrecht.ch/Iheute/duh11.php?m=5&s=2 [consultato l’11 maggio 2010]. 55 Introduzione XLV dell’opera medesima; ciò è assimilabile a una specie di diritto morale d’autore. Durante l’800, Inghilterra, Francia, Prussia, ed altri paesi, stilano regole nazionali per quel che riguarda la proprietà intellettuale. Caso anomalo la Svizzera in cui inizialmente vari cantoni vanno contro la regolamentazione ma dal 1883, entra in vigore la prima legge sul diritto d’autore. Tra i trattati internazionali il più noto è la Convenzione di Berna (9 settembre 1886), e le successive modifiche, come l’ultima a Parigi del 24 luglio 1971. In Italia il diritto d’autore si applica nel 1942 con una legge che in parte è, ancora oggi, vigente: “protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”. Il lavoro si completa con un paragrafo sull’attuale legislazione sul diritto d’autore e la critica alla legge in vigore e l’esempio di ottimizzazione della legge attuale, presentata il 23 giugno 2011 dal Deputato Cassinelli57 atta a modificare la legge storica del 1942. Di compendio e di ampliamento delle tematiche, è il lavoro svolto da Ilaria Carducci che riporta i dati di un’ intervista da lei svolta, atta a rilevare il punto di vista individuale e collettivo delle opinioni di un campione di 120 soggetti sull’utilità di pubblicare l’opera di Anton Semënovič Makarenko on line. Il campione era equiparato tra uomini e donne suddiviso in base al parametro età in sei gruppi: - 20 soggetti tra i 14 e i 18 anni; - 20 soggetti tra i 19 e i 25 anni; - 20 soggetti tra i 26 e i 35 anni; - 20 soggetti tra i 36 e i 45 anni; - 20 soggetti tra i 46 e i 55 anni; - 20 soggetti tra i 56 in poi. Data la variabilità della fascia d’età, svariati sono i punti di vista che ci fanno comprendere i vantaggi del digitale e quelli del cartaceo; sicuramente il primo fluidifica spazialmente la lettura e dà più informazioni conoscitive e d’approfondimento sul modus operandi dell’autore. Molti sono quelli che mostrano apprezzamento sull’utilizzo del cartaceo, meno stancante per gli occhi per chi ha problematiche di vista. Prosegue Carducci, con la media complessiva su i 120 soggetti: - 41 soggetti (di cui 20 donne e 21 uomini), preferiscono leggere un libro on line se gli viene offerta gratuitamente la possibilità; 57Fonte: http://www.robertocassinelli.it/PDL2525.pdf [consultato il 12 maggio 2010]. XLVI Introduzione - 76 soggetti (di cui 41 donne e 35 uomini), nonostante l’offerta gratuita preferiscono acquistare un libro. La variabile, a nostro avviso, era intuibile, motivata dalla differente età cronologica del campione; i giovani si adattano facilmente alle nuove tecnologie, le persone mature trovano maggiori difficoltà ad adeguarsi ad esse. Conclude la studentessa: Rilevanti sono stati inoltre i pareri sulla pubblicazione intera o di una parte del libro on line: - 24 sono stati i soggetti che ritengono utile dare al lettore una versione completa del testo, lasciando libera la scelta sull’acquisto; - 30 sono stati i soggetti che consigliano di pubblicarne la metà se il fine è portare il lettore a conoscere l’autore e al successivo acquisto; - 8 sono stati i soggetti che non trovano differenze sulla questione, poiché se il lettore è interessato in entrambi i casi compra il libro, - 2 sono stati i soggetti che sostengono che nell’acquisto di notevole influenza è il costo del libro. Il risultato sarà fondante e tenuto presente per il lavoro che si sta svolgendo per la tesi specialistica. La studentessa Eleonora Errede, invece, si è interessata di approfondire il concetto di dono, prendendo spunto da vari autori che hanno svolto tematiche in merito all’argomento. Un interessante spunto è stato offerto dal libro Il dono al tempo di Internet 58, che si divide in due parti: nella prima l’antropologo Marco Aime e la sociologa Anna Cossetta, esperta di economia politica, si soffermano sulla cultura del dono, uno dei paradigmi più studiati dalle materie in cui sono edotti, cioè un atto che dà vita ad un legame tra gli individui che va al di là del puro scambio economico. La seconda parte è un elenco dei vari usi di internet nel web, con finalità di scambio, di doni virtuali, e delle persone che lo usano. Di conseguenza, si pongono l’interrogativo se gli scambi in rete (social network, free software, wikipedia, forum, ecc), siano portatori di socializzazione e se ciò comporti ripercussioni sulle dinamiche più tradizionali sulla società moderna. Afferma Errede: 58 M. AIME, A. COSSETTA, Op. cit. Introduzione XLVII L’evoluzione della rete era inevitabile che suscitasse l’interesse e la riflessione di vari intellettuali, infatti, in particolare gli psicologi di recente, affermano di avere molte persone dipendenti dall’uso smoderato di facebook59. Temi fondamentali dell’analisi dei due studiosi, prosegue la studentessa, sono: comunità, relazione, condivisione, dono. A questo punto sottolinea Errede, si pongono degli interrogativi: Come mai un gruppo ingente di persone dedica gran parte del proprio tempo alla condivisione di saperi ed esperienze a disposizione gratuita del prossimo? Siamo passati al “do out des” al “peer to peer”? Cossetta, su questo argomento delle relazioni di scambio, fa riferimento a Marcell Mauss, Karl Paul Polanyi, Jacques Derrida. In particolare quest’ultimo, un noto filosofo francese, notava che l’origine del linguaggio non è la parola detta ma quella scritta, affermazione che oggi si potrebbe ribaltare aggiungendo “quella scritta sul computer”60. Tornando al tema centrale, uno degli studiosi citati dalla studentessa è Marcell Mauss, sociologo ed etnologo francese (1872-1950), che nel suo libro sul Dono prende in esame il concetto di “mana”, così difficile da definire, ma che si potrebbe tradurre come “potenza”, una forza che è presente in tutte le forme di dono e di scambio nelle società arcaiche e di livello etnologico. Proseguendo i suoi approfondimenti Errede, cercando di individuare alcune forme principali di dono e di scambio in rete, sottolinea l’interesse di Marco Aime e Anna Cossetta, si occupano anche di wikipedia in cui si apprende come il dono non abbia a che fare con un ricevente conosciuto e non vi sia una relazione tra donatore e ricevente. Infatti l’enciclopedia informatica è realizzata con contributi culturali gratuiti, di volontari intenti a diffondere, o meglio donare, le conoscenze, competenze, capacità possedute in una determinata disciplina. Nella parte centrale dell’elaborato, si citano, oltre a wikipedia, altre forme di dono e di scambio in rete, come il free software, open source, i social network come face book o twitter, ormai fruiti da milioni di persone che a volte si riempino di doni gratuiti, colmando il vuoto della vita mo59 60 Facebook è un social network. Cfr. J. DERRIDA, La scrittura e la differenza,Torino, Einaudi, 1967. XLVIII Introduzione derna e dando ad essa un nuovo senso: nello scambiare si cede qualcosa (file sharing), ottenendo altro. Del resto, come affermano i medesimi autori: Con la rete saltano i confini spazio-culturali che determinano territori, culture, società. Ci si pone un altro enigma, afferma la studentessa: La virtualità quanto è autentica alla realtà della relazione “face to face”? Prosegue: La risposta fornita nel libro è ambivalente. Da una parte vale la considerazione di Benedict Anderson, per cui la maggior parte delle comunicazioni in rete dalla ristretta cerchia del vicinato a facebook sono immaginate, dunque reali o virtuali che siano, appaiono simili. Dall’altro la logica del sono disinteressato, che soggiace allo scambio internet, ha come sfondo i grandi network. Come sottolinea G. Lovink: Lo spazio è ciberg, per questo, da un lato internet è considerato come la nuova frontiera della comunicazione generatrice di comunità virtuali, dall’altro la rete è accusata da alcuni critici, di spingere gli utenti all’isolamento socio fisico che rende inefficaci i normali canali di comunicazione, riducendo l’individuo ad una dimensione sempre più solipsistica61. Concludendo, afferma Errede, salta fuori un altro aspetto positivo, che è quello di poter leggere e stampare immediatamente solo le parti più interessanti di determinati argomenti; di contro è sicuramente penalizzante, a livello economico, acquistare un libro, per poi fruire solo di alcuni capitoli per particolari esigenze di studio, come può accadere agli studenti. Sicuramente quella telematica è la via più sollecitante rispetto ai tradizionali mezzi d’istruzione-informazione. Nel contributo successivo di Anna Lamboglia, traspare un’importante osservazione sull’opera di Makarenko, dove la medesima afferma che: 61 G. LOVINK, Zero Comments Teoria critica di Internet, Milano, Mondadori, 2008. Introduzione XLIX Essa ha la forza di raffigurare un contesto storico e culturale in cui è viva l’esigenza di connettere il processo educativo all’evoluzione della società. Prosegue: Nonostante il grande valore pedagogico e sociale dell’opera, spesso non viene riconosciuta per le sue peculiarità, comprese invece e valutate dal Professore Siciliani, che ha avuto l’intuizione di rendere il Poema pedagogico maggiormente accessibile, tramite il web. Nella seconda parte del suo elaborato Lambroglia, come la studentessa Errede, si sofferma sul concetto di dono citando l’opera di Marco Aime e Anna Cossetta, che hanno elaborato il testo Il dono al tempo di Internet. Novità invece rappresenta la parte dedicata a L’educazione di massa e le industrie culturali e la parte dedicata al lessico della rete, in cui sono spiegate parole chiave come: copyright, forum, file sarin, chat, ecc.. Per il primo argomento cita L’educazione impensabile, di Paolo Perticari, docente di Pedagogia generale e Filosofia della formazione all’Università di Bergamo, che si interessa di mettere in evidenza la questione delle industrie culturali. Infatti, afferma il docente, il consumo culturale è metodicamente massificato, e così spiega tale affermazione: Ogni giorno, milioni di persone si connettono simultaneamente agli stessi programmi televisivi, radio e giochi elettronici, ciò ha conseguenze sul desiderio e sulle coscienze dei soggetti, in cui le minacce contro le capacità intellettuali, d’apprendimento, affettive ed estetiche dell’intera umanità sfumano, davanti all’illusione del trionfo dell’individuo. […] Tutto sembra seguire una pianificazione, un modello elaborato per l’uomo dalle industrie culturali e dalle attività produttive: turismo, tv, multimedia, wifi, high-tech, happy hours, moda, sport, ecc… tanto che il tempo libero sembra essere l’oggetto privilegiato del capitalismo. Queste attività non hanno la funzione di liberare il tempo individuale, ma al contrario di controllarlo per massificarlo al massimo attraverso gli strumenti di una nuova servitù volontaria, che dà vita a società di controllo 62. 62 Vd. P. PERTICARI, L’educazione impensabile, Apprendere per difetto nella rete globale, Bergamo, Elèuthera, 2007. L Introduzione Il lavoro si conclude con un’asserzione critica della studentessa circa un’obiezione che potrebbe scaturire dalla messa in rete dell’opera di Makarenko: Non si deve incrementare il consumo che massifica gli uomini e che fa diventare opere di estrema importanza dei semplici best seller, ovvero libri di grande successo commerciale che attraverso i mass media e le varie forme di pubblicità, permettono la diffusione rapida dell’opera. Sicuramente il Poema pedagogico non rientra in tali categorie e ciò non è un male, anzi conferma l’idea che leggere debba essere un atto completamente volontario, senza condizionamenti esterni, fonte di cultura, arricchimento personale e non necessariamente fonte di guadagno per qualcuno. La studentessa Doriana Maggi, nel suo elaborato, specifica i procedimenti delle vie telematiche che espandono sempre più il loro dominio, riducendo i tempi di chi se ne serve. Interessante è l’uso della digitalizzazione dei libri fuori commercio attuata dal motore di ricerca Google; in particolare si sofferma a spiegare che essi sono quei testi che, per decisione dell’autore, vengono ritirarli dal commercio o se esauriti si ritiene di non doverli ristampare. Dopo vari passaggi è entrata in campo la Google editions che, dopo alcune indicazioni, fa scaricare un libro, in corso di stampa o fuori commercio nell’edizione cartacea, direttamente su uno dei vari supporti tecnologici (computer, Sony bookreader). Invece il sistema Google book sta catalogando tutti i libri del mondo, antichi e/o nuovi al fine di leggerli direttamente e sfogliarli sul proprio computer. Si scopre anche che possono essere scaricati i libri sui quali è scaduto il diritto d’autore o non c’è mai stato, ovviamente in formato pdf o in formato “solo testo”. Calzante è l’esempio citato che la Divina Commedia di Dante Alighieri appare tra i testi già scaricabili, in quanto il download è libero, inoltre i possessori di e-book possono scaricare i libri in formato EPUB, gratuitamente63. Fonte: http://www.wikipedia.org/wiki/libri_fuori_catalogo [consultato il 16 aprile2010]; http://www.guide.supereva.it/biblioteche/interventi/2001/10/70679.shtml [consultato il 16 aprile 2010]. 63 Introduzione LI Successivamente la su citata, riporta il percorso da seguire su Google books per scaricare libri che potrebbe farci da guida64 come contributo per il nostro lavoro. Interessante è apprendere dall’elaborato di Maggi, notizie sull’accordo che google ha stilato con autori ed editori americani, per cui il colosso di Mountain View può digitalizzare tutti i libri fuori commercio del mercato statunitense. Da cinque anni vengono inseriti on line le copie di molti testi posseduti da varie biblioteche (circa 7 milioni di copie digitali), accessibili su internet tramite Book search, anche se alcuni sono coperti da diritto d’autore, altri no. Tale evento, come è facilmente intuibile, ha portato all’indizione di cause in tribunale da parte delle associazioni degli editori americani, che accusano la società di creare un mercato del libro on line monopolista ed economicamente dannoso per le aziende del settore librario. Afferma Maggi nel suo elaborato: Conclusosi a novembre con accordo extragiudiziale tra le parti, andranno a google i benefici economici derivanti dalla lettura, vendita, pubblicità, licenze et alia. In compenso l’azienda dovrà versare circa 60 dollari per ogni titolo già on line65. Comunque google non si arrende e seguiterà a portare la cultura in rete, si dice anche che la famosa biblioteca nazionale di Francia, tra le più importanti d’Europa e del mondo, potrebbe affidare a google la digitalizzazione di circa 14 milioni di libri. Dai dati presi in esame dalla medesima, l’idea di google di pubblicare su internet le opere fuori commercio presenti nel mondo, ha trovato la maggior parte degli enti sfavorevoli all’iniziativa, bassa la percentuale di quelli che hanno dato un’opinione positiva; per la qualcosa il motore di ricerca dovrà ben esplicitare all’ Unione Europea, i punti dell’accordo effettuato in precedenza con il sindacato Authors’ Guild e l’Association of America Pubblishers. Invece grandi gruppi del mercato di internet evidenziano alle autorità il rischio di abuso di una posizione dominante, tra esse compaiono A- 64 65 Fonte: http://www.navigaweb.net/2009 [consultato il 16 aprile 2010]. Fonte: http://www.navigaweb.net/2009 [consultato il 16 aprile 2010]. LII Introduzione mazon, Microsoft e Yahoo. A tutto ciò va aggiunta infine l’arrivo, come compare nel sito66, della versione beta di Live Search Books della microsoft, che seguendo le orme di Google, ha lanciato il suo progetto personale di digitalizzazione dei libri non coperti da copyright, offerti dalla British Library, dell’Università della California e dell’Università di Toronto. Peraltro nell’elaborato della studentessa, si sottolinea che vari editori italiani non condividono il progetto di Google Books, e si sono attivati per inviare le loro osservazioni alla corte di New York che è in grado di decidere sulla Class action circa i diritti d’autore. Successivamente l’ Aie ha effettuato delle ricerche sul database di Google per controllare se i libri considerati fuori commercio fossero realmente tali ed ha scoperto che c’è un errore di circa l’80% del database. Prosegue Maggi: La percentuale aumenta nelle varie opere di autori italiani come Camilleri, Calvino, Bassani, Eco, Fallaci e Pavese. L’errore aumenta per i classici del ‘900 italiano rispetto ai best seller di oggi, protetti da contratti migliori. Corposo l’elaborato di Antonio Mantico, che inizialmente amplia i temi precedentemente affrontati in questo testo, dando notizie interessanti sulle nozioni di pubblico dominio e sul copyright, elencando i principi essenziali per la comprensione del termine, come si evidenziano nel manifesto del pubblico dominio67. Il lavoro è servito a far comprendere se è possibile inserire il Poema pedagogico come opera di un dominio globale, onde poterla pubblicare su internet. A tale proposito, afferma il su citato che: Bisogna tener presente che l’opera di Makarenko ha perso i diritti d’autore in quanto il pedagogista ucraino, deceduto l’1 marzo 1939, ha raggiunto “l’eccezione temporanea” dei settant’anni dalla morte, quindi ogni diritto decade. Fonte: http://www.booksblog.it/post/1064/microsoft-live-la-digitalizzazionedei-libri-rivale-di-google [consultato il 16 aprile 2010]. 67 Fonte: http://www.pubblicdomanifesto.org/italian [consultato il 16 aprile 2010]. 66 Introduzione LIII Dato importantissimo per la nostra ricerca e per la sicurezza di compiere un atto legale nel volerla pubblicare, è la conclusione che si ricava dall’esperienza del sondaggio svolto dallo studente, che ci erudisce in merito a quanto ha appreso consultando la lista stilata dalla OpenKnowledge Foundation68, dove compare il testo Poema pedagogico. Inoltre ha osservato che il concetto di pubblico dominio potrebbe definirsi come l’acronimo di collettivo, per cui il tema tanto caro al pedagogista ucraino, si lega totalmente a tutto quello su riportato. Proseguendo, la seconda tappa della ricerca di Mantico, è la parte che viene riportata sulla lettura dell’articolo del giornalista Francesco Borgonovo, ripreso nel quotidiano «Libero»69, dove sinteticamente viene descritto l’accordo tra il motore di ricerca Google ed il Ministero per i Beni e le Attività Culturali che prevede, entro i prossimi due anni, la digitalizzazione e la messa in rete di un milione di opere, non coperte da copyright delle biblioteche nazionali di Roma e Firenze. Google si accollerà l’intera spesa e l’operazione sarà organizzata nei punti di skanning all’interno delle su menzionate biblioteche, al fine di permettere alla molteplicità di utenti sparsi nel mondo di scaricare sul proprio pc o l’e-book, le varie opere in forma integrale. Non accontentandosi delle su esposte informazioni, lo studente ha seguitato ad approfondire la ricerca, consultando articoli di altri quotidiani. In essi si trovano espressioni di disapprovazione verso il progetto, in particolare un blog70 che riporta con toni molto accesi gli esiti del patto tra l’Italia e Google. Vengono elencati i progetti affini a quello analizzato, proposti all’Italia senza nessuna pubblicità. I progetti riportati nelle note dello studenti sono: Progetto Gutenberg conosciuto anche con l’acronimo PG e in Italia come “Progetto Gutenberg”, è un’iniziativa avviata da Michael Hart, nel 1971 con l’obiettivo di costituire una biblioteca di8 versioni elettroniche liberamente riproducibili di libri stampati, oggi chiamati e-Book. Tale progetto è la più antica iniziativa del settore. Negli ultimi anni il progetto ha potuto avvalersi di internet e, ad agosto 2007, vantava nella propria collezione ventiduemila libri. Ibidem F. BORGONOVO, Accordo storico Google. C’è la firma: tutti i classici scritturati da internet, in «Libero»,11 marzo 2010, p. 36. 70 Fonte: http://www.fcvg.it/?p=476 [consultato il 16 aprile 2010]. 68 69 LIV Introduzione A seguire, il Progetto Gallica, presente dal 1997, è la biblioteca digitale della Bibliothèque nationale de France che rende accessibili libri digitalizzati, cartulari, periodici, fotografie e una collezione di manoscritti e miniature. L’europeana dal 2008 riguarda: una biblioteca digitale europea che riunisce contributi già digitalizzati da diverse istituzioni dei ventisette paesi membri dell‘UE in ventitre lingue. Ed infine l’italianissimo LiberLiber: un’organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS) che ha per scopo la promozione dell’accesso libero alla cultura. È stata fondata il 28 novembre 1994 da Marco Calvo (Presidente), Gino Roncaglia, Paolo Barberi, Fabio Ciotti e Marco Zela; al progetto aderisce un gran numero di volontari. Risulta che Liber Liber dal 1993 porta avanti il Progetto Manuzio71, che è, come si può leggere nella nota dello studente una biblioteca digitale ad accesso gratuito, che prende il nome dal tipografo rinascimentale Aldo Manuzio, che contiene previa autorizzazione dei detentori dei diritti d’autore centinaia di testi come classici della letteratura italiana e alcune opere contemporanee. Secondo il parere del medesimo, Il Progetto Google risulta maggiormente allettante di internet, facilmente accessibile da tutti, mentre gli altri progetti registrano minore utenza. Si sofferma anche sui motivi per cui il pedagogista ucraino è conosciuto come il “pedagogista della prospettiva”: Biblioteca digitale ad accesso gratuito, che prende il nome dal tipografo rinascimentale Aldo Manuzio, che contiene previa autorizzazione dei detentori dei diritti d’autore centinaia di testi come classici della letteratura italiana e alcune opere contemporanee. 71 Introduzione LV per la sua apertura all’avvenire, al futuro; in quanto ha impostato il suo testo come opera pedagogica-narrativa in cui esplicita il vissuto del popolo, le speranze, le passioni e le paure. Si riscontrano anche immagini figurate che riprendono le tematiche della crescita, del cambiamento, della metamorfosi, attraverso un viaggio spaziotemporale, con prove e riprove, tentativi, errori, soluzioni, fondate su un atteggiamento profondamente critico ben distinto dai filoni pedagogici dell’educazione classica. Continua Mantico: Si parla di un romanzo di formazione, in quanto la storia narrata comporta il cambiamento dei personaggi, che si sviluppa non solo singolarmente, ma anche collettivamente. Si sofferma poi sul motivo per il quale si svolge il passaggio da opera letteraria a classica, citando l’analisi svolta dal docente Siciliani de Cumis sul significato intrinseco del concetto di “classico”72: Esiste, in ogni opera “classica”, una forte valenza pedagogica e didattica che deriva dalla formazione dell’autore; questo fa si che chiunque legga un “classico” (o non “classico”) ha la possibilità di acquisire quel valore pedagogico che l’autore ha tentato di proporre, implicitamente, nel testo 73. Tale concetto risulta fondamentale in quanto, a mio avviso, fa capire come un “classico” può formare, anche implicitamente il lettore. Un testo (“classico” o non che sia) ha una “forza” pedagogica tale che sembrerebbe quasi rischioso categorizzare cosi nettamente un’opera da un’altra. In fondo, la scelta di leggere un testo piuttosto che un altro dipende dalla propria formazione e dal percorso pedagogico che si vuole seguire. Ognuno di noi può definire se una determina opera risulta “classica”. Il saggio continua con una critica ad alcune posizioni, che Siciliani de Cumis definisce N. SICILIANI DE CUMIS, Insegnare i “classici” della filosofia contemporanea, in L’educazione dell’uomo completo. Scritti in onore di Mario Alighiero Manacorda. A cura di A. Semeraro, Scandicci (Fi), La Nuova Italia, 2001. 73 Ivi, pp. 73-74. 72 LVI Introduzione estreme, che tentano di “etichettare” un’opera come “classica” 74: si inizia con la critica alla posizione eurocentrica, che risulta troppo elitaria, selettiva, accessibile a pochi, in quanto si citano (e si studiano) solo le opere che risultano radicate nelle cultura nostrana, evitando il confronto con opere che risultano culturalmente lontane dal nostro pensiero “europeo”; la seconda posizione criticata è quella “libertaria” che definisce classica qualsiasi opera scritta e l’ultima corrente ripresa è quella “poetica”, la corrente di Calvino che afferma ‹‹cos’è un classico? è un autore che non smette mai di dirci qualcosa; un classico è un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire›› 75. Viene anche specificato il punto di vista di Siciliani, il giudizio critico sulla su citata posizione che per lui appare troppo indeterminata, È evidente che un punto di vista ha sempre un obiettivo e uno scopo da perseguire, come ad esempio, stimolare un apparato critico nella mente del lettore. Con un testo, è ovvio che lo scrittore esplicita il suo punto di vista, e per farlo usa tutti i mezzi più consoni. Inoltre c’è un collegamento tra la scelta del “classico” e i programmi di studio svolti nel percorso scolastico, alla cultura dell’insegnante e alle scelte personali del lettore ma fondamentale è non procedere nella scelta contrapponendo gli autori tra loro. Segue Mantico: Ovviamente un ruolo importante lo svolgono anche gli editori e gli autori che posseggono una propria formazione culturale. Circa il Poema, secondo il pensiero dello studente, è esatta la concezione di considerare un “classico” il Poema pedagogico, dotato di tematiche “universali”, che sono attuali nella società odierna. Inoltre, fa riferimento a una citazione di un maestro elementare (dal 1975) Marco Rossi Doria76: elogia l’opera in quanto il contenuto di essa ci riguarda ancora, mettendo in evidenza il che fare, il come poter concretamente affrontare le problematiche dei ragazzi socio svantaggiati, senza guida né supporto educativo da parte dell’adulto. Conclude affermando che ritiene pedagogicamente valida la proposta del professore Siciliani de Cumis di inserire on line l’opera makarenkiana, azione che contribuirebbe a rendere il testo maggiormente collettivo Ivi, pp. 74-75. ibidem. 76 Cfr. una nota dell’elaborato dello studente Antonio Mantico, nel suo Dossier. 74 75 Introduzione LVII ed universale per la possibilità di essere visionato da una moltitudine di interessati. Nella relazione della studentessa Valeria Negri sono ripresi i temi precedentemente affrontati in questo elaborato, quali: i segreti di dominio pubblico, il punto di vista di Juan Carlos de Martin. Risulta calzante la citazione di Victor Hugo: Il libro, in quanto libro, appartiene all’autore, ma in quanto pensiero appartiene – senza volere esagerare – al genere umano. Tutti gli intelletti ne hanno diritto77. Inoltre cita Open content, Creative Commons e Open source, come si appare nell’indirizzo esplicitato nella nota del suo elaborato: http://www.indizio.it/open_source.pdf Dei software che possono costituire un efficace strumento di garanzia del libero accesso alla conoscenza e una sua più democratica diffusione globale; pubblicare sul web il Poema pedagogico rientra nel discorso di condivisione del sapere, rimanendo al di fuori dei meri scopi economici. La studentessa Alessia Pacchera ha svolto un lavoro in collaborazione con la collega Eleonora Errede, per cui i temi affrontati sono affini: concetto di dono come scambio in rete, consultando anch’essa il libro di Aime e Cossetta78. Entrambe sottolineano la possibilità della messa nel web il Poema in modo gratuito e fruibile. La studentessa Romina Robibero, nel suo elaborato, cita una lettera di Don Lorenzo Milani, ripresa dal testo Saper dominare le parole79, dalla quale trae spunto per affermare che l’esigenza di mettere in rete il Poema pedagogico scaturisce da una necessità strettamente pedagogica, in quanto non sono attualmente diffuse le copie cartacee di esso. Tra le varie opinioni contrarie e favorevoli all’editoria on line, afferma la studentessa, c’è chi nell’ambiente digitale, ha scoperto il proprio 77 78 V. HUGO, Discorso d’apertura al Congresso letterario internazionale,1878. Cfr. una nota dell’elaborato della studentessa Alessia Pacchera, nel suo Dos- sier. 79 sier. Cfr. una nota dell’elaborato della studentessa Romina Robibero, nel suo Dos- LVIII Introduzione pubblico come Dylon Horrocks amato per i suoi comics e l’opera Hicksville, che è ormai un colossal. Secondo le parole riportate dalla su menzionata studiosa, l’artista e autore sostiene che: Internet offre opportunità senza precedenti affinché si crei un nuovo pubblico che la logistica dell’editoria tradizionale ha reso impossibile 80. Proseguendo nell’analisi dei vari contributi prodotti dagli studenti del team, l’elaborato di Caterina Saccomanno illustra il percorso e lo sviluppo dell’ e-book, partendo dalla genesi del medesimo. Precisa che non è facile individuare l’esatta cronologia dell’evento della genesi di tale tecnologia che probabilmente risale alla nascita del web, dove attraverso Google si può trovare “il mondo intero”ed ogni evento importante. Numerosi volontari hanno trascritto con adeguati softwares libri freeware, scaricabili senza costi aggiunti; da ciò, forse è iniziata la diffusione del libro on line. Fa notare Saccomanno: Ci sono dei casi in cui viene messo in rete un libro mentre viene distribuito nelle librerie. La storia dell’e-book ha origine intorno alla fine degli anni ’90, in seguito all’affermazione dei siti commerciali per la vendita di libri (cartacei) on line, i quali iniziarono ad offrire ai propri clienti, contemporaneamente alle librerie, versione cartacea e quella digitalizzata dei libri in uscita. Secondo alcuni, l’idea del libro elettronico è nata insieme a quella del personal computer, partorita dalla fervida mente dell’informatico statunitense Alan Kay. Prosegue nel dire la studentessa, che un passo successivo nella storia dell’e-book è rappresentato dall’interesse per trasformare i testi letterari in testi elettronici, secondo gli obiettivi del Progetto Guttenberg, come già trattato in precedenza. Importanti delucidazione, vengono riportate sul programma per dispositivi mobili, in particolare i telefonini, che supportano la tecnologia Java Midp 2.0, utilizza con l’m-book; esso rappresenta un nuovo concetto di lettura: il telefonino si trasforma in un lettore di testi, tutto potrà essere trasferito sul proprio cellulare. Tiene a precisare Saccomanno: 80 Ibidem. Introduzione LIX L’m-book a differenza di un programma per il computer, che è organizzato per finestre, usa le “viste”, cioè tutto quello visualizzato sul display del cellulare. Le viste più importante dell’m-book sono: vista testo, vista immagini, vista menù e vista impostazioni81. Questa novità, a mio avviso, rappresenta un’ulteriore mezzo di comunicazione utile per diffondere l’opera di Makarenko da parte dei giovani, che sicuramente si sentono più adeguati all’uso di tecnologie informative per allargare i confini delle loro conoscenze/competenze, piuttosto che al tradizionale libro cartaceo. Interessante, tornando al lavoro della studentessa su citata, la ricerca condotta sul fenomeno dei keitai shosetsu, ovvero del nuovo movimento letterario giapponese, sviluppatesi nell’ultimo decennio. Il termine tradotto significa “romanzi per il cellulare”, ossia di quei romanzi virtuali che vengono letti e anche scritti sullo schermo del proprio telefonino da giovani autori amatoriali, che con semplicità narrano esperienze di vita sociale. I best seller vengono poi pubblicati in forma cartacea, quindi rappresentano l’inverso del procedimento delle altre forme di pubblicazione in rete. Nelle conclusioni la studentessa riporta un sollecitante articolo di Fabio Di Gianmarco, dal quale appare, ancora una volta, l’evoluzione continua della nostra società da un punto di vista tecnologico. Il giornalista si pone un quesito: Chi vincerà la lotta tra e-book e libro cartaceo? L’opinione della gente è divisa: c’è chi non sa rinunciare al piacere di un buon libro sul comodino, e chi apprezza le sfaccettature, nonché la leggerezza di quello tecnologico, che è quello che riflette meglio il mondo attuale. Un mondo fatto di i-pod, un film a 3D e di play station portatile. Al contrario, il libro cartaceo non è soltanto l’insieme di fogli rilegati da una copertina, esso può essere un passatempo, certo, ma anche un qualcosa in grado di farci ridere, commuovere, pensare e sognare. Nell’esaminare l’elaborato di Federica Saraceni, si riscontra una tematica sollecitante, per la pubblicazione del Poema pedagogico, in quanto 81http://www.lswn.it/tecnologie/articoli/m_book_libri_e_documenti_a_portata_d i_cellulare [consultato nel mese di aprile 2010]. LX Introduzione tratta della legittimità giuridica che completa le notizie fornite sul copyright presenti nell’elaborato di Barbara Bozza. Anche qui viene citato l’articolo ripreso da «Il Sole 24 ore» di Juan Carlos de Martin82. Per ampliare l’informazione sul tema la su citata collega, ha preso delle informazioni da un deputato in pensione, dal quale ha appreso che nell’anno ’96-’01, nel governo retto dal centro sinistra, ci fu una diatriba contro gli inasprimenti penali a tutela dei monopoli nell’utilizzo delle opere e a danno del pubblico dominio (Legge 633/41 del 1941 e successive modifiche/aggiornamenti, su i “diritti d’autore” e “SIAE”), che alla fine ha portato all’approvazione della Legge 18 agosto 2000. Nell’elaborato viene riferita anche l’opinione del deputato: Riconoscere un compenso all’autore di opere dell’ingegno (arti figurative, letteratura, scienze, musica, cinema, ecc…), mi sembra non solo giusto ma anche necessario per lo sviluppo della cultura. Quello che non mi sembra giusto è l’esagerazione della tutela degli interessi patrimoniali connessi alle opere dell’ingegno che in realtà, sotto le mentite o enfatizzate spoglie della tutela dell’autore, persegue la tutela dei profitti dell’industria culturale. […] Ma che non sia l’interesse degli autori a preoccupare il legislatore è dimostrato anche dal fatto che questi reati sono perseguibili d’ufficio, cioè anche nel caso in cui non ne subisca alcun danno e non se ne lamenti con una querela 83. Poi Saraceni fornisce notizie in merito al giudice Gennaro Francione84, che ha introdotto una teoria innovativa per quel che concerne il diritto d’autore, in chiave nettamente anticopyright, come esplicitato nel suo libro E io giudice vi spiego perché lo combatto. In esso si rileva tutta la coerenza del suo pensiero, in quanto nel 2001 assolve quattro venditori di cd contraffatti per “stato di necessità” (fame) e da lì nacque il nome anticopyright coniato dal giudice. Prosegue, un commento del deputato: Cfr. J. C. DE MARTIN, op. cit. G. FRANCIONE, E io giudice vi spiego perché combatto, in «Gli Altri», senza data. 84 Gennaro Francione giudice, scrittore, attore, registra teatrale, saggista, pittore e inoltre Consigliere di Corte di Cassazione, giudice presso il Tribunale penale di Roma, membro del comitato scientifico del Centro Studi Informatica Giuridica di Firenze. Cfr. una nota dell’elaborato della studentessa Federica Saraceni, nel suo Dossier. 82 83 Introduzione LXI La sentenza di Francione, è certamente una bella testimonianza della coscienza di un giudice che non si arrende alle iniquità di una legge. Ha saputo farlo ricorrendo ad un istituto (“lo stato di necessità”), che consente di dire, che non sempre si può essere puniti per un reato di lieve entità commesso per procurarsi il proprio sostentamento85. Continua il deputato: Se la sentenza è stata impugnata e riformata nei gradi successivi di giudizio che autorizzerebbero ad affermare che la giustizia italiana ha definitivamente riconosciuto che l’esigenza di sopravvivenza di un uomo, meriti maggior tutela del bollino SIAE. Peraltro il giudice sostiene che “l’opera non sia dell’autore ma dell’Umanità”. Per questo, sostiene la studentessa, il giudice ha deciso di andare oltre le Creative Commons, ossia una via di mezzo tra “Full-copyright” e “Pubblic domain”, come viene delucidato nella nota del suo elaborato, che sono comunque sottoposte alla volontà dell’autore che potrebbe anche non rilasciarle e intendere l’anticopyright come imposizione all’autore della diffusione libera e gratuita delle sue opere nella Cyberteca Universale. Saraceni conclude, affermando, oltre le notizie circa la legittimità giuridica: Nel mettere in rete il Poema, c’è anche una valenza/legittimazione pedagogica, sociale, culturale essendo il l’opera assimilabile a un “romanzo d’infanzia” che tutti dovrebbero avere l’opportunità di leggere. Nell’elaborato di Martina Scriboni, Spunti di riflessione, colpisce la frase iniziale: «Dobbiamo digitalizzare e democratizzare», che ci riporta al testo di Robert Darton86, in cui si sottolinea l’acmè che sta da qualche tempo vivendo il web. Tuttavia con un adeguato flash-back cita le nostalgiche parole dello scrittore americano Morley sul valore del libro cartaceo: Quando si vende un libro a una persona, non gli si vendono soltanto dodici once di carta, con inchiostro e colla, gli si vende un’intera nuova vita. Amore, 85 86 Ibidem. R. DARTON, Il futuro del libro. Trad. di A. Bottini, Milano, Adelphi, 2011. LXII Introduzione amicizia e navi in mare di notte; c’è tutto il cielo e la terra in un libro, in un vero libro. Chi non accetta le innovazioni tecnologiche, infatti, rimane abbarbicato al vecchio e tradizionale libro stampato. Se anche riconosce i vantaggi delle consultazioni nel web, tuttavia resta convinto: Il libro è un mondo che può essere assaporato pagina dopo pagina liberando pensieri e fantasie personali. In realtà, prosegue la studentessa: Nessuno vuole abbattere il valore rappresentato per secoli dalla carta stampata, si vuole però porre un freno al progredire della scienza e della tecnica, un connubio tra l’universo analogico e quello digitale, è possibile anzi auspicabile. Il lavoro del laboratorio sul Poema pedagogico non vuole sostituire il testo cartaceo ma facilitare l’apprendimento e la conoscenza come un mezzo più veloce e pratico, ad un pubblico più vasto. Si condivide il pensiero di Scriboni in quanto afferma che, nonostante la sua ambientazione nell’URSS degli anni ’20-’30, il Poema è ancora un’opera attuale, un romanzo dei nostri giorni, con alta valenza pedagogica ed educativa. In particolare, si ha modo di accrescere le conoscenze e competenze, sia approfondendo le tematiche, sia realizzando la messa in rete dei materiali, arricchendo intellettualmente i fruitori che usano la rete come mezzo di studio e di ricerca. La stessa Scriboni, riporta un pensiero del professore Siciliani de Cumis che afferma: L’opera è un racconto di una crescita; è un racconto «“di formazione”, per ciò che esso riesce ad esprimere e a far esprimere in fatto di infanzia». È un romanzo di educazione tuttora in fieri, sia come risultato storiografico e poeticoletterario aperto, sia come efficace strumento pratico-educativo tutt’altro che superato, ed ancor ricco, se mai, di vitali nervature e determinazioni formative87. Ciò è l’avvio alla creazione di future biblioteche digitali come quella denominata Google Book Search. Anche se secondo Robert Darton 87 Cfr. elaborato Martina Scriboni. Introduzione LXIII Google è un’azienda commerciale, il cui fine principale è il profitto. Le biblioteche sono state create per fornire libri ai lettori, libri ed altri materiali, alcuni di questi in formato digitale88. Nonostante questa problematica che costituirebbe un aspetto negativo creando un probabile - eventuale monopolio per l’accesso alle informazioni, non si può impedire ad un pubblico eterogeneo di avvicinarsi in maniera gratuita ad un testo dall’altissima valenza pedagogica, quale il Poema pedagogico. Si ritiene interessante quest’altra osservazione: A riprova dell’infinito potenziale insito nelle nuove tecnologie, come mette in evidenza la su menzionata, è l’opinione del Premio Nobel per la pace 2006 Muhammad Yunus, denominato “il banchiere dei poveri”, che dedica un intero capitolo del suo libro89 alla dimostrazione di quanto i nuovi strumenti d’informazione di massa, stiamo trasformando lo stato, la scuola, il mondo. Importante è il pensiero di Muhammad Yunus, direttore del Dipartimento di Economia dell’Università di Chittagong, (Bangladesh), che sostiene: La nuova società che sta sorgendo da questa rivoluzione tecnologica non si caratterizza tanto per un elevato tasso d’incremento del Pil o per le grandi fortune che alcune imprese o i loro imprenditori hanno accumulato grazie ad essa. La vera, irripetibile caratteristica delle nuove tecnologie sta nella loro capacità di creare nuove relazioni tra le persone, una trasformazione destinata ad avere un impatto profondo sull’esistenza dei poveri, e soprattutto su quella delle donne e dei bambini90. In sostanza, ad internet non servono intermediari, il web è diventato una specie di “amplificatore” di quello che è il pensiero della gente comune senza gravare eccessivamente su i costi. Tuttavia incisiva è la riflessione presente nel Banchiere dei poveri, sul fatto che: R. DARNTON, op. cit., pp. 65-66. M. YUNUS, Un mondo senza povertà. Con la collaborazione di K. Weber. Trad. di P. Anelli, Milano, 2008. 90 Ivi, p. 193. 88 89 LXIV Introduzione la tecnologia, se non gestita bene, può rilevarsi una pericolosa arma a doppio taglio: solo attraverso uno sforzo globale, comune e coerente, nell’utilizzo dei mezzi informatici gli esseri umani potranno invertire questa tendenza negativa. Bisogna lavorare in modo che il «terminale informatico diventi un amico, una guida, un insegnante, un filosofo et alia, ovvero un mezzo dell’uomo per l’uomo»91. Tali riflessioni ci sono servite per comunicare nel gruppo di lavoro e ed eventuali lettori, come si è proceduto consultando e valutando ogni opinione autorevole su vantaggi e svantaggi della pubblicazione del Poema in rete. Affine al contributo della studentessa Saraceni, è quello di Claudia Stentelli la quale fa riferimento allo scritto di Gennaro Francione, Quando il copyright uccide. Prosegue elencando le varie biblioteche digitali nel web, da noi citati come per esempio Liber Liber. E tra i progetti ne riporta alcuni del 1999, che costituivano un consorzio che comprendeva una decina di istituti degli atenei italiani, tra cui compare l’Università di Roma La Sapienza, dove il professore Alberto Asor Rosa, realizzava in collaborazione con Liber Liber, un progetto denominato TIL (Testi Italiani in Linea). L’idea del consorzio era quella di mettere in rete trecento opere della letteratura italiana attraverso un linguaggio chiamato “sgml” che, non essendo protetto da codici criptati, è traducibile in altri linguaggi tra cui Word. Il progetto è stato realizzato nel 2000 ed i testi sono liberamente consultabili nella biblioteca di Liber Liber tramite un sofisticato motore di ricerca del sito internet TIL della su citata università92. Una novità è quella riferita da Vanesa Daniela Teodori, che nel leggere un articolo di giornale La libreria delle ragazze si chiama Rinascita, ha scoperto l’esistenza di una cooperativa che gestisce una libreria, la Libreria Rinascita di Empoli, formata da sole donne, intese a portare avanti, con determinazione e coraggio, il loro lavoro iniziato nel 1977, e tradottosi in cooperativa nel 1985. ID., Il banchiere dei poveri. Con la collaborazione di A. Jolis. Nuova edizione ampliata. Trad. di E. Dornetti, Milano, Feltrinelli, 2008. 92 Fonte: http://www.repubblica.it [consultato il 20 giugno 2010]. 91 Introduzione LXV Inoltre Teodori ha contattato telefonicamente la presidente della su citata cooperativa la signora Tamara Guazzino, che ha affermato: La cooperativa ha 659 soci e c’è uno statuto a cui fa riferimento, due sono le sedi della libreria. Prosegue: Non facciamo vendite on line, infatti il libro deve esser toccato, annusato e consumato. Ora si sente parlare di Edigita (distribuzione e-book: Editoria digitale italiana), promossa da alcuni gruppi editoriale come Feltrinelli, Rizzoli e GeMs che faranno trovare nelle librerie una serie di e-book in italiano. Da noi, invece, solo vendita tradizionale. Quanto appreso, fa notare Teodori, è solo un punto di vista opinabile. Infatti, sono molte le librerie che si stanno aprendo al futuro tecnologico; si venderà, probabilmente, attraverso operatori e e-commerce italiani e stranieri e se ne deduce che e-book è ormai diventato una realtà con cui tanti editori dovranno misurarsi per non rimanerne fuori. L’ultimo tra i contributi presi in esame, è quello di Federica Traversi ha affrontato il tema della qualità della scienza nella filantropia. Viene quindi presa in considerazione l’evoluzione del dono, identificando i nuovi criteri di valutazione per l’attribuzione di finanziamenti ai progetti scientifici che non trovano interesse né presso lo Stato, né presso il mercato, da parte di organizzazioni filantropiche o utilizzando la rete. A tale proposito Traversi cita Alessandro Maccaferi, il quale ha scritto, nel 2009, Il dono della ricerca. La filantropia nella scienza si fa strada fra Stato e mercato, in cui afferma: Fino a pochi anni fa le fondazioni ex bancarie si affidavano a commissioni interne. Oggi invece si fa ricorso sempre più frequentemente alla peer review (revisione tra pari); è attraverso questa metodologia che verranno valutate le varie caratteristiche dei progetti. La britannica wellcome trust, la prima in Europa con 770 milioni di erogazioni, sta rinnovando il suo processo di valutazione ed ha chiesto a tutti i suoi ricercatori finanziati, di pubblicare in open access una copia delle loro pubblicazioni93. 93 A. MACCAFERRI, Il dono della ricerca. La filantropia nella scienza si fa strada fra Stato e mercato, in «Nòva» [consultato il 12 febbraio 2010]. LXVI Introduzione Prosegue Traversi, spiegando che l’open access rappresenta uno spazio pubblico offerto dalla rete e dalle nuove tecnologie della comunicazione (NTC), oggi al centro di analisi e dibattiti in tutto il mondo. Inoltre fa notare: Se da un lato il web può rappresentare la via evolutiva dell’idea di spazio pubblico, dall’invenzione del teatro nella polis greca alle piazze del Rinascimento, dall’altro contiene insidie di cui occorre essere consapevoli. Tuttavia, a favore del web, c’è la possibilità che la società dell’informazio-ne possa diventare, come afferma C. Infante, il nuovo spazio pubblico di una polis fatta da informazioni prodotte dalle azioni degli uomini, che vivono e usano la rete come una nuova opportunità di relazione sociale. Concludendo, dall’elaborato della studentessa, si deduce che ogni tipo di strategia di comunicazione pubblica, va utilizzata per sollecitare il desiderio della gente di mettersi in gioco, di partecipare alla progettazione e alla valutazione delle politiche pubbliche e delle scelte sociali. In appendice E d’altra parte è il caso da notare che l’esperienza dell’esercitazione di cui si è detto fin qui, s’inserisce in una vicenda didattica lunga circa un ventennio. Una vicenda che ha prodotto alcuni risultati a stampa sulla rivista «Slavia», dal 1995 ad oggi. Di ciò si è inteso produrre una qualche documentazione nell’appendice al presente dossier, cui si rimanda per ogni ragguaglio. Profili d’indagine e documentazione A cura di Eleonora Errede Segreti di dominio pubblico Sara Amici Decidere di pubblicare on line un libro comporta innumerevoli riflessioni, interrogativi, scelte. Nell’analizzare tale argomento sarebbe opportuno tener presente i vari punti di vista dei soggetti protagonisti: principalmente quello dell’autore e del lettore. Per l’autore, se in vita, il problema che maggiormente emerge è quello relativo ad una sfera economica. Un libro a cui si può accedere gratuitamente in rete potrebbe comportare, se disponibile anche in cartaceo, un azzeramento delle vendite ed una conseguente grave perdita economica dell’autore. Questo interesse concentrato (autori, loro eredi, editori), come sottolinea J. C. De Martin94, ha portato ad un’estensione da 14 a 70 anni di tutela dopo la morte dell’autore. Contemporaneamente, però, la possibilità che tale testo sia di facile reperibilità comporta, sempre dal punto d vista dell’autore, un successo nei termini in cui il libro sia maggiormente letto, conosciuto, recensito, suggerito, pubblicizzato. Il lettore, a sua volta, potrà usufruire di tale libro mediante il solo accesso alla rete, simboleggiando un reale contatto con la cultura, senza alcun limite di carattere economico, che nella maggior parte della popolazione mondiale rappresenta un limite reale e preoccupante. Il soggetto potrebbe così liberamente leggere, informarsi, curiosare, ispirarsi, approfondire, crescere. Nella società attuale, però, in cui tutto è proposto velocemente, superficialmente, mediato dalle nuove tecnologie che proiettano una realtà complessa senza dare a nessuno, soprattutto alle nuove generazioni, la possibilità di riflettere, il poter accedere alla letteratura tramite uno schermo e un mouse che permette di scorrere senza pause tra parole che 94 J. C. DE MARTIN, Segreti di dominio pubblico. Il valore della conoscenza usata liberamente, in «Nova» inserto di «Sole 24 ore», 20 novembre 2008, pp. 1-2. 2 Profili d’indagine e documentazione necessiterebbero un’attenzione ed un coinvolgimento maggiore, potrebbe, se non si possiedono gli strumenti per usufruirne, rappresentare un pericolo di superficialità, che forse un libro stampato, desiderato ed acquistato, toccato, letto soffermandosi, potrebbe in parte ridurre. Tale messa in rete di un libro potrebbe, probabilmente, rappresentare un vantaggio per chi, già inserito in un contesto culturale ampio ed attivo, sa trarne il meglio. Se la messa in rete sia un testo, però, è carica di un significato pedagogico sociale, quale quello di fornire la possibilità ad ogni singolo individuo di accedere e contribuire al sapere, senza limitazioni, come è ben proclamato nell’articolo 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’ Uomo, sarebbe, forse, necessaria un’educazione ad un utilizzo adeguato a tali risorse, che divengano quindi una reale risorsa di crescita e sviluppo della società. Considero quindi, questo, un elemento positivo, se legato ad una sensibilizzazione relativa al suo utilizzo. Il movimento Book crossing sostiene da anni la “liberazione” di libri in vari punti delle città95. Il Book crossing è un‘attività globale, con iscritti in più di 130 paesi. Motivo principale, esplicitato dai fondatori, è che la cultura deve essere libera e condivisibile e non manovrata da commercianti, che non hanno niente a che fare con la cultura. Tale movimento consiste nella liberazione di libri allo scopo di poterne seguire il viaggio attraverso i commenti di coloro che li ritrovano. L‘idea esiste dal marzo del 200, mentre il sito è stato pubblicato ad aprile del 2001. Nei primi 11 mesi si sono iscritte circa 100 persone al mese. La maggior parte degli iscritti si trova negli USA. I libri non conoscono frontiere e spesso vengono rilasciati durante viaggi. I libri vengono registrati in questo modo: durante la registrazione il sistema assegna ad ogni libro un numero univoco (il BCID), questo deve essere riportato sul libro (tramite un etichetta o a mano). Basandosi su questo numero chi ritrova il libro lasciato in libertà può registrarne il ritrovamento e seguire il percorso del libro. Dopo averlo letto si può rilasciarlo nuovamente in libertà ad esempio su una panchina, su un treno, in un bar. I libri personalizzati, con una etichetta nel loro interno, circolano così fra le persone gratuitamente. Questo è un altro modo di divulgazione che sembra molto valido. Liber Liber96, a sua volta, è nota per il progetto di biblioteca telematica accessibile gratuitamente (progetto 95 96 Fonte: http://www.bookcrossing.it [consultazione aprile 2011]. Fonte: http://www.liberliber.it [consultazione aprile 2011]. Profili d’indagine e documentazione 3 Manuzio) e per l'archivio musicale (LiberMusica), è una o.n.l.u.s. (organizzazione non lucrativa di utilità sociale) che ha come obiettivo la promozione di ogni espressione artistica e intellettuale. Liber Liber è stata ufficialmente costituita il 28 novembre 1994, pur operando fin dal 1993. Il suo statuto è on line. Questa associazione dedica sempre una particolare attenzione a tutti gli strumenti capaci di facilitare un accesso libero e attivo al dibattito e alla produzione culturale italiana e internazionale. Con LibriLiberi si è dato vita a uno dei più vivaci "bookcrossing" italiani. Molto entusiasmo poi sta suscitando il più giovane dei progetti: il Libro parlato, ovvero la produzione di audio-libri letti da attori e volontari (come sempre, liberamente scaricabili dal sito). Con Pagina Tre si è costituito un network di riviste culturali, mentre con Open Alexandria si progetta una nuova piattaforma per la produzione e distribuzione di contenuti digitali, una innovazione che promette di rivoluzionare il mondo dei contenuti liberi da copyright. Relativamente alla messa in rete del Poema pedagogico di Anton Semënovič Makarenko (1888-1939) legata, come si accennava prima, ad una sensibilizzazione del lettore, ed all’esigenza di una possibilità di accedervi senza limiti economici richiede un’analisi delle informazioni contenute nei siti che l’universo di internet offre. I siti che sono stati analizzati principalmente in questa ricerca sono: http://www.wikipedia.org, http://www.slavia.it, http://www.makarenko.it, con un’attenzione a tutti gli altri riferimenti relativi alla figura di Makarenko ed al Poema pedagogico. Il sito http://www.makarenko.it introduce il ruolo dell’Associazione Italiana Makarenko, costituita nel 2006, è aperta a studiosi, ricercatori, docenti universitari, insegnanti, italiani e stranieri, che si occupano dell’opera letteraria e pedagogica di A. S. Makarenko (1888-1939). Lo scopo di tale associazione è quello di promuovere in Italia la conoscenza e lo studio delle esperienze pedagogiche ed educative di A. S. Makarenko, di approfondirne i risultati sul piano storico, di verificarne il valore nel contesto sociale attuale, di aprire un confronto con esperienze similari in Italia e nel mondo. Nella pagina relativa al Poema pedagogico, vengono proposti vari articoli partendo da un introduzione di Titjana Fèderovna Koableva presidente della Associazione Internazionale Makarenko, un articolo di Agostino Bagnato Makarenko e il cooperativismo, di Ferrarotti Sul Poema pedagogico di A. S. Makarenko, Laboratorio Makarenko di Vincenzo Orsomarso e infine l’articolo del maestro Marco Rossi Doria Il Poema “Romanzo di i- 4 Profili d’indagine e documentazione niziazione” e “vita nuova”. Il sito offre una serie di collegamenti ed approfondimenti relativi all’arte, alla didattica, articoli in russo e tesi di Laurea della facoltà di Scienze dell’Educazione e della Formazione. Nel sito http://www.wikipedia.org viene presentato A. S. Makarenko partendo dalla biografia, con approfondimenti relativi al suo pensiero pedagogico, alla funzione e metodologia del collettivo con, infine, un rimando ai titoli delle opere principale: -La marcia dell’anno 1930, 1932; -Poema pedagogico, 1933-1935; -Il libro per i genitori, 1937; - Bandiere sulle torri, 1938; - Pedagogia scolastica sovietica, 1941-1943. Il sito http://www.slavia.it presenta, fra i vari autori, un approfondimento su A. S. Makarenko con una rivista del 1995 con un articolo di Nicola Siciliani de Cumis Questo Makarenko, uno di Beatrice Paternò Intorno al “Poema pedagogico” e due testi dello stesso Makarenko: Battaglia al lago Rakitno e Sulle strade accidentate della pedagogia. Un altro sito, fra i tanti proposti, http://www.filosofico.net presenta un capitolo del Poema pedagogico “Il caso Opriscko” legato ad una introduzione tratta dal libro di R. Tassi, Itinerari pedagogici del Novecento, Zanichelli, Bologna, 1996, pp. 47-49. Molti siti inoltre pubblicano studi, analisi ed appunti sul tema ma in nessun sito è reperibile il testo completo, per poter associare la cospicua quantità di informazione e recensioni ad una lettura del testo integrale. Proprio per questo, collegandosi al concetto inizialmente esposto relativo all’acceso ed al contributo di tutti alla cultura, risulta necessaria una pubblicazione in rete e gratuita del Poema pedagogico che permetta ad ogni individuo di relazionarsi con tale opera, entrando in contatto con l’autore ed il suo pensiero pedagogico tramite gli strumenti di analisi forniti dai siti sopra citati e dai continui contributi di esperti e studiosi. Documentazione 1 Fonte: http://www.wikipedia.org 8 Documentazione 1 Fonte: http://www.makarenko.it Documentazione 1 Fonte: http://www.makarenko.it 9 10 Documentazione 1 Fonte: http://www.ciao.it/Poema_Pedagogico_Makarenko Documentazione 1 Fonte: http:// www.slavia.it/ 11 12 Documentazione 1 888 Fonte: http:// www.bookcrossing-italy.com Documentazione 1 13 Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità Luana Arduini 1.1. Prospetto odierno del mercato editoriale Gli interessi e le abitudini dei lettori si sono modificate rispetto agli anni in cui Makarenko scriveva il suo Poema pedagogico. Tale cambiamento è dovuto principalmente alla diffusione della rete internet. Si trasformano i trend dei consumi di libri e i modelli distributivi si stanno rapidamente consolidando nell’industria editoriale on line. Tali mutamenti, apparentemente esteriori, sono legati a un profondo cambiamento strutturale in atto nell’editoria libraria: l’affermazione di un approccio produttivo digitale che affianca e integra la produzione di tipo convenzionale. I recenti cambiamenti dell’economia hanno permesso a domanda e offerta di riconfigurare il proprio rapporto sulla base delle nuove opportunità offerte dalla tecnologia. Attraverso lo schermo di un computer i consumatori acquistano i libri, li leggono, confrontano le loro opinioni con quelle di altri lettori, alcuni scrivono addirittura delle recensioni. Il tutto avviene sfruttando i siti web dinamici, come i blog, forum, e social network. Ad esempio su aNobii, il social network letterario più importante al mondo, vengono create di continuo nicchie di consumo, le quali determinano un flusso d’opinioni verso un genere o verso un autore particolare. Attualmente un lettore raggiunge le stesse identiche informazioni di prima, ma ora lo fa in modo più rapido e infinitamente più comodo, è lui stesso ad avere il potere di parlare bene o male di un libro attraverso internet. In questo senso il web serve per comunicare l’offerta e completare le informazioni riguardo al contenuto, così che la parte on line rinforzi quella cartacea e non viceversa. Questi cambiamenti nel mercato sono accentuati dal fenomeno ebook, il libro elettronico che la casa sceglie di pubblicare in toto o in parte. 16 Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità Ma quali sono oggi le tendenze del mercato editoriale? Si è interessato di quest’argomento Giovanni Peresson, responsabile dell’Ufficio Studi di AIE (associazione italiana editori)97. Secondo i dati dell’AIE, negli ultimi cinque anni il numero dei titoli pubblicati è aumentato del 10,7%, mentre, nello stesso periodo di riferimento, la tiratura media si è abbassata di 5,2 punti percentuali. Se da un lato aumenta dunque l’offerta di titoli pubblicati, in risposta a una domanda di materiale di svago, di formazione, di aggiornamento da parte di lettori sempre più parcellizzati, dall’altro diminuisce, nonostante la presenza di “super best seller” di successo quali Harry Potter, Il codice da Vinci o Il Signore degli anelli, la tiratura media dei libri. Fenomeno, quest’ultimo, da collegarsi al lento allargamento della base di lettura (pari a +3% la media annua registrata tra 2000 e 2006), e quindi dell’acquisto, e a una maggiore capacità di controllo delle tirature in fase di lancio e di rifornimento, reso possibile dall’integrazione tra gestione delle librerie e rete. A cambiare rapidamente sono i comportamenti d’acquisto del pubblico - ha continuato Peresson - un primo dato non può che far riflettere: il 51% dei titoli non viene venduto in più di due copie, vale a dire che a crescere è il numero di titoli a basso volume di vendita, destinato a nicchie di mercato e specializzazioni di lettura. Vi sono altre tendenze riscontrate nell’orientamento all’acquisto dei lettori del terzo millennio che non mancano di condizionare il comportamento degli editori. Si afferma innanzitutto un club di lettori ben circoscritto che, seppur in minoranza numerica, preferisce la lettura di un libro on line che rappresentano il 12,9%. Alcuni sondaggi mostrano che il 54% dei potenziali lettori entra in libreria non avendo ancora deciso quale libro acquistare, il look visivo del libro, la grafica e la copertina diventano componenti fondamentali nell’influenzare le scelte d’acquisto, quindi il mercato d’oggi punta sugli effetti della vendita “visiva” che sulla “qualità” del prodotto. Tutti questi elementi ci permettono di formulare una precisa considerazione: il libro entra dunque in una logica on demand (a richiesta), nella quale proprio la tecnologia di stampa digitale può rappresentare una grande opportunità andando ad affiancare, a integrare e sopperire la stampa cartacea. Quali sono i vantaggi offerti dai libri in digitale? La stampa digitale consente innanzitutto di produrre più titoli e di abbassare il numero delle tirature medie. A livello mondiale, nel corso degli ultimi cinque anni 97 Fonte: http://www.aie.it articolo del 6 maggio 2010 di ROBERTO CICALA [consultato il 18 maggio 2010]. Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità 17 circa il 10% delle aziende con fatturato inferiore ai 2 milioni di dollari e il 34% di quelle con fatturato compreso tra i 2 e i 5 milioni di dollari ha deciso di passare dalla stampa tradizionale a quella digitale, e si prevede che tali quote siano destinate a salire rispettivamente al 57% e al 50% nel prossimo quinquennio. Laddove la domanda si orienta verso la riduzione delle tirature è proprio la stampa digitale a rappresentare la soluzione più adeguata. Al giorno d’oggi risulta in crescita la produzione della stampa digitale, destinata a un pubblico sempre più ampio e pronto a utilizzare il digitale come soluzione a un’esigenza immediata. Con l’avvento dell’era del book on demand ad affermarsi sarà un nuovo approccio al mercato editoriale librario, nel quale lo stampatore si trasformerà in promotore di soluzioni personalizzate, avvicinandosi sempre di più ai propri clienti, ai singoli business e alle singole sfide. Allo stesso modo, stampa digitale e stampa cartacea si equivarranno in termini di qualità: così gli editori richiederanno uno stesso prodotto in qualità e gestione del colore sia a livello cartaceo che on line. Ma andiamo ad analizzare nello specifico il rapporto che intercorre nel mercato di oggi fra best-seller e stampa di qualità. Secondo le ricerche effettuate recentemente è emerso che la quantità sembra prevalere sulla qualità. Per fortuna ci sono le dovute eccezioni. Secondo alcuni sondaggi sembra che stiamo procedendo verso l'estrema unzione del libro di qualità, il mondo dell'editoria è afflitto da un pubblico sempre più stordito e vacanziero che predilige la lettura dei best seller. Innanzitutto chiariamo che cosa s’intende con il termine best-seller. In inglese designa un qualsiasi articolo (quindi anche un libro) che vende moltissimo; in Italia il suo utilizzo è stato applicato esclusivamente ai libri che “vendono” sul mercato. Anche qui, però, occorrono alcune necessarie distinzioni, come rileva Umberto Eco sono best seller anche la Bibbia e Pinocchio, che ancora oggi vendono numerose copie senza apparire nelle classifiche. Ci sono libri che per un certo periodo hanno goduto di una grandissima popolarità, orientandosi verso una nicchia di lettori piuttosto esigua e scomparendo infine, questo ci sottolinea che il fulmineo successo non garantisce il mantenimento nel tempo delle vendite, che potrebbero avviarsi a un successivo collasso. Mentre altri libri, appunto, continuano a sfidare gli anni, i secoli, senza rimanere mai orfani di lettori. Come Madame Bovary o Il vecchio e il mare di Hemingway, o il Poema pedagogico di Anton Semënovič Makarenko, insomma le opere letterarie immortali. 18 Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità Fino ad arrivare ai libri vendutissimi che esplodono nel mercato grazie a una astuta pianificazione commerciale. Ma perché si ha la concezione che il libro deve essere venduto come un dentifricio o un paio di scarpe qualcosa che deve persuadere per il suo aspetto esterno e non per il contenuto, perché siamo arrivati ad essere attratti dal suo aspetto e poco c’importa della qualità? Il marketing è penetrato anche nelle case editrici, trascinando con sé le indagini sui target e sulla commerciabilità, ormai lo scopo è quello di vendere, vendere, vendere. E chi vende meglio del best seller? Violenza, denaro, sesso e potere sono gli ingredienti più invitanti, da miscelare a piacere per un target d’individui sempre più in crescita A questo punto Peresson esprime il suo parere: Il segreto fondamentale degli scrittori di best seller è di non essere mai spiritualmente o linguisticamente superiori ai loro lettori. La superiorità deve essere soltanto culturale ma guai a far sentire al lettore il peso di una profondità che non gli appartiene98. Questi ed altri schemi narrativi sono sempre più prevedibili, costruiti su infinite varianti senza raccontare mai nulla di nuovo, di eversivo rispetto a quello che il pubblico si aspetta di ritrovare. Il monopolio dei best-seller guida gli editori verso scelte sempre meno ardite. La cultura, purtroppo, diventa sempre di più un fatto elitario, una faccenda per pochi, grazie anche alla pressione dei mass media che invogliano il gusto della prevedibilità, della certezza. Si avverte sempre più la schizofrenia editoriale che segna questo terzo millennio, con la scissione sempre più marcata tra libro come prodotto di massa e libro di cultura; il secondo è il gruppo di editori che ancora osano innamorarsi di un autore a prescindere dai pronostici del portafoglio. L'industrializzazione dell'editoria è gestita dai grandi gruppi internazionali uniti da un unico scopo: raggruppare i titoli più redditizi delle case editrici eliminando gli altri. L'editoria mondiale negli ultimi dieci anni è forse cambiata più che nell'intero secolo, si insegue la curva commerciale escludendo, o comunque emarginando, tutto ciò che rischia di “non fare audience”. L'80% dei libri pubblicati oggi provengono dai grandi gruppi che controllano il mercato dell’editoria. In Italia ovviamente spopolano i best 98 Fonte: http://www.aie.it articolo del 6 maggio 2010 di ROBERTO CICALA [consultato il 20 maggio 2010]. Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità 19 seller americani, ma non solo. Finita l’era felice di Mondadori Arnoldo è iniziata quella di Mondadori-Berlusconi che avanza, ingloba, i best seller americani più venduti. Il primo gruppo editoriale italiano si muove seguendo le curve del marketing, le strategie dell'editore-imprenditore. Il grande best seller funziona, sazia le tasche di editori, scrittori e agenti ma arresta la creatività del settore proponendo infinite varianti delle medesime in formule narrative che persuadono il pubblico. La stampa di qualità continuerà ad esistere in Italia solo se ci sarà sempre un numero esiguo di lettori che incoraggerà a sperare nella qualità, e di editori capaci di osare senza le garanzie del portafoglio. 1.2. Il mercato letterario? Non è il diavolo, a cura di Federica Manzon. Un articolo inerente a questo argomento, degno d’essere menzionato, è quello di Federica Manzon tratto da «Il Sole 24 Ore» nel numero di Domenica del 07 Marzo 2010 Il mercato letterario? Non è il diavolo. In questo articolo la giornalista s’interroga del perché la società letteraria italiana continua ad accusare il mercato di essere il colpevole della scarsa qualità delle opere in commercio, quando il mercato si limita a persuadere le richieste di un pubblico che s’orienta sempre di più verso i bestseller che trattano d’argomenti che loro stessi richiedono e vogliono leggere. In questo senso il mercato letterario è diviso fra l’élite intellettuale e gli amanti dei best seller. L' élite vede nel grande pubblico, e quindi nel mercato, un nemico da combattere e va fiera della propria minorità, vi è un’opposizione un po’ assertiva tra qualità e quantità. Scrive Manzon: Umberto Eco dove lo mettiamo? E Stephen King ormai considerato un maestro? E Gomorra di Saviano, che ha parlato a più di due milioni di lettori, è di qualità o no? In economia, con mercato si intende quello spazio aperto e sempre mutabile dove si incrociano la domanda e l'offerta. Non un'entità astratta che pre-esiste all'uomo e che impone a esso le proprie regole (disumane), quanto piuttosto un luogo che prende corpo nella pluralità di incroci, ibridazioni, e scambi. Troviamo così in questa definizione tecnica qualcosa che suona incredibilmente vicino a un concetto elementare ed essenziale di narrazione, intesa come evoluzione e travestimento, prodotto dell'incrocio di culture e identità, scommessa e rischio. A voler usare il potere delle immagini scopriamo che “il mercato”, nella sua definizione più tecnica ma anche più originaria, porta in sé situazioni e linguaggi che molto hanno in comune con il gesto dello scrittore. 20 Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità Proviamo a immaginare: un mercato è fatto di persone, persone che partendo da un punto del mondo iniziano viaggi e avventure per raggiungere piazze lontane e a volte sconosciute. [...] Così il mercato appare prima di qualsiasi altra definizione il luogo in cui si incontrano gli uomini - oriente e occidente esposti senza guerre sulla piazza del mercato ateniese - e lì scambiano, intrecciano legami, mescolano le proprie qualità e le affinano nel confronto continuo. Il mercato quindi, lontano dall'essere una costruzione astratta che viene a imporsi e alterare in negativo l'essenza dell'umano, appare invece legato a quanto all'uomo é di più proprio. Così possiamo, senza troppi imbarazzi di galateo, pensare che “mercato” non è opposto a “letteratura”, a valore letterario. Seguendo infatti l'equazione più semplice per cui il mercato è costituito da persone, da un pubblico di lettori nel caso della produzione libraria (e quindi copie vendute), è evidente come esso non risponda a regole astratte che lo portano a cercare nell’opera letteraria un canone riconosciuto come depositario di bellezza e valore artistico, ma piuttosto a orientare ogni lettore è il bisogno di trovare nel testo scritto qualcosa che gli parli di sé. L’opposizione mercato e letteratura non è quindi così netta. Il successo di pubblico non è facilmente indice di scarsa qualità letteraria, e si può azzardare tra i due una convergenza anche in negativo. L’alienazione del pubblico avviene infatti molto spesso quando lo scrittore, invece di concentrarsi su ciò che vuole veramente raccontare, si fa catturare da regole e mode, cerca di piegare la propria vocazione autentica ai dettami delle correnti letterarie in voga e delle supposte tendenze di mercato. In poche parole, non è così scontato che il valore economico sia inversamente proporzionale al valore artistico. Alla base, forse, c’è un modo pregiudiziale di intendere la parola mercato all'interno della produzione culturale [...]99. 1.3. Chi difende la qualità?, a cura di Giorgio Van Straten. Questo argomento viene affrontato anche da Giorgio Van Straten nell’articolo Chi difende più la qualità? nel «Il Sole 24 Ore» di Domenica 28 Marzo 2010. Come l’articolo citato precedentemente, anche Van Straten afferma che il problema dell’editoria di oggi non è il mercato, anzi vendere libri di qualità e non, non è più considerato un peccato capitale, sono lontani i tempi in cui chi aveva successo commerciale veniva considerato qualcuno che avesse una buona raccomandazione. 99 Fonte: http://www.bibliogarlasco.blogspot.com/2010/03chi-difende-piu-laqualita.html [consultato il 24 maggio 2010]. Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità 21 Oggi gli scrittori sono alla ricerca di un pubblico, e il pubblico è costituito da chi compra i loro romanzi, quindi gli scrittori scrivono in base agli interessi dei lettori. Il problema è che, in questi anni in Italia, c'è solo il mercato di quantità, e si tende a misurare la qualità in base al numero di copie vendute. Il giornalista afferma che nel 2010 molti aspirano a scrivere libri, compresi coloro che hanno già successo in altri ambiti della cultura e dello spettacolo: cinema, musica, ecc., come se questo costituisse un modo di accrescere il proprio prestigio intellettuale; ma allo stesso tempo i romanzi non hanno più alcuna visibilità in quanto tali, al massimo si accompagnano alla notorietà di chi li ha scritti. Negli ultimi anni si contano sulla punta delle dita di una sola mano i casi di romanzi italiani che abbiano suscitato un dibattito pubblico, una riflessione collettiva, che abbiano dato vita a un confronto culturale vero. Scrive Van Straten: In questo momento, l'unica eccezione sembra essere Gomorra di Roberto Saviano, di un caso la cui peculiarità è tale da non costituire un precedente. Eppure nel passato succedeva altro, e la discussione intorno a un testo poteva attivarsi a prescindere dal numero di copie vendute. Per questo credo che la difesa del mercato sia pleonastica: il mercato si difende da sé. Quello che servirebbe piuttosto è la difesa della letteratura, del suo significato, del suo essere parte dell'identità di un Paese. Ma di questo, mi pare, non si preoccupa mai nessuno100. Il mercato di oggi è un “mercato del consumo”. In questo contesto come può un libro commercialmente più debole di un best-seller, perché più impegnativo alla lettura per forma o contenuto, perché meno televisivo, perché marginale rispetto al gusto main stream e per chissà quanti altri motivi, diventare visibile sui banconi? In questa cornice è chiaro che il pubblico, ormai privo di segnalazioni critiche è indotto a orientarsi sulle classifiche dei più venduti, come se quantità e qualità dovessero per forza coincidere nei best-seller. Il lettore italiano invece molto spesso non é più in grado di passare dal best-seller all’editoria di qualità, la strapotenza dell'immagine lo condiziona al punto che anche fra le pagine di un libro il lettore cerca l'immediatezza televisiva e la sua leggerezza. 100 Fonte: http://www.bibliogarlasco.blogspot.com/2010/03/chi-difende-piu-laqualita.html [consultato il 26 maggio 2010]. 22 Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità A questo modo di trattare la lettura contribuisce il mercato, sfornando libri come se fossero riviste che restano in libreria poche settimane e poi scompaiono, non vi è nulla di male purché si abbia la consapevolezza della differenza fra i due generi. 1.4. I dilemmi di Internet: giornali al bivio, a cura di Enrico Franceschini. L’articolo di Franceschini I dilemmi di Internet: giornali al bivio nel numero di «la Repubblica» di Domenica 23 Maggio 2010, offre una chiave di lettura semplice ed efficace del mercato letterario d’oggi. Internet, ha detto Harold Evans, ex-direttore del «Times» di Londra e uno dei più noti giornalisti britannici, offre una grande opportunità ai media. L’informazione d’oggi vive in un’età dell'oro. I pessimisti temono che il web faccia scomparire i giornali, offrendo ai lettori notizie gratis e permettendo a ogni internauta di diventare giornalista, se lo vuole, con un blog, una e-mail, una battuta su Twitter. Gli ottimisti ritengono che internet farà scomparire i giornali fatti di carta, ma non il giornalismo e i giornalisti, i quali troveranno una nuova vita non appena sarà stato escogitato il mezzo per rendere economicamente sostenibile un giornale digitale che distribuisca notizie, commenti, reportage attraverso la rete. Afferma nel suo articolo: Il mezzo di divulgazione dell’informazione potrebbe essere l’i-Pad, dando alle news una nuova piattaforma di distribuzione e un modo di ricavarci un utile. Ma anche condividendo la visione più ottimistica, un futuro in cui il giornalismo esisterà prevalentemente o completamente su Internet pone alcuni problemi che non sono stati ancora risolti. Il primo è di ordine economico. I giornali non più solo di carta ma anche o soltanto sul web, letti sull’ iPad o su un telefonino o su un personal computer o su un nuovo gadget che sarà inventato tra due, cinque o dieci anni, potranno indubbiamente guadagnare, ma quanto? Pubblicità, abbonamenti, micropagamenti, quale che sia la formula che sarà studiata, riusciranno a generare il tipo di enorme fatturato che è stato fino a oggi necessario per finanziare una grande azienda giornalistica?101 101 Fonte: http://www.bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/i-dilemmi-di-internetgiornali-al-bivio [consultato il 30 maggio 2010]. Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità 23 Franceschini afferma che il web, così facendo, ridurrà le spese di stampa e distribuzione, offrirà a tutti i lettori un considerevole risparmio. Il giornalismo via web potrà generare risorse sufficienti a finanziare una rete di redattori esperti, di reporter investigativi, di commentatori autorevoli, di corrispondenti e inviati in ogni parte del mondo, di critici prestigiosi, insomma tutto quello che serve a un giornale per svolgere al meglio il suo ruolo. Sembra che per riscuotere il maggiore interesse da parte del pubblico sul web occorrano due elementi: la brevità e la stravaganza. Notizie o foto o filmati che siano di rapida consultazione e che contengano qualcosa di curioso, straordinario, eclatante, questa è la formula del successo. Il giornalismo su internet sarà sospinto inevitabilmente verso la strada della brevità e dell'eclatante, oppure si presterà anche a ospitare editoriali, inchieste, reportage? In altre parole, un articolo che occupa una pagina intera su un giornale verrà letto dallo stesso numero di lettori anche sul web? I cambiamenti tecnologici che stanno cambiando l'informazione sono una minaccia per la libertà di stampa? Possono cambiare il ruolo che il "quarto potere" ha avuto, come controllore della democrazia, per tutto il ventesimo secolo?102. Conclude l’articolo invitando i suoi lettori a riflettere su queste domande a cui oggi non vi è risposta. 1.5. “Uno spot per il libro contro la crisi della lettura”, a cura di Stefano Salis. Riporto in seguito l’articolo di Stefano Salis di venerdì 14 Maggio 2010 nel «Il Sole 24 Ore». Ho scelto di citare quest’articolo in quanto descrive al meglio la posizione che occupano nel mercato editoriale i libri cartacei. Se mi vuoi bene comprami un libro, lo slogan è efficace, anche se vagamente, nobilmente ricattatorio, come suggerisce Gian Arturo Ferrari, il presidente del Centro per il Libro e la lettura, che lo ha selezionato e fortemente voluto: «Se mi vuoi bene il 23 maggio regalami un libro». Con queste parole parte la campagna di comunicazione, presentata oggi al Salone internazionale del libro di Torino, e 102 Fonte: http://www.bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/i-dilemmi-di-internetgiornali-al-bivio.html [consultato il 27 maggio 2010]. 24 Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità promossa da Centro per il Libro e dall'Associazione italiana editori, in collaborazione con l'Associazione librai italiani e il supporto di Anci e Upi, per presentare la giornata nazionale per la promozione della lettura. La sfida è quella di rendere il libro più familiare e vicino ai lettori, un oggetto da regalare a chi si vuole bene, come testimonianza di affetto e vicinanza. «Vorremmo che la lettura diventasse un piacere quotidiano – ha spiegato Marco Polillo presidente dell'AIE»103. Lo scopo è quello di sensibilizzare a livello nazionale all’acquisto e alla lettura dei libri cartacei, che a causa d’internet stanno perdendo valore sul mercato. 1.6. Dr. Jekill e Mr. Hyde, quando il romanzo è elettronico, a cura di Stefano Salis. Nell’articolo Dr. Jekill e Mr. Hyde, quando il romanzo è elettronico il giornalista Stefano Salis, del «Il Sole 24 Ore» di giovedì 13 Maggio 2010, sono riportate delle informazioni che potremmo utilizzare al fine del l’obbiettivo del Laboratorio Makarenko, la messa on line del Poema pedagogico. Il giornalista scrive: Detto fatto. Erano stati messi online proprio mentre si svolgeva al Salone del libro di Torino circa 400 titoli in formato e-book sulla più grande libreria virtuale italiana, che in serata è giunto anche il primo libro comprato. È di Giunti ed è un classico: The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde di Stevenson, nella traduzione di Luciana Pirè. Anche il prezzo è significativo: sul portale il volume costa appena 2,90 €. Non a caso il costo degli e-book sarà uno dei punti centrali intorno al quale si svilupperà il dibattito (e il business, soprattutto) editoriale nei prossimi tempi: e se il presidente del Centro per il Libro e la Lettura, Gian Arturo Ferrari, individua nel fattore prezzo la chiave con la quale (in tempi per ora imprevedibili) l'e-book vincerà la sua partita, non tutti gli editori sono sicuri del prezzo che è giusto dare al prodotto. Quello che è sicuro è che gli e-book sono stati al centro dell'attenzione della prima giornata di Salone. Secondo le stime il totale dei titoli presentati nel formato elettronico arriverà a coprire a dicembre 2010 l’1,5% del catalogo vivo dei titoli e l'8-9% delle no- 103 Fonte: http://www.bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/se-mi-vuoi-beneregalami-un-libro.html [sito consultato il 29 maggio 2010]. Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità 25 vità. Entro Natale dovrebbero essere 4.500 i titoli distribuiti dai vari attori sul mercato. Riccardo Cavallero, direttore generale Libri Trade Mondadori, ha confermato il lancio dei nuovi e-book di Einaudi, Mondadori, Piemme e Sperling&Kupfer, partendo con un’offerta di 1.400 titoli di cui 400 novità, Bruno Ma, vicepresidente di Giunti ha annunciato i primi 200 titoli già da ieri disponibili (guide e fiction in particolare), mentre il consorzio Edigita che raggruppa Feltrinelli, Rcs e le etichette Gems Messaggerie Italiane metterà a disposizione quasi 2.000 titoli; infine il gruppo indipendente BookRepublic, da giugno metterà online circa 1000 titoli (tra le sigle Blu edizioni, minimumfax, Il Saggiatore, Instar, Iperborea, Nottetempo)104 . Se così fosse l'avvento degli e-book coinciderebbe con quello dell' iPad. In questa nuova fase cambieranno radicalmente i modi di leggere i libri, tanto più che sono proprio i forti lettori a dimostrarsi più interessati al nuovo media. “Perché il Poema pedagogico dovrebbe restare estraneo a tutto ciò?”. 1.7. Il futuro della lettura, a cura di Massimo Novelli. Un’ altro articolo degno d’essere menzionato è quello di Massimo Novelli Il futuro della lettura che nel numero di «la Repubblica» di venerdì 14 Maggio 2010, espone un chiaro panorama del mercato editoriale e dell’ascesa dell’e-book. Non è ancora un de profundis, una chiamata per il morto. Nel presentefuturo del libro di carta, il caro vecchio libro i cui odori i bibliofili più appassionati amano annusare, si aggira tuttavia uno spettro, più o meno come si aggirava quello del comunismo nel manifesto di Marx e di Engels. Il fantasma è quello dell'e-book, della digitalizzazione, dell'elettronica. Quasi due milioni di italiani, del resto, si sono abituati a leggere sugli schermi, una crescita che si è triplicata in tre anni secondo le rilevazioni fatte dall'Associazione Italiana Editori e dalla NielsenBookScan. E se Marco Polillo, presidente della stessa AIE, invita alla prudenza, affermando che è troppo presto per un commento sulla portata del fenomeno, resta il fatto che è difficile dire se si tratti di una moda oppure di una vera e propria rivoluzione che muterà il nostro modo di leggere. Gian Arturo 104 Fonte: http://www.bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/michele.html [consultato il 18 maggio 2010]. 26 Rapporto tra best-seller ed editoria di qualità Ferrari, già top manager della Mondadori e ora alla guida del Centro per il Libro e la Lettura, invece si sbilancia un pò di più. Al convegno della Laterza dedicato al saggio La quarta rivoluzione. Sei lezioni sul futuro dei libri di Gino Roncaglia, non si esercita in profezie ma invita comunque a confrontarsi con il mondo di oggi. Un mondo trasformato, in trasformazione continua e ineluttabile. Ferrari sostiene intanto che “il libro non è un prodotto naturale, bensì della storia”. Esiste da poco tempo, da circa tremila anni, e nella sua forma attuale da poco più di mezzo millennio. Dunque non è sempre esistito. Per le medesime ragioni, il libro di carta può scomparire, modificarsi, come dalle opere degli amanuensi si passò a quelle della stampa. Pertanto occorre guardare alla realtà per quella che è. Il libro elettronico non è un supporto alla lettura105 . Come suggerisce l’articolo, ci troviamo dinnanzi ad un cambiamento che investe tutto l'universo del libro e tutti i suoi attori: dagli autori agli editori e ai diffusori. Per questi motivi il problema non è rappresentato dall’e-book, ma dall’inadeguata pianificazione per affrontare questo cambiamento nella comunicazione. Attraverso l’utilizzo di internet opere come il Poema pedagogico di Makarenko non moriranno mai. 105 Fonte: http://www.bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/il-futuro-dellalettura.html [consultato il 22 maggio 2010]. Documentazione 2 J. C. MARTIN Segreti di dominio pubblico, Il valore della conoscenza usata liberamente, in «Nòva24»/«Il Sole 24 ore», 20 novembre 2008. 30 Documentazione 2 Fonte: http://www.aie.it/STAMPA.aspx Documentazione 2 31 Fonte: http://bibliogarlasco.blogspot.com/2010/03/il-mercato-letterarionon-e-il-diavolo.html 32 Fonte: Documentazione 2 http://bibliogarlasco.blogspot.com/2010/03/chi-difende-piu-laqualita.html Documentazione 2 33 Fonte: http://bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/i-dilemmi-di-internetgiornali-al- bivio.html 34 Documentazione 2 Fonte: http://bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/se-mi-vuoi-beneregalami-un-libro.html Documentazione 2 Fonte: http://bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/michele.html 35 36 Documentazione 2 Fonte: http://bibliogarlasco.blogspot.com/2010/05/il-futuro-della-lettura.html Documentazione 2 37 38 Documentazione 2 Rapporto individuale e collettivo Valentina Benvenuto Emulazione e dinamica di gruppo Visalberghi, nell’articolo Emulazione e dinamica di gruppo, estratto dal mensile «Scuola e Città» del 1953 critica lo spirito di emulazione e l’uso tradizionale di metterlo in pratica nella scuola con premi e incentivi funzionali al profitto. Per prima cosa bisogna specificare cosa si intende con il concetto di emulazione: «desiderio di eguagliare o superare un’altra persona in una qualsiasi abilità mediante il proprio progresso» 106. Specificando ulteriormente il concetto: Alle radici dell’atteggiamento emulativo c’è sempre un impegno reale e la ricerca di un modello più alto, ma stimato raggiungibile; è un atteggiamento legato alla concretezza ed all’autoaffermazione sul piano della realtà, e non ha carattere paranevrotico di pura compensazione psicologica. Emulazione si ha peraltro soltanto finché il modello sia un modello in carne ed ossa e lo si reputi raggiungibile107. A tal proposito la coscienza pedagogica contemporanea ha scarsa fiducia nello spirito d’emulazione tant’è che Visalberghi cita brevemente un episodio di un suo amico preside a cui venne chiesto da autorità ed enti di affidare premi ai migliori alunni della scuola. Il problema è quello di definire chi sono i migliori? Il preside in quel caso decise di premiare coloro che erano riusciti a migliorare il loro profitto e a compiere i più notevoli progressi indipendentemente dai “voti” di partenza. Rousseau e Kant criticano l’emulazione per le doti morali che insinuano nell’individuo, basate sull’individualismo. «Evitare il confronto con gli altri è il criterio fondamentale cui s’ispira l’educazione di Emilio emulo solo di se stesso […]»108 . A. VISALBERGHI, Emulazione e dinamica di gruppo, in «Scuola e città», 30 settembre 1953, p. 303. 107 Ivi, pp. 304-305. 108 Ivi, p. 302. 106 40 Rapporto individuale-collettivo Kant sostiene che se lo spirito emulativo è applicato in maniera inadeguata può produrre invidia negli individui che è contraria al sentimento dell’amicizia e allo sviluppo della solidarietà sociale. La posizione della maggior parte dei pedagogisti contemporanei è descritta da Kilpatrick che distingue tra «metodo stretto» e «metodo largo». Con la prima espressione egli intende il metodo che ha come obiettivo “stretto”, quello del profitto, in questo senso l’emulazione potrebbe portare a qualche risultato positivo. Ma se per educazione intendiamo anche l’acquisizione più vasta di qualità intellettuali e morali, in questo caso facciamo riferimento al “metodo largo”, allora l’emulazione è controproducente in quanto insinua negli allievi qualità individualistiche e comportamenti egoistici. Invece di promuovere la cooperazione attiva e impegnata nella scuola come un modello di vita sociale. Secondo Bertrand Russell: «Il mondo non ha bisogno di concorrenza, ma di organizzazione e di cooperazione; ogni fede nell’utilità della concorrenza è diventata un anacronismo»109 , e questa rappresenta la prima motivazione per cui è utile ed etico mettere un’opera via web per promuovere lo spirito di cooperazione della conoscenza, far conoscere “tutto a tutti”, la condivisione della conoscenza in una maniera semplice e accessibile ad ognuno. Inoltre Russell sostiene che la promozione della concorrenza è un’ideale di classe. L’articolo continua con la descrizione della genesi e dello sviluppo dell’atteggiamento emulativo, il concetto viene specificato con il confronto ad altri sentimenti. Come il rapporto emulazione/invidia110, emulazione/rivalità111, emulazione e la gara agonistica112infine emulazione/gelosia113. L’autore individua un termine di paragone, del rapporto B. RUSSELL, L’educazione e l’ordinamento sociale, in A. VISALBERGHI, Emulazione e dinamica di gruppo, cit., p. 303. 110 L’emulazione pretende un modello da raggiungere mentre l’invidioso ama vedere l’invidiato perdere le proprie qualità. 111 L’emulazione non può essere paragonata alla rivalità in quanto quest’ultima tende a raggiungere uno status esterno, come ad esempio il potere o il prestigio che non comportano il miglioramento delle proprie qualità interiori. 112 L’emulazione non può essere paragonata alla gara agonistica che trova soddisfazione durante il percorso/processo competitivo piuttosto che nella realizzazione di un progresso effettivo come avviene invece per l’emulazione. 113 Nel caso della gelosia intendiamo far mutare la disposizione d’animo della persona con la quale si desidera un atteggiamento “esclusivo”. 109 Rapporto individuale-collettivo 41 emulazione/gelosia, nel concetto dell’identificazione114, individuata come “cooperazione maldestra” nello stadio tra bambini coetanei. Cousinet sostiene che in questa fase scaturisce lo stadio del “gioco parallelo”115 ed in seguito il bambino, dai 3 ai 5 anni, giunge allo stadio del “gioco collaborativo”. Ma vi è un aspetto di tal gioco che è interessante sottolineare, quando un bambino è giunto a svolgere attività ludiche insieme ai suoi coetanei, se egli vede un persona di età maggiore di lui svolgere un’attività piacevole, egli ritorna al gioco parallelo svolgendo lo stesso gioco, della persona più grande, in maniera autonoma ed egli trae soddisfazione se riceve complimenti da un adulto rispetto all’attività dell’altro. In questo senso il bambino emula il fanciullo più grande, crescendo egli svilupperà delle direttive sulle quali scegliere il modello. L’emulazione gioca un ruolo rilevante dopo i 4-5 anni e fino ai 10-11. Infatti a quell’età il fanciullo è incline all’influenza dei compagni e adulti assumendo caratteristiche comportamentali, atteggiamenti e modi di parlare e di comunicare come la persona che si ammira e che si emula. Le rivalità e le gelosie portano alla disgregazione del gruppo. Mentre l’emulazione può avere effetti positivi ad esempio in una squadra di calcio. In tal senso “l’emulazione di gruppo” rappresenta solo un aspetto della vita sociale. Nel contesto scolastico viene fatto un uso inappropriato dello spirito di emulazione in quanto esso si identifica con la persona che ha la media più alta e si manifesta con premi e gare. Riferendosi ad un modello ristretto di attitudini e risultati comporta che la maggior parte della classe, che non raggiunge quel modello, abbia sentimenti di inferiorità. Tutto ciò porta allo sviluppo di atteggiamenti contro la scuola e lo studio. In tale contesto viene meno il collegamento essenziale tra la scuola e la vita sociale e quindi in tal senso l’emulazione non è utile in quanto è di carattere artificioso e individualista. Vi sono alcuni ben definiti indizi che nella nostra presente cultura i fanciulli dotati stanno sviluppando la loro superiorità più in quei tratti di carattere che Quando un bambino vede un suo coetaneo alle prese con un gioco, che prova soddisfazione dall’attività che sta conducendo egli vorrebbe provare lo stesso piacere, in questo senso il valore non è attribuito all’oggetto in sé ma al sentimento di soddisfazione che egli potrebbe provare se si mettesse al posto dell’altro bambino. 115 Due o tre bambini che fianco a fianco, separatamente, svolgono la stesa attività, hanno superato la fase di appropriazione del gioco dell’altro, ma non sono ancora pervenuti alla percezione che due attività identiche possono farne una comune. 114 42 Rapporto individuale-collettivo contribuiscono al successo individuale che in quelli che promuovono la responsabilità sociale116. Questa rappresenta la seconda motivazione per cui è opportuno diffondere e mettere on line un’opera, proprio perché i fanciulli dotati, nella nostra cultura stanno sviluppando caratteristiche di successo individuali. La divulgazione delle ricerche e attività che vengono svolte nelle Università non devono rimanere chiuse nelle aule, quasi fossero materiale di élite ma devono essere accessibili a tutti per far venir meno la dicotomia tra scuola, ricerca e vita sociale. Ma soprattutto quella di rilegare i più bravi a sentimenti individualistici. Roger Cousinet critica sia l’emulazione di gruppo così come quella individuale. Tuttavia, Visalberghi sostiene che “l’emulazione socialista” di Makarenko rappresenta una brillante eccezione resa possibile dall’autore, il maggior esponente della pedagogia sovietica, o meglio della sua antipedagogia. E dalle condizioni storico-economiche che hanno permesso la ricostruzione della vita sociale in Russia. La differenza tra l’emulazione socialista e quella individuale sta nella definizione dei fini collettivi rappresentati dalla ricostruzione morale e sociale dei ragazzi abbandonati e dell’uomo nuovo. A tal proposito è urgente l’esigenza di rendere l’opera che nasce dal collettivo accessibile a tutti. L’articolo prosegue con la descrizione di altre forme di emulazione come quella “mista” che viene criticata in quanto non elimina i rischi dell’emulazione individuale e viene meno un concetto fondante della stessa che presuppone il vivo interesse. “L’autoemulazione”; e quella “pluridirezionale”. Nell’ambiente scolastico la maggior parte degli alunni si sentirebbero frustrati se non riuscissero a trovare soddisfazione in altre attività della vita sociale infatti il divario tra scuola e vita è rappresentato dal concetto che il primo della classe è l’ultimo nella vita sociale. Se però con l’espressione «promuovere l’emulazione pluridirezionale» s’intende semplicemente il favorire, predisponendo opportunamente situazioni e materiali e fornendo suggerimenti, una varietà di attività sufficiente a che tutti possano trovarvi possibilità di affermazione, probabilità di essere in qualche campo «fra i migliori», in questo senso la risposta sarà senz’altro affermativa – e 116 A. VISALBERGHI, Emulazione e dinamica di gruppo, cit., p. 306. Rapporto individuale-collettivo 43 non farà che ribadire quella che è comunque fondamentale esigenza della pedagogia attivistica117. Per questo è importante creare nuove forme di emulazione che costruiscano nuovi fini affinché si sviluppi la cooperazione e la solidarietà sociale. Bisogna porre l’accento sul valore sociale dell’emulazione e non su quello individuale. A tal proposito vorrei concludere con le parole di Visalberghi Voglio raccontare però un episodio dal quale ci può forse venire qualche suggerimento. Ho visto una volta nei corridoi di una scuola un gruppetto di ragazzi di nove-dieci anni correre e giostrare, allungandosi delle manate ed anche dei calci. Mantenevano però il silenzio, non essendo quella l’ora della ricreazione: discolacci quali erano, probabilmente si trovavano lì fuori in punizione, espulsi dalle classi. Stetti a lungo ad osservarli, perché avevo notato qualcosa che mi aveva colpito e commosso come una rivelazione improvvisa. Uno di quei ragazzi era storpio, probabilmente per postumi di poliomielite; aveva una gamba rattrappita e anchilosata, tutta la persona sbilenca, procedeva a balzelloni quando doveva muoversi. Ma gli altri si comportavano apparentemente con lui come se fosse stato normale, lo urtavano e lo colpivano talvolta, più spesso si lasciavano urtare e colpire, il tutto con tale naturalezza che egli appariva allo spettatore e a se stesso quasi fosse un ragazzo come tutti gli altri. Impiegai un certo tempo a rendermi conto che tutto il gioco era condizionato da tale intento: anche fra loro i ragazzi non gareggiavano come avrebbero fatto in assenza di quel loro compagno. C’era dell’artificio, senza dubbio, ma era l’artificio stesso su cui si fonda la società civile nella misura in cui è civile, quell’artificio per cui l’eguaglianza, quando non c’è, si crea, e senza il quale non esisterebbe né democrazia, né vita morale118. È lo spirito collettivo che devono promuovere la società, la cultura, le istituzioni sociali, politiche. I fini che la società si propone devono essere collettivi e non individuali, il fine deve essere l’individuo e non il profitto. Il concetto di emulazione, individualismo e dinamica di gruppo cela la disuguaglianza di un sistema economico quello capitalistico, per cui ognuno è contro tutti, il principio sul quale esso si fonda è quello della produzione, dell’accumulazione quantitativa al minor costo possibile, riducendo l’uomo a semplice ingranaggio di un sistema. 117 118 Ivi, p. 310. Ivi, p. 311. 44 Rapporto individuale-collettivo Un sistema sociale, economico e politico diverso che abbia come principio e fine l’individuo consentirebbero di realizzare l’uguaglianza e la solidarietà sociale degli uomini. Quel collettivo che il Laboratorio Makarenko e il corso Educazione e cooperativismo nell’Europa contemporanea si propongono di realizzare attraverso la stesura di un lavoro cooperativo e collettivo. Il lavoro cooperativo, e collettivo è la motivazione principale del rendere il Poema un’opera on line. Opera che nasce dal lavoro comune, che si fonda sul collettivo e che permette di realizzare l’uomo nuovo, una nuova umanità. L’opera che si caratterizza perché non è fine a stessa; non termina la propria azione con la fine del Poema, nell’azione e nel tempo nel quale è collocata, e si svolge la vicenda. Infatti esso continua il suo processo morale, intellettuale in coloro che a tutt’oggi si imbattano nell’opera. In questo caso, facendo riferimento al nostro lavoro di èquipe, dell’insegnamento di Pedagogia generale, l’azione dell’opera continua, nel nostro lavoro cooperativo, come collettivo e per diffondere ulteriormente l’opera all’umanità, alla collettività. Infatti quale miglior opera si può prestare meglio a tale obiettivo, di quella di Makarenko... che nonostante il tempo, nel quale è collocata continua la propria azione in coloro che vi si imbatteranno? A tal fine, ai giorni nostri, quale strumento, meglio del web può avvicinare il maggior numero possibile di persone al Poema! Il web permette a chiunque, di qualunque nazionalità, di qualsiasi età, cultura, sesso, religione di poter accedere in tempo reale ad un testo presente in internet. Uno strumento collettivo, o almeno così dovrebbe essere, come internet, accessibile a tutti per un’opera collettiva, dell’umanità. Il diritto d’autore nell’era di internet Barbara Bozza 1.1. Premessa «Le opere dell’ingegno si possono tranquillamente stampare, copiare, diffondere, eseguire in pubblico, mettere in scena, tradurre, vendere e altro ancora. Ovvero, si può seguire liberamente la propria inclinazione culturale o i propri obiettivi imprenditoriali senza chiedere il permesso dell’autore, dei suoi eredi o di altre entità, senza corrispondere royalties, senza firmare contratti. […] la libertà è amplissima. […] Occorre, in altre parole, favorire l’adozione di una serie di misure atte a ristabilire un equilibrio tra la legittima tutela degli interessi degli autori e il diritto della collettività ad accedere e contribuire alla cultura, come affermato, in maniera forse insuperabile, dall’articolo 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.» Con le parole di Juan Carlos Martin, abbiamo iniziato il nostro Laboratorio Makarenko. Difatti, è stato l’articolo stesso che ha avviato il nostro percorso accademico di riflessione intorno al tema della pubblicazione su internet del Poema pedagogico. Ed è dalla domanda “è giusto rendere accessibile a tutti, sul web, la lettura del Poema?” che hanno avuto inizio le nostre discussioni durante le lezioni universitarie, alla presenza del Prof. Siciliani. Si è andato, così, creando un gruppo molto collaborativo e compatto, in cui ogni studente ha avuto la possibilità di esprimere la propria opinione, idea e punto di vista al riguardo. Da qui si comprende quanto il tema dello stesso Poema, il collettivo, fosse ampiamente esplicato nel nostro laboratorio: ogni studente veniva incoraggiato a condividere il proprio argomento d’interesse con gli altri partecipanti, il che permetteva di acquisire nuove conoscenze e consigli utili per rendere migliore il proprio lavoro. L’esposizione scritta a me affidata, ha riguardato un argomento delicato e molto discusso come quello della tutela del diritto d’autore. Il motivo secondo il quale ho deciso di affrontare questo tema, è legato alla volontà di acquisire maggiori informazioni al riguardo, per potermi creare una visione più ampia e meno superficiale della possibilità, molto discussa in aula universitaria, di mettere in rete il Poema pedagogico di Makarenko. 46 Il diritto d’autore nell’era di internet Il mio intento diventa, quindi, quello di presentare, inizialmente, una panoramica generale sull’argomento, cercando di esporre, in termini elementari, in cosa consiste questo diritto e quali sono le sue caratteristiche peculiari. Successivamente, ripercorro la storia del diritto d’autore: da come nacque, alla sua legge più attuale che ne regola l’utilizzo. Passo poi, nell’ultima parte, a fornire una mia impressione sulla legge stessa: cerco di estrapolarne i termini che mi hanno colpita in negativo, aggiungendo delle mie opinioni al riguardo, e adeguate alternative per poter rendere la legge più adatta ai giorni nostri. Infine, inserisco il testo di una proposta di legge, trovata da me su internet, che si propone lo scopo di modificare la legge sul diritto d’autore in quelle parti citate da me prima. Questa proposta pone l’accento su ciò che è giusto mantenere e ciò che invece bisogna modificare e rendere più adatto ai giorni nostri e alle esigenze di informazione e divulgazione che caratterizzano l’attualità. 1.2. Cos’è il diritto d’autore I diritti d’autore sono monopoli limitati nel tempo, permettono, cioè, all’autore di autorizzare o vietare utilizzazioni della sua opera, consentendogli, se vuole, di pretendere un compenso per la sua autorizzazione a diffonderla. Il diritto d’autore gli conferisce, inoltre, diritti patrimoniali che può trasmettere a terzi tramite una licenza o un trasferimento di diritti (il diritto di rappresentazione e di recitazione, di riproduzione, di diffusione, di emissione e di ritrasmissione e il diritto di far vedere o udire) . Ci sono, poi, i diritti morali d’autore che proteggono la relazione personale dell’autore con l’opera, in quanto espressione della sua creatività e soggettività. L’autore ha inoltre il diritto di stabilire se, quando e a quali condizioni la sua opera può essere pubblicata, e può avvalersi, anche, del diritto di essere menzionato come autore. Bisogna fare una netta distinzione tra opere protette e quelle non protette: tra le ultime possiamo elencare le sentenze dei tribunali, leggi, concetti, fascicoli di brevetti, mezzi di pagamento; le opere protette sono: opere musicali, testi (letteratura, articoli di giornale, ecc.), fotografie, film, immagini, programmi per computer, carte geografiche, e altro. La protezione del diritto d’autore viene data in modo automatico, ossia nasce nel momento in cui si fornisce una delle prestazioni definite dalla legge, creando un’opera e rappresentandola, oppure creando un Il diritto d’autore nell’era di internet 47 supporto audio o audiovisivo: non è pertanto necessario osservare formalità particolari. Logicamente, è l’autore che decide cosa fare della propria opera: se pubblicarla o tenerla per sé, utilizzarla a scopo di lucro o metterla a disposizione gratuitamente; potrebbe anche gestirla personalmente o trasmettere i propri diritti patrimoniali a terzi (casa editrice o società di gestione). C’è però un’importante limite da rispettare: il «termine di protezione». La protezione si estingue 70 anni dopo la morte dell’autore (50 per i programmi per computer), e 50 anni dopo l’esecuzione della relativa prestazione per i diritti di protezione affini. Una volta estinta la protezione, le opere e le prestazioni fornite sono a libera disposizione della collettività, diventano cioè pubbliche. 1.2.1. Le origini del diritto d’autore La storia di questo diritto risale fin dai tempi del Medioevo, in cui veniva usato, come metodo per proteggere le proprie opere, l’inserire le «maledizioni» all’interno degli scritti. Con l’avvento della stampa, fu possibile riprodurre in massa le opere letterarie, dando così vita al fenomeno delle ristampe, che accentuò ancora di più il problema del legittimare le opere originali da quelle riprodotte: venne, quindi, creato il «privilegio di stampa», limitato nel tempo e a determinati ambiti. Il problema era che questo privilegio non era attribuito all’autore, ma agli stampatori; ciò fa comprendere che in questo periodo non si poteva parlare di diritto d’autore, ma di copyright (diritto sulla copia). Con l’Illuminismo, gli intellettuali iniziano a comprendere l’importanza di proteggere le proprie opere artistiche, e nasce così la «dottrina della proprietà intellettuale»: chi realizza opere di natura immateriale ha lo stesso diritto di un artigiano sulla proprietà dell’opera medesima. Prende, quindi, avvio l’idea di una stretta correlazione tra autore e sua opera, creando una sorta di diritto morale d’autore. All’inizio dell’ottocento, l’Inghilterra, la Francia, la Prussia e altri paesi, iniziano a produrre regole nazionali per gestire la proprietà intellettuale. Mentre, in Svizzera, all’inizio diversi cantoni si oppongono a una regolamentazione, ma poi, nel 1883, proprio qui entra in vigore la prima legge sul diritto d’autore. Quindi, la protezione internazionale del diritto d'autore trova la propria fonte principale nei trattati internazionali, tra cui bisogna citare il più importante: la Convenzione di Berna, firmato il 9 settembre del 1886, e successivamente revisionato a Berlino, il 13 no- 48 Il diritto d’autore nell’era di internet vembre 1908, a Roma, il 2 giugno 1928, a Bruxelles, il 26 giugno 1948, a Stoccolma, il 14 luglio 1967, e infine, a Parigi, il 24 luglio 1971. In Italia il diritto d’autore inizia ad essere effettivamente considerato nel 1942, quando entra in vigore una legge ancora oggi in parte vigente: la «Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio»; il primo articolo diceva: Sono protette ai sensi di questa legge le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione. Sono altresì protetti i programmi per elaboratore come opere letterarie ai sensi della Convenzione di Berna sulla protezione delle opere letterarie ed artistiche ratificata e resa esecutiva con Legge 20 giugno 1978, n. 399, nonché le banche di dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell'autore. La tutela, in questo caso, consiste in una serie di diritti esclusivi di utilizzazione economica dell'opera (diritti patrimoniali dell'autore) e di diritti morali a tutela della personalità dell'autore, che nel loro complesso costituiscono, appunto, il "diritto d'autore", come pocanzi detto. Questa legge disciplina tuttora la materia, e difatti si fa sempre riferimento ad essa soprattutto ora che il problema si è fondamentalmente spostato sul piano virtuale: internet. È proprio a causa di questo potente mezzo di comunicazione globale, che la legge originaria del 1942 è stata più volte rivista e modificata per poter essere adattata alle esigenze della realtà attuale. Già con la legge del 1992, nell’articolo 2, si aggiunge che bisogna tutelare i programmi per elaborare, «in qualsiasi forma espressi purché originali quale risultato della creazione intellettuale dell’autore» . Ogni forma di testo, anche breve, è, quindi, tutelata da questa normativa, e non può essere copiata, riprodotta (anche in altri formati o su supporti diversi), né tantomeno è possibile appropriarsi della sua paternità. L'unica eccezione prevista dalla legge (art. 70 l. 633/41) è quella di consentire il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o parti di opere letterarie (ma non l'intera opera, o una parte compiuta di essa) a scopo di studio, discussione, documentazione o insegnamento («l’eccezione alla protezione per gli utilizzi a fini didattici e scientifici» - 22 aprile 1941, n. 633/41, art. 70. ), purché vengano citati l'autore e la fonte, e non si agisca a scopo di lucro, sempre che tali citazioni non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera stessa. Solo in questa particolare ipotesi si può agire senza il consenso dell'autore. Il diritto d’autore nell’era di internet 49 1.3. Attuale legislazione sul diritto d’autore La legge al riguardo è stata più volte modificata, come abbiamo visto. Un’altra modificazione importante è avvenuta nel 2000 con la legge che regola le «Nuove norme di tutela del diritto d’autore» , che ha introdotto norme specificatamente dedicate alla protezione delle opere contro i rischi di produzione di quelle registrate su supporti magnetici o elettronici (art. 2 della stessa legge). L’ambito della tutela comprende le opere letterarie, scientifiche, musicali, cinematografiche e fotografiche, i programmi per elaborare (come già visto nella legge n. 518), le banche dati e opere di disegno industriale, e sancisce la tutela economica di un'opera fino a che sia trascorso il settantesimo anno dalla morte dell'autore. Il 7 dicembre 2000, con l’adozione della Carta sui diritti fondamentali della Comunità Europea, viene introdotto definitivamente il concetto di «proprietà intellettuale» (art. 2), che viene poi ampliato su base soggettiva e oggettiva della tutela del diritto d’autore grazie ai trattati elaborati in sede OMPI (Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale) e in sede UNESCO e agli accordi TRIPS , in vigore per l’organizzazione mondiale del Commercio. Nonostante queste leggi che regolano il diritto d’autore, sono tanti i testi che vengono pubblicati in rete senza l’autorizzazione dell’autore dell’opera. Oggi tutto questo è facilitato dalla possibilità di riprodurre un testo scritto dalla carta ad un formato digitale. Per fare ciò è sufficiente avere uno scanner ed un programma di OCR (Optical Character Recognition), che consente al computer di riconoscere i caratteri e riprodurli in un qualsiasi programma per la scrittura di testi. Ciò consentirebbe dunque a chiunque di riprodurre su un sito, interi libri, magari appena pubblicati, e renderli anche “scaricabili” dal sito stesso. In realtà, se si facesse tale genere di operazioni si potrebbe incorrere, una volta scoperti, oltre che alla rimozione dei testi, alle sanzioni penali previste dall'art.171 della 633/41 che prevede una multa e addirittura la reclusione. 1.4. Critica alla legge in vigore Passiamo al prendendo in esame la modifica della legge principale del 1942, quella del ‘92, che ha ammodernato, in un certo senso, la regolamentazione del diritto d’autore: si notano da subito le varie ambiguità e le rigide ristrettezze che la caratterizzano. Il punto che per primo mi ha impressionato, è quello in cui viene citata come avente diritto di essere 50 Il diritto d’autore nell’era di internet pubblicata su internet, la sola musica o immagini artistiche: non si fa, quindi, nessun riferimento ad opere letterarie. Si utilizza, inoltre, il termine degradante riferito alle immagini, senza dare alcuna definizione o riferimento in proposito. In più, si parla di usi didattici o scientifici senza fornire una qualche spiegazione; e, cosa più importante, non si parla di utilizzazioni con scopi divulgativi non a fini di lucro, come invece dovrebbe essere. A mio parere, il buon senso dovrebbe portare a pensare che tutto ciò che è disponibile gratis su internet, deve poter essere riprodotto gratis, alla sola condizione che la riproduzione non abbia fini di lucro. Questa eccezione per l’utilizzazione delle opere, per finalità didattiche e scientifiche, mira, quindi, a conciliare da una parte i legittimi interessi degli autori, e dall’altra l’obiettivo generale dell’accesso alla conoscenza. Dunque, questa particolare formulazione sembra, per me, troppo restrittiva e controproducente per la diffusione dell’era digitale: un esempio da fare può essere quello del mettere in rete solo estratti dell’opera protetta anziché l’opera integrale. Penso, sia quindi inaccettabile che a causa di una legge inadeguata al contesto tecnologico in cui ci troviamo, si debba ancora sottostare a censure ingiustificate e immotivate. Bisognerebbe, dunque, muoversi in questo senso, per poter permettere alle nuove generazioni di non essere private della possibilità di esprimersi nel modo che è loro più congeniale. Un primo passo è stato fatto grazie alla creazione di siti web che coinvolgono gli utenti nella creazione e distribuzione di contenuti, come i blog, o wikipedia, che portano i lettori ad assumere un ruolo più attivo e collaborativo nella creazione di testi e nella diffusione delle conoscenze. Quello che noto io, quindi, è che oggi la tendenza è del tutto opposta a questo buon senso: si vieta tutto su internet e quindi anche qualsiasi uso di testi, immagini o suoni; il che va contro il desiderio di far crescere il web. Bisognerebbe, dunque, cominciare a riflettere sul fatto che la digitalizzazione dei libri può permettere la conservazione delle conoscenze per le future generazioni e per gli utenti più prossimi. È, però da sottolineare che, nonostante l’esistenza di questa legge, internet offre, comunque, una quantità vastissima di informazioni non filtrate da nessuna autorità editoriale. A mio parere, questa opportunità rappresenta un significativo progresso democratico, in quanto consente a tutti di entrare in possesso di informazioni utili; ma se da un lato appoggio la diffusione di testi su internet, devo anche ammettere che una Il diritto d’autore nell’era di internet 51 grande libertà in questo senso, comporta alcuni rischi dovuti alla mancanza di controlli, che non permette di garantire l’attendibilità di quanto si legge o vede sulla rete; ma in questo frangente bisogna affidarsi alla propria intelligenza, necessaria per discernere da ciò a cui si può fiduciosamente attingere, a ciò che va invece analizzato con occhio più critico e attento. Per di più, ho notato che, un altro difetto che viene fuori dall’analisi di questa legge tuttora in vigore, è il fatto evidente e sconcertante di come questa norma si presti alle più disparate interpretazioni e sia, di conseguenza, molto difficile da applicare. 1.4.1. Esempio di ottimizzazione della legge attuale Aggiungo, infine, un testo trovato proprio in rete, molto interessante in quanto pone l’accento su tutti questi difetti che la legge presenta, e cerca di porvi rimedio: una proposta di legge, che va a modificare quella storica del 1942, presentata il 23 giugno dello scorso anno dal deputato Cassinelli. Penso sia doveroso, a fronte delle affermazioni fatte finora, esplicitare queste modifiche apportate alla legge in questione, in quanto vanno esattamente nella direzione delle mie opinioni pocanzi espresse. Nell’articolo 1 si prende in considerazione l’articolo 13 della legge originaria, e vengono eliminate le parole «copiatura a mano, la stampa, la litografia, l’incisione, la fotografia, la fonografia, la cinematografia ed ogni altro procedimento di riproduzione». Nell’articolo 6, si modifica l’articolo 68 della legge del ’42, sostituendo il secondo comma con «È libera la riproduzione, con qualsiasi mezzo, di opere esistenti nelle biblioteche accessibili al pubblico, negli istituti di istruzione, nei musei pubblici o negli archivi pubblici, nelle discoteche e cineteche dello Stato e degli enti pubblici, effettuata dai predetti organismi per i propri servizi, senza alcun vantaggio economico o commerciale diretto o indiretto». Nell’articolo 8 viene modificato l’articolo 70 della legge; il comma uno viene sostituito con: «Sono libere la riproduzione e la comunicazione al pubblico, compresa la messa a disposizione in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, di opere e di altri materiali protetti quando l’utilizzo abbia esclusivamente finalità illustrativa per uso didattico o di ricerca scientifica, di critica e di discussione e a condizione che, salvo in caso di impossibilità, si indichi la fonte, compreso il nome dell’autore. In ogni caso, sono liberi il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la 52 Il diritto d’autore nell’era di internet loro comunicazione al pubblico, compresa la messa a disposizione in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera. Il riassunto, la citazione o la riproduzione devono essere sempre accompagnati dalla menzione del titolo dell’opera, dei nomi dell’autore, dell’editore e, se si tratta di traduzione, del traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull’opera riprodotta». L’articolo 71 della legge del 1942, porta la sostituzione del primo comma con: «È libera la riproduzione di fonogrammi e videogrammi, su qualsiasi supporto, effettuata da una persona fisica per uso personale, purché senza scopo di lucro direttamente derivante dall’attività di riproduzione e senza fini direttamente o indirettamente commerciali, anche nel caso in cui all’opera siano apposte misure tecnologiche di protezione di cui all’articolo 102-quater». Dopo l’articolo 71 decies dell’originale, viene aggiunto un 71 undecies: «Le libere utilizzazioni di cui al presente capo non possono essere impedite per contratto né attraverso l’apposizione all’opera di misure tecnologiche di protezione di cui all’articolo 102-quater». Viene infine inserito un ulteriore sezione all’articolo 69, chiamato 69 bis: «Ai sensi della normativa vigente in materia di deposito legale, le biblioteche nazionali centrali, nonché gli istituti indicati come depositari delle opere destinate all’uso pubblico raccolgono, conservano, documentano e rendono accessibili tali opere. Gli istituti depositari di cui al comma 1, sono, in particolare, autorizzati alla conservazione e alla riproduzione delle opere pubblicate su supporti digitali o diffuse tramite rete informatica nei modi adeguati alle esigenze dei loro servizi e alle specificità delle opere stesse, per le quali garantiscono l’accesso a utenti registrati nei modi e nei tempi stabiliti da accordi con i titolari dei relativi diritti». Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista Ilaria Carducci Intervista Un gruppo di studenti della Facoltà di Filosofia, dell’Università “La Sapienza” di Roma, sta collaborando insieme ad alcuni docenti per legittimare la messa in rete di un lavoro collettivo, svolto dal 1920 al 1935, dal pedagogista Anton Semënovič Makarenko, nei pressi di Poltava in Ucraina, con dei ragazzi senza tutela: i besprizornye. La parte del lavoro curata da Ilaria Carducci, consiste in un’intervista, che vuole conoscere il punto di vista individuale e collettivo di un campione di 120 soggetti sulla seguente questione: “La pubblicazione di un libro on line, già da tempo in vendita in libreria, porta a: - un allargamento della conoscenza del libro e dell’autore; - uno screditamento dell’autore; - un ampliamento della lettura del libro on line e contemporaneamente un abbassamento della vendita cartacea; - un ampliamento della lettura del libro on line e contemporaneamente un innalzamento della vendita cartacea, - nessuna modificazione della situazione già esistente”. Il campione è equiparato tra uomini e donne e suddiviso in base al parametro età in 6 gruppi: - 20 soggetti tra i 14 e i 18 anni; - 20 soggetti tra i 19 e i 25 anni; - 20 soggetti tra i 26 e i 35 anni; - 20 soggetti tra i 36 e i 45 anni; - 20 soggetti tra i 46 e i 55 anni; 54 Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista - 20 soggetti dai 56 in poi. L’obiettivo è il progetto di un’ipotetica prospettiva collettiva makarenkiana on line, sulla base delle risposte date nell’intervista. Tecnica di rilevazione utilizzata: Intervista strutturata a domande aperte e risposte libere QUESITO: “La pubblicazione di un libro on line, già da tempo in vendita in libreria, porta a: - un allargamento della conoscenza del libro e dell’autore; - uno screditamento dell’autore; - un ampliamento della lettura del libro on line e contemporaneamente un abbassamento della vendita cartacea; - un ampliamento della lettura del libro on line e contemporaneamente un innalzamento della vendita cartacea, - nessuna modificazione della situazione già esistente”. RISPOSTE DATE DAL PRIMO GRUPPO: SOGGETTI TRA I 14 E 1 18 ANNI UOMINI CON LA TERZA MEDIA 1: «Io lo leggo on line, non lo comprerei perché sprecare i soldi?». 2: «Io lo compro, non amo stare davanti al computer, soprattutto se costa poco». 3: «Io lo leggo on line, poi se mi suscita particolar interesse me lo vado a comprare, fino adesso non è mai successo. Comunque non si sa mai. Pubblicatelo interamente». Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista 55 4: «Se ne pubblicate metà io neanche inizio a leggerlo. Se vedo che mi interessa il libro lo vado a comprare dopo aver letto qualche capitolo». UOMINI DIPLOMANDI 5: «Non mi piace leggere sul computer. Se il libro mi piace me lo compro in libreria. Pubblicarne tutto o metà del libro secondo me non cambia nulla, se il soggetto è interessato lo compra se no non lo compra». 6: «Io lo leggerei su internet, non lo comprerei. Forse è meglio metterne metà così se mi interessa me lo vado a comprare». 7: «Io se posso lo scaricherei e stamperei per leggerlo ma, se il libro costa meno in libreria che stamparlo da casa, me lo compro. Lo inizio a leggere sul computer e poi vado in libreria. Tutto o metà pubblicazione non cambia nulla». UOMINI DIPLOMATI 8: «Io lo leggo on line. Il mondo oramai va verso internet non è più internet che va verso il mondo». 9: «Io lo leggo sicuramente on line. Sono abituato a questo tipo di lettura». 10: «Io ho difficoltà a stare davanti allo schermo per un tempo prolungato, quindi se il libro mi interessa lo vado a comprare». DONNE CON LA TERZA MEDIA 11: «Io lo comprerei se fosse pubblicata la metà del libro on line, per vedere come termina. Se fosse pubblicato tutto credo che non lo comprerei. Se il libro una volta era comodo perché poteva essere letto dappertutto, ora anche il computer portatile ti permette questo. Quindi vi consiglio di pubblicarne la metà.» 56 Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista 12: «Io quando trovo qualcosa che mi interessa on line la leggo direttamente senza stamparla, sia se sono articoli che libri». 13: «Io se mi interessa e costa poco lo compro in libreria». 14: «La lettura on line è più stancante. A me già non piace leggere quindi se mi interessa me lo vado a comprare». DONNE DIPLOMANDE 15: «Io lo leggo on line è gratis! Quindi se volete guadagnarci pubblicatene metà». 16: «Io lo leggo on line e se mi piace gli farei pubblicità con face book». 17: «Io lo leggo on line ho l’abbonamento on line 24 ore su 24, pago già quello non vedo perché me lo dovrei andare a comprare». DONNE DIPLOMATE 18: «La tecnologia ormai ti permette di leggere on line senza alcun sforzo, io approfitterei dell’opportunità se lo pubblicate interamente». 19: «Io lo compro di sicuro, odio il computer». 20: «Io lo comprerei la lettura di un libro cartaceo è tutt’altra cosa, distruggere anche questo non lo permetto proprio per quanto mi riguarda». RISPOSTE DATE DAL SECONDO GRUPPO: SOGGETTI TRA I 19 E I 25 ANNI UOMINI CON LA TERZA MEDIA Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista 57 21: «Non mi piace leggere sul computer. Se il libro mi piace me lo compro in libreria. Pubblicarne tutto o metà del libro secondo me non cambia nulla, se il soggetto è interessato lo compra se no non lo compra». 22: «Io leggo poco, comunque se l’argomento mi interessa preferisco leggerlo su carta. Lo stamperei dall’ufficio, non lo comprerei». 23: «A me se il libro piace me lo compro, la rete me lo fa conoscere per questo vedo utile la vostra pubblicazione». UOMINI DIPLOMATI 24: «Quando trovo qualcosa che mi interessa on line me lo scarico e me lo stampo; non verifico quanto costa il libro. Secondo me è meglio metterne una parte on line, così a chi interessa se lo va poi a comprare per vedere come evolve la storia del libro». 25: «Io me lo leggerei su internet ma, se il libro costa poco me lo compro. Vi consiglio di pubblicarne la metà per aumentare la curiosità del lettore». 26: «Io con il computer ci lavoro 16 ore su 24, leggere anche un libro on line sarebbe un suicidio, pubblicatelo tutto lasciando al lettore la scelta di come leggerlo». UOMINI LAUREANDI 27: «Io lo comprerei cartaceo se spendo di più a stamparlo. Leggere tanto sul computer mi da fastidio, più di un’ora non riesco a leggere sul monitor mi scende la concentrazione. Mettetene metà on line solo per far fare un’idea al lettore, che se è incuriosito poi lo compra». 28: «Se volete venderlo mettete metà altrimenti la maggior parte delle persone lo legge on line, come me d'altronde». 58 Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista UOMINI LAUREATI 29: «Se il libro mi piace e costa poco me lo compro, però non lo pubblicherei tutto on line, ne metterei solo un assaggio». 30: «Io se lo trovo on line me lo leggo on line, è più facile come quando leggi le notizie del giornale. Pubblicatelo tutto se volete farlo conoscere». DONNE CON LA TERZA MEDIA 31: «Lo leggerei on line non lo andrei a comprare. Meglio pubblicarlo interamente per far conoscere l’autore. Io mi urterei se a metà lettura mi accorgessi che per sapere la fine del libro dovrei comprarlo. Neanche lo leggerei». 32: «Io lo vado a comprare sia se lo pubblicate tutto che metà». 33: «Io lo leggo on line, approfitto dell’occasione una volta ogni tanto che ci sono». DONNE DIPLOMATE 34: «Non leggerò mai un libro on line. Internet amplia la conoscenza dell’autore. Conosco il testo tramite internet e lo vado a comprare in libreria. Già non ci vedo, leggere sul computer nuocerebbe ancor più alla mia salute. Per far si che il libro venga acquistato vi consiglio di pubblicarne metà». 35: «Io valuterei il modo più economico per leggere il testo. Se internet mi permette di leggerlo io ne approfitto. Dato il periodo di crisi economica lo pubblicherei tutto se volete ampliare la conoscenza dell’autore». 36: «Io lo vado a comprare, non amo stare troppe ore davanti al computer, e sopratutto non riuscirei a comprendere bene ciò che l’autore vuole trasmettere». Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista 59 DONNE LAUREANDE 37: «Io proprio ora sto facendo un esame in piattaforma on line. Il professore ha messo a disposizione degli studenti tutti i libri on line e chi vuole ovviamente può comprarli in libreria. Una ragazza del corso ha suscitato un dibattito, una polemica nei confronti del docente su questa questione, sostenendo che leggere un libro, sfogliarlo, sentirne l’odore delle pagine è tutta un’altra cosa. Secondo questa ragazza la pubblicazione on line fa perdere valore al libro. Io personalmente non la penso proprio così. Per l’esame ho comprato i libri dopo averli letti su internet. Però vi consiglio di metterne metà se volete venderlo». 38: «Io lo leggerei sul computer non lo comprerei, anche perché se voglio rileggerlo so che è li non vedo perché dovrei comprarlo». DONNE LAUREATE 39: «Io lo leggerei tutto on line, poi se mi piace me lo vado a comprare. Pubblicarne tutto o metà del libro secondo me è indifferente; l’importante è che mi interessi.» 40: «Io lo compro, il libro cartaceo è tutta un’altra cosa. Non leggo mai più di dieci pagine sul computer, stampo sempre tutto. Dato che il libro costa poco me lo compro e non lo stampo». RISPOSTE DATE DAL TERZO GRUPPO: SOGGETTI TRA I 26 E 1 35 ANNI UOMINI CON LA TERZA MEDIA 41: «Io non leggo quasi mai niente al di fuori del calcio. Però non si sa mai!». 60 Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista 42: «Io leggo poco, e on line non leggo proprio. Quindi se mi interessa ma, deve proprio interessarmi me lo vado a comprare senza pensare a quanto costa». 43: «Io me lo leggo on line sono abituato a passare molte ore davanti al PC. Non leggo un libro dai tempi delle medie». UOMINI DIPLOMATI 44: «Internet amplia la conoscenza dell’autore e del testo. Permette di ottenere un prodotto a zero costi, io lo leggerei on line». 45: «Secondo me il libro on line porta ad uno screditamento dell’autore e non lo legge nessuno». 46: «Io lo leggo cartaceo, avrei più tempo per leggerlo». UOMINI LAUREANDI 47: «La pubblicazione on line porta sicuramente ad un allargamento della conoscenza dell’autore ma contemporaneamente ad un abbassamento della vendita cartacea. Io lo leggerei on line». 48: «Io passo molto tempo davanti al PC ma, leggere un libro no. Lo compro». UOMINI LAUREATI 49: «Bèh se mi piace lo vado a comprare sono un po’ tradizionalista io». 50: «Io lo compro, la rete non mi permette di entrare nella storia in prima persona, non so se mi spiego?». DONNE CON LA TERZA MEDIA Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista 61 51: «Io lo comprerei se fosse pubblicata la metà del libro on line, per vedere come termina. Se fosse pubblicato tutto credo che non lo comprerei. Se il libro una volta era comodo perché poteva essere letto dappertutto, ora anche il computer portatile ti permette questo. Quindi vi consiglio di pubblicarne la metà». 52: «Io lo comprerei. La lettura è un piacere che il computer non ti può trasmettere. Io vi consiglio di metterlo intero, il libro nasce così ed è giusto pubblicarlo in questo modo». 53: «Io lo scarico e lo leggo on line. Se l’obiettivo è la vendita del libro pubblicatene la metà, così una volta iniziato a leggere se ti piace lo compri per leggerlo tutto. Metà pubblicazione del libro è un incentivo alla vendita: 7 su 10 lo comprerebbero». DONNE DIPLOMATE 54: «Trovando tutto il libro on line non lo vado a comprare di certo; scorro velocemente e mi stampo quello che mi interessa. Ad esempio nei corsi d’aggiornamento che seguo vengono consigliati dei libri da comprare ma, quando li trovo on line mi stampo quello che mi serve. Quando si lavora da tanto e si ha una certa esperienza, ricolleghi quanto leggi al tuo passato. La sete di sapere che hai da giovane diminuisce. Trovo molte ripetizioni nei testi, cose che ho sperimentato in prima persona e autori che mostrano la scoperta dell’acqua calda. Non pubblicatelo tutto ma, solo tratti che suscitino curiosità. Non perde il prestigio bensì il valore economico del libro». 55: «Io su Internet preferisco leggere piccoli stralci sull’autore, amo la libreria e non le stampe fai da te. Non pubblicatelo interamente, internet fa perdere il fascino della struttura del libro». 56: «Il libro letto on line non è un libro. Perde di fascino. Se il libro mi piace io lo compro in libreria anche perché io amo rileggerlo dopo passato del tempo. La rilettura di un libro dopo tanto tempo mi fa scoprire tratti del libro estranei alla prima lettura». DONNE LAUREANDE 62 Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista 57: «Mettere tutto il libro on line non porta sicuramente all’acquisto. Io lo leggerei on line». 58: «Il libro letto on line non è un libro. Perde di fascino. Se il libro mi piace io lo compro in libreria anche perché io amo rileggerlo dopo passato del tempo. La rilettura di un libro dopo tanto tempo mi fa scoprire tratti del libro estranei alla prima lettura». DONNE LAUREATE 59: «A me piace sfogliare il libro, amo il contatto con le pagine, tenerlo a casa, avere una piccola biblioteca. La pubblicazione on line per me non ha alcun significato. Io i testi tramite internet non li compro, vado in libreria. Pubblicherei metà libro se vi devo dare un consiglio, per incoraggiare il lettore a conoscere l’autore, dando un assaggio del contenuto. Io non farei parte di questo gruppo naturalmente, sono poco tecnologica». 60: «Io non uso internet non sono capace. Lo leggerei on line se mio marito me lo scaricasse e se mi piace lo comprerei comunque. Per venderlo ne metterei una parte del testo on line, per darne un’idea e se il lettore è incuriosito lo va a comprare». RISPOSTE DATE DAL QUARTO GRUPPO: SOGGETTI TRA I 36 E 1 45 ANNI UOMINI CON LA TERZA MEDIA 61: «Io internet non lo uso, quindi non posso esservi d’aiuto». 62: «Io se me lo consiglia qualche amico lo vado a comprare, non lo conoscerei tramite la rete». 63: «Io lo vado a comprare, almeno nella lettura del libro voglio rilassarmi. Internet però è utile. Pubblicatelo tutto». Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista 63 UOMINI DIPLOMATI 64: «La pubblicazione on line permette un allargamento della conoscenza dell’autore e del libro ma, abbasserebbe la vendita cartacea. Io lo leggerei on line il testo». 65: «Internet permette di far conoscere il libro ma, allo stesso tempo abbassa le vendite, io comunque il libro lo comprerei se mi interessa». 66: «La pubblicazione on line del testo permette di far conoscere l’autore e il libro a più persone. Io lo leggerei on line il testo». UOMINI LAUREANDI 67: «Secondo me la messa in rete porta ad un allargamento della conoscenza dell’autore e del libro ma, ad un abbassamento della vendita cartacea. Io preferisco comprarlo ma non tutti la pensano come me. Internet può essere utilizzato per dare delle informazioni generali ma non per pubblicare un libro intero». 68: «Io lo leggerei on line e poi cartaceo per assaporare le due versioni e notare le sensazioni diverse che provocano». UOMINI LAUREATI 69: «Il libro secondo me perde di valore non va pubblicato on line. Io i libri li compro in libreria». 70: «Io lo leggo on line, lavoro molto con il computer, quindi mi è più comodo». DONNE CON LA TERZA MEDIA 71: «Io lo comprerei il libro, lo voglio avere sempre con me così quando ho il tempo posso leggerlo. Per leggerlo tramite internet dovrei avere determinate occasioni. Internet mi permettere di conoscere 64 Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista l’autore, lo pubblicherei tutto perché se vedessi che il libro è metà neanche lo leggerei». 72: «Io lo compro il libro se mi interessa. Metterlo tutto o metà secondo me non cambia nulla. Internet mi permette di conoscere il libro tutto qua. Il libro preferisco leggerlo cartaceo». 73: «Io lo acquisterei in libreria, internet mi permette di conoscere il libro. Non lo pubblicherei tutto on line ma, solo le parti significative. Internet per me è molto freddo». DONNE DIPLOMATE 74: « Io pubblicherei solo la parte centrale del libro, che invoglia il lettore all’acquisto. Mettere tutto il testo non porta all’acquisto. Io non lo comprerei». 75: «Un libro che mi piace ho l’abitudine di rileggerlo nel tempo. Internet oggi mi permetterebbe questo ma, io sono tradizionalista e amo sentire il libro tra le mani. Internet è freddo. Quindi lo comprerei. Ne pubblicherei metà per stimolare i ragazzi a comprarlo». 76: «Io amo i libri. Internet non lo utilizzo. Pubblicatelo tutto, chi ama il libro lo compra». DONNE LAUREANDE 77: «La pubblicazione di tutto il testo on line porta secondo me ad uno screditamento dell’autore e ad un ampliamento della lettura on line e ad un abbassamento della vendita cartacea. Io farei più un sunto del testo e se interessa si compra». 78: «La messa in rete del testo secondo me porta ad un ampliamento della lettura generale del testo on line e cartacea. Se al lettore piace lo compra». DONNE LAUREATE Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista 65 79: «Io lo comprerei sicuramente. Non amo stare davanti al PC, figuriamoci se dovessi leggerci un libro. Diventerei pazza». 80: «Io preferisco comprarlo. Ho difficoltà di lettura sul computer. Lo pubblicherei tutto per dare l’opportunità a chi vuole di scaricarlo e leggerlo on line». RISPOSTE DATE DAL QUINTO GRUPPO: SOGGETTI TRA I 46 E 1 55 ANNI UOMINI CON LA TERZA MEDIA 81: «Io non so scrivere neanche i messaggi con il cellulare, figuriamoci internet! Se mi parlano del libro e mi piace vado in libreria e lo compro. Sono antitecnologico». 82: «Se pubblicate il libro intero minimo il 75% delle persone non lo compra, anche se costa poco, poiché il 40% della gente che lavora negli uffici pubblici se lo stampa gratis. Il libro poi occupa spazio e quindi tanti lo leggono su internet». 83: «Io lo compro se me lo consiglia qualcuno, viaggio poco in rete». UOMINI DIPLOMATI 84: «Io sono di quelli che legge il libro e se lo dimentica. Lo leggerei on line e se mi piace lo comprerei per regalarlo. La diffusione on line è del momento quindi come pubblicità è ottima. Se pubblicate metà libro è come non metterlo, io neanche aprirei il file, ho altro da vedere». 85: «La messa in rete del testo porta ad un ampliamento della lettura del libro on line e ad un innalzamento della vendita cartacea, poiché tutti quelli come me comprerebbero il testo se interessante». 86: «Secondo me la pubblicazione on line del testo non comporta nessuna modificazione della situazione già esistente». 66 Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista UOMINI LAUREANDI 87: «La messa in rete porta ad un ampliamento della conoscenza on line e ad un abbassamento delle vendite cartacea. Io lo leggo on line perché posso risparmiare». 88: «Io lo leggo on line, a lavoro ho più tempo». UOMINI LAUREATI 89: «La rete fa conoscere sicuramente di più il testo e l’autore, non lo pubblicherei tutto per paura di abbassare le vendite cartacee. Io lo leggerei cartaceo». 90: «La rete porta ad un ampliamento della vendita cartacea, a chi il libro colpisce lo compra. Se il libro mi piace io lo compro». DONNE CON LA TERZA MEDIA 91: «Io lo comprerei ma, gli altri credo di no. Metterei per questo solo, ad esempio, la prefazione del testo per incuriosire il lettore, come nel caso del cinema che se sai la fine del film non lo vai a vedere. Bisogna portare il lettore a comprarlo e per questo non pubblicatelo tutto, bisogna incuriosire dare il la». 92: «Io lo leggerei on line perché mi trovo sul computer, lo trovo più comodo e poi non si paga. Se costa poco però me lo compro». 93: «Io lo compro soprattutto se costa poco. Internet mi aiuta a farmi un’idea dell’autore». DONNE DIPLOMATE 94: «Questa domanda se veniva posta 20 anni fa tutto era diverso, la realtà era diversa, la tecnologia. Oggi quando a me serve trovare Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista 67 un’infor-mazione la cerco subito on line e no sull’enciclopedia “Tre Cani” che ho a casa. Internet ci permette di fare tutto, in questo caso di conoscere l’autore. Nel mio caso io sbircerei on line di che tratta il libro ma, poi lo andrei sicuramente a comprare se mi interessa. La lettura del libro è più rilassante». 95: «Io se trovo il libro on line non lo comprerei sono sincera e per questo vi consiglio di metterne metà, così poi a chi interessa saperne la fine se lo compra». 96: «Io internet non lo so proprio utilizzare, quindi lo comprerei solo in libreria. Sono antitecnologica! Come si chiama il libro? Mi hai incuriosito lo voglio acquistare». DONNE LAUREANDE 97: «Io lo comprerei in ogni caso così che quando voglio posso leggerlo. Pubblicatelo interamente». 98: «Lo scaricherei e lo leggerei interamente sul computer. Non lo comprerei. Se volete venderlo mettetene metà è più utile alla vendita, le persone se incuriosite lo comprano per conoscerne la fine». DONNE LAUREATE 99: «Io utilizzo internet ma leggere sul computer mi comporta molta fatica. Mi piace curiosare ma leggere un testo lungo proprio no. Lo comprerei il testo anche se pubblicato interamente. Non tutti però sono come me, ad esempio mia figlia lo scaricherebbe e non lo comprerebbe». 100: «Secondo me la pubblicazione on line del testo scredita l’autore. Io lo acquisterei se mi interessa assolutamente cartaceo». RISPOSTE DATE DAL SESTO GRUPPO: SOGGETTI DAI 56 IN POI 68 Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista UOMINI CON LA TERZA MEDIA 101: «Io lo compro, internet mi permette di conoscerlo ma, la lettura che ti permette di avvicinarti all’autore è quella cartacea». 102: «Io lo compro, soprattutto perché costa poco». 103: «Io lo leggo on line, siamo pieni di libri in casa, sarebbe ulteriore carta in giro». UOMINI DIPLOMATI 104: «Io lo leggerei dal vivo, on line il libro perderebbe il suo fascino. Non cambia nulla pubblicarlo tutto o metà». 105: «Io lo compro, vedo molto utile la pubblicazione on line. Pubblicatelo tutto altrimenti il lettore potrebbe sentirsi preso in giro e obbligato a comprarlo per conoscere la fine e per questo neanche aprire il file e conoscere l’autore». 106: «Pubblicatene metà se volete venderlo.». UOMINI LAUREANDI 107: «Io nonostante uso molto internet, la lettura di un libro amo farla cartacea per arrivare all’autore, al lavoro che questo ha svolto». 108: «Io nonostante odio la rete lo leggerei on line, mia moglie mi caccia di casa se vede un altro libro, fra un po’ usciamo di casa noi per quanti libri ho comprato». UOMINI LAUREATI 109: «Oggi esistono molti libri on line. Comunque io la lettura su piacere la faccio su carta, mentre la lettura per dovere, per studio, la faccio on line. Io lo comprerei soprattutto perché è un romanzo. Io amo la carta ma, le cose stanno cambiando». Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista 69 110: «Io lo compro in libreria, pubblicatelo tutto per lasciare libertà ai lettori». DONNE CON LA TERZA MEDIA 111: «Io con internet ho poca familiarità, però usufruirei del servizio gratuito, poi se mi interessa lo vado a comprare valutandone i costi. A livello strategico metterei solo qualcosa del testo che catturi l’interesse e porti all’acquisto». 112: «Io lo leggo on line approfittandone del servizio vista la crisi attuale». 113: «Io appartengo ad un’altra generazione, che ama la carta, il profumo della carta. Personalmente lo comprerei». DONNE DIPLOMATE 114: «Io lo comprerei in libreria, Internet mi permette di avere delle informazioni sull’autore. Lo pubblicherei tutto». 115: «Io lo metterei nelle scuole, lavorando con il Crossing Book, lasciando il libro in posti affollati. Internet allarga la prospettiva dell’autore. Io se mi interessa lo compro cartaceo. Il libro va toccato, annusato. Darei l’opportunità al lettore di scegliere se comprarlo o leggerlo on line e per questo lo pubblicherei interamente on line». 116: «Io amo la carta, toccare i libri. L’idea di internet mi piace, permette di farsi un’idea dell’autore, di vedere se l’argomento interessa. Il libro a differenza del computer permette di sottolineare le cose ritenute più importanti. Inoltre il computer nelle famiglie molto spesso si condivide tra i fratelli e i genitori. Io a casa ho due computer ma, ci lavorano quasi sempre i miei figli, non avrei il modo di leggere un testo con attenzione. Io pubblicherei quello che basta per far capire di che tratta il libro. Una recensione. La pubblicazione on line è utile soprattutto per i giovani, mio figlio se trovasse un testo on line sicuramente lo leggerebbe da lì senza stare a pensare a quanto costa il libro cartaceo». 70 Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista DONNE LAUREANDE 117: «Io lo compro assolutamente in libreria, leggere e non pubblicare un libro on line, significa screditare un autore. Quindi pubblicatelo tutto e chi veramente vuole avvicinarsi all’autore lo comprerà». 118: «A me piace il materiale cartaceo. Il computer mi trasmette tristezza. Internet però mi permette di conoscere l’autore, il tema trattato. Secondo me è giusto pubblicare la versione completa del testo così chi vuole può leggerlo on line e altri come me lo comprano». DONNE LAUREATE 119: «Se un libro mi piace io lo compro è indifferente per me metà o tutta la pubblicazione. Non leggerei mai un libro on line». 120: «La pubblicazione on line allarga la conoscenza dell’autore, io lo compro in libreria perché la lettura in rete è dannosa per i miei occhi e poco rispettosa verso un autore, che ha dedicato una vita al suo lavoro». Risultati Dall’intervista emergono moltissimi punti di vista, che mettono in luce i vantaggi del digitale e del cartaceo. Sinteticamente viene fuori che il digitale permette di leggere con molto meno spazio, di allargare la conoscenza dell’autore, di avere più informazioni, di approfondire ciò che non si capisce, di consumare meno carta e abbattere meno alberi, di risparmiare. Sono pochi quelli che ritengono che internet possa screditare l’autore. Anche i vantaggi del cartaceo risultano essere molti: ti permette di avere sempre dietro il testo e leggerlo in ogni momento utile senza aver paura che ti si possa scaricare; di distrarti meno; di non diventare cieco; di provare la bellissima sensazione della carta tra le mani e poterne sentire l’odore. La media complessiva sui 120 soggetti è: Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista 71 - 41 soggetti, di cui 20 donne e 21 uomini, preferiscono leggere un libro on line se gli viene offerta gratuitamente la possibilità. - 76 soggetti, di cui 41 donne e 35 uomini, nonostante l’offerta gratuita preferiscono acquistare il libro. I risultati mostrano che la percentuale di lettura on line è maggiore nei soggetti tra i 14 e i 18 anni e diminuisce con l’avanzare dell’età con un’accezione nei soggetti del campione che hanno tra i 46 e i 55 anni, dove la percentuale dei lettori on line è uguale al terso gruppo di soggetti (26-35 anni). La media di ogni singolo campione risulta essere infatti: - nel primo gruppo di soggetti tra i 14 e i 18 anni 11 sono i lettori che preferiscono la lettura on line, di cui 6 donne e 5 uomini e 9 sono i lettori che amano il cartaceo, di cui 4 donne e 5 uomini; - nel secondo gruppo di soggetti tra i 19 e i 25 anni 9 lettori sono i lettori che preferiscono la lettura on line, di cui 5 donne e 4 uomini e 12 sono i lettori che amano il cartaceo, di cui 6 donne e 6 uomini; - nel terzo gruppo di soggetti tra i 26 e i 35 anni 7 sono i lettori che preferiscono la lettura on line, di cui 4 donne e 3 uomini e 12 sono i lettori che amano il cartaceo, di cui 6 donne e 6 uomini; - nel quarto gruppo di soggetti tra i 36 e i 45 anni 4 sono i lettori che preferiscono la lettura on line, di cui 1 donna e 3 uomini e 14 sono i lettori che amano il cartaceo, di cui 8 donne e 6 uomini; - nel quinto gruppo di soggetti tra i 46 e i 55 anni 7 sono i lettori che preferiscono la lettura on line, di cui 3 donne e 4 uomini e 13 sono i lettori che amano il cartaceo, di cui 8 donne e 5 uomini; - nel sesto gruppo di soggetti tra i 56 anni in poi 72 Makarenko in rete: ampliamento della prospettiva - Intervista 3 sono i lettori che preferiscono la lettura on line, di cui 1 donna e 2 uomini e 16 sono i lettori che amano il cartaceo, di cui 9 donne 7 uomini. Rilevanti sono stati inoltre i pareri sulla pubblicazione intera o di una parte del libro on line: 24 sono stati i soggetti che ritengono utile dare al lettore una versione completa del testo, lasciando libera la scelta sull’acquisto; 30 sono stati i soggetti che consigliano di pubblicarne metà se il fine è portare il lettore a conoscere l’autore e al successivo acquisto; 8 sono stati i soggetti che non trovano differenze sulla questione, poiché se il lettore è interessato in entrambi i casi compra il libro; 2 sono stati i soggetti che sostengono che nell’acquisto di notevole influenza è il costo del libro. Documentazione 3 76 Documentazione 3 Perché leggere libri è ancora una delle cose migliori che possa fare un blogger E-book, mini report, post. Informazione veloce, frammentata, per divoratori di informazioni che hanno fretta. Blogger che collezionano informazioni, blogger che le usano, che cercano materiale per i loro blog. Velocemente. Fermatevi. Rilassatevi. Non c’è fretta. Ricordate quando ancora si leggevano i libri? Sembra una cosa relegata al passato eppure ci sono ancora vantaggi nel leggere libri a tema col vostro blog, volete sapere quali sono? Il libri sono ancora il miglior modo per convertirvi in esperti del vostro settore. Se vi piace l’argomento di cui scrivete, leggere libri a tema sarà un piacere. Quanti libri potete leggere in un mese? Due? Sono 24 libri in un anno, abbastanza materiale per apprendere, no? I libri vi danno tempo di interiorizzare le cose. Sono come una lunga storia, mentre i post e i racconti sono poco più di uno sketch. I libri danno una visione più ampia, sviscerano l’argomento e spiegano generalmente le cose in maniera più dettagliata e ragionata. Leggendo un libro sull’argomento del vostro blog non sarete mai a corto di idee per i post. Non copiate dal libro, ma sicuramente leggendo vi verranno idee originali perché starete pensando all’argomento durante tutta la lettura, appuntatele su di un bloc notes e proseguite nella lettura. Leggendo libri migliorerete sia il vostro modo di scrivere che il vostro lessico. Un libro è veramente portatile. Non ha bisogno di batterie, caricatore, si può usare sull’aereo, è consultabile velocemente sempre, anche se avete solo due minuti potete leggere alcune pagine e, generalmente, è anche economico. Credete che i libri siano ormai destinati a scomparire, sostituiti da blog e pubblicazioni online? Credete che la mole di informazioni disponibile su Internet può sopperire la necessità di comprare libri su determinati argomenti? Documentazione 3 77 11 Commenti a “Perché leggere libri è ancora una delle cose migliori che possa fare un blogger” 1. 29 April, 2009, 10:48 Kikee Sono decisamente d’accordo con te: leggere libri è molto importante, soprattutto per migliorare lessico e grammatica, ma anche per trovare ispirazione. Io non credo che i libri scompariranno o saranno sostituiti da blog e pubblicazioni online, principalmente perché in molti casi un libro tende ad essere più completo e ad avere una struttura più logica delle informazioni online. Piuttosto, sono convinta che tra qualche decennio saranno i giornali e la carta stampata a morire! 2. 29 April, 2009, 16:46 Superkick Concordo al 100%. Leggere è veramente fondamentale, è rimasto uno dei miei passatempi preferiti, e penso proprio che lo rimarrà molto a lungo. 3. 29 April, 2009, 22:27 Alessandro Cosimetti - Blog in Azienda Anche perchè “classici ebook” al momento non ne vedo! 4. 29 April, 2009, 22:36 Alex Non so se i libri scompariranno mai del tutto, ma la domanda cui rispondere, secondo me, è: il supporto (la carta) resisterà al progresso tecnologico? Le musicassette erano il supporto sul quale 78 Documentazione 3 era possibile ascoltare musica: ora sono praticamente sparite a favore di ipod e lettori mp3. La stessa cosa potrebbe succedere con la carta, che lascerebbe il posto agli e-reader (lettori di ebook) o agli e-paper (scritti con e-ink). Su una cosa possiamo essere sicuri: il sapere, la conoscenza, le informazioni resteranno, mentre i supporti su cui le tramanderemo si avvicenderanno nel tempo. 5. 30 April, 2009, 00:33 Izzie Le considerazioni di Alex sono certo fondate, ma la frase di chiusura é assolutamente ispirata…e speriamo davvero che il futuro preservi ed accresca il sapere e la conoscenza…la nostra cara, greca “sophìa”…. 6. 30 April, 2009, 13:08 Ottantotto Leggere libri è fondamentale per un buon blogger. Documentarsi ovunque, su internet, leggendo libri della propria nicchia ma anche di letteratura. Leggere è fondamentale per ognuno di noi, figuriamoci per chi, per un motivo o per un altro, deve scrivere ogni giorno! 7. 30 April, 2009, 15:42 cwtrading.blogspot.com è proprio così che è partita la mia idea di blog, concordo pienamente Documentazione 3 79 8. 1 May, 2009, 01:01 roberto cioa Fabio, è un piacere leggerti e conoscerti anche se virtualemente. Si i libri sono importanti, sono i mattoni della nostra conoscenza. Un libro parla di te, quando entri in una casa piena di libri loro ti dicono gli interessi le passioni di chi li ha letti. internet è ancora un completamento un corollario, la sua forza come dici tu è “Informazione veloce, frammentata, per divoratori di informazioni che hanno fretta”. Sono un romanticone 9. 1 May, 2009, 10:14 wireless a questo punto io aggiungerei leggere anche magazine e quotidiani…magari scegliere bene anche li’. Per esempio l’edizione italiana di Wired mi ha particolarmente colpito 10. 1 May, 2009, 20:55 ilmioguadagno Dal punto di vista della formazione credo che l’importante sia leggere e studiare di continuo qualsiasi cosa purchè di qualità. Dal punto di vista del piacere credo che nessun ebook o blog potrà mai sostituire un libro cartaceo! 11. 10 May, 2009, 16:51 Barbara Massini Spero che i libri non spariscano mai ma non solo per i blogger ma per tutti … leggere un libro è quanto di meglio ci possa essere … ossigeno per il cervello e per la mente. I libri per me sono degli oggetti sacri e una delle prima cose che ho insegnato ai miei bimbi è che i libri non si rovinano, non si spiegazzano, non si colorano (ovviamente ci sono i libri per 80 Documentazione 3 bambini da colorare e lì l’affermazione decade), non si rompono e si usano solo per leggere… nient’altro. Barbara Massini Documentazione 3 81 82 Documentazione 3 L’informazione online supera il cartaceo su quotidiani e riviste E’ ufficiale: la lettura delle news online ha superato la lettura cartacea. Questa notizia non può che giungere dal Paese della tecnologia, gli Stati Uniti. Merito e colpa della crisi economica che ha fatto crollare le vendite dei quotidiani cartacei del 50%, secondo l’ultimo censimento del Pew Research Center. Si aggiorna da internet il 61 per cento delle persone, una percentuale molto più alta rispetto a quanti leggono quotidiani e riviste su carta. Le televisioni battono tutti, con il 78 per cento degli intervistati che placa la propria fame di notizie sui canali locali e il 71 per cento su quelli nazionali. Se la gioca ancora la radio che, merito dell’ascolto durante i viaggi in auto, rappresenta ancora la fonte di informazione per il 54 per cento degli americani. Un altro dato significativo del cambiamento sta in quel 90% di lettori che nella stessa giornata sceglie di informarsi da più canali diversi, scegliendo tra internet, tv, giornali e radio, mostrando una scarsa fidelizzazione a un mezzo d’informazione. Elemento al quale i giornali cartacei hanno sempre puntato. I lettori di news online non sono costanti, non scelgono sempre lo stesso sito, saltellando tra link, consultano dai 2 ai 5 siti online al giorno e si affidano alle news di Google. Dati e cambiamenti fondamentali per delineare la sitazione attuale in campo di informazione e decidere le prossime mosse in campo di giornalismo cartaceo e online. Documentazione 3 83 84 Documentazione 3 Svolta storica: il premio Pulitzer riconosce la stampa on-line Di Stefano - mercoledì 17 dicembre 2008 Il prestigioso premio americano Pulitzer per il giornalismo, che premia i quotidiani americani su carta stampata, ha deciso, per la prossima edizione, di estendere la selezione anche a quotidiani e mezzi d’informazione che pubblicano esclusivamente online (dichiarazione dell’8 dicembre scorso). Una svolta storica. Il comitato selezionatore ha inoltre puntato l’attenzione sul fatto che il materiale inviato, cartaceo o online, dovrà provenire da giornali con frequenza di pubblicazione almeno settimanalmente, con una predilezione per informazioni originali e reportage e che rispettino “i più alti principi del giornalismo” (onestà, accuratezza e correttezza). Un grande passo in avanti in materia di informazione; come dichiara il signor Gissler, amministratore del premio: “Le nuove regole allargano il campo d’azione del Pulitzer e riconoscono, in maniera più completa, il ruolo del Web”. Inoltre, sempre secondo le parole dell’amministratore, fin dal 2006 i contenuti provenienti da web sites di quotidiani erano ammessi nelle categorie “stampa” del premio, però i quotidiani online-only potevano concorrere solamente in due categorie: breakingnews coverage e breaking-news photography. Il panorama mondiale dei media sta cambiando e anche il Pulitzer, in maniera rivoluzionaria, si adegua. Il problema vero e proprio sarà capire e definire quali testate potranno partecipare al concorso. Come verranno considerati i blog? L’amministratore ha dichiarato, a riguardo, che se tutti i criteri verranno soddisfatti anche i siti personali chiamati “quotidiani” potranno partecipare. Però, per partecipare effettivamente al concorso, dovranno dimostrare un alto livello di originalità d’informazione. Documentazione 3 85 86 Documentazione 3 Lettura: meglio la tecnologia o i cari, vecchi libri? by Jolanda Il tema dei libri e della lettura mi è sempre stato caro, essendo io un’accanita lettrice di ogni genere di cosa. Mi basta che sia parola scritta! In più in questo giorni, causa trasloco, mi son passati per le mani tutti i miei amatissimi volumi, tomi, libri e libretti… Insomma è un periodo di immersione quasi totale in temi “libreschi”. Libri: che passione! In queste ultime settimane si parla anche del nuovo IPad che doveva arrivare in Italia a fine Aprile. Ma visto il successo che ha avuto oltreoceano, l’uscita è posticipata di un mese. Lo vedremo dal vivo solo a fine maggio (perché la Apple non aveva abbastanza IPad per il lancio europeo! Non riescono a stare dietro alle richieste, in partica). E il confronto tra i cari, vecchi libri e la nuova tecnologia che avanza mi ha fatto pensare un bel po’. Da una parte, il piacere che provo quando ho un libro in mano (specie se nuovo o particolarmente amato) è indescrivibile. Mi piace sfogliarlo, sentirne l’odore, mi piace la consistenza della carta tra le dita… Mi piace, insomma. Dall’altra parte, spesso mi tocca alzare le cartelle dei miei figlioli e vi assicuro che pesano parecchio. Se invece di tutti i tomi cartacei che devono portarsi dietro, avessero semplicemente un IPad (o altro mezzo di fruizione elettronica dei testi), sarebbe di certo molto meglio, almeno per la loro schiena. Per non parlare del valore ecologico: pensate alle tonnellate di carta risparmiate (Certo ci sarebbe poi da mettere in conto lo smaltimento del mezzo elettronico tra i rifiuti). Altro punto focale: la lettura ha sempre avuto una forte valenza nello stimolare l’immaginazione, la fantasia del lettore. E’ proprio uno dei suoi compiti fondamentali, direi. Immaginazione che verrebbe probabilmente sminuita da una fruizione più spettacolare della lettura. Forse gli “effetti speciali” sarebbe meglio confinarli al cinema e lasciar libera l’immaginazione almeno nel momento della lettura. Non so bene da che parte stare, in realtà sono un po’ combattuta. Cosa è meglio? Probabilmente non c’è una risposta precisa. Ci sono ambiti in cui è meglio il libro e ambiti in cui è preferibile uno dei nuovi mezzi di fruizione di testi… Documentazione 3 87 Ho paura però che il libro prima o poi debba cedere il passo. I nostri figli sono già più tecnologici di noi anche in altri campi e quindi non mi stupirebbe se preferissero un IPad ad un libro. Però che peccato! Voi che ne pensate? 1 Mrs Apple { 04.21.10 at 19:24 } Io sono contraria al libro elettronico. Favorevole ad ogni forma di tecnologia non riesco però assolutamente ad ipotizzare di sostituire i miei tomi cartacei con un freddo schermetto. In effetti si potrebbe fare un compromesso tra i testi scolastici – tecnici e la narrativa, informatizzando i primi e lasciando i secondi nella forma antica … anche se studiando io ho sempre “amato” vivere i testi, sottolinearli, scriverci…. Poi c’è un fattore che iPad ancora non può sostituire: il fattore ofattivo … l’odore della carta, nuova o stagionata, chi ce lo renderà???? 2 Sibia { 04.21.10 at 19:43 } sull’eventualità di sostituire i libri scolastici con uno schermo sono abbastanza riluttante.. più che altro perché non credo che la vista ne gioverebbe molto.. 3 Elle { 04.21.10 at 23:45 } “Tricky one!”, direbbero dalle mie parti una mia compagna di corso sta scrivendo la sua tesi di laurea proprio su questo, su come i bambini possano crescere come lettoei sfruttando i due mezzi – cartaceo e elettronico – contemporaneamente…il futuro è probabilmente lì, in una terra di mezzo io non riesco ancora a farmi un opinione precisa – però ho appena scoperto che la british library permette di scaricare su kindle tutti i libri della biblioteca (cioè TUTTI i libri pubblicati in inglese, da Gutemberg in avanti) che non abbino piu diritti d autore, gratis! la cosa è in parte sponsorizzata dai produttori del kindle, ma, al di là di tutte le considerazioni economiche, mi sembra una possibilità abbastanza entusiasmante… temo cederò presto all’acquisto! ciao! Elle 88 Documentazione 3 4 Paolo { 04.21.10 at 23:49 } Io fino a che ho usato solo carta (liceo classico, università) ho continuato a perdere diottrie. Poi nel 1990 ho cominciato a passare circa 12 ore al giorno guardando uno schermo LCD (Per foruna non i vecchi monitor CRT, ma gli schermi piatti) e non ho più perso diottrie. Quindi il fattore vista no è poi detto che sia cosi’ in pericolo. Poi è vero che i libri sono la migliore realtà virtuale che possa esistere in quanto la lettura – quando appassiona- introduce in una dimensione extrasensoriale di esperienza difficilmente superabile: ma questo è possibile ottenerlo anche leggendo su uno schermo, o ascoltando al buio un racconto appassionante, dalle parole di una persona o da quelle incise su un nastro o mp3,no? Infine il PC, oltre che uno strumento di fruizione dei media, è anche uno straordinario mezzo creativo (questo blog lo testimonia), e questo è un pregio unico. Insomma io sono ottimista e guardo positivamente e senza troppa nostalgia la transizione al digitale. 5 super-mamma { 04.22.10 at 12:30 } a me piacciono i libri di carta ma mi rendo conto del progresso tecnologica che avanza e probabilmente col tempo verrano un pò sostituiti come stà succedendo già con i giornali che ormai si leggono on-line 6 farmaciaserrage { 04.22.10 at 17:40 } Bellissimo il video sul book !La nostra esperienza con il Kindle ci ha fatto capire che per loro cambia poco ,si interessano a tutto ovunque sia accessibile .Tolto il periodo iniziale della sorpresa per loro le favole su carta o Kindle cambiano poco basta che le legga la mamma.. .Certamente l’ipad ha la possibilita’ di renderle piu’ spettacolari con contenuti aggiuntivi ,ma credo che passati i primi tempi siano molto piu’ rapidi di noi ad adattarsi alle fonti ,forse perche ‘ per loro e’ nuovo tutto. Sul discorso degli zaini sono d’ accordo con te ,sarebbe un miglioramento per le schiene innanzitutto. Ho letto anche che negli Stati Uniti pensano di rendere disponibili i libri a dispense in modo da garantire agli insegnanti di poter costruire dei testi funzionali alle loro esigenze didattiche quindi componibili al 100%. Documentazione 3 89 Prima o poi arrivera’ credo anche da noi anche se un libro la sera nei 2 minuti di buco lo preferisco ancora! 7 francesca { 04.22.10 at 18:48 } io sono per il libro LIBRO. per quanto riguarda l’annoso problema degli zaini pesanti… basterebbero delle scuole munite di armadietti per riporli e far portare a casa solo quelli che servono. e per i problemi ecologici basterebbe usare la carta riciclata per stamparli, basterebbe non proporre edizioni nuove ogni anno solo perchè è stato cambiato un punto con un punto e virgola… ma poi sarebbero scontenti gli editori… 8 Elena { 04.22.10 at 22:56 } Beh..Jolanda…traslocare nel mondo dei libri digitali sarà molto più facile non credi? Comunque sia, io che sono un’amante della tecnologia (mio marito aggiungerebbe un PURTROPPO) non riesco a immaginarmi un futuro senza libri cartacei. Pensandoci sono addirittura poco ambientalista, infatti ancora adesso quando devo studiarmi dei testi che ho sul pc me li stampo e me li leggo. Non riesco a fare a meno di sottolineare, prendere appunti…insomma carta e matita altrimenti non mi concentro. In gioiellini come l’IPad ci sono troppe distrazioni. E da questo punto di vista, se vogliamo pensare a dispositivi simili per la scuola, o progettano Ipad “scolastici” oppure la vedo dura!!! Per quanto riguarda l’immaginazione, io sono ancora convinta che la parole scritte riescano a stimolare maggiormente le nostre sinapsi e il libro cartaceo conserva sempre e comunque un valore emotivoaggiunto. Cavoli…ma poi per regalare un libro si dovrà dire: senti ti ho regalato un libro vai pure scaricartelo a questo link!!?? 9 Sara { 04.26.10 at 10:33 } Anche io amo i libri di carta. Mi piace tenerli tra le mani, sfogliarli e mi piace il loro odore. Però è anche vero che , arrivata ad un certo punto e non avendo purtroppo una casa di 200 mq, non so più dove metterli quindi ultimamente ne ho scaricato qualcuno da internet ma leggerli sul pc è veramente scomodo e sopratutto mi limita molto nella lettura perchè non posso leggerli dove e quando voglio. Ma se non si può fare altrimenti ci abitueremo anche a questo. 90 Documentazione 3 10 Chiara { 04.30.10 at 03:55 } Ciao a tutti, io ce l’ho, l’abbiamo comprato a Hong Kong, è davvero bello, sottile, leggero, comodissimo per uscire, utile per me che vivo all’estero, per esempio faro’ degli abbonamenti a riviste italiane, visto che quelli tradizionali sono disastrosi, mi arriva di un mensile una copia su 4 e mi costa il triplo… È vero che in rete circolano tantissimi e-book gratuiti, una bella opportunita’ insomma, ma per studiare sono meglio i libri cartacei, sia per sottolineare che per le sensazioni tattili, poi i bambini potrebbero distrarsi invece di studiare… Documentazione 3 91 92 Documentazione 3 Inquina di più l’informazione online o su carta stampata? di Enrico Pascucci - mercoledì 22 aprile 2009 La guerra tra informazione online e la carta stampata ha molte facce, ma qui su Appunti Digitali abbiamo fin’ora trascurato uno degli aspetti fondamentali: il confronto sul piano dell’impatto ambientale. L’argomento è infinitamente ampio e spazia dall’energia necessaria al funzionamento di entrambi i sistemi fino all’impatto ambientale per la realizzazione dei supporti che portano le notizie fino a noi. Di certo il vecchio e semplicistico luogo comune per cui l’informazione online è ecologica perché non taglia alberi possiamo tranquillamente dimenticarlo. Tom Zeller, del New York Times ha cercato di fornire una sintesi quella che è una risposta, se pur non completamente esaustiva, interessante e illuminante. L’articolo fa riferimento ad uno studio realizzato nel 2007 dal KTH Center for Sustainable Communications (in Svezia possono permettersi anche queste cose) che studia l’emissione di CO2 nella fruizione dell’informazione. In verità più che dare delle certezze fa capire la complessità di questioni simili: pur trattandosi di un solo aspetto tra tutti quelli che insieme formano l’impronta ecologica dell’informazione è composto da moltissime variabili. Nello studio sono state considerate le emissioni scaturite dalla distribuzione, dal lavoro redazionale, dalla produzione e stampa della carta e dalla realizzazione dei mezzi elettronici per la fruizione online dei contenuti. Il calcolo non è semplice poiché esistono client elettronici che permettono la consultazione di notizie online con caratteristiche molto diverse e vi è anche una questione geografica. La fruizione online attraverso un notebook in Svezia ha un impatto minore in termini di emissioni rispetto alla carta se la consultazione non supera i 30 minuti giornalieri, ma chiaramente l’ago della bilancia si sposta se viene utilizzato un desktop o un ebook reader. La Svezia però produce due terzi dell’energia utilizzata da nucleare e idroelettrico, in un Paese in cui l’energia da combustibile è predominante l’impatto della fruizione online si fa decisamente più pesante migliorando la posizione della vecchia carta. In ogni caso, indipendentemente dalle questioni ambientali l’informazione online cresce, per gli evidenti vantaggi in termini di tempestività di aggiornamento e per via dell’impegno economico che la carta stampa- Documentazione 3 93 ta richiede, che diventa poi ancora più rilevante per via del calo delle vendite conseguente al successo del web. In Italia la carta stampata non se la passa tanto male, visto che i finanziamenti pubblici sono da sempre la norma e vengono assurdamente erogati in base al numero di copie stampate e non vendute: possono essere buttati direttamente al macero e fruttare comunque un bel po’ di soldi alla casa editrice. Ad esempio in tutta la mia vita non ho mai visto una copia de “Il Foglio” al di fuori delle rassegne stampa televisive, eppure il direttore gode, stando ad alcune inchieste svolte, dello stipendio più alto tra tutti i quotidiani italiani. È evidente che le idea di efficienza e di ecologia sono superate da altre priorità nel nostro Paese. Ad ogni modo la carta è in crisi un po’ ovunque. Negli USA capita abbastanza frequentemente ormai di leggere online a proposito della chiusura di un quotidiano cartaceo, mentre in Francia si pensa a “iniezioni” di soldi straordinarie per salvare l’editoria tradizionale. Tutti segni dei tempi che stanno cambiando e modificando la nostra vita e il mondo che abitiamo. Io per non sbagliare vi lascio con una famosa citazione di Kahlil Gibran, che sarà sempre attuale indipendentemente dalle vostre abitudini attuali e future: “Gli alberi sono liriche che la terra scrive sul cielo. Noi li abbattiamo e li trasformiamo in carta per potervi registrare, invece, la nostra vuotaggine.” Commenti I commenti inseriti dai lettori di AppuntiDigitali non sono oggetto di moderazione preventiva, ma solo di eventuale filtro antispam. Qualora si ravvisi un contenuto non consono (offensivo o diffamatorio) si prega di contattare l'amministrazione di Appunti Digitali all'indirizzo [email protected], specificando quale sia il commento in oggetto. #BrightSoul scrive: Non per sminuire la validità di studi scientifici, ma lo vedo come un ultimo (vano) tentativo di difendere la tradizionalità della carta stampata. Ormai tutti ricorrono ad argomentazioni ecologiche nei loro discorsi da essere quasi banali. Quando vogliono venderti l’auto, 94 Documentazione 3 quando vogliono risparmiare sui costi, quando vogliono difendere la carta stampata. Un conto è dichiarare di essere eco-friendly, un conto è esserlo davvero. La realtà delle cose è che leggere le notizie sul PC nel prossimo futuro ha un ampio margine di riduzione delle emissioni, sia mediante processori sempre più energy-efficient sia mediante l’introduzione di fonti energetiche rinnovabili. Stampare un giornale non ha alcun margine di miglioramento. L’albero dovrà sempre essere tagliato, il camion a gasolio dovrà sempre andare a recuperare il legname, parte dei giornali invenduti saranno sempre un rifiuto in discarica. # mercoledì 22 aprile 2009 alle ore 09:23 Globus scrive: Non sarei cosi’ sicuro dell’ “evoluzione ecologica” dell’online rispetto al cartaceo. Innanzitutto l’albero tagliato viene ripiantato (gia’ avviene ora, gli svedesi mica disboscano le foreste…), il camion potrebbe viaggiare con motori piu’ efficienti o addirittura un domani senza combustibili fossili e la carta usata venire riciclata. Sul versante elettronico invece, viene mai considerato il “costo ecologico” di produzione dei dispositivi? Siano essi palmari, notebook o netbook, la lavorazione del silicio e gli “annessi e connessi” ha un notevole impatto. Senza contare che il riciclo della carta ha una fattibilità (ed un costo) molto minore rispetto a quello dei materiali (alcuni rari, altri pericolosi) contenuti in una serie di circuiti elettronici. Intendiamoci, non sto difendendo la stampa rispetto al digitalizzato per partito preso…dato che sono nel settore dell’IT sarebbe anche contro il mio interesse :D Pero’, cosi’ qui come in tutti i campi della produzione, è giusto considerare tutti gli aspetti e tutte le variabili possibili. Documentazione 3 95 # mercoledì 22 aprile 2009 alle ore 10:03 Paganetor scrive: io affronterei l’argomento da una prospettiva diversa: immaginiamo di togliere dalla circolazione l’informazione “su carta” e di sostituirla con l’on-line. Cosa succederebbe? Per una fetta consistente di persone non cambierebbe molto, continuerebbero a beneficiare di internet. Altri si troverebbero con dei punti di riferimento in meno, magari in parte colmati dall’on-line ma pur sempre con un “buco” nell’informazione. Altri ancora, che non utilizzano internet per reperire informazioni, si troverebbero in grosse difficoltà: penso a persone anziane, o a gente che il computer nemmeno lo possiede e che, senza la carta, potrebero solo guardare la TV… che, dal canto suo, vincola ancora di più dell’on-line (devi avere un PC –> devi avere una TV, mentre con un giornale sei libero di leggere dove/come vuoi). sono curioso di capire a quanti “alberi abbattuti” equivale un ipotetico e-reader per notizie e magari libri (anche se, per come ragiono io, sarebbe la manna come sostitutivo dei quotidiani ma avrei difficoltà a usarlo al posto di un bel romanzo cartaceo) per valutarne l’effettivo impatto ecologico… è facile dire che trasferire un file consuma poco, ma quando l’e-reader viene prodotto e dismesso quanto inquina? che sostanze vengono rilasciate nell’ambiente? E le batterie? insomma, per ora credo che le due “tecnologie” possano andare avanti molto bene insieme, colmando l’una e carenze dell’altra, ma per il futuro l’unica speranza di salvezza per la carta rispetto all’on-line è giocare sulla qualità del servizio informativo (che, proprio per la vastità di fonti e di potenziali errori, l’on-line non può garantire se non scremando e verificando tra molteplici siti). dai, torno a lavorare :-D 96 Documentazione 3 # mercoledì 22 aprile 2009 alle ore 10:27 Roberto scrive: Ma perchè vi accanite così contro la carta stampata? Vivi e lascia vivere è sempre un buon consiglio… detto tra noi, come essere analogico, preferisco 10^9 volte leggermi un giornale sul gabinetto invece che guardarmelo attraverso il monitor di un portatile. Ah, vero, e-book reader… ma dove sono? Chi li ha visti? Chi li usa? E poi l’unico vantaggio che hanno sono le dimensioni, sempre su un monitor devi leggere e alla fine stanca… Giusto per chiarire, non sono un vecchiaccio eh ma un ragazzo che è nato con il computer in casa e che lo usa ogni giorno per oltre 10 ore con sommo piacere, sia per lavoro che per svago. Ma poi, a letto, mi leggo un libro o una rivista. Di carta. # mercoledì 22 aprile 2009 alle ore 14:14 Nightwalker scrive: Bisogna comunque ricordare che anche se un computer ha un costo di produzione maggiore, viene usato anche per altri scopi, sfido io a chattare in tempo reale sul giornale =D E poi il giornale lo compri di una testata e hai solo le loro notizie, invece su internet puoi guardare ovunque. Documentazione 3 97 98 Documentazione 3 Motivi e misteri del leggere o non leggere Spesso sentiamo parlare dell’Italia come un Paese di ignoranti, ”In Italia si legge troppo poco” sentiamo dire, ma che cosa vuol realmente dire questa affermazione? In fin dei conti guardandoci intorno vediamo che praticamente tutti leggono… il problema forse stà nel cosa leggono! C’è che legge il giornale, c’è chi legge anche solo la rubrica dello sport, le signore leggono riviste di moda, di ‘attualità’, di pettegolezzi, vediamo ragazzi chini sui loro libri scolastici, e pendolari con il cruciverba… ma realmente… chi tra tutti quelli intorno a noi legge qualcosa come un romanzo? O la gente intorno a me legge solo a casa.. o sono pochi quelli di loro che leggono qualcosa che sia un libro con pagine rilegate con magari una copertina… potrei sbagliarmi è vero, che ne sò io di quel che fanno gli altri a casa loro, ma la verità è che anche tra gli amici è difficile trovare qualcuno appassionato di libri ed è invece molto più facile trovare qualcuno che ne sia contrario. Perchè il libro costa, è uno spreco di tempo e denaro, è fondalmentalmente inutile, a che ci serve sforzare la vista per leggere quei caratteri minuti quando ciò non ha nessuno scopo diretto? A cosa serve sorbirsi storielle inventate da scrittori eccentrici che probabilmente non avevano nulla da fare, quando possiamo rilassarci davanti alla tv o spendere meglio i nostri soldi magari con un po’ di shopping?? Non serve a niente, questo è il pensiero più diffuso. Si può anche riscontrare come la diffusione dell’amore per la lettura sia proporzionale al numero di laureati, quindi le cose vanno a braccetto? Chissà ma il nostro stato si sà non è di certo rinomato per il suo ‘elevato’ numero di laureati. A difesa degli Italiani però bisogna dire che nel nostro stato è cresciuto molto velocemente il numero di lettori digitali. Ma rimane la domanda in sospeso: che fine ha fatto l’amore per la lettura? Non è più stato tramandato dai genitori? E’ stato stroncato dalla tv e dagli altri svaghi giovanili? Dov’è che si è perso per strada? Dov’è che dobbiamo andarlo a recuperare? Il dono al tempo del web 1 Eleonora Errede Il testo, Il dono al tempo di Internet, si divide in due parti: nella prima gli autori Marco Aime, antropologo, e Anna Cossetta, sociologa esperta di economia politica, si soffermano sulla cultura del dono, uno dei paradigmi più studiati dall’antropologia, dalla sociologia, ecc., cioè un atto che dà vita ad un legame tra gli individui che va al di là del puro scambio economico. Gli autori citano vari studiosi che si sono interessati all’argomento, ed ai quesiti che esso promuove nell’informatica. La seconda parte è una dettagliata elencazione dei vari usi di internet nel web, con finalità di scambio, di doni virtuali, e delle persone che lo usano. Gli scrittori su citati osservano e se ne interrogano sulle motivazioni, che anche nella società odierna caratterizzata dal mercato economico, esistono spazi in cui il dono è un protagonista fondamentale. Di conseguenza, si pongono il quesito se gli scambi in rete (forum, blog, social network, free software, wikipedia, ecc.) siano dei nuovi promotori di socializzazione e se i loro modelli relazionali abbiano ripercussioni sugli schemi e le dinamiche più tradizionali della società moderna. Era ovvio che la rapida e continua evoluzione della rete suscitasse l’interesse e la riflessione di vari intellettuali (economisti, filosofi, sociologi, antropologi, psicologi). In particolare gli psicologi, di recente, hanno in terapia molte persone dipendenti dall’uso smoderato di facebook . Temi fondamentali dell’analisi dei due studiosi sono: comunità, relazione, condivisione, dono. A questo punto, a mio avviso, si pongono degli interrogativi: «Come mai un gruppo ingente di persone dedica gran parte del proprio tempo alla condivisione di saperi ed esperienze a disposizione gratuita del prossimo? Siamo passati dal do ut des al peer to peer»? Da qui si parte per delineare, come in una ricerca etnografica, i nuovi fenomeni relazionali comparandoli ai sistemi più tradizionali delle società precedenti, come l’importanza comunicativa e socializzante del linguaggio che dalla famiglia alla società legava assieme un gruppo di persone tramite relazioni di scambio, differenziando l’uomo dall’animale. Cossetta, su questo argomento delle relazioni di scambio, fa riferimento a Marcel Mauss, Karl Paul Polanyi, Jacques Derrida. In particolare quest’ultimo, un filosofo francese, affermava che l’origine del lin- 100 Il dono al tempo del web 1 guaggio non è la parola detta ma quella scritta (oggi direi, io, quella scritta sul computer) e capovolgendo la gerarchia tra parola orale e scritta, difende il primato della scrittura (quella con la tastiera in tempi odierni…) sulla voce, concepisce una scienza della scrittura o grammatologia che ha come oggetto l’essere come differenza. A questo punto, a mio avviso, viene spontaneo un collegamento con le problematiche esistenziali che si evincono in Martin Heidegger , che nel celebre saggio, affermava che «il linguaggio è la casa dell’essere e che esso si serve del linguaggio» (parla nel linguaggio) e si manifesta nella storia delle parole. Anche Hans Georg Gadamer, afferma che il linguaggio definisce il rapporto tra il mondo e l’uomo; il linguaggio è l’orizzonte all’interno del quale si sviluppa la nostra vita. Quindi, possiamo constatare che il linguaggio è la forma di dono trasmessoci per via generazionale. Da queste affermazioni scaturisce l’esigenza personale di domandarsi: - È forse quella del computer una forma alternativa di comunicazione linguistica, un dono via web? A mio modesto avviso questa brevissima osservazione sul passaggio dal dono linguaggio naturale al dono linguaggio della rete, andava sottolineata o meglio accentuata in sintesi. Tornando al tema centrale, uno degli studiosi citati è Mauss, sociologo ed etnologo francese (1872 - 1950), che nel suo libro Saggio sul dono , elabora la nozione di fatto sociale totale. Prende in esame il concetto di mana (potenza, forza), così difficile da definire, che è presente in tutte le forme di dono e di scambio nelle società arcaiche e di livello etnologico. Per tanto, secondo il sociologo, si tratta di individuare quale forza vi sia nella cosa che si dona, tale che faccia sì che il donatore la renda. In sostanza, lo studioso sostiene che il dono corrisponda ad una logica fatta di tre gesti: donare, ricevere, contraccambiare. Intermini economici al valore d’uso e al valore di scambio dell’oggetto – bene, si potrebbe aggiungere il valore di legame, quando questo diventa più importante del bene stesso. Tengo a sottolineare che tale concetto, nell’economia classica, è stato condiviso anche da Karl Marx, e se ci si sofferma sul valore di scambio da ciò si nota che esiste un altro tipo di valore, quello legato alla capacità che beni e servizi, se donati, hanno di creare e riprodurre relazioni sociali. La speranza finale del dono è appunto questa: la relazione. Donde l’interesse scaturito dalla gente che si aggrega sperando di condividere informazioni, sentimenti, interessi, scambi culturali, gratuitamente e liberamente. Il valore del contro - dono sta anche nella libertà come af- Il dono al tempo del web 1 101 ferma Mauss: «più l’altro è libero, più il fatto che ci donerà qualcosa avrà valore per noi quando ce lo darà». Cercando di individuare alcune forme principali di dono e di scambio in rete, Aime e Cossetta si occupano anche di Wikipedia in cui si apprende come il dono non abbia a che fare con un ricevente conosciuto e non vi sia una relazione tra donatore e ricevente. Infatti l’enciclopedia informatica è realizzata con contributi culturali gratuiti, di volontari che hanno il solo scopo di diffondere o meglio donare le conoscenze, competenze, capacità possedute in una determinata disciplina. In campo medico è sicuramente un gran dono per chi necessita di informazioni, a livello mondiale, su particolari patologie o sugli esiti, in itinere, di ricerche scientifiche. Un dono che permette di fruire di nozioni specialistiche anche a persone con socio-svantaggio economico. Ciò, secondo me, ricorda il dono della carità citato anche nell’esegesi biblica o in quello più laico e istituzionalizzato in varie Onlus. Di rilievo anche gli atti di donazione offerti da industrie o dai mass-media (ad esempio Telethon) che si esplicano con varie manifestazioni sportive o spettacoli teatrali al fine di reperire fondi per la ricerca scientifica. Spontaneamente in termini economici, viene da porsi una domanda: Dov’è la perdita ed il guadagno nel termine virtuale delle comunità su internet? - Gli autori rispondono che si trova nella relazione che di per se costituisce il bene economico. Per dirla con Kennet Arrow , gran parte della ricompensa derivante dalle relazioni interpersonali è intrinseca alla ricompensa, essa è la relazione stessa. Nella parte centrale del libro, si citano oltre a Wikipedia, altre forme di dono e di scambio in rete come il free software, open source, i social network come Facebook o Twitter, ormai molto popolari che permettono a milioni di persone di connettersi dando loro, secondo me, quello di cui necessitano: relazioni profonde con i propri simili che riempiono, con i loro doni, il vuoto della vita moderna magari dando ad essa un senso: nello scambiare si cede qualcosa (file sharing) ottenendo qualcos’altro. Gli autori esaminano le funzioni del social network, chat, news group, forum, si chiedono se potrebbero essere considerati in modo analogo alle comunità tradizionali, secondo una visione funzionalistica vicina al pensiero di Georg Simmel, in cui egli osservava che il contrasto tra la vita e le forme è infatti l’elemento necessario in cui vive la vita stessa. Il contrasto, tra l’altro, costituisce ciò che Simmel chiama la “tragedia della cultura”, cioè la tendenza sempre perdente delle forme culturali a conservarsi contro la vita che prima le ha incorporate, poi superate. 102 Il dono al tempo del web 1 Con la rete come nella modernità, proseguono gli autori, saltano i confini spazio-culturali che determinano territori, culture, società, citando di sovente, Bauman. Ci si pone un altro enigma: la virtualità quanto è autentica alla realtà della relazione face to face? La risposta fornita nel libro è ambivalente. Da una parte vale la considerazione di Benedict Anderson, per cui la maggior parte delle comunità in rete alla ristretta cerchia del vicinato a Facebook, sono immaginate, dunque reali o virtuali che siano, appaiono simili. Dall’altro, la logica del dono disinteressato (difficili riceverli nel vissuto da chi ci è prossimo), che soggiace allo scambio internet, ha come sfondo i grandi network che gestiscono il traffico virtuale, garantiscono il sistema ed accrescono la loro potenza economica. Lo spazio è cyber: spazio mentale che non permette di condividere esperienze vere e proprie (aspetto a mio avviso negativo), le quali comportano fisicità, la mimica gestuale, legata al linguaggio del corpo. Oggi si tende a superare il vero vincolo psicologico, la relazione col web appare fondata su pratiche più tecniche e retoriche, che gestuali. Per questo, come sottolinea Lo Vink in «Zero comments», da un lato internet è vista come una nuova frontiera della comunicazione creatrice di nuove comunità di tipo virtuale, dall’altro la rete viene accusata da alcuni critici, di spingere gli utenti verso l’isolamento sociale e fisico che frantuma i normali economici canali di comunicazione, riducendo l’individuo in una dimensione sempre più solipsica. Tuttavia, secondo studi recenti, non tutti per fortuna vivono di sola rete e mantengono rapporti di socializzazione, per cui come afferma Manuel Castells, la comunicazione via internet non sembra avere effetto sulle relazioni sociali tradizionali, dono di sentimenti ed affettività scambievole, semmai si aggiunge ad esse completandole. Il costo di un libro, come nel caso del Poema pedagogico di Anton Semënovič Makarenko, mi ha fatto condividere ed apprezzare quanto ho letto sul concetto di dono. Ritengo valida e formativa l’idea di un «collettivo» (nel senso di un’educazione collettivistica), per dirla con una parola usata dall’autore, in rete per l’acquisto di competenze, capacità, conoscenze attraverso la diffusione mediale di un poema fruibile da tutti e non solo da chi può permettersi l’acquisto con il prezzo stabilito dalla casa editrice, per la maggior parte dei lettori. Un altro aspetto positivo è quello di poter leggere e stampare, nell’immediato, solo le parti più interessanti di determinati argomenti convenuti nella su citata opera come personalmente mi è accaduto. Penalizzante, a livello economico, è acquistare un intero libro di cui usare Il dono al tempo del web 1 103 solo alcuni capitoli, come accade a noi studenti; manca anche la possibilità di sottolineare il testo o mettere in evidenza alcune parti da studiare, arricchito da note personali che stimolano la memoria visiva nel momento della lettura; in fine non potrebbe nascere, dopo anni, la curiosità di rileggerle. Sicuramente, per i giovani, la via telematica è la più sollecitante rispetto ai tradizionali mezzi d’istruzione. Mi vien spontaneo pensare che Makarenko, da pedagogista, con l’intento di formare l’uomo nuovo, avrebbe trovato utili le moderne tecnologie. A mio avviso, tuttavia, potrebbe presentarsi un elemento negativo nella lettura della pubblicazione on line per problemi visivi, cioè stando per lungo tempo davanti al computer si potrebbero avere maggiori disturbi che non leggendo un testo cartaceo. Positivo, invece, trovare la pubblicazione in rete e/o dei forum in cui scambiare idee con coetanei o docenti sul contenuto del libro. Concludendo, resta a mio avviso auspicabile la pubblicazione in rete del Poema pedagogico, per un raffronto didattico pedagogico con i sistemi educativi impiantati sul modello creato dall’autore ancora attuali e praticati in Russia. Documentazione 4 Le seguenti immagini119 sono state scelte per la realizzazione del Logo In rete all’indirizzo: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/tecnologia/grubrica.a sp?ID_blog=30&ID_articolo=7453&ID_sezione=38&sezione= 119 Le immagini sono state riprese dal motore di ricerca del sito: http://www.google.it 108 Documentazione 4 In rete all’indirizzo: http://erboristeria.guidaconsumatore.com/disturbi-e-rimedinaturali/001069_rimedi-naturali-per-proteggere-le-mani-dal-sole/ Documentazione 4 In rete all’indirizzo: http://www.opartigiano.it/annunci.htm 109 110 Documentazione 4 In rete all’indirizzo: http://www.eurekaos.org/?tag=udc Documentazione 4 In rete all’indirizzo: http://bruno60.wordpress.com/immagini_le-mani/ 111 112 Documentazione 4 In rete all’indirizzo: http://antoniogenna.wordpress.com/2007/01/01/illusioni-festive-10mani-che-disegnano/ Interviste online Castells: «Il destino del mondo catturato dalla Rete120» A colloquio con lo studioso spagnolo, autore di una poderosa ricerca sull'«Età dell'informazione». «Il web è stato creato proprio perché non lo si potesse controllare né fermare o censurare». Castells. Ha tutte le caratteristiche dello studioso di culto: percorso accademico irregolare, ma prestigioso (non ha mai ottenuto una cattedra nel Paese d'origine, la Spagna, ma gliene anno concesse addirittura due a Berkeley, Usa); ampie e svariate pubblicazioni, non meno di una ventina di volumi; lavoro matto e disperatissimo; nomadismo culturale per spargere il suo verbo in tutti i continenti, di fronte a platee di estasiati addetti ai lavori; traduzioni in venti lingue; cortese dribbling ai meccanismi dell'informazione-spettacolo; pettinatura a onda laterale, tipica da scienziato «genio & sregolatezza». Manuel Castells ha 60 anni, e a Milano, all'università Bocconi, ha tenuto una lectio brevis di circa tre ore sui contenuti della sua ultima opera di pensiero, La nascita della società in Rete, pubblicata in italiano dalle edizioni di questa stessa università (Egea, pagg. 601, euro 34,50). Introdotto dal rettore Carlo Secchi, da Fabrizio Rindi, presidente del Gruppo Winterthur (società di assicurazioni qui nelle vesti di sponsor di Castells) e dal sociologo Guido Martinotti, autore della prefazione al volume, Castells mostra subito il volto al quale tiene di più: quello dell'intellettuale integro e dunque nemico della divulgazione facile e semplicista. Per carità, lui parla chiaro, in varie lingue, prediligendo un inglese dallo spiccato accento ispanico; ma per ogni approfondimento rimanda al suo libro. Che tuttavia, nella sua granitica imponenza, a prima vista potrebbe dissuadere i lettori più volonterosi, tanto più che è il primo volume di una trilogia intitolata L'età dell'informazione: economia, società, cultura. E dunque, nell'attesa che appaiano anche in Italia i prossimi tomi, ci addentriamo con il professore nei meandri di un territorio che più Fonte bibliografica: Intervista pubblicata su «Il Giornale» dell'11 Maggio 2002, reperibile nel sito: http://www.swif.uniba.it/lei/rassegna//020511d.htm 120 114 L’educazione di massa e le industrie culturali globale non si può. Intanto, che materia è, questa? Sociologia, economia, filosofia? Si potrebbe dire tutt'e tre e magari anche qualcos'altro, se non fosse proprio lui a sgombrare subito il campo da una serie di possibili confusioni. «Non sono un futurologo né m'interesso di politica», stabilisce subito. E' già qualcosa. Attenzione, però. Castells non è neanche un lettore di fantascienza, non apprezza, nel senso che non li legge, i lavori dei più noti divulgatori odierni di temi tecnologici, dagli economisti modaioli alla Rifkin agli scrittori di fiction e analisti del costume in Rete come William Gibson. «E non ho fatto nessuno sforzo per rendere facile e leggibile questo libro», dichiara. «E' un libro di ricerca, punto e basta. Un testo accademico». Ma qui il luminare pecca di modestia, perché il suo libro, per quanto ponderoso, ha un grado di leggibilità decisamente superiore alla media dei prodotti accademici nostrani. Inoltre non mena troppa il can per l'aia, cioè non teorizza se non dopo essere passato attraverso l'analisi dei fatti. «Alcuni grandi editori italiani mi hanno proposto la pubblicazione a patto che riducessi il materiale a duecento paginette. Ho risposto che se mi sono fermato a duemila è stato solo perché temevo di morire prima di vedere finito il mio lavoro». E' questa una delle poche note ironiche della sua elaborazione verbale, affabile finché si vuole, ma viziata da una certa freddezza di fondo, appena incrinata dalla passione per la materia. E la materia è la trasformazione della società umana, cioè del mondo, a causa dell'innovazione tecnologica e informatica, in pratica di Internet. E così, con questo «approccio globale» di ambizione leonardesca, Castells ci dice che il cambiamento radicale della realtà umana è già avvenuto. Si tratta soltanto di far sì che tutti a poco a poco si adeguino. Oggi quello che conta è la capacità di tenere il passo con la rivoluzione telematica. O dentro o fuori. William Gibson ha scritto più volte che «la Rete trova sempre la sua strada». Secondo lei che cosa vuoi dire? «Non conosco Gibson, né lo leggo. La frase tuttavia è interessante. Per me vuoi dire che la Rete è stata deliberatamente disegnata dai suoi creatori per non essere controllata. In altre parole, l'informazione in Internet non conosce ostacoli, e dovunque li trova, li aggira. L’educazione di massa e le industrie culturali 115 Ogni censura equivale a un fallimento tecnico. Il messaggio può essere rintracciato, ma non fermato. Siamo tutti sorvegliati, è vero, e in Rete non c'è vera privacy. Per esempio l'Fbi sa benissimo come interferire con i messaggi e dove andare a rintracciarne gli autori. Ma come struttura di relazione la Rete è assolutamente aperta. Perciò la gente muore, ma il messaggio sopravvive». Ha osservato la situazione italiana? Che ne pensa? «La conosco bene. In Italia, come in Spagna, c'è una spaccatura tra il livello relativamente alto raggiunto dal sistema economico e la capacità complessiva di usare Internet. Per esempio, nel vostro Paese la gente si connette più da casa che dal lavoro, al contrario che in tutte le altre economie avanzate. Inoltre l'università, salvo poche eccezioni, è scarsamente informatizzata. Gran parte degli utenti di Internet in realtà non sanno bene quale utilità trarre dalla Rete. Ma non si può avere "un pochino" di Internet. Internet è un sistema globalizzante, perciò tocca adeguarsi». Come vede il «divario digitale» (digital divide), la spaccatura tra il mondo tradizionale e il mondo delle tecnologie digitali? «Osservo per esempio, partendo da analisi statistiche, dunque da dati di fatto, che oggi in Usa e Scandinavia ci sono on line più donne che uomini. Oppure che il 99 per cento di certe popolazioni, per esempio in Cile, non è connesso. O ancora, che in Corea il 50 per cento degli utilizzatori di Internet usa già la banda larga, appena introdotta in Italia. Tuttavia la questione centrale non riguarda la tecnologia in sé, ma l'educazione a usare la tecnologia. Andiamo verso un mondo dove ci sarà sempre più differenza tra "letterati" e "illetterati", tra sapienti e analfabeti nell'uso delle tecnologie». Da una parte l'economia globale aumenta la competitività tra le aziende, dall'altra nascono i movimenti no global.. «L'economia globale non si capisce se non si capisce come si sono sviluppate negli ultimi anni le telecomunicazioni. Il mercato finanziario globale e integrato è fatto dai computer. Ma lo stesso movimento antiglobal è costruito intorno a un sistema mediatico globale. In altre parole, le manifestazioni pubbliche no global avvengono grazie a un'organizzazione che si avvale proprio di Internet. Sono due aspetti di altrettante tendenze: da una parte la crescita di competitività economica, dall'altra la crescita sociale». 116 L’educazione di massa e le industrie culturali Per fortuna alla fine il professore ammette non essere un determinista tecnologico. Concede cioè uno spiraglio di libero arbitrio ai capricci degli umanisti. Tutto il resto, a quanto pare, è spiegato nei suoi libri. L’educazione di massa e le industrie culturali Anna Lambroglia 1.1. Il dono al tempo di Internet Il tema affrontato nel libro Il dono al tempo di Internet espone in maniera chiara e amplia l’evoluzione della cultura del dono e dello scambio in un’epoca invasa, se non dominata, dalla rete. In 120 pagine gli autori Marco Aime, docente di antropologia culturale all’Università di Genova, e Anna Cossetta, docente alla facoltà di Economia dell’Università di Genova, sviluppano questioni relative alla condivisione e costruzione partecipata nell’era attuale, in modo stimolante e propositivo, facendo riferimento ad un molteplicità di punti di vista riguardanti l’economia, la filosofia, l’antropologia, la sociologia, la psicologia e così via. La tesi sostenuta dagli autori presenta una delle caratteristiche principali della rete: dare vita a comunità immaginate, che non sempre necessitano di relazioni tra gli individui. Le parole chiave del volume sono infatti: comunità, relazione, e soprattutto, condivisione e dono. Su internet si trova di tutto, e quasi tutto gratis: dalle informazioni di Wikipedia ai pareri degli esperti sui blog e i forum, fino ai brani musicali sui network peer to peer. Chi regala il proprio lavoro, le proprie idee, i propri file sulla rete sta facendo un dono? A chi, e perché? E con quali conseguenze? Tra i paradigmi più studiati dall’antropologia vi è quello apparentemente indecifrabile del «donare», un atto che dà vita a un legame tra donatore e ricevente fondato sulla tensione della perdita. Il caso dei moderni scambi online sembra assai diverso: dov’è la perdita e il guadagno nel turbine virtuale delle comunità su Internet? E senza la forza del dono, come si possono stabilire dei rapporti significativi tra utenti, tra cittadini, tra esseri umani? Eppure, la nostra epoca sarà sempre di più pervasa dalla Rete, dalla sua capacità di connettere milioni di persone e dalla sua difficoltà a dare loro ciò di cui hanno da sempre bisogno: delle relazioni profonde con i propri simili. Cosa spinge tante persone a dedicare una parte consistente del proprio tempo e della propria vita alla condivisione di saperi ed esperienze, senza nessun ritorno? Il web produce schemi simili alla società tradizio- 118 L’educazione di massa e le industrie culturali nale o elabora nuovi modelli relazionali? Per rispondere a ciò gli autori si soffermano sul pensiero di Marcel Mauss, antropologo, sociologo e storico francese, il quale sostiene che la vera reciprocità è quella in cui il dono risponde ad una «logica fatta di tre gesti: donare, ricevere, contraccambiare». L’atto del donare implica due protagonisti, colui che dona e colui che riceve, che può decidere o meno se accettare il dono e se ricambiare, in un secondo momento. Il dono implica una forte dose di libertà, è vero che nella maggior parte dei casi si è indotti a contraccambiare, ma i modi e i tempi non sono rigidi e non vi è un vero e proprio obbligo morale, che non è perseguibile né sanzionabile. Il valore del dono sta nell’assenza di garanzie da parte del donatore. Un’assenza che presuppone una grande fiducia negli altri. Il valore del controdono sta nella libertà: più l’altro è libero, più il fatto che ci donerà qualcosa avrà valore per noi quando ce lo darà. Il dono non è altro che la «volontà degli uomini di creare rapporti sociali, perché l’uomo non si accontenta di vivere nella società e di riprodurla come gli altri animali sociali». È nello spazio di tempo che intercorre tra l’atto del dono e quello del contraccambio che si sviluppa e si mantiene viva la relazione tra due attori. Molti studiosi, nel corso di un convegno svoltosi a Milano, nel 2008, dal titolo Il dono e i suoi paradossi, hanno mostrato un’ottica secondo la quale il dono non è un atto gratuito poiché comporta un’ aspettativa; dunque, non si tratta di un’azione totalmente disinteressata. 1.2. La cultura del web Il web, attraverso la reciprocità dello scambio crea relazioni, comunità, gruppi e tribù. Spazi aperti che fanno da ponte verso altri mondi e luoghi e spazi più chiusi in cui ci si identifica fortemente e che possono fornire un connotato preciso alla nostra esistenza. Scambiare è fondamentale per l’uomo, che non è «fornito dalla natura di alcuna specializzazione» . L’uomo ha colmato questa lacuna con ciò che chiamiamo cultura, ovvero l’insieme ci credenze, conoscenze, arte, morale, legge, costume e ogni altro uso acquisito dall’uomo, resa possibile dallo scambio e dalla condivisione. La forza del dono risiede nella sua capacità di creare legami e di dare vita a relazioni tra persone, ma la condivisione anonima non produce legami. Si tratta di una tipica forma di «dono generalizzato»; gli autori so- L’educazione di massa e le industrie culturali 119 stengono che «l’atteggiamento dell’utente in rete potrebbe essere più simile a quello di un consumatore che non a quello del membro di una vera comunità». L’aspetto sociale del dono viene a sfumarsi, in quanto manca la perdita, che crea quel vuoto in cui, se il ricevente contraccambia perdendo anch’egli qualcosa, si inserisce il rapporto, durevole nel tempo, tra donatore e ricevente . La parte centrale del libro è dedicata ad alcune forme di dono o di scambio in rete, da Wikipedia, enciclopedia multilingue redatta da milioni di volontari sparsi in tutto il mondo senza fini di lucro, al free software, ovvero un programma «senza padroni» e libero da proprietà, il copyleft, che sarebbe l’opposto del copyright, in cui l’autore concede a chiunque il permesso di usare il proprio programma, l’open source, cioè i programmi modificabili al tanto dibattuto file sharing alla base del Pirate Bay, che permette lo scambio di materiale audiovisivo coperto da diritto d’autore, c’è chi lo fa per scarsi mezzi economici, chi per «motivazioni ideologiche», fino ai social network come Facebook o Twitter, tanto popolari. La nostra epoca sarà sempre di più pervasa dalla rete, dalla sua capacità di connettere milioni di persone e dalla sua difficoltà a dare loro ciò di cui hanno da sempre bisogno: delle relazioni profonde con i propri simili. Il web dà vita a forme relazionali basate su «funzioni e non tra individui», con comunità di tipo virtuale che hanno segnato una nuova frontiera delle comunicazioni. «Alcuni critici accusano la Rete di spingere gli utenti verso un isolamento sociale e fisico, che spezza i tradizionali canali di comunicazione, relegando l’individuo in una dimensione sempre più personalistica»; infatti, questo nuovo modello di socialità è caratterizzato da un forte individualismo. 1.3. Il Poema pedagogico on line Lo scambio tra perfetti sconosciuti si basa sull’appartenenza ad una comunità che seppur online, permette di condividere delle informazioni, «non si sa a chi si dona, né da chi si riceve. Si sa però che esiste una sorta 120 L’educazione di massa e le industrie culturali di comunità, più o meno formalizzata, che fa le due cose in un flusso continuo di scambio e di condivisione». Quali sono i reali vantaggi che questa tipologia di condivisione comporta? Il terreno del web è, aldilà delle ideologie diverse, un terreno accessibile più o meno a tutti; la larga diffusione del mezzo e la gratuità di scambio rendono la comunicazione e la condivisione non vincolata da fattori individuali legati allo status socio-culturale ed economico degli utenti. Ovvero, tutti possono leggere, utilizzare risorse, apprendere conoscenze al solo costo del canone telefonico. Ricollegando il tema del dono in rete a quello dell’intenzione di pubblicare l’opera di Makarenko, Il Poema pedagogico, al fine di renderlo maggiormente fruibile e creare un terreno di studio-ricerca rivolto ad un lettore “generalizzato”, sembra opportuno riprendere questa affermazione: La rete si presenta come terreno di ricerca e allo stesso tempo come oggetto di indagine, in quanto costituisce lo spazio, seppur virtuale, in cui si attivano e si consolidano le relazioni di scambio. Non si tratta però di un semplice spazio di azione, ma anche di un mezzo, tecnologicamente avanzato, che consente di mettere in atto modalità relazionali prima impossibili o comunque realizzabili in modo assai più ridotto e rallentato. Il web ha aperto spazi nuovi e ha allargato a dismisura quelli già esistenti, velocizzando e potenziando le comunicazioni, grazie alla trasmissione di file contenenti informazioni di ogni tipo. Date le peculiarità che il web assume nella società contemporanea, fatta di scambi e relazioni tramite lo schermo di un computer, Il Poema pedagogico potrebbe essere un dono nuovo ancora mai donato sul web. La pretesa non è quella di ricevere un contraccambio materiale, forse solamente la condivisione e la fiducia nelle potenzialità del ricevente. 1.4. L’educazione di massa e le industrie culturali Attualmente la rete globale ha investito la vita dell’uomo nel modo più totale e globalizzante, tanto che oggi si può parlare di educazione strumentalizzata nelle democrazie di mercato. Le persone, gli individui, i gruppi sono sottoposti quotidianamente ad un processo di strumentalizzazione estrema, a essere strumentalizzata verso è la stessa possibilità di pensare, che fa emergere quanto non vi sia, ma è indispensabile, una politica dell’educazione. L’educazione di massa e le industrie culturali 121 Le esperienze genuinamente pedagogiche, la formazione, la scuola, la didattica e le normali declinazioni dell’educazione sempre di più vengono comunicate in termini numerici e quantitativi, per mezzo di cifre economiche, che impigliano valori e istituzioni, e che portano al consumo di massa e l’industria culturale. Nel libro L’educazione impensabile , di Paolo Perticari, docente di Pedagogia generale e Filosofia della formazione all’Università di Bergamo, l’attenzione è focalizzata sulla questione delle industrie culturali, che liquidando l’individuo, l’individuazione e con essa il processo di formazione della persona. Il consumo culturale è metodicamente massificato: «ogni giorno, milioni di persone si connettono simultaneamente agli stessi programmi televisivi, radio e giochi elettronici» , ciò ha conseguenze sul desiderio e sulle coscienze dei soggetti, in cui «le minacce contro le capacità intellettuali, d’apprendimento, affettive ed estetiche dell’intera umanità sfumano, davanti all’illusione del trionfo dell’individuo». Tutto sembra seguire una pianificazione, un modello elaborato per l’uomo dalle industrie culturali e dalle attività produttive: turismo, tv, multimedia, hi-fi, high-tech, happy hours, moda, comunicazione, spettacolo, sport e così via; il tempo libero sembra essere l’oggetto privilegiato del capitalismo. Queste attività non hanno la funzione di liberare il tempo individuale, ma al contrario di controllarlo per massificarlo al massimo attraverso gli strumenti di una nuova servitù volontaria, che dà vita a società di controllo. Il capitalismo culturale e dei servizi che fabbrica modelli di vita, trasformando il quotidiano per condizionarlo ai suoi interessi immediati, standardizzando le esistenze mediante i concetti del marketing. Il nostro futuro è caratterizzato da un divenire gregario dei comportamenti e da una perdita di individuazione generalizzata. Ciò richiama, quella che nel XIX e nel XX secolo era la sorte dell’operaio assoggettato al servizio della macchina utensile, ridotto alla condizione di proletario dalla perdita della sua capacità e competenza, e quindi della sua stessa individualità. Oggi è il consumatore con i suoi oggetti tecnologici industriali a subire la standardizzazione dei comportamenti, attraverso la formattazione e la fabbricazione artificiale dei suoi desideri, per cui viene privato del suo saper vivere. Le possibilità dell’esistenza vengono così soppiantate da mode, marche e loghi. Il consumo coincide con la vita quotidiana, in una società che propone continuamente valori, linguaggi, stili e modalità di esistenza via via 122 L’educazione di massa e le industrie culturali sempre più globalizzanti; e per mezzo di essi si esercita un controllo sociale e una relazionale che veicola e produce soggettività, aventi «la funzione di plasmare i comportamenti di consumo e massificare il modello di vita, con l’obiettivo di assicurare lo smaltimento di sempre nuovi prodotti generati dall’attività economica». Questa privazione dell’individuazione, e quindi della stessa esistenza, presenta una pericolosità estrema perché incide contemporaneamente sulla struttura intima del desiderio e sulla struttura del legame sociale. L’uomo privato della sua individualità diventa una mandria insieme agli altri uomini, esseri afflitti, con la mancanza di un futuro e con una crescente psicologia di massa. Il controllo intimo dell’uomo genera un comportamento di massa che si estende a tutte le attività umane: tutto deve diventare consumabile, anche l’istruzione, la cultura e la salute, non solo la marca del detersivo o dei cereali da acquistare. La sola obiezione alla messa in rete dell’opera di Makarenko è quessta: non incrementare il consumo che massifica gli uomini, e che fa diventare opere di estrema importanza dei semplici best seller, ovvero libri di grande successo commerciale nel breve periodo, che attraverso i mezzi di comunicazione di massa e la pubblicità diretta e indiretta permettono la diffusione rapida dell’opera. Il Poema pedagogico non rientra sicuramente tra questi, ma forse questo non è un male, piuttosto conferma l’idea che leggere debba essere un atto completamente volontario, senza condizionamenti esterni, fonte di cultura e arricchimento personale e non necessariamente fonte di guadagno per qualcuno. 1.5. Il lessico della rete Chat: letteralmente significa “chiacchierata” ed è utilizzato per riferirsi a tutti i servizi che permettono un dialogo in tempo reale anche tra perfetti sconosciuti, generalmente dotati di un nickname, ovvero una pseudonimo. «Il "luogo" (lo spazio virtuale) in cui la chat si svolge è chiamato solitamente chatroom (letteralmente "stanza delle chiacchierate"), detto anche channel (in italiano canale), spesso abbreviato chan» . Comunity: si tratta di una comunità virtuale, ovvero un insieme di persone che condividono degli interessi e che corrispondono tra loro attraverso una rete telematica, costituendo una rete sociale con caratteristiche peculiari. La relazione avviene tra perfetti sconosciuti, che non hanno vincoli spaziali, chiunque può partecipare alla discussione avendo accesso alla rete. L’educazione di massa e le industrie culturali 123 Copyright: termine di lingua inglese che letteralmente significa diritto di copia, indica l'insieme delle normative sul diritto d'autore in vigore nel mondo anglosassone e statunitense. In Italia indica le norme sul diritto d'autore vigenti in Italia, in cui il copyright differisce sotto vari aspetti. «È solitamente abbreviato con il simbolo ©. Quando tale simbolo non è utilizzabile si riproduce con la lettera "c" posta tra parentesi: (c) o (C)» . File sharing: è la condivisione di file all'interno di una rete comune; questi programmi sono utilizzati direttamente o indirettamente per trasferire file da un computer ad un altro su Internet, o su reti aziendali Intranet. Il file sharing anonimo è cresciuto in popolarità e si è diffuso rapidamente grazie alle connessioni di Internet sempre più veloci e al formato, relativamente piccolo ma di alta qualità, dei file audio MP3. «La condivisione di materiali coperti da copyright è ritenuta in genere illegale ma ha acceso diverse discussioni anche a causa delle diverse legislazioni in vigore nei vari paesi». Forum: termine utilizzato per indicare una struttura informatica nella quale degli utenti discutono su vari argomenti, definiti topic. Un senso di comunità virtuale si sviluppa spesso intorno ai forum che hanno utenti abituali ed interessi comuni. La tecnologia, la scienza, i videogiochi, la politica, l'attualità, l'informatica e lo sport sono temi popolari, ma ci sono forum per un enorme numero di argomenti differenti. I forum vengono utilizzati anche come strumenti di supporto on line per vari prodotti e all'interno di aziende per mettere in comunicazione i dipendenti e permettere loro di reperire informazioni. In alcuni forum è indispensabile la registrazione dell’utente prima di poter inviare messaggi ed in alcuni casi anche per poterli leggere. È uno strumento di comunicazione asincrono, ovvero i messaggi vengono scritti e letti in momenti diversi. Network: è una rete sociale, composta da persone connesse tra loro da diversi legami sociali: conoscenza casuale, rapporti di lavoro, vincoli familiari. «Le reti sociali sono spesso usate come base di studi interculturali in sociologia e in antropologia. Si rende possibile anche l'analisi delle reti sociali, ovvero la mappatura e la misurazione delle reti sociali» . Open source: termine inglese che indica una sorgente aperta, ovvero un software i cui autori ne permettono il libero studio e l'apporto di modifiche da parte di altri programmatori indipendenti, cioè è reso possibile tramite applicazioni di licenze d’uso. «L'open source ha tratto grande 124 L’educazione di massa e le industrie culturali beneficio da Internet, perché esso permette a programmatori geograficamente distanti di coordinarsi e lavorare allo stesso progetto». L’open source si ispira il movimento open content (contenuti aperti): in questo caso ad essere liberamente disponibile non è il codice sorgente di un software ma contenuti editoriali quali testi, immagini, video e musica. Wikipedia è un chiaro esempio dei frutti di questo movimento. Attualmente l'open source tende ad assumere rilievo filosofico, consistendo di una nuova concezione della vita, aperta e refrattaria ad ogni oscurantismo, che l'open source si propone di superare mediante la condivisione della conoscenza. Peer to peer: una rete di un piccolo gruppo di persone, non più di 10, in una modalità normalmente conosciuta con il termine gruppo di lavoro, in dominio condiviso. È una rete informatica che non possiede nodi gerarchizzati, come clienti e serventi, ma un numero di nodi equivalenti, in cui qualsiasi nodo è in grado di avviare o completare una transazione. L'esempio classico è la condivisione di file. Wikipedia: è una enciclopedia libera e multilingue. Il Italia ha preso avvio alla fine del 200. Il termine wiki indica il software collaborativo utilizzato per creare il sito web, che permette di apportare modifiche al testo, condividere e scambiare conoscenze. È gestita da una fondazione senza fini di lucro, con contenuto aperto e con vari progetti come: wikidizionario (dizionario e lessico); wikibooks (manuali e libri di testo scritti ex-novo; il wikisource, (documenti digitalizzati di pubblico dominio già pubblicati); wikiquote (raccolta di citazioni); wikispecies (catalogo delle specie); wikinotizie ( fonte di notizie a contenuto aperto); commons (risorse multimediali condivise); wikiversità (risorse e attività didattiche); meta-wiki (progetto di coordinamento per le altre wiki. Documentazione 5 A) Il dono al tempo di internet 128 Documentazione 5 B) E io giudice vi spiego perché lo combatto Documentazione 5 C) L’Educazione impensabile 129 Google books: contratto con gli editori Doriana Maggi 1.1. Il libro on line Le vie telematiche espandono sempre di più il loro dominio. Sono molteplici le cose che ad oggi si possono fare tramite un pc, attraverso internet, senza dover uscire di casa. Un’iniziativa nata e sviluppata nel secolo attuale è quella della digitalizzazione dei libri fuori commercio, iniziativa attuata dal motore di ricerca più utilizzato oggi: Google. I libri fuori commercio, sono quei libri che l’autore ha deciso di ritirare dal commercio, o, se esauriti, da non ristampare. Quest’ultimo ha attuato, prima Google Books, che dava la possibilità di consultare il 20 % circa dei libri che venivano digitalizzati e, quindi, letti tramite internet. Poi ha dato il via al passo successivo, ossia la Google Editions che permetterà di scaricare un libro, in corso di stampa o fuori commercio nell’edizione cartacea, direttamente sul computer, sul telefono, sul Sony Bookreader o su un altro supporto teconologico. Google Books sta catalogando tutti i libri del mondo, vecchi e nuovi. Alcuni possono essere letti interamente da Internet, altri, invece, solo sfogliati come se si stesse in una libreria. Google Books è disponibile, ormai, anche in lingua italiana. Esso ha messo in atto tutte le precauzioni affinchè possa garantire che la conversione digitale riproduca la totalità del contenuto informativo dell’opera e, soprattutto, ne garantisca il mantenimento nel tempo. Si possono scaricare interamente i libri sul pc? La risposta è positiva. Si possono scaricare completamente per i testi su cui il diritto d’autore è scaduto o non c’è e si possono scaricare in formato pdf oppure in formato “solo testo”. La Divina Commedia, di Dante Alighieri, ad esempio, è uno dei libri già scaricabili in quanto il download è libero. E ancora «per i possessori di E-Book, libri elettronici, si possono anche scaricare libri in formato EPUB, gratuitamente» . Per quanto riguarda, invece, i libri coperti da diritto d’autore, non posso assolutamente essere scaricati, questo lo assicura Google, ma c’è la possibilità di leggerne solo 30-40 pagine. A cosa serve Google libri? 132 Google books: contratto con gli editori Il lavoro di catalogare tutti i libri nel mondo, è incredibile. Su Google Book è a disposizione una vasta gamma di opere, vecchie e nuove, molte consultabili interamente, ma per poterli leggere è necessario comprarli. Infatti, per molti testi, soprattutto nuovi, come Harry Potter o Gomorra, non è possibile vedere neanche l’anteprima, come invece è possibile per Pinocchio di Collodi, ma è visibile solo la presentazione del libro e la copertina. Google Cerca Libri funziona come Google normale e, andando sulle impostazini avanzate, si può affnare la ricerca cercando, ad esempio, solo i libri italiani. Il trucco migliore per il download di un libro in anteprima è quello di usare Firefox, installare GreaseMonkey […], installare lo UserScript di Google Book Downloader e, infine, scaricare in installare il plugin per Firefox, FlashGot. Una volta installato il tutto, lo script GreaseMonkey farà apparire un link in alto a destra della pagina web di un libro, con scritto “Download This Book”, lo si preme e si vedranno e varie pagine come fossero link. Aprendo i link delle singole pagine del libro, esse si vedranno come dei Jpeg che potranno essere salvati, uno ad uno, sul pc. Se il libro avesse un’anteprima di tante pagine, conviene usare il plugin FlashGot, selezionare tutte le pagine da scaricare con il mouse, premere il tasto destro e scegliere “Scarica la selezione con FlashGot” (tra le opzioni di FlashGot, scegliere “incorporato nel browser”). Aprendo la cartella, si troveranno dei file che nessun programma riesce ad aprire di default, io consiglio il programma InfarView e usarlo per aprire queste immagini che saranno rinominate con l’aggiunta della estensione JPG e saranno pienamente leggibili. Un altro modo per scaricare i libri da Google Books, era usare il programma GoogleBook Downloader che non esiste più. Un programma che funziona ma è un po’ limitato nella sua versione gratuita è GooReader. Si tratta di uno strumento per la ricerca di libri, molto utile se si sceglie di trovare solo i libri che si possono scaricare e leggere gratis. Per Mac c’è il software Google Book Downloader che estrae automaticamente le pagine leggibili gratis di un libro (possono esseretutte o solo alcune) e le converte in un file pdf. Per i libri senza nessuna anteprima, non c’è nulla da fare, se non comprarli sul negozio online, il cui prezzo è molto inferiore rispetto a quello esposto dalle librerie italiane. Google books: contratto con gli editori 133 1.2. Google Books: il contratto con gli editori Secondo l’accordo che Google ha stretto con autori ed editori americani, il colosso di Mountain View può digitalizzare tutti i libri fuori commercio, usciti sul mercato statunitense. Per favorire l’accordo Google ha favorito 125 milioni di dollari. Da ormai cinque anni Google, il motore di ricerca più famoso ed utilizzato, sta inserendo on line le copie di molti libri delle biblioteche. Sette milioni di copie digitali sono attualmente accessibili su internet tramite Book search; attraverso questo strumento, svariati romanzi, saggi ed enciclopedie sono visibili e consultabili coodamente da casa. Alcuni di essi sono protetti da diritto d’autore, altri invece no. Le associazioni degli editori Usa hanno intrapreso immediatamente una causa in tribunale, accusando Google di voler creare, con il suo progetto Google Books, un mercato del libro on line monopolista e dannoso nei confronti delle aziende operanti nel settore oltre che dei lettori stessi. La causa ha dato il via ad un lungo processo che sembra essersi concluso a novembre con un accordo extragiudiziale tra le parti. Google potrà beneficiare dei guadagni derivanti dalla lettura, dalla vendita, dalle licenze, dalla pubblicità e da altri tipi di sfruttamento. “Big G” pagherà 125 milioni di dollari: 30 agli avvocati, 35 per le operazioni iniziali di un “registro” dei diritti dei libri ed un minimo di 45 milioni per i pagamenti in contanti agli aventi diritto dei volumi e dei contenuti. Si parla di 60 dollari per ogni titolo già on line. La lotta di Google di portare la cultura in rete non si ferma e, anzi, si espande. La biblioteca nazionale di Francia, una delle maggiori biblioteche d’Europa e del mondo, potrebbe affidare a Google la digitalizzazione delle sue opere, circa 14 milioni di libri. 1.3. Pareri pro e contro l’iniziativa Riguardo l’obiettivo di Google di rendere visibile su internet tutte le opere fuori commercio esistenti nel mondo, numerosi enti si sono dichiarati contro, in netta minoranza, invece, sono quelli a favore. Il motore di ricerca dovrà chiarire all’U.E., i termini dell’accordo effettuato lo scorso anno con il sindacato Authors’ Guild e l’Association of America Publishers. Tra i primi contestatori di questo nuovo sistema ci sono grandi nomi del mercato Internet come Amazon, Microsoft e Yahoo, che allertano le autorità sul rischio di abuso di posizione dominante, anche se: 134 Google books: contratto con gli editori … è arrivata: la versione beta di Live Search Books della Microsoft. Seguendo le orme di Google, già autore da oltre un anno di Google Books Search, la Microsoft ha lanciato il suo personale progetto di digitalizzazione dei libri. Questa prima versione di prova include solo i libri non coprti da copyright e che sono stati offerti per la digitalizzazione della British Library, dell’Università della California e dell’Università di Toronto. Ma la Microsoft annuncia si tratta solo dell’inizio, perché nei primi mesi del 2007 saranno aggiunti i libri messi a dispodizione della New York Public Library, della Cornell University e dell’American Museum of Veterinay Medicine, che comprendono anche libri sotto diritti d’autore, che saranno acquistati dagli editori con un accordo ad hoc. Ancora, la Federal Trade Commission invita Google a sviluppare una nuova politica di privacy sui propri libri elettronici e a focalizzare l’attenzione sulla «limitazione di usi secondari dei dati personali raccolti tramite Google Books, compresi gli usi che possano essere contrari alle ragionevolipettative dei consumatori». E, ancora, scrive David Vladeck, direttore del Bureau of Consumer Protection della FTC: siamo convinti che sia importante che Google sviluppi una nuova politica di privacy, in particolar modo per Google Books, che si applichi ai prodotti attuali, che sottolinei anche l’impegno per un’applicazione su futuri servizi, ma che mantenga l’impegno profuso nell’attuare politica di privacy. In un altro comunicato il capo della Ftc, Jon Leibowitz, ha assicurato che insisterà affinché la privacy del cliente venga rispettata e afferma «l’iniziativa Google Books può apportare notevoli benefici ai consumatori, ma rappresenta anche una sfida per la difesa della privacy, per via della grande quantità di dati che potrebbe essere raccolta». Tra i maggiori oppositori della digitalizzazione dei libri fuori commercio, c’è il Ministro tedesco alla Giustizia Brigitte Zypries. Anche molti editori italiani non sono d’accordo con il progetto di Google Books e hanno inviato formalmente delle osservazioni alla corte di New York, che ha il compito di decidere sulla class action in merito ai diritti d’autore. L’Aie ha effettuato delle ricerche e fatto un sondaggio sul database di Google per valutare se i libri considerati fuori commercio siano realmen- Google books: contratto con gli editori 135 te tali e ne ha rilevato che, almeno l’80% sia il margine di errore del database. Google, secondo gli accordi presi con autori ed editori americani, può digitalizzare tutte le opere fuori commercio. Nelle varie opere di Camilleri, Calvino, Bassani, Eco, Fallaci e Pavese, almeno l’81% dei casi analizzati dall’Aie, risulta essere un’edizione fuori commercio che Google può mettere su internet, almeno che l’autore corregga l’errore. C’è quindi la possibilità che otto opere su dieci vengano digitalizzate. L’errore aumenta per i classici del nostro ‘900 rispetto ai best seller di oggi, protetti da contratti migliori. Tra i 7 milioni di libri che Google ha già digitalizzato, poi, le opere fondamentali del 900 italiano sono già quasi tutte presenti (il 91 %). Ma in questo caso, protestano gli editori, la determinazione di un’opera come F.C., non riguarda la digitalizzazione, già avvenuta, ma gli usi commerciali che Google è autorizzato a farne. Una volta digitalizzato, infatti, un libro non è messo in rete a disposizione del pubblico (come molti credono) ma venduto online da Google o inserito in banche dati vendute in abbonamento alle biblioteche. Tuttavia, c’è chi è a favore all’iniziativa dei libri on line. Associazioni per i diritti civili, operazioni che operano nel campo della disabilità, ad esempio, condividono quest’opera; ma tra i più favoreli al riguardo, compaiono molti gruppi legati alla didattica che riflettono sul fatto che, così facendo, la possibilità di accesso all’informazione si espande ed è resa possibile, non solo ai benestanti, ma anche ai più svantaggiati economicamente. Affiorano diversi punti di vista, tra cui quello di Lateef Mtima, docente di legge e direttore dell’Institute of Intellectual Property e Sociale Justice della Howard University School of Law, che apprezza decisamente il progetto di Google in quanto riflette sul fatto che studenti che non hanno accesso alle bibloteche possono consultare i libri sul web. Anche Wade Henderson, presidente della Leadership Conference sui Diritti Civili, che afferma che l’opera di Google è un modo per far sì che tutti abbiano accesso alle librerie di tutto il mondo. Google continua ad espandere il progetto in Belgio, a Gand, dove ha già scansionato 300.000 libri. Tutti i mesi i camion portano via dalle biblioteche i libri che tornano alcune settimane più tardi, dopo che sono stati scansionati in un luogo tenuto segreto a costi che Google si rifiuta di svelare. 136 Google books: contratto con gli editori 1.4. Conclusione Molti libri, manuali tecnici, riviste o documenti rari sono tuttora di grande interesse per la consultazione, la ricerca, la ocumentazione storica. La digitalizzazione permette di preservare l’originale producendone una copia comoda da consultare, facile da riprodurre e utilizzabile per ottenere ristampe cartacee di ottima qualità. L’articolo intitolato Così si potranno scaricare i libri fuori commercio, di cui non è specificato né l’autore e né il quotidiano, sottolinea, prima di tutto, il continuo evolversi e migliorarsi della teconologia, e poi la grande iniziativa intrapresa e sviluppata, con tanta caparbietà, dal motore di ricerca più utilizzato in tutto il mondo. La capacità di individuare un modo con cui chiunque possa accedere alla lettura e allo studio dei libri, anche comodamente da casa, non è cosa da poco e, come spiega l’articolo di giornale analizzato, Google sta portando avanti questa possibilità con ogni mezzo disponibile. Molti testi di diversi autori sono già stati digitalizzati e, molti altri, in procinto di essere messi in rete. Molti testi hanno vita breve nelle librerie e capita che, nel giro di pochissimo, molte copie spariscono e finiscono nel dimenticatoio. Succede però, che molti appassionati della lettura, soprattutto di testi di saggistica spasimanti di una specifica materia, vadano alla ricerca proprio di quelle opere esaurite rapidamente; purtroppo il numero non è così alto da permettere una ristampa e così, tramite la digitalizzazione, molte organizzazioni provvedono ora anche alla ristampa di una singola copia. La digitalizzazione di un libro potrebbe essere uno strumento di ampliamento dell’accesso e di ricerca ad alto valore aggiunto. Ancora, la conservazione e la messe in rete di un’opera antica e andata perduta, sembrerebbe un modo di salvaguardare e rispettare un capolavoro pregiato che è stato messo da parte e si dà la possibilità di farla conoscere e apprezzare da moltissimi. Google ha affrontato e continua ad affrontare e combattere le accuse di molti. Accuse che affermano che il progetto di Google è solo un’opera di pirateria. Le ultime notizie parlano di denunce che vedono il motore di ricerca costretto, per tre mesi, a bloccare e a non digitalizzare nessuna opera che, lamentano, va a danneggiare gli editori. Sembra però, che Google farà appello, precisando che, comunque, la sentenza non è un divieto generale e che riguarda solo le opere ancora protette da diritto d’autore. L’accordo tra Google-Italia e la questione del classico Giuseppe Mantico 1.1. Breve introduzione: obiettivi e ricerca È possibile considerare il Poema pedagogico come un classico della letteratura? È paragonabile a quelle grandi opere quali: La Divina Commedia, I Promessi Sposi, Guerra e Pace ecc… ? Se la risposta fosse positiva, in una società multimediale come quella attuale, è possibile far diventare il maggior testo makarenkiano come opera globale, ossia entrare a far parte ed essere condivisa nella rete di internet. Se cosi fosse, sarebbe accessibile a tutti: a partire dall’età adolescenziale fino ad arrivare all’età più adulta; dal ragazzo curioso che frequenta le scuole medie fino al ricercatore o professore universitario ecc… Ma quali sarebbero le conseguenze di questo “accesso facilitato” all’opera: sempre positive o c’è il rischio di rendere il testo troppo “commerciale” svalutando il contenuto? Ed infine, tale procedimento multimediale, è da considerarsi attinente alle tematiche makarenkiane? Queste sono alcune domande (e obiettivi) che sono sorti durante il corso “Laboratorio Makarenko”, tenuto dal prof. Nicola Siciliani de Cumis. Tale percorso laboratoriale va a completare l’intero corso di Pedagogia Generale tenuto nell’ A.A. 2009/2010 per gli studenti del corso di laurea magistrale in Pedagogia e Scienze dell’Educazione e della Formazione presso la Facoltà di Filosofia dell’Università di Roma “La Sapienza”. Il clima collaborativo del corso è sempre risultato attivo: ogni partecipante ha proposto un suo pensiero, un suo argomento, una sua idea per la realizzazione degli obiettivi prefissati all’inizio del corso. Particolarmente utili sono risultati i materiali di approfondimento (soprattutto articoli di quotidiani) che il prof. Siciliani de Cumis ci ha distribuito durante le varie lezioni: ciò è stato indispensabile per capire le varie metodologie d’inserimento di un testo su internet, per capire il contesto in cui si agiva, per stimolarci a scegliere un determinato argomento da approfondire, che sarebbe stato utile per il nostro lavoro “collettivo”. Ecco! Proprio il collettivo, tanto caro a Makarenko, è stato il punto di forza di questo laboratorio in quanto ogni partecipante, dopo aver lavorato individualmente su di un determinato argomento, ha condiviso il tutto con gli altri partecipanti, in una sorta di relazione orale che è sempre risulta- 138 L’accordo Google-Italia e la questione del classico ta utile per proseguire il lavoro in maniera più lineare e approfondita, contribuendo, magari involontariamente, anche ad una maggior perfezione delle relazioni individuali e delle ricerche che dovevamo presentare. Oltre a capire come (e se è possibile) inserire il testo di Makarenko on line, studiando procedure e leggi a riguardo, ci è stato chiesto un ulteriore lavoro collettivo: correggere, all’incirca, trenta pagine dell’ultima edizione del Poema pedagogico curata dal prof. Siciliani de Cumis, al fine di inserire, in prospettiva futura, l’opera nella maniera più corretta possibile, magari per evitare confusione nel lettore. La pianificazione del lavoro è iniziata proprio con la divisione dei capitoli da correggere (per quanto mi riguarda, ho corretto i capitoli che vanno dal 28 al 30 della prima parte del testo). Successivamente, stimolati, come già accennato, dagli articoli che il professore ci distribuiva, ognuno dei partecipanti ha scelto un articolo, ed il rispettivo argomento, specifico su cui lavorare e approfondire, per l’inserimento e la “ristrutturazione” del sito internet che dovrebbe “accogliere” il testo (es. c’è chi si è occupato della musica da inserire come sfondo, chi delle immagini ecc…). Per quanto mi riguarda, ho deciso di approfondire il concetto di “pubblico dominio”: come è nato, cosa riguarda, quali condizioni sono necessarie per considerare un opera “collettiva” ed accessibile a tutti, le eventuali normative da considerare, le strutture e gli enti che si occupano di pubblico dominio digitale ecc… Questi sono alcuni punti focali che ho sviluppato e ricercato: il tutto è partito da un articolo che il professore ha distribuito tra i partecipanti del corso; successivamente ho analizzato, confrontando le nozioni acquisite sul pubblico dominio, la “questione italiana” sull’accordo fatto tra Google ed il Ministero per i Beni e le Attività culturali, che prevede la digitalizzazione delle opere delle biblioteche nazionali di Roma e Firenze: scelta giusta o azzardata? Si tenta davvero di condividere il sapere? Questo e altro si tenta di descrivere in questa relazione. 1.2. Il pubblico dominio: caratteristiche generali La ricerca sul pubblico dominio è sorta dopo aver letto l’articolo del prof. Juan Carlos De Martin, docente di informatica e internet presso il Politecnico di Torino: l’articolo si sofferma, in maniera molto generica, sul concetto di pubblico dominio, sul perché è nato e sulle nuove restrizioni nell’ambito del copyright. Nonostante ci siano libertà abbastanza L’accordo Google-Italia e la questione del classico 139 ampie sulla riproduzione di determinate opere (vedi La Divina Commedia o I Promessi Sposi) che consentono un costruttivo confronto intellettuale e profonde discussioni pubbliche, esistono alcune restrizioni che, se non rispettate, rischiano di farci cadere nell’illegalità. De Martin ne cita due in particolare, ossia non è lecito attribuire opere di cui non si ha la paternità e non è consentito citare brani al di fuori del contesto specifico dello stesso, in quanto c’è il rischio di alterare il pensiero dell’autore. Detto ciò, possiamo già capire che per pubblico dominio s’intende quella condizione data ai testi una volta decaduti i diritti d’autore, rendendo l’opera “collettiva”, accessibile a tutti (gratuitamente o a basso costo), dando la possibilità a studiosi e non, di commentare criticamente un testo, di realizzare edizioni per non-vedenti o edizioni a fumetti per i più piccoli, promuovendo, a tutto tondo, la cultura della lettura all’interno della società, sviluppando sempre più la libertà del pensiero critico, il diritto di cronaca, la libertà d’insegnamento ed un corretto funzionamento delle biblioteche, una risorsa sempre meno utilizzata dagli studenti. Ma, dopo la nascita del copyright moderno, voluta soprattutto dalle case editrici, per tutelare le proprie entrate economiche, sono aumentate le restrizioni che condannano sempre più il pubblico dominio (e le sue conseguenze): una di queste è l’estensione della cosiddetta “eccezione temporanea”, la quale, prevede che un testo decada dai suoi diritti d’autore solo settant’anni dopo la morte dell’autore. Secondo il prof. De Martin, questa estensione condanna ‹‹[…] l’esercizio di libertà […] per assicurare una democrazia piena, una società culturalmente vivace […]››. A questa sorta di “protezionismo”, come cita De Martin, bisogna opporsi, mettendo in evidenza sia il ruolo che l’importanza del pubblico dominio: proprio per questo motivo, nel 2009, è stata realizzata la prima celebrazione della “Giornata del Pubblico Dominio” (Public Domain Day), organizzata da Communia , ossia una rete telematica europea sul pubblico dominio digitale. Oltre a questa interessante iniziativa, la Open Knowledge Foundation di Londra ha realizzato dei “calcolatori del pubblico dominio” nazione per nazione, stilando una sorta di lista internazionale per definire quali autori e quali opere rientrano nel dominio pubblico. Incuriosito da questo primo articolo, ho deciso di approfondire il concetto di pubblico dominio e, navigando in internet, sono riuscito a trovare il manifesto che regolamenta questo concetto. Brevemente tenterò di esporre i punti principali di questo documento che potrebbe essere 140 L’accordo Google-Italia e la questione del classico utili per capire se l’opera magna di Makarenko, Poema pedagogico, è da considerarsi di pubblico dominio. Il libro, in quanto libro, appartiene all'autore, ma in quanto pensiero appartiene - senza voler esagerare - al genere umano. Tutti gli intelletti ne hanno diritto. Se uno dei due diritti, quello dello scrittore e quello dello spirito umano, dovesse essere sacrificato, sarebbe certo quello dello scrittore, dal momento che la nostra unica preoccupazione è l'interesse pubblico e tutti, lo dichiaro, vengono prima di noi . Con questa citazione si apre il Manifesto del Pubblico Dominio, che subito mette in evidenza come sia importante la condivisione del sapere umano, azzarderei il “sapere collettivo” come diritto sociale. Innanzitutto è fondamentale premettere che il manifesto è stato prodotto nell’ambito del progetto Communia. Questo è costituito da 5 parti: la prima, il preambolo, dove si da una prima definizione di pubblico dominio: Il pubblico dominio, nella sua accezione più ampia, è la preziosa risorsa di informazioni che è libera da quelle barriere all'accesso o al riuso generalmente associate alla tutela del copyright, sia in quanto libera da ogni tutela sul diritto d'autore oppure perché i detentori dei diritti hanno volontariamente deciso di rimuovere tali barriere. Il pubblico dominio è il fondamento del nostro riconoscimento come espressione del bagaglio comune di conoscenze e cultura. È la materia grezza dalla quale viene ricavata la nuova conoscenza e si creano nuove opere culturali. Il pubblico dominio funge da meccanismo protettivo onde assicura che questo materiale grezzo sia disponibile al costo di riproduzione - vicino allo zero - e che tutti i membri della società possano costruirvi sopra. Subito si nota come tale concezione sia più ampia rispetto all’articolo del prof. De Martin, infatti qui vengono messi in evidenza due livelli: il primo riguarda la parte più burocratica, dove vengono descritti i motivi della decadenza del diritto d’autore; il secondo più filosofico-sociale, se così possiamo intenderlo, che abbraccia tutta la società e ci fa capire che il dominio pubblico è riconoscibile come “bagaglio comune di conoscenze e cultura”, che si riflette sulle future conoscenze, le quali vengono protette. Ciò ci fa capire che mantenere tale diritto diventa essenziale per il benessere sociale ed economico della nostra società. Il pubblico dominio riveste un ruolo fondamentale nel campo dell'istruzione, delle scienze, del patrimonio culturale. L’accordo Google-Italia e la questione del classico 141 Tutto ciò vale ancor di più nella nostra società, dove ormai il sapere è sempre più digitalizzato, infatti la questione del pubblico dominio è sempre al centro del dibattito sul copyright. La seconda parte del manifesto introduce alla concezione del pubblico dominio nel XXI secolo: il pubblico dominio auspicato è definito come quel materiale culturale che può essere usato senza restrizioni, esente dalla tutela del copyright. Oltre alle opere “classiche” che fanno parte del pubblico dominio, il manifesto elenca anche alcune opere, definite “volontarie” che vengono condivise dagli autori a condizioni generose creando così un bene comune di origine privata che opera per molti versi come fosse un pubblico dominio. Si possono inoltre utilizzare molte opere protette grazie a eccezioni e limitazioni del copyright, quali il fair use (uso consentito) e il fair dealing (corretto trattamento). Tutte queste fonti, che permettono un migliore accesso alla cultura e al patrimonio collettivo, sono importanti e devono essere attivamente sostenute affinchè la società possa godere il massimo beneficio dalla condivisione della conoscenza e della cultura. La terza parte del manifesto la definirei strutturale, in quanto vengono descritte le nozioni principali del pubblico dominio. In particolare, il pubblico dominio strutturale si compone di quattro ambiti diversi di materiali: Opere d'autore per le quali sono scaduti i termini della tutela del copyright (diritto temporaneo garantito); Il bene comune ed essenziale dell'informazioni che non è coperto da copyright (cioè tutte quelle opere che non sono tutelate dal diritto d'autore, perchè non hanno passato il test sull'originalità o perché escluse da tale tutela); Opere volontariamente condivise dai titolari dei diritti; Le prerogative degli utenti create da eccezioni e limitazioni al copyright, dal fair use e fair dealing. Nella quarta parte del manifesto vengono elencati i principi generali che sostengono il pubblico dominio I seguenti principi sono essenziali per preservare una significativa comprensione del pubblico dominio e per assicurare che quest’ultimo continui a funzionare nel contesto tecnologico di una società dell'informazione in rete. Per quanto riguarda il pubblico dominio strutturale, questi principi sono i seguenti: 1. Il pubblico dominio è la regola, il copyright è l'eccezione; 2. La tutela del copyright deve durare solo il tempo necessario ad assicurare un ragionevole compromesso tra la protezione e la ricompensa 142 L’accordo Google-Italia e la questione del classico all'autore per il proprio lavoro intellettuale, e la salvaguardia dell'interesse pubblico alla diffusione della cultura e della conoscenza; 3. Ciò che è nel pubblico dominio deve rimanere nel pubblico dominio; 4. Il legittimo utente di una copia digitale di un'opera nel pubblico dominio deve essere libero di (ri-)usare, copiare e modificare quest'opera; 5. Non vanno applicati contratti o misure tecniche di protezione che restringono l'accesso e il riutilizzo di opere già nel pubblico dominio. Nell’ultima parte del manifesto vengono elencate delle raccomandazioni generali che possano consentire un ulteriore sviluppo del pubblico dominio: 1. Occorre ridurre la durata dei termini di tutela del copyright; 2. Qualsiasi modifica sulla portata della tutela del copyright (ivi comprese qualsiasi nuova definizione della materia tutelabile o l'espansione di diritti esclusivi) deve tener conto degli effetti sul pubblico dominio; 3. Qualora un'opera debba rientrare pubblico dominio strutturale del proprio Paese d'origine, va riconosciuta come parte del pubblico dominio strutturale in tutti gli altri Paesi del mondo; 4. Ogni tentativo falso o ingannevole di appropriarsi di opere in pubblico dominio va punito a norma di legge; 5. Non è consentito ricorrere ad alcun ulteriore diritto di proprietà intellettuale per ricostituire l'esclusività su opere di pubblico dominio; 6. Occorre implementare un modo pratico ed efficace per rendere disponibili le 'opere orfane' e i lavori già pubblicati ma non più in commercio (ad esempio, le opere fuori catalogo) onde poter essere riutilizzate dalla società; 7. Le istituzioni a tutela del patrimonio culturale dovrebbero assumere un ruolo cruciale per l'efficace catalogazione e tutela delle opere di pubblico dominio; 8. Va eliminato ogni ostacolo legale che possa impedire la condivisione volontaria delle proprie opere o la diretta assegnazione a pubblico dominio da parte dell'autore; 9. In generale va reso possibile l'uso personale non commerciale delle opere tutelate dal copyright, e per casi simili vanno esplorate forme alternative di remunerazione per l'autore. Una volta ricercate ed analizzate queste informazione sul copyright e sul dominio pubblico, possiamo capire se il Poema Pedagogico è inseribile come opera di dominio globale, e per questo pubblicabile su internet. L’accordo Google-Italia e la questione del classico 143 Come prima considerazione, meramente formale, bisogna ricordare che l’opera di Makarenko ha perso i diritti d’autore in quanto il pedagogista ucraino, morto il primo marzo del 1939, ha raggiunto “l’eccezione temporanea” dei settant’anni dalla morte, quindi ogni diritto decade. Per rafforzare questa ipotesi, sono andato alla ricerca della lista stilata dalla Open Knowledge Foundation : ebbene c’è anche Makarenko, quindi, se si ha la possibilità di inserire il testo del pedagogista ucraino in un sito internet, è possibile farlo senza andare incontro a questioni legali. Sicuramente è interessante notare come il concetto di pubblico dominio sia anche sinonimo di collettivo: infatti il tema tanto caro a Makarenko si lega totalmente a tutto questo. La possibilità di realizzare un sapere ed un patrimonio collettivo rafforza ancora di più il pensiero makarenkiano: la condivisione, in questo caso, dei testi, permette uno sviluppo culturale e scientifico della società attuale, conservando il patrimonio attuale e realizzando un sapere futuro. Proprio come il collettivo generale di Makarenko, in fondo, si può considerare il pubblico dominio come una struttura unitaria, organica e totalizzante perché in essa si sviluppano tutte le forme di vita del soggetto/società grazie al lavoro di più persone. 1.2. L’accordo Google-Italia e la questione del “classico” La seconda tappa della seguente ricerca è partita dopo aver letto l’articolo scritto da Francesco Borgonovo all’interno del quotidiano “Libero” dove viene descritto, per sommi capi, l’accordo tra il motore di ricerca Google ed il Ministero per i Beni e le Attività Culturali che prevede, entro i prossimi due anni, la digitalizzazione e la messa in rete di ben un milione di opere (non coperte da copyright) delle biblioteche nazionali di Roma e Firenze. Il costo dell’intera operazione, in base all’accordo, è totalmente a carico di Google che organizzerà punti di scanning all’interno delle biblioteche stesse. Ciò permetterà a migliaia di utenti, sparsi nel mondi, di condividere la cultura e scaricare (?) sul proprio pc o sull’ e-book l’opera per intero. Non contento delle poche informazioni a riguardo, e dei troppi elogi da parte della politica di maggioranza e dai creatori di Google, navigando in internet, sono andato alla ricerca di ulteriori informazioni (ed eventuali critiche) leggendo ulteriori articoli, inseriti in altri quotidiani, che riguardavano il medesimo argomento. Come volevasi dimostrare, non mancano aspre disapprovazioni verso questo progetto. Una in particolare mi ha incuriosito è mi ha fatto ri- 144 L’accordo Google-Italia e la questione del classico flettere: si tratta di un blog , nel quale si è affrontato, con toni molto accesi, il patto tra l’Italia e Google. Il dibattito inizia con l’elenco di progetti simili a quello analizzato, proposti all’Italia e per nulla pubblicizzati. I progetti in questione sono: il “Progetto Gutenberg” nato nel 1971, Gallica presente dal 1997, Europeana dal 2008 e l’italianissimo LiberLiber che dal 1993 porta avanti il “Progetto Manunzio”. Ci si domanda perché questi progetti, sorti prima di Google, non siano stati presi del tutto in considerazione nonostante si avvicinino molto all’accordo tra il motore di ricerca e l’Italia. A mio parere, sicuramente il progetto Google “alletta” di più in quanto internet è ormai accessibile a tutti, mentre magari gli altri progetti hanno minor utenza. Questo comporta anche una maggior visibilità per il governo stesso, il quale può pubblicizzare, a livello mondiale, il proprio operato. Il secondo punto del dibattito riguarda l’effettività dell’accordo stipulato; infatti non tutti sanno che Google ha posto delle condizioni d’uso su qualsiasi libro di pubblico dominio presente nei propri archivi. Già ciò deve far riflettere in quanto, solo per il fatto che ci siano delle regole da rispettare per usufruire di un qualsiasi testo, ritenuto collettivo, viene meno al concetto stesso di pubblico dominio. Ecco alcuni punti delle condizioni d’uso imposta da Google che risultano contradditori rispetto al Manifesto del Pubblico Dominio: Non inviare query automatizzate Non inviare a Google query automatizzate di alcun tipo. Se stai effettuando delle ricerche nel campo della traduzione automatica, del riconoscimento ottico dei caratteri (OCR) o in altri campi dove necessiti di utilizzare grandi quantità di testo, ti invitiamo a contattarci. Incoraggiamo l’uso dei materiali di pubblico dominio per questi scopi e potremmo esserti di aiuto. Conserva la filigrana La “filigrana” (watermark) di Google che compare in ciascun file è essenziale per informare gli utenti su questo progetto e aiutarli a trovare materiali aggiuntivi tramite Google Ricerca Libri. Non rimuoverla. Fanne un uso legale Indipendentemente dall’utilizzo che ne farai, ricordati che è tua responsabilità accertati di farne un uso legale. Non dare per scontato che, poiché un libro è di pubblico dominio per gli utenti degli Stati Uniti, sia di pubblico dominio anche per gli utenti di altri paesi. I criteri che stabiliscono se un libro è protetto da copyright variano da Paese a Paese e non possiamo offrire indicazioni se un determinato uso del libro è consentito. Non dare per scontato che poiché un libro compare in Google Ricerca Libri ciò significhi che può essere utiliz- L’accordo Google-Italia e la questione del classico 145 zato in qualsiasi modo e in qualsiasi Paese del mondo. Le sanzioni per le violazioni del copyright possono essere molto severe. Si noti che, con queste condizioni, viene meno il concetto di “pubblico dominio” poiché: 1. Non tutti i testi, ritenuti “collettivi”, si possono salvare e/o stampare se non si dispone del permesso degli amministratori di Google; 2. Il conservare la filigrana di Google su ogni pagina del testo indica una sorta di monopolizzazione dei testi e, in più, diventa una pubblicità gratuita che gli utenti sono “costretti”, implicitamente, a diffondere; 3. Non consente chiare indicazioni sull’effettivo valore di pubblico dominio di un testo, che cambia da nazione a nazione, mettendo a rischio la correttezza degli utenti. In questo modo sembra che venga meno il principio portante del pubblico dominio, ossia che tali opere sono patrimonio dell’umanità, in quanto Google applica contratti e misure tecniche di protezione che restringono l’accesso e il riutilizzo di opere già nel pubblico dominio. Lo stato di pubblico dominio di un’opera deve garantirne il diritto di riuso, modifica e riproduzione. Ciò vale anche per le prerogative dell’utente derivanti da eccezioni e limitazioni, dal fair use e fair dealing, assicurando che queste opzioni non vengano limitate da mezzi tecnologici o contrattuali. Andando avanti nella ricerca, dopo aver consultato vari articoli , sia italiani che stranieri (tutti presenti all’interno dell’appendice I della seguente relazione) mi sono imbattuto nell’articolo del “Corriere della Sera” che riprende tale argomento. Rispetto all’articolo di “Libero” vi sono ulteriori elementi che approfondiscono meglio quest’accordo: Devono essere inseriti solo i volumi di pubblico dominio, ovvero i volumi storici pubblicati fino al 1860; Google fornirà alle due biblioteche le copie digitali di ciascun libro; Tra le opere rare e rilevanti che la Biblioteca Nazionale di Firenze includerà nel progetto ci sono: rare opere scientifiche del XVIII Secolo e dell’Illuminismo; opere letterarie del XIX secolo che hanno creato il clima culturale che ha portato all’unità d’Italia; opere illustrate e litografie di ogni epoca. La Biblioteca Nazionale di Roma includerà nel progetto di digitalizzazione tra le altre: rare prime edizioni di opere del XIX Secolo; opere di Gianbattista, Keplero e Galileo Galilei; erbari e farmacopee del XIX Secolo; Se un libro della biblioteca è di dominio pubblico (non protetto da copyright) viene visualizzato per intero. Se invece è protetto da copy- 146 L’accordo Google-Italia e la questione del classico right, gli utenti potranno vedere solamente alcune informazioni di base (ad esempio, il titolo del libro e il nome dell’autore) e, al massimo, due o tre frammenti di testo del libro, insieme all’indicazione della biblioteca nella quale si trova o della libreria in cui può essere acquistato. La scelta dei “classici” da inserire on line è effettuata dai curatori delle biblioteche di Roma e Firenze. Grazie a queste ulteriori informazioni, vorrei mettere in evidenza soprattutto due punti che considero interessanti: in primis il “dono” che Google renderà alle biblioteche, ossia una copia di ogni opera digitalizzata (file in formato pdf). Questa condizione mi sembra più che giusta, in quanto permette alle biblioteche di conservare le opere in formati digitali al fine di salvaguardare e preservare ancor di più il patrimonio culturale italiano, facendo circolare, tra l’utenza, solo i file multimediali, evitando così la probabile usura di testi che risultano molto antichi. Oltre a ciò, le biblioteche potranno usufruire delle opere in diversi modi, per esempio rendendole disponibili attraverso piattaforme diverse da Google (evitando così una sorta di vincolo contrattuale), come quella dell'Unione Europea, “Europeana”. Il secondo punto riguarda la selezione dei “classici” che i curatori delle rispettive biblioteche effettueranno per la futura scansione: con quali criteri si può definire un’opera letteraria “classica”? Perché selezionare determinate opere da scannerizzare ed escluderne altre? Da questi interrogativi nasce la seconda parte di questa breve ricerca: che cos’è un “classico”? Esistono dei canoni che riescano a definirlo? Ebbene, navigando sul web mi sono imbattuto in una sorta di convenzioni che definiscono un opera letteraria come “classico”: “Il Canone dei classici”. Questa lista di opere risponde a determinati criteri di selezione, determinati nell’arco dei secoli, rispetto alla miriade di opere letterarie realizzate nel corso della storia dell’umanità. In questo “canone” sono distinte determinate categorie, tra queste c’è quella “dei testi letterari”, che non va confusa con opere tecniche, giuridiche o filosofiche. Da questa immensa categoria di “testi letterari” possiamo riscontrare un’ulteriore sottocategoria che divide le opere in base a specifiche proprietà (es. di forma, di sostanza). Per rendere più chiara la questione, il critico letterario Albero Asor Rosa definisce “opera letteraria” quel testo che rispetta queste tre asserzioni: 1. In primo luogo, essa è un testo che si distingue dagli altri per una tradizione consolidata nel tempo, per un lungo, ripetuto e autorevole riconoscimento; L’accordo Google-Italia e la questione del classico 147 2. In secondo luogo, all'idea di Opera è connesso un elemento di progettualità, l'intenzione da parte dell'autore di costruire qualcosa che corrisponda a un disegno definito, un prodotto la cui definizione sottintenda una tecnica e uno scopo; 3. In terzo luogo, per definire un'Opera è necessario riconoscere in essa uno stile, ovvero un'identità sua propria sia linguistica che formale, tale da renderla originale, distinguibile e irripetibile. Sulla base di queste prime informazioni, possiamo già capire come il Poema pedagogico rientri, a tutti gli effetti, come “opera letteraria”: in primis perché l’opera makarenkiana, sia nel suo tempo che oggigiorno, si è contraddistinta come testo “rivoluzionario” grazie alle sue tematiche pedagogiche e soprattutto antipedagogiche riproposte e seguite durante la sua epoca; in secondo luogo esiste quell’elemento di progettualità e continuità che contraddistingue le “opere letterarie”: basta pensare che il romanzo ha come oggetto la formazione, la crescita e l’evoluzione, le quali sono tematiche attualissime, che con l’introduzione di un nuovo metodo educativo (il concetto di “collettivo”) permette la formazione dell’uomo nuovo. Infatti Makarenko riteneva che il primo compito di un buon educatore fosse quello di formare un solido collettivo in modo da poter abbandonare i metodi coercitivi. Sicuramente i temi affrontati da Makarenko sono da ritenersi “continui” in quanto, nonostante sia un’opera scritta negli anni ’30, si possono riscontare anche nella società attuale, per questi motivi il pedagogista ucraino è conosciuto come il «pedagogista della prospettiva» per la sua apertura all’avvenire, al futuro; infine il Poema pedagogico ha sicuramente un proprio stile ben definito, e per questo subito riconoscibile ed irripetibile: la sua originalità sta nel fatto che Makarenko ha impostato il testo come opera pedagogicanarrativa, in cui intende narrare la storia di un popolo, delle loro occupazioni e relazioni, ma anche delle loro speranze, passioni e paure. Nel romanzo è possibile trovare alcune immagini figurate che riprendono le tematiche della crescita, del cambiamento, della metamorfosi, effettuando un viaggio nel tempo e nello spazio, con prove e riprove, tentativi, errori, soluzioni, fondate su un atteggiamento profondamente critico, non passivo e teorico, ma nettamente distinto dai filoni pedagogici dell’educazione classica. Per tale ragione si parla di romanzo di formazione, in quanto la storia narrata comporta il cambiamento dei personaggi, che si sviluppa non solo singolarmente, ma anche collettivamente. Giunti a questo punto, abbiamo visto come si definisce un “opera letteraria”, ma il passaggio da “letteraria” a “classico” come avviene? 148 L’accordo Google-Italia e la questione del classico Di solito, per definire un’opera “classica” si prende in considerazione: una lunga tradizione storica improntata su valori ben riconoscibili; le identità linguistiche nazionali; deve rispettare le strutture ideologiche ed economico-sociali del suo tempo e anche le considerazione dei critici letterari, i quali posso detronizzare o innalzare una determinata opera. A questo riguardo è interessante l’analisi che Nicola Siciliani de Cumis propone sul concetto di “classico”: esiste, in ogni opera “classica”, una forte valenza pedagogica e didattica che deriva dalla formazione dell’autore; questo fa si che chiunque legga un “classico” (o non “classico”) ha la possibilità di acquisire quel valore pedagogico che l’autore ha tentato di proporre, implicitamente, nel testo. Tale concetto risulta fondamentale in quanto, a mio avviso, fa capire come un “classico” può formare, anche implicitamente il lettore. Un testo (“classico” o non che sia) ha una “forza” pedagogica tale che sembrerebbe quasi rischioso categorizzare cosi nettamente un’opera da un’altra. In fondo, la scelta di leggere un testo piuttosto che un altro dipende dalla propria formazione e dal percorso pedagogico che si vuole seguire. Ognuno di noi può definire se una determina opera risulta “classica”. Il saggio continua con una critica ad alcune posizioni, che Siciliani de Cumis definisce estreme, che tentano di “etichettare” un’opera come “classica”: si inizia con la critica alla posizione eurocentrica, che risulta troppo elitaria, selettiva, accessibile a pochi, in quanto si citano (e si studiano) solo le opere che risultano radicate nelle cultura nostrana, evitando il confronto con opere che risultano culturalmente lontane dal nostro pensiero “europeo”; la seconda posizione criticata è quella “libertaria” che definisce classica qualsiasi opera scritta e l’ultima corrente ripresa è quella “poetica”, la corrente di Calvino che afferma ‹‹cos’è un classico? è un autore che non smette mai di dirci qualcosa; un classico è un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire››. Questa posizione, per Siciliani de Cumis, risulta troppo indeterminata, in quanto un testo ha sempre un obiettivo, un fine da perseguire, che, per esempio, è quello di creare criticità nella mente del lettore. Un testo non è mai fine a se stesso. Se lo si scrive è perché l’autore vuole esprimere il suo punto di vista, dà tutto se stesso per sottolineare con maggior forza una morale, che diventa una sorta di mezzo procedurale per il lettore il quale, a sua volta, ha la possibilità di formarsi intellettualmente. Secondo Siciliani de Cumis la scelta del “classico” viene effettuata in base ai programmi di studio (scolastici od universitari che siano), alla cultura dell’insegnante ed anche alle scelte personali del lettore, ma la cosa fondamentale è non effettuare mai la scelta contrapponendo tra lo- L’accordo Google-Italia e la questione del classico 149 ro gli autori. In questa scelta hanno un ruolo rilevante anche gli editori e gli autori, entrambi con un propria formazione culturale. Un “classico” è davvero tale se riesce ad inserirsi positivamente nel nostro contesto culturale, lo si “rivitalizza”, per capire se risponde e risolve le problematiche attuali. In questo senso esemplare è la similitudine tra il “classico” e la zavorra che Siciliani de Cumis, definisce concettuale: in questo senso l’opera “classica” diventa un punto fermo per la cultura, infatti attorno al testo si realizzano e si sviluppano ulteriori ambiti culturali dando adito ad un sapere collettivo e pluri-transdisciplinare fondamentale per la formazione di ogni individuo. Per quanto concerne il Poema pedagogico, a parer mio, è giusto definirlo un “classico” in quanto, nonostante sia stato scritto negli anni ’30, in un periodo storico e culturale del tutto opposto da quello attuale, si riscontrano nel testo tematiche che definirei “universali” e che ben s’inseriscono nella nostra società: il recupero dei besprizornye, dei ragazzi “traviati” che Makarenko accoglie nella colonia facendoli studiare e lavorare non è tematica da poco conto che riprende molte situazioni di disagio presenti all’interno della nostra società. Su questo argomento cito Marco Rossi Doria il quale, con le seguenti parole, afferma che Vedo altre cose. Ho già detto di alcune ricorrenze del Poema che segnalano, con la bellezza del racconto e l’acume dell’impietosa auto-riflessione, temi di grandissima attualità, riguardanti l’inestricabile contraddizione tra la crescita di tutti e l’emancipazione di ognuno. Ma vedo oggi, in primo luogo, quanto sia attuale e presente l’oggetto stesso del racconto, la ragione per la quale Makarenko lavorò e scrisse. Solo a voler guardare il nostro mondo così com’è, infatti, è del tutto evidente che la materia viva, il primo contenuto del Poema ci riguarda ancora. Il che fare, il come poter, concretamente, affrontare la questione dei ragazzi più esclusi dalle opportunità della vita. Che siano i ragazzi privi di dimora e senza guida né accompagnamento adulto. O i ragazzi precocemente al lavoro o senza istruzione né formazione. O i ragazzi che lungo la loro via hanno incontrato tanta sfortuna da avere imboccato strade crudeli. In conclusione, reputo interessante e formativa la proposta fatta dal prof. Sicilani de Cumis, ossia quella di inserire on line il Poema pedagogico: questo procedimento renderebbe il testo ancor più collettivo ed universale in quanto moltissime persone si avvicinerebbero alla grandiosità pedagogica dell’opera. Darebbe al testo quella “valenza” letteraria che merita, oggigiorno fin troppo bistrattata dalla cultura dominante. Gli 150 L’accordo Google-Italia e la questione del classico sforzi fatti dal Siciliani de Cumis in questi anni per far leggere il Poema agli studenti universitari verrebbero ripagati con questa iniziativa. Come abbiamo visto il Poema pedagogico è inserito nella lista di quelle opere di pubblico domino, quindi l’inserire il testo “in rete” non porta a conseguenza legali. Consiglio di non introdurre l’opera all’interno di Google Books poiché troppe contraddizioni sono presenti all’interno del regolamento che mina i principi primi dal Manifesto del Pubblico Dominio. Sulla questione del “classico” risulterò impopolare ma ho una mia considerazione da fare: credo sia rischioso categorizzare e selezionare in maniera così netta opere rispetto ad altre. Certo esistono criteri che tentano di stabilire se un’opera oltre ad essere “letteraria” risulta anche “classica” ma chi stabilisce che questi siano realmente universali? Per questo motivo credo che ognuno di noi, in base al suo percorso formativo, ai propri interessi, alla sua curiosità stabilisce se un opera è “classica” o no. Un “classico” è un testo che ci coinvolge a 360 gradi, sia emotivamente che intellettualmente, che riesce anche a formare quel sentimento critico, tanto utile per il nostro percorso pedagogico ed educativo. Documentazione 6 Articoli tratti dai quotidiani adoperati per la ricerca BORGONOVO FRANCESCO, Accordo storico Google. C’è la firma: tutti i classici scritturati da internet, in «Libero», 11 marzo 2010, p. 36. 154 Documentazione 6 Documentazione 6 155 BIANCHI PAOLO, Google Avanza. Lasciate che i libri vengano al web, in «Libero», 10 marzo 2010, p. 29. 156 Documentazione 6 Documentazione 6 157 Accordo Mibac e Google per digitalizzare biblioteche nazionali a Roma e Firenze, in «Il Messaggero», 10 marzo 2010, p. 25. 158 Documentazione 6 MONTANARI LAURA, Accordo con Google per 1 milione di libri, in «la Repubblica», 10 marzo 2010, p. 51. Documentazione 6 159 Accordo Italia-Google Books un milione di volumi gratis on line, in «La Stampa», 11 marzo 2010, p. 33. 160 Documentazione 6 CARBONE MARIA TERESA, Biblioteche digitali, accordo tra Google e il ministero, in «il manifesto», 11 marzo 2010, p. 12. Documentazione 6 161 GIURATO BRUNO, Dante e Manzoni a portata di clic nella biblioteca universale on line, in «il Giornale», 11 marzo 2010, p. 31. 162 Documentazione 6 CONTI PAOLO, L’accordo con Google. Dante, Vico, Manzoni. Ecco il tesoro on linea, in «Corriere della Sera», 11 marzo 2010, p. 45. Documentazione 6 163 CHERCHI ANTONELLA, Libri italiani in rete con Google, in «Il Sole 24 Ore», 11 marzo 2010, p. 32. 164 Documentazione 6 COLCHESTER MAX, EMSDEN CHRISTOPHER, Europe expands book scans, in «The Wall Street Journal Europe», 11 marzo 2010, p. 18. Documentazione 6 165 Galileo enters digital age with Google book project, in «The Times», 11 marzo 2010, p. 38 Segreti di dominio pubblico – Il punto di vista di Juan Carlos de Martin Valeria Negri 1.1. Il punto di vista di Juan Carlos de Martin La società in cui viviamo è basata sulla conoscenza121. Questa ha una forma cumulativa, si crea, si diffonde e si arricchisce grazie alla condivisione dei suoi contenuti. È possibile, quindi, definire la conoscenza come il patrimonio collettivo di una comunità. Oggi, i supporti per la trasmissione del sapere passano attraverso la rete Internet. Qui i contenuti sono accessibili a tutti, modificabili e adattabili. Chiunque può partecipare alla formazione dei contenuti e delle informazioni. L’utente non è più solo un consumatore, ma contribuisce direttamente ad aumentare il potenziale presente sul web e a condividerlo. È nel momento in cui il sapere su Internet, è nella sua forma di massima accessibilità, che si stanno creando delle norme restrittive sulla proprietà intellettuale collettiva, che limitano le risorse on line e mettono in pericolo il carattere di bene comune della conoscenza. Juan Carlos de Martin122, con la sua attività di ricerca, si concentra sui temi dell’elaborazione e della trasmissione delle informazioni digitali. Per società della conoscenza si intende una società che fonda la propria crescita e competitività sul sapere, la ricerca e l´innovazione. Una società dotata di sistemi educativi, scolastici e formativi efficaci e garantiti ad ognuno per tutto l’arco della vita, in un’ottica di pari opportunità. Una società volta alla promozione del libero accesso alle informazioni e alle opportunità e alla libertà di espressione. Essa, inoltre, rappresenta uno degli obiettivi della Strategia di Lisbona (Consiglio Europeo di Lisbona, marzo 2000). 122 È Professore associato presso la Facoltà dell’Informazione del Politecnico di Torino. Dopo l’esperienza professionale di ricerca presso l’Università della California e del Texas, tornato a Torino è divenuto il capo del gruppo di ricerca in comunicazioni multimediali del Consiglio Nazionale delle ricerche. Fondatore nel novembre del 2006 del NEXA (Centro di Ricerca su Internet e Società) si occupa di «elaborazione e trasmissione di contenuti multimediali, nonché di software libero/opensource e di condivisione di contenuti». Tratto da: http://demartin.polio.it/aboutme [consultato il 15 aprile 2010]. 121 168 Segreti di dominio pubblico – Il punto di vista di Juan Carlos de Martin Egli, con alcuni collaboratori del progetto europeo COMMUNIA123, si è dedicato, in questi anni, alla creazione di alternative delle norme protezionistiche sul diritto di autore, considerato una minaccia per il ruolo e l’importanza del pubblico dominio nelle nostre società. Le limitazioni alle opere di pubblico domino iniziano nel secolo scorso, con il diffondersi delle tecniche di stampa che permettono la riproduzione meccanica. In principio, l’obiettivo è quello di tutelare e sostenere gli autori. Successivamente, però, si comincia a proteggere solo gli interessi delle case di produzione e degli autori stessi. Questa è l’Era del copyright moderno che tende a limitare gli interessi della collettività. Juan Carlos de Martin è uno dei sostenitori del Manifesto del pubblico dominio. Si tratta di alcune linee guida per un ripensamento della proprietà intellettuale e del copyright nell’era del digitale. L’obiettivo del testo è l’opposizione alla privatizzazione del sistema della conoscenza. «Ogni individuo ha diritto di prender parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere dell'arte e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici»124. C’è un chiaro invito a riflettere, insieme alle istituzioni, su forme democratiche di creazione e condivisione digitale dei saperi. Il pubblico dominio rappresenta tutti quei contenuti liberi dalle tutele del copyright, dal diritto d’autore o dalla scelta volontaria da parte dei detentori dei diritti. Gli autori del testo definiscono il pubblico dominio come «la materia grezza dalla quale viene ricavata la nuova conoscenza e si creano nuove opere culturali»125. Il Manifesto elenca una serie di principi generali che dovrebbero essere prese in considerazione da coloro che si occupano delle norme protezionistiche. Secondo i ricercatori di questo settore, il concetto di pubblico dominio può essere esteso solo alle opere per le quali sono scaduti i termini di tutela del copyright. Nonostante ciò esistono altri modi per permettere agli individui di accedere liberamente alle opere. Per esempio, i creatori stesÈ un progetto finanziato dalla Commissione Europea all'interno del programma «eContentPlus» e coordinato dal Centro Nexa su Internet e Società presso il Politecnico di Torino. Avviato il 1 settembre 2008, il progetto si concluderà il 31 agosto 2010 con un report strategico per suggerire alla Commissione le migliori politiche su pubblico dominio e diritto d'autore nell'ambito digitale. Tratto da: http://www.wikipedia.it [consultato il 20/05/2010]. 124 ART. 27, Dichiarazione universale dei diritti umani, in COMMUNIA, Manifesto del pubblico dominio, 2010, p. 1. 125 COMMUNIA, op. cit., p. 1. 123 Segreti di dominio pubblico – Il punto di vista di Juan Carlos de Martin 169 si hanno la possibilità di rilasciare delle licenze libere o altri strumenti legali, che rendono legittimo l’utilizzo di questi materiali creativi senza limiti. Essi possono decidere di esercitare del tutto o solo in parte i loro diritti. È importante che né il copyright, né la legge o altri tipi di statuti impediscano questa libertà di scelta. «Il pubblico dominio è la regola, il copyright è l’eccezione»126. Ogni forma culturale è di interesse pubblico e deve essere accessibile. «La rete è già anticopyright» per principio. Internet come invenzione, come strumento rovescia le regole del privato. Inoltre, il copyright, ha una durata eccessiva che nega la diffusione del sapere. I settant’anni di tempo che devono trascorrere dalla morte di un autore, per poter far cadere i diritti, incrementano la presenza di opere «orfane» che tendono a essere dimenticate e a uscire dal mercato commerciale. «Dato che di tali opere, in base all’attuale normativa, non beneficiano né gli autori né la società, le stesse vanno rese disponibili alla società nel suo insieme per essere riutilizzate in maniera produttiva»127. Ciò che viene definito di pubblico dominio, deve rimanere tale nel tempo; una volta garantito l’accesso all’opera, per nessun motivo possono essere stabilite ulteriori limitazioni su di esso. «Ovviamente ciò non significa che tutto sia lecito»128. L’uso del bene comune deve essere regolato per impedire lo sfruttamento intellettuale, ma in una prospettiva che mantenga la democratizzazione del sapere. È fondamentale che sia possibile a tutti di consultare i materiali, di poterli arricchire con la propria esperienza. De Martin ha partecipato, inoltre, fin dall’inizio al progetto di redazione della versione italiana delle Licenze Creative Commons. Si tratta di poche righe da applicare a un’opera creativa che permette di non violare le norme vincolanti del diritto di autore e del copyright. La licenza permette l’uso di un bene di origine privata, come fosse di pubblico dominio. L’autore, nel pieno significato del Manifesto, di sua volontà stabilisce la possibilità di consultazione della sua creazione. Egli ottiene così, non solo un riconoscimento di tipo economico, ma quella che dovrebbe essere l’aspirazione di ogni scrittore, ovvero, la massima diffusione della sua opera. Ivi, p. 3. Ivi, p. 5. 128 J. C. DE MARTIN, op. cit., p. 1. 126 127 170 Segreti di dominio pubblico – Il punto di vista di Juan Carlos de Martin Il libro, in quanto libro, appartiene all'autore, ma in quanto pensiero appartiene - senza voler esagerare - al genere umano. Tutti gli intelletti ne hanno diritto. Se uno dei due diritti, quello dello scrittore e quello dello spirito umano, dovesse essere sacrificato, sarebbe certo quello dello scrittore, dal momento che la nostra unica preoccupazione è l'interesse pubblico e tutti, lo dichiaro, vengono prima di noi129. Open content130, Creative Commons e open source131 possono costituire un efficace strumento di garanzia del libero accesso alla conoscenza e una sua più democratica diffusione globale. La volontà di pubblicare sul web il Poema pedagogico di Anton Semënovič Makarenko, rientra nel discorso di condivisione del sapere. L’intenzione del Laboratorio Makarenko e il cooperativismo è di far conoscere e rendere accessibile il romanzo, nella sua recente edizione, con la possibilità di modifica e arricchimento, attraverso l’intervento degli utenti, considerati non più solo utenti, ma anche coproduttori. Nei nostri propositi, non ci sono scopi economici, bensì il desiderio di potenziare la conoscenza del pensiero makarenkiano, un sapere creativo e motivato, che nasca dalla cooperazione e dal confronto con l’altro. È necessario affrontare il tema da un punto di vista di opportunità. Internet e la condivisione di dati digitali rappresenta l’occasione per una crescita culturale individuale e dell’intera umanità. V. HUGO, Discorso d’apertura al Congresso letterario internazionale, 1878. La citazione viene utilizzata come Preambolo del Manifesto del pubblico dominio. 130 Sono liberamente accessibili e disponibili, non il codice sorgente di un programma, ma i contenuti editoriali quali, testi, immagini, video e musica. Tratto da: 129 http://www.indizio.it/open_source.pdf [consultato il 25 maggio 2010]. 131 Termine inglese che significa sorgente aperta, indica un software rilasciato con un tipo di licenza per la quale il codice sorgente è lasciato alla disponibilità di eventuali sviluppatori, in modo che con la collaborazione (in genere libera e spontanea) il prodotto finale possa raggiungere una complessità maggiore di quanto potrebbe ottenere un singolo gruppo di programmazione. Tratto da: http://www.indizio,it/open_source.pdf [consultato il 25 maggio 2010]. Documentazione 7 Allegato I SEGRETI DI DOMINIO PUBBLICO. Il valore della conoscenza usata liberamente132 Le opere dell’ingegno si posso liberamente stampare, copiare, diffondere, eseguire in pubblico, mettere in scena, tradurre, vendere e altro ancora. Ovvero, si può seguire liberamente la propria inclinazione culturale o i propri obiettivi imprenditoriali senza chiedere il permesso dell’autore, dei suoi eredi o di altre entità, senza corrispondere royalties, senza firmare contratti. Ovviamente ciò non significa che tutto sia lecito: non e’ lecito, per esempio, attribuirsi opere di cui non si ha la paternità o, per restare in un ambito regolato solo da norme di tipo sociale, non si citano brani fuori dal contesto così da distorcere il pensiero originale dell’autore. Ma a parte simili regole di comportamento, perlopiù dettate dal buon senso, la libertà e’ amplissima. Le nostre società hanno da sempre convenuto, infatti, che in questo modo viene massimizzata la vivacità e la profondità delle discussioni pubbliche, la ricchezza e la varietà della produzione culturale, la possibilità per i singoli di definire ed esprimere la propria identità. E quindi troviamo normale e molto positivo che in questo momento, per fare un esempio, in Italia siano disponibili ben 38 edizioni de “I promessi sposi” o 54 edizioni de “La divina commedia”, con prezzi compresi tra i 5 e i 640 euro, con versioni in milanese e in siciliano, recitate sotto forma di audiolibro, commentate da molti diversi studiosi, stampate per ipovedenti, illustrate per bambini e per adulti, a fumetti, con rilegature sia economiche sia di lusso, eccetera. Quelle appena descritte sono le regole che valgono per il pubblico dominio, ovvero l’insieme di tutte le opere per le quali sono “scaduti i diritti”. Contrariamente alla percezione comune, dominata dal motto “tutti i diritti riservati”, il pubblico dominio, in una prospettiva di lungo periodo, e’ la condizione di default per tutte le opere dell’ingegno, la condizione naturale in cui passeranno la maggior parte della loro esistenza. Sennonché’, pochi secoli fa, con il diffondersi delle tecniche a stampa e poi di altre forme di riproduzione meccanica delle opere, si decise di tu132 Cfr. J. C. DE MARTIN, Nòva, «Il Sole24ore», 20 Novembre 2008, p. 1. 174 Documentazione 7 telare l’investimento fatto nella produzione dell’opera introducendo un’eccezione temporanea alla condizione altrimenti naturale del pubblico dominio, ovvero un monopolio limitato nel tempo relativamente agli sfruttamenti economici dell’opera. L’obiettivo principale, da un punto di vista utilitarista, era quello di favorire il sostentamento degli autori e di fornire incentivi alla produzione di opere, con la convinzione che i danni causati dal monopolio (prezzi più alti e, in generale, minor diffusione delle opere) fossero, in media, più che compensati dal maggior numero di opere rese disponibili. Nacque così il copyright moderno. Diritto monopolistico, ma -si badi bene- comunque non assoluto. Una serie di utilizzi, infatti, rimasero fin dal principio leciti perché considerati essenziali per realizzare compiutamente libertà come quella di espressione e di critica, il diritto di cronaca, la libertà di ricerca e d’insegnamento, il corretto e libero funzionamento delle biblioteche, e altri ancora. Tuttavia, come spesso capita quando da una parte c’e’ un interesse concentrato (autori, i loro eredi, editori e altri intermediari) e dall’altra un interesse diffuso (la collettività nel suo complesso) l’eccezione temporanea che inizialmente corrispondeva a 14 anni di tutela rinnovabili per altri 14, ha finito con l’estendersi fino a ben settant’anni dopo la morte dell’autore. Per intenderci: un’opera pubblicata oggi da una giovane scrittrice, per esempio 29-enne, entrerà nel pubblico dominio tra oltre centoventi anni, ovvero, nella prima metà del XXII secolo. Insomma, l’eccezione temporanea e’ diventata così lunga rispetto alla vita media di un individuo da essere di fatto, per il singolo, quasi eterna. Non solo. Le isole di libertà ad attenuazione del monopolio sopra elencate sono state progressivamente erose, rendendo sempre più difficoltoso -anche solo per il timore di incorrere in problemi legalil’esercizio di libertà che sono essenziali per assicurare una democrazia piena, una società culturalmente vivace, nonché un’economia della conoscenza non paralizzata da monopoli incrociati e sovrapposti. A questa deriva protezionistica, occorre reagire riaffermando innanzitutto il ruolo e l’importanza del pubblico dominio nelle nostre società. In tal senso, la celebrazione del primo “Public Domain Day” a inizio 2009, un’iniziativa di COMMUNIA, la rete tematica europea sul pubblico dominio digitale, potrà dare un contributo. Inoltre, i “calcolatori del pubblico dominio” – prodotti, tra gli altri, dalla Open Knowledge Foundation di Londra – consentiranno di stabilire, nazione per nazione, se una certa opera e’ o meno nel pubblico dominio. Al livello normativo, tra le iniziative in discussione spiccano le seguenti: la riduzione della durata della protezione del diritto d’autore; la Documentazione 7 175 messa a disposizione nel pubblico dominio della maggior quantità possibile di dati e contenuti prodotti dal settore pubblico (come già avviene negli USA per tutti i dati prodotti da agenzie federali); norme contro dichiarazioni di copyright troppo ampie (come quelle fatte dagli editori che dichiarano, anche solo per sciatteria, di avere il copyright dei testi di, per esempio, Shakespeare); il cambiamento della regola di default per la protezione (“tutti i diritti riservati” solo su richiesta); il riconoscimento formale esplicito sia del pubblico dominio in senso stretto, sia di quello su base volontaria, ovvero l’insieme delle opere rilasciate con licenze Creative Commons o analoghe. Occorre, in altre parole, favorire l’adozione di una serie di misure atte a ristabilire un equilibrio tra la legittima tutela degli interessi degli autori e il diritto della collettività ad accedere e contribuire alla cultura, come affermato, in maniera forse insuperabile, dall’articolo 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Allegato II Il manifesto del pubblico dominio133 Il Manifesto del Pubblico Dominio è stato prodotto nell'ambito del progetto europeo COMMUNIA, network tematico sul pubblico dominio digitale. Preambolo Il libro, in quanto libro, appartiene all'autore, ma in quanto pensiero appartiene - senza voler esagerare - al genere umano. Tutti gli intelletti ne hanno diritto. Se uno dei due diritti, quello dello scrittore e quello dello spirito umano, dovesse essere sacrificato, sarebbe certo quello dello scrittore, dal momento che la nostra unica preoccupazione è l'interesse pubblico e tutti, lo dichiaro, vengono prima di noi134. Victor Hugo, Discorso d'apertura al Congresso letterario internazionale del 1878, 1878 I nostri mercati, la nostra democrazia, la nostra scienza, le tradizioni della libertà di parola, e l'arte, tutto dipende in maniera cruciale da un Fonte: http://www.publicdomainmanifesto.org/italian [consultato il 23 maggio 2010]. 134 V. HUGO, Discorso d'apertura al Congresso letterario internazionale del 1878, 1878. 133 176 Documentazione 7 pubblico dominio di materiale liberamente accessibile molto più di quanto non lo sia dal materiale informativo coperto da diritti di proprietà. Il pubblico dominio non è quanto rimane dopo che tutte le cose migliori siano state coperte dalle norme sulla proprietà. Il pubblico dominio è l'ambito da cui estraiamo i mattoni con cui costruire la nostra cultura. Rappresenta, di fatto, la maggior parte della nostra cultura135. Il pubblico dominio, nella sua accezione più ampia, è la preziosa risorsa di informazioni che è libera da quelle barriere all'accesso o al riuso generalmente associate alla tutela del copyright, sia in quanto libera da ogni tutela sul diritto d'autore oppure perché i detentori dei diritti hanno volontariamente deciso di rimuovere tali barriere. Il pubblico dominio è il fondamento del nostro riconoscimento come espressione del bagaglio comune di conoscenze e cultura. È la materia grezza dalla quale viene ricavata la nuova conoscenza e si creano nuove opere culturali. Il pubblico dominio funge da meccanismo protettivo onde assicurare che questo materiale grezzo sia disponibile al costo di riproduzione - vicino allo zero - e che tutti i membri della società possano costruirvi sopra. Mantenere un pubblico dominio sano e florido è essenziale per il benessere sociale ed economico delle nostre società. Il pubblico dominio riveste un ruolo fondamentale nel campo dell'istruzione, delle scienze, del patrimonio culturale e per i dati del settore pubblico. Un pubblico dominio sano e florido rappresenta uno dei prerequisiti per assicurarsi che ogni persona al mondo possa trarre giovamento dai principi dell'Articolo 27 (1) della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani «Ogni individuo ha diritto di prender parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere dell'arte e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici». La società dell'informazione digitalizzata in rete ha portato la questione del pubblico dominio al centro del dibattito sul copyright. Al fine di preservare e rafforzare il pubblico dominio abbiamo bisogno di definire una comprensione solida e aggiornata della natura e del ruolo di questa risorsa essenziale. Questo Manifesto del Pubblico Dominio definisce il pubblico dominio e illustra i principi necessari e le linee guida per avere un sano Pubblico Dominio all'inizio del XXI secolo. Il pubblico dominio viene qui considerato in relazione alla normativa sul copyright, escludendo altri tipi di diritti sulla proprietà intellettuale (come i brevetti e i marchi) e intendendo la normativa sul copyright nel suo senso più ampio fino a includere i di135 J. BOYLE, The public domain, 2008, p. 40. Documentazione 7 177 ritti economici e morali sottoposti al diritto d'autore e simili (inclusi i diritti annessi e i diritti sulle banche dati). Nella parte restante di questo documento, quindi, il copyright (o diritto d'autore) viene usato come un termine generico per indicare tutti questi diritti. Inoltre, il termine opere (o lavori) comprende tutti i lavori protetti dal copyright così definito, includendo quindi database, spettacoli e registrazioni. Allo stesso modo, il termine 'autori' include fotografi, produttori, distributori, pittori e attori. Il Pubblico Dominio nel XXI secolo Il pubblico dominio auspicato in questo Manifesto è definito come quel materiale culturale che può essere usato senza restrizioni, esente dalla tutela del copyright. In aggiunta alle opere che fanno formalmente parte del pubblico dominio, ce ne sono molti validi lavori volontariamente condivisi dagli autori a condizioni generose creando così un commons (bene comune) di origine privata che opera per molti versi come fosse un pubblico dominio. Gli individui possono inoltre utilizzare molte opere protette grazie a eccezioni e limitazioni del copyright, quali il "fair use" (uso consentito) e il "fair dealing" (corretto trattamento). Tutte queste fonti, che permettono un migliore accesso alla cultura e al patrimonio collettivi, sono importanti e devono essere attivamente sostenute affinché la società possa godere il massimo beneficio dalla condivisione della conoscenza e della cultura. Il Pubblico Dominio Il pubblico dominio strutturale occupa il cuore della nozione di pubblico dominio e comprende la conoscenza, la cultura e le risorse condivise, che possono essere usate senza le restrizione del copyright come definito dalle attuali normative. In particolare, il pubblico dominio strutturale si compone di due ambiti diversi di materiali: 1. Opere d'autore per le quali sono scaduti i termini della tutela del copyright. Il copyright è un diritto temporaneo garantito agli autori. Una volta raggiunta la scadenza di tale protezione temporanea, tutte le restrizioni legali cessano di esistere, pur se in alcuni Paesi soggette ai diritti morali perpetui dell'autore. 2. Il bene comune ed essenziale dell'informazioni che non è coperto da copyright. Le opere non tutelate dal diritto d'autore, perché non hanno passato il test sull'originalità o perché escluse da tale tutela (come dati, fatti, idee, processi, sistemi, metodi, concetti, principi o scoperte, a 178 Documentazione 7 prescindere dalla forma in cui vengano descritti, spiegati, illustrati o incorporati in altra opera, così come normative o decisioni giuridiche e amministrative). Questo bene comune essenziale è troppo importante per il funzionamento delle nostre società per essere vincolato da restrizioni legali o di altra natura, seppure per un periodo limitato. Il pubblico dominio strutturale è storicamente un compromesso sui diritti degli autori tutelati dal copyright ed è essenziale per la memoria culturale e per i fondamenti della conoscenza delle nostre società. Nella seconda metà del XX secolo questi due elementi sono stati minacciati dall'estensione dei termini di tutela del copyright e dall'introduzione di ulteriori regimi di protezione legale simili al diritto d'autore. Beni comuni volontari e prerogative dell'utente In aggiunta a questo nocciolo strutturale del pubblico dominio, esistono altre fonti essenziali che permettono agli individui di interagire liberamente con le opere tutelate da copyright. Tali fonti rappresentano la 'boccata d'aria' della cultura e della conoscenza, assicurando che la protezione del copyright non interferisca con i requisiti specifici della società e con la scelta volontaria degli autori. Mentre queste fonti aumentano la possibilità d'accesso a opere sotto tutela, alcune di esse condizionano l'accesso a specifiche forme d'uso o categorie di utenti: 1. Opere volontariamente condivise dai titolari dei diritti. I creatori possono rimuovere le restrizioni d'uso sulle proprie opere rilasciandole con 'licenze libere' oppure ricorrendo ad altri strumenti legali che prevedano l'altrui utilizzo di tali lavori senza limiti, o ancora destinandole direttamente al pubblico dominio. Per le definizioni di licenze libere, si faccia riferimento alla definizione di software libero (http://www.gnu.org/philosophy/free-sw.it.html), e alla definizione di conoscenza aperta. (http://opendefinition.org/1.0/italiano). 2. Le prerogative degli utenti create da eccezioni e limitazioni al copyright, dal "fair use" e "fair dealing". Queste prerogative sono parte integrante del pubblico dominio. E assicurano l'esistenza di un sufficiente accesso alla cultura e alla conoscenza condivise, consentendo il funzionamento delle istituzioni sociali essenziali e la partecipazione sociale di individui con necessità particolari. Considerati nel loro insieme, il pubblico dominio, la condivisione volontaria delle opere e le eccezioni e limitazioni al copyright, il fair use e il fair dealing, contribuiscono ad assicurare a tutti l'accesso alla conoscenza Documentazione 7 179 e alla cultura condivise, al fine di favorire l'innovazione e la partecipazione culturale a beneficio dell'intera società. È quindi importante che il pubblico dominio in ciascuna delle sue incarnazioni venga attivamente sostenuto, in modo da continuare a esercitare pienamente il proprio ruolo in questo periodo di rapido cambiamento tecnologico e sociale. Principi generali In periodi di rapido cambiamento tecnologico e sociale il pubblico dominio adempie ad un ruolo sostanziale per la partecipazione culturale e l'innovazione digitale, e di conseguenza va attivamente sostenuto. Per dare sostegno al pubblico dominio occorre tenere presente una serie di principi generali. I seguenti principi sono essenziali per preservare una significativa comprensione del pubblico dominio e per assicurare che il pubblico dominio continui a funzionare nel contesto tecnologico di una società dell'informazione in rete. Per quanto riguarda il pubblico dominio strutturale, questi principi sono i seguenti: 1. Il pubblico dominio è la regola, il copyright è l'eccezione. Poiché la tutela del copyright è garantita solo alle forme di espressione originale, la larga maggioranza di dati, informazioni e idee prodotte nel mondo in ogni istante appartiene al pubblico dominio. Oltre alle informazioni che non hanno diritto alla protezione, all'inizio di ogni anno il pubblico dominio viene ampliato dall'ingresso di opere la cui tutela è scaduta. L'applicazione combinata dei requisiti di tutela e della durata limitata del copyright contribuisce al benessere del pubblico dominio in quanto assicura l'accesso alla conoscenza e alla cultura condivise. 2. La tutela del copyright deve durare solo il tempo necessario ad assicurare un ragionevole compromesso tra la protezione e la ricompensa all'autore per il proprio lavoro intellettuale, e la salvaguardia dell'interesse pubblico alla diffusione della cultura e della conoscenza. Né dalla prospettiva dell'autore né da quella del pubblico esistono argomenti validi (di qualsivoglia carattere storico, economico, sociale o altro) a sostegno di una durata eccessiva della protezione del copyright. Mentre l'autore deve essere in grado di raccogliere i frutti del proprio lavoro intellettuale, il pubblico non va privato per un periodo esageratamente lungo dei benefici derivanti dal libero accesso a tali lavori. 3. Ciò che è nel pubblico dominio deve rimanere nel pubblico dominio. Il controllo esclusivo sulle opere di pubblico dominio non deve essere ristabilito rivendicando diritti esclusivi sulle riproduzione tecni- 180 Documentazione 7 che delle opere, o usando misure tecniche di tutela per limitare l'accesso alle riproduzione tecniche di tali opere. 4. Il legittimo utente di una copia digitale di un'opera nel pubblico dominio deve essere libero di (ri-)usare, copiare e modificare quest'opera. Lo stato di pubblico dominio di un'opera non significa necessariamente che questa vada messa a disposizione del pubblico. I titolari di un lavoro di pubblico dominio solo liberi di restringerne l'accesso. Tuttavia, una volta garantito l'accesso a un'opera, non devono essere imposte ulteriori restrizioni sul ri-uso, la modifica o la riproduzione della stessa. 5. Non vanno applicati contratti o misure tecniche di protezione che restringono l'accesso e il ri-utilizzo di opere già nel pubblico dominio. Lo stato di pubblico dominio di un'opera deve garantirne il diritto di riuso, modifica e riproduzione. Ciò vale anche per le prerogative dell'utente derivanti da eccezioni e limitazioni, dal "fair use" e "fair dealing", assicurando che queste opzioni non vengano limitate da mezzi tecnologici o contrattuali. In aggiunta, i seguenti principi sono alla base dei beni comuni volontari e delle prerogative dell'utente descritti sopra: 1. La cessione volontaria del copyright e la condivisione di opere sotto tutela sono legittimi esercizi di esclusiva sul diritto d'autore. Molti autori aventi diritto alla protezione del copyright sulle proprie opere possono decidere di non esercitare del tutto tali diritti o di volerli cedere per intero. Queste azioni, se volontarie, costituiscono un legittimo esercizio di esclusiva sul copyright e non devono essere ostacolate dalla legge, da statuti o altri meccanismi, inclusi i diritti morali sull'opera. 2. Le eccezioni e le limitazioni al copyright, il "fair use" e "fair dealing", devono essere attivamente mantenute un modo da assicurare l'equilibrio fondamentale tra copyright e interesse pubblico. Questi meccanismi creano quelle prerogative per l'utente che costituiscono la necessaria 'boccata d'aria nell'attuale sistema del copyright. Dato l'elevato tasso delle trasformazioni sia nella tecnologia che nella società, è importante che tali meccanismi rimangano in grado di assicurare il funzionamento delle istituzioni sociali essenziali e la partecipazione sociale di individui con bisogni particolari. Quindi le eccezioni e le limitazione al copyright, il fair use e fair dealing, dovrebbero essere costruite come evolutive per natura e costantemente adattate per tenere conto dell'interesse pubblico. Oltre a questi principi generali, occorre affrontare subito varie altre questioni rilevanti per il pubblico dominio. Le seguenti raccomandazioni hanno l'obiettivo di tutelare il pubblico dominio e assicurarne il funzio- Documentazione 7 181 namento in maniera significativa. Sebbene tali raccomandazioni siano applicabili sull'intero spettro del copyright, rivestono particolare rilevanza nell'ambito dell'istruzione, del patrimonio culturale e della ricerca scientifica. Raccomandazioni generali 1. Occorre ridurre la durata dei termini di tutela del copyright. L'eccessiva durata della protezione sul copyright, combinata con l'assenza di formalità legali, è altamente dannosa per l'accessibilità della nostra conoscenza e cultura. Inoltre, ciò incrementa la presenza di 'opere orfane', ovvero quei lavori che per vari motivi non rientrano più né sotto il controllo degli autori né fanno parte del pubblico dominio, e in entrambi i casi non possono essere usate. Quindi per le nuove opere la durata della tutela del diritto d'autore va ridotta a termini più ragionevoli. 2. Qualsiasi modifica sulla portata della tutela del copyright (ivi comprese qualsiasi nuova definizione della materia tutelabile o l'espansione di diritti esclusivi) deve tener conto degli effetti sul pubblico dominio. Qualsiasi cambiamento nella portata della protezione del copyright non va applicato retroattivamente a lavori già oggetto di tutela. Il copyright è un'eccezione limitata nel tempo dello stato di pubblico dominio della cultura e conoscenza condivisa. Nel XX secolo la portata del diritto d'autore è stata estesa in maniera significativa per privilegiare gli interessi di un gruppo ristretto di titolari di diritti alle spese del pubblico generale. Come risultato, gran parte della nostra cultura e conoscenza rimane bloccata a causa di restrizioni imposte dal copyright e da questioni tecniche. Dobbiamo assicurarci quantomeno che tale situazione non veda peggiorando e che anzi in futuro venga invece migliorata. 3. Qualora un'opera debba rientrare pubblico dominio strutturale del proprio Paese d'origine, va riconosciuta come parte del pubblico dominio strutturale in tutti gli altri Paesi del mondo. Qualora nel proprio Paese un'opera non debba godere della tutela del copyright, in base a una specifica clausola di esclusione dallo stesso, ovvero in quanto non soddisfi i criteri di originalità o nel caso di scadenza della durata alla tutela, non deve essere possibile per nessuno (compreso l'autore) invocare la protezione del copyright dello stesso materiale in un altro Paese in modo da sottrarlo al pubblico dominio strutturale. 4. Ogni tentativo falso o ingannevole di appropriarsi di opere in pubblico dominio va punito a norma di legge. Al fine di preservare l'integrità del pubblico dominio e di tutelare gli utilizzatori di opere di 182 Documentazione 7 pubblico dominio da rappresentazioni inaccurate e menzognere, ogni tentativo falso o ingannevole di avanzare pretese di esclusività su materiale di pubblico dominio deve essere dichiarato illegittimo. 5. Non è consentito ricorrere ad alcun ulteriore diritto di proprietà intellettuale per ricostituire l'esclusività su opere di pubblico dominio. Il pubblico dominio è parte integrante dell'equilibrio interno al sistema del diritto d'autore. Questo bilanciamento interno non va manipolato da tentativi per ricostituire od ottenere il controllo esclusivo su opere di pubblico dominio tramite normative esterne al copyright. 6. Occorre implementare un modo pratico ed efficace per rendere disponibili le 'opere orfane' e i lavori già pubblicati ma non più in commercio (ad esempio, le opere fuori catalogo) onde poter essere riutilizzate dalla società. L'estensione della portata e della durata del copyright e 'assenza di formalità per i lavori stranieri hanno creato un'ampia quantità di 'opere orfane' che non sono né sotto il controllo dei rispettivi autori né fanno parte del pubblico dominio. Dato che di tali opere, in base all'attuale normativa, non beneficiano né gli autori né la società, le stesse vanno rese disponibili alla società nel suo insieme per essere riutilizzate in maniera produttiva. 7. Le istituzioni a tutela del patrimonio culturale dovrebbero assumere un ruolo cruciale per l'efficace catalogazione e tutela delle opere di pubblico dominio. A queste organizzazioni è stato affidata per secoli la conservazione della conoscenza e cultura pubbliche. In quanto detentrici di questo ruolo, esse sono chiamate a garantire che le opere di pubblico dominio siano disponibili a tutti, tramite la loro chiara classificazione, la preservazione e la messa a disposizione della collettività in maniera libera. 8. Va eliminato ogni ostacolo legale che possa impedire la condivisione volontaria delle proprie opere o la diretta assegnazione a pubblico dominio da parte dell'autore. Entrambi sono esercizi legittimi dei diritti esclusivi garantiti dal copyright ed entrambi sono elementi cruciali per assicurare l'accesso ai beni culturali e alla conoscenza di base e per rispettare la volontà dell'autore. 9. In generale va reso possibile l'uso personale non commerciale delle opere tutelate dal copyright, e per casi simili vanno esplorate forme alternative di remunerazione per l'autore. Poiché è essenziale per lo sviluppo personale di ciascun individuo che egli/ella sia in grado di utilizzare in maniera non commerciale tali opere, è parimenti essenziale prendere in considerazione la posizione dell'autore nello stabilire Documentazione 7 183 nuovi limiti ed eccezioni sulla tutela del copyright o quando vengano rivisti quelli già esistenti. ---------------Traduzione italiana a cura di Irene Cassarino, Valentin Vitkov, Bernardo Parrella . Allegato III Le licenze Creative Commons136 Le licenze Creative Commons si basano sulle seguenti quattro condizioni (alle quali è associato un simbolo grafico allo scopo di renderne più efficace il riconoscimento): Attribuzio- Attribution ne (by) Permette che altri copino, distribuiscano, mostrino ed eseguano copie dell'opera e dei lavori derivati da questa a patto che vengano mantenute le indicazioni di chi è l'autore dell'opera. Permette che altri copino, distribuiscano, mostrino ed eseguano coNon com- NonCommercial pie dell'opera e dei lavori derivati merciale (nc) da questa solo per scopi non commerciali. Permette che altri copino, distribuiscano, mostrino ed eseguano solNon opere No Derivative tanto copie identiche dell'opera; derivate Works (nd) non sono ammesse modifiche basate sull'opera. Condividi allo stesso Share Alike (sa) modo Permette che altri distribuiscano lavori derivati dall'opera solo con una licenza identica a quella concessa con l'opera originale. 136 Tratto da: http://www.wikepdia.it e http://www.creativecommons.it [consultato il 21/05/2010]. 184 Documentazione 7 Ognuna di queste quattro clausole individua una condizione particolare a cui il fruitore dell'opera deve sottostare per poterne usufruire liberamente. Dalla combinazione di queste quattro clausole nascono le sei licenze attualmente in uso: CC BY CC BY-NC CC BY-ND CC BY-SA CC BY-NC-ND CC BY-NC-SA Il dono al tempo del web 2 Alessia Pacchera Il dono al tempo di Internet Il libro da me scelto, per rispondere alla domanda se è giusto mettere il Poema pedagogico su internet, è Il dono al tempo di internet. Il libro è diviso in tre sezioni, ognuna delle quali affronta una tematica importante. La prima tematica affrontata è Scambio, dono e reciprocità nella società contemporanea; la seconda è alcune forme di dono e di scambio in rete; l’ultima, invece, riguarda Comunità e Community.Le parti più importanti però sono due, nello specifico la seconda e la terza. Nella seconda tematica, l’autore affronta e spiega le differenze fra dono tradizionale e dono ai tempi di Internet, spiegando le varie forme di dono che troviamo attraverso di esso. All’interno di questo capitolo, l’autore ci spiega che grazie ad internet possiamo mantenere o recuperare contatti con persone che si trovano molto distanti da noi. In particolare ci spiega le varie differenze tra i vari social network; wikipedia, forum, blog, ecc. Una delle prime cose che appare subito chiara fin dall’inizio della lettura di questo libro è che ci sono molti punti che vanno a favore nel mettere in rete un libro. Il passaggio dal quale si evince questo, è dove gli autori parlano dei blog, mettendo ben chiara fin da subito che essi sono luoghi nei quali si scambiano opinioni su vari argomenti e dai quali ci si può informare dell’esistenza di blog aperti e blog chiusi, dando spiegazione della differenza tra i due. I blog aperti ci permettono di poter dare un giudizio personale su ciò che troviamo all’interno di esso. Spesso al loro interno «Gli scrittori possono pubblicare dei racconti o delle novelle, suddivise in brevi trance accessibili al pubblico, che con i suoi giudizi, può contribuire a migliorare il lavoro»137. I blog chiusi sono tutti quei blog che non ci permettono di esporre le nostre opinioni su quel determinato argomento. Questo tipo di blog viene usato da alcuni scrittori che non permettono ai lettori di poter esprimere una propria opinione su un determinato argomento. 137 M. ANIME, A. COSSETTA, Il dono al tempo di Internet, Torino, Einaudi, 2010, p. 86. 186 Il dono al tempo del web 2 Altro aspetto che gli autori spiegano è il fenomeno sempre più crescente di Wikipedia, un‘enciclopedia in rete, accessibile a tutti e dove tutti, competenti e non, possono scrivere o aprire una pagina o semplicemente ampliarla. Tutti coloro che scrivono su di essa vengono chiamati wikipisti. Un altro “luogo” per scambiarsi informazioni, idee su vari campi è il forum, il quale raggruppa molte forme diverse di associazioni con finalità diverse. Esistono forum di carattere assembleare, dove è possibile trovare discussioni che vanno dalla politica, all’economia, alle letteratura, ecc. In genere i forum hanno frequentatori abituali e sono caratterizzati da figure come moderatori o amministratori che controllano l’evolversi del forum, le discussioni che vi nascono. Questo perché esistono delle regole di buon comportamento all’interno di essi, il cui mancato rispetto porta l’utente a subire delle sanzioni, tali da poter essere escluso dall’utilizzo del forum stesso per un determinato periodo di tempo o, cosa peggiore, la cancellazione. Essenza propria della rete è l’apertura. La rete è anche una forma di aggregazione che utilizza l’individuo al fine di formare nuove comunità virtuali, sollevando il quesito se queste nuove forme di aggregazione possano ritenersi vere comunità o pseudo - comunità. Le pseudo comunità sono forum; social network come Facebook, dove il rapporto di scambio non è face to face. Le comunità online vengono chiamate da Bruce «Isole nella rete luoghi tridimensionali che si aprono all’interno della rete telematica»138. Del concetto di comunità si sono occupati vari campi, come la sociologia per la quale è uno dei concetti fondamentali; la politica e l’antropologia. Per Weber «La comunità è una realizzazione sociale che poggia su una comune appartenenza, soggettivamente sentita dagli individui che ad essa partecipano»139. Per Cohen la comunità è l’entità a cui uno appartiene, più grande della famiglia e più ridotta di quell’astrazione che chiamiamo società. 138 139 Ibidem, p. 86. Ivi, p. 94. Il dono al tempo del web 2 187 Oggi per comunità s’intende l’interazione non strumentale con altro. Il dono può essere preso come uno degli elementi centrali per la costruzione di una nuova rete di realizzazioni o qualsiasi comunità; le comunità on line sembrano superare la vecchia divisione tra comunità e società. In rete transitano doni che permettono di costruire reti, riformare legami forti. Spesso la condivisione di file o altri documenti all’interno della rete non fa necessariamente creare nuovi o forti legami fra gli utenti stessi. Secondo il rapporto della Nielsen , i social network più conosciuti sono appunto Facebook e Twitter, nei quali è possibile conoscere nuove persone, creando amicizie virtuali oppure ritrovare vecchie amicizie con le quali si erano interrotti i rapporti da molto tempo. Il motore che anima tutto ciò è la ricerca di nuove relazioni. È molto diffusa l’idea che i rapporti in rete siano spersonalizzati e differenti da quelli che si intrattengono nella vita reale. «Ciò che risulta mancare nelle relazioni emotive e in gran parte istintive, che un incontro face to face inevitabilmente suscita. Quelle che si chiamano normalmente sensazioni di pelle»140. Cosa molto importante, non dobbiamo dimenticare che la rete consente di entrare in contatto con sconosciuti, allargando in questo modo il bacino d’utenza di ogni individuo. La facilità con cui si istaurano le amicizie con sconosciuti in rete è dovuta anche al fatto che oltre ad avere l’anonimato ci si può creare una falsa identità. Per rispondere alla domanda se trovo giusto o no mettere in rete il Poema, sono favorevole ma al tempo stesso anche contraria. Favorevole in quanto ritengo che poter mettere in rete un qualsiasi libro dia più possibilità di acculturarsi, in quanto molte persone non possono permettersi di comprare un libro, ma trovarlo in rete in modo gratuito fa si che questo possa girare più facilmente. Altro lato positivo è la possibilità che le persone possano accedere a determinati libri, difficili da reperire in negozi specializzati o in librerie o biblioteche. Sono contraria per il semplice fatto che piacendomi molto la lettura, avendo un libro solamente in rete, non avrei più quel piacere che si prova quando si compra un libro, e lo si apre per la prima volta e sentire “l’odore”di un libro nuovo; non poter più sottolineare o scrivervi le e140 Ivi, p. 105. 188 Il dono al tempo del web 2 mozioni oppure lasciare semplicemente un segno su una determinata pagina che per me in quel momento ha dato molto. Altro lato negativo, forse il più banale, il solo non poter entrare in una libreria e scegliere il libro tanto desiderato. Aggiungerei anche il fatto che la messa in rete dei libri potrebbe portare i bambini ad allontanarsi dai libri, perdendo il piacere di leggere e di sceglierli da soli, per una loro personale scoperta. Tuttavia sono più favorevole che contraria, anche perché mettere un libro in rete soprattutto quelli meno conosciuti, come il Poema pedagogico, da la possibilità che questi possano, grazie proprio ad internet, diffondersi molto più facilmente rispetto alla sola forma cartacea. Idee che volano nella rete Romina Robibero 1.1. «Il grande libro del bosco» Credi proprio che uno dei miei ragazzi di montagna abbia un numero di cognizioni molto inferiore di un suo coetaneo di città? Dieci anni di occhi di ragazzo spalancati sul mondo sono dieci anni qui sul Monte Giovi come in via Tornabuoni. E nel tempo che i vostri figlioli posavano gli occhi su un mucchio di cosette scelte, i miei non li tenevano mica serrati, li posavano su altre cosette. I vostri conoscono il dinosauro e il puma, ma non riconoscono un coniglio maschio da una femmina. I miei non sanno i colori del semaforo né se un rubinetto si giri a destra o a sinistra, ma in compenso sanno tutto sulla vita del bosco coi suoi infiniti nidi, rettili, piante, col volgere delle stagioni e delle ore. Dieci anni valgono dieci anni, credi a me. Va bene che sui libri c’è una concentrazione di osservazioni che con gli occhi nostri e basta non si potrebbe raggiungere. Ma qui in compenso, nel grande libro del bosco e del campo, c’è una concretezza di osservazioni che sui libri non si raggiungerà mai. Ma oltre al libro del bosco c’è anche quello delle famiglie. Sulle famiglie e le loro leggi e i loro rapporti sa troppo di più un ragazzo di qui che uno dei vostri. Passa un trasporto e non sapete chi è morto, se ha lasciato dietro di sé pianto e litigi. Cosa volete dunque saperne della vita all’infuori del ristretto cerchio di casa vostra o di quello dei libri che leggete e vi ingannano perché di solito li ha scritti gente isolata nel guscio come voi? Tutto questo discorso solo per concludere che è da presumersi a priori che per es. un boscaiolo di vent’anni sia ricco di cognizioni e d’una visione del mondo pari a quella d’un universitario di vent’anni. Non voglio dire eguale, ma equivalente sì. Più ricca da una parte, più povera da un’altra. In conclusione: certo non inferiore. Anzi, se proprio dovessi dire la mia opinione, sono incline a credere che Dio abbia voluto dare piuttosto qualcosa di più al diseredato che all’altro: in buon senso, equilibrio, realismo, ecc. Ebbene, ora questi due uomini che abbiamo detto certo non inferiori l’uno all’altro per ricchezza interiore, mettiamoli di fronte l’uno all’altro in discussione. Oppure di fronte ai problemi quotidiani che la vita moderna impone, e vedremo il mio figlio cadere al primo colpo. Umiliato, battuto in mille occasioni dal primo bellimbusto di studentello cittadino. 190 Idee che nella rete volano Forse il semaforo o il rubinetto (opera di mano d’uomo) valgono più del bosco (opera di Dio)? Forse che fra le cognizioni c’è una gerarchia di valori? Alcune (quelle di città) nobili e utili; altre (quelle del bosco) ignobili e vane. Se quella gerarchia si dovesse fare, vorrei che le cognizioni del bosco fossero innanzi a quelle del programma TV o a quelle dell’ultimo ritrovato americano per far la vita comoda e non virile. Ma quella gerarchia non esiste. Il sapere è nobile sempre, quando è conoscenza del creato di Dio. Io son sicuro dunque che la differenza fra il mio figliolo e il vostro non è nella quantità né nella qualità del tesoro chiuso dentro la mente e il cuore, ma in qualcosa che è sulla soglia fra il dentro e il fuori, anzi è la soglia stessa: la Parola. I tesori dei vostri figlioli si espandono liberamente da quella finestra spalancata. I tesori dei miei sono murati dentro per sempre e insteriliti. Ciò che manca ai miei è dunque solo questo: il dominio sulla parola. Sulla parola altrui per afferrarne l’intima essenza e i confini precisi, sulla propria perché esprima senza sforzo e senza tradimenti le infinite ricchezze che la mente racchiude. Sono otto anni che faccio scuola ai contadini e agli operai e ho lasciato ormai quasi tutte le altre materie. Non faccio più che lingua e lingue. Mi richiamo dieci, venti volte per sera alle etimologie. Mi fermo sulle parole, gliele seziono, gliele faccio vivere come persone che hanno una nascita, uno sviluppo, un trasformarsi, un deformarsi. Nei primi anni i giovani non ne vogliono sapere di questo lavoro, perché non ne afferrano subito l’utilità pratica. Poi pian piano assaggiano le prime gioie. La parola è la chiave fatata che apre ogni porta. L’uno se ne accorge nell’affrontare il libro del motore per la patente. L’altro fra le righe del giornale del suo partito. Un terzo s’è buttato sui romanzieri russi e li intende. Ognuno di loro se n’è accorto poi sulla piazza del paese e nel bar dove il Dottore discute col farmacista a voce alta, pieni di boria. Delle parole afferra oggi e ogni sfumatura. S’accorge solo ora che esprimono un pensiero che non vale poi tanto quanto pareva ieri, anzi pochino. I più arditi han provato anche a metter bocca. Cominciano a inchiodar il chiacchierone sulle parole che ha detto. «Parole come personaggi» si chiama una tua rubrica. Ecco, questo è appunto il mio ideale. Quando il povero saprà dominare le parole come personaggi, la tirannia del farmacista, del comiziante e del fattore sarà spezzata. Una utopia? No. E te lo spiego con un esempio. Un medico oggi, quando parla con un ingegnere o con un avvocato discute da pari a pari. Ma questo non perché ne sappia quanto loro di ingegneria o di diritto. Parla da pari a pari perché ha in comune con loro il dominio della parola. Ebbene a questa parità si può portare l’operaio e il contadino senza che la società vada a rotoli. Ci sarà sempre l’operaio e l’ingegnere, non c’è rimedio. Ma Idee che nella rete volano 191 questo non importa affatto che si perpetui l’ingiustizia di oggi per cui l’ingegnere debba essere più uomo dell’operaio (chiamo uomo chi è padrone della sua lingua). Questa necessità non fa parte delle necessità professionali, ma delle necessità di vita d’ogni uomo, dal primo all’ultimo che si vuol dir uomo 1. In tempo di crisi come quello attuale che stiamo vivendo, avere tra le mani una lettera di questo genere può risultare un compito di non facile lettura. Afferrarne il senso, capirne l’intenzionalità... o semplicemente, tenere riga fino alla fine senza “voltare pagina” evitando di saltare qua e là sarebbe già di per sé una vera conquista. Ciò per il semplice, ed inequivocabile fatto, che lo si farebbe senza alcuna particolare forma di pregiudizio: Leggo solamente per il gusto di leggere e di vedere che c’è alla fine; sgombero la mente, l’alimento di parole, ne afferro il senso. Sarebbe legittimo pensare in egual modo in ogni occasione che racchiuda in sé la «lettura»; quel processo che ci «permette di recuperare e comprendere informazioni o idee conservate o immagazzinate in forma scritta»2. Inteso però nel senso originario del termine la «lettura» indica il «raccogliere con gli occhi i segni della scrittura»3. In conclusione, potrebbe star ad indicare non-interpretazione. Sarebbe molto più facile, dunque, e soprattutto meno dispendioso, che a custodirla fossimo noi: uomini, secondo la parola di Don Milani, padroni della nostra lingua ma soprattutto, liberi di scegliere. Pur nei limiti che la stessa libertà ci impone. A volte, però, risulta quasi impossibile spogliarsi del proprio o altrui pregiudizio: perché nell’era della digitalizzazione, tra le «insidie di un mercato iperliberalizzato»4, questioni relative a «proprietà intellettuali»5, 1 Saper dominare le parole da Lettere di Don Lorenzo Milani (1923-1967), Mondadori, Milano, 1970 in U. BERNARDI, Educazione civica Con interventi su Costituzione, civiltà del computer, mass-media e con intervista al Presidente della Repubblica di Gaspare Barbiellini Amidei, Minerva Italica, Bergamo, 1990, pp. 184-86. 2 Cfr. «La Voce» Lettura in http://www.wikipedia.it [03 novembre 2010]. 3 Difatti solo in un secondo momento si passò al significato di «leggere». Cfr. lemma Leggere in http://www.educational.rai.it [consultato l’11 aprile 2010]. 4 I. MORDIGLIA, Svendere libri. Editori a confronto sulle insidie di un mercato iperliberalizzato (un breve resoconto del Convegno L'Europa non fa più sconti tenutosi a Torino il 14 maggio 2009), in http://www.ospiteingrato.org [consultato l’11 aprile 2010]. 192 Idee che nella rete volano e libri pesanti che proprio non ne vogliono sapere di andare in soffitta definitivamente6, ci si perde quasi senza rendersene conto tra una miriade di termini e di informazioni digitali che ci catturano privandoci del nostro senso. Sarebbe bello, e non utopico, come dire: leggere liberandosi di tutto e di tutti, ri-stabilire un rapporto primitivo con la lettura che ci faccia “acquistarne” il senso più vero… quello originario di partenza e legato alle emozioni istantanee dell’autore responsabili del concepimento delle sue stesse parole. Ma, se con il tempo presente dobbiamo farci i conti, varrà il caso di rifletterci un pò su. 1.1.1. La messa in rete del Poema Pedagogico L’idea di mettere in rete il Poema pedagogico di Makarenko nasce da una esigenza strettamente pedagogica. Un’esigenza che diviene quasi un’urgenza se consideriamo la “scarsità materiale” in cui versa la lettura di questo testo. Ciò è vero se consideriamo, ad esempio, altre opere letterarie per le quali sono disponibili ben e più differenti versioni141. Per il Poema, invece, non sono attualmente commercializzate delle stampe che si possano rendere “facilmente” trovabili ai lettori. Tutto ciò accade in un contesto europeo in cui a fare da sfondo è la presenza massiccia di un «mercato iperliberalizzato» che, mentre vede gli Stati Uniti e l’Inghilterra alle prese con la guerra degli sconti, lo sviluppo smisurato del «potere contrattuale» delle grandi catene di librerie ma anche con il «potere crescente dei supermercati e di internet»; in Italia vige la giusta preoccupazione di tutelare il diritto di quella che è la realtà delle piccole e medie realtà editoriali142. D. HORROCKS, Considerazioni e consigli sul copyright nell’ambiente digitale di Dylan Horrocks in http://yanfry.wordpress.com [consultato il 1 maggio 2010]. 6 Cfr. Sempre più e-book ma il libro di carta non va in soffitta Gelmini, diamo una mano alle famiglie e un sollievo agli studenti in http://www.campus.rieti.it [consultato l’11 aprile 2010]. 141 Sono presenti in Italia 38 edizioni de I promessi sposi e 54 edizioni de La divina commedia. Cfr. JUAN CARLOS DE MARTIN, Segreti di dominio pubblico Il valore della conoscenza usata liberamente, Nòva «Il Sole24 ore» [consultato il 20 novembre 2008]. 142 Senza però garantirne una normativa che sia ispirata ad «una concezione non puramente economica dell’editoria». Cfr. I. MORDIGLIA, cit. 5 Idee che nella rete volano 193 E mentre c’è chi è contrario all’editoria on line, c’è chi «nell’ambiente digitale» ha scoperto il proprio pubblico: come Dylon Horrocks amato da molti per i suoi comics e la cui opera Hicksville è oramai un colossal143. «Artista e autore professionista a tempo pieno» – come egli stesso si autodefinisce – sostiene che «internet offra opportunità senza precedenti» affinché si crei «un nuovo pubblico che la logistica dell’editoria tradizionale ha reso impossibile»144. Quello di creare pubblico è proprio l’obiettivo che ci si propone in tale sede: un pubblico per la colonia Gorky affinché essa sia conosciuta e resa al pubblico; affinché diventi parlata ma non interpretata, semplicemente, letta. E affinché un’Opera di tale portata pedagogico-didattica si avvicini meglio alle menti dei lettori i quali, liberi di scegliere, sperimenteranno il gusto del sapere afferrando delle parole ogni sfumatura. Un rinnovamento di cultura, della nostra innanzitutto per far sì che sia posta successivamente a chi, dinanzi a noi, tenta di capire. E ciò non ha prezzo. Come viceversa non ha prezzo il «tenere ancora in piedi accanto al computer» e «senza mandare in soffitta le pagine di carta stampata». Perché alla fin fine il Poema pedagogico proprio per la sua, semplice ed inequivocabile natura, reggerà il paragone… e che non chiamerà di certo in causa alcuno se qualcuno, da qualche parte, sentirà il bisogno di ricordarlo come: «Il grande libro del bosco di Anton Semenovyč Makarenko». Proviamo tutti a leggere il Poema. E non stupiamoci se, solo in un secondo momento, ci accorgiamo che «quelle parole» «esprimono un pensiero che non vale poi tanto quanto pareva ieri». 143 144 Cfr. D. HORROCKS, cit. Ibidem. Documentazione 8 198 Documentazione 8 Documentazione 8 199 200 Documentazione 8 Documentazione 8 201 202 Documentazione 8 Documentazione 8 203 204 Documentazione 8 e-book, il libro del futuro Caterina Saccomanno 1.1 Nascita dell’e-book Non è facile risalire alla data di nascita di una tecnologia. In particolare quando il nuovo strumento fa la propria comparsa all’interno del complesso mondo del sapere. La rivoluzione dell’e-book sembra infatti lanciare una sfida particolarmente ambiziosa alla secolare cultura del libro e della testualità. Per studio o per svago, o semplicemente per risparmiare, potremmo avere necessità di un determinato libro gratis, magari in lingua originale. Basta fare una semplice ricerca su google ed ecco che si apre il mondo del pear to pear. Invece di uscire di casa, andare alla ricerca della libreria più vicina, con un semplice click del mouse si può scaricare il libro che stiamo cercando (ammesso che sia stato precedentemente caricato sul sito). Ecco fatto si avrà così il download che ci serve a costo zero e con nessuna perdita di tempo. Da quando è nato il web praticamente, un esercito di volontari appassionati di libri, sparsi nel mondo stanno trascrivendo telematicamente, con appropriati softwares (tipo OCR), libri freeware (scaricabili gratuitamente) contribuendo ad alcuni progetti di diffusione del libro online. Poi ci sono casi sporadici, e spesso non ben coordinati tra loro, in cui viene messo in rete un libro mentre viene distribuito nelle librerie. La storia dell’e-book ha origine intorno alla fine degli anni novanta, in seguito all’affermazione dei siti commerciali per la vendita di libri (cartacei) on line, i quali iniziarono ad offrire ai propri clienti contemporaneamente alle librerie, oltre alla versione cartacea, anche una trasposizione digitalizzata dei libri in uscita. Secondo alcuni l’idea del libro elettronico è nata insieme a quella del personal computer, partorita dalla fervida mente di Alan Kay. Kay è: 206 e-book, il libro del futuro un informatico statunitense. Inventore del linguaggio di programmazione Smalltalk145, è uno dei padri della programmazione orientata agli oggetti. Inoltre ha concepito i laptop146, ha inventato le interfacce grafiche moderne, ha contribuito a creare ethernet147 ed il modello client-server148. […] Nel 1968 Kay concepì l'idea di un dispositivo, da lui chiamato Dynabook, che avrebbe dovuto essere "un personal computer interattivo e portatile, accessibile come un libro”. L’idea del Dynabook fu alla base del lavoro svolto dallo studioso presso lo Xerox Palo Alto Research Center (PARC). Qui videro la luce le graphical user interfaces; concetti come quello di “finestra”, “icona”, “doppio click” furono sviluppati presso il Parc anche grazie al decisivo contributo di Alan Kay, il quale era ispirato e guidato dalla sua originale visione di “libro dinamico” 149. Un importante passo avanti nella storia dell’e-book è rappresentato dall’interesse per i testi letterari in formato elettronico suscitato dal Project Gutenberg (Progetto Gutenberg). Siamo nel lontano 1971, in un certo senso siamo ancora agli albori dell’epoca informatica, Michael Hart è uno studente dell’università dell’Illinois. Egli ebbe in modo del tutto casuale la possibilità di accedere al mainframe Xerox Sigma V., un costosissimo computer del Materials Research Lab dell’Università. Hart ottenne un account con 100.000.000 di dollari in tempo computer; egli decise che il modo migliore per sfruttare la costosa potenza del computer consisteva nell’archiviazione, nel recupero e nella ricerca delle informazioni contenute nel patrimonio librario mondiale, al fine di diffondere, sfruttando le possibilità offerte dalla tecnologia digitale, il patrimonio culturale dell’umanità al maggior numero di persone possibile. Animato da questi nobili propositi Hart cominciò a digitare manualmente sul suo terminale il testo della Smalltalk è un linguaggio di programmazione orientato agli oggetti con gestione dinamica dei tipi e con un paradigma di programmazione riflessivo. http://it.wikipedia.org/wiki/Smalltalk [consultato nel mese di aprile 2010]. 146 Un computer portatile, spesso abbreviato in portatile, anche chiamato notebook o, più raramente, laptop, è un personal computer dotato di display, tastiera e alimentazione a batteria, tutto integrato nello stesso telaio e caratterizzato da dimensioni e peso ridotti in modo da permetterne un facile trasporto ed un uso in mobilità. http://it.wikipedia.org/wiki/Laptop. [consultato nel mese di aprile 2010]. 147 Ethernet è il nome di una famiglia di tecnologie per reti locali. http://it.wikipedia.org/wiki/Ethernet [consultato nel mese di aprile 2010]. 148 http://it.wikipedia.org/wiki/Alan_Kay [onsultato nel mese di aprile 2010]. 149 http://ww2.unime.it/digisic/documentazione/codifica_baltico/html/II.2.html [consultato nel mese di aprile 2010]. 145 e-book, il libro del futuro 207 Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti: prendeva così l’avvio il Project Gutenberg. Nel giro di pochi anni al capostipite Hart si aggiunse una folta serie di volontari “amanuensi elettronici”, i quali contribuirono a creare il più noto e ricco archivio testuale presente su Internet. Il Progetto Gutenberg ospita opere ormai libere dai diritti d’autore codificate […]150. 1.1.1. L’utilizzo dell’e-book L’e-book è la rappresentazione elettronica di un libro, destinata all’accessibilità e fruibilità elettronica. Ma non è affatto detto che tale fruibilità debba essere in rete. L’e-book può essere letto e venduto attraverso il nostro personal computer o pocket computer, ma anche attraverso appositi lettori. Il primo lettore dedicato per e-book è stato il Rocket e-book prodotto dalla Nuvomedia, una società fondata nel 1998 con il supporto dei capitali di Bertelsmann Ventures e della Barnes & Noble. Il dispositivo, una tavoletta di non più di un chilo di peso dotata di uno schermo monocromatico a cristalli liquidi sensibile al tocco, è stato presentato nel corso della Fiera del Libro di Francoforte nel 1998. Nello stesso anno sono iniziate le vendite dei titoli per il Rocket ebook, le “Rocket Editions”, nella libreria on line di Barnes&Noble, numerosi altri editori hanno in seguito adottato il formato Rocket per le proprie edizioni elettroniche. Il Rocket e-book ha di poco strappato la palma di primo e-book reader device portatile ad un altro dispositivo, il Softbook, prodotto dalla Softbook Press. Il Softbook presenta caratteristiche analoghe al lettore della Rocket fatta eccezione per la presenza di un modem interno che permetteva di scaricare direttamente da Internet il libri elettronici per l’apparecchio 151. http://ww2.unime.it/digisic/documentazione/codifica_baltico/html/II.2.html [consultato nel mese di aprile 2010]. 151http://ww2.unime.it/digisic/documentazione/codifica_baltico/html/II.2.html [consultato nel mese di aprile 2010]. 150 208 e-book, il libro del futuro 1.2. L’m-book Nonostante gli autobus e le metropolitane siano affollatissime, la gente non rinuncia mai alla compagnia di un buon libro o del giornale del mattino. In questo periodo c’è chi legge L’eleganza del riccio di Muriel Barbery, chi sfoglia il giornale del mattino e c’è chi, invece, attira l’attenzione perché non sfoglia a fatica il giornale né tantomeno ha nelle mani un tascabile Feltrinelli. L’ignaro sconosciuto attira l’attenzione perché ha nelle mani un m-book. L’m-book è un nuovo concetto di lettura. Significa leggere attraverso il cellulare. Con l’uso di m-Book il telefonino diventa un vero e proprio lettore di testi: qualsiasi contenuto informativo, comprese le immagini, potrà essere trasferito sul cellulare. In particolare si pensi ad articoli, intere riviste,dispense universitarie, libri di testo, nonché formulari, libretti di orari e dizionari. La lettura sul cellulare è molto simile alla lettura su giornali o riviste, con la differenza che è visualizzata solo una porzione del testo. Cos’è un m-book? m-book è un programma per dispositivi mobili, in particolare i telefonini che supportano la tecnologia JAVA MIDP 2.0. Un programma per cellulare differisce molto da un programma per computer. A differenza di un programma per computer, che è organizzato per finestre, un m-book usa le “viste”. Per vista si intende ciò che è correntemente visualizzato sul display del cellulare. Le viste più importanti di un m-Book sono: vista testo vista immagini vista menù vista impostazioni Ogni vista occupa totalmente l’area dello schermo ed è possibile muoversi tra le viste attraverso i tasti del telefonino. Il testo che si decide di portare sul cellulare e l’applicazione sono distribuiti in un unico pacchetto, cioè un file unico, in formato JAR (il formato per le applicazioni Java) che può essere trasferito sul telefonino152. 152http://www.lswn.it/tecnologie/articoli/m_book_libri_e_documenti_a_portata_ di_cellulare [consultato nel mese di aprile 2010]. e-book, il libro del futuro 209 1.3. Il fenomeno dei keitai shosetsu I keitai shōsetsu sono il nuovo movimento letterario giapponese sviluppatosi nell’ultimo decennio. Il termine tradotto significa “romanzi per il cellulare”. Si tratta appunto di romanzi virtuali che, non solo vengono letti, ma anche scritti sullo schermo del proprio telefono cellulare da giovani autori/autrici amatoriali, non necessariamente interessate alla letteratura, le quali narrano con genuina semplicità le loro esperienze di vita sociale, introducendo al tempo stesso un nuovo tipo di scrittura all’occidentale. Lo stesso termine comprende anche gli e-book, ovvero libri nati in forma cartacea e poi trasposti in versione elettronica per essere letti principalmente sul PC o palmare, e recentemente anche con il cellulare. Per i keitai shōsetsu il procedimento è inverso, in quanto nascono in versione elettronica e quelli di maggior successo vengono pubblicati in forma cartacea. 210 e-book, il libro del futuro e-book, il libro del futuro 211 1.4. Conclusione L’articolo di Fabio Di Gianmarco sottolinea quanto la nostra società sia in continua evoluzione. Una sorta di guerra contro il tempo che riflette i cambiamenti di una società. La domanda adesso è una sola: chi vincerà la lotta e-book book? Anche in questo, il modo di pensare della gente è diviso, c’è chi non rinuncia al piacere di un buon libro sul comodino e chi apprezza le sfaccettature, nonché la leggerezza, di quello tecnologico. L’unica certezza è che il libro tecnologico riflette il mondo d’oggi; un mondo fatto di ipod, di film a 3d e di psp153. Al contrario il libro cartaceo non è soltanto l’insieme di fogli che contengono un testo stampato o manoscritto, rilegati e provvisti di copertina. Esso può essere un passatempo, certo, ma anche qualcosa in grado di farci ridere, commuovere, pensare e sognare. Il libro rappresenta un rifugio, un mondo dal quale imparare e prendere appunti per la vita. Il libro è la storia del cammino che l’uomo ha compiuto e le pagine che noi teniamo tra le mani sono i passi che separano l’uomo primitivo da l’uomo di oggi. 153 PlayStation Portable. Legittimità giuridica Federica Saraceni 1.2. Mettere in rete il Poema pedagogico: legittimità giuridica La discussione sul rapporto tra copyright e diffusione del sapere è iniziata con la lettura di un articolo tratto da un inserto de Il sole 24 ore154, il cui argomento era appunto il rapporto tra diritti d’autore e necessità di diffondere il più possibile la cultura; qual è il giusto equilibrio tra interessi degli autori, e diritto della collettività ad accedere con facilità al sapere e alla cultura? Come raggiungere una democrazia reale, nel rapporto tra l’intellettuale, colui che la cultura la produce e colui che la cultura la riceve (o vorrebbe riceverla) senza dover aspettare quasi un secolo? Abbiamo saputo infatti - leggendo l’articolo - che con il diffondersi delle tecniche a stampa e delle varie forme di riproduzione meccanica, «si decise di tutelare l’investimento fatto nella produzione dell’opera introducendo un’eccezione temporanea, […] ovvero un monopolio limitato nel tempo relativamente agli sfruttamenti economici dell’opera»155, questo per favorire il sostentamento degli autori e incentivare la produzione di opere. L’eccezione temporanea passò presto da 14 a 70 anni dopo la morte dell’autore e le libertà di utilizzo (libertà di espressione e di critica, diritto di cronaca, libertà di insegnamento e di ricerca, utilizzo in biblioteche ecc.) furono intaccate. Io personalmente, informandomi da un deputato ormai in pensione, ho saputo che durante la legislatura 1996-2001 che vedeva al governo il centrosinistra, ci fu una lunga battaglia sopratutto contro gli inasprimenti penali a tutela dei monopoli nell’utilizzo delle opere e a danno del pubblico dominio156. Infatti, afferma il deputato: J. C. DE MARTIN, Segreti di dominio pubblico. Il valore della conoscenza usata liberamente, in «Nòva/Il Sole 24 ore», 20 novembre 2008. 155 J. C. DE MARTIN, op. cit. 156 La legge sui “diritti d’autore e SIAE” è la 633/41, approvata per la prima volta nel 1941 e continuamente aggiornata tanto che oggi conta più di 200 articoli. 154 214 Legittimità giuridica riconoscere un compenso all’autore di opere dell’ingegno (arti figurative, letteratura, scienze, musica, cinema) mi sembra non solo giusto, ma anche necessario per lo sviluppo della cultura (anche gli autori hanno bisogno di mangiare…). Quello che non mi sembra giusto è l’esasperazione della tutela degli interessi patrimoniali connessi alle opere dell’ingegno che in realtà, sotto le mentite o enfatizzate spoglie della tutela dell’autore, persegue la tutela dei profitti (e a volte superprofitti) dell’industria culturale. […] Ma che non sia l’interesse degli autori a preoccupare il legislatore è dimostrato anche dal fatto che questi reati sono perseguibili d’ufficio, cioè anche nel caso in cui l’autore non ne subisca alcun danno e non se ne lamenti con una querela157. Si può trovare, dunque, il giusto equilibrio tra diritti di chi crea l’opera dell’ingegno e diritto della comunità alla conoscenza, in una società governata dal nonsenso e dove anche la cultura e il sapere sono stati degradati a merce? Arriviamo così al giudice Gennaro Francione158, che ha elaborato (parole sue) «una nuova teoria del diritto d’autore in chiave nettamente anticopyright»159 e coerente col suo pensiero assolve nel 2001 quattro venditori di cd contraffatti per «stato di necessità» (fame), la sentenza fu definita dal giudice stesso anticopyright160. La sentenza di Francione è certamente una bella testimonianza della coscienza di un giudice che non si arrende alle iniquità di una legge. Ha potuto farlo ricorrendo ad un istituto (lo “stato di necessità”), che consente di dire, quando se ne ha la sensibilità e la voglia, che non si può essere puniti per un reato di lieve entità commesso per procurarsi il proprio sostentamento. Ma non credo, ahimé, che la sua decisione abbia avuto molto seguito. Non so neppure se è stata impugnata e riformata nei gradi successivi di giudizio e se, quindi, si Intervista a un deputato ormai in pensione, autore di lunga battaglia parlamentare, durante la discussione che ha portato all’approvazione della legge 18 agosto 2000, sopratutto contro gli inasprimenti penali a tutela dei monopoli nell’utilizzo delle opere e a danno del pubblico dominio. In allegato si trova l’intera intervista. 158 G. Francione, è nato a Torre del Greco, 1 aprile 1950 è uno scrittore italiano, ha svolto anche attività di attore e regista teatrale, saggista, pittore. È stato inoltre Consigliere di Corte di Cassazione, giudice presso la sezione penale del Tribunale penale di Roma e membro del comitato scientifico del Centro Studi Informatica Giuridica di Firenze. Cfr. il sito http//:www.wikipedia.it [consultato il 10 maggio 2010]. 159 G. FRANCIONE, E io giudice vi spiego perché lo combatto, in «Gli Altri», senza data. 160 In allegato la sentenza scaricata dal sito http://www.antiarte.it [consultato il 20 aprile 2010]. 157 Legittimità giuridica 215 possa dire che, almeno in un caso, la giustizia italiana abbia definitivamente riconosciuto che l’esigenza di sopravvivenza di un uomo meriti maggior tutela del bollino SIAE161. Il giudice sostiene che «l’opera non sia dell’autore ma dell’Umanità» e che a questi si possa riconoscere «una paternità morale e un limitato diritto di sfruttamento commerciale»; per questo, ha deciso di andare oltre le Creative Commons162 che «sono comunque sottoposte alla volontà dell’autore che potrebbe anche non rilasciarle» e di intendere l’anticopyright come imposizione all’autore della diffusione libera e gratuita delle sue opere nella Cyberteca Universale. Ma in concreto, come funziona l’anticopyright? Finisce il ricatto del prodotto artistico che può essere utilizzato solo pagando. L’arte è di tutti! Con l’anticopyright, se hai i soldi, paghi il mio prodotto confezionato (ad es. il libro cartaceo). Se hai pochi soldi, paghi il prodotto degradato (dvd, cd, dischetto ecc.). Se non hai i soldi, usufruisci gratuitamente della mia opera in rete. Ciò grazie alla cyberteca universale dove ogni autore è tenuto a depositare e mostrare la sua opera. […] concludendo, il motto del copyright è (ricatto legale = old economy) “Prima paghi e poi leggi”; il motto dell’anticopyright (potlach = dono vicendevole della new economy) è: “Prima leggi, ascolti etc. e poi, eventualmente paghi”163. In questa maniera il guadagno per l’autore sta prima di tutto nel vedere diffusa la sua opera, ma, poi anche nella vendita - che comunque rimane - del prodotto confezionato o degradato e nel compenso che riceve dal server per il tempo necessario a scaricare l’opera. Si potrebbe contestare che anche chi non ha i soldi dovrebbe avere il diritto di usufruire di un prodotto confezionato e no degradato, ma questo è un problema sociale e politico che non trova spazio in queste righe e che non può di certo essere risolto da una singola persona. Nel conteDall’intervista al deputato. Queste licenze, in sostanza, rappresentano una via di mezzo tra "full-copyright" e "public domain": da una parte la protezione totale realizzata dal modello "All Rights Reserved" (tutti i diritti riservati) e dall'altra l'assenza totale di diritti ("no rights reserved"). La filosofia su cui si fonda lo strumento giuridico delle licenze CC si basa sul motto "Some Rights Reserved" (alcuni diritti riservati): l’autore di un'opera può decidere quali diritti riservarsi e quali concedere liberamente. Cfr. il sito http://www.wikipedia.com [consultato il 9 maggio 2010]. 163 G. FRANCIONE, op. cit. 161 162 216 Legittimità giuridica sto dato, il nostro, dove anche la cultura e il sapere sono degradati a merce è già un passo avanti mettere comunque chiunque nella condizione di poter quanto mento conoscere un’opera. È proprio questo che avviene con l’anticopyright. E così, come per l’antipedagogia di Makarenko, anche per l’anticopyright di Francione il contesto in cui si opera e il buonsenso sono ingredienti principali per dare risposte giuste e costruttive. Dalla sentenza si legge: Nel merito valga quanto segue. La consuetudine è una manifestazione della vita sociale che si concreta in un'attività costante ed uniforme dello Stato-comunità (Tesauro). Ad essa può essere attribuita funzione di mezzo d'interpretazione di principi e norme (consuetudine interpretativa) ma anche di fatto idonea a disapplicare la norma scritta (consuetudine abrogativa). Nessuna norma, invece, vieta la consuetudine interpretativa che anzi il magistrato penale applica continuamente come nei processi indiziari ad esempio, quando tenda a trarre conclusioni da comportamenti umani logici e regolari individuati in un ambiente con un determinato background socioculturale. background socioculturale. Anche la legge penale va interpreta alla luce del mondo concreto in cui si sviluppa, con tensione dinamica e non statica ad evitare una discrasia tra il dover essere normativo e quello reale. "La dottrina - come leggiamo in Antolisei - è concorde nell'attribuire alla consuetudine la più grande importanza nell'interpretazione della legge, specie nei riguardi dei fatti che sono valutati in diverso modo nei vari ambienti sociali" (F. Antolisei, Manuale di diritto penale, Parte generale - Giuffrè Milano, 1969, p. 51-52, in cui si cita il Codex iuris canonici <ca. 29>: Consuetudo est optima legum interpres). La legge e la giustizia vanno applicate in nome del popolo ad esso spettando la sovranità (art. 1 della Cost.) e il metro di questa sintonia è proprio la rispondenza piena del popolo alle leggi penali emanate dal Parlamento, il quale può andare "controcorrente" quando contraddica lo spirito del comune sentire della popolazione che ad esso ha dato mandato, incorrendo in tal maniera di fatto nella disapplicazione della norma scritta. Nel caso di specie la norma repressiva di base, la protezione penalistica - e non meramente civilistica del diritto d'autore - è desueta di fatto per l'abitudine di molte persone di tutti i ceti sociali, che, in diuturnitas, ricorrono all'acquisto di cd per strada o li scaricano da Internet 164. 164 L’intera sentenza scaricata dal sito http://www.antiarte.it [consultato il 20 aprile 2010], si trova in allegato. Legittimità giuridica 217 Partendo dai fatti reali, dal dato certo che tutti comprano cd per strada, che tutti scaricano la musica e altro dalla rete, che i giovani extracomunitari non avevano altra fonte di sostentamento perché non siamo in un contesto sociale capace di garantire i mezzi di sussistenza ai meno abbienti e che il danno sociale provocato dalla vendita era praticamente inesistente, il giudice, ha elaborato una sentenza caratterizzata da una onesta capacità e elasticità di interpretare la legge, sostanzialmente da un grande buonsenso, che gli ha provocato un procedimento disciplinare intrapreso dall’allora Ministro della giustizia Castelli. Una sentenza antigiuridica dunque e proprio per questo molto pedagogica, basti leggere questo ulteriore passaggio della sentenza: Nel caso di specie è innegabile che il venditore di cd è un extracomunitario che agisce spinto dal bisogno di alimentarsi. Una vecchia giurisprudenza escludeva lo stato di necessità per chi agisca spinto da necessità attinenti all'alimentazione "poiché la moderna organizzazione sociale, venendo incontro con diversi mezzi ed istituti agli indigenti, agli inabili al lavoro e ai bisognosi in genere, elimina per costoro il pericolo di restare privi di quanto occorre per <omissis> il loro sostentamento quotidiano"(Cass. Sez. III 24 maggio 1961, P. M. c. De Leo, Giust. pen. 1962, II 81, m. 68). Trattasi di giurisprudenza riferentesi a un contesto sociale diverso da quello attuale dove l'entrata in massa di extracomunitari rende praticamente impossibile predicare l'esistenza di organizzazioni atte ad accoglierli e a nutrirli in massa. E quindi più che mai si pone il problema di affrontare modi e forme del loro sostentamento, rendendosi necessario ampliare il concetto di stato di bisogno quando vengano da essi commesse infrazioni minime al consesso sociale, soprattutto in materie ai limiti del danno puramente civile, ove questo stesso mai esista. Ciò è tanto più vero ove si pensi che il fondamento della scriminante è stato colto nell'istinto della conservazione, incoercibile nell'uomo (Maggiore, Diritto Penale, Parte generale, 5a ed., Bologna 1951, p. 319). 1.2.1. Oltre la legittimità giuridica Ma, la legittimazione della diffusione di un’opera, della nostra opera165, non può essere solo giuridica (questo è solo un aspetto, da non sottovalutare per evitare di passare i guai); ciò che in questo lavoro, in questa sede (il laboratorio Makarenko) ci interessa è anche la legittimazione pedagogica, sociale, culturale. 165 Il professor Siciliani, sono certa mi consentirà il pronome plurale nel parlare della nuova edizione del Poema pedagogico. 218 Legittimità giuridica Cosa ci muove a mettere in rete il Poema pedagogico? Una prima risposta può arrivare dalle parole di un soldato anonimo, citate nel retrocopertina del libro I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”166: La sorte mi ha portato su molte e lunghe strade di guerra. Non ho preso nulla con me dalla mia casa di Leningrado. Ho preso solo una cosa a me cara: il Poema pedagogico. E questo libro è adesso con me. Mi ha insegnato molte cose nella vita, e ancora me ne insegna. Come ho detto in principio, credo che tutti dovrebbero leggere il Poema pedagogico che, secondo me, ha un grande valore letterario e pedagogico. È un romanzo d’infanzia ma è anche un romanzo di vita che può lasciare qualcosa a chiunque; tante volte in questi anni mi è capitato di dire a qualcuno: «dovresti leggere il Poema pedagogico» e non nascondo di averne regalate alcune copie. È giusto quindi, forse doveroso (e anche lecito, visto che Makarenko è morto esattamente 71 anni fa)167, metterlo in rete. Non credo tra l’altro che questo ne comporti una svalutazione; chi si appassionerà all’opera, chi ne riconoscerà il valore, non potrà fare a meno di averlo nella sua biblioteca e chi non si appassionerà avrà almeno avuto modo di conoscerlo. Nel trovare una legittimazione pedagogica alla messa in rete del Poema, e quindi ad una sua maggiore diffusione, non si può non considerare l’attualità che l’opera continua ad avere. Chiunque, solo per fare un esempio, abbia un minimo di conoscenza del problema della rieducazione dei minori e non, e del problema della (in)vivibilità all’interno delle carceri, può senz’altro trovare nel Poema delle chiavi di lettura, delle modalità possibili. Ma vedo oggi, in primo luogo, quanto sia attuale e presente l’oggetto stesso del racconto, la ragione per la quale Makarenko lavorò e scrisse. Solo a voler guardare il nostro mondo così com’è, infatti è del tutto evidente che la materia viva, il primo contenuto del Poema ci riguarda ancora. Il che fare, il come poter, concretamente, affrontare la questione dei ragazzi più esclusi dalle opportunità della vita. Che siano i ragazzi privi di dimora e senza guida né accompagnamento adulto. O i ragazzi precocemente al lavoro o senza istruzione né forma- 166 N. SICILIANI DE CUMIS, I bambini di Makarenko il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, Pisa, Edizioni Ets, 2002. 167 Makarenko morì a Mosca il primo aprile del 1939. Legittimità giuridica 219 zione. O i ragazzi che lungo la loro via hanno incontrato tanta sfortuna da avere imboccato strade crudeli168. L’esperienza di Makarenko investe un po’ tutto il campo educativo assumendo un carattere pedagogicamente e sperimentalmente universale, proprio per la metodologia usata che costringe a trovare praticamente e nelle condizioni date (non in astratto dunque), soluzioni ai problemi educativi, sociali e pedagogici di fronte ai quali ci si trova. Esperienza, dunque, che genera nuova esperienza, pratica educativa e teoria. A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico. A cura di N. SICILIANI DE CUMIS. Con la collaborazione di F. Craba, E. Konovalenko, O. Leskova, E. Mattia, B. Paternò, A. Rybčenko, M. Ugarova e degli studenti dei corsi di Pedagogia generale I nell’Università di Roma “La Sapienza” 1992-2009, L’albatros, Roma 2009, p. XXXI 168 Documentazione 9 Intervista a un ex deputato Riconoscere un compenso all’autore di opere dell’ingegno (arti figurative, letteratura, scienze, musica, cinema) mi sembra non solo giusto, ma anche necessario per lo sviluppo della cultura (anche gli autori hanno bisogno di mangiare). Quello che non mi sembra giusto è l’esasperazione della tutela degli interessi patrimoniali connessi alle opere dell’ingegno che in realtà, sotto le mentite o enfatizzate spoglie della tutela dell’autore, persegue la tutela dei profitti (e a volte superprofitti) dell’industria culturale. Questo mi sembra particolarmente evidente nella evoluzione della tutela penale, con particolare riguardo ai profitti connessi alle opere musicali, che negli ultimi tempi hanno avuto una straordinaria diffusione, anche in virtù del facile accesso agli strumenti di riproduzione. Proprio su questo terreno si registra il primo serio intervento di repressione penale, con la comparsa e la diffusione popolare delle musicassette, che rischia di mettere in crisi i profitti delle Major, monopoliste, in pratica, della produzione e della diffusione della musica. Dalle musicassette l’intervento penale e stato via via esteso ai nuovi supporti con successivi adeguamenti legislativi. L’intervento penale ha conosciuto qualche momento di gloria quando è riuscito a toccare alcune organizzazioni criminali, in particolare la camorra napoletana, che riproducevano e distribuivano musicassette su larga scala (non so se il fenomeno ancora permane). Questo mi pare il terreno proprio dell’intervento penale, ma è anche il terreno più difficile, perché esige buona organizzazione degli uffici giudiziari, indagini lunghe e laboriose, investigatori volenterosi e capaci. Non sempre (o quasi mai) si trovano riunite tutte queste virtù. E allora, come speso accade, il legislatore prende le scorciatoie: colpire il terminale del fenomeno, che è più visibile, a volte del tutto scoperto, comunque facilmente aggredibile (che c’è di più facile di arrestare un extracomunitario che vende musicassette abusive a un semaforo?). Lo strumento principe per questo intervento è stato, ed è, il bollino SIAE. Ma i risultati sono, a volte, aberranti. Si punisce con una pesante multa e con la reclusione da sei mesi a tre anni, chi “cede a qualsiasi titolo” un supporto musicale privo del bollino: non credo ci sia nessun amatore della musica che non abbia commesso ripetutamente questo reato; tutti quelli che mi hanno regalato un CD fatto in casa lo hanno commesso… anche se non lo sanno (ed io stesso me ne ero dimenticato). 224 Documentazione 9 Per fortuna, come accade quando la repressione penale attinge simili vette di assurdità, credo che questa previsione della legge (art. 171 ter lettera d) sia rimasta sulla carta e non abbia mai conosciuto alcuna applicazione. Conosce invece frequenti applicazioni un’altra “fattispecie” prevista nello stesso articolo: è punito (sempre con la pena da sei mesi a tre anni) chi “detiene per la vendita” supporti musicali privi del bollino. È la stessa pena detentiva (ma senza la multa!) prevista, per esempio, per la c.d. corruzione impropria, cioè quando il pubblico ufficiale riceve una bustarella a compenso dell’adempimento del suo dovere (non per violarlo). Quindi, per il nostro legislatore, vendere al semaforo qualche CD senza bollino ha lo stesso (e anzi maggiore) disvalore sociale di prendere una bustarella per rilasciare una pur dovuta licenza edilizia o di polizia. E si consideri che se i CD sono più di cinquanta la pena della reclusione sale a un anno nel minimo (e quattro nel massimo). Sarebbe interessante una rilevazione statistica sui casi concreti che occupa il tempo e le scarse energie della nostra disastrata amministrazione della giustizia e calcolarne il costo per la comunità. Credo non sia azzardato supporre che questo costo superi i benefici che gli autori ricevono da una simile repressione penale. Ma che non sia l’interesse degli autori a preoccupare il legislatore è dimostrato anche dal fatto che questi reati sono perseguibili d’ufficio, cioè anche nel caso in cui l’autore non ne subisca alcun danno e non se ne lamenti con una querela. A proposito di costi per la collettività, una delle disposizioni più assurde è la pubblicazione “in uno o più quotidiani, di cui almeno uno a diffusione nazionale, e in uno o più periodici specializzati”, che deve essere indiscriminatamente disposta dal giudice, anche nei casi più banali, con la sentenza di condanna. Non so quanto costi ognuna di queste pubblicazioni (che restano quasi sempre a carico dell’amministrazione e quindi della collettività), ma credo alcune centinaia di euro. Sarebbe interessante sapere quante volte è comparsa su un quotidiano a tiratura nazionale, oltre che su una rivista specializzata, la condanna di una extracomunitario colto in flagrante detenzione di CD senza bollino. Queste sono alcune delle storture che qualcuno a suo tempo tentò di eliminare dalla legge che si andava approvando verso la fine della XIII legislatura. Altre era riuscito ad evitarle, la legge andava necessariamente approvata (e lo fu, con una maggioranza schiacciante di di centro-sinistra e centro-destra), con urgenza, prima di andare in vacanza. E infatti porta la data del 18 agosto 2000. La sentenza di Francione è certamente una bella testimonianza della coscienza di un giudice che non si arrende alle iniquità di una legge. Ha potuto farlo ricorrendo ad un istituto (lo “stato di necessità”), che consente di dire, quando se ne ha la sensibilità e la voglia, che non si può essere puniti per un reato di lieve entità commesso per procurarsi il proprio sostentamento. Ma non Documentazione 9 225 credo, ahimé, che la sua decisione abbia avuto molto seguito. Non so neppure se è stata impugnata e riformata nei gradi successivi di giudizio e se, quindi, si possa dire che, almeno in un caso, la giustizia italiana abbia definitivamente riconosciuto che l’esigenza di sopravvivenza di un uomo meriti maggior tutela del bollino SIAE. Sentenza anticopyright169 Motivi della decisione Mohammed Tizio, colto in possesso di cd sprovvisti di contrassegno SIAE e abusivamente duplicati, è stato tratto a giudizio, chiamato a rispondere dei reati di cui alla rubrica. In via preliminare il Giudice, dopo aver accertato che non risultano nelle carte del P. M. atti tendenti a dimostrare che il prevenuto straniero abbia altre forme di sostentamento oltre quella illecita rilevata, invitava le parti a svolgere i loro rilievi, considerando che ricorresse un caso di obbligo di immediata declaratoria di causa di non punibilità ex art. 129 c.p.p. per aver l'imputato agito in stato di necessità essendo mosso nella sua azione di venditore di cd contraffatti dalla necessità di salvare se stesso dal pericolo attuale di un danno grave alla salute e alla vita rappresentato dal bisogno alimentare non altrimenti soddisfatto. Essendosi opposto il P. M. per la declaratoria de quo e avendo la difesa concordato, il Giudice si ritirava in Camera di Consiglio per la decisione, rilevando la sussistenza dell'esimente ex art. 54 c. p. sulla base delle seguenti considerazioni. In via preliminare va notato che la vecchia giurisprudenza secondo cui l'onere della prova incombeva all'imputato risulta superata dal nuovo 111 della Cost. e dal giusto processo instaurando per il quale, nella paritaria posizione delle parti, è compito del giudice, in un rinnovato spirito del favor rei, valutare anche d'ufficio già a monte qualunque elemento possa escludere la responsabilità del prevenuto. Nel merito valga quanto segue. La consuetudine è una manifestazione della vita sociale che si concreta in un'attività costante ed uniforme dello Stato-comunità(Tesauro). Ad essa può essere attribuita funzione di mezzo d'interpretazione di principi e norme(consuetudine interpretativa) ma anche di fatto idonea a disapplicare la norma scritta(consuetudine abrogativa). Il nostro ordinamento considera contra legem la consuetudine abrogativa perché contraria al dettato dell'art. 8 delle preleggi che comporta l'applicabilità della consuetudine(usi) solo se richiamata da leggi e regolamenti. 169 La sentenza è stata scaricata dal sito http://www.antiarte.it e non è stata modificata né corretta, eventuali errori sono dunque “originali”. 228 Documentazione 9 Nessuna norma, invece, vieta la consuetudine interpretativa che anzi il magistrato penale applica continuamente come nei processi indiziari ad esempio, quando tenda a trarre conclusioni da comportamenti umani logici e regolari individuati in un ambiente con un determinato background socioculturale. Anche la legge penale va interpreta alla luce del mondo concreto in cui si sviluppa, con tensione dinamica e non statica ad evitare una discrasia tra il dover essere normativo e quello reale. "La dottrina - come leggiamo in Antolisei - è concorde nell'attribuire alla consuetudine la più grande importanza nell'interpretazione della legge, specie nei riguardi dei fatti che sono valutati in diverso modo nei vari ambienti sociali"(F. Antolisei, Manuale di diritto penale, Parte generale - Giuffrè Milano, 1969, p. 51-52, in cui si cita il Codex iuris canonici <ca. 29>: Consuetudo est optima legum interpres). Secondo Antolisei è addirittura da ammettersi la consuetudine integratrice o praeter legem che sorga per integrare i precetti della legge qualora essa non si risolva in danno dell'imputato(F. Antolisei, ibid.). La legge e la giustizia vanno applicate in nome del popolo ad esso spettando la sovranità(art. 1 della Cost.) e il metro di questa sintonia è proprio la rispondenza piena del popolo alle leggi penali emanate dal Parlamento, il quale può andare "controcorrente" quando contraddica lo spirito del comune sentire della popolazione che ad esso ha dato mandato, incorrendo in tal maniera di fatto nella disapplicazione della norma scritta. Nel caso di specie la norma repressiva di base, la protezione penalistica - e non meramente civilistica del diritto d'autore - è desueta di fatto per l'abitudine di molte persone di tutti i ceti sociali, che, in diuturnitas, ricorrono all'acquisto di cd per strada o li scaricano da Internet. Anche grossi network come Napster si sono mossi da tempo in senso anticopyright e hanno permesso copie di massa dell'arte musicale. Fenomeno appena sfiorato dalle recenti sentenze degli USA che si sono espresse nel senso di regolamentare la materia della riproduzione di massa, ma con un pagamento ridottissimo in un nuovo mercato dove il guadagno dei produttori è quantificato su "minimi diffusissimi". In linea con questa strategia si è espresso recentemente il Parlamento europeo con la direttiva per "la protezione del diritto d'autore nella società dell'informatica" avanzando al più l'ipotesi di un equo compenso per gli autori per la diffusione globale della loro opera. Il fatto è che la strategia del regalo è uno dei punti centrali nel mondo digitale, tanto che si parla di free economy, economia del gratis appunto, o di gift economy, economia del regalo. "Nell'età dell'accesso si passa da relazioni di proprietà a relazioni di accesso. Quello di proprietà privata è un concetto troppo ingombrante per questa nuova fase storica dominata dall'ipercapitalismo e dal commercio elettronico, nella quale le attività economiche sono talmente rapide Documentazione 9 229 che il possesso diventa una realtà ormai superata"(Vedi New economy in http://mediamente.rai.it/biblioteca). Anche la New Economy depone, dunque, nel senso dell'arte a diffusione gratuita o a bassissimo prezzo, per rendere effettivo il principio costituzionale dell'arte e la scienza libere(art. 33 della Cost.) e quindi usufruibili da tutti, cosa non assicurata dalle attuali oligarchie produttive d'arte che impongono prezzi alti, contrari a un'economia umanistica, con economia anzi diseducativa per i giovani spesso privi del denaro necessario per acquistare i loro prodotti preferiti e spinti, quindi, a ricorrere in rete e fuori a forme diffuse di "pirateria" riequilibratrice. L'azione degli oligopoli produttivi appare quindi in contrasto con l'art. 41 della Cost. secondo cui l'iniziativa economica privata libera "non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana". Solo un'arte a portata di tasca di tutti i cittadini e soprattutto dei giovani può essere a livello produttivo umanitaria e sociale come richiesto dalla Costituzione, per far sì che davvero tutti possano godere dei prodotti artistici. In definitiva, se compito dello Stato ex art. 2 della Costituzione è rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che si frappongono al libero ed egualitario sviluppo della comunità, risulta la normativa penalistica a favore del copyright tendenzialmente abrogata di fatto ad opera dello stesso popolo per desuetudine, con azione naturale tendente a calmierare le sproporzioni economiche del mercato capitalistico in materia. Tale consuetudine non è quella abrogativa canonica ex lege ma di fatto incide sull'interpretazione della norma penalistica, quanto meno nel senso di far percepire al giudice quanto possa essere ridotta la forza cogente di una norma espressa, imposta ma non accettata dalla maggioranza del consesso sociale. Nel contempo permette di rilevare come ai fini dell'enunciando stato di necessità il fatto del vendere cassette per sopravvivere è più che proporzionato al pericolo connesso alla lesione del copyright(art. 54 ult. parte co. 1). L'azione di depenalizzazione strisciante e non legalizzata del fenomeno trova appiglio de iure condendo nei lavori della Commissione ministeriale per la riforma del codice penale (istituita con d.m. 10 ottobre 1998) che nel progetto preliminare di riforma del codice penale avanza il principio della necessaria offensività del fatto, e soprattutto, quello della sua irrilevanza penale. La Commissione ha preso innanzitutto atto del fatto "che il principio di necessaria offensività costituisce ormai connotato pressoché costante dei più recenti progetti riformatori. Esso ha trovato ingresso nello schema di legge-delega Pagliaro, che in uno dei primi articoli, collocato non a caso subito dopo la enunciazione del principio di legalità, invita a "prevedere il principio che la norma sia interpreta- 230 Documentazione 9 ta in modo da limitare la punibilità ai fatti offensivi del bene giuridico" (art. 4 comma 1). Ed è stato enunciato a tutto campo nel Progetto di revisione della seconda parte della Costituzione, licenziato il 4 novembre 1997 dalla Commissione Bicamerale: "non è punibile chi ha commesso un fatto previsto come reato nel caso in cui esso non abbia determinato una concreta offensività". La Commissione ritiene che, al di là delle opinioni specifiche di ciascuno sulle modalità di inserimento di tale principio nel codice, le posizioni sopra enunciate esprimano la esigenza insopprimibile di ancorare, anche visivamente, la responsabilità penale alla offesa reale dell'interesse protetto, nel quadro di un diritto penale specificamente finalizzato a proteggere i (più rilevanti) beni giuridici". Anche sul campo della concreta offensività la New economy ha dimostrato come addirittura la diffusione gratuita delle opere artistiche acceleri paradossalmente la vendita anche degli altri prodotti smistati nei canali ufficiali, e se ciò vale nello spazio virtuale di Internet deve valere anche nello spazio materiale con vendita massiccia di prodotti-copia che alimentano l'immagine e la vendita dello stesso prodotto smistato in via "legale". Naturalmente in questa sede la depenalizzazione in re, per mancanza di una reale offesa al copyright(tutelabile al più civilmente ma non penalmente), non può essere ancora invocata e lo si potrà probabilmente con la riforma del codice penale, ma il dato acquista rilievo di fatto ai fini di stabilire la proporzione dell'azione svolta dai venditori di cd con l'offesa arrecata ai diritti d'autore. In tema di stato di necessità, a fronte dei dubbi interpretativi suscitati dall'espressione "danno grave alla persona", ancora la Commissione succitata ci illumina avendo proposto di "chiarire quali beni siano effettivamente "salvabili" (lo schema di legge-delega Pagliaro sembra considerare rilevanti agli effetti della esimente tutti gli interessi personali propri o altrui, siano essi oggetto di pericolo di un danno grave o non grave, attengano alla integrità fisica o a quella morale della persona, compensando tuttavia questo ampliamento con una drastica delimitazione della scriminante sul terreno della proporzione)". Quanto ai venditori di cd per strada è fatto notorio che trattasi di soggetti privi di lavoro, in condizioni spesso di schiacciante subordinazione. Notoria non egent probatione, i fatti notori non richiedono prova dal momento che la nozione di fatto de quo rientra nella comune esperienza. Si aggiunga che dalle carte processuali non emergono elementi per dedurre che il prevenuto avesse altre forme di sussistenza e si può, quindi, presumere che la vendita del prevenuto oggi incriminato sia fatta esclusivamente per il proprio sostentamento vitale. Nel caso di specie è innegabile che il venditore di cd è un extracomunitario che agisce spinto dal bisogno di alimentarsi. Una vecchia giurisprudenza esclu- Documentazione 9 231 deva lo stato di necessità per chi agisca spinto da necessità attinenti all'alimentazione "poiché la moderna organizzazione sociale, venendo incontro con diversi mezzi ed istituti agli indigenti, agli inabili al lavoro e ai bisognosi in genere, elimina per costoro il pericolo di restare privi di quanto occorre per <omissis> il loro sostentamento quotidiano"(Cass. Sez. III 24 maggio 1961, P. M. c. De Leo, Giust. pen. 1962, II 81, m. 68). Trattasi di giurisprudenza riferentesi a un contesto sociale diverso da quello attuale dove l'entrata in massa di extracomunitari rende praticamente impossibile predicare l'esistenza di organizzazioni atte ad accoglierli e a nutrirli in massa. E quindi più che mai si pone il problema di affrontare modi e forme del loro sostentamento, rendendosi necessario ampliare il concetto di stato di bisogno quando vengano da essi commesse infrazioni minime al consesso sociale, soprattutto in materie ai limiti del danno puramente civile, ove questo stesso mai esista. Ciò è tanto più vero ove si pensi che il fondamento della scriminante è stato colto nell'istinto della conservazione, incoercibile nell'uomo(Maggiore, Diritto Penale, Parte generale, 5a ed., Bologna 1951, p. 319). Tale inquadramento risponde anche a principi fondamentali garantiti dalla Costituzione come i diritti inviolabili dell'uomo(art. 2 della Cost.), in cui è da ricomprendersi il diritto a nutrirsi, e il diritto alla salute(art. 32 della Cost.) compromesso naturalmente in chi, non riuscendo a procurarsi un lavoro normale suo malgrado, non abbia i mezzi minimi per il suo sostentamento alimentare. Le norme costituzionali testé citate rendono anche edotti della gravità del danno(attuale e continuato) derivante alla persona dalla mancanza assoluta di mezzi per sostentarsi, altro requisito richiesto dalla giurisprudenza costante(Cass. sez. III, 4 dicembre 1981, n. 10772) per potersi configurare lo stato di necessità da mettere in rapporto col danno in concreto arrecato. In conclusione, tenendo anche conto che ex art. 4 della Cost. è compito dello Stato garantire il diritto al lavoro e promuovere le condizioni che rendano effettivo questo diritto, non c'è fine di lucro illecito "penalmente" in chi venda per strada cd a prezzo ridotto (in linea con la New Economy) al fine di procurarsi da mangiare, con azione accettata e condivisa dalla maggioranza del consesso sociale. Quell'azione, formalmente contra legem, è scriminata da uno stato di necessità(art. 54 c.p.) connesso alla sopravvivenza degli extracomunitari entrati nel nostro paese senza alcuna regolamentazione lavorativa, essendo la loro attività di venditori operanti per sopravvivere assolutamente necessaria per sopravvivere e proporzionata al pericolo di danno(minimo se non inesistente visto il numero modesto di cassette contra legem trovate) arrecato ai produttori. Necessitas non habet legem, quindi. Difetta l'antigiuridicità del comportamento incriminato per mancanza del danno sociale rilevante ai fini penalistici, 232 Documentazione 9 anche se non si può escludere un risarcimento civilistico alla SIAE ex art. 2045 c.c. da coltivare e realizzare eventualmente in sede civile. Si ordinerà confisca e distruzione del materiale in sequestro. Articolo: E io giudice vi spiego perché lo combatto.170 Partiamo da una premessa: la rete è già anticopyright. Quindi, ogni battaglia non anticopyright è retrò. A questo punto mi presento: sono il giudice Gennaro Francione, che emise nel 2001 la sentenza anticopyright. Assolsi quattro venditori di cd extracomunitari per stato di necessità (fame) avendo rilevato un danno sociale in concreto inesistente per il limitato numero di copie vendute e per analogia con la diffusione anticopyright dell’arte libera e gratuita in rete. Tutti compravano e comprano cd per strada, tutti scaricavano e scaricano musica e altro dalla rete col peer to peer e condannare a 8 mesi quei poveracci mi sembrava davvero ingiusto. Oltre a giudice (ora in pensione) sono un drammaturgo e, in tale veste, ho elaborato una nuova teoria del diritto d’autore in chiave nettamente anticopyright. Reputo che l’opera non sia dell’autore ma dell’Umanità, da cui l’artista ricava tutti i materiali, pur riconoscendogli una paternità morale e un limitato diritto di sfruttamento commerciale. In questa strategia sono andato oltre le Creative Commons che rappresentano una riforma moderata del diritto d’autore conservatore attuale, ma non risolvono i problemi di fondo. Le licenze CC. Sono comunque sottoposte alla volontà dell’autore che potrebbe anche non rilasciarle. Nell’anticopyright, invece, all’autore “va imposta la diffusione libera e gratuita delle sue opere nella Cyberteca Universale” salvo a lucrare per quanto può sul prodotto confezionato. Ma vediamo come funziona l’anticopyright, se hai i soldi, paghi il mio prodotto confezionato (ad es. libro cartaceo). Se hai pochi soldi, paghi il prodotto degradato (dvd, cd, dischetto etc.). se non hai soldi, usufruisci gratuitamente della mia opera in rete. Ciò grazie alla cyber teca universale dove ogni autore è tenuto a depositare e mostrare la sua opera. E l’autore guagagna? Certo che guadagna: in primis il vero profitto per l’autore è vedere diffusa la sua opera ma poi anche materialmente guadagna ad es. col vendere comunque il prodotto confezionato o degradato, con l’esecuzione dei suoi pezzi, col ricevere dal server una percentuale in rapporto al tempo necessario a scaricare la sua opera. con- 170 La scannerizzazione dell’articolo lo rendeva illeggibile, ho così deciso di trascriverlo. 234 Documentazione 9 cludendo il motto del copyright (ricatto legale = old economy) è: “Prima paghi e poi leggi”; il motto dell’anticopyright (potlach = dono vicendevole della new economy) è: “Prima leggi, ascolti tc. E poi, eventualmente, acquisti paghi”. La verità è che la rete e il mondo sono già anticopyright. Che il legislatore possa adeguarsi, se no i magistrati, a noi fruitori liberi di arte e cultura, ci mandano tutti in galera… Anche se per la verità non basterebbe un continente come l’Australia per contenerci tutti! [email protected] Martina Scriboni PERCHÉ METTERE IN RETE IL POEMA PEDAGOGICO? Vantaggi e svantaggi di una pedagogia affidata al web 1.1. Spunti di riflessione Viviamo in un momento straordinario della storia delle telecomunicazioni. Tutto è fluido e in continuo mutamento. Se sappiamo cogliere il momento, possiamo determinare il nostro futuro per il bene pubblico. Dobbiamo digitalizzare digitalizzare e democratizzare 171. Un momento straordinario, sì, per le nuove tecnologie: per i media, per il web, per le telecomunicazioni, per i social network. Un momento straordinario. Ma in tutto ciò, il buon caro, vecchio libro dove andrà a finire? Dove andrà a finire il rapporto con le pagine ingiallite, odorose di antico, frutto di ricerche, di lavori certosini, di secoli di storia? Il libro; il libro ed il suo infinito ed insieme incommensurabile valore; un valore espresso sapientemente attraverso le sagge parole dello scrittore americano Morley: Quando si vende un libro a una persona, non gli si vendono soltanto dodici once di carta, con inchiostro e colla, gli si vende un’intera nuova vita. Amore, amicizia, e navi in mare di notte; c’è tutto il cielo e la terra in un libro, in un vero libro172. Ebbene, i fautori più accaniti della carta stampata sostengono ardentemente proprio questo: il libro è un mondo; nel libro c’è un mondo; un mondo inesplorato che va assaporato pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo, per poter poi ritornare, una volta terminato il lungo viaggio alla ricerca di noi stessi e dell’altro dell’altro diverso da noi , alla ricerca di un’apertura mentale, di un’apertura verso nuovi orizzonti, verso nuove mete, verso nuovi lidi inesplorati; su quelli che a nostro avviso R. DARNTON, Il futuro del libro. Trad. di A. Bottini, Milano, Adelphi, 2011, p. 63. Fonte: http://www.pensierinmovimento.com/il_valore_dei_libri.htm [consultato il 14 giugno 2011]. 171 172 236 Vantaggi e svantaggi di una pedagogia affidata al web sono stati i passi più salienti, più significativi; i passi attraverso i quali abbiamo potuto assaporare una crescita interiore, librandoci verso altri e alti pensieri. Ma senza voler trascurare il ruolo assunto dal libro nel corso dei secoli risulta doveroso, a nostro avviso, fissare l’attenzione sul fronte che da alcuni anni si profila all’orizzonte: il fronte digitale. Ebbene, a dispetto di coloro che vedono nel digitale la vera e propria “morte” del libro, si può affermare che il connubio tra il libro e il web, il matrimonio tra l’universo analogico e l’universo digitale è possibile, anzi auspicabile. Se la storia del libro ci insegna qualcosa, è che i nuovi media non rimpiazzano quelli precedenti, quantomeno non sul breve periodo: dopo Gutenberg, la pubblicazione in forma manoscritta ha continuato a fiorire per tre secoli, perché per tirature ridotte spesso era più economico pagare dei copisti piuttosto che affrontare le spese di stampa. Il codice […] è stato una delle più grandi invenzioni di tutti i tempi: ha svolto egregiamente il suo ruolo per due millenni, e non è sul punto di estinguersi; in realtà, è possibile che la recente tecnologia del print on demand gli infonda nuova vita e dico questo con tutto il rispetto per il Kindle, l’iPad e compagnia173. È proprio a partire da queste premesse che il Poema pedagogico174 vuole prendere le mosse. Non si tratta di sostituire il testo in cartaceo con la forma più maneggevole, più comoda, più pratica data dalla sua messa in rete, dalla sua digitalizzazione. Si tratta di voler rendere accessibile ad un pubblico quanto mai vasto quale può essere il pubblico che si orienta giorno per giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto, nel vasto universo telematico un’opera dalle vaste potenzialità; un’opera di larghe vedute; un’opera che, nonostante la sua ambientazione nell’Urss degli anni Venti e Trenta del secolo scorso, rimane pur sempre un’opera attuale; un romanzo dei nostri giorni; un romanzo collocabile nel nostro presente, un presente pedagogico ed educativo. Sarebbe, senza ombra di dubbio, un enorme passo in avanti, un balzo innegabile per l’umanità, un progresso democratico; un progresso operato da un collettivo un collettivo studentesco, universitario in favore R. DARNTON, op. cit., p. 245. A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico. Materiali didattici 2007-2008. A cura di N. Siciliani de Cumis. Con la collaborazione di F. Craba et alii, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2007. 173 174 Vantaggi e svantaggi di una pedagogia affidata al web 237 di altri collettivi: i collettivi che viaggiano e usufruiscono quotidianamente del vasto portale informatico. Sarebbe una vera e propria opportunità di crescita, sia per coloro che si adopereranno per la messa in rete di tali materiali, approfondendo in tal modo, migliorando e affinando le proprie competenze in materia di informatica e di telematica, sia per coloro che potranno, invece, comodamente seduti in poltrona, sfogliare sul web un testo che in altro modo o attraverso altra fonte non avrebbero avuto occasione di conoscere. Una possibilità di crescita, quindi, sia per chi usufruisce del mezzo informatico, sia per coloro che col mezzo informatico lavorano. E quale miglior occasione del Poema pedagogico per attuare questa crescita? Del resto, come il Professor Siciliani de Cumis afferma, il Poema pedagogico è il racconto di una crescita; è un racconto «“di formazione”, per ciò che esso riesce ad esprimere e a far esprimere in fatto di infanzia»175; è un romanzo d’educazione tuttora in fieri, sia come risultato storiografico e poetico-letterario aperto; sia come efficace strumento pratico-educativo tutt’altro che superato, ed ancor ricco, se mai, di vitali innervature e determinazioni formative 176. Un’evoluzione, quindi, proprio come quella che da alcuni anni a questa parte il mondo delle biblioteche, della tipografia, della stampa in generale sta vivendo; un cambiamento che attraverso la digitalizzazione di libri, manoscritti, saggi, articoli di interesse scientifico e culturale, porterà ben presto alla creazione di una biblioteca digitale di proporzioni stratosferiche. Basterà premere un tasto, digitare un termine per poter spalancare le porte a un mondo inesplorato, un mondo di conoscenze e di erudizione; basterà un semplice “clic”. E non passerà nemmeno troppo tempo affinché ciò si realizzi: il processo che porterà a questo futuro molto prossimo è in già via di costruzione e di consolidamento, e non si fa chiamare biblioteca; ma Google Book Search. La cosa che distingue la biblioteca di Google da ogni altra non è la digitalizzazione in sé, presente ovunque, bensì le proporzioni della scansione e le sue finalità. Google è un’azienda commerciale, il cui fine primario è il profitto. Le 175 N. SICILIANI DE CUMIS, I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, Pisa, Edizioni ETS, 2002, p. 19. 176 Ivi, p. 20. 238 Vantaggi e svantaggi di una pedagogia affidata al web biblioteche sono state create per fornire libri ai lettori – libri e altri materiali, alcuni di questi in formato digitale177. Nonostante questo aspetto negativo, aspetto che potrebbe portare alla creazione di un vero e proprio monopolio, un monopolio di altro tipo, ma pur sempre monopolio, ossia la prerogativa dell’accesso alle informazioni, i fattori positivi e anzi incentivanti a questo genere di lavoro non mancano. Primo fra tutti il processo di democratizzazione cui si andrebbe inevitabilmente incontro. Perché impedire ad un pubblico composto da persone di ogni rango, ceto sociale e formazione culturale di avvicinarsi ad un testo dall’altissima valenza pedagogica ed educativa? Perché impedire allo stesso Poema pedagogico di estendere le sue radici oltre i confini territoriali e culturali che gli appartengono? E ancora, perché impedire ad un’opera che sin dalla sua nascita si è posta non come un testo concluso e terminato una volta per tutte, ma come un romanzo aperto a nuovi sviluppi, in fieri, come un work in progress, di proseguire la sua evoluzione, il suo ampliamento attraverso edizioni continuamente rivedute ed ampliate? E perché, poi, non dare fiducia a questo mezzo quale si dimostra essere Internet dalle enormi potenzialità e possibilità proprio attraverso uno strumento che della fiducia ha fatto e fa tuttora il suo baluardo? A riprova dell’infinito potenziale insito nelle nuove tecnologie, anche il Premio Nobel per la Pace 2006, Muhammad Yunus, il Banchiere dei poveri, dedica un intero capitolo del suo libro Un mondo senza povertà178 alla dimostrazione di quanto i nuovi strumenti di informazione di massa – Internet, telefonia cellulare, computer, tv via cavo e via satellite – stiano trasformando lo stato, la scuola, il mondo. La nuova società che sta sorgendo da questa rivoluzione tecnologica non si caratterizza tanto per un elevato tasso d’incremento del Pil o per le grandi fortune che alcune imprese o i loro imprenditori hanno accumulato grazie ad essa. La vera, irripetibile caratteristica delle nuove tecnologie sta nella loro capacità di creare nuove relazioni tra le persone, una trasformazione destinata ad avere un impatto profondo sull’esistenza dei poveri, e soprattutto su quella delle donne e dei bambini179. R. DARNTON, op. cit., pp. 65-66. M. YUNUS, Un mondo senza povertà. Con la collaborazione di K. Weber. Trad. di P. Anelli, Milano, 2008. 179 Ivi, p. 193. 177 178 Vantaggi e svantaggi di una pedagogia affidata al web 239 Grazie ad Internet, infatti, oggi ogni singolo individuo può parlare al mondo intero senza bisogno di alcun intermediario. Il web è diventato l’amplificatore del pensiero del popolo a costi ridotti, sia da un punto di vista meramente economico, sia a livello energetico, sia a livello temporale. Sono finiti i tempi dei volantini ciclostilati a mano, delle trasmissioni radio pirata, dei samizdat manoscritti e fatti circolare con tantissimi rischi e tanta fatica. Una volta inviati a un sito web, un messaggio, una fotografia o un video sono immediatamente a disposizione di tutto il mondo. I contatti fra persone legate da un comune sentire non sono mai stati così facili180. Se dunque, secondo Yunus, la rivoluzione tecnologica verrà condotta lungo sentieri positivi, di crescita e di arricchimento per tutti, si giungerà presto ad «una vera rivoluzione sociale caratterizzata da un allargamento senza precedenti della libertà economica e personale di cui potranno godere tutte le persone del mondo»181. Si tratta solo di dare fiducia; fiducia e libero sfogo alla creatività finora repressa nelle persone; e di consentire, facilitare, auspicare il passaggio verso una nuova era, un’era di crescita e sviluppo. Se in tutto ciò il web, la rete informatica e la rete telematica possono giocare un ruolo di primo piano, ben venga. Spesso è bene ritornare sui propri pensieri e riflettere maggiormente sui propri limiti e sulle proprie carenze, qualora il fine da raggiungere fosse più alto. Anche questo sarebbe, senz’ombra di dubbio, un forte segnale di crescita. Del resto lo stesso Yunus, già nel libro Il banchiere dei poveri182, aveva anticipato e sottolineato, seppur con delle riserve, l’enorme potenzialità della tecnologia informatica, una tecnologia che, se non adeguatamente gestita e controllata, avrebbe allargato ulteriormente il divario tra i ricchi e i poveri: La tecnologia informatica (IT) porterà nel mondo drastici cambiamenti. Il processo è già cominciato. Il modo di condurre gli affari cambierà per tutti al di là di ogni immaginazione. La tecnologia informatica sta modellando un mondo in cui la distanza non esiste, in cui la comunicazione è istantanea, e questo inci- Ivi, pp. 206-207. Ivi, p. 195. 182 ID., Il banchiere dei poveri. Con la collaborazione di A. Jolis. Nuova edizione ampliata. Trad. di E. Dornetti, Milano, Feltrinelli, 2008. 180 181 240 Vantaggi e svantaggi di una pedagogia affidata al web derà su tutti gli ambiti della vita. La tecnologia informatica contribuisce a far sì che le economie si espandano a un ritmo finora mai raggiunto. I paesi e i soggetti più ricchi si arricchiranno ulteriormente e in modo più rapido che nel passato. Nel quadro dell’economia di libero mercato i paesi e i soggetti più ricchi premono perché il profilo e l’applicazione dell’IT si adattino ai loro scopi. Pur aprendo interessantissimi spiragli per l’abolizione della povertà, le potenzialità della tecnologia informatica in questa direzione andranno in gran parte perdute se le lasciamo in balìa delle forze di mercato183. La tecnologia pertanto, secondo il Banchiere dei poveri, può rivelarsi una pericolosa arma a doppio taglio: solo attraverso uno sforzo globale, comune e coerente nell’utilizzo dei mezzi informatici gli esseri umani potranno invertire questa tendenza negativa. Il futuro è nelle mani delle persone; spetta a loro, quindi, far sì che l’IT possa dischiudere «ai poveri uomini, donne, giovani nuove forme di partecipazione nell’economia globale con effettiva incidenza sui costi e modalità di reciproco aiuto»184; ma soprattutto spetta a loro lavorare affinché «il terminale informatico diventi un amico, una guida, un insegnante, un filosofo, un medico, un esperto185»; in poche parole, un mezzo dell’uomo per l’uomo. Il che, tra l’altro, è una delle ragioni principali per cui si è venuti a riflettere sull’opportunità di mettere in rete il Poema pedagogico, valutando con attenzione e analizzando nel dettaglio sia i possibili e potenziali vantaggi, che gli eventuali e probabili svantaggi. Ivi, p. 269. Ivi, p. 270. 185 Ibidem. 183 184 I classici in rete Claudia Stentelli Partiamo da una premessa: la rete è già anticopyright. Quindi, ogni battaglia non anticopyright è retrò. […]. Reputo che l’opera non sia dell’autore ma dell’Umanità, da cui l’artista ricava tutti i materiali, pur riconoscendogli una paternità morale e un limitato diritto di sfruttamento commerciale. […]. Ma vediamo come funziona l’anticopyright. Finisce il ricatto del prodotto artistico che può essere utilizzato solo pagando. L’arte è di tutti! Con l’anticopyright, se hai i soldi, paghi il prodotto confezionato (ad es. libro cartaceo). Se hai pochi soldi, paghi il prodotto degradato (dvd, cd, dichetto etc.). Se non hai soldi usufruisci gratuitamente della mia opera in rete. Ciò grazie alla Cybernetica dove ogni autore è tenuto a depositare e mostrare la sua opera. E l’autore guadagna? Certo che guadagna: in primis il vero profitto per l’autore è vedere diffusa la sua opera ma poi anche materialmente guadagna ad es. col vendere comunque il prodotto confezionato o degradato, con l’esecuzione dei suoi pezzi, col ricevere dal server una percentuale in rapporto al tempo necessario a scaricare la sua opera.186 1.1. Le biblioteche digitali Libro cartaceo o libro elettronico? È questa una delle domande che ricorrono piú spesso quando si parla di saperi e nuove tecnologie. Ma libro cartaceo e libro in formato digitale viaggiano su due binari diversi seppur paralleli che mirano alla stessa meta: la circolazione dei saperi.187 Queste poche parole, presenti nella home del sito della biblioteca digitale della letteratura italiana, introducono in modo soddisfacente il dibattito circa la pubblicazione dei classici della letteratura on line. Innanzitutto, come suggerisce il sito sopra citato e rimanendo in tema di biblioteca, bisogna fare una distinzione tra biblioteca cartacea e digitale. La prima è un insieme di documenti cartacei raccolti in un luogo ben preciso, utilizzabili solo da chi ha la possibiltà di recarsi in quel luogo; la 186 187 FRANCIONE GENNARO, Quando il copyright uccide, in «Piratpartiet», s. d. Fonte: http://www. letteraturaitaliana.net [consultato il 20 giugno 2010]. 242 I classici in rete seconda invece è una raccolta di testi che in vari formati elettronici è disponibile on line a chiunque abbia una connessione a internet. Il Web è l’elemento che dà senso a una raccolta digitale, consentendo di superare le barriere spaziali e temporali e di accedere all’informazione ricercata in tempi veloci e da qualsiasi luogo.188 Nel corso degli ultimi anni, con la maggiore fruibilità della rete, si sono moltiplicati nel web i siti che permettono, grazie ad una semplice registrazione (login), di consultare libri di ogni genere gratis; si pensi al famoso Liber Liber, sito in continua espansione in cui ci sono migliaia di testi, o la banca dati telematica Nuovo Rinascimento. Liber Liber, un’associazione senza scopo di lucro costituita con atto notarile il 28 novermbre 1994, che vuole promuovere ogni espressione artistica e intellettuale favorendo l'utilizzazione consapevole delle tecnologie informatiche in campo umanistico e avvicinando la cultura umanistica e quella scientifica. Oltre alla consultazione gratuita dei capolavori della letteratura italiana il sito promuove altre iniziative volte alla diffusione delle conoscenze informatiche in ambito umanistico, come l’archivio musicale Liber musica, o il progetto Libro parlato, ossia la produzione audio di libri letti da attori o volontari.189 La banca dati telematica Nuovo Rinascimento è una raccolta di opere di autori italiani composta da saggi, bibliografie, materiali didattici e mate- Ibidem. Fonte: http://www.liberliber.it/comunicare/chisiamo/index.html [ consultato il 20 giugno 2010]. 188 189 I classici in rete 243 riali informatici che fanno riferimento alla cultura e letteratura italiana, anche attuale, disponibili a tutti per lettura e studio. La bibliografia si compone di due parti: Testi e Studi. Entro di esse le voci sono disposte in ordine alfabetico in base al cognome dell'autore. Per agevolare il trasferimento dei dati le due parti sono divise ciascuna in due documenti, che comprendono rispettivamente le voci dalla A alla L e dalla M alla Z. Al loro interno le voci sono strutturate a diversi livelli (evidenziati da rientri progressivi del margine di sinistra): al primo livello si trova il cognome e nome dell'autore (in maiuscoletto e neretto), separati da una virgola al secondo livello il titolo dell'opera (in corsivo) al terzo livello il nome del curatore, il nome della banca dati, la data di immissione in rete, il formato del/dei documento/i al quarto livello, in corpo minore, l'indirizzo telematico al quale la voce rinvia; lo stesso indirizzo (che appare di norma in azzurro e sottolineato) funziona da collegamento ipertestuale con il sito al quale la voce rinvia; le dimensioni del documento in questione sono indicate fra parentesi quadre (qualora siano conosciute); si indica ugualmente fra parentesi quadre se il documento è consultabile in linea o compresso.190 1.1.1. I progetti Nel 1999 un consorzio che raggruppava una decina istituti degli atenei italiani, tra cui l’Università di Roma “La Sapienza” con il professore Alberto Asor Rosa, realizzava in collaborazione con Liber Liber un progetto denominato Testi Italiani in Linea (TIL). L’idea del consorzio era quella di mettere in linea trecento opere della letteratura italiana attraverso un linguaggio chiamato “sgml” che, oltre a non essere protetto da codici criptati, è traducibile in altri linguaggi tra cui word. Il progetto è stato realizzato nel 2000 e i testi concretizzati grazie a questa collaborazione sono liberamente consultabili nella biblioteca di Liber Liber e attraverso un sofisticato motore di ricerca tramite il sito Internet TIL dell'Università di Roma "La Sapienza".191 Fonte: http://www.nuovorinascimento.org/n.rinasc/default.html [Data ultima consultazione 20 giugno 2010]. 191 Fonte: http://www.repubblica.it/online/cultura-scienze/classici/html [consultato il 20 giugno 2010]. 190 244 I classici in rete Anche oggi si moltiplicano le iniziative riguardanti la digitalizzazione dei classici. Infatti è di marzo la notizia per cui Google, popolare motore di ricerca, metterebbe a disposizione degli utenti di tutto il mondo, entro due anni, un mlilione di libri conservati nelle Biblioteche Nazionali di Roma e Firenze. Tra i testi messi a disposizione dalle due biblioteche ve ne sono alcuni alquanto rari, tra cui le opere scientifiche del XVIII secolo e dell’Illuminismo, opere di Galileo Galilei e Gianbattista Vico e tutte le varie edizioni della Divina Commedia di Dante Alighieri. Alle due biblioteche, presto si affiancheranno nel progetto anche quella di Napoli e di Venezia e varrà messo online anche materiale di grande pregio, ad esempio manoscritti, incunaboli e cinquecentine.192 Il mondo della scuola è sicuramente uno degli utenti ideali di una biblioteca digitale, soprattutto se si analizzano i segnali che arrivano agli editori da parte del personale docente e che si possono riassumere nelle seguenti necessità: manuali leggeri, agili e comunque ricchi di testi e materiali didattici; manuali completi e personalizzabili; indicazioni che possano consentire al docente la realizzazione di materiali didattici personalizzabili e coerenti con le direttive dell’autonomia scolastica. Realizzare un’antologia della letteratura italiana che risponda a tali requisiti diventa quindi un compito sempre piú arduo per gli editori che si vedono così costretti a una scelta di testi che non necessariamente rispecchia le aspettative degli insegnanti.Le principali caratteristiche della Biblioteca, che si pone come obiettivo quello di rispondere in modo esauriente ai bisogni di una scuola che sta sperimentando nuove tecnologie e nuovi contenuti, si possono riassumere nei seguenti punti: quantità dei materiali forniti in forma completamente gratuita; qualità dei testi di livello alto e filologicamente affidabile; semplicità di utilizzo: il formato pdf con cui sono forniti i testi consente una estrema semplicità di utilizzazione. Ogni biblioteca, per sua natura, è una realtà dinamica sia per la continua acquisizione di pubblicazioni e materiali di consultazione di varia specie, sia per i 192 BORGONOVO FRANCESCO, Google. C’è la firma: tutti i classici scritturati da Internet, in «Libero», 11 marzo 2010, p. 33. I classici in rete 245 servizi che mette a disposizione dell’utenza e che la rendono non chiusa in se stessa ma aperta verso l’esterno.193 193 Fonte: http://www.letteraturaitaliana.net [consultato il 20 giugno 2010]. Librerie on line e gli e-book Daniela Vanesa Teodori 1.1. Librerie e il nuovo ospite: e-book Il lavoro è iniziato dalla lettura di un articolo di giornale La libreria delle ragazze si chiama Rinascita. Ho scelto questo articolo per l’interesse a scoprire la realtà di una cooperativa che gestisse una libreria: la libreria Rinascita di Empoli. La particolarità di questa libreria che è gestita da sole donne che hanno portato avanti il loro lavoro con coraggio e determinazione dal lontano 1979. Una volta letto l’articolo si è entrati nel vivo del lavoro. Si è parlato telefonicamente con la presidente della cooperativa la signora Tamara Guazzino. Nello stesso tempo si è svolto il lavoro nella biblioteca Liber di Roma gestita anch’essa da una cooperativa quella della Coop in via Laurentino 748, Roma. Entrambe hanno uno scopo ben preciso la trasmissione della cultura attraverso la lettura piacevole di un libro. Ultimamente c’è stato un grande dibattito sulla messa in rete dei libri in formato e-book. Un sogno che per alcuni si sta materializzando sia studenti che ricercatori incominceranno ad usufruire di questo nuovo servizio. Una libreria è propensa a inserire alcuni libri su Internet? Ci sono librerie che sono favorevoli e altre che invece la pensano diversamente. Ritengono che il libro vada letto, sfogliato con le proprie mani e che venga usato pienamente. Google nel mese di dicembre annunciava l’iniziativa Google Print library Project in base alla quale molte biblioteche universitarie di alto livello parteciperanno alla digitalizzazione di 15 milioni di volumi e la messa in rete di libri. Grazie a questo progetto è possibile scaricare un libro intero se l’opera non è protetta da copyright. Inoltre saranno presenti delle librerie on line. Lo scopo di questo progetto è quello di consentire agli utenti la ricerca di libri pertinenti collaborando con le case editrici e biblioteche alla ricerca di un catalogo virtuale completo. Ma tutte le librerie sono veramente d’accordo? Entriamo nel vivo della situazione esaminando la situazione della libreria di Empoli che si è costituita nel 1977 e proprio lo scorso anno ha festeggiato l’anniversario. 248 Librerie on line e gli e-book 1.1.1. Cooperativa: Libreria Rinascita La libreria «Rinascita» è considerata una «storica» cooperativa gestita da quattordici ragazze attive e vivaci. Nasce nel 1977 ma è diventata cooperativa nel 1985.Quest’anno infatti nel mese di Marzo ha festeggiato i suoi 25 anni dall’essere cooperativa. I soci della cooperativa si trovano nel circondario di Empoli. Ho intervistato come detto precedentemente la presidente della libreria la signora Tamara Guazzino sulla nascita e la costituzione della cooperativa e questa è stata la sua risposta siamo una cooperativa che ha 659 soci. La quota sociale è di 125 euro e il socio ha diritto al 20% di sconto su tutto eccetto testi scolastici e universitari sui quali hanno il 10% di sconto. All’interno della cooperativa ci sono 14 donne me compresa, 11 soci e un consiglio di amministrazione formato da 9 persone: il Presidente io, il vicepresidente, 7 consiglieri e un sindaco revisore esterno e la lega della cooperativa alla quale aderiamo che revisiona ogni 2 anni. Inoltre la libreria ad Empoli ha due sedi: questa in via Ridolfi, 53 Empoli e un’altra nel centro commerciale di Santa Maria con solo donne: noi! Abbiamo uno statuto a cui atteniamo ma sta per cambiare. Un’altra domanda è stata quella della distribuzione dei libri in formato e-book Noi vendiamo solamente i libri. Non facciamo vendite on line. Il libro deve essere toccato, annusato e consumato. Ora si sente parlare di Edigita194 promossa da alcuni gruppi editoriali tra i quali Feltrinelli, Rizzoli e GeMs e hanno aderito anche altre single. Si, sarà possibile trovare nelle librerie una serie e-book in italiano. Qui è solo vendita tradizionale lavorando in maniera attiva ma ci piace anche scherzare. La vendita on line dei libri costa anche molto. 194 Distribuzione e-book: Editoria digitale italiana. Librerie on line e gli e-book 1.1.2 249 Librerie on line e gli e-book Le librerie negli ultimi mesi stanno progredendo sempre più. Secondo un’indagine Nielsen195 presentata al salone di Torino196le librerie di catena dal 2009 sono cresciute ancora di più rispetto alle librerie indipendenti(+ 4,6% sul 2008). Quindi se il numero delle librerie indipendenti sale dello 0,6 nei primi mesi del 2010 il filone delle librerie on line sta crescendo del 24,8 % facendo riferimento al 2009. Nelle librerie anche l’ebook sta facendo la sua parte infatti secondo alcune valutazioni riportate all’Associazione italiana editori l’e-book raggiungerà l’1,5% del catalogo vivo dei titoli nei prossimi mesi intorno a dicembre 2010 e l’8-9 % delle novità dati che cresceranno sempre più. La libreria virtuale italiana ha fatto presente sempre nell’articolo del «Sole 24 Ore», «l’e-book- incalza ma le vecchie librerie restano le preferite», che da giugno saranno messi a disposizione oltre duemila titoli in versione e-book nel sito apposito e i libri saranno in formato E-Pub e Pdf. Due giornalisti di Repubblica Maurizio Bono e Jaime D’Alessandro scrivono su «la Repubblica» sia le librerie on line che le librerie tradizionali metteranno a disposizione sia volumi cartacei che link per scaricare libri digitali. Riccardo Mondatori il direttore generali libri trade di Mondatori Piemme e Sperling &Kupfer se ne potranno usufruire. Negli ultimi mesi le librerie si stanno aprendo al futuro tecnologico. In alcune librerie non si venderà direttamente ma molto probabilmente attraverso operatori e e-commerce italiani e stranieri. L’e-book quindi è diventato una realtà con cui tanti editori dovranno misurarsi per non rimanerne fuori. Nielsen opera in oltre 100 paesi del mondo. La sede centrale si trova a New York. Offre una serie di informazioni marketing raccolte da una vasta gamma di fondi, strumenti avanzati di gestione delle informazioni e strumenti e analisi sofisticati. 196 «Il Sole 24 ore», l’E-book incalza le vecchie librerie restano le preferite, 13 maggio 2010 di Stefano Salis, Google. 195 Documentazione 10 Articolo dell’Unità del 13 Febbraio 2010 La Biblioteca LIBER 1.1. Nascita della biblioteca La Coop Laurentino in via Laurentina, 748 Roma è un luogo di vendita ma anche di incontro, di socializzazione, scambio di idee ed offerta di nuovi servizi. Non è una società per azioni bensì un progetto a vasto raggio regolato da alcuni principi che favoriscono l’unione di altre cooperative sparse nel mondo. Conta oltre 500 soci, 46 supermercati e 6 ipermercati che si trovano sul territorio di Toscana, del Lazio e della Campania. Negli ultimi anni è andata crescendo notevolmente sia in termini di soci che in termini di fatturato. Nel 2003 i soci 550.000 soci e i 5000 dipendenti. La biblioteca inaugurata nel settembre 2003 dal sindaco di allora Walter Veltroni e dai rappresentati facenti parte del XII municipio. Nel settembre del 2003 è nata una biblioteca all’interno del supermercato per i suoi soci. L’anno successivo, nel settembre del 2004, si è costituita una biblioteca per ragazzi nella “Bibliocoop ragazzi”. Questa ultima ha facilitato l’incontro tra il mondo dell’adulto e quello del giovane. Biblioteca LIBER adulti Biblioteca LIBER ragazzi La biblioteca è di tipo generalistico. Utilizza la classificazione ideata da Melvil Dewey197. E’ un tipo di schema di classificazione dei documenMelvil Louis Kossuth Dewey il suo nome completo. Nasce in una famiglia povera in una Contea di Jefferson il 10 dicembre del 1851 e muore il 26 dicembre del 1931 per ictus. Studia gli scrittori di biblioteconomia e visita molte biblioteche nelle città di New York tra cui la biblioteca di Harward e Boston. 197 256 La Biblioteca LIBER ti su base disciplinare. E’ molto utilizzata nel sistema bibliotecario pubblico ed anche nelle librerie scolastiche di tutto il mondo specialmente negli Stati Uniti ma anche in Italia. La Liber quindi suddivisa in due aree tematiche: - Letteratura italiana - Letteratura straniera (americana, spagnola, inglese..) Inoltre vi è la sezione dei gialli, arte e cinema, cucina, salute, cibo.. La letteratura per ragazzi si suddivide in questo modo: - da 0 a 6 anni sez A/R - da 6 a 12 anni B - 12-16 anni C - Divulgazione D - Vi sono 5/ 6 libri per l’insegnante. La biblioteca degli adulti internamente è contrassegnata dalla lettera A. La biblioteca è costituita da 2600 libri per adulti e 900 libri per ragazzi, una enciclopedia Treccani e una enciclopedia di «LaRepubblica». Secondo una statistica effettuata tra il 1 Gennaio 2009 al 22 Aprile del 2010 le persone che hanno usufruito maggiormente della biblioteca erano comprese in questa fascia d’età. Biblioteca Laurentina: Statistica sugli utenti per fascia d’età. Statistica dal 1 Gennaio 2009 al 22 Aprile 2010 sulla tipologia Utente che ha usufruito della biblioteca. TIPO UTENTE AC- Altre categorie non professionali AL- Altri lavoratori dipendenti BIB- Biblioteca Sol CA- Casalinga DI- Dirigente I- Impiegato LA- Lavoratore autonomo e coadiuv. TOTALE 2 43 2 46 4 156 14 257 La Biblioteca LIBER LP- Imprenditore e libero profess NO- Non occupato OP- Operaio RL- Ritirato dal lavoro S- Studente TOTALE 10 8 3 71 65 424 Biblioteca Liber Laurentina: Tipo Utente 1.2. Economia del dono La Coop a partire da 1854 nasce con l’idea del libro come mezzo di trasmissione del sapere quindi del come diffondere la cultura. Nel 2003 Unicoop tirreno seguendo la scia del Book-crossing, ha avuto l’idea di realizzare nei propri negozi spazi per “libri abbandonati”. Le persone sono invitate a portare ma anche a lasciare uno o più libri in un luogo predestinato ( ospedali, supermercato…) in modo tale che qualcuno possa trovarlo e prenderlo gratuitamente. Se volesse il donatore può prenderlo un altro in cambio. Daniel Pennac198 afferma "Se un libro non vi è piaciuto, abbandonatelo. Se vi è piaciuto abbandonatelo per farlo leggere a qualcun altro. Se vi è piaciuto così tanto, ricompratelo." 1.3. Progetto LIBERA LIBRO Il progetto nasce nel 2003 sotto la dizione “Libera libro” per l’inaugurazione dello spazio servizi del Laurentino in relazione alla biblioteca Liber. 198 Daniel Pennac pseudonimo di Daniel Pennacchioni. È uno scrittore francese. Vinse diversi premi. 258 La Biblioteca LIBER Logo "Libera libro". 1.4. Progetto LIBRI RANDAGI Nel 2006 il progetto Libera Libro cambia dizione, sotto il nome di LIBRI RANDAGI, ma anche il logo. Sarà sostituito dall’immagine di un gatto vicino ad un libro aperto. La Biblioteca LIBER 259 Logo Gatto Randagio 2006 La caratteristica dei libri Randagi è basata sullo scambio, sulla condivisione e sulla cooperazione inoltre servono anche alla diffusione della cultura tra i suoi soci e i consumatori. I lettori per seguire le varie fasi di questo viaggio possono navigare su questo sito www.librirandagi.coop.it. Possono registrarsi come utente e scaricare l’etichetta da apporre sul libro che si intende lasciare in dono e successivamente è bene comunicare il luogo in cui è stato lasciato e se si volesse scrivere anche un commento o pensiero. Ma dove si trovano i libri randagi? punti di vendita coop - Colleferro, via Casilina Km 49 Roma - Colli Aniene, Roma - Largo Agosta, Roma - Via Laurentina, Roma - Altre parti… Teatro Quirino in via delle Vergini, 7 Roma Un tipo di scaffale con questo tipo di caratteristiche si trova in alcuni supermercati Coop di Roma - Flessibilità in quanto gli arredi sono cosituiti sulla base di più tipologie che verranno composte a punto di vendita sulla base degli spazi disponibili. - Facilità di monitoraggio gli elementi saranno uniti tra loro da viti di giunzione a cannocchiale - Comunicazione in genere viene garantita da un pannello che raccoglie il manifesto, le info verranno personalizzate con cartelli A4 e le vaschette per segnalibri ed etichette - Economicità in quanto si vuole utilizzare come finitura un pannello nobilitato nei colori più tendenti al rosso come colore di riferimento. 260 - La Biblioteca LIBER Un cesto: consentirà una raccolta veloce lasciando ai soci referenti la possibilità di effettuare successivamente un giusto collocamento dei libri sullo scaffale. 1.5. La storia di Biagio, gatto randagio La storia di Biagio è una storia inventata di un gatto randagio che va alla ricerca dei libri perduti. Gatto curioso e “affamato” di leggere e scoprire diversi libri. E’ stato preso come spunto per il logo dei gatti randagi. Biagio, gatto randagio detto Agio, è il mio gatto preferito. Lui rovista tra la spazzatura, alla ricerca dei libri perduti. "Ma che son matti questi?" – mi ha detto un giorno. "Per buttare i libri devono essere proprio matti" – ha ribadito miagolando triste. Gli ho lanciato un sorriso d’intesa, accucciandomi accanto a lui con un cartoccio di pesce. Affare fatto: lui mi cerca i libri e me li mette da parte. Ogni giorno trovo pile di libri davanti alla porta di casa – abito a pianterreno, si capisce. Pile ordinate e divise per settori: case editrici, argomenti, libri vecchi e rari, nuovissimi addirittura. Mondo gatto! Chi trova un amico trova un tesoro – da leggere! Dice lui: "Per forza. Io sono Biagio, gatto randagio, e questo è l’Agio della lettura". E leccandosi i baffi aggiunge: "E ricorda: le ore passate a lèggere sono le ore più leggére". Si è sparsa la voce. Nessuno butta più i libri nella spazzatura. Non c’è più un matto in giro neppure a pagarlo oro. I libri, adesso, li danno a Biagio, che li porta alla Bibliocoop. Biagio ora fa servizio di strada, di quartiere addirittura. Tutti al Supermercato Laurentino, ché c’è Biagio che porta i libri. Che meraviglia! È l’Agio dell’incontro, vero? Grazie Biagio, randagio per amore della lettura! 1.6. Incontri nella biblioteca e tematiche trattate Nella biblioteca dal 2003, anno di inaugurazione, ad oggi sono state invitate diverse persone famose. Tra queste possiamo ricordare Luca Zingaretti, Valerio Mastrandrea, Carlo Freccero, Chiara Papaccini. Nel corso del 2009 si sono sviluppate alcune tematiche seguendo i mesi dell’anno. In autunno la tematica della solidarietà con la festa dei nonni, in Inverno si è sviluppata quella dell’inanzia (tutti i diritti legati La Biblioteca LIBER 261 all’infanzia) in Primavera quelli riferite all’ambiente e in ultimo in estate si andrà a sviluppare la tematica della Felicità. 1.7. Spazio Be. Bi " 5 Libera Tutti" Lo spazio Be.Bi “5 libera tutti” è nato l’anno successivo all’inaugurazione della biblioteca Liber nel 2004. Si trova sopra al supermercato Coop di via Laurentina, 748 Roma ed è nato in collaborazione tra Unicoop Tirreno, XII municipio e Comune di Roma. Fa parte del XII municipio di Roma ed è convenzionato con il comune. Accoglie 28 bambini dai 18 ai 36 mesi con un orario che comprende sia la mattina ( 813) e sia il pomeriggio (14-19). Il nome dello spazio bebi è stato scelto non a caso ma in base al suo spazio educativo che è costituito da ben 5 stanze comunicanti. Dietro lo spazio c’è stato un vero e proprio studio sensoriale ovvero dei 5 sensi del gusto, della vista, del tatto, dell’olfatto e dell’udito. Si è dato anche attenzione all’ambiente come elemento educativo per il bambino per stimolarlo sul gioco, sulla scoperta ma anche sulla ricerca. Anni fa avevano portato avanti un progetto “Nati per leggere” all’interno del nido. Era un momento importante di comunicazione: l’adulto che dedicava del tempo al bambino con la lettura di un libro. “Nati per leggere” è un progetto sia dell’Associazione italiana biblioteche sia dell’Associazione culturale Pediatri e sia del Centro per la salute. La rete come spazio pubblico Federica Traversi 1. La qualità della scienza nella filantropia Il terreno innovativo intrapreso in questi ultimi anni dalle fondazioni che elargiscono finanziamenti per sostenere progetti scientifici che non trovano interesse né presso lo Stato né presso il mercato sta sperimentando l'utilizzo delle opportunità offerte dalla rete. Racconta infatti Alessia Maccaferri nel suo Il dono della ricerca199 che oggi la filantropia deve rendere conto agli stakeholders. Fino a pochi anni fa le fondazioni exbancarie si affidavano a commissioni interne. Oggi invece si fa ricorso sempre più frequentemente alla peer review. E' attraverso questa metodologia che verranno valutate le caratteristiche dei progetti quali la sostenibilità o l'autonomia, l'efficienza e l'efficacia dei risultati ottenuti e la qualità dei risultati. La britannica Wellcome Trust - la prima charity in Europa con 770 milioni di erogazioni – sta rinnovando il suo processo di valutazione ed a questo fine ha richiesto a tutti i suoi ricercatori che hanno ottenuto un finanziamento di pubblicare in open access una copia delle loro pubblicazioni. 1.2. La rete come spazio pubblico Open access rappresenta uno spazio pubblico offerto dalla rete e dalle nuove tecnologie della comunicazione (NTC), oggi al centro di analisi e dibattiti in tutto il mondo. Se infatti da un lato il web può rappresentare la via evolutiva dell'idea di spazio pubblico, dall'invenzione del teatro nella polis greca alle piazze del Rinascimento, dall'altro contiene insidie di cui occorre essere consapevoli. Si fa normalmente riferimento a tre criticità insite nel web. La prima è riconducibile al fatto che spesso il web diventa il luogo in cui colui che non ha alcuna nozione dell'argomento in discussione può controbattere ad armi pari il più grande esperto della materia. Il secondo elemento è rappresentato dalla immediatezza della scrittura che riduce drastica199 A. MACCAFERI, Il dono della ricerca. La filantropia nella scienza si fa strada fra Stato e mercato, in «Nòva», 12 febbraio 2009, copertina. 264 La rete come spazio pubblico mente la capacità di approfondimento. La terza consiste nel proliferare di amicizie virtuali. Di contro, e quindi a favore del web, la possibilità che la società dell'informazione possa diventare «il nuovo spazio pubblico di una polis fatta da informazioni prodotte dalle azioni degli uomini che vivono e usano la rete come nuova opportunità di relazione sociale»200. A difesa di questa possibilità di maggiore democrazia offerta dalla rete è recentemente intervenuta anche il segretario di Stato americano, Hillary Clinton. La Clinton ha voluto difendere la libertà di espressione su Internet in un discorso trasmesso a livello mondiale nel corso del quale si è espressa anche contro la censura. «Gli Stati Uniti sostengono una Rete globale e libera. Il primo emendamento della Costituzione americana è il fondamento della libera espressione, della libertà di parola e stampa. Oggi va applicato tenendo conto della tecnologia. Oggi abbiamo il dovere di difendere Internet e il potere che la Rete concede», ha affermato la Clinton sostenendo che «ci sono barriere e muri virtuali che vanno abbattuti, oggi, come un tempo abbiamo abbattuto i muri della repressione, e il muro di Berlino. Blog, video, messaggi, social network, hanno un ruolo fondamentale per diffondere verità e giustizia»201. E' questo il motivo per il quale il governo americano ha deciso di sostenere «organizzazioni private, investendo nella ricerca, nello sviluppo della tecnologia e nelle telecomunicazioni»202, ed è questo il motivo per il quale, sostiene la Clinton «dobbiamo migliorare le armi che già abbiamo a disposizione per garantire la sicurezza e consentire il libero accesso a tutti. Internet è utile all'economia, per la ricerca medica, per la politica, è stato fondamentale perfino nelle ultime elezioni. Siamo aperti a nuove idee, Microsoft ha già cominciato a creare il 'digital doctor', ci sono banche online in Pakistan, e molte altre iniziative che siamo pronti ad accogliere, che ci aspettiamo di ricevere. Abbiamo una responsabilità. Principi come la libertà di stampa non sono solo nostri, sono valori universali. Dobbiamo lavorare insieme, espandere la definizione di comunità C. INFANTE, La creatività sociale del web per “riavviare” la democrazia italiana, in «l'Unità», 29 maggio 2009. L'autore è docente di Performing media presso le Università di Bologna, Udine e Macerata. 201 H. CLINTON, Internet è democrazia, in «excite.it», 22 gennaio 2010. 202 Ibidem. 200 La rete come spazio pubblico 265 globale. Dobbiamo ricostruire l'economia mondiale e difendere tutti insieme l'ambiente. Possiamo farlo solo creando un link che ci unisca»203. Se si assume questo approccio risulta evidente la grande opportunità di utilizzare lo spazio pubblico offerto da internet per diffondere nuovi format culturali ed educativi finalizzati al rafforzamento del sistema educativo e dell'esercizio dei diritti di cittadinanza. 1.3. Web e modelli partecipativi «L'evoluzione del social networking (e ancor prima dei blog) rifonda il concetto di informazione: non più solo prodotta dagli specialisti (giornalisti ed autori) bensì dagli utenti dei sistemi informativi che, attraverso l'approccio interattivo, esprimono il loro diritto-dovere di cittadinanza nella società dell'informazione. Si tratta di condivisione dello spazio pubblico rappresentato dalle reti: l'infrastruttura della società in divenire. L'utente delle reti può trovare il modo per portare con sé, dentro la rete globale, la dimensione locale della propria soggettività e della propria comunità, per dare forma alla coscienza dinamica della propria partecipazione attiva. Educare dopotutto significa “tirar fuori” (dal latino “educere”)»204. E' proprio questo l'aspetto di maggior interesse che è stato colto dalle fondazioni filantropiche, interessate a tessere rapporti sempre più stretti con i propri stackholders e ad ampliare i loro spazi di partecipazione. «Il modello in via di definizione prende l'avvio da Telethon, tra i maggiori finanziatori di ricerche in Italia (con 32 milioni di euro nel 2007). La fondazione è partita proprio dai suoi stackholders, cioè i malati e i loro familiari. Nel caso di questa fondazione che organizza ogni anno la raccolta fondi a favore della ricerca sulle malattie genetiche, la selezione è centrata sulla peer review, strumento di imparzialità di giudizio. “La Commissione scientifica di 30 persone di cui il 90% lavora all’estero – spiega Lucia Monaco, direttore scientifico di Telethon - effettua una prima scrematura, in base a criteri come rispondenza al bando, fattibilità, completezza, originalità. In genere viene scartato un terzo dei progetti”. I restanti vengono sottoposti prima all’esame di due referee stranieri, esperti del settore, poi di tre revisori della Commissione scientifica. E “il revisore conosce l’identità del candidato, mentre quest’ultimo non sa chi lo valuta' precisa Monaco. L’anno scorso è stato finanziato il 16% dei progetti. 203 204 Ibidem. C. INFANTE, op. cit. 266 La rete come spazio pubblico Fino a pochi anni fa le fondazioni ex bancarie si affidavano a commissioni interne. “Ora stiamo elaborando delle linee-guida per i bandi di ricerca basati su peer review - spiega Andrea Landi, presidente della Commissione ricerca scientifica di Acri - le fondazioni grandi e medie stanno adottando la cultura della peer review”»205. 1.4. La peer review Le definizioni attualmente rintracciabili della peer review sono spesso discordi e tese a ridefinire confini e strumenti. Al fine di offrire elementi di conoscenza sulla riflessione in corso in Italia rispetto all'utilizzo di questa metodologia, si riporta di seguito l'analisi sviluppata da Emilio Vergani. L'autore sottolinea anzitutto «come l’uso della definizione in lingua inglese non è un vezzo ma è dovuto al fatto che – diversamente da altre modalità valutative che vengono tradotte in lingua italiana (se già non sono formulate in latino) – nel nostro paese non solo la letteratura su questo tema è molto scarsa ancora, ma anche la stessa peer review non viene praticata con metodo ed è pochissimo diffusa, anche laddove troverebbe larghissimo impiego»206. Letteralmente peer review significa “revisione tra pari” e quindi verifica dell'adeguatezza di qualcosa rispetto al suo uso. Pertanto la revisione «ha a che fare con degli obiettivi dichiarati e con la verifica circa l’esistenza di parametri, condizioni o standard che devono essere presenti per il conseguimento degli scopi medesimi»207. La revisione assume pertanto i caratteri di una valutazione, in questo caso una valutazione tra pari. Occorre allora definire le caratteristiche dei cosiddetti “pari”, coloro che sono da considerarsi sullo stesso piano per parametri che vanno di volta in volta definiti (età, ruolo, esperienza, status professionale, ecc.) attraverso un metodo che deve essere individuato ed esplicitato. «Come si capisce la Peer review è principalmente un tipo di valutazione che favorisce l’apprendimento organizzativo secondo un approccio sociale. È infatti nella costruzione di un setting interrogante e parte- A. MACCAFERRI, op.cit. E. VERGANI, La valutazione nel campo sociale, ragioni e strumenti, saggio on line disponibile nel sito: http://www.c-progettosud.it/editoria/note%20sociali/11.html 207 Ibidem. 205 206 La rete come spazio pubblico 267 cipato che avviene l’apprendimento non tanto e non solo della persona in peer review bensì di tutto il gruppo»208. 1.5. L'utilizzo della peer review nella stampa scientifica La cultura della peer review è alla base delle scelte delle fondazioni, il cui operato è stato analizzato dalla Maccaferri, non solo per la valutazione dei progetti da parte del gruppo dei pari ma anche per la socializzazione e, implicitamente, valutazione degli elaborati dei ricercatori da parte del mondo scientifico nel suo insieme. La peer review trova per questi motivi un ambito classico di applicazione nelle comunità scientifiche. Infatti «nell'ambito della comunicazione scientifica la selezione degli articoli degni di pubblicazione avviene tramite revisione paritaria, revisione paritetica o revisione dei pari (in inglese chiamata peer review), cioè una valutazione fatta da specialisti. Gli editori e le agenzie di finanziamento usano la revisione paritaria per selezionare le proposte ricevute. Questo processo inoltre costringe gli autori ad adeguarsi agli standard della loro disciplina. Pubblicazioni e premi che non abbiano subito una revisione paritaria sono generalmente guardati con sospetto dai ricercatori e dai professionisti di molte discipline»209. Ciò in quanto il lavoro di uno scienziato è il risultato di una pratica scientifica e per questo viene richiesta la «descrizione rigorosa dell'esperimento, la sua replicabilità, la verificazione (o falsificazione) dei suoi esiti, l'anonimato dei valutatori ecc. Tutto ciò deriva dalla natura appunto scientifica dell'esperienza in esame»210. L'introduzione della peer review in Italia è principalmente contestualizzata ad alcuni ambiti delle scienze sociali quali quello delle scienze umanistiche (Il peer review come linguaggio settoriale, 2010211), dell'istruzione e della formazione (Manuale europeo di peer review per l'istruzione e la formazione professionale e iniziale, progetto Leonardo da Vinci 2007212), Ibidem. Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Revisione_paritaria 210 E. VERGANI, op.cit. 211 M. FOSSI, Il peer Review come linguaggio settoriale, saggio on line disponibile nel sito: http://dielupe.dilectio.net/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=178 212 I. TRAMONTANO (a cura di), Manuale europeo di peer review per l'istruzione e la formazione professionale e iniziale, Gutknecht-Gmeiner, 2007. Documento consultabile nel sito: 208 209 268 La rete come spazio pubblico della ricerca sul cervello e sulle neuroscienze (Linee guida per la pubblicazione di studi scientifici su BrainFactor – peer review process, 2010213). Pur senza richiamare gli step necessari per la pianificazione della peer review e le fasi di svolgimento della stessa, si ritiene utile in questa sede descrivere le condizioni preliminari dalle quali non si può prescindere: 1) «la Peer review per essere efficace deve avere una programmazione periodica. In altre parole, nelle équipe questo tipo di valutazione deve essere previsto come appuntamento ricorrente. Se così non fosse verrebbe meno la possibilità di fare comparazioni e valutazioni circa i progressi fatti, inoltre verrebbe fortemente depotenziato il suo impatto nei processi di lavoro. Per ottenere ciò, ancorché in modo incrementale, si deve procedere alla progettazione di un suo utilizzo ricorrente. 2) Bisogna definire un “collegio dei pari”. Questo è un problema tecnico di non poco conto. L’individuazione dei pari è però decisiva e la scelta del criterio non è neutrale. 3) Prima di avviare la review occorre avere definito in modo chiaro le finalità generali del lavoro praticato, inoltre bisogna avere definito dei parametri di riferimento (elementi qualitativi, standard di base, indicatori utili) per ogni area tematica di applicazione. Un metodo di definizione di questi parametri è quello del coinvolgimento dei portatori di interesse»214, o stakeholders. http://www.peer-review-education.net/calimero/tools/proxy.php?id=12357 213 A. LAVAZZA, Linee guida per la pubblicazione di studi scientifici su BrainFactor – Peer Review Process, in «Brainfactor.it.», 15 febbraio 2010. Fonte: http://brainfactor.it/brainfactor_peer_review.pdf 214 E. VERGANI, op.cit. Appendice Nota introduttiva Sembra in qualche modo utile, nell’ambito della presente messa in rete del Poema pedagogico, richiamare l’attenzione del lettore e/o visitatore del sito internet in preparazione, su alcune pagine di docenti, laureati e studenti relative ai rapporti tra i mass media e il Poema pedagogico. In particolare, a titolo puramente esemplificativo si scelgono alcuni testi: Claudia Pinci, Due autori diversi: Makarenko e Yunus, Guido Aristarco – Nicola Siciliani de Cumis, Il cinema, la scuola (Lukàcs, Makarenko); Michela Chiara Borghese, A prua, verso il divenire Giorni. Un pianoforte e tutte le sue “corde”; Tiziana Pangrazi, L’udibilità nel Poema di Makarenko. Nel testo Makarenko “didattico” 2002-2009. Tra pedagogia e antipedagogia di Nicola Siciliani de Cumis in collaborazione con la studentessa Chiara Coppeto, sono presenti i seguenti elaborati: Marzia Castiglione Humani, Il teatro e l’handicap nell’ottica di Makarenko; Emanuela Figlioli, La musicalità nel Poema pedagogico; Emanuela Maiore, Perché la danza a scuola (secondo Nicola Siciliani de Cumis); Daniela Pianta, La fotografia di Makarenko; Daniela Scarpetta, Makarenko e il teatro; Roberta Ceccarelli, Makarenko alla radio. Infine viene riprodotta, come ultima appendice, l‘introduzione dell’elaborato di laurea specialistica in Pedagogia e scienze dell’educazione e della formazione della studentessa Elisa Condò, Il professor Makarenko in «Slavia» 1995-2010. Un lavoro che si segnala per la complessità ed abbondanza della documentazione dei materiali didattici prodotti negli anni dagli studenti di Pedagogia della Sapienza e pubblicati sulla rivista «Slavia». Di ciascuno dei seguenti testi vengono dati i necessari riferimenti nelle note alle riproduzioni successive. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA” - FACOLTÀ DI FILOSOFIA CATTEDRA DI PEDAGOGIA GENERALE Makarenko “didattico” 2002-2009 Tra pedagogia e antipedagogia A cura di Nicola Siciliani de Cumis Con la collaborazione di Chiara Coppeto Roma - 2009 Claudia Pinci* Due autori diversi: Makarenko e Yunus Makarenko è un educatore, un grande pedagogista. Yunus è un economista ma anche un ottimo insegnante. L’educazione, strumento indispensabile per il cambiamento, è l’elemento che li accomuna. La passione per l’insegnamento appartiene ad entrambi e riduce notevolmente il divario tra i due. Ovviamente le differenze permangono; la più palese, senza dubbio, riguarda il contesto, non solo storico, ma anche geografico, nonché sociale, culturale ed economico. Ciononostante, tra i due autori è possibile trovare numerose correlazioni. Partendo dalle loro storie di vita è ragionevole cogliere alcune incredibili somiglianze. La rivoluzione russa, e l’indipendenza del Pakistan orientale, sono i due eventi storici che lasciano il segno, nella vita di Makarenko, e di Yunus. La grande Rivoluzione d’ottobre lascia una traccia indelebile nell’uomo, ma anche, e soprattutto, nel pedagogista, perché dagli eventi rivoluzionari dipende la sua carriera. Yunus, giovane professore di economia, al momento della guerra di liberazione, che porterà la nascita del Bangladesh, è negli Stati Uniti, ma decide di tornare nel suo paese, dove nonostante l’indipendenza la situazione non è cambiata in meglio. Il ritorno è un momento decisivo, coglierà dal contrasto, tra le due realtà totalmente diverse, tutti gli aspetti che caratterizzeranno la sua attività. Questi due avvenimenti rappresentano un punto di svolta per entrambi. In Russia come in Bangladesh la situazione è caotica, ed è lontana la normalità; il cambiamento che verrà, è legato, nell’uno e nell’altro caso, ai loro nomi. Dal disordine emerge con prepotenza la forza dei due uomini, la voglia di fare qualcosa di concreto, di migliorare la condizione esistente. C’è in ambedue la medesima convinzione: che l’uomo ha delle potenzialità enormi non misurabili a priori. Grazie al loro coraggio qualcosa si muove. È l’inizio del cambiamento. I loro percorsi educativi e le loro esperienze di vita determinano quella attitudine che li porta ad avere fiducia, a credere negli altri. C’è in entrambi la stessa certezza: che tutti gli uomini hanno capacità da sviluppare. Così, per Makarenko, i besprizorniki non sono cattivi ragazzi irrecuperabili, non vanno giudicati a priori, ma vanno sostenuti ed aiutati a crescere, a cambiare, a migliorare. * C. PINCI, Makarenko e Yunus, tra differenze e analogie. A. A. 2002-2003, pp. 53-62. 276 Due autori diversi: Makarenko e Yunus E perciò non ho mai avuto la tentazione di creare un metodo pedagogico basato sull’opinione che, in seguito a un determinato reato, si produca una deformazione del carattere infantile, tale da rendere la delinquenza abituale. Ciò deriva dalla mia fiducia nell’uomo o meglio ancora dal mio amore per l’uomo 32. Lo stesso ottimismo muove Yunus, si fida dei poveri, e affida loro la sua speranza. Abbandona la sua carriera di insegnante di successo e si mette in gioco, crea un progetto per i diseredati del suo paese, perché è consapevole che dare una possibilità ai poveri significa operare per il bene dell’intera società. Grameen mi ha insegnato due cose. Primo, la nostra conoscenza delle persone e dei modi in cui esse interagiscono è ancora molto inadeguata; secondo, ogni persona è estremamente importante. Ciascuno di noi ha un potenziale illimitato, e può influenzare la vita degli altri all’interno delle comunità e delle nazioni, nei limiti e oltre i limiti della propria esistenza33. Questa fiducia incondizionata è una naturale disposizione di entrambi, che nasce e si perfeziona in loro quasi spontaneamente. È il contesto in cui crescono ad affinare i loro caratteri. Per tutti e due è fondamentale l’azione educativa della famiglia, il ruolo dei genitori è importantissimo per la loro crescita morale. Le figure dei genitori di Makarenko balzano vive ai nostri occhi attraverso molte pagine del figlio, in particolare nel romanzo l’Onore. […] In quella che possiamo forse definire come l’opera più matura e meditata di Makarenko, il Libro per i genitori, è sempre vivo – anche se non esplicitamente il richiamo al padre operaio; e quando Makarenko dice: «che i genitori siano esigenti verso se stessi, che abbiano rispetto per la famiglia, che si controllino ad ogni passo ecco il principale metodo di educazione!», egli ha certamente davanti agli occhi la figura di suo padre e quella di sua madre, l’ordine e la nettezza della modesta casa operaia della sua infanzia, la «pulizia morale» della sua famiglia operaia34. Yunus, nonostante alcune circostanze avverse, come la grave malattia della madre, trova comunque nella famiglia uno stimolo indispensabile per lo sviluppo della sua personalità. Il nucleo familiare numeroso, l’attaccamento alla mamma malata, la forza d’animo del padre, sono elementi determinanti nella sua formazione. Due autori diversi: Makarenko e Yunus 277 Con la forza del suo esempio insegnò anche a noi a tenere lo stesso comportamento. Con la malattia di mia madre, mio padre assunse a tutti gli effetti il doppio ruolo di padre e di madre, e la sua preoccupazione più grande fu sempre quella di garantirci la migliore educazione possibile. Ciò che siamo diventati lo dobbiamo in massima parte alla sua sollecitudine35. In entrambi i casi, i genitori, con la loro semplicità, e la loro moderazione, rappresentano l’esempio da seguire. Sono fondamentali per lo sviluppo delle loro indoli. Nasce nelle proprie famiglie quel profondo senso di rispetto che ispira sia Makarenko che Yunus. I loro comportamenti sono guidati da un’enorme percezione di riguardo nei confronti degli altri. Il mio principio fondamentale […] è sempre stato quello di avanzare il maggior numero possibile di esigenze nei confronti del ragazzo ma nello stesso tempo di dimostrargli il massimo rispetto possibile. Le nostra dialettica, in realtà, dimostra la stessa cosa: non si può chiedere molto ad un uomo se non lo si rispetta36. La considerazione vale per tutti indistintamente: uomini, donne, bambini; è quella considerazione che Yunus esige, da parte di ogni membro della società, per i poveri, i diseredati del suo paese, e più in generale, per tutti gli indigenti del mondo. Noi riteniamo che tutti gli esseri umani, possiedano una capacità innata, che è la capacità di sopravvivenza. Il fatto che i poveri siano vivi è una prova lampante di quanto affermiamo. Per questo, invece di perdere tempo a trasmettere nuove competenze, abbiamo deciso di puntare su quelle che le persone già possiedono. Il denaro che poi guadagneranno diventerà la chiave per esplorare la gamma delle ulteriori potenzialità37. Rispettare gli altri, credere, dare fiducia, sono i punti di partenza dell’azione rieducativa di Makarenko e del progetto di Yunus. Con tali convinzioni i due si sono mossi incontrando innumerevoli difficoltà, però con audacia, senza alcuna certezza, ma con una convinzione: l’educabilità del genere umano. Si sono messi in gioco, e si sono lanciati in una sfida senza garanzie di successo. Hanno avuto l’enorme coraggio di correre il rischio, consapevoli dei pericoli cui andavano in contro, hanno comunque osato per il raggiungimento di un obiettivo ideale; ed hanno 278 Due autori diversi: Makarenko e Yunus dato vita ad una pedagogia senza precedenti, una vera e propria antipedagogia. Non avevano esempi da seguire, una via dritta da percorrere, anzi, cammini ricchi di ostacoli, ciononostante hanno provato. Questi autori sono gli artefici di due forme di rieducazione totalmente nuove, e per molti aspetti differenti. La diversità riguarda in primo luogo i soggetti coinvolti nella loro azione: i bambini per Makarenko, e i poveri per Yunus, con particolare attenzione alle donne inserite nella loro dimensione familiare, e quindi nel ruolo di madri che lottano più dei mariti per migliorare la loro condizione, anche per il bene dei figli. E così, la dimensione dell’infanzia, intesa come futuro del mondo, è coinvolta nel modello del pedagogista sovietico direttamente, e in quello dell’economista bengalese indirettamente. Entrambi sono senza dubbio dei grandi educatori ma esprimono seri dubbi sulla pedagogia. Makarenko va contro la pedagogia ufficiale, i dogmi dei manuali troppo distanti dalla realtà. Yunus rifiuta il sistema bancario tradizionale e si oppone ai programmi di formazione per i poveri, i quali hanno bisogno di alfabetizzazione ma non di semplici prescrizioni. Così tutti e due sottolineano l’importanza della creatività e della spontaneità proprie di ogni uomo. Non accettano le imposizioni pur impostando dei sistemi sostanzialmente ordinati da regole ben precise. Da veri pionieri hanno cominciato procedendo per tentativi. Dagli sbagli hanno imparato. Hanno subito critiche, suscitato polemiche, le loro idee innovative sono state accolte da non poche perplessità. […] Makarenko e Yunus sono dei veri e propri sperimentatori. L’audacia che li spinge è fondamentale per la loro attività. Quel che conta è non temere gli errori e osare, perché rinunciare al rischio significa rinunciare al successo. Le paure del pedagogista sovietico corrispondono a quelle del professore bengalese. In tempi diversi, in luoghi diversi, per motivi diversi i due iniziano il loro compito tra incertezze ed errori, e diverse controversie. L’educatore mette in dubbio la scienza pedagogica, l’economista il sistema bancario, entrambi mostrano il loro enorme coraggio, ma riconoscono la loro insicurezza. Ma noi, nel nostro bosco, con la testa appoggiata sulle mani, cercavamo di dimenticare il frastuono dei grandi avvenimenti e leggevamo libri di pedagogia. Per me il principale risultato di quelle letture fu la certezza, divenuta chissà perché salda e fondata, di non avere in mano alcuna scienza ed alcuna teoria, e che la teoria bisognava se mai trarla da tutta la somma dei fenomeni reali che Due autori diversi: Makarenko e Yunus 279 accadevano sotto i miei occhi. Inizialmente non tanto capii, quanto mi accorsi che quello che mi occorreva non erano formule libresche, che non trovavano applicazione nella realtà, ma un’analisi immediata ed un’azione diretta 38. L’esitazione iniziale di Makarenko è molto simile a quella di Yunus. Entrambi non sanno se sono nel giusto, ma sono convinti a proseguire l’impresa, a guardare avanti, a proiettarsi nel dopo, in quello che verrà, il loro sguardo è rivolto al futuro, ai frutti che raccoglieranno dalle loro esperienze. Il punto di partenza è comune: l’incertezza, altro elemento parallelo è l’allontanarsi dalle tradizioni. Per entrambi è fondamentale disimparare la teoria per prendere lezione dalla realtà. Quando facevo lezione, sapevo fin dal principio che ogni problema avrebbe avuto un’elegante soluzione. Ma quando uscivo dall’aula mi dovevo confrontare con il mondo reale, dove i buoni venivano spietatamente calpestati e sconfitti. […] Avevo voglia di scappare dai manuali e dalle teorie, di lasciarmi alle spalle la vita accademica. Mi premeva capire la realtà che circondava la vita dei poveri, scoprire l’economia di un villaggio nel suo svolgersi quotidiano 39. Non è sufficiente imparare a memoria delle formule, è un metodo inefficace per risolvere problemi reali. Yunus fa tesoro dei semplici insegnamenti del filosofo e matematico rumeno Georgescu-Roegen, suo professore negli Stati Uniti. Capire la realtà e costruire piani concreti per risolvere problemi è semplice ed utile, questi elementari concetti appresi a contatto col suo mentore, sono fondamentali per la sua carriera. Per Makarenko è importantissima la figura dello scrittore Gor’kij, il pedagogista si rivolge a lui nei momenti più importanti della sua vita, per un giudizio, un consiglio, un orientamento. La critica del poeta è fondamentale e non lo avvilisce, anzi lo incita. Georgescu-Roeger e Gor’kij sono due figure fondamentali, due stimoli indispensabili che permettono la crescita di caratteri fiduciosi. Il senso della dignità dell’uomo, la forza e la bellezza del genere umano, la fiducia nelle immense possibilità di ciascuno, e quindi un incrollabile ottimismo, sono i motivi che animano il pensiero di Makarenko e di Yunus, e vivono sia nel Poema che nel Banchiere dei poveri. Makarenko è un maestro innovatore, che ama i bambini, la forza viva della società, che senza essi sarebbe fredda e senza vita. Svolge la sua attività nella colonia di rieducazione con una certezza: anche i giovani delinquenti sono degli esseri umani, e questa è la cosa rilevante. 280 Due autori diversi: Makarenko e Yunus Ciascuno ha la sua strada davanti a sé, come ha una sua strada da seguire la stessa colonia “Gor’kij”. Sento fra le mie mani gli inizi di molte di quelle strade, ma non riesco a distinguere la continuazione e la fine nella nebbia del futuro, che comincia lì vicino. In quella nebbia si agitano elementi naturali che l’uomo non ha ancora vinto, che ancora non soggiacciono a leggi matematiche 40. La stessa incrollabile fede nella creatività umana accompagna Yunus nella sua esperienza. Grameen nasce dal suo ottimismo, dal suo amore per il genere umano, anche i più miseri hanno capacità che non vanno sottovalutate. Noi stabiliamo rapporti con le persone, non con i documenti. Il nostro legame riposa sulla fiducia, e il successo o il fallimento della nostra iniziativa dipendono dalla forza del rapporto personale con l’utente. La parola “credito” significa propriamente fiducia. Nel sistema bancario tradizionale, tuttavia vige soltanto la diffidenza reciproca. […] Per Grameen al contrario, il presupposto di partenza è che i debitori siano onesti41. Makarenko e Yunus entrambi insegnanti, entrambi entusiasmati dal proprio lavoro, entrambi innamorati dei bambini, entrambi pieni di fiducia. Il loro obiettivo: guardare avanti. Andare “oltre”, oltre il tempo, oltre le circostanze avverse, oltre le critiche, oltre le loro epoche. È l’apertura sul futuro che innesca il concetto di “prospettiva”. Il loro pensiero consente un prolungamento nel “dopo”, tanto che, anche il nostro tempo può essere relazionato alle loro esperienze. I due autori mostrano un’adesione incrollabile ad una “prospettiva pedagogica”. Ciò emerge dai motivi fondamentali delle loro teorie. Prioritaria è l’idea di crescita, che è trasformazione, intesa come miglioramento. È il processo di evoluzione narrato nelle pagine del Poema, e l’incessante espansione di Grameen. È la sviluppo del collettivo, il cambiamento della colonia, quella sorta di società in miniatura, dove un gruppo di giovani sbandati diventa un gruppo di lavoratori responsabili, degli uomini nuovi. La Gor’kij non resta un nucleo chiuso nella sua attività, nelle sue abitudini, e nelle sue regole, ma è aperta al futuro, non ci si adagia sulle conquiste fatte, ma si tende a progredire, proponendosi sempre nuove e più ampie prospettive. Crisi ed ostacoli si presentano di continuo nel naturale processo di evoluzione, ma si tratta di fattori utili, perché generano una catarsi. Due autori diversi: Makarenko e Yunus 281 Allora mi sembrava che centoventi ragazzi della colonia non fossero solo centoventi ragazzi abbandonati che avevano trovato una casa e un lavoro. No, erano cento sforzi etici, cento energie tese in un accordo musicale, cento piogge benefiche che perfino quella donna grandiosa e bizzosa che è la natura aspettava con gioia impaziente42. La purificazione è indispensabile anche per Yunus che auspica un mondo senza povertà. Un sogno possibili grazie alla sua azione concreta. Il progetto muove i suoi primi passi tra ansie ed esitazioni ma, anche in tal caso, è il “dopo” che conta. La “prospettiva” ritorna. C’è una crescita graduale, dalla fiducia iniziale all’espansione mondiale, di questa iniziativa singolare. Una proposta pensata per pochi che cresce a dismisura investendo l’intero pianeta. L’idea planetaria di Yunus consente ai poveri di tutte le nazioni di uscire dalla miseria attraverso un meccanismo semplice: l’accordo di piccoli prestiti, il rimborso settimanale, l’importanza del gruppo; sono questi elementi a determinare la forza del progetto che fissa lo sguardo al futuro. Ho maturato la certezza, solida e profonda, che, se davvero lo vogliamo, possiamo realizzare un mondo senza povertà. […] Non è solo il microcredito che può spazzare via la povertà. Il credito è solo una delle porte, per quanto grande, che la gente può imboccare per uscire dalla miseria. Ma un’infinità di altri sbocchi possono essere reperiti per facilitare tale scopo. Si tratta soprattutto di avere un diverso concetto delle persone e di delineare un nuovo quadro istituzionale atto ad accogliere la nuova concezione […]. In ognuno di noi si cela molto di più di quanto finora si sia avuto la possibilità di esplorare. Fino a che non creeremo un contesto che ci permetta di scoprire la vastità del nostro potenziale, non potremo sapere quali siano queste risorse43. Con una mentalità nuova, Yunus ha rivendicato l’esigenza di un rinnovamento. Egli ha posto al centro della sua attività il credito, cioè la fiducia. Le sue indiscusse conoscenze economico-finanziarie hanno rappresentato la base della sua iniziativa, ma a queste si è accompagnata anche una prospettiva pedagogico-educativa nata spontaneamente. Perché la povertà non può essere concepita semplicemente come un problema economico, in tale concetto va incluso anche il senso morale e culturale. 282 Due autori diversi: Makarenko e Yunus Perciò, contro la povertà, non è sufficiente una soluzione economica, ma è necessario un intervento di più ampio respiro. Attraverso il microcredito. microcredito, la fiducia nelle potenzialità umane, i rimborsi a breve termine, il rifiuto dell’assistenzialismo, l’attenzione reale ai problemi delle persone, Yunus ha raggiunto il suo obiettivo. Il modello di sviluppo Grameen ha cambiato il Bangladesh, ed è arrivato a guadagnare una rapida popolarità nel resto del mondo. Ma si tratta di numeri in movimento, in crescita… La mattina di domenica 29 ottobre 2000 Yunus stava in Italia in televisione, […] e si è capito che il suo progetto, pur tra mille difficoltà, tende tangibilmente ad ampliarsi un po’ in tutto il mondo Stati Uniti, Europa, e Italia compresi […]. Restando sulla linea di quanto l’economista è venuto dicendo e ripetendo da noi […] ciò che risulta sempre più evidente è difatti l’esportabilità del modello “Grameen Bank” anche nei paesi cosiddetti avanzati, e proprio in quanto si fonda sui concetti di “microcredito”, “prestito d’onore senza garanzia”, e “credito solidale” come “redditività d’impresa” e “attività di gruppo”. Ma c’è un “di più”, nel programma, che non è mero rapporto finanziario, bancario; e che invece appare essere una sorta di “questione di principio”, un atteggiamento filosofico “altro”…44 Anche Makarenko, grazie ad un atteggiamento filosofico “altro” guarda “oltre”. Nel suo pensiero il tema filosofico educativo forte è la pedagogia della prospettiva, come rigenerazione dei bambini abbandonati, come apertura sull’avvenire. Il pedagogista combatte sulle barricate che separano il vecchio dal nuovo. Nel Poema pedagogico il collettivo è l’immagine dell’“uomo in divenire”. I besprizorniki, ragazzi senza tutela, nella colonia dimenticano il loro passato e si trasformano in uomini nuovi. La positiva convinzione dell’educabilità umana che li trasforma, è la fiducia nei lati liberamente creativi della personalità. E Makarenko lascia fare, ed anzi incoraggia sempre e dovunque il gioco dell’immaginazione, la fantasia, le facoltà espressive, tutto ciò che può favorire la genesi di libere personalità. La disciplina stessa è essenziale in quanto conquista autonoma. Egli ammonisce: «Si noti che questa tesi paradossale, che disciplina significa libertà, viene compresa assai facilmente persino dai ragazzi, i quali l’hanno sempre presente nella vita quotidiana, e a ogni passo si convincono che è esatta; molti, nel prendere attivamente partito per la disciplina, dicono appunto che significa libertà»45. Due autori diversi: Makarenko e Yunus 283 La nascita e la crescita del collettivo è in stretta correlazione con la formazione delle singole personalità che lo costituiscono. I bambini di Makarenko all’interno della colonia sono il “frutto della tradizione” ma anche il “seme della prospettiva”. Il Poema è “romanzo d’infanzia”, del collettivo, della prospettiva, dell’uomo nuovo per un futuro migliore. SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA FACOLTÀ DI FILOSOFIA CORSO DI LAUREA IN PEDAGOGIA E SCIENZE DELL'EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE TESI DI LAUREA IN PEDAGOGIA GENERALE Laureanda Elisa Condò Relatore Chiar.mo prof. Nicola Siciliani de Cumis Matricola 983440 Correlatore dott. Alessandro Sanzo IL PROFESSOR MAKARENKO IN «SLAVIA» 1995-2010 Editrice Nuova Cultura – Roma Anno Accademico 2009 – 2010 286 Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione Cinema Due colloqui su cinema ed educazione Guido Aristarco - Nicola Siciliani de Cumis Il cinema, la scuola (Lukàcs, Makarenko)215 - S.: In questi giorni, su «EI Pais» prima su «l’Unità» poi, è apparso un articolo assai significativo di Fernando Savater, noto filosofo dell’etico-politica a valenza anche pedagogica, sul cinema: un articolo, cioè, in difesa di Jurassic Park e della “funzione popolare dell’arte cinematografica”, e pertanto in polemica con i detrattori del film di Spielberg: «Non so se i dinosauri di Spielberg sono giurassici o cretacei, ma sono convinto che molti intellettuali e critici cinematografici vivono ancora nel Paleolitico», giacché - aveva detto prima - è forse «colpa di questa cecità se il cinema europeo è stato sempre incapace di produrre film per adolescenti e per bambini». Che te ne sembra? - A.: Si tratta qui più di un problema educativo che cinematografico, o meglio, si tratta di due problemi che rimandano l’uno all’altro. Occorre distinguerli, e vederne insieme le connessioni. - S.: Non è un caso, del resto, che tra Jurassic Park e la scuola italiana di oggi (Jurassic School, come l’hanno definita) si sia stabilita una specie di feeling. Il cinema, in quanto tale, è un’educazione, però è una grande possibilità. E ciascuno di noi, nel suo campo, lo sa bene. - A.: Certamente, ma quali sono i tuoi motivi, le tue ragioni “cinematografiche?” «Cinema Nuovo» è una Rivista di cinema, è vero, che recupera costutivamente al suo interno la cosiddetta cultura generale e, variamente, i risultati di determinate discipline “umanistiche”. Tu ti occupi di filosofia, di pedagogia, di didattica. Sei da tempo collaboratore di «Cinema Nuovo»; però è pur sempre dall’interno dei tuoi interessi, dei tuoi studi di settore, che arrivi a scrivere di cinema. Come mai? - S.: Potrei risponderti in vari modi. Мa per il momento preferisco questo motivo, che si connette direttamente alla rivista da te diretta. C’è una mia antica consuetudine con «Cinema Nuovo». Che poi si è specificata. Ho trascorso alcuni mesi, di recente, a fare uno spoglio sistematico delle sue annate; ed ho ricavato una serie non breve di indicazioni utili a connettere i miei interessi scientifici 215 Questo colloquio è avvenuto alla fine del novembre 1993. L’articolo di F. Savater, di cui si discorre all’inizio, era apparso su «l’Unità» del 17 novembre dello stesso anno in traduzione da «El Pais», a cura di Cristiana Paternò. Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione 287 e professionali con la materia propria e nuova del periodico, e praticamente dal ‘53 ad oggi. Con una continuità di propositi e di esiti che è in realtà impressionante... - A.: Мi incuriosisce ciò che dici. Puoi spiegarti meglio, facendo degli esempi? - S.: Va bene. Lascio perdere quel che è quasi ovvio: che cioè esiste un rapporto preciso tra l'educazione estetica, secondo i principi di una estetica marxista classica, ed una concreta attività critica che si eserciti alla luce dei fatti artistici che più interessano, dal punto di vista del cinema come agente educativo di eccezionale portata. Della qual cosa, «Cinema Nuovo» si è sempre occupato: con saggi, cronache, recensioni, inchieste, note critiche ed informative ecc. - A.: Anche tu vi stai collaborando..... - S.: Si, ma ancora prima, fin dal principio della sua attività, come dicevo, la rivista ha svolto un compito preciso, distintivo, che mi pare opportuno sottolineare. Scorrendo rapidamente le mie schede di lettura, in ordine alfabetico, ritrovo subito i seguenti importanti elementi di indagine: Arzignano, Scuola di. Rimanda per l’appunto all’esperienza di Antonio Pellizzari, alla stessa fondazione di «Cinema Nuovo», ad un curioso intreccio di competenze pedagogiche che converrà vedere più da vicino. Attori, Scuole di recitazione. C’è bisogno di illustrare la legittimità educativa di questa voce? E la rivista ospita interventi, anche importanti, sul tema. Beni culturali. La pedagogia se ne alimenta e vorrebbe produrne. Come «Cinema Nuovo», che non ha mai trascurato di occuparsi di “beni” della cultura, pure l’educazione ha la presunzione di collaborare a togliere qualche “male” culturale. Di qui un’altra ragione per riflettere assieme. - A.: Va bene, va avanti. L’elenco mi interessa e mi diverte. Che viene dopo? - S.: Borse di studio. Borse di studio per l’Italia e per l’estero. Anche «Cinema Nuovo» se ne è fatta e se ne fa promotrice.... - A.: Certamente, facciamo il possibile con il Premio «Cinema Nuovo» Pasinetti... - S.: Si, ma c’è anche altro. Tra le mie schede, alla lettera C, trovo degli argomenti pedagogicamente interessanti: che so io, il tema Calabria (quale nesso trovare tra la “questione meridionale”, la “Questione calabrese” e l’educazione che parte dal e arriva al cinema?); il tema Calvino, Italo (se è vero che Calvino è uno scrittore a suo modo pedagogico, e se è vero che proprio il cinema ha una certa importanza nella sua formazione, quale conseguenza specifica deriva da questi due presupposti?); i temi Cinema e letteratura, Classici del cinema, Cinema e classicità ecc., in che relazione stanno con le trattazioni periodiche di Cinema nuovo su Cinema e scuola/Scuola e cinema (su Film e didattica), su Cinema e università, su Ci- 288 Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione nema e programmi scolastici (non solo programmi di Italiano, Storia, Filosofia, Geografia, Musica, ma anche di Fisica, Biologia, Astronomia, Informatica ecc.)? - A.: Certo, c’è da ragionarci su. - S.: E non è finita. Ti risparmio molto delle mie schede informative, però su alcune può servire fermarsi. Su queste, per esempio: Disegni animati; Disegni di legge per una cinematografia didattica; Educazione politica; Film sulla scuola (d’argomento direttamente e indirettamente scolastico); Gramsci (il Gramsci del “nuovo principio educativo”); Handicappati (cinema e handicap); Insegnanti (da diversi punti d’osservazione); Labriola (per trent’anni insegnò pedagogia, tutta la vita fu un educatore); Marx (ed ovviamente Lukàcs, attentissimo anche alla dimensione educativa del marxismo); Natura (c’è un posto che la rivista riserva alle “scienze della natura”, accanto alle “scienze della cultura”: con tutte le conseguenze anche pedagogiche di questo fatto); Obiettivi didattici della rivista, a più livelli); Premi didattici; Quantità-qualità (due tradizionali categorie anche pedagogiche); Recensione (come strumento di formazione di una competenza critica, in ambito cinematografico); Scienze dell'educazione cinematografica (Sociologia del cinema, Psicologia del cinema, metodologie, Contenuti ecc.); Televisionedidattica (molti argomenti); URSS (scuole di cinema, il cinema-scuola); Valori cinematografici (come elementi essenziali di un’educazione al film e/о attraverso il film); Zavattini (educatore, alla sua maniera). - A.: Un programma ambizioso, mi sembra. Ambizioso quanto stimolante. - S.: Si, ed è tanto più impegnativo quanto più coinvolge i piani di una pedagogia indiretta... - A.: Cioè ? - S.: L’argomento è complesso, e non credo di riuscire ad esaurirla in poche battute. Per cui mi limito ad elencarti alcuni livelli d’indagine, a mio parere essenziali. E, se me lo permetti, prenderei le mosse proprio da un luogo che ti riguarda, cioè dal punto di vista di György Lukàcs su quel “discorso sul cinema”, che è il tuo Il dissolvimento della ragione del 65... - A.: Va bene, ma tieni presente che Lukàcs si occupa di cinema anche altrove. Dovremmo cominciare col fare riferimento al saggio del 1911... - S.: Certo, anche di pedagogia, di educazione, di formazione, egli viene a dire in ben altre sue pagine. Bisognerà condurre un’indagine specifica su questo punto. Però non è su ciò che io voglio fermarmi soprattutto adesso. È sul fatto che non è necessario muoversi esplicitamente nella dimensione pedagogica, educativa, didattica per produrre modificazioni di insegnamento/apprendimento. Anzi, le esperienze formative indirette sono le meglio interiorizzabili e dunque più stabili e durature e forti. Le più radicali. - A.: Hai fatto bene a ricordare quel testo lukacsiano. Rileggi uno dei passi conclusivi: quello sul superamento del “tecnicismo”, sul che voglia dire “essere Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione 289 radicali” per Marx-Lukàcs, sul non-marxista Chaplin che contribuisce, anche lui con la sua arte, allo stesso compito educativo umano che è proprio del marxismo (almeno in una certa misura). Eccolo qui, quel passo: «Il superamento del tecnicismo nella teoria e nella prassi del cinema, la dimostrazione che dietro ad ogni questione in apparenza meramente formale stanno gravi e ingenti problemi della vita umana, che influiscono attraverso il mezzo della configurazione artistica sul trovarsi o sul perdersi dell’uomo: questo il compito centrale del critico cinematografico che oggi voglia meritare questo nome. Le cognizioni specifiche, la fine sensibilità estetica sono, s’intende, premesse necessarie, ma non più che premesse, non la cosa stessa. Ciò che ne scaturisce - additando il giusto cammino o invece da esso sviando - ha il suo fondamento in tale rapporto con la vita dell’uomo. “Essere radicali”, dice Мarx, “significa andare alla radice delle cose. Per l’uomo, però, la radice è l’uomo stesso.» Chaplin non è mai stato un marxista. Ha tuttavia mostrato nelle più diverse forme quanto si possano mettere a frutto le nuove possibilità tecniche del cinema nel fissare, come egli indimenticabilmente ha fissato, l’immagine dell’uomo in pericolo, della sua lotta per conservarsi a se stesso, dello smascheramento di quanto quell’umanità contrasta ed insidia. Al cinema e alla critica cinematografica che si muovono sul piano esteriorizzante del tecnicismo, va contrapposta una critica capace di interiorizzazione e di approfondimento estetico, e che se in spirito di verità e di esattezza saprà andare sino in fondo, non potrà che pervenire all’uomo, all’uomo reale, che soffre e lotta socialmente tra uomini e contro altri uomini. - S.: Il luogo è significativo, utile per chi fa il mio mestiere, per chiunque faccia un lavoro critico relativamente alle idee, ed al tempo stesso studi le ragioni e gli effetti in via di ipotesi pedagogici di un siffatto lavoro. - A.: È Lukàcs stesso a mettere sulla buona strada per capire la connessione cinema-educazione. È dalla giovinezza, come scrive, che egli si è interessato al cinema (bisogna consultare Gelebtes Denken, l’”autobiografia in forma di dialogo” con Istvàn Eörsi); e poi basta rileggere l’ultima parte dell’estetica (Die Eigenart des Aesthetischen), per ritrovare una teoria del cinema che è anche un contributo sull’educazione. Così a me sembra. Tu che ne dici? - S.: Mi pare evidente che sia proprio l’Estetica l’opera-chiave, l’opera trattodi-unione-tra cinema e pedagogia secondo Lukàcs. Ma, ripeto, bisognerebbe analizzare a tappeto tutti gli scritti del nostro autore, per farsi dell’argomento un’idea più precisa ed organica. Tuttavia, quanto all’Autobiografia, al suo “pensiero vissuto”, è sufficiente notare il posto che vi occupa Вéla Вalàzs, per confermare la nostra ipotesi generale. Ma io sottoporrei alla tua attenzione un altro aspetto della questione lukacsiana che è ancora direttamente ed indirettamente pedagogico. 290 Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione - A.: È sulla pedagogia indiretta, mediata da una filosofia, da una concezione del mondo, che io mi soffermerei di più. - S.: Sono due momenti egualmente necessari che s’integrano reciprocamente. Lo dimostra proprio ciò che stavo per dire ancora di Lukàcs, a proposito del suo doppio motivo di interesse per l’arte e l’ideologia di un educatore-scrittore come Anton Semёnovič Makarenko: e cioè per un romanzo come Pedagogiceskaja Poema, il Poema pedagogico, inteso quale storia dello sviluppo, ovvero storia dell’”accumulazione originaria” della pedagogia socialista, con una siffatta precisazione terminologico-concettuale: «In questo libro di Мakarenko è narrata la storia dello sviluppo, anzi meglio dell’”accumulazione originaria” della pedagogia socialista. (L’espressione “accumulazione originaria” viene qui usata per indicare la preistoria ricca di urti e di conflitti del nuovo mondo; e come da questo siano sorti i principi e le norme, che più tardi sarebbero divenuti fondamentali e generali; infine come le premesse di queste norme siano state poste nel - relativo - caos di un’epoca rivoluzionaria di transizione). Questa pedagogia e però ben altra cosa che non la pedagogia, intesa nel ristretto senso borghese del termine, non è soltanto un ramo specifico della cultura. È pur vero che anche nelle società di classe i grandi pensatori, che lottavano per il bene della società e volevano sinceramente risolvere i problemi posti dalla pedagogia, hanno sempre varcato i confini della specializzazione. E sono pervenuti, in molti casi, a risultati importanti. Ma è altresì vero che essi non sono mai giunti a risultati complessivi soddisfacenti. Perché? Perché il carattere antagonistico della società classista non consente, proprio in questo campo, alcuna soluzione positiva, ma soltanto, nel migliore dei casi, una prospettiva utopistica, la cui realizzazione dev’essere rinviata all’infinito, senza che possa essere mai additata, seppure approssimativamente, la strada giusta». - A.: Sembra, almeno in parte, lo stesso ragionamento su Chaplin ed il tecnicismo nell’Introduzione già ricordata a Il dissolvimento della ragione. - S.: E c’è dell’altro. Per esempio, c’è un passaggio dell’Autobiografia, che è pure chiarificatore, sia dei discorsi di Lukàcs sull’estetica in relazione al cinema, sia delle sue riflessioni in tema di pedagogia socialista; e che è il seguente: «Sto parlando di tipi umani e non di persone. In mezzo ci sono sfumature infinite, che dovrebbero essere realisticamente rappresentate dall’arte, ma bisogna vedere tutta questa gamma. Se dimentichiamo questo, arriviamo di fatto a sostenere che, beh, ci sono stati problemi d’ogni tipo, ma adesso li abbiamo superati, quindi dimentichiamoli. Invece non li dobbiamo dimenticare. Questo problema è già emerso nella nostra letteratura in termini splendidi, mi riferisco al grande romanzo pedagogico di Мakarenko. Lì il metodo educativo socialista si Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione 291 esprime nel fatto che il dimenticare segue alla vergogna e alla catarsi. Quindi si può dimenticare solo dopo la catarsi. Se vogliamo davvero il socialismo, non possiamo rinunciare a questo lavoro pedagogico. Senza questo lavoro pedagogico noi vivremo ideologicamente in uno pseudo socialismo». - A.: Un argomento da affrontare, rispetto a queste osservazioni di Lukàcs, sarebbe quello del peso del cinema sovietico nelle sue proprie elaborazioni estetiche complessive... - S.: Gli spunti non mancano anche sul terreno dell’influenza di Lukàcs e dei lukacsiani sulla cultura cinematografica in URSS. E poi, per ritornare su Makarenko e sul giudizio del filosofo ungherese sul Poema pedagogico, è una precisa coincidenza cronologica che egli rientri dalla Germania in Russia l’anno stesso in cui comincia la pubblicazione del romanzo del pedagogista ucraino (1933). Di più, nello stesso periodo di tempo, non è ancora spenta in Unione sovietica l’eco di un film come II cammino verso la vita (Putёvka v zizn) di Nikolaj Vladimirovic Ekk, il primo film sonoro sovietico: una opera che ha per tema, appunto, la rieducazione dei besprizornye, dei ragazzi sbandati vittime della guerra civile, attraverso le “comuni di lavoro” ideate da Makarenko. Ecco ciò che volevo dire io prima, quando distinguevo educazione diretta ed educazione indiretta, rispetto al cinema. Nella situazione storica or ora rievocata, c’è - è vero - un contenuto immediatamente educativo (la materia stessa, cioè, del Poema pedagogico makarenkiano); ma quanti e quali altri profili pedagogici ancora! La formazione del regista Ekk, nel clima culturale diffuso delle “comuni di lavoro”, e l’assorbimento, l’interiorizzazione di certi concetti e delle pratiche educative proprie e nuove di Мakarenko; ma, pure, ciò non esclude una qualche interferenza formativa dell’opera cinematografica su quella del romanziere-che-stanarrando la sua storia autobiografica. Inoltre c’è Lukàcs. Come entra, se entra,nel suo specifico discorso sull’estetica (con annessi e connessi), l’evidenziato intreccio di competenze? Non era stato Ekk un allievo di Vsevolod Emil’evic Mejerchol’d, il quale a sua volta aveva fondato nel 1920 (lo stesso anno in cui comincia l’azione del Poema Pedagogico) il teatro del Proletkul’t? Quanto devono, se devono, Мakarenko da un lato Lukàcs dall’altro, alle stesse teorizzazioni e applicazioni estetico-pedagogiche di Analolij Vasil’evic Lunacarskij (e seguaci e discendenti) della Proletarskaja Kul’tura? - A.: Importanti ricerche da fare. Non avrei dubbi. Sole che inganni perfido e tremendo216 (Su Sole Ingannatore di Nikita Sergeevič Michalkov) 216 Colloquio del dicembre 1994 292 Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione - A.: Sole Ingannatore, quello che non capisco è questo vezzo di usare le maiuscole nei titoli dei films: “Ingannatore”, perché? - S.: Io una spiegazione ce l’avrei, per questa volta almeno... - A.: Quale spiegazione? - S.: Come a dire che ingannatore come lui, non c’era nessuno; che Stalin, l’URSS, il comunismo erano l’Inganno con la “T” maiuscola... - A.: È possibile che sia così, anche perché - hai notato? - c’è un’altra tendenza: quella di abusare dei titoli in lingua inglese. - S.: Si, una volta, nell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento, si esagerava con il Francese. Ora lo si fa con l’inglese. Domani chissà. - A.: Il film di Michalkov però non è da buttare, è perfino interessante: un Čechov alla rovescia... è molto ambiguo. - S.: Direi che riassume Brežnev, Gorbačev ed El’cin, nel senso che l’autore è noto - è abbastanza flessibile, politicamente disinvolto. - A.: Sì, quella caricatura dei “pionieri” è tutto un programma. Però coesiste con una certa umbratilità, con un certo lirismo... La storia, nell’insieme, è ben costruita: e fino alla fine non capisci dove va a parare. Il personaggio di Dmitrij (Oleg Mengikov è bravo) è riuscito: la storia d’amore con la padrona di casa, quando non stava ancora coll’alto ufficiale Kotov, il protagonista interpretato da Michalkov stesso, assorbe l’attenzione, tiene sospesi, così non ti aspetti quel finale. - S.: Effetti del Sole Ingannatore... - A.: La tesi è chiara: Stalin finisce con l’ingannare tutti quanti: inganna il colonnello, inganna la spia, perfino la polizia politica è ingannata: e così pure i vecchi, i bambini, i diversi tipi umani nelle giornate di festa. Stalin poi inganna anche se stesso: perché Stalin è tante cose, padre e tiranno, rivoluzionario e reazionario. Ognuno, ancora, inganna sé medesimo: perché ciascuno ha il suo Stalin. E c’è lo Stalin del militare (l’eroe che ha combattuto contro la Guardia bianca nel ‘20), come c’è lo Stalin della polizia segreta (l’erede degli zar, e semplicemente la mente di crudeli congiure di palazzo). C’è lo Stalin della gente, delle varie categorie sociali. Ma soprattutto c’è lo Stalin ingannatore, ingannatore come la spia, come la stessa metafora del sole. - S.: Il suicidio finale sta a testimoniarlo: ché in realtà è pure quello un omicidio per interposta persona (il suicida stesso, per l’appunto). - A.: Però c’è anche il sole, in quanto sole, che inganna. È la natura, diresti, al servizio, perfino lei, della politica di Stalin. Ingannatrice e ingannata. Come la donna del film... - S.: In effetti è così. Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione 293 - A.: Ti ripeto, Čechov, Čechov adattato, tradotto. La presenza del teatro, d’altra parte, è evidente. Pensi un po’ a Zio Vanja. Quel pubblico o quel privato che si mescolano incredibilmente. Il giudizio sui tempi, sulla storia, meglio sulla Storia, è assai netto: c’è un immeschinimento generale... - S.: ... un immeschinimento del Colonnello! Kotov, il Colonnello. - A.: Piuttosto, un colonnello in pantofole. Michalkov offre una visione casalinga della rivoluzione. È il solito Michalkov. - S.: Mi viene in mente Bulgakov, lo Stalin di Bulgakov è un’altra cosa. Sto rileggendo Il maestro e Margherita, e siamo decisamente ad un altro livello. Se poi ci metti accanto le pagine di Vitalij Šentalinskij, al capitolo quarto di I manoscritti non bruciano. Gli archivi letterari del KGB, appena tradotto da Garzanti, ti rendi conto di una effettiva diversità di spessore... - A.: Siamo d’accordo. Anch’io lo sto leggendo; e l’impressione che ne sto ricavando è più o meno la stessa. Le pagine su Isaak Babel’, che in parte toccano argomenti cinematografici, sono molto interessanti, e nuove. - S.: Se lo sarà letto Michalkov, questo libro? - A.: Chissà. A naso non direi. In Sole Ingannatore sono notevoli certi scadimenti nel didascalico, nell’ideologico (la macchia del sole “ingannatore”, per esempio, non si capisce a che serva: il film avrebbe guadagnato senza). - S.: Sì, le caricature sono evidenti: anche se ho trovato interessante la ricostruzione degli interni domestici, la descrizione di determinati particolari, certi spunti critici (per esempio, sul panslavismo, sulla “patria Russia”, contro l’esterofilia, contro i francesismi ecc.). - A.: Questo film è un documento utile. - S.: Utile a scuola, anche: per l’insegnamento della storia... - A.: ...e dell’estetica. Lukács aveva ragione quando diceva che il cinema è da accostarsi alla novella, e non al romanzo. Un film come questo Sole Ingannatore è un buon esempio per svolgere un’argomentazione del genere. E il discorso potrebbe allargarsi al tema degli specifici artistici, alla distinzione delle arti, delle poetiche, alla funzione della critica... - S.: Già, la critica. Hai visto che pareri circolano sui giornali, a proposito di questo film? - A.: Sì e no. Non è che mi interessi gran che... - S.: Eppure, forse, vale la pena di tenere presente che per alcuni Sole Ingannatore è un «bellissimo film […] Senza una forzatura, un’annotazione di troppo» (Francesco Bolzoni, su Avvenire); «bello e importante» (Giovanna Grassi, sul Corriere della sera); e Michalkov, «è un grande narratore, forte, profondo, affascinante» (Lietta Tornabuoni, su La Stampa) ecc. Per altri, le forzature ci sono: «qualche autoindulgenza», come nota la stessa Tornabuoni; e «qualche eccessi- 294 Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione vo indugio sul ruolo della piccola figlia di Kotov, cui si concedono fin troppe moine (ma si tratta di amor paterno: la bambina è la figlia di Michalkov), e su qualche caratterizzazione di maniera» (Vito Attolini, su La Gazzetta del Mezzogiorno). Tanto per esemplificare. - A.: Può bastare, direi. - S.: Certo che sì. Soltanto vorrei segnalarti, se ti fosse sfuggita, l’opportuna pedanteria di Tullio Kezich sul Corriere della sera del 17 dicembre u.s., che gli fa scrivere: «Nessuno vieta di far ammazzare un personaggio immaginario in un modo qualsiasi ma la data del 12 agosto 1936 scelta da Nikita Michalkov in Sole Ingannatore per andare incontro al plotone d’esecuzione nella divisa del colonnello Kotov si direbbe proprio sbagliata. Il procedimento contro Zinov’ev e altri quindici presunti congiurati antistalinisti, che inaugurò il biennio sanguinoso dei processi di Mosca, si apri infatti solo il 19 agosto e si concluse pochi giorni dopo con il massacro legalizzato di tutti i “colpevoli innocenti”. A tale evento si riferisce il film quando dal titolo della Pravda fa leggere (in anticipo di un paio di settimane sulla realtà storica?) l’asserzione dell’accusatore Vyšinskij: “La confessione è fonte di giustizia” […]». - A.: Un altro spunto su cinema e insegnamento della storia, non ti pare? - S.: Certamente. Al quale aggiungerei sia l’attuale voglia, confessata da Michalkov quando è stato a Roma in dicembre, di «non condannare né giustificare nessuno […] è troppo facile parlare con il senno di poi. Gli errori sono stati commessi da una parte e dall’altra, l’importante è non dimenticare». Comodo, no? - A.: È l’ambiguità dell’autore, di cui ti dicevo prima. - S.: Sì, la flessibilità: dal Sole Ingannatore, con la “I” maiuscola, alla notte di hegeliana memoria, in cui tutte le vacche sono nere... - A.: E senza dimenticare Čechov, nell’adattamento ai tempi. - S.: Già. Tanto è vero che Michalkov sta ora preparando un nuovo film, dal titolo Ricordando Čechov, e pensando ad un’opera sugli ultimi giorni dei Romanov... - A.: Un nuovo film, o un vecchio film? - S.: Aspettiamo di vedere. Le date e i dati di una vita - Guido Aristarco nasce a Мantova il 7 ottobre 1918. - Comincia la sua attività di pubblicista sui fogli del Guf (“Pattuglia”, “Signum”, “Architrave”, “Via Consolare”, “Spettacolo”) e su «La Gazzetta Di Mantova» e «II Corriere Padano» (al posto di Michelangelo Antonioni). Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione 295 - Con Gianni Puccini, Francesco Pasinetti (suo primo maestro in fatto di cinema), Domenico Purificato, Мassimo Mida ed altri collabora a «Cinema» (prima serie). E a «Bianco e Nero». Del 1943 è Invito alle immagini (Pattuglia). - Nel 1946 collabora con Giuseppe De Santis e Carlo Lizzani alla sceneggiatura di uno dei primi film neorealisti Il sole sorge ancora, di Aldo Vergano. - Ancora negli anni Quaranta incomincia il suo sodalizio con Cesare Zavattini, cui resterà legato praticamente sempre. Nel 1948, dopo le elezioni, viene licenziato dalla radio dove teneva una rubrica. - Nel 1950 pubblica L’arte del film (Bompiani). - Del 1951 è Storia delle teoriche del film (Einaudi). Lo stesso anno vince il Premio Pasinetti per gli studi del cinema. - Primo in Italia, tiene a Мilano un Corso di cultura cinematografica (anno accademico 1951-52). Dirige «Cinema» (seconda serie). - Nel 1952 fonda la rivista «Cinema Nuovo», che dirige fino al 1996. - Nel 1953 vince la Penna Doro per la critica cinematografica. - Con Piero Calamandrei e Renzo Renzi, nel 1954, scrive Dall'Arcadia a Peschiera (Laterza). L’anno prima era stato arrestato e processato, con lo stesso Renzi, per aver pubblicato su «Cinema Nuovo» un soggetto considerato “antipatriottico”, L'armata S'agapo', in cui venivano denunciate le atrocità della guerra italiana in Grecia. - Sempre negli anni Cinquanta, e successivamente, scrive su importanti riviste straniere, quali «Film-culture» (New York), «Positiv» e «La Revue du Cinéma» (Parigi), «Кino» (Praga), «Filmska Cultura» (Zagabria) ecc. Collabora quindi con vari editori (Einaudi, ed altri), dirigendo collane di studi cinematografici: e facendo conoscere in Italia autori importanti come Siegfried Krakauer, Rudolf Arnheim, Paul Rotha, Richard Griffith, Nikolaj Lébedev, John Howard Lawson, ecc. - Nuovo corso di cultura cinematografica presso l’Università di Milano, nell’anno accademico 1958-59. - Del 1960 è la seconda edizione della Storia della teoriche del film. Pubblica inoltre: Esperienza culturale ed esperienza originale in Luchino Visconti, in Rocco e i suoi Fratelli (Cappelli). - Nel 1961 ricorre il Premio Città di Cattolica, per il miglior contributo alla saggistica cinematografica. Dello stesso anno è Cinema italiano 1960. Romanzo e antiromanzo (II Saggiatore), che si lega ad un significativo saggio su Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, ad uno studio su Miti e realtà nel cinema italiano ecc. - Nel 1962 pubblica Il mestiere del critico (Schede dei più importanti film italiani e stranieri: 1958 - 1961). (Мursia). - Del 1963 è una nuova edizione di Storia delle teoriche del film (Einaudi). 296 Cinema – Due colloqui su cinema ed educazione - II dissolvimento della ragione. Discorso sul cinema, con una Introduzione di György Lukács (Feltrinelli), è del 1965. - Nel 1969 vince con Luigi Chiarini la Cattedra di Storia e critica del cinema. - Nel 1973 pubblica i Taccuini di Aleksandr Dovženko, seguiti da Problemi di drammaturgia cinematografica (estratti) (Quaderni di «Cinema Nuovo», nei tipi del Sansoni). Intanto insegna a Torino. - Del 1975 è un’antologia di «Cinema Nuovo» 1952-1958 (Guaraldi). - Del 1978 è Sotto il segno dello scorpione. Il cinema dei fratelli Taviani. Con un saggio sul film di Valentino Orsini “I dannati della terra” (D’Anna). - Del 1979, Marx, il cinema e la critica del film, con Introduzione di György Lukàcs (Feltrinelli). Dello stesso anno: Teorici del film da Tille id Arnheim. Testi scelti da Guido Aristarco (Celid). - Del 1980, Neorealismo e nuova critica cinematografica (Nuova Guaraldi). - Del 1981, Sciolti dal giuramento. Il dibattito critico-ideologico sul cinema degli anni Cinquanta (Dedalo). Presso quest’ultimo editore, Erige intanto la collana «Ombra sonora» (oltre trenta titoli fino al `96). - Del 1983 è Il mito dell'attore. Come l'industria della star produce il sex symbol (Dedalo). - Del 1984, L'utopia cinematografica (Sellerio). Viene chiamato ad insegnare nell’Università di Roma «La Sapienza». - Nel 1985, con Teresa Aristarco, cura “Il nuovo mondo dell'immagine elettronica” (Dedalo). - Dal 1987 è membro dell’Accademia dei Lincei. - Del 1988 è I sussurri e le grida. Dieci letture critiche di film. Prefazione di Giulio Carlo Argan (Sellerio). Ancora dell’88, Su Antonioni. Materiali per un'analisi critica (La Zattera di Babele). - Del 1992, Il cinema. Verso il centenario, curato con Teresa Aristarco (Dedalo). - Del 1996, Il cinema fascista. II prima e il dopo (Dedalo). Мuore l’11 settembre, a Roma. - Le opere di Guido Aristarco sono tradotte da alcuni decenni in varie lingue non solo europee. A cura di Daria Siciliani de Cumis SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA FACOLTÀ DI FILOSOFIA CORSO DI LAUREA FILOSOFIA ELABORATO DI LAUREA IN PEDAGOGIA GENERALE Laureanda Michela Chiara Borghese Relatore Chiar.mo prof. Nicola Siciliani de Cumis Matricola 983177 Correlatore Chiar.mo prof. Franco Ferrarotti “A prua, verso il divenire” Giorni. Un pianoforte e tutte le sue “corde” Anno Accademico 2011-2012 298 “A prua verso il divenire” – Giorni. Un pianoforte e tutte le sue “corde” Martedì 7 giugno 2011 http://www.youtube.com/watch?v=HbOIBdweLQk&feature= Oggi ho fatto l’esame di Pedagogia generale. Ѐ andata molto bene: 30 e lode!! Parlando del Poema pedagogico col professor Siciliani e col professor Sanzo è emersa la possibilità di scrivere sulla musica nel Poema. Non solo. Ma di affidare a delle musiche, scelte da me, il “commento” o la “descrizione” di alcuni passi dello stesso: brani di qualsiasi genere che ritengo essere adatti al momento descritto, per atmosfera, ritmo della narrazione, per ciò che può evocare... Il tutto mi “stuzzica”... per l’abitudine che ho di ascoltare musica praticamente in ogni momento, eccetto quando sono io ad eseguirla! Quando leggo libri, poi, i brani musicali... li “scelgo” a seconda dell’atmosfera e momento descritto nel testo, perché la sensazione “udita” sia in accordo con quella “visiva”, letta; musica quando scrivo, mangio, guido... Sempre la ascolto, vivendo anche un pò l’intolleranza di chi mi è vicino. E leggendo Makarenko, per il Poema ho “voluto” La danza di Rossini trascritta ed eseguita dal virtuoso, ma non solo, pianista Marc-André Hamelin (http://www.youtube.com /watch ?v=D5j7 razDIFA&feature), nel capitolo Il teatro, per esempio; oppure nella parte conclusiva, nell’ultimo capitolo, Epilogo, la colonna sonora di Mission, Gabriel's oboe and The Falls di Ennio Morricone, interpretato dal grandissimo violoncellista Yo-Yo Ma (http://www.youtube.com/ watch?v=XISBJ-MJ0HI), pezzo evocativo e di grande enfasi... Evocativo... Ricordo che la prima volta che lessi il Poema, credo fosse dicembre scorso, arrivata proprio alla fine nel punto in cui Anton passa “in rassegna” i suoi ragazzi... cercavo ansiosamente il nome di Lapot’. Non ne ho saputo nulla e questo mi rattristò a tal punto da sperare nella seconda lettura del Poema, quasi a dirmi “...mi sarà sfuggito! Così tanti personaggi! Sicuramente l’ho letto ma non lo ricordo!!” Anche nelle letture che seguirono alla prima, però, non seppi che fine avesse fatto Lapot’, un personaggio importante per me, per il ruolo che ricopriva e per la capacità che aveva di sdrammatizzare. Così importante da vivere con lui quello che mi capita con alcuni compositori: quelli che ritengo efficaci e nelle mie corde, spesso mi chiedo che risata avessero, come ridevano, se di pancia, di gola, in acuto o grave... Beh, la risata di Lapot’ ho la sensazione di conoscerla, di averla sentita, da lontano, ma di sapere com’era. Tale era, infatti, l’intesa che “A prua verso il divenire” – Giorni. Un pianoforte e tutte le sue “corde” 299 avevo trovato con lui che quasi ne anticipavo le battute e credo che questo “conoscendolo” lo avrebbe “divertito”! Poco prima di uscire dalla stanza, il professore mi ha dato un articolo di Tiziana Pangrazi dal titolo L’udibilità nel Poema di Makarenko che leggerò prestissimo! Capitolo dodicesimo Suoni, movimenti e visioni 12.1. Marzia Castiglione Humani* Il teatro e l'handicap nell’ottica di Makarenko Fino ad ora abbiamo visto come il teatro viene usato per il recupero di handicap mentale e fisico, ma nel Poema pedagogico troviamo un'altra forma di handicap, quello dei ragazzi moralmente degenerati. Il libro è diviso in tre parti. Nella prima parte viene descritta come è nata questa impresa pedagogica, le difficoltà, i dubbi e anche le incertezze dell’autore sui metodi pedagogici che fossero più appropriati nel dare una impronta formativa ai giovani coloniali, incertezze anche sulla modalità più adeguata di riabilitazione psicologica e morale, che poi si chiamerà comune, come in quel momento il partito dei Soviet chiedeva: fare l’uomo nuovo che fosse cioè il modello dell’evoluzione comunista integrale, socialmente protagonista del proprio destino e della storia della nazione. Nel settembre del 1920 il direttore dell’Ufficio provinciale per l’istruzione popolare affidò a Makarenko una colonia di ragazzi sbandati e abbandonati, situata a pochi chilometri da Poltava, allo scopo di formare “l’uomo nuovo”, soggetti che Makarenko definisce handicappati morali, cioè ragazzi privi di valori etici. Makarenko in Il mestiere di genitore ci spiega che gli «uomini educati senza l’amore dei genitori sono spesso dei mutilati». Questi ragazzi sono degli handicappati morali, termine che indica una particolare situazione di svantaggio sociale, i ragazzi sopravvivevano rubando e la loro situazione economica disastrosa probabilmente era la causa delle loro azioni negative: Questi ragazzi non erano affatto degli idioti, erano dei comuni ragazzi che il destino aveva gettato in una situazione incredibilmente stupida: da una parte erano stati privati di tutti i vantaggi dello sviluppo umano, dall’altra erano stati strappati dalle positive condizioni di una lotta primordiale per la sopravviven- * M. CASTIGLIONE HUMANI, Teatro e diverse abilità. A. A. 2006-2007, pp. 69-73. 302 Il teatro e l’handycap nell’ottica di Makarenko za stessa con quel quotidiano piatto di minestra, magari cattiva, ma per lo meno garantita1. I ragazzi affidati alla colonia “Gor’kij” appartenevano, infatti, a due tipi di “trasgressori della legge”: quelli che «solo da poco avevano abbandonato le case paterne», spinti dalla fame o dal desiderio di ribellione ed evasione, come nel caso di Beluchin e Anton Bratčenko, e quelli “senza tutela”, i besprizornye orfani derivanti dalla guerra civile da poco conclusa. La maggior parte dei nostri ragazzi proveniva da famiglie e solo da poco avevano abbandonato le case paterne. I membri della nostra colonia erano mediamente personalità con caratteristiche molto sviluppate, ma con un bagaglio culturale assai limitato. Ed erano proprio così quelli che mandavano nella nostra colonia, riservata appunto agli elementi di difficile rieducazione. La stragrande maggioranza di essi era scarsamente istruita o del tutto analfabeta. Quasi tutti erano abituati alla sporcizia ed ai pidocchi e, nei rapporti con le altre persone, avevano imparato a sviluppare un atteggiamento di costante difesa, spesso minaccioso, una posa di eroismo primitivo2. L’obiettivo che Makarenko si proponeva di perseguire con il suo costante impegno educativo era quello di formare l’uomo nuovo, lo stereotipo dell’uomo comunista, attraverso metodi sperimentali, dal sapore innovativo, che andava oltre, il semplice fatto di fornire una adeguata istruzione a questi ragazzi, o educarli ad apprendere un mestiere. Occorreva trasmettere loro, nuovi abiti morali, nuovi valori, un uomo maturo e responsabile disposto a lottare, senza mai arrendersi davanti alle numerose avversità della vita, in un domani che li vedrà forti, determinati ed invincibili, padroni di se stessi, esattamente come veniva prefigurato, dall’educazione sociale. Dopo un momento iniziale di difficoltà economiche, con il passare del tempo le condizioni della colonia migliorano grazie alla produzione agricola ed al lavoro artigianale. Tra i ragazzi della colonia iniziò a crescere l’interesse per una vita culturale, in modo particolare, sotto la spinta di Makarenko, si dedicarono al teatro. Inizialmente ci furono dei problemi oggettivi, ad esempio il luogo non riscaldato, il materiale molto costoso che non veniva risarcito poiché i biglietti d’ingresso erano gratuiti, ma grazie alla tenacia e all’entusiasmo di questi ottanta ragazzi il teatro andò avanti diventando sempre più una cosa seria. Lo stesso Makarenko sosteneva: «Davo molta Il teatro e l’handycap nell’ottica di Makarenko 303 importanza al teatro, perché grazie ad esso il linguaggio dei ragazzi era molto migliorato ed i loro orizzonti in generale si erano molto ampliati»3. Era un divertimento che la gente dei villaggi si aspettava di trovare settimana dopo settimana. Venivano rappresentate commedie con spartiti più o meno conosciuti; a volte facevano parte della letteratura classica russa, ad esempio Gogol; altre volte le commedie avevano un significato politico, per promuovere un certo tipo di cultura. Provavamo ogni giorno e provavamo l’intera rappresentazione. In complesso non ci restava nemmeno il tempo sufficiente per dormire. Bisogna notare che molti dei nostri attori ancora non erano in grado di muoversi sulla scena e che quindi dovevano imparare a memoria intere sequenze di movimenti, a cominciare da ogni movimento delle mani o dei piedi, dalla posizione della testa, dallo sguardo, dal modo di voltarsi. Insistevo più che altro su questo, perché sapevo che per il testo avrebbe supplito il suggeritore. Per il sabato sera il lavoro veniva considerato pronto4. Così la colonia “Gor’kij” iniziò ad essere sempre più conosciuta. Ogni tanto Makarenko andava in città a parlare con i responsabili dell’istituzione per far conoscere il lavoro della sua colonia, stabilendo dei contatti per promuovere l’educazione popolare. Alcuni responsabili diventarono amici di Makarenko e apprezzarono il suo operato; ma altri conservavano diffidenze verso i suoi modi poco ortodossi. Il messaggio pedagogico trasmesso da Makarenko è basato sul lavoro e la disciplina, che deve essere cosciente, e dunque la legge deve essere compresa ed interiorizzata. La sua organizzazione è di tipo paramilitare: c’è una squadra con quattro trombe, otto tamburi e la bandiera, cosicché questi ragazzi marciavano quando si recavano in paese o in città. I principi a cui Makarenko fa riferimento sono il lavoro, la laicità assoluta, la disciplina, l’organizzazione, la distinzione dei ruoli, lo spirito paramilitare e l’ emulazione tra loro, sempre nella legalità, la lotta contro lo sfruttamento del lavoro e contro l’alcolismo. Il Poema pedagogico illustra come dal niente, o comunque dalle rovine delle cinque abitazioni destinate a Makarenko e ai suoi ragazzi, è possibile costruire una comunità organizzata. Così da ragazzi definiti “degenerati” può nascere un “nuovo uomo”. Il pedagogo è riuscito a vedere le potenzialità insite in questi ragazzi “moralmente deficienti” ed è riuscito a sfruttarle nel modo migliore; per 304 Il teatro e l’handycap nell’ottica di Makarenko fare ciò si è servito di strumenti validi come il collettivo, già esaminato in precedenza, il senso di responsabilità, la disciplina, l’educazione mista, l’istituzione di turni e reparti misti per l’organizzazione del lavoro, un lavoro soprattutto manuale con la falegnameria, l’officina e naturalmente l’agricoltura. Idea centrale della prassi pedagogica di Makarenko è rappresentata dall’importanza del collettivo, per cui la colonia era una struttura organizzata in grado di assumere le caratteristiche di una vera famiglia, una specie di "società in miniatura”, un gruppo di lavoratori uniti da un fine unitario. Alcune caratteristiche particolari erano: la vita in collegialità, la convivenza di educatori, ragazzi e personale esecutivo ed amministrativo, l’organizzazione in reparti e gruppi di lavoro, l’autosufficienza economica, l’auto-amministrazione. Considerando l’importanza del collettivo, ne derivava che l’intervento pedagogico sul singolo individuo riguarda sempre il coinvolgimento dell’intero gruppo. Questa “cellula sovietica” [il collettivo della colonia Gor’kij] era sufficientemente allargata da poter essere rappresentativa del collettivo “globale” e abbastanza piccola da poter far sentire immediatamente al singolo la responsabilità delle sue azioni. Questa era sentita contemporaneamente come corresponsabilità in quanto, nel bene e nel male, le conseguenze di ogni comportamento singolo ricadevano su tutto il reparto5. Pertanto quello che Makarenko propone è un modello pedagogico volto ad aiutare ragazzi moralmente svantaggiati attraverso il sano lavoro, l’impegno, il rispetto reciproco e la condivisione e nel far ciò, già in quegli anni, è ricorso ad un strumento di grande valore educativo, il teatro. L’esperienza di Makarenko è stata esemplare: anche le persone con alcuni disagi psicologici e sociali possono approdare al mondo teatrale e trarne benefici, proprio come le persone definite “normodotate”. Dopo aver analizzato il metodo di Makarenko, mi colpisce il fatto che in un paese molto diverso dal mio, in un momento storico diverso da quello attuale, le tecniche usate per preparare un’attore non professionista, l’impegno e l’entusiasmo sono gli stessi che si ritrovano nei moderni corsi di teatro sia per persone normodotate sia per persone con “diverse abilità”. Secondo me in questo sta la bellezza e l’attualità sia del metodo pedagogico di Makarenko sia di tutto il suo Poema. Per Makarenko l’età migliore per iniziare a fare teatro è quella adolescenziale, in cui non si è né troppo maturi, né troppo infantili ed è forse Il teatro e l’handycap nell’ottica di Makarenko 305 il momento migliore per mettersi in discussione, per crescere. È una concezione che ho maturato anch’io nel corso della mia esperienza teatrale. 12.2. Emanuela Figlioli* La musicalità nel Poema pedagogico Nel Poema pedagogico di Anton Makarenko è rintracciabile la sua musicalità. È un opera in cui si narra la storia di ragazzi abbandonati e orfani, i cosiddetti besprizorniki, che entrano a far parte della colonia, affidata a Makarenko, nel periodo della rivoluzione d’ottobre in Russia. Nel secondo capitolo della seconda parte viene affrontata più dettagliatamente la vicenda di questa opera e viene vista sotto il punto di vista della meraviglia, ora ci limiteremo a parlare dei suoni, della musica presente nel romanzo. Questa musicalità è in tutto il romanzo, è caratterizzata dai suoni emanati dall’ambiente in cui si svolge la narrazione, dai personaggi, dalla loro voce, dai loro gesti come quando emettono un riso o un pianto, dai suoni emessi dal collettivo e dalle marce; soprattutto dai canti di Karabanov e dalla melodia del gopak. Tiziana Pangrazi a riguardo scrive: il vocabolario acustico - sonoro di Makarenko quantitativamente e qualitativamente rilevante, la differenziazione dei suoni in base alla loro origine e alla loro funzione pratica, l’amplificazione delle idee e dei contenuti che il testo contiene per mezzo dei suoni. Allora sembra possibile pensare ad un ruolo complesso della dimensione dell’udibilità nel Poema, udibilità rivelatrice dello spirito della colonia6. In tutto il romanzo sono presenti elementi sonori - musicali; dall’ambiente in cui è situata la colonia, il suo paesaggio circostante, dalle voci, risate e dai mestieri che svolgono i colonisti. Soprattutto le risate come anche le grida dei ragazzi le ritroviamo in tutto il Poema, infatti citandone alcune troviamo: le risate di Karabanov, di Zadorov, di Burun, le grida e le urla di Beluchin, di Tos’ka… «Soroka agita la frusta su Nibbio, mentre i ragazzi sghignazzano e Karabanov dietro un cespuglio si torce dalle risate. Ride persino Anton7». * E. FIGLIOLI, «Quando i bambini fanno ooh... ». Una canzone e la sua “pedagogia”. A. A. 2005-2006, pp. 46-49. 306 Il teatro e l’handycap nell’ottica di Makarenko Alla festa, dopo il primo momento di solennità, Černenco stesso montò sulla mietitrice e cominciò a girare sui campi. Karabanov si torceva dal ridere e gridava a tutto spiano: - Si riconosce subito lo stile del padrone8. «L’amministratore della RKI lasciò cadere il cucchiaio e drizzò le orecchie con aria inquieta. Karabanov scoppiò a ridere nascose la testa sotto il tavolo»9. «Beluchin sconcertato, tornò alla colonia e si mise a urlare nel dormitorio»10. Oltre alle risate e ai pianti dei ragazzi, i personaggi attraverso la loro voce emettono dei suoni, ognuno con il proprio tono; ad esempio: «Tra i cespugli dell’ex giardino risuona una risata di Olja Voronova e le risponde la pungente voce baritonale di Burun»11. O ancora, la voce rauca di Korotkov e quella da basso di Zainovij Ivanovič Bucaj: «Zainovij Inovanovič Bucaj ci sorprese per alcune sue spiccatissime qualità. Era magro come un chiodo, nero come il carbone e parlava con una voce talmente da basso che pareva che articolasse con le caviglie, e quasi non lo si capiva»12. «Lui si voltò verso la danza, poi si costrinse a guardarmi ancora e avrebbe voluto parlare allegramente, ma la voce gli uscì di nuovo rauca […]»13. Inoltre, la musicalità la si può rintracciare anche nelle tematiche sviluppate all’interno dell’opera, come collettivo, crescita, rotazione, prospettiva, disciplina, reparto misto… Soprattutto il collettivo si identifica attraverso le assemblee, che sono delle vere e proprie orchestre, Pangrazi scrive: grazie a questo dialogare tutti i coloristi sono variamente ora l’individuo ora il collettivo, ponendosi come portatori di “significativa sonora”, definendo il campo delle relazioni sonore in cui loro stessi agiscono creando il loro vero e proprio ambiente sonoro. Le assemblee sono questa specie di esecuzioni in fieri e la dialocità uno – tutti ne è il segreto14. In più a provocare altri suoni ci sono gli scoppi, della legna che arde, della seminatrice, della frusta, della locomotiva, il rumore delle seghe ecc. Questi rumori, testimoniano la presenza della sonorità nel romanzo, ma testimoniano anche la crescita, la trasformazione, in quanto da una società agricola si stava arrivando a quella industriale. Makarenko narra: Il teatro e l’handycap nell’ottica di Makarenko 307 «Giunti alla svolta della colonia per un pelo non ci scontrammo con la seminatrice, che avanzava di volata con uno strano rumore di ferraglia»15. Ma la vera sonorità, musicalità è data da due elementi; dalle trombe, dai tamburi usati dai ragazzi, che rispecchiano la disciplina, l’ordine: «Nei giorni delle feste proletarie la colonia entrava in città al suono dei suoi tamburi e stupiva i cittadini e i pedagoghi più sensibili per la sua armonia, la ferrea disciplina e per l’originalità dei suoi atteggiamenti»16. ... e dalle vere e proprie canzoni cantate da Karabanov: «Ivan, il bel giovanotto taciturno e ben curato, attaccò Splende la luna, mentre Karabanov si piegava fin sotto la panca dal ridere […]»17. Karabanov intonava diverse canzoni. Queste venivano intonate durante il lavoro, come: «Sulla scena un gruppo di ragazzi smonta dei tavolacci, e qualcuno canterella S’alza tramonta il sole…»18. «A un tratto Karabanov intonò ostentamente, a tutta voce: Chinati un poco, fiorellino Vieni cosacco, vieni vicino»19. O ancora: «[… i suoi amici lo seguono, sempre abbracciati, e intonano a squarciagola: Da ragazzo quanto ho girato In lungo e largo per la città»20. In particolare i ragazzi della colonia cantano in coro L’Internazionale, l’inno degli operai. Nel canto loro si identificavano soprattutto in questo testo, Makarenko narra: «Forse perché in quel momento ogni frase dell’Internazionale era così vicina alla nostra vita, cantammo l’inno con allegria, sorridendo»21. Questa canzone racchiude la pedagogia di Makarenko, che attraverso il collettivo, la rotazione, la prospettiva, il reparto misto, lo stile ha formato l’uomo nuovo, l’uomo comunista. L’Internazionale, fu composta da un operaio poeta, nel giugno del 1871, Eugène Pottier e fu eseguita in Francia nel 1888 per la festa dei lavoratori. Per la sua immagine insurrezionale, in molte nazioni era proibita ma nel 1910, a Stoccarda al secondo Congresso dell’Internazionale dei lavoratori, fu proclamata come l’inno dei lavoratori. Nel 1902 fu approvata da Lenin, la versione russa, piuttosto fedele al testo francese22. 12.3. Emanuela Maiore* Perché la danza a scuola (secondo Nicola Siciliani de Cumis) La danza a scuola, perché? Intanto, perché la danza è scuola, la danza è un’educazione, un’attività di formazione. Una sorta di essenziale maieutica, voglio dire, nella crescita individuale e collettiva dei singoli gruppi, ai vari livelli di età e di scolarizzazione. E, quindi, un esempio, tra gli altri possibili, di trasmissione e produzione di un importante sapere tecnico, che è antico quanto antica è la storia degli uomini. Aggiungerei poi, che la danza, come il teatro, la musica, il canto, tutte le arti, compresa quella particolare «arte del corpo» che è l’educazione fisica, è già, nella storia, una sorta di naturale e variamente collaudata materia scolastica. Lo è, per rimanere alla nostra cultura mediterranea, fin dai tempi della sofistica e di Socrate. Cito soltanto, a questo proposito, una notazione di Antonio Labriola su Socrate, a partire dalle testimonianze di Platone, Aristotele, Senofonte, sull’educazione dell’Ateniese: Imparare a leggere, e recitare poi a memoria le sentenze degli antichi poeti; assuefarsi alla modulazione ed al canto, che era destinato a formare nell’animo il senso dell’armonia; esercitare il corpo con la ginnastica, per sviluppare con la regolarità dei movimenti l’accordo dell’esterno con l’interno, ed il senso dell'euritmo; in questi tre capi consisteva l’educazione dell’Ateniese. La danza, in altri termini, vi appare assai più che in filigrana. Non si dice la parola, ma si descrive la «cosa»: cioè la danza, come risultato dell’intreccio di più discipline; come disciplina, essa stessa, nei due significati della parola «disciplina», come materia virtualmente istituzionalizzata di insegnamento-apprendimento, e come modalità tendenzialmente rigorosa della condotta. Come necessità dell’incontro, a scuola, di disciplinarità e interdisciplinarità, enciclopedismo e specializzazione, quantità e qualità, didattica e ricerca. Questa la ragione per la quale, personalmente, considererei la danza come una sorta di piano nobile della pedagogia. Intanto perché, come genitore e come insegnante sto senz’altro dalla parte di Billy Elliot e non * 59-65. E. MAIORE, Handicap e danza. Un'esperienza di tirocinio. A. A. 2005-2006, pp. 310 Perché la danza a scuola (secondo Nicola Siciliani de Cumis) di suo padre: e perché continuo a commuovermi, tutte le volte che rivedo L’attimo fuggente di Peter Weir… E, se ci fosse l’opportunità, discorrerei quindi volentieri, autobiograficamente, dell’importanza formativa di quella indimenticabile dedica, Ad Thersicorem verginesque musas, posta lassù in cima allo schermo-palcoscenico del vecchio cinema-teatro Politeama-Italia di Catanzaro. Il mio «Cinema Paradiso». Racconterei pure, nello stesso senso, dei giganti danzerini di Vibo Valentia e, a riguardo, delle mie fantasie di bambino; delle tarantelle e dei balli lenti e/o movimentati nell’età dello sviluppo; della danza e della scoperta dell’educazione estetica, al liceo e all’università, tra la teoria dell’arte, arte della teoria e pratica educativa. E racconterei, ancora in chiave formativa, del lungo-lunghissimo valzer nel Gattopardo di Luchino Visconti; e dei balli straordinari nel cinema di Gianni Amelio: in Colpire al cuore, in Lamerica, in Così ridevano. Così come, in quanto genitore, potrei provare a cercare il senso pedagogico effettivo dei dodici anni trascorsi ad accompagnare, aspettare, assistere variamente, fino alla prima e alle repliche del saggio finale, una figlia aspirante ballerina (quindi architetto). E, come insegnante e ricercatore, tentare di spiegare il perché della gioia dell’incontro con la danza, in un’infinità di situazioni didattiche e scientifiche a scuola, all’università, all’Accademia Nazionale d’Arte drammatica «S. D’Amico»: e leggendo e recensendo libri, vedendo e discutendo film. Visitando quindi in Crimea i «campi di avventura» del Centro Internazionale per l’Infanzia di Artek; buttandomi proprio qui ancora una volta nella mischia in una danza mozzafiato, con il gusto un po’ perverso del «ciò che si lascia è perduto»; e amoreggiando infine tranquillamente al computer, con le pagine di questo libro… Da questo punto di vista anch’io, come i colleghi intervenuti nel convegno di cui per l’appunto si stampano gli atti, sarei del tutto persuaso del fatto che la danza, come materia educativa specifica, possa essere a pieno titolo, una peculiare materia educativa, un’effettiva possibilità d’incontro di pedagogia, scienze e attività della formazione. Una prova ulteriore, se non ce ne fosse bisogno, dell’importanza dei contenuti e delle forme della trasmissione e della produzione di competenze tecniche incisive e decisive, nel farsi di una personalità di una personalità, tra «carattere» e «inclinazioni», «motivazioni» e «interessi», «natura» e «cultura», «mezzi» e «fini», «istruzione» e «educazione». Basti pensare all’enorme fatica, e insieme alla gioia altrettanto grande dell’insegnare e dell’apprendere in funzione educativa questa «discipli- Perché la danza a scuola (secondo Nicola Siciliani de Cumis) 311 na specifica» che, come avverte giustamente Monica Vannucchi nel suo intervento tra «scuola di danza» e «scuola che danza», consiste nella possibilità di guardare alla scuola come a un grande laboratorio dove convivono aspettative e ideali di giovani vite in attesa di prendere una direzione definitiva; dove entrano in conflitto culture ormai molto diverse fra loro, linguaggi spesso incapaci di comunicare. Il danzatore, il coreografo che accettano la sfida di questo confronto, trovano improvvisamente a disposizione un’infinita ricchezza di stimoli, di temi che chiedono di essere trasformati da una parte, in nuove istanze pedagogiche, dall’altra in nuovi motivi compositivi. Ma cosa ancora più importante, trovano la ragione, quella politica e sociale, del fare arte. Di qui, conclude la Vannucchi, l’opportunità della collaborazione «fianco a fianco» di una pedagogia tradizionale che procede più per analisi e sintesi con una pedagogia, quella della danza contemporanea, che tende a muoversi per processi associativi, attraverso interventi rapsodici e tappe tematiche, dove le poetiche individuali si trasformano in percorsi di conoscenza di sé e di approfondimento della realtà. Anche per la danza, del resto, come accade in tutti gli altri possibili casi di trasmissione e di produzione culturale nella scuola e per la scuola, sono comunque da tenere ben presenti le solite, irrinunciabili questioni di principio. La necessità, intanto, che ad insegnare danza sia chi, di danza, si intenda davvero, da competente; che però, insegnando a danzare, non trascuri di occuparsi della personalità degli allievi e d’intervenire psicologicamente nel farsi dell’esperienza didattica e di ricerca. Né mancherà d’altro canto, chi insegna danza, di intendere sociologicamente le caratteristiche del mondo circostante in trasformazione (del nostro mondo in ebollizione); né di intervenire metodologicamente, nelle forme e con le tecniche migliori possibili dell’apprendere-insegnare il movimento. Che è proprio ciò che, secondo Ivana Bigari, offre il miglior aiuto a educare proprio quel «bambino globale», figlio per l’appunto di quel «movimento», che è infatti «la prima forma di conoscenza dei bambini piccolissimi», giacché «è con il movimento delle braccia, delle gambe che un neonato accompagna la comunicazione del suo essere: il suo pianto, il suo sorriso». 312 Perché la danza a scuola (secondo Nicola Siciliani de Cumis) Vengono in mente in generale, a questo proposito, le posizioni teorico-pratiche di John Dewey, Jean Piaget e di Lev S. Vigotskij; e, in particolare, quelle di Maria Montessori, quando scrive: È uno degli errori dei tempi moderni il considerare il movimento a sé. Come distinto dalle funzioni più elevate […]. Osservazioni sui bambini di tutto il mondo provano che il bimbo sviluppa la propria intelligenza attraverso il movimento; il movimento aiuta lo sviluppo psichico e questo sviluppo si esprime a sua volta con ulteriore movimento e azione. Ecco perché il movimento, la danza, secondo Chiara Ossicini, è «materia da vivere e da praticare» sì soggettivamente, ma come «risonanza transoggettiva. Il movimento, la danza esigono infatti, a loro volta, uno spazio di pratica artistica, un territorio particolare in cui gli insegnanti, i bambini o i ragazzi vivono uno scambio sensibile di esperienze di movimento […]. La danza a scuola, che non è quindi un intervento pedagogico limitato ad un apprendimento, può concorrere allo sviluppo di una cultura artistica accanto alla musica, al teatro, alle arti plastiche. […] È un accesso democratico alla sensibilità estetica. La danza, allora, è scuola di socialità e di politica, di cultura politica e di politica culturale, a trecentosessanta gradi. Una sorta di infinita «coreografia» sui generis, senza limiti di spazio, ma storicamente situata nel tempo. Una pratica intrinsecamente educativa, che mette enciclopedicamente «in circolo» motivazione e interesse, ragione e sentimento, emozione e attenzione, concentrazione e ricreazione, libertà e disciplina, individualità e collegialità, percorsi di soggettività raggiunte e itinerari di intersoggettività da costruirsi, formazione linguistica e trasformazione di linguaggi i più diversi, creatività e interpretazione, immediatezza emotiva e riflessione critica, comunicazione e azioni in comune, dimensioni culturali e aperture interculturali, ipotesi personali di ricerca e esecuzioni collettive, progettualità sociali e decisioni politiche. Non a caso, quindi, nel libro a cura di Vannucchi, c’è chi ribadisce il nesso evidente tra formazione nel «senso critico» e «danza»: ed insiste sul «corpo», come «fonte espressiva e di contatto con l’altro», come «espressione della propria interiorità» e come «vero e proprio laboratorio del movimento, dove i bambini si sono misurati con le potenzialità, generalmente inespresse» (Francesca Manica e Rebecca Ramponi). La danza, in questo senso, è un vero e proprio «viaggio», ricco di peregrinazio- Perché la danza a scuola (secondo Nicola Siciliani de Cumis) 313 ni, avventure, prove personali e collettive: un viaggio di formazione, nel corso del quale il «corpo comunicando […] produce immagini», mettendo «in libertà le tendenze creative soggettive dei bambini» (Elena Orengo). E dei gruppi. Di qui, l’importanza della proposta (di Chiara Parisi e di altri) di rendere finalmente la danza «materia curricolare» a scuola: come la storia dell’arte e la musica, il cinema e il teatro; e dunque, come l’italiano, la matematica, la storia, la geografia, la lingua straniera... Anche perché è proprio la creatività corporea della danza, la sua plasticità psico-fisica, a facilitare i rapporti tra le materie della cosiddetta area umanistica e quelle della cosiddetta area scientifica (vedi, a questo proposito, l’intervento di Stefania Salerno). Inoltre, la danza ai fini educativi, come straordinaria lingua di segni, è un formidabile strumento di comunicazione interculturale, planetaria. E può giovare e non poco, da un lato, nelle relazioni di «senso comune» tra docenti e studenti, artisti, professionisti, cittadini qualsiasi; da un altro lato, su un altro piano, nell’insegnamento ai bambini con determinate «disabilità». Per esempio i bambini sordi (ancora Parisi). Può giovare insomma, la danza, anche nel tentativo di fare di necessità virtù, contribuendo per così dire ad attingere una diversa abilità: e a giovare quindi ai non danzanti, oltre a chi danza. Proprio come i poeti, i filosofi, gli storici, gli scienziati, gli scrittori, gli artisti d’ogni genere, gli atleti che s’incontrano a scuola, sul piano della formazione complessiva della personalità, non possono che giovare a tutti e a ciascuno (senza che ciascuno e tutti debbano diventare tecnicamente poeta, filosofo, storico, scienziato, scrittore, artista, atleta). Può giovare per così dire onnilateralmente, stando a ciò che scrive Friedrich Nietzsche, nel Crepuscolo degli idoli: La danza, in tutte le sue forme, non può essere esclusa da una nobile educazione: danzare con i piedi, con le idee, con le parole, e devo aggiungere che bisogna essere capaci di danzare con la penna? E giova interdisciplinarmente, a partire dalla letteratura italiana, visto che della danza scrivono variamente Guittone d’Arezzo e Jacopone da Todi, Dante Alighieri, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio, Torquato Tasso e Carlo Goldoni, Giuseppe Parini e Ugo Foscolo, Giovanni Pascoli e Gabriele D’Annunzio, Vincenzo Cardarelli e Massimo Bompetelli, Diego Valeri e Mario Luzi, ecc. O a partire dalla matematica, visto che nella scuola italiana di oggi non mancano esperienze anche in tal senso. 314 Perché la danza a scuola (secondo Nicola Siciliani de Cumis) Basta guardarsi intorno, pedagogicamente e antipedagogicamente. E sentire magari ancora, così facendo, gli echi di quel ballo un po’ speciale che è il gopak, del quale significativamente, in un luogo strategico decisivo, si racconta nel Poema pedagogico di Anton S. Makarenko: Borovoj con sufficienza sorrise alla limitatezza coreografica di Karabanov, pensò un poco, chinò la testa e attaccò a suonare una danza frenetica, ritmata. Karabanov allargò le braccia e si buttò a ballare accoccolato, come un ossesso. Le ciglia di Nataša sventolarono sul riso infiammato. Senza guardare nessuno, lei avanzò movendo appena la gonna, semplice ma ben stirata, da festa. Semën batté il tacco a terra e si mise a volteggiare intorno a Nataša con un sorriso sfrontato a un ritmo sempre più frenetico, lanciando tutt’intorno decine di volte le gambe, agilmente. Nataša alzò le ciglia a guardò Semën con quell’espressione particolare che si fa solo nel gopak e che tradotta in parole suona così: «Sei carino, ragazzo, e balli bene, ma attento, vacci piano!…». Borovoj aggiunse un po’ di pepe alla musica, Semën ci aggiunse di suo un po’ di fuoco e Nataša un po’ di allegria: anche la sua gonna ormai non si limitava più a ondeggiare, ma le vorticava intorno alle ginocchia. I kurjažjani si affrettarono ad allargare il cerchio, asciugandosi i nasi nelle maniche e facendo gran baccano. Il ritmo e le ondate del gopak poterono così allargarsi maggiormente nella sala. Allora in mezzo alla folla spuntarono due braccia che si fecero strada fra la massa cedevole dei più piccoli e Perec si mise in posa in mezzo alla sala, strizzando l’occhio a Nataša. La tenera e cara Nataša guardò con fierezza Perec, gli volteggiò sotto il naso con le spalle e ad un tratto gli sorrise in modo franco e amichevole, come a un compagno, con l’intelligenza di un membro del Kosmosol che tende la mano al compagno. Perec non poté resistere a quello sguardo. Per lo spazio interminabile di un secondo si guardò intorno preoccupato, poi esplose, abbattendo dentro di sé tutte le barriere, fece un salto in aria, scagliò a terra il vecchio berretto e si gettò nel vortice del gopak. Semën fece lampeggiare i denti, accelerò il ritmo, passando a volo sotto i nasi dei kurjažjani. Perec danzava per conto suo, con mille smorfie e sorrisi, un ballo sfrontato e poco teppistico. Io guardavo. Gli occhi socchiusi di Korotkov avevano un’espressione seria, sfumature impercettibili d’ombra si diffondevano sulla sua fronte e sulla sua bocca. Tossicchiò. Si guardo intorno e accorgendosi che lo fissavo venne verso di me. Quando ancora fra noi due c’era qualche persona mi tese la mano e mi disse rauco: - Anton Semënovič! Oggi non l’ho ancora salutata. - Salve, - gli sorrisi, guardandolo negli occhi. Perché la danza a scuola (secondo Nicola Siciliani de Cumis) 315 Lui si voltò verso la danza, poi si costrinse a guardarmi ancora e avrebbe voluto parlare allegramente, ma la voce gli usci di nuovo rauca: - Accidenti se ballano, quelle canaglie!… 12.4. Daniela Pianta* La fotografia di Makarenko Nella nostra narrazione per immagini cercheremo di mostrare come Makarenko, nel suo poema pedagogico, cerca di narrare l’esperienza vissuta nell’istituto di rieducazione per ragazzi traviati e abbandonati, illustrando la sua opera almeno da due punti d’osservazione: dal punto di vista di Makarenko che descrive spesso i suoi personaggi, quasi volesse rivederli e farli vedere; dal punto di vista di coloro che ai ragazzini del Poema si sono ispirati, riproducendone l’immagine (disegnatori, fotografi,cineasti ecc.) 23, nell’ultima parte del Poema inoltre viene messo in evidenza, un frammento che fa riferimento alla fabbrica per la produzione di macchine fotografiche. Makarenko nel Poema pedagogico, vero e proprio “romanzo d’infanzia”, scrive da letterato e dunque fotografa nella sua scrittura i volti delle persone, coglie le loro espressioni, gli ambienti in cui vivono, ecc. Fotografa, insomma, con le parole. Immagine e parola costituiscono un linguaggio, ma la comunicazione visiva fotografica si riferisce sempre a una realtà specifica determinata in quel momento e che può essere trasformata, ma che comunque esiste all’origine della produzione. L’immagine ha una sua valenza diversa da quella che la frase verbale può assumere ed è chiaro che esistono differenze profonde e sostanziali tra la comunicazione verbale e quella visiva. La fotografia dunque è un linguaggio e in quanto tale comunica. Si potrebbe dire che, in un certo senso, la fotografia parla. Se osserviamo delle immagini non c’è bisogno di commentarle perché si esprimono da sole; si presentano ai nostri occhi come immagini vive, piene di particolari, con contorni chiari, precisi, che assumono un determinato significato. Ci sono delle immagini che sono quasi mutilate, che non si esprimono completamente o che danno solo un accenno, queste sono immagini che mancano di particolari e a cui l’osservatore deve dare un senso. Makarenko nello scrivere il Poema pedagogico da letterato, fotografa i volti dei personaggi della colonia di rieducazione “M. Gor’kij”. * D. PIANTA, La fotografia. Makarenko tra il visibile e il normato. A. A. 2006-2007, pp. 13-41. 318 La fotografia di Makarenko Descrive i personaggi in un modo così minuzioso da sembrare un vero fotografo. La descrizione dei bambini è reale, questo porta a mettere in evidenzia le immagini e qui Makarenko esce fuori e fotografa i veri protagonisti, descrivendo i loro volti, ma anche le situazioni che lasciano l’immagine impressa nei nostri occhi. Frammenti… illustrati Le fotografie riportate nell’elaborato, possono contenere delle didascalie che fanno riferimento ai frammenti del Poema pedagogico. Ecco, di seguito, alcuni frammenti del Poema di Makarenko che ci paiono mostrare delle affinità con il linguaggio fotografico: Le tracce materiali della vecchia colonia erano ancora più insignificanti. I vicini più prossimi alla colonia avevano trasferito nei loro “depositi”, vale a dire nelle rimesse oppure nei granai, a braccia o addirittura su carri, tutto ciò che poteva essere considerato bene materiale: attrezzature, dispense, mobili 24. Il primo trattore nella colonia “Gor’kij” 1927. Immaginatevi il Pan di Vrubel’, già del tutto calvo, con appena qualche superstite ciuffetto sopra gli orecchi. Togliete al Pan la barba ed acconciategli i baffi alla maniera di un metropolita. Infine infilategli una pipa tra i denti. Ora al posto del Pan avete ottenuto Kalina Ivanovič Serdjuk. Era un uomo estrema- La fotografia di Makarenko 319 mente complicato per un compito tanto semplice quale la gestione economica di una colonia giovanile. Aveva alle spalle almeno cinquant’anni di attività nei campi più svariati25. Imprecava con lo stesso gusto contro i borghesi, i bolscevichi, i russi, gli ebrei, contro il nostro essere trasandati e contro la precisione tedesca. Ma i suoi occhi azzurri brillavano di un tale amore per la vita ed era così vivace e ricettivo che non mi dispiaceva riservargli una piccola parte della mia energia pedagogica26. M. Gor’kij e A. S Makarenko con colonisti allievi kurjaž 1928. Di quei piccoli tutti comunque oltre dieci anni, ne avevano una dozzina. Erano tipi svegli, svelti di mano e inverosimilmente sporchi. Arrivavano alla colonia sempre conciati da far pena: scheletriti, scrofolosi e con la scabbia 27. I ragazzi illustrati, giocano alla morra, ma possono rappresentare i bambini arrivati nella colonia “Gor’kij". Nell’inverno del 1922 nella colonia c’erano sei ragazze. A quell’epoca Olja Voronova si era sviluppata e si era fatta molto bella. […] Sulle ragazze comandava Nastia Nočevnaja. […] Era stata ladra, ricettatrice, aveva dato rifugio ad un’intera banda […]. La più istruita era Raisa Sokolova e la mandammo alla facoltà operaia di Kiev nell’autunno del 1921 28. Cortile della seconda colonia (Trepke), accanto all’albero la colonista Nočévnaja. 320 La fotografia di Makarenko In giugno, in un pomeriggio di calura, apparve all’orizzonte un’ intera processione. Quando si fu avvicinata, potemmo distinguere dei particolari sconvolgenti: due contadini ci portarono Opriško e Soroka legati29. Andavano e venivano gruppi di ragazzi al lavoro, carri con materiale per la semina, foraggio e viveri, passavano carri presi in affitto al villaggio e carichi di materiale edilizio, transitava Kalina Ivanovič con un vecchio calesse che era riuscito a stanare chissà dove, galoppava Anton in sella a Belva, facendo prodezze da cavallerizzo30. Reparto per l’ammasso del combustibile in primo piano Anton Brátcenko. Il secondo a destra è Semën Karabanov. Così nella seconda colonia si era andato formando un collettivo di tono e valore del tutto diversi dal nostro. Era formato da ragazzi meno vivaci, meno attivi e anche meno difficili. Il loro insieme costituiva un collettivo grezzo e informe, risultato di scelte compiute su criteri pedagogici. Le personalità interessanti c’erano solo per caso, emergevano tra i piccoli che crescevano o sbucavano fuori all’improvviso fra i novellini. Ma a quell’epoca anche queste non si erano ancora rivelate e si perdevano nella amorfa massa di quelli di Trepke. In genere «quelli di Trepke» erano una razza che lasciava sempre più demoralizzati me, gli educatori e gli altri ragazzi. Erano indolenti e sporchi, capaci di indulgere ad La fotografia di Makarenko 321 un peccato mortale come il mendicare. Guardavano sempre con invidia la prima colonia e parlavano con aria misteriosa di quello che in essa si mangiava per pranzo e per cena, di cosa c’era nella sua dispensa e del perché le stesse cose non erano state portate anche a loro. Ma di protestare apertamente non erano capaci e si limitavano a borbottare negli angoli, ingiuriando con astio i nostri rappresentanti ufficiali31. Il collettivo della seconda colonia, era formato da ragazzi meno vivaci. Il loro insieme costituiva un collettivo grezzo e informe, risultato di scelte compiute su criteri pedagogici molto discutibili. Gli addobbi erano un omaggio del circolo pittorico di Zinovij Ivanovic: da sottili canne, piantate a sovrastare i tavoli, in punti dove le mani dei ragazzi erano arrivate a fatica e dove invece arrivava facilmente lo sguardo, pendevano agili ghirlande verdi fatte con ramoscelli di betulla. Sulle tavole, dentro le brocche, spiccavano mazzi di «regina delle nevi»32. 322 La fotografia di Makarenko Festa del primo covone 1925 Finalmente capisco: sono gli ex kurjažiani Si tratta proprio di quella trasfigurazione che abbiamo organizzato nelle ultime due settimane. Facce fresche e lavate, berretti di velluto nuovi sulle teste rasate dei ragazzi. E la cosa più importante e piacevole: nuovi sguardi allegri e fiduciosi, la grazia neonata di uomini finalmente ben vestiti e liberi dai pidocchi 33. Tutti i ragazzi erano completamente cambiati e stupendamente sorridenti, al punto che anche la Džurinskaja aveva un’aria distratta, perché non riusciva a staccare gli occhi da quelle file di teste pulite, di spalle bianche e di sorrisi 34. La fotografia di Makarenko 323 Gli studenti della colonia “Gor’kij”: Golos, Zadorov, Geogevskij e Veršnev (da sinistra a destra) Davanti a un giovane bosco di querce, con la facciata verso Char’kov, era sorta una bella casa grigia di pietra scintillante, accuratamente rifinita. All’interno c’erano camerate alte e luminose, saloni lussuosi, scale ampie, tendaggi, ritratti. Tutto era stato fatto con buon gusto, niente a che vedere con lo stile dell’ Istruzione popolare35. L’edificio di una colonia, dove venivano ospitati i ragazzi. 324 La fotografia di Makarenko «Dicono che fra i ragazzi abbandonati ce ne sono molti che hanno talenti e tendenze creative… Dica, avete degli scrittori o dei pittori?» 36. Nel 1932 qualcuno disse nella comune: - Fabbricheremo macchine fotografiche! Lo aveva detto un čekista, rivoluzionario e operaio, né ingegnere né ottico e nemmeno costruttore di macchine fotografiche. E gli altri čekisti, rivoluzionari e bolscevichi, dissero: - Sia, i comunardi fabbricheranno macchine fotografiche! I ragazzi non si scomposero: - Macchine fotografiche? Benissimo, le faremo. Ma centinaia di uomini, ingegneri, ottici,tecnici, dissero: Macchine fotografiche? Ma cosa dite? Ah, ah!... 37 K. Kuznetsov: I comunardi giovani che svolgono mansioni nel Dzeržinskij comune, l’industria di costruzioni meccaniche (dall’URSS nell’aprile 1934). 12.5. Daniela Scarpetta* Makarenko e il teatro […] mi vergogno un poco ad ammetterlo, ma quasi tutto il nostro tempo libero lo sacrificavamo alla causa del teatro. Nella seconda colonia eravamo riusciti a conquistarci un vero teatro. Ѐ difficile descrivere l’entusiasmo che ci prese quando ottenemmo a nostra completa disposizione la rimessa del mulino38. Il Poema pedagogico, sia per motivi didattici che scientifici, si è rivelato essere un ottimo strumento di lavoro tra storiografia e scienza dell’educazione. È ciò che evidenzia il professore Nicola Siciliani de Cumis nel suo libro I bambini di Makarenko39, inteso a rappresentare il tentativo più esplicito per sottolineare i motivi antichi e recenti per cui rimettere in circolazione il “romanzo di formazione” di Anton Semënovič Makarenko. L’infanzia abbandonata, i bambini kosovari, kurdi, albanesi, spesso adulti-bambini come quelli del sogno di “Lamerica” di Gianni Amelio, tutti i bambini dell’est europeo in fuga dalla propria disperazione, non costituiscono forse un’occasione di riflessione sull’uomo nuovo e sulle sue possibilità di crescita? Non c’è oggi paese della terra che possa dirsi estraneo alla gravità del fenomeno dell’abbandono dell’infanzia, della tragedia dei “ragazzi di strada”. Il libro I bambini di Makarenko è la descrizione di un itinerario di ricerca che ha inizio con una rilettura del Poema pedagogico nella sua andatura sia pedagogica sia antipedagogica. Fa i conti con la necessità del processo makarenkiano di manipolazione testuale e contestuale, si muove tra fattori culturali, interculturali e dimensioni transculturali. Ciò riconduce ad altre situazioni ed altre proposte d’indagine come quella di Lev Semenovič Vygotskij ed il disegno infantile, Vygotskij ed il teatro, la professione rivoluzionaria di Asja Lacis pedagoga teatrale per l’infanzia. Si ripensa a Walter Benjamin ed al valore pedagogico delle silografie in bianco e nero in cui il bambino entra nel mondo del linguaggio e della scrittura. Benjamin redige un “Programma per un teatro proletario per i bambini” per Lacis, impegnata dopo il 1917 nelle sue attività pedagogico* D. SCARPETTA, Identità umana identità attoriale nel “sistema” di Stanislavskij. A. A. 2004-2005, pp. 36-37. 326 Makarenko e il teatro teatrali nella città di Orёl (a Sud di Mosca), dove vivono numerosi bambini abbandonati: i besprizorniki. Vi è appunto una stretta connessione tra l’antipedagogia di Benjamin e della Lacis e l’antipedagogia di Makarenko. «Per ridestarli dal loro letargo occorreva un impegno che li coinvolgesse totalmente e riuscisse a liberare le loro facoltà traumatizzate. E io sapevo quale forza prodigiosa fosse racchiusa nel gioco teatrale», scrive Lacis affrontando un’esperienza che sarà anche di Makarenko. Non solo per ciò che concerne il teatro, ma anche più in generale, per il lavoro nella colonia “Gor’kij”, con il reparto misto e con l’integrazione dei suoi colonisti (ex besprizorniki) nella società civile e politica, servendosi del teatro e di altre occasioni. 328 La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio 329 330 La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio 331 332 La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio 333 334 La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio 335 336 La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio 337 338 La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio 339 340 La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio 341 342 La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio 343 344 La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio 345 346 La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio 347 348 La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio 349 350 La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio 351 352 La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio 353 354 La comunicazione nel Poema pedagogico – Dal testo alla radio SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA FACOLTÀ DI FILOSOFIA CORSO DI LAUREA IN PEDAGOGIA E SCIENZE DELL'EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE TESI DI LAUREA IN PEDAGOGIA GENERALE Laureanda Elisa Condò Relatore Chiar.mo prof. Nicola Siciliani de Cumis Matricola 983440 Correlatore dott. Alessandro Sanzo IL PROFESSOR MAKARENKO IN «SLAVIA» 1995-2010 Editrice Nuova Cultura – Roma Anno Accademico 2009 – 2010 356 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 Introduzione Reperire e documentare tutto o quasi tutto di quello che è stato pubblicato su «Slavia» riguardo a Makarenko non è stato un lavoro molto difficile. Visitando il sito internet http://www.slavia.it si è potuta effettuare una ricerca sull’indice cronologico degli articoli della rivista dal 1992 al 2010 proposto da Tania Tomassetti. Non è stato un problema consultare i fascicoli, perché ne è stata trovata disponibilità nella Biblioteca di Slavistica della Facoltà di Lingue dell’Università degli Studi «La Sapienza» di Roma, che ha sede presso Villa Mirafiori. Soltanto tre fascicoli non erano presenti in Biblioteca, il n. 4 del 2005, il n. 1 ed il n. 4 del 2006, ma sono stati forniti dal professor Nicola Siciliani de Cumis. La presente ricerca consiste pertanto in un catalogo ragionato e in una ampia documentazione sulla produzione letteraria di «Slavia» concernenti Makarenko e il suo Poema pedagogico. Sulla base degli articoli pubblicati dal periodico, dopo averli scansionati, ho quindi elaborato: un Indice cronologico, un Indice delle tematiche ricorrenti, un Indice dei nomi, un Indice dei personaggi presenti nel Poema pedagogico ed un Indice dei titoli delle opere recensite e citate. Questa struttura permette di cogliere immediatamente l’interesse che la rivista riserva al pedagogista sovietico e alla sua opera. Vengono così evidenziati i settori disciplinari relativi agli articoli. Infatti si va dall’ambito pedagogico a quello didattico, fino ad arrivare a parlare di cinema ed educazione. Inoltre viene rivolta una particolare attenzione alle tematiche che lo stesso Makarenko pone come basi per il suo lavoro pedagogico, come ad esempio il “collettivo” e la formazione dell’“uomo nuovo”. E vengono analizzate anche le principali tematiche economicofinanziarie come l’economia e la povertà, facendo riferimento al contesto storico e politico del tempo. L’Indice cronologico consiste nell’elencazione degli articoli, con l’indicazione dell’autore, del titolo, dell’anno, del numero del fascicolo e delle pagine. L’Indice delle tematiche ricorrenti comprende, in ordine alfabetico, una vasta gamma di tematiche. Accanto ad ogni termine viene indicata la sua collocazione negli articoli, precisando l’anno, il numero di pubblicazione e il numero delle pagine. Nell’Indice dei nomi non sono stati inseriti soltanto nomi di autori e di persone a cui si fa riferimento negli articoli, ma sono presenti anche no- Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 357 mi di città, paesi e nomi propri di enti, strutture e istituti. Come nell’Indice delle tematiche ricorrenti, anche qui viene precisata la collocazione in ordine alfabetico del termine, indicando l’anno, il numero di pubblicazione e il numero delle pagine. Per quanto riguarda l’Indice dei personaggi, essi sono stati inseriti in ordine alfabetico, con l’anno, il numero di pubblicazione e il numero delle pagine in cui si trovano. Infine nell’Indice delle opere recensite e citate, sono compresi titoli di film, libri e riviste, sempre indicando la loro collocazione in «Slavia». Un’ulteriore ricerca è stata effettuata nel paragrafo 1.7, in cui vengono riportate tutte le citazioni riguardanti Makarenko presenti nelle ultime pagine di «Slavia», nella sezione delle rubriche. 1.1. Che cos’è «Slavia» «Slavia» è una rivista trimestrale di cultura che nella nuova temperie culturale e politica determinata dal crollo dell’URSS, si è assunta il compito di continuare la lunga esperienza nata nel 1950 con «Rassegna sovietica». Il nuovo periodico cerca di promuovere nuove iniziative per divulgare e approfondire la conoscenza del patrimonio storico, artistico e culturale dei Paesi slavi a partire dalla Russia. Oggi, infatti, ancora più che nel passato, si percepisce la necessità di informare tempestivamente su una realtà molto frastagliata ed in costante e tumultuosa evoluzione. La rivista si propone come punto di riferimento e luogo di dibattito e di supporto delle attività di carattere culturale e scientifico-didattico, dei russisti e degli slavisti. «Slavia» è aperta ai contributi e alle ricerche di studiosi ed esperti italiani e stranieri. Vengono pubblicati testi di conferenze, recensioni, resoconti ed atti di convegni, studi e articoli di vario genere, inclusi anche risultati originali delle tesi di laurea in lingue, letterature e culture slave217. Offre le sue pagine come tribuna di dibattito sui vari aspetti della ricerca e dell’informazione e sull’evoluzione socioeconomica, politica e storico-culturale della Russia e dei Paesi est-europei218. La rivista svolge un importante compito di mediazione interculturale: tra produzioni intellettuali di prima mano e divulgazione scientifica, tra 217 218 Cfr. «Slavia», 1995, n. 3/4, p. 2. Cfr. «Slavia», 2000, n. 4, p. 20. 358 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 differenti campi disciplinari e possibili convergenze multidisciplinari, tra i Paesi dell’Europa occidentale e quelli dell’Europa orientale219. 1.2. I Quaderni di «Slavia» I Quaderni di «Slavia» si propongono di pubblicare i materiali che arrivano con continuità e sovrabbondanza alla rivista; si tratta di pubblicazioni prodotte a margine delle attività editoriali del trimestrale. Questi testi hanno un carattere monografico che suggerisce la possibilità di sviluppare percorsi monotematici, riproponibili nella forma autonoma. Inoltre svolgono un importante compito di mediazione interculturale, che attraverso una riflessione critica cerca di raggiungere ulteriori miglioramenti. I contributi del citato Quaderno di Slavia 1. Italia-URSS/Russia-Italia. Tra culturologia ed educazione 1984-2001, contribuiscono a dare una spiegazione del processo di apprendimento/insegnamento di aspetti della cultura italiana-russa-europea in chiave formativa220. La collaborazione di diversi autori permette la trasformazione della posizione argomentativa, arricchendola di una competenza critica collettiva, con finalità pedagogiche e antipedagogiche. Sono diversi i profili di ricerca, ma hanno un unico proposito scientifico-divulgativo: le curiosità culturali di specifiche questioni su libri, autori e lettori, di tentativi di innesti storico-critici, con finalità pedagogiche. I contenuti culturologicoeducativi del volume, presentano delle tematiche e delle problematiche che si inseriscono in un contesto interdisciplinare tra cronaca e storia delle idee. Il proposito ambizioso di Italia-URSS/Russia-Italia, è quello di sviluppare studi e ricerche che, pur nella loro unilateralità, si collocano nel contesto interculturale europeo, ma con gli occhi rivolti a tutto il mondo. L’insieme delle pagine, qui assemblate in un disegno unitario, dichiara un ambito di ricerca compatibile con Quaderni di Slavia 1. Oggetto di questa indagine è Makarenko, che ritroviamo anche nelle pagine del libro. Inoltre, libro e documenti hanno delle caratteristiche comuni: entrambi sono costituiti da testi di vari autori e anche se sono nati originaCfr. N. SICILIANI DE CUMIS, Italia-Urss/Russia-Italia. Tra culturologia ed educazione 1984-2001. Con la collaborazione di V. Cannas, E. Medolla, V. Orsomarso, D. Scalzo, T. Tomassetti. Quaderni di Slavia /1, Roma, E.S.S. Editorial Service System S.r.l., 2001. 220 Ivi, p. 8. 219 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 359 riamente da propositi relativamente autonomi, si è riuscita a tracciare una linea di congiunzione. I capitoli 11 e 12 della prima parte di ItaliaURSS/Russia-Italia, intitolati rispettivamente Makarenko a sessanta anni dalla morte. Il gioco, le scritture bambine e il banchiere dei poveri e Dewey, Makarenko e il Poema pedagogico, sono stati pubblicati dalla rivista «Slavia» e quindi appaiono anche in questa indagine. Questo a dimostrazione che esiste una linea continua tra «Slavia», Italia-URSS/Russia-Italia, ed il seguente dossier. Il discorso è diverso, invece, per quanto riguarda Quaderni di Slavia 3. Questo libro è caratterizzato dall’indicizzazione di due periodici: «Rassegna della Stampa sovietica» (1946-1949) e «Rassegna Sovietica» (19501991), presentando così un panorama completo degli articoli pubblicati dal 1946 al 1991. Gli indici sono proposti innanzitutto come strumento di lavoro e intendono dare un contributo alla riflessione sulla vicenda passata, sulle prospettive e le forme di una futura ricerca221. La prima analogia con la seguente indagine si riscontra nel fatto che la metodologia degli indici non si discosta da quella usata da Tania Tomassetti. Ed è proprio grazie al suo modo di indicizzare ed ai suoi numerosi contributi, che si è potuta effettuare questa ricerca. Perché come scritto in precedenza, l’indagine è partita dall’analisi dell’indice cronologico degli articoli di «Slavia» curato da Tomassetti che si trova sul sito internet http://www.slavia.it. Inoltre i documenti di questo catalogo sono stati raccolti per una finalità analoga a quella degli Indici di «Rassegna della Stampa sovietica» 19461949. Indici di «Rassegna Sovietica» 1950-1991. Infatti, gli articoli saranno in seguito analizzati per sviluppare degli Indici: cronologico, delle tematiche ricorrenti, dei nomi, dei personaggi e dei titoli delle opere recensite e citate. Il fine di questo lavoro coincide con quello che si è prefisso l’autrice dei Quaderni di Slavia 3, valorizzando l’importanza del tipo di indagine che è l’indice. 1.3. Perché fare un Indice Se si cerca su un qualsiasi vocabolario la parola Indice, generalmente si trova la definizione di un «elenco ordinato dei capitoli o delle parti di T. TOMASSETTI, Indici di «Rassegna della Stampa sovietica» 1946-1949. Indici di «Rassegna Sovietica» 1950-1991. Prefazione di Giuseppina Monaco, postfazione di Nicola Siciliani de Cumis. Quaderni di Slavia /3, Roma, E.S.S. Editorial Service System S.r.l., 2003, p. 9. 221 360 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 un libro per agevolarne la ricerca»222. Ma si può parlare di un Indice e più specificatamente di “fare un Indice” come “materia specifica”. Per rendere più chiaro il concetto è bene esplicitare altre definizioni correnti del termine: nell’accezione più generica, conformemente all’etimo, definisce ciò che indica, ciò che serve per indicare (e talvolta compare, nell’uso letterario o poetico con valore aggettivale); nell’uso comune assume vari significati specifici. In un libro (per lo più alla fine), serie di indicazioni che si riferiscono alle varie parti del libro stesso o a determinati suoi contenuti, ciascuna con accanto il rimando alla pagina relativa, così da facilitare la ricerca; il più comune è l’Indice generale, presente in quasi tutti i libri; vi sono segnate le diverse parti del libro (sezioni, capitoli, paragrafi ecc.) ciascuna col suo titolo; Indice analitico, quello nel quale, in ordine alfabetico, sono elencati i singoli argomenti trattati; Indice delle cose notevoli, dei nomi, delle illustrazioni223. Ed ancora: la parte di un libro che reca l’elenco dei capitoli e dei paragrafi in cui esso è suddiviso, o dei brani, delle illustrazioni ecc. che vi sono contenuti, con l’indicazione della pagina corrispondente: scorrere, consultare l’indice; indice analitico, dei nomi propri, delle cose notevoli 224. Questi Indici sono stati realizzati in modo da rendere visibile al primo impatto, le loro caratteristiche peculiari ed inoltre forniscono un grande aiuto nella ricerca di base degli operatori (insegnanti, studenti ed altri diversi tipi di utenti). Nascono espressamente con l’intento della divulgazione di contenuti più o meno tecnici e complessi. Le iniziative di carattere indicizzatorio risultano preziose per individuare, stimolare e mettere in rilievo delle precise linee di ricerca sulle tematiche e sui loro possibili rapporti. Questo tipo di indagine, offre una tecnica didattica ideale per analizzare alcuni concetti presenti in un testo. L’originalità sta proprio nel minimalismo cronachistico e documentale, che lascia involontariamente più libera l’informazione e quindi consente la formazione di giudizi più N. ZINGARELLI, lo Zingarelli minore. Vocabolario della lingua italiana, Milano, Mondolibri S.p.a, su licenza Zanichelli editore S.p.a., 2004. 223 Il Dizionario della lingua italiana, Istituto Geografico De Agostani, Novara, 1995. 224 http://www.sapere.it/dizionari, consultato nel mese di ottobre del 2010. 222 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 361 trasparenti e meno vincolati ideologicamente. Quindi, già negli Indici troviamo traccia di dibattiti, discussioni e polemiche. Come afferma anche Siciliani: Si sa infatti che le luci e le ombre di un’indagine, all’origine, dipendono quasi sempre da motivi squisitamente bibliografici. È la bibliografia preesistente che, in un certo senso, permette di decidere del “prima”, del “durante” e del “dopo” di una proposta scientifica e della sua incidenza prospettica (o meno)225. Oltre ai contenuti bibliografici direttamente esplicitati, nel catalogo si concretizza l’immagine di un laboratorio di ricerca, con la possibilità di effettuare uno studio sistematico delle materie segnalate, ma senza perdere di vista l’argomento trattato. L’Indice fornisce una serie di argomenti che appartengono a diversi linguaggi settoriali: attraverso la selezione e l’individuazione di un corredo di dati importanti e principali di un testo. Grazie all’ampiezza e alla profondità dell’elenco documentativo, alla cura della datazione e della periodizzazione, le diverse questioni e problematiche appaiono immediatamente nitide, nei loro termini dialettici. La consultazione di questo genere di documentazione dovrebbe essere sufficiente allo scopo che si propone l’utente, ma rappresenta solo un assaggio, uno stimolo che il lettore interessato al tema deve approfondire attraverso letture specifiche. Perché, anche se l’Indice è ampio e ricco di sfaccettature, ha il solo compito di risparmiare fatica agli utenti e quindi bisogna provvedere personalmente ad argomentare le tematiche. L’Indice assume anche una funzione statistica. Perché, consultandolo, si può rilevare immediatamente in quante pagine compare un determinato termine o un determinato nome. Si può trarre vantaggio con sicurezza ed immediatezza dalla visione di questi cataloghi; seguendo questa strada che ci riporta nel passato, che fa organicamente parte della storia. E che, in quanto tale ci appartiene: ci sollecita dunque, ad intervenire storiograficamente e formativamente nel merito. La scelta delle informazioni è un aspetto importante che può suscitare perplessità. Infatti può accadere che un Indice non presenti dei termini rispetto ad un altro Indice; perché è ovvio che, cambiando il punto di vi225 N. SICILIANI DE CUMIS, in T. TOMASSETTI, Indici di «Rassegna della Stampa sovietica» 1946-1949. Indici di «Rassegna Sovietica» 1950-1991, cit., pp. 440-441. 362 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 sta e scegliendo obiettivi differenti, in lavori di questo genere è facile che compaiano degli errori. Quindi, a partire dai diversi indicatori attivati, si possono correggere ed integrare criticamente gli Indici. Perciò è possibile migliorare la qualità “indicativa” e delineare altre prospettive di indagine, cercando di non gettare ombra sugli effettivi sforzi compiuti da chi ha compilato l’elenco. In particolare, l’Indice delle tematiche ricorrenti, nella sua essenzialità ed elasticità, cerca di dare conto delle principali tematiche presenti negli articoli. Il suo obiettivo è quello di rendere immediatamente evidenti i motivi dell’intera ricerca proposta in un determinato volume; cercando di sollecitare il lettore ad intervenire con osservazioni critiche, integrazioni ed ulteriori analisi al riguardo. In conclusione l’Indice si può considerare una risorsa culturale in più: acquista valore educativo, può diventare non solo veicolo di diverse direzioni di studio, ma anche di ipotesi di ricerca da ampliare ed esplicitare, di percorsi di indagine da costruire e sviluppare, di procedure e metodi da inventare, di novità scientifiche da proporre. 1.4. I settori disciplinari e la nascita della rubrica Didattica Durante tutta la sua vita, «Slavia» ha dimostrato di avere un particolare interesse per Makarenko e la sua opera. Cercando di divulgare e approfondire la sua conoscenza, la rivista si è impegnata ad analizzare tutte le sfaccettature dell’autore, rapportandolo a diversi settori disciplinari. Il Poema pedagogico oltre ad essere una piacevole lettura, si pone come occasione di riflessione: può essere preso in considerazione per discussioni e confronti. L’opera grazie alla sua versatilità e vastità di argomenti e Makarenko grazie alla sua personalità poliedrica di scrittoreeducatore, possono essere inseriti proficuamente non solo in contesti pedagogici e letterari, ma anche in diversi ambiti che riguardano problematiche attuali. Nonostante gli eventi pedagogici e didattici occupino più della metà del catalogo, viene dato spazio anche ad altre tematiche che sono: letteratura, linguistica, cinema, psicologia, filosofia, passato e presente, ecc. Pertanto, scorrendo gli indici dell’antologia, un po’ tutti i settori trovano riscontro. Infatti sono molte le sfumature delle materie segnalate che vengono approfondite e trattate. Grazie all’accertamento di tutti gli elementi costitutivi, gli indici qui proposti offrono uno spaccato significativo di tutta la produzione di Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 363 «Slavia». La funzione degli elenchi tematici è quindi quella di dimostrare l’impegno di tutti coloro che hanno contribuito a raccontare di Makarenko e la sua opera attraverso i più svariati canali di ricerca. Nel numero 3 del 1997 della rivista, Makarenko viene chiamato in causa in tema di cinema. Viene pubblicato un dialogo tra Nicola Siciliani de Cumis e Guido Aristarco in cui discutono di cinema ed educazione. A proposito di questo argomento, non si può non parlare del film sovietico Il cammino verso la vita di Ekk, la cui trama è appunto la rieducazione dei besprizornye, i ragazzi abbandonati “senza tutela” vittime della guerra civile, nelle “comuni di lavoro” ideate da Makarenko. In questo articolo, si torna indirettamente a parlare di Makarenko e della sua pedagogia; la formazione del regista avviene nel clima culturale delle “comuni di lavoro” e quindi c’è l’assorbimento di alcuni concetti che sono propri della pratica educativa makarenkiana. Il pedagogista e il suo romanzo, sono presenti anche nelle rubriche di letteratura e di linguistica. Nel secondo volume del 2001, viene fatto un paragone tra l’opera di Makarenko e quella di Bachtin. A proposito del “romanzo di formazione”, vengono accostate le tematiche centrali dei due autori: la “filosofia della prospettiva” come “forza organizzatrice del futuro”, il “dover essere” e la “possibilità-educabilità dell’uomo”, l’uomo come “autore” e come “eroe”, i bambini come “autori” e come “eroi”. Inoltre viene svolta una riflessione sui significati che assumono le parole “Poema” ed “infanzia”; termini che ricorrono frequentemente in questi autori e che possono essere intesi in modi differenti. Altra dimensione in cui ritroviamo Makarenko, è quella storicoeducativa. Trattando argomenti pedagogici attuali, si fa riferimento a situazioni passate e quindi c’è un confronto tra passato e presente. Ad esempio, Sergio Cicatelli nel suo articolo del 1999, pubblicato nel terzo volume, presenta il libro di Nicola Siciliani de Cumis intitolato Di professione, professore! In queste pagine troviamo tutta l’esperienza formativa di Siciliani, dalla frequentazione della scuola pedagogica di Aldo Visalberghi, al suo grande impegno nello studio del Poema pedagogico di Makarenko. Dovuto anche e soprattutto alla lezione di Giovanni Mastroianni. Le esperienze che Siciliani racconta - spiega Cicatelli - sono di vario tipo e rappresentano contesti diversi: dalle fredde aule di una scuoletta perduta tra le montagne calabresi, alla lettura scolastica del giornale, fino agli incontri con protagonisti contemporanei come Gianni Amelio e Italo Calvino. In questo modo Siciliani intende costruire la “scienza” pedagogica, perché i progetti non hanno solo una teorizzazione accademi- 364 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 ca, ma si concretizzano intorno a veri problemi individuali e sociali. Queste esperienze, non possono essere replicate in situazioni differenti, ma devono essere filtrate dall’insegnante e valutate come modelli di possibili azioni didattiche. A questo punto, l’autore si chiede cosa avrebbe pensato Makarenko riguardo a questa teoria pedagogica; secondo la quale l’insegnamento deve proporsi come una forma di ricerca e sia l’alunno che l’insegnante devono porsi come “scienziati” e le proposte didattiche risulteranno il loro terreno di scambio. Un argomento diverso, ma in cui troviamo sempre il confronto tra passato e presente, è quello presentato nell’articolo Un Makarenko a Casal del Marmo, pubblicato nel numero 4 del 2000. Questo articolo propone un chiarimento del Verba manent ’99. La Città Invisibile: un piccolo testo che contiene informazioni storiche, pedagogiche e viene raccontato un progetto educativo realizzato in collaborazione con l’Istituto penale per minorenni di Roma «Casal del Marmo». Leggendo questo testo, ti torna in mente il Poema pedagogico di Makarenko e anche se ci sono delle differenze, ti viene da pensare ai ragazzi della colonia «M. Gor’kij» che si danno da fare per realizzare degli spettacoli teatrali. Giorgio Spaziani, direttore artistico, come Makarenko direttore della colonia di rieducazione. Due figure simili che si trovano a vivere in due realtà differenti, ma allo stesso tempo analoghe. Il loro lavoro non è semplice, perché vivono con dei ragazzi che hanno alle spalle un passato difficile e quindi devono comprenderne gli umori e aiutarli a superare lo sconforto e la stanchezza. Affrontando il tema dell’“abbandono dell’infanzia” e dei “ragazzini di strada”, nell’articolo intitolato I bambini di Makarenko del numero 3 del 2002, il Poema pedagogico viene visto come documento del suo tempo (anni Venti-Trenta del secolo scorso) e come documento del nostro tempo (nuovo millennio). L’infanzia abbandonata nei paesi dell’ex Unione sovietica, si estende oggi nel resto del mondo: Cina, Africa, Medio Oriente, Sud America… Al giorno d’oggi, le iniziative di Muhammad Yunus e della sua Grameen Bank, sono un esempio lampante di attività di impronta makarenkiana. Per questo ci viene riproposta una lettura del Poema pedagogico; per stimolare un’altra riflessione che va al di là dello spazio geografico e del tempo storico che appartengono a Makarenko, cercando di coinvolgere il lettore odierno, sia come storico che come educatore. Ma principalmente, Makarenko viene preso in esame nelle dimensioni pedagogiche e didattiche. Infatti, di 41 articoli pubblicati che lo riguardano, 31 affrontano esplicitamente il tema della pedagogia e della Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 365 didattica. Dal secondo volume del 2004, la rivista ha dato un ampio spazio a questa dimensione riservandole un’intera rubrica chiamata appunto Didattica. Questa sezione propone elaborati di laurea, elaborati scritti per gli esami di Pedagogia generale, Terminologia pedagogica e di scienze dell’educazione ed elaborati scritti per alcuni Laboratori (Pedagogia generale, Makarenko, ecc.). Riguarda quasi esclusivamente le attività svolte presso la Facoltà di Filosofia dell’Università di Roma «La Sapienza», nei Corsi di laurea in Scienze dell’educazione e della formazione e Pedagogia e scienze dell’educazione e della formazione, ad opera della Cattedra di “Pedagogia generale I”. Si riferisce in particolare al rapporto di un solo docente con i suoi studenti ed al loro metodo di lavorare nel “circolo” ricercadidattica/didattica-ricerca226. In questo modo, viene data agli studenti l’opportunità di coniugare la ricerca e la didattica cercando di favorire la crescita delle competenze, lo sviluppo della personalità ed un maggior senso critico. La possibilità concreta di trasformarsi, se lo vogliono, da studenti in studiosi. Inoltre queste dimensioni, didattica e ricerca, sono ritenute fondamentali, sia per gli interessi scientifici e per i risultati di studio dei docenti, sia per le motivazioni alla ricerca e le effettive indagini svolte dagli studenti. Tra il docente e gli studenti c’è collaborazione. Queste pubblicazioni documentano la qualità del lavoro svolto nell’ambiente universitario da cui l’esperienza didattica e scientifica scaturisce. Sono le basi di altre ricerche, di altre pubblicazioni. Gli elaborati scritti che risultano, diversi tra loro sia per argomento (ricerche innovative, approfondimenti, esperienze e competenze di carattere storico-letterario, scientifico-educativo, linguistico-traduttivo, filologico-classico, interculturali), per il tipo di impegno disciplinare, si completano reciprocamente alla luce della stessa didattica universitaria. Oltre agli insegnamenti semestrali del docente, si deve molto ai laboratori ed ai seminari di scrittura scientifica che grazie a modalità rigorose di stesura (griglie editoriali, regole redazionali, tecnologie informatiche) risultano funzionali all’elaborazione dei testi227. Il primo saggio in ordine cronologico che riguarda il settore didattico, si trova nel numero 3/4 dell’anno 1995, inserito appunto nella rubrica pedagogica. Qui, c’è un primo approccio al Poema pedagogico e alla tecni226 227 N. SICILIANI DE CUMIS, Questa rubrica, in «Slavia», 2010, n. 1, p. 171. ID., Didattica, in «Slavia», 2008, n. 4, p. 174. 366 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 ca pedagogica makarenkiana. Inoltre c’è un promemoria dei temi e dei problemi presenti nel Poema e si ripropongono due capitoli dell’opera che non sono presenti nell’edizione italiana. Dopo questa prima presentazione, sembra impossibile mettere da parte Makarenko. Infatti, si torna a parlare di pedagogia con lui nell’articolo Una prima idea di infanzia nel Poema pedagogico di Anton S. Makarenko pubblicato nel numero 3 del 2000 della rivista. Viene analizzato il concetto di infanzia (fondamentale per Makarenko differenziare i vari livelli di età), che è la vera protagonista dell’opera. La “dimensione infanzia” caratterizza l’intera attività pedagogica/antipedagogica, così si torna a parlare del suo programma educativo che non si basa su nessuna teoria, ma si fonda nella pratica. Vengono analizzati tutti i mezzi di cui si avvale per raggiungere la creazione dell’uomo nuovo. Quindi si passa dalla fase della “catarsi” a quella della “dimenticanza” e della “novità”, fino ad arrivare alla nascita della “responsabilità”, attraverso la “prospettiva” e la formazione del “collettivo”. Nel numero 2 del 2004, ci sono diversi articoli che trattano il tema della didattica. Il titolare della Prima Cattedra di Pedagogia generale alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Roma «La Sapienza» (Corso di laurea in Scienze dell’educazione e della formazione), presenta il programma del corso per il primo semestre, secondo il nuovo ordinamento. L’obiettivo del corso è l’acquisizione della terminologia pedagogica nelle sue dimensioni disciplinari, attraverso il chiarimento e l’approfondimento del significato di alcuni termini. Alla fine del corso, gli studenti devono produrre un testo scritto sulla base della lettura del Poema pedagogico di Makarenko. Facilitati dalla vastità di argomenti presenti nell’opera, devono redigere un testo libero, scegliendo una tematica ritenuta significativa. Si può notare la multidisciplinarità del romanzo, che può essere analizzato da diverse prospettive di studio: settore storico-culturale, pedagogico ed educativo, dimensioni disciplinari teoriche, applicative, scientifiche, telematiche e multimediali. Per rendere più chiaro questo tipo di lavoro, nel fascicolo sono stati inseriti i testi degli elaborati scritti di due studenti: il primo ha scelto di sviluppare la tematica del gioco ed ha intitolato il suo elaborato Il gioco come strumento educativo. La seconda, ha messo a confronto due traduzioni, inglese e italiana, del Poema pedagogico. Pur rientrando nel campo della didattica, quest’ultimo elaborato si è inserito nella sfera della filologia e della slavistica. Questo dimostra, ancora una volta, che Makaren- Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 367 ko viene preso in considerazione per interventi che riguardano diverse attività settoriali. Altre “tesine” svolte per l’esame di Pedagogia generale con il professor Siciliani de Cumis, sono pubblicate nel terzo volume del 2004. Il tema principale dell’elaborato della studentessa Francesca Romana Nocchi, è il concetto di cura nel romanzo di Makarenko. Una cura intesa non solo come formazione culturale e dell’uomo nuovo, ma anche cura della prospettiva, della disciplina, dei valori e quindi una cura che riguarda tutti gli aspetti della vita collettiva. Mentre lo studente Roberto Toro svolge un lavoro di ricerca, in funzione didattica, riguardo la dimensione non verbale nella pedagogia di Makarenko. In questa indagine, c’è un confronto tra il Poema pedagogico e alcune opere di Vygotskij, intrecciando così le attività didattiche e di ricerca pedagogiche, con quelle psicologiche. Un’altra forma di dimensione didattica è presentata nel primo volume del 2006, in cui Alessandra Stentella scrive ad una sua vecchia insegnante della scuola secondaria. Nella lettera, la studentessa fornisce un dettagliato riassunto del Poema pedagogico con lo scopo di far appassionare l’insegnante alla lettura del libro, in modo da far conoscere Makarenko ai suoi futuri allievi. Nei volumi numero 1 del 2007 e 4 del 2008 di «Slavia» vengono pubblicati i risultati di un “Laboratorio autogestito” di Pedagogia generale. Tutti gli elaborati riguardano Makarenko, ma prendono in considerazione aspetti diversi: Makarenko e il lavoro rieducativo, Makarenko e Yunus, Makarenko e la disciplina. Sempre in tema di didattica, nel secondo volume del 2008 Siciliani pubblica l’elenco dei titoli di tutti gli elaborati di laurea riguardanti Makarenko. Inoltre vengono pubblicati anche i risultati di alcune tesi di laurea. Nel numero 4 del 2007 della rivista, si riproducono alcune parti della tesi di laurea di Chiara Coppeto riguardante l’educazione dell’uomo nuovo e vengono messe a confronto due grandi personalità come quella di Makarenko e di Gramsci. Di più nella premessa, la studentessa dà delle indicazioni redazionali per la stesura di un elaborato come la tesi di laurea. Mentre nel terzo volume del 2008 viene pubblicata parte della tesi di laurea di Emanuela Mattia, che affronta il Poema pedagogico come romanzo di formazione. Ma per raggiungere questo tipo di risultato, sono fondamentali il coinvolgimento e la collaborazione del docente, che deve occuparsi di un po’ tutte le fasi dell’elaborazione: «dalla ideazione del percorso, che egli 368 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 vuole seguire, alla condivisione della definizione del “campo di indagine”; dal controllo delle modalità di preparazione, fino al raggiungimento dell’ipotetica “dignità di stampa”228». Un altro obiettivo che si pone il curatore di questa rubrica, è quello di rendere utile la stessa rubrica per fornire un maggior numero di informazioni nei limiti del possibile, un qualche confronto di idee tra professori e studenti su ciò che ciascuno viene facendo nel proprio ambito disciplinare e nei limiti delle circostanze individuali, collegiali e di contesto nelle quali le singole esperienze accademiche maturano e si consumano 229. Ma la rubrica Didattica vorrebbe aprirsi a ben più ampie esperienze di insegnamento-apprendimento che non riguardano solo il campo universitario, ma anche contesti scolastici (scuole elementari e medie, inferiori e superiori) ed altri luoghi educativi. Gli elaborati di cui finora si è parlato, sebbene abbiano elementi comuni, sono diversi tra loro per natura e per consistenza critica; ma ciò che li unisce è il fatto di essere un mezzo di espressione, uno strumento che dimostra la crescita intellettuale e l’acquisizione delle forme essenziali della comunicazione scientifica. Risultato di un evento didattico e scientifico allo stesso tempo; frutto di una tradizione accademica e di un modo di insegnare e di apprendere230. In conclusione si può dire che l’intento di Siciliani de Cumis è quello di mostrare i risultati dei percorsi universitari dei suoi studenti: acquisizione di un certo grado di padronanza, capacità di autocorreggersi e migliorarsi nelle abilità di ragionamento e di scrittura. Ciò che conta è il miglioramento dei livelli di partenza e la prospettiva di ulteriori miglioramenti “in vista” della materia umana e culturale che si ha di fronte. Il più alto obiettivo da raggiungere è quindi, il graduale aumento della capacità di critica e autocritica. Secondo Siciliani questo percorso va sostenuto, incoraggiato e se produce frutti, va “premiato” (punizioni e premi sono ritenuti strumenti fondamentali dell’educazione!). Per questo, grazie alla disponibilità offerta da «Slavia», Siciliani si serve della pagina 228 ID., 229 ID., Didattica, in «Slavia», 2007, n. 2, p. 63. Un esame di Pedagogia generale secondo il “nuovo ordinamento” universitario, in «Slavia», 2004, n. 2, p. 114. 230 Cfr., ID., Antonio Labriola e «La Sapienza». Tra testi, contesti, pretesti 2005-2006. Con la collaborazione di A. SANZO e D. SCALZO, Roma, Nuova Cultura, 2007, p. XIV. Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 369 pubblica per aiutare certi processi di crescita; cercando di incoraggiarli e dirigerli verso le possibili finalità migliorative. Nella prospettiva di far diventare la rubrica un terreno di scambio di informazioni, Siciliani invita i lettori della rivista ad intervenire con osservazioni, integrazioni, critiche ed obiezioni. Quindi si augura di far contribuire non solo altri colleghi e studenti, ma di coinvolgere anche altre dimensioni formative. 1.5. Introduzione alla nuova edizione del Poema pedagogico Nel primo volume del 2010 di «Slavia» viene pubblicata l’introduzione di Nicola Siciliani de Cumis alla nuova edizione del Poema pedagogico. Con questa nuova edizione del testo, l’ateneo romano della «Sapienza» intende offrire un’attenzione maggiore ad Anton Semënovič Makarenko e la sua opera, attirando l’attenzione dei suoi studenti e di tutti gli interessati alla pedagogia in relazione alla letteratura e, più in generale alle connesse dimensioni culturali. Il Poema è comunque al centro dell’attenzione. […] Soltanto in questi giorni ho finito la terza parte [del Poema pedagogico] e l’ho inviata a Gor’kij. Sto ancora lavorando alla ribattitura per l’edizione del singolo volume. Se sia ben riuscito… lo sa il diavolo!? Mi vengono fatti elogi, ma la mia impressione è certamente diversa. Vi sono brani che fanno pietà; e poi il problema del finale, che tu ben conosci, non mi pare proprio felicemente risolto […]231. […] Come puoi vedere dall’allegato che ti invio, sto varando la terza edizione del Poema pedagogico. Sto dando l’anima e buttando il sangue per una cosa che mi pare ancora appena all’inizio (eppure sono diciassette anni che ci lavoro tecnicamente). A. S. MAKARENKO, in Lettere inedite di Makarenko, in «Rassegna Sovietica», luglio-agosto 1976, p. 62. La lettera era stata pubblicata sulla «Literaturnaja gazeta», Mosca, n. 14, 7 aprile e quindi tradotta, in parte, da Tilde Bonavoglia. Il testo che se ne dà ora, con alcune modifiche, è stato rivisto sull’originale russo e in parte integrato: cfr. quindi A. S. MAKARENKO, Sočinenija, vol. 8, Mosca, Pedagogika, 1986, pp. 54-55. 231 370 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 Leggi per piacere la mia introduzione (e gli scritti che la precedono) e fammi sapere la tua opinione […]232. Makarenko scrive un “libro sui ragazzi” e Siciliani, con la sua nuova edizione del Poema, propone un libro fatto con il contributo dei “suoi studenti”. Questa versione dell’opera è frutto di un’ampia esperienza pedagogica nata nei primi anni Novanta e tutt’oggi ancora in corso. Dopo aver consciuto il Poema e approfondito i suoi concetti peculiari e le relative finalità pedagogiche e letterarie, Siciliani è riuscito a intrecciare la sua formazione personale con quella professionale. È dal 1990 che il romanzo, da me letto e riletto, è diventato oggetto di corsi universitari, di ricerche e studi monografici, di tesi di laurea, di esercizi di traduzione e ritraduzione, ecc233. E riguardo al suo primo incontro con il Poema dice […] Il libro tuttavia, il Poema, lo avevo probabilmente comperato nell’impatto con l’Istituto Magistale in Calabria: verso la metà degli anni Settanta, nella versione “economica” in tre volumi degli Editori Riuniti, già Edizioni Rinascita, traduzione di Leonardo Laghezza, con prefazione di Lucio Lombardo Radice. Però non ero mai riuscito a leggerlo benché ci avessi provato e riprovato, a più riprese inutilmente. Fino al 1989234. Dalla Cattedra Siciliani de Cumis ha posto al centro del suo insegnamento, oltre a Labriola, la figura di Makarenko come educatore e scrittore. Grazie anche alla collaborazione di colleghi e di studenti che hanno contribuito ad affrontare didatticamente, secondo una molteplicità di punti di vista, l’opera complessa, educativa ed artistica di Makarenko. Dalla lettura collettiva (studenti e docente) delle edizioni esistenti del Poema, è nato l’approfondimento di Makarenko e della sua opera. Una ricerca iniziata con la revisione e il confronto di queste traduzioni e successivamente integrate con la traduzione del testo russo. Quindi attraverso incontri collettivi e individuali tra professore e studenti, attraverso Da uno scambio epistolare avvenuto tramite e-mail tra Nicola Siciliani de Cumis e la scrivente, in data 28/06/2009. 233 A. BAGNATO, Makarenko oggi. Educazione e lavoro tra collettivo pedagogico comunità e cooperative sociali, cit., p. 20. 234 Ivi, p. 19. 232 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 371 le lezioni e la preparazione di elaborati scritti per esami e tesi laurea, si è avuto il contributo di studenti, esperti e collaboratori. I materiali didattici messi a disposizione per gli studenti, rivisti ogni volta alla luce dei loro interventi, sono stati di grande aiuto. Spaccati tematici e punti di vista problematici, hanno contribuito ad arricchire la nuova stesura del testo. Perciò i feed back lanciati agli studenti durante le lezioni e durante la preparazione per l’esame di Pedagogia generale, sono stati determinanti per portare avanti questa fruttuosa esperienza. E nonostante che questa nuova edizione del Poema si caratterizzi come il risultato di uno studio personale, riceve e mette in evidenza i contributi di un’attività collegiale e di un lavoro collettivo. Traspare quindi, l’importanza che Siciliani riserva al valore metodologico e didattico, ma soprattutto alla motivazione e gratificazione dei suoi studenti. Caratteristiche fondamentali per la crescita della personalità e delle competenze. Coloro che intendono o sono aperti al “nuovo che avanza” invece, sanno perfettamente, o comprendono, come non c’è nulla di meglio per la crescita umana, della personalità, delle conoscenze e delle competenze, di una ricerca operata con forte motivazione personale, e cosa può darti più stimolo di sentirti parte di un gruppo che, work in progress, partecipa alla stesura di un testo pedagogico del calibro del Poema? Quante le volte che noi tutti, al racconto di un evento storico di rilievo, ci siamo sorpresi nell’affermare: io c’ero!? E non occorre che l’evento sia stato il primo sbarco dell’uomo sulla luna o la caduta del muro di Berlino, ciò vale per altri tempi, per i giovani d’oggi, l’evento, è stata la guerra tecnologica e/o televisiva in Iraq o il terremoto in Abruzzo, ma è anche, il concerto di una Pop Star o la vittoria ai mondiali di calcio, ed a maggior ragione dunque, l’evento, a buon diritto e buon per tutti che sia così, può diventare la citazione sulla nuova edizione del Poema pedagogico: «Con la collaborazione di […] e degli studenti dei corsi di Pedagogia generale I nell’Università di Roma «La Sapienza» 19922009», come si legge appunto sul frontespizio della terza edizione del Poema a cura del professor N. Siciliani de Cumis. Ebbene, io c’ero! Vedi questa pagina? È stata prodotta dal nostro laboratorio del… e… vedi questo termine? Proviene dalla mia tesina in Terminologia…235 235 S. IMPOCO, Poema pedagogico. L’autore e il lettore: dalla colonia Gor’kij al Minerva Moda, Roma, Nuova Cultura, 2010, p. XXXVI. 372 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 La lettura e la rilettura del testo, hanno portato a maggiori osservazioni e confronti sulla punteggiatura utilizzata nel testo originale e quella completamente cambiata nelle traduzioni italiane. Così con l’ausilio del vocabolario russo e grazie ad alcune consulenze sulle lingue ucraine è cresciuto sempre più l’interesse per la traduzione: dalla punteggiatura alle proposizioni, dai capoversi ai capitoli, ai significati delle parole. Ad esempio, la parola pedagog è sempre stata tradotta con educatore oppure bespryzorniki, con senza tutela e ragazzi abbandonati. Questo a dimostrazione del fatto che non si tratta solo di un interesse critico-linguistico, ma anche e soprattutto pedagogico-letterario. Così come lo stesso Siciliani afferma: E siamo divenuti sempre più consapevoli del fatto che, così procedendo, di ritraduzione in ritraduzione, noi non facevamo altro che prendere a nostro modo sul serio il franco e incoraggiante invito delle stesse Edizioni Raduga «Ai nostri lettori», a metterci in gioco come revisori, traduttori, correttori, interpreti della grande opera che avevamo di fronte: «Le Edizioni Raduga saranno molto riconoscenti a quanti vorranno comunicare la loro opinione sul contenuto, la traduzione e la presentazione di questo libro236». Da qui quindi, nasce la convinzione di riproporre una nuova edizione del testo; ampliando il lavoro e realizzando così l’ambizione di offrire al lettore un quadro più dettagliato dell’opera. Oltre l’impegno dedicato alla nuova edizione del Poema, Siciliani si è assunto una doppia responsabilità: nei confronti dell’opera stessa, in quanto c’è stata una meticolosa cura nella nuova stesura del testo e nei confronti dei suoi studenti e di tutti coloro che vorranno leggere l’opera in quanto racconta e tramanda in modo implicito la sua personale esperienza pedagogica e didattica. Questa nuova proposta editoriale vuole essere un invito per un continuativo uso didattico, nella prospettiva di inserire Makarenko e la sua opera nella nostra cultura. […] è che un’opera sui generis come il Poema pedagogico possa oggi essere utilmente oggetto di rinnovate letture, di nuove interpretazioni critiche ed usi formativi appropriati, da pur distinti ma concomitanti punti 236 N. SICILIANI DE CUMIS, in «Slavia», 2010, n. 1, p. 174. Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 373 di vista: così per il passato (storiograficamente) come per il presente (pedagogicamente) e per il futuro (prospetticamente)237. 1.6. Le principali tematiche ricorrenti Dalla sua esperienza come educatore dei ragazzi senza tutela (besprizornye) nella “colonia Gor’kij”, Makarenko viene ispirato per la stesura del Poema pedagogico che può essere definito come romanzo di formazione dell’uomo nuovo. E vediamo come, grazie all’esperienza educativa reale, si arriva ad un elevato livello di socialità e collettività, partendo da una situazione disagiata e di abbandono: la guerra e la grave crisi economica, contribuirono alla nascita della delinquenza minorile che accoglieva orfani e sbandati. Così le autorità sovietiche diedero agli educatori l’ordine di dirigere le colonie. Ed ecco allora che Makarenko si dedica a questi ragazzi, ritienuti vittime di condizionamenti sociali e persone sfortunate che il destino aveva gettato in una situazione difficile. Davanti a tutto ciò ritiene di non potersi affidare a nessuna teoria pedagogica e quindi di dover ricavare indicazioni dagli avvenimenti e dai comportamenti quotidiani dei ragazzi, sviluppando un proprio metodo educativo basato sull’esperienza e sulle situazioni reali. Questo fece sì che si formasse una propria tradizione del gruppo, o per meglio dire del collettivo. È bene quindi definire le categorie pedagogiche makarenkiane e spiegare gli argomenti al centro della trattazione. Scorrendo l’Indice delle tematiche riportato in seguito, possiamo notare come le maggiori tematiche analizzate, siano proprio quelle tanto care allo stesso Makarenko. Per avere una visione più chiara, è utile iniziare dall’interpretazione del titolo dell’opera di Makarenko: Poema pedagogico. 1.6.1. Il Poema pedagogico La parola “Poema” deriva dal greco e significa non solo fare, agire, operare… ma anche realizzare, formare, educare, plasmare ecc. Da qui possiamo già capire l’intenzione pedagogica di Makarenko e infatti il Poema pedagogico può essere definito “romanzo d’infanzia”; ovvero risultato storiografico e letterario, ma allo stesso tempo efficace strumento pra237 ID., I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, Pisa, Edizioni ETS, 2002, p. 212. 374 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 tico-educativo ricco di determinazioni formative. L’attenzione cade appunto sul carattere non solo storico-cuturologico, ma anche pedagogicoletterario e soprattutto sul suo impatto critico-formativo. L’intento di Makarenko è quello di coinvolgere il lettore in una doppia operazione fomativa: letteraria e pedagogica. Infatti il contenuto del romanzo rappresenta la reale esperienza educativa e l’effettiva procedura narrativa di Makarenko. 1.6.2. L’infanzia e il gioco È importante analizzare il concetto di infanzia, in quanto viene intesa sia come protagonista della storia, sia come mezzo per esprimere l’esperienza educativa. E infatti i bambini di cui si narra nel romanzo sono in qualche modo coautori del Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”. Non solo sono presenti e pedagogicamente influenti nel Poema, ma sono i veri protagonisti del romanzo ed i reali destinatari del modello educativo sperimentato238: incarnano la prospettiva e sono la speranza di una umanità futura migliore. Nell’opera c’è sempre la presenza di bambini e li troviamo di tutte le età: da quella prenatale fino a quella di dieci-dodici anni. La maggior parte dei rieducandi ha tra i quindici e i diciotto anni, ma ci sono personaggi che hanno dieci anni, poco meno o poco più e addirittura ci sono bambini non-nati, appena nati e di appena qualche mese. Di centosessanta personaggi presenti nel romanzo, centosei non sono adulti e Makarenko intende differenziare i vari livelli di età ogni volta che si parla d’infanzia e infatti non vuole confondere i personaggi di dieci-dodici anni con quelli di quattordici-quindici ecc. Il concetto di infanzia lo ritroviamo anche quando ci sono riferimenti ad istituzioni ed organizzazioni sociali (es. asili infantili ed orfanotrofi). Inoltre il valore metaforico della “dimensione infanzia” caratterizza l’intera attività pedagogica/antipedagogica di Makarenko che scrive questo romanzo con una sorta di «scrittura bambina». Makarenko dalla sua esperienza acquista sia come educatore, sia come scrittore degli specifici valori d’infanzia. L’esperienza collettiva infantile della colonia e la sua “scrittura bambina” costituiscono il processo educativo e letterario che risulta essere il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”. 238 Ivi, p. 12-13. Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 375 Il Poema pedagogico quindi, come laboratorio, esso stesso, di “valori d’infanzia” in esperienze di insegnamento/apprendimento che prestano attenzione ai bisogni dei bambini, alle loro motivazioni e alle loro espressioni di desiderio239. Un altro aspetto importante che riguarda l’infanzia nel Poema, è quello relativo al “gioco”. Il quale rappresenta sia l’espressività creativa dei singoli personaggi, sia il graduale processo di formazione del collettivo: tra evidenze fattuali e latenze simboliche, tra individuazione di codici comportamentali d’identità e definizione di basi normative, tra procedure di inclusione ed esclusione e determinazione di regole, come regole dell’uomo nuovo240. Il gioco procura una soddisfazione al bambino. Si tratta della gioia della creazione o della gioia della vittoria o della gioia estetica, gioia della qualità. Anche un buon lavoro procura una simile gioia. E qui la somiglianza è completa241. Secondo Makarenko come il bambino si relaziona con il gioco, così sarà da grande per molti aspetti, nel lavoro. Per questo l’educazione dell’uomo nuovo si svolge soprattutto nel gioco. La storia di ogni singolo individuo come lavoratore può essere rappresentata nello sviluppo del gioco e nel suo passaggio al lavoro. Il gioco riveste una grande importanza nella vita del ragazzo, ed assume la stessa importanza che hanno per l’adulto l’attività, il lavoro, l’impiego. Quale è il bambino nel gioco, tale egli sarà, per molti aspetti, nel suo lavoro una volta cresciuto. Perciò l’educazione del futuro uomo e lavoratore si svolge innanzi tutto nel gioco242. È del resto da ritenere, secondo Makarenko, che come a ciascun bambino, nel corso dell’infanzia, deve essere garantita la giusta dose di gioco che l’età esige, così ad ogni adulto, nel farsi della vita, e nel lavoro, deve essere dato il diritto di praticare intelligentemente, qualitativamente, le sue proprie irrinuncia- Ivi, p. 23. ID., I bambini di Makarenko, in «Slavia», 2002, n. 3, p. 135. 241 N. SICILIANI DE CUMIS, I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, cit., p. 37. 242 A. S. MAKARENKO, in N. SICILIANI DE CUMIS, I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, cit., p. 36. 239 240 376 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 bili attività ludiche. Tanto nell’interesse della “persona”, quanto nell’interesse del “collettivo”243. L’infanzia è fondamentale per Makarenko e cerca di curarla in tutti i suoi aspetti perché da essa dipende il futuro della società stessa e quindi dell’uomo nuovo; un uomo che rinasce e che è in grado di superare il passato fatto di orrori e di sofferenza. Vede nei bambini la matrice dell’uomo nuovo, la prova di ciò che chiama “prospettiva”; sono i presupposti di una umanità futura, anticipati nel presente della colonia, ma con gli occhi al futuro244. 1.6.3. Lo stile: frutto di tradizione e di prospettiva La “tradizione” e la “prospettiva” sono le categorie pedagogiche e le componenti principali del Poema pedagogico come romanzo di formazione e di educazione. Questi elementi si amalgamano tra di loro e sono fondamentali per la formazione di uno “stile” del collettivo e di conseguenza per la formazione dell’uomo nuovo. I bambini più piccoli insieme ai ragazzi migliori del collettivo, rappresentano la “tradizione” e la “prospettiva” del percorso educativo guidato da Makarenko. Sono il frutto di una “tradizione” ed il seme di una “prospettiva”. I “piccoli” nel rapporto con i più grandicelli e con i più grandi, sono la garanzia vivente del formarsi, stabilizzarsi ed ampliarsi di una tradizione propria e nuova del collettivo: di una tradizione bambina che incomincia a vivere sul terreno della ricerca pedagogica di prima mano a partire dal settembre del 1920, e che nel corso del 1923 non solo ha preso una certa forma, ma ha anche costruito i suoi anticorpi e i suoi strumenti di riproduzione non meccanica ma storicocritica ed autocritica , cioè dialettica245. Come si narra nel romanzo, i più piccoli ancora non erano in grado di prendere i posti di comando che spettavano agli anziani, ma sicuramente avevano un vantaggio su di loro. Infatti avevano vissuto nella colonia N. SICILIANI DE CUMIS, I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, cit., p. 35. 244 ID., I bambini di Makarenko, l’infanzia di Gor’kij, in «Slavia», 2003, n. 2, p. 21. 245 ID., I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, cit., p. 80. 243 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 377 in età più giovane e quindi avevano appreso le tradizioni e credevano molto di più all’importanza della vita collettiva. I “novellini” così definiti da Makarenko, nel rapporto con i più grandi, garantivano il formarsi e l’ampliarsi di una propria tradizione del collettivo. La “prospettiva” di una società migliore dà la forza e la speranza ai ragazzi di andare avanti ed è rappresentata dagli stessi bambini. La dimensione pedagogica è radicata nel presente, ma proiettata nel futuro; quindi si può parlare di una “pedagogia della prospettiva” in quanto si parte dalla rigenerazione dei bambini abbandonati e si vede in loro la speranza di un futuro migliore rappresentata dalla nascita dell’uomo nuovo. La “tradizione” si trova all’origine di ciò che rende possibile l’obiettivo pedagogico finale e cioè la formazione dello stile: i nuovi ragazzi che arrivano alla colonia, si avvalgono dell’esperienza dei più grandi e di conseguenza contribuiscono alla crescita dell’intero collettivo. I ragazzi più grandi, in questa situazione vengono rimessi in gioco e cercano di combattere la possibilità che prenda il sopravvento il male peggiore, che è la stasi246. Lo “stile” quindi, è la parte finale e più importante dell’educazione collettiva: ‹‹Occorre curarlo, seguirlo giorno per giorno, coltivarlo con lo stesso zelo col quale si coltiva un vivaio››. Si forma lentamente ed è il risultato dell’apprendimento di tradizioni e prospettive comuni. Gli insuccessi dei ragazzi, infatti sono dovuti alla mancanza di uno stile, che magari aveva appena iniziato a formarsi. 1.6.4. La padronanza e la responsabilità La “responsabilità” e la “padronanza” sono altri due punti di forza della pedagogia makarenkiana. La “padronanza” coincide con l’esperienza reale dei colonisti ed è un primo punto di arrivo del processo di formazione dell’uomo nuovo, in quanto l’individuo è padrone di se stesso e si sente libero. La “responsabilità” è un obiettivo che si vuole raggiungere nel corso di tutto il romanzo, in quanto il suo raggiungimento aiuta a crescere ed a formare una personalià cosciente e autonoma. Infatti si cerca di inventare una tecnica di formazione della responsabilità, o meglio una tecnica del far emergere e crescere la responsabilità. Ed è proprio grazie al senso di responsabilità maturato nei ragazzi che Makarenko riesce a gestire 246 Ivi, p. 89. 378 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 la colonia: gli educandi riescono a organizzare in modo autonomo la vita all’interno del collettivo. 1.6.5. La dimenticanza Secondo Makarenko per educare “l’uomo nuovo” bisognava dimenticare il passato dei ragazzi, anche se era molto difficile. Oltre alla curiosità di sapere perché il ragazzo era stato mandato alla colonia, nella logica della pedagogia di quel tempo si pensava che, per rieducare una persona, bisognava conoscere il suo passato; come si faceva in medicina: dove, per curare una malattia, bisognava conoscerla. Secondo me il metodo fondamentale per la rieducazione dei trasgressori della legge doveva essere fondato sul fatto di ignorare completamente il passato dei ragazzi ed ancor più i delitti commessi in questo passato. Adottare con coerenza sincera un metodo del genere era costato fatica a me per primo, giacchè oltretutto avevo dovuto vincere le mie tendenze naturali. Mi tentava sempre di sapere il motivo per cui un ragazzo era stato mandato alla colonia, e che razza di cose mai avesse combinato. La normale logica pedagogica di quei tempi si limitava a imitare la medicina e a dire con aria di superiorità: per curare una malattia bisogna conoscerla. Era una logica che talora coinvolgeva anche me, ma aveva particolarmente la meglio su tutti quanti i miei colleghi e su quelli dell’Istruzione popolare247. Il dimenticare il passato, dopo le fasi della “vergogna” e della “catarsi”, è uno strumento indispensabile per la costruzione di personalità modello, un esperimento di tipologie umane eticamente superiori, rispetto alle soluzioni morali precedenti248. Quindi dopo la “vergogna” e la “catarsi” deve seguire nel vecchio uomo la “dimenticanza” e poi una fase di “novità” in quanto c’è una rinascita dell’infanzia. I ragazzi non sono più abbandonati, ma sono ben integrati in un collettivo. La crescita del collettivo permette anche la formazione personale dei suoi componenti. Bisogna decisamente respingere la teoria della costante persistenza sociale del fenomeno dei ragazzi abbandonati: di questi esseri che riempirebbero le noA. S. MAKARENKO, Poema pedagogico, cit., p. N. SICILIANI DE CUMIS, I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come ”romanzo d’infanzia”, cit., p. 67. 247 248 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 379 stre strade non solo dei loro «terribli delitti» e dei loro pittoreschi abbigliamenti, ma anche della loro «ideologia». Gli autori delle ciance romantiche sul vagabondo anarchico sovietico, se ne restavano probabilmente con le mani in mano, quando tutta la nostra società venne in aiuto dell’infanzia che stava sul punto di morire. Non si sono mai accorti che, dopo la guerra civile e la carestia, milioni di bambini sono stati salvati, grazie ad un enorme sforzo compiuto da tutto il paese, negli orfanotrofi. Sicchè adesso tutti i nostri romantici si devono ficcare bene in testa la seguente verità: che, nel cento per cento dei casi, questi bambini sono oggi adulti che lavorano nelle fabbriche e negli uffici sovietici 249. 1.6.6. La pedagogia della lotta e l’antipedagogia makarenkiana Il metodo educativo di Makarenko può essere definito una “pedagogia della lotta” perché nasce da un’esperienza educativa concreta, reale e non ha nessuna certezza di successo. L’educazione vive delle stesse questioni della colonia; la risoluzione dei problemi e il loro ripresentarsi caratterizzano il formarsi della pedagogia, detta appunto della “lotta” perché si combatte sempre per la speranza di un futuro migliore. L’educazione quindi, diventa prassi educativa; la formazione deve trasformarsi in autoformazione e basarsi soprattutto sull’esperienza. Si tratta «di un prevalere del fare sul conoscere, della vita reale sulle rappresentazioni fittizie di essa, delle complessità e difficoltà del collettivo sulle semplificazioni edificanti di qualsiasi tipo»250. In ogni pagina traspare l’amore di Makarenko per il proprio lavoro di educatore, in contrasto con la pedagogia ufficiale, tutta protesa a privilegiare la sostanza piuttosto che la forma251. Una pedagogia “della lotta”. Al limite, un’”antipedagogia”: che però, come si accennava più sopra, è pur sempre una pedagogia. Una esperienza educativa concreta, che tuttavia non si esaurisce in se stessa, e che aspira d’altra parte a tradursi in una tecnica. Dal “negativo” al “positivo”, insomma; e dalla “quantità” alla “qualità”, ma pur sempre mediante una lotta e senza alcuna garanzia a A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico, cit., p. 384. N. SICILIANI DE CUMIS, I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, cit., p. 213. 251 A. BAGNATO, Makarenko oggi, cit., p. 39. 249 250 380 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 priori di successo, né di qualsivoglia uscita di sicurezza nel farsi per l’appunto del “Poema”252. La pedagogia di Makarenko può quindi anche essere considerata un’antipedagogia, perché c’è un rovesciamento dei ruoli in fatto di insegnamento e apprendimento; e infatti lo stesso autore afferma che i “grandi” hanno molto da imparare dai “piccoli”. I bambini più piccoli, insieme ai ragazzi migliori, incarnano la tradizione di tutta l’esperienza educativa. Questa antipedagogia si fonda anche sul rapporto tra adulti e bambini; educatore ed educando si modificano a vicenda e l’educatore impara insegnando253. L’educatore nel rieducare l’infanzia, rieduca se stesso: inventando e costruendo il suo ruolo educativo si ritrova ad essere egli stesso un uomo diverso. Vive quindi le fasi di una “seconda” infanzia”254. Makarenko, nel suo intento, non segue una vera e propria linea educativa, ma cerca di estrarre la teoria dai fatti accaduti. Infatti non esistono né potenzialità innate da sviluppare e né regole prestabilite da rispettare; bisogna solo “inventare” l’uomo nuovo. Un uomo nuovo che nasce come intenzione pedagogica e sarà la conferma di una produzione educativa. Secondo Makarenko bisogna estrarre la teoria dall’insieme dei fenomeni reali. Partendo dal rispetto e dall’amore per i suoi ragazzi, lui si basa sulla pratica e quindi sull’esperienza educativa. La tecnica si può dedurre soltanto dall’esperienza pratica. Le leggi per il taglio dei metalli non sarebbero mai state scoperte se nella storia umana nessuno si fosse mai messo a tagliare metalli. Solo quando esiste un’esperienza tecnica è possibile inventare, scegliere, scartare. La nostra produzione pedagogica non si è mai basata su criteri tecnologici, ma sempre secondo la logica del campo dell’educazione vera e propria, il semplice lavoro scolastico è un poco più facile255. N. SICILIANI DE CUMIS, I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, cit., p. 109. 253 Ivi, p. 212. 254 Ivi, p. 53. 255 A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico, cit., p. 458. 252 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 381 Si tratta di un’educazione volta a creare “l’uomo nuovo”. L’educatore stesso esercitando il suo ruolo, vive una seconda infanzia ed è costretto a diventare un uomo nuovo. Inoltre ritiene che l’educazione nella società sovietica non può basarsi sugli interessi personali del soggetto da educare, anzi, induce i componenti del collettivo a identificare il loro interesse con quello della totalità nel suo complesso e quindi bisogna tener conto di tutte le necessità politiche e sociali. 1.6.7. La nascita del collettivo e l’amputazione Nel Poema pedagogico il collettivo può essere considerato “l’eroe” in quanto il suo raggiungimento determina l’obiettivo che si è prefissa l’educazione, ossia la creazione dell’“uomo nuovo”. Per noi era ben poca cosa “redimere” semplicemente un uomo, ci toccava invece di educarlo in modo nuovo, perché si trasformasse non soltanto in un membro inoffensivo per la società, ma perché fosse in condizione di partecipare attivamente alla costruzione della nostra nuova epoca256. Collettivo visto come invenzione di una tecnica della formazione, o meglio collettivo inteso come tecnica del crescere di responsabilità. L’educazione comunitaria poggia sulla forza che il collettivo offre all’individuo nella gestione e conduzione delle diverse attività. Si lavora insieme, si vive insieme e si collabora a un bene comune. Così si impara a rispettare il prossimo e ad essere rispettato dal gruppo. Non c’è perdita di individualità, ma crescita di responsabilità. Ed è proprio l’assunzione di responsabilità che diventa metodo educativo ed esperienza formativa, perché indica la costruzione di un progetto, la presenza di ruoli e la partecipazione ad un percorso comune257. Crede fermamente nel collettivo: solo un’unione forte di gruppo che sviluppa sue proprie tradizioni e stile personale, è in grado di riportare nell’ambito della società i giovani delinquenti a lui affidati258. La nascita e la crescita del collettivo è in stretta relazione con la formazione delle singole personalità che lo costituiscono e viceversa. La Ivi, p. S. IMPOCO, Poema pedagogico. L’autore e il lettore: dalla colonia Gor’kij al Minerva Moda, cit., p. XVI. 258 Ivi, p. 121. 256 257 382 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 chiave interpretativa del Poema è quindi quella di offrire ai ragazzi delle attività gratificanti all’interno del gruppo al fine di garantire il rispetto delle regole e la definizione di una disciplina comune. Makarenko riesce a costruire una “personalità comune”, collettiva fra tutti i ragazzi che riescono a mettere da parte i propri individuali interessi e danno importanza alle superiori esigenze sociali della colonia: Non furono tanto le convinzioni morali o la rabbia, quanto questa lotta interessante e reale a dare i primi germi di un sano spirito collettivo. La sera si discuteva, si rideva e si fantasticava sulle nostre avventure. Le difficoltà ci rendevano uniti e solidali in un’unica entità chiamata «colonia Gor’kij»259. In questo progetto educativo, si individua nel collettivo lo strumento principale dell’educazione e infatti all’interno di esso deve svolgersi l’intera vita dei ragazzi, anche attraverso l’imposizione di una dura disciplina. - Scegliete, ragazzi, quello che vi conviene. Io non posso fare diversamente. Nella colonia ci deve essere disciplina. Se non vi piace, andate pure dove vi pare. Ma chi resta nella colonia deve condividere la disciplina. Scegliete260. La disciplina non è né una imposizione dall’alto né una teoria fine a se stessa. Nasce dai ragazzi, si diversifica con loro e con loro diviene nel tempo quello stile e quella tradizione tanto importanti per la pedagogia di Makarenko261. Un esempio è rappresentato dalla punizione data a Osaděij dopo aver picchiato un suo compagno: ‹‹-Te ne starai chiuso quattro giorni in calzoleria a pane e acqua262››. Infatti il metodo educativo di Makarenko prevede anche punizioni e egli stesso afferma: ‹‹Non sono capace di educare senza punizioni, è un’arte che nessuno mi ha ancora insegnato››. La vita del collettivo seguiva una rigida disciplina: fondata sull’educazione della personalità, l’istruzione obbligatoria e il lavoro. Alternando infatti la scuola al lavoro, o meglio, la teoria alla prassi, il lavoro intellettuale a quello manuale; i ragazzi trascorrevano metà della loro giorna- Ivi, p. 37. A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico, cit., p. 13. 261 S. IMPOCO, Poema pedagogico. L’autore e il lettore: dalla colonia Gor’kij al Minerva Moda, cit., p. 89. 262 Ivi, p. 94. 259 260 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 383 ta nelle aule a imparare le materie scolastiche e l’altra metà la trascorrevano lavorando. Makarenko crede nella virtù educatrice della vita di gruppo che deve essere intensamente e continuamente vissuta, che si pone degli obiettivi concreti che permettono la sopravvivenza del collettivo e si basa su regole che organizzano la vita quotidiana. Il collettivo non si riferiva solamente ai rieducandi della colonia, ma includeva anche gli educatori che erano coinvolti in tutte le varie attività dei ragazzi, infatti mangiavano insieme e alla sera era abitudine dell’educatore di turno sedersi sui letti dei ragazzi per ascoltare e raccontare storie. La collettività che piano piano si andava formando nella colonia, consisteva nella consapevolezza di ciò che era necessario fare per il bene della società e anche se era mantenuta con rigore, faceva leva sul senso di responsabilità personale e collettiva. I ragazzi svolgevano tutte le attività di cui avevano bisogno all’interno della colonia e i loro bisogni primari non avevano alcun motivo di incoraggiamento, perché questi bisogni erano indispensabili per la crescita del collettivo stesso; ed era una spontanea attività solidale che i giovani educandi svolgevano per aiutarsi gli uni con gli altri. I ragazzi capivano che il lavoro collettivo aveva il più alto valore sociale; e che doveva essere svolto con cura e precisione, perché il suo risultato andava a beneficio di tutti. Il collettivo rappresenta l’intera vita della colonia: autosufficenza economica e autoamministrazione, che provvedono al mantenimento del gruppo; convivenza di educatori ed educandi e organizzazione di reparti e gruppi di lavoro. Era organizzato fondamentalmente attorno al lavoro: dettato inizialmente dal bisogno di sopravvivenza della colonia, solo successivamente divenne una regola pedagogica. Si prefiggeva obiettivi produttivi ai quali tutti dovevano contribuire con il massimo impegno. Infatti la colonia veniva vista anche come un’organizzazione economica che doveva badare al suo mantenimento e al suo sviluppo, per far si che i giovani fossero stimolati a lavorare e a produrre: Caro, carissimo Commissariato del popolo per l’istruzione! Noi qui soffochiamo e abbiamo già fatto tutto quel che si poteva fare. Ancora sei mesi e diventeremo tutti psicopatici. Dateci qualcosa di grande, di tanto grande che ci faccia perdere la testa per il troppo lavoro. Possiamo dire che il collettivo è organizzato attorno al lavoro per necessità di sopravvivenza della colonia. Ma è anche una regola pedagogi- 384 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 ca composta da abitudini stabilizzate e valori solidi. Inoltre Makarenko dimostra che, nel collettivo, non c’è nessuna differenza né di età e né di sesso e quindi un’educazione mista può dare anche risultati migliori, in quanto tra i ragazzi e le ragazze si instaura un rapporto fraterno. L’individuo deve riuscire a mettere da parte i propri “individuali” interessi e deve dare importanza alle superiori esigenze sociali. Se l’integrazione nel collettivo non riesce, non rimane altro che l’espulsione, o amputazione come la definisce Makarenko. A volte bisogna predere delle dure e difficili decisioni che mettono a rischio lo stesso collettivo, ma che allo stesso tempo si cerca di difendere. Come ad esempio, nell’episodio in cui Mitjagin viene cacciato perché sembra non aver capito che non si dovevano commettere furti: No, Mitjagin, per far le cose per il meglio bisogna che tu ci lasci una buona volta in pace… Sei adulto ormai e non sarai mai d’accordo con me. È meglio che ci dividiamo263. L’allontanamento dalla colonia è una dura scelta di responsabilità, ma indispensabile per non danneggiare il collettivo. Makarenko capisce che l’atteggiamento di Mitjagin avrebbe potuto influenzare gli altri ragazzi e quindi distruggere il collettivo: ‹‹Ormai mi era chiaro che avevo permesso la nascita di un processo di putrefazione del collettivo››264. Perché spesso i “grandi” erano la guida e un modello da seguire per i più “piccoli”. A volte però i “ragazzi-educatori” non davano il buon esempio. Come appare in un altro episodio in cui vengono espulsi Mitjagin e Karabanov. Makarenko prende questa dolorosa decisione a malincuore, ma non può fare altrimenti: i bambini più piccoli avrebbero imitato il comportamento di Mitjagin e si sarebbe danneggiato anche il collettivo. Però con questa decisione il collettivo era stato in qualche modo danneggiato lo stesso. Infatti Mitjagin e Karabanov ‹‹erano integrati nella vita della colonia e rispondevano con energia ad ogni problema e ad ogni contrarietà della sua quotidianità››265, sicchè il loro allontanamento aveva provocato tristezza e noia in tutta la colonia. Possiamo considerare il Poema uno strumento per creare l’uomo nuovo, un mezzo per intervenire radicalmente in ambito pedagogico; in A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico, cit., p. 94. Ibidem. 265 Ivi, p. 154. 263 264 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 385 quanto tenta di costruire l’immagine dell’uomo che cresce attraverso la nascita e lo sviluppo del collettivo. 1.6.8. L’autobiografia Makarenko presenta l’autobiografia come strumento educativo, in riferimento ad una infanzia in formazione che muta rapidamente. Questa funzione parte dalla scoperta di sé da parte del bambino: motivazione, identificazione, consapevolezza, capacità di confronto, emulazione, capacità di decisione e di scelta, alla luce di un’esperienza umana esemplare che risulta essere quella di Gor’kij. La sua autobiografia educa il collettivo: i ragazzi riscrivono e vivono la loro infanzia giorno dopo giorno, alimentata dalle esperienze infantili di Gor’kij266. Le sue opere, in particolare i racconti della sua giovinezza e del vagabondaggio attraverso la Russia, sono il punto di riferimento più importante dell’opera di Makarenko267. Per capire fino in fondo il valore autobiografico del romanzo, bisogna far riferimento ancora una volta a Maksim Gor’kij. Il grande scrittore resta una figura immanente all’intera costruzione letteraria del Poema pedagogico e non a caso, la prima colonia è a lui intitolata. Quando egli visita la colonia e si intrattiene con i ragazzi poco prima che si compia il ciclo formativo e i migliori vadano a contribuire alla costruzione della società sovietica, come esempi viventi di uomini nuovi, si capisce la grande importanza che Makarenko attribuisce all’esperienza autobiografica del suo maestro268. 1.7. Le tematiche economico-finanziarie Altre tematiche importanti da analizzare, sono quelle economicofinanziarie perché la narrazione del romanzo è ambientata in una situazione di disagio e di povertà. Per questo prima di tutto, è bene chiarire la situazione della Russia in quel periodo. 1.7.1 La situazione economica e politica della Russia degli anni Venti (tra le due guerre) I bambini di Makarenko, l’infanzia di Gor’kij, in «Slavia», 2003, n. 2, p. 20. A. BAGNATO, Makarenko oggi. Educazione e lavoro tra collettivo pedagogico comunità e cooperative sociali, cit., p. 38. 268 Ivi, p. 42. 266 267 ID., 386 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 Agli inizi del Novecento il 70% della popolazione russa viveva nelle campagne. Le condizioni di vita dei contadini erano miserabili e la maggior parte dei terreni apparteneva ai kulaki (contadini agiati) o ai grandi proprietari terrieri. Nelle maggiori città (Mosca, Pietroburgo, Odessa) cominciava a nascere una classe operaia che viveva in condizioni non certo migliori di quelle dei contadini, orari prolungati e salari bassissimi. Nel febbraio del 1917 uno sciopero operaio e un’insurrezione di soldati fecero crollare l’impero degli zar. La delegittimazione del potere monarchico unì le forze dell’opposizione: - esponenti dell’aristocrazia liberale - borghesi del Partito Costituzionale Democratico - gruppi di ispirazione socialista rivoluzionaria, divisi in menscevichi guidati da Julij O. Martov e bolscevichi guidati da Lenin. Il dissenso fra questi due partiti verteva soprattutto sulla concezione del partito: per i bolscevichi doveva essere un ristretto manipolo di rivoluzionari fortemente centralizzato; per i menscevichi invece doveva trattarsi piuttosto di un’organizzazione aperta a tutti i simpatizzanti. I pareri dei due partiti erano contrastanti anche riguardo la rivoluzione. I bolscevichi credevano in una rivoluzione possibile e portata avanti dal proletariato, i menscevichi, riponendo la loro fiducia nella borghesia ritenevano che i tempi non fossero ancora pronti per la rivoluzione. Gli anni compresi tra il ‘18 e il ‘21 furono per la Russia sovietica gli anni di una guerra civile, che ebbe origine dallo scontro tra il nuovo gruppo dirigente capeggiato da Lenin e lo schieramento dei suoi nemici: nostalgici del vecchio regime zarista, forze liberali, mensceviche e socialrivoluzionarie che non avevano accettato il “colpo di forza” rappresentato dallo scioglimento dell’assemblea costituente nel gennaio 1918. Le armate bianche zariste ricevettero l’aiuto delle potenze capitalistiche occidentali (Italia, Inghilterra, Francia, America e Giappone che temevano le forze del comunismo). Lenin, invece, fronteggiò le lotte anti-bolsceviche con l’Armata Rossa, un esercito popolare diretto da ex ufficiali zaristi passati dalla parte della rivoluzione. La guerra civile produsse enormi perdite umane e materiali, ma al termine i bolscevichi riuscirono a sconfiggere i loro avversari. Durante la guerra, il governo bolscevico cercò di attuare una politica più energica e autoritaria, definita con il termine “comunismo di guer- Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 387 ra”. Cioè una forma di regime economico e sociale caratterizzato dal totale controllo statale della produzione e del commercio, visto come l’unico mezzo possibile per poter vincere la guerra civile. Lenin iniziò la sua opera garantendosi la fedeltà delle classi operaie urbane (cardini della forza bolscevica) e combattendo con il terrore qualsiasi opposizione. Ma il comunismo di guerra ebbe comunque effetti disastrosi sull’economia sovietica, tanto che crollò la produzione agricola e quella industriale, di conseguenza si manifestarono segni di malcontento popolare e quindi nacquero proteste non solo per la crescente miseria, ma anche per il carattere sempre più autoritario del sistema politico. A partire dal 1921, con la fine della guerra civile, il partito comunista sovietico abbandonò il comunismo di guerra e diede inizio a una nuova fase politica: Lenin istituì la Nep (Nuova politica economica) durante il decimo congresso del partito comunista a Mosca che aveva l’obiettivo di stimolare la produzione agricola e di favorire l’afflusso dei generi alimentari verso le città. La liberalizzazione si estese anche al commercio e alla piccola industria produttrice di beni di consumo. Lo Stato mantenne comunque il controllo delle banche e dei maggiori gruppi industriali. Gradualmente, uno strato di contadini benestanti chiamati kulaki, riuscirono a crearsi un minimo di patrimonio attraverso la vendita dei beni. Ciò era temuto dai dirigenti bolscevichi e dallo stesso Lenin in quanto speravano che non rinascesse il capitalismo. La classe operaia e urbana, invece, cardine del potere bolscevico, ebbe scarsi vantaggi. Venne stabilito l’assoluto divieto di opposizione all’interno del partito di Lenin e quindi anche l’opposizione dei menscevichi e dei socialrivoluzionari furono messi fuori gioco. Nasceva quindi una dittatura di partito. Nel 1922 nacque l’Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste (URSS) istituita dai congressi dei soviet delle singole repubbliche, poi nel 1924 fu elaborata una nuova costituzione che però riconosceva come partito legittimo solo quello comunista bolscevico. Nello stesso anno morì Lenin e gli succedette Stalin che nella sua ascesa al potere tra il ‘24 e il ‘27 mise gradualmente fuori gioco tutti i dirigenti sovietici. Stalin teorizzava l’inevitabilità del “socialismo in un paese solo” e la necessità di consolidare il regime sovietico in Russia data l’impossibilità di una rivoluzione mondiale. Iniziava così in Russia il lungo periodo dello stalinismo cioè della feroce dittatura della burocrazia di partito. 388 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 Iniziava anche l’epoca dell’industrializzazione a tappe forzate che avrebbe portato il Paese a diventare una delle più grandi potenze economiche e militari del mondo. Stalin operò alcune scelte fondamentali: la fine della Nep, la lotta contro i kulaki (accusati di far rinascere il capitalismo) la collettivizzazione forzata nelle campagne, l’industrializzazione a ritmi accelerati attraverso i “piani quinquennali”. Milioni di contadini furono costretti a entrare nelle fattorie collettive (kolchoz), la produzione agricola venne interamente requisita dallo stato e ogni forma di mercato privato venne vietata. Di conseguenza morirono milioni e milioni di persone soprattutto per le carestie, molti emigrarono spostati con la forza attraverso la repressione poliziesca. Fu promossa una rapida industrializzazione attraverso i piani di sviluppo quinquennali in modo di far convergere tutte le forze umane e materiali verso la stessa industria in quanto la Russia si sentiva sola e circondata da potenze capitalistiche. Il consolidamento del potere di Stalin raggiunse il massimo quando il totalitarismo staliniano manifestò tutta la sua brutalità: dopo l’assassinio del leader bolscevico Sergej Kirov, il governo staliniano diede inizio a grandi persecuzioni denominate “purghe” contro tutti gli oppositori. Allo scoppio della seconda guerra mondiale nel 1939 la Russia si trovò in una condizione di debolezza militare, ma il terrore staliniano continuò a colpire gente comune, milioni di operai, contadini e impiegati iscritti o no al partito comunista. Il totale delle vittime delle repressioni supera i venti milioni e molti non uccisi venivano portati nei campi di concentramento, i gulag. Stalin riprese la politica di repressione delle nazionalità minori, cioè di “russificazione” forzata, già praticata prima della rivoluzione dallo zarismo, che formava dei veri e propri insediamenti di interi popoli oltre a reprimere le loro autonomie. Questi tentativi, a breve termine riusciti, a lungo tempo però furono destinati a fallire, infatti non potevano resistere in quanto Stalin tentava di trasformare in breve tempo l’Unione Sovietica in potenza mondiale comprendendo in essa popolazioni troppo diverse fra loro e provenienti da troppi gruppi etnici diversi269. 269 Cfr. A. GIARDINA, G. SABBATUCCI, V. VIDOTTO, Profili storici, dal 1900 a oggi, (Casarile), Roma-Bari, Milano, Editori Laterza, 1999, pp. 120-130 (per approfondimenti su questi temi cfr. E. CARR, Storia della Russia sovietica, Torino, Einaudi, 1970). Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 389 1.7.2. La povertà Parlando di povertà, generalmente ci si riferisce ad una persona o ad una comunità di persone, che ha appena il necessario per vivere e spesso manca anche di quello. La povertà è motivo di preoccupazione poiché, le ingiustizie sociali sono cause di conflitti nella società e se, da un lato hanno spesso consentito l’evoluzione della società stessa verso forme più alte di convivenza civile ed anche verso strutture sociali più solide e più giuste, dall’altro hanno provocato guerre civili o violenze diffuse e generalizzate. La sconfitta della miseria aumenta il tenore di vita e quindi la capacità di consumo; consentendo, pertanto, uno sviluppo più armonico dell’economia. Nei riguardi della condizione dei minori e della tutela dei loro diritti, c’è sempre una grande preoccupazione. Le condizioni economiche e sociali inadatte per la crescita psicofisica dei fanciulli favoriscono: analfabetismo, evasione scolastica e babycriminalità. Sono queste le questioni che assillano l’universo dei bambini e degli adolescenti. In molti paesi i bambini muoiono per fame, per malattie dovute alla carenza o all’insufficienza di strutture igienico-sanitarie; altri non sanno ne leggere ne scrivere. L’analfabetismo e l’evasione scolastica nascono da un degrado sociale che spinge numerosi ragazzi a preferire la cultura della strada, piuttosto che la scuola. Le cause di queste condizioni, vanno ricercate anche nella povertà culturale, che fa smarrire il senso profondo di alcuni aspetti importanti della vita umana, come il diritto dei bambini e dei ragazzi a vivere pienamente la loro infanzia e la loro adolescenza; non privati delle risorse (il gioco, la socialità, l’educazione, la salute) indispensabili per una crescita sana e matura. Anche Makarenko si trova in una situazione analoga: perché la guerra e la rivoluzione seguente avevano distrutto regole sociali elementari e aumentato la presenza di bande di giovani delinquenti. Si trova davanti ragazzi segnati dalla guerra, inaspriti dalla miseria, sbandati e privi di ogni codice morale. Quindi nella sua impresa, concepisce e diffonde un modello educativo per il recupero sociale di giovani vagabondi e bambini abbandonati, rieducandoli al lavoro e alla convivenza civile. Gli stessi bambini diventano una risorsa preziosa per migliorare la situazione sociale, economica e culturale esistente, e trasformarla in una condizione migliore. Alla base c’è una profonda fiducia nelle potenziali- 390 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 tà e nella creatività umana. Perciò, l’educazione si rivela uno strumento fondamentale in questo senso: consiste in una liberazione delle capacità individuali in un progressivo sviluppo rivolto a scopi sociali270. Ancora oggi, stando ai recenti dati dell’Unicef, mentre l’economia mondiale cresce in modo esponenziale, il numero di persone che vivono in povertà è arrivato a oltre 1,2 miliardi, fra cui più di 600 milioni di bambini. Quando la povertà opprime la famiglia, sono proprio i bambini i più colpiti; e il loro diritto alla sopravvivenza, alla crescita ed allo sviluppo è messo gravemente a rischio. La carenza di cibo, infatti, genera una catena di fenomeni negativi per l’infanzia, che vanno dal ritiro dei figli da scuola (per limitare le spese e aumentare la manodopera familiare) al lavoro minorile, alla prostituzione occasionale o sistematica. Povertà è associata con fame, malattia, ignoranza, sfruttamento, disgregazione familiare e abbandono dell’infanzia271. 1.7.3 L’economia Durante la narrazione del Poema, ogni volta che si cerca di perseguire una certa finalità, si cerca di farlo con i minimi mezzi. In particolare con l’impiego razionale e misurato dei beni e dei mezzi che si hanno a disposizione; in modo da soddisfare i vari bisogni, ma evitando scompensi e sprechi. Di conseguenza, parlare di Makarenko e del Poema pedagogico non vuol dire soffermarsi sull’autore e sull’opera, ma sugli aspetti che caratterizzano l’uno e l’altra, in considerazione delle condizioni socioeconomiche della Russia; dove sono presenti la disgregazione sociale, il malessere individuale, l’emarginazione e la caduta di valori etici e morali272. L’esperienza educativa makarenkiana riporta il discorso direttamente alle cause dell’infanzia “senza tutela”: guerra civile, carestia, famiglie ed istituzioni sociali allo sbando, burocratizzazione dell’istruzione. Quindi, nel corso della storia, c’è dalle prime alle ultime pagine, un’infanzia della vita materiale, economico-commerciale e artigianal-industriale della colonia e non solo un’infanzia della vita culturale e morale. Dalla condizione di handicap sociale e morale dell’essere abbandonati e “senza tutela”, il racconto porta ad una nuova condizione umana ed R. RUGGIERO, Il “Poema pedagogico” come “romanzo d’infanzia”, in «Slavia», 2004, n. 1, pag. 108. 271 Ivi, p. 114. 272 A. BAGNATO, Makarenko oggi, cit., p. 35. 270 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 391 anche economica: «tra i ragazzi si erano già formati dei fabbri e dei falegnami e nelle nostre tasche tintinnava già qualche monetina»273. Si raggiunge, così, l’integrazione sociale e si arriva all’acquisizione di un alto livello di moralità e socialità. 1.8 Alcune interpretazioni di «Slavia»: rassegna di luoghi problematici riguardanti Makarenko274 Riportiamo qui di seguito alcune schede di lettura, che vogliamo “memorizzare” in vista di una rilettura critica più “interna” al contributo di «Slavia» sul “Makarenko didattico”, nel senso su esposto. In particolare, si tratta di proposte di indagini occasionali, che completano il quadro antologico di insieme e che stimolano riflessioni ulteriori. L’utilizzazione creativa di un’eredità pedagogica. A. S. Makarenko nell’educazione dei giovani futuri lavoratori. (1994, n. 4, p. 222). Per l’appunto da Makarenko in giù, se è vero che in tutto il mondo, Italia compresa, i besprizorniki (ragazzi abbandonati) assommano a molti milioni di unità e che i “benpensanti” sono purtroppo assai di più. Così per esempio in Russia, oggi, dove gli eventi precipitano e dove una seria rilettura del Poema pedagogico potrebbe forse aiutare… (1994, n. 4, p. 223). E, portando avanti l’indagine fuori dall’ambito cronologico esaminato, sembra già sufficiente rileggere le pagine sul “mangiare insieme” nel Poema pedagogico di Anton Semënovič Makarenko; e ritrovare in questi altri incredibili eppur veritieri specchi russale immagini riflesse di una diversa “tavola da pranzo”, di ben differenti “soluzioni di conflitti” sul terreno di un collettivo interiorizzato, ed in forza di una prospettiva filosofica e umana degna di essere fatta propria al di qua dell’utopia, nella realtà sociale, etico-politica, educativa di tutti i giorni. (1994, n. 4, p. 232). 273 274 A. S. MAKARENKO, Poema pedagogico, cit., p. 47. Non viene esplicitato l’autore, trattandosi sempre di Nicola Siciliani de Cu- mis. Le rubriche in questione comprendono testi eterogenei variamente presenti sotto i titoli: Schede, Recensioni, Rubriche. 392 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 E magari, tra l’altro, con nella testa il ricordo di quella straordinaria variazione sul tema, che è nella lettera del 10 luglio 1937 di Anton Semënovič Makarenko a Nikolaj Florovič Šeršnev: […] «E se ti tocca mettere in atto tenacia e audacia, questo dimostra soltanto che hai un’opera assai interessante da svolgere». E Makarenko? Egli prosegue sul filo della memoria: «Mi ricordo di quando ero alla colonia “Gor’kij”, pure allora occorrevano tenacia e pazienza soprattutto. Ricordo quanto “m’intristissi” nella solitudine, e poi è risultato che quello era stato il tempo più felice della mia vita […]». (1995, n. 3/4, pp. 226-227). Si prendano, per esempio, gli otto righi dedicati ad Anton Semënovič Makarenko e al suo Poema pedagogico (alle pp. 78 e 79). Ma davvero questo scrittore sui generis sta al posto giusto, se si colloca semplicemente nel quadro della «letteratura di persuasione ideologica» (per quanto illustre)? Non è, il “realismo” makarenkiano, un «realismo» di una specie particolare, e tale, per certi versi, da uscire dallo stesso genere letterario in questione? In ogni caso, è inesatto dire che, nel Poema pedagogico, Makarenko «descrive la sua esperienza come direttore della «Comune Dzeržinskij», dove vennero cresciuti orfani della guerra civile, trasformati da “criminali” in cittadini coscienti». È infatti della “Colonia Gor’kij”, che il romanzo racconta in quasi tutte le sue pagine (la Dzeržinskij compare solo alla fine dell’opera, e di essa Makarenko si occuperà altrove). Ed è ben altro, assai più ambizioso, l’obiettivo del racconto: non solo il “recupero” degli handicappati civili (besprizorniki), ma anche e soprattutto la sperimentazione di contenuti e forme poetiche “nuove” per un umanesimo “altro”. E c’è letteratura, anche autorevole al riguardo. (1997, n. 1, pp. 210-211). Il volumetto è bilingue, in russo e tedesco; ed è un esempio periodico delle attività-scientifiche permanenti del “Makarenko-Referat”, di cui in Italia resoconta da tempo, del resto collaborandovi autorevolmente, Bruno A. Bellerate (cfr. id., A. S. Makarenko oggi, in Pedagogia e vita, 1995, 1, pp. 11-30). In particolare, questo «Opuscolo makarenkiano» propone unitariamente per la prima volta, giacchè anticipazioni parziali già se ne avevano, una serie di documenti relativi alla vita reale della colonia “M. Gor’kij” nel periodo 1922-1928; e dunque concernenti l’effettività della attività pedagogica di Makarenko[…]. Nella seconda, in tre sezioni, testi relativi alla difesa makarenkiana di A. I. Ostapčenko, giudizi giornalieri e tecnico-istituzionali, una lettera di Makarenko ad un giornale (tutte cose databili 1927-28). Infine note filologiche e di commento. Fin qui i documenti dell’«Opuscolo», ed, immediatamente, il vantaggio di essere immessi nel doppio laboratorio makarenkiano, pedagogico e letterario, Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 393 sulla scorta di materiali di prima mano, che fanno chiarezza sulla genesi del Poema pedagogico. […] una questione, che rinvia non solo a precisi livelli di approfondimento filologico circa le fonti biografiche, storiografiche, emerografiche, esperenziali, poetiche ecc. del Makarenko autore […]. (1997, n. 1, pp. 216-217). E dall’Indice dei nomi è possibile accorgersi subito che, tra gli altri, risultano specificatamente al centro dell’attenzione autori come Konstantin S. Stanislavskij e Vsevolod E. Mejerchol’d […]. Significativi i riferimenti ad Aleksandr A. Bogdanov, a Maksim Gor’kij, e soprattutto a Asja Lacis e ad Anton Semënovič Makarenko… […] Si può rilevare la presenza di Makarenko nelle temperie della rivoluzione sovietica, le sue case comunità, i suoi rapporti con Gor’kij, il suo lavoro per le centinaia di ragazzi abbandonati; e ancora il suo modulo pedagogico, l’autogoverno, “le case per l’infanzia”, il gioco, l’assemblea e il collettivo educatore. (1997, n. 2, p. 213). È una sorta di maieutica che passa non solo per la presenza di voci sui letterati-educatori (Lev N. Tolstoj, Anton Semënovič Makarenko, Nikolaj Ognëv, Lidija Sejfullina ecc.), ma pure attraverso una quantità di altri riferimenti[…]. (1998, n. 2, p. 219). Le prospettive, la “prospettiva”: e ripensi anche al fatto che, proprio nel ’25, dopo un quinquennio di esperienze pedagogiche “alternative”, Anton Semënovič Makarenko incomincia a scrivere il Poema pedagogico (lo concluderà nel ’35)… (1998, n. 2, p. 225). A p. 713 - poniamo - la Pachlovska scrive di Anton Makarenko in questi termini, «Purtroppo, la scuola sovietica si rifarà ben presto alle teorie pedagogiche di Anton Makarenko, per il quale una sana istruzione propedeutica al mondo del lavoro deve cancellare le ubbie di una istruzione “borghese”. […]». Francamente dopo aver letto e riletto, e riletto ancora il Poema pedagogico di Makarenko, tutto si può ricavare, tranne che una linea politico-culturale e pedagogico-educativa del tipo di quella che si evince dal passo precedente. […]. Se una fissazione aveva, poi, Makarenko, essa consisteva proprio nella valorizzazione della competenza, della tecnica, di un’idea di specializzazione ben intesa, e dunque nell’elevamento generalizzato del livello di istruzione. Perfino la sua opposizione ai burocrati del partito e dell’istruzione popolare (la celebre critica 394 Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995 - 2010 all’ “Olimpo Pedagogico”, ma c’è ben altro), va rivisitata in un’ottica di filosofia dell’azione responsabilmente rigorosa, controllata, qualitativamente alta. Dice chiaro, a più riprese, che la quantità si faccia qualità. E proprio qui sta il nodo principale della sua “antipedagogia”. (1999, n. 2, pp. 215-216). Non direi però, semplicemente: «Il termine ‘collettivo’ è stato introdotto dalla pedagogia da Makarenko e sta ad indicare i gruppi educativi (o unità dell’educazione) nei quali i bambini e gli adolescenti (al pari degli adulti, nella vita sociale) vengono suddivisi non solo per ragioni organizzative, ma soprattutto per motivi ideologici e pedagogici. […] Ebbene proprio in un dizionario di pedagogia che vuole essere anche di scienze dell’educazione, non sarebbe stato bene precisare che il “collettivo” - ancor prima che da Makarenko - proviene dalla sociologia, dalla psicologia, che ha una tradizione in filosofia, e che in pedagogia può essere assunto metodologicamente come un “dover essere”? Inoltre: “ideologia” di Makarenko a parte, quanto di ideologico c’è, prima che in lui, nella formulazione del “collettivo” data da hebartiani e positivisti, e da spiritualisti e materialisti? E poi: quanto allo stesso Makarenko, siamo davvero sicuri che egli teorizzi, con la sottomissione al collettivo, la “rinuncia alla propria individualità”»? […] Infine, e più in generale: per il Dizionario nel suo insieme, non sarebbe stato un vantaggio dire di Makarenko (non di quello, com’è ovvio, di cui abbiamo in testa un semplice schema), almeno nelle voci Abbandono, ApprendereApprendimento, Autobiografia, Autogoverno, Avventura, Azione, Biografia, Bisogni, Carattere, Dialettica, Disciplina, Economia, Educabilità, Educazione estetica, Educazione morale, Etica, Finalità-Fini, Individualismo, Lavoro, Libertà, Lotta, Materiale, Materialismo-Materialistico, Mezzo-i, Prospettiva, Qualità, Quantità, Responsabilità, Rischio-Rischiare, Riso, Risorsa, Rotazione, Sentimenti, Sovrastruttura, Stile, Struttura, Teatro-Teatrale, Umorismo, Vita, ecc. ecc.? (2000, n. 1, pp. 223-224). A p. 121, presentando Anton Semënovič Makarenko e il Poema pedagogico (tradotto in italiano anche, nel 1985, per le edizioni Raduga, di Mosca), questa domanda: quali le eventuali edizioni e traduzioni parziali del romanzo?... (2003, n. 1, p. 190). Cronostoria di una riscoperta. Il Poema pedagogico di A. S. Makarenko Francesca Romana Nocchi Non sempre il mestiere di docente è interpretato in maniera costruttiva: è, infatti, un'operazione piuttosto complessa riuscire a trovare un equilibrio fra la giusta valorizzazione delle proprie competenze e lo spazio deputato allo sviluppo di quelle altrui; significa, direbbe il filosofo Seneca, porsi nella condizione di chi è ancora in cammino verso il sapere ed ha tanto da dare e da dire ai giovani, ma è pronto anche ad imparare da loro275, cogliendo e valorizzando la diversità delle prospettive. È proprio questo che ha realizzato Nicola Siciliani de Cumis con questa nuova edizione del Poema pedagogico di Anton Semënovič Makarenko276, il cui valore consiste non solo nell'accurato lavoro filologico277 sotteso alla ricostruzione e resa del testo in italiano, ma nel metodo pedagogico impiegato per la sua realizzazione: ed è proprio su questo aspetto "poiematico" che occorre soffermarsi per poterne apprezzare pienamente l'aderenza al testo ed al suo più profondo significato. Siciliani, infatti, ha riattualizzato la prospettiva makarenkiana attraverso la realizzazione di un lavoro collettivo grazie al quale ogni allievo si sentisse partecipe di un progetto comune: la dialettica fra risultato individuale (l'esame e l'elaborato scritto) e prospettiva collettiva (la nuova edizione del Poema) ha costituito l’elemento innovativo che ha caratterizzato il suo metodo, insieme alla compenetrazione fra tecnica e sperimentazione. Si tratta, essenzialmente, di un insegnamento dativo, che non si accontenta di risulQuesto aspetto, particolarmente evidente nella pratica educativa di A. S. Makarenko, è stato mutuato da N. Siciliani de Cumis, che sottolinea come i giovani, espressione più genuina di "vita", costituiscano una "garanzia di misura della validità di un'azione formativa" (N. Siciliani de Cumis, I bambini di Makarenko, tra “pedagogia” e “antipedagogia”, in G. Cives, M. Corda Costa, M. Fattori, N. Siciliani de Cumis [a cura di], Evaluation. Studi in onore di Aldo Visalberghi, Caltanissetta-Roma, Sciascia, 2002, p. 363). 276 A. S. Makarenko, Poema pedagogico. A cura di N. Siciliani de Cumis. Con la collaborazione di F. Craba, H. Hupalo, E. Konovalenko, O. Leskova, E. Mattia, B. Paternò, A. Rybčenko, M. Ugarova e degli studenti dei corsi di Pedagogia generale I nell'Università di Roma "La Sapienza" 1992-2009, Roma, L'albatros, 2009, d'ora in poi l'edizione sarà citata con l'abbreviazione Makarenko3. 277 Ibidem, pp. LXIV-LXV; LXVIII-LXVIX. 275 396 Cronistoria di una riscoperta – Il Poema pedagogico di A. S. Makarenko tati parziali (i libri pubblicati anche con la collaborazione degli allievi), ma che è alla continua ricerca di “prospettive” di maggior respiro, nella convinzione delle enormi potenzialità che i giovani possiedono e nel timore che esse vadano perdute se non stimolate adeguatamente. Non ricordo neppure un’occasione in cui, recatami da Siciliani, non mi sia stato offerto uno spunto di lavoro: una fucina di idee espresse con entusiasmo ed una capacità di individuare le attitudini di ciascuno veicolandole verso la “costruzione”. Le centinaia di “tesine” o tesi di laurea278 su Makarenko, sono nate sempre da spunti offerti dagli stessi allievi, preferenze e suggestioni che Siciliani ha guidato verso la realizzazione di un elaborato organico, con i frequenti incontri individuali e quelli “collettivi” del sabato, in cui la didattica del confronto trova piena attuazione e dai quali è impossibile allontanarsi senza aver ricavato un qualsiasi insegnamento, sia pur in termini di contenuti umani. È proprio questa impostazione metodologica che ha guidato la realizzazione della nuova edizione del Poema pedagogico, la più vicina all’intento originale proprio perché realizzata da chi ha compreso a pieno le idee pedagogiche dell’autore. Una comprensione profonda che va al di là della situazione storicopolitica e che rispecchia un ottimismo pedagogico e la fiducia verso l’uomo279. La nuova edizione, vero prodotto di un “collettivo” nel senso più makarenkiano del termine, è passata attraverso diverse fasi di riflessione e rielaborazione ed ha prodotto dei risultati anche in ambiti collaterali: ha richiesto, infatti, una seria analisi di carattere filologico, condotta a più livelli da allievi e dallo stesso Siciliani a partire dal testo in italiano, russo e dalle edizioni in lingue moderne, nell’intento di realizzare un risultato il più possibile aderente alle intenzioni dell’autore. Questo ha determinato una profonda riflessione sull’attività del traduttore, di cui gli allievi sono stati resi attivamente partecipi nell’ambito dei corsi e nell’elaborazione dell’opera. A questo si sono aggiunti approfondimenti di carattere interculturale, che hanno permesso di andare oltre l’aspetto meramente letterario e di evidenziare le connessioni con ulteriori ambiti culturologici, ad esempio l’interdipendenza fra la stesura del romanzo ed il cinema, in particolare la pellicola di N. V. Ekk, Il cammino verso la vita, curiosamente uscita nel 1931, prima della pubblicazione di parte del Di esse il prof. Siciliani rende conto a più riprese, da ultimo nella sua Introduzione alla nuova edizione. 279 Cfr. A. S. Makarenko, I miei principi pedagogici, «Rassegna Sovietica», 14, 1951, p. 22. 278 Cronistoria di una riscoperta – Il Poema pedagogico di A. S. Makarenko 397 romanzo, ma che con essa ha numerose relazioni280; molteplici, inoltre, sono stati i confronti fra Makarenko ed altri autori che con lui condividevano idee, spunti, interessi281. Numerosi stimoli, infine, provenivano dai problemi sollevati dalla lettura del romanzo in ordine al rapporto, ad esempio, fra educazione e teatro, scuola e lavoro, sulla disabilità, sul ruolo della famiglia. Questo lavoro, connotato fondamentalmente da una componente sperimentale, creativa e motivante, ha implicato anche l’acquisizione da parte degli allievi di competenze scientifiche rigorose, che Nicola Siciliani ha costantemente sollecitato guidando sia l’attività di ricerca che l’elaborazione scritta e stimolando negli allievi la capacità critica attraverso una lettura consapevole del testo. Il risultato più prezioso prodotto da questo sforzo sinergico di insegnante e studente è stato quello di sollecitare l’interesse e la curiosità per l’attività di ricerca, la fiducia nella possibilità di parteciparvi secondo le proprie possibilità e 280 Si veda, a questo proposito, D. Scalzo, Per un confronto tra il "Poema pedagogico" di A. S. Makarenko e "Verso la vita" di N. V. Ekk, in N. Siciliani de Cumis, con la collaborazione di V. Cannas, E. Medolla, V. Orsomarso, D. Scalzo, T. Tomassetti, ItaliaUrss/Russia-Italia. Tra culturologia ed educazione, Roma, Quaderni di Slavia/1, 2001, pp. 349-402; più di recente N. Siciliani de Cumis (a cura di), Il «Professor Makarenko» tra romanzo e film, «Pedagogia e vita» 68, 2010, pp. 200-209, in cui la prospettiva educativa makarenkiana viene accostata a quella del cartone animato Ratatouille. 281 A questi confronti il Prof. Siciliani ha dedicato numerosi Corsi di Terminologia pedagogica e di Pedagogia generale I, che hanno portato alla produzione di altrettanto numerose tesine e tesi di laurea su Makarenko, Labriola, Montessori, Dewey, Gramsci, Don Milani, Muhammad Yunus, scrupolosamente elencate in N. Siciliani de Cumis, Il "Makarenko didattico" nell'Università «La Sapienza» di Roma, «Slavia» 2, 2008, 571-583 ed inoltre selezionate e raccolte in Id. (a cura di), Makarenko "didattico" 2002-2009. Tra pedagogia e antipedagogia, Roma, Nuova Cultura, 2009, presente anche in http://www.makarenko.it. La scelta di pubblicare questi lavori nasce dalla convinzione che il modo più autentico di valutare la qualità del lavoro dei docenti universitari sia quello di pubblicare i risultati della loro didattica. A Siciliani si deve anche uno studio specifico sui possibili scambi ideologici fra Dewey e Makarenko in Italia-Urss, cit., pp. 259-267, il cui pregio consiste nella cautela e precisione dell'indagine filologica con cui viene condotta la ricognizione delle suggestioni reciproche; per un accostamento fra le riflessioni di M. M. Bachtin e Makarenko riguardo al romanzo di educazione e al tema dell'infanzia, cfr. N. Siciliani de Cumis, Su Bachtin, Makarenko e il Poema Pedagogico come "romanzo d'infanzia", «Slavia» 2, 2001, pp. 77-87; infine, è dello stesso autore I figli del papuano. Cultura, culture, intercultura, interculture da Labriola a Makarenko, Gramsci, Yunus, Milano, Edizioni Unicopli, 2010, frutto di una raccolta di saggi di carattere "interculturale" nel senso lato del termine, ovvero di uno scambio "alla pari" fra culture differenti e fra docente e allievi. 398 Cronistoria di una riscoperta – Il Poema pedagogico di A. S. Makarenko attitudini personali, l’idea che essa non sia un ambito riservato ad un’élite ristretta. Occorre, inoltre, ricordare che questa terza edizione ha riproposto la riflessione su alcuni problemi pedagogici della nostra epoca: Makarenko, infatti, nel progettare le proprie innovazioni pedagogiche e nello sperimentarle, si interroga sull'efficacia di un insegnamento orientato sullo sviluppo della personalità e sulla cura dei risvolti psicologici, un insegnamento creativo e volto all'incremento di competenze, piuttosto che mero travaso di informazioni. In particolare, la sua battaglia "antipedagogica" contro un'educazione "tradizionale", ribadisce la necessità di una formazione complessiva dell'uomo, che si fondi sull'impiego di una tecnica calibrata in base all'esperienza. A chi esercita oggi il difficile mestiere dell'insegnante e vive la traumatica esperienza della riforma, questa lettura potrà offrire interessanti spunti di meditazione. Infine, l’opera contiene alcune sezioni mai tradotte prima e due capitoli assenti nelle due versioni italiane che l’hanno preceduta, fondamentali per la comprensione degli ideali pedagogici makarenkiani e strettamente connessi al tessuto del romanzo. Solo ripercorrendo le tappe fondamentali della stesura di questa terza edizione italiana del Poema si può comprendere a fondo lo spirito collettivo che la pervade e lo stretto legame fra ricerca e didattica militante di cui essa è frutto. Innanzitutto va detto che l'impresa di restituire un testo che fosse il più possibile "autentico", nonostante i limiti già insiti nella complessa opera di traduzione in un'altra lingua, non era, già nelle sue premesse, cosa facile ed ha richiesto un accurato lavoro di ricostruzione filologica. La storia del testo makarenkiano, infatti, è piuttosto complessa: l'opera subì numerosi rimaneggiamenti ancor prima della morte dell'autore e non solo di sua mano. Già nella pubblicazione a puntate della prima parte del Poema nella rivista "Al'manach" nel 1933, diretta da Gor'kij, l'opera fu oggetto di gravi decurtazioni; anche in occasione dell'edizione completa del 1937 vennero cancellati interi episodi ad opera della moglie di Makarenko282. Queste "varianti" hanno prodotto nella storia della tradizione del testo gravi guasti e travisamenti interpretativi: in particolare, i cambiamenti apportati da chi non aveva seguito la lunga gestazione del Poema e non aveva vissuto la profonda esperienza formativa di Makarenko come scrittore ed educatore, finirono per modificare il senso originario dell'opera, proprio a causa del nesso inscindibile fra 282 Di queste prime vicende editoriali rende puntualmente conto B. Paternò, Intorno al "Poema pedagogico" di A. S. Makarenko, «Slavia» 3/4, 1995, pp. 18-19. Cronistoria di una riscoperta – Il Poema pedagogico di A. S. Makarenko 399 forma e contenuto e fra singole parti e l'intero romanzo, rompendo un equilibrio che l'autore aveva creato con una difficile armonizzazione delle parti. Come si vedrà, un importante punto di riferimento per la ricostruzione della versione italiana del Poema è stata l'edizione critica tedesca di Marburgo283, vero lavoro di équipe il cui testo è frutto di un confronto accurato fra le varianti contenute nell'edizione accademica russa del 1950, fino ad allora la più autorevole, e le edizioni ad essa precedenti. Lo studio scientifico ha evidenziato anche che numerosi cambiamenti apportati alla lezione del testo erano del tutto dissonanti rispetto alle intenzioni originarie dell'autore, deducibili dal manoscritto e dai suoi appunti. Traendo importanti spunti anche da questo lavoro, Siciliani de Cumis ha dato inizio alla paziente opera di ricostruzione della genesi dell'opera, del suo farsi nella mente dell'autore, evidenziando anche i motivi della sua attualità284. Prima fase della lunga gestazione, che ha comportato più di 15 anni di lavoro per la Prima Cattedra di Pedagogia dell’Università “La Sapienza” (ancora un aspetto che accomuna l’opera di Siciliani e quella di Makarenko), sono state, a partire dai primi anni Novanta, le esercitazioni di confronto fra la prima285 e la seconda edizione italiana286 del romanzo ad A. S. Makarenko, Gesammelte Werke, hrsg. von L. Froese, G. Hillig, S. Weitz u. a., Ravensburg, Otto Maier Verlag, 1976. Questa edizione venne curata da un gruppo di ricerca, il Makarenko-Referat, che lavorava per il Centro di ricerche di educazione comparata, formatosi nel 1968. Sul lavoro compiuto da questa commissione si veda B. Bellerate, Sarà la buona volta? L'edizione critica del "Poema pedagogico" makarenkiano, «Orientamenti pedagogici» 1983-1984, pp. 703-706, e Id., A. S. Makarenko oggi, «Pedagogia e vita» 1, 1995, pp. 11-30. 284 Un proposito che N. Siciliani de Cumis aveva esplicitato per la prima volta in Per una nuova edizione del Poema Pedagogico di Makarenko, «Scuola e città» 4, 1997, pp. 157-161, pur avendo già iniziato a lavorarvi da circa quattro anni. 285 A. S. Makarenko, Poema pedagogico, trad. it. a cura di L. Laghezza, Roma, Edizioni Rinascita, 1952; l'opera presenta un'ampia introduzione di L. Lombardo Radice (riprodotta in Appendice alla terza edizione a cura di Siciliani, pp. XLI-LVIII), ma la traduzione si fonda sull'edizione sovietica del 1947 che, oltre a contenere numerosi errori materiali ed interpretativi, ha apportato notevoli variazioni al testo originario, per lo più indotte da una censura moralistica. 286 A. S. Makarenko, Poema pedagogico, trad. it. a cura di S. Reggio, Mosca, Raduga, 1985. Anche questa edizione non è esente da difetti: nonostante il maggiore rispetto dell'originale, manca un'accurata contestualizzazione della resa terminologica e sono assenti spiegazioni, pur minime, delle scelte editoriali e le note al testo. Su questo argomento cfr. N. Siciliani de Cumis, Per una nuova edizione del Poema pedagogico di Makarenko, cit., p. 160. C'è da dire, però, che la stessa casa editrice aveva 283 400 Cronistoria di una riscoperta – Il Poema pedagogico di A. S. Makarenko opera degli allievi, sotto la supervisione di Siciliani287. Man mano che emergevano gli spunti dalla lettura del Poema, eseguita a lezione prima dallo stesso docente, poi dagli studenti, sempre più coinvolti fattivamente nel rendere conto delle proprie acquisizioni288, Siciliani cominciava il lento e scrupoloso lavoro di traduzione di alcune sezioni scelte dell'opera, sulla base dell'edizione dell'Accademia delle Scienze di Mosca. L'opera di mediazione connaturata all'attività del traduttore è stata da lui incessantemente finalizzata a penetrare le intenzioni originarie di Makarenko, uno sforzo che, a detta di Pirandello, accomuna illustratori, attori e traduttori289, ma con un risultato che è andato ben oltre le aspettative dello scrittore siciliano, perché sorretto sempre da un profondo rispetto del dettato d'autore. Un esempio emblematico in questo senso è offerto dall'attenzione per l'uso dell'interpunzione e per i travisamenti a cui essa può indurre: il confronto fra l'edizione Raduga e l'originale russo ha permesso di evidenziare le notevoli modifiche apportate al testo dalle scelte ingiustificate dei traduttori italiani, restituendogli il suo significato autentico290. Da un punto di vista squisitamente pedagogico l'operazione di confronto e di traduzione ha suscitato negli allievi un forte entusiasmo, tanto che alcuni di loro hanno intrapreso lo studio della lingua russa per una comprensione più profonda e immediata dell'originale291 e questa passione contagiosa è stato poi il movente principale che ha condotto alla realizzazione della terza edizione italiana del Poema. Il lavoro, inoltre, sollecitato il contributo dei lettori ad integrare le mancanze di questa edizione, premettendo una nota al testo: «Le Edizioni Raduga saranno molto riconoscenti a quanti vorranno comunicare la loro opinione sul contenuto, la traduzione e la presentazione di questo libro». 287 Sul lento processo di avvicinamento e la riscoperta del testo makarenkiano, nonché la correzione dei numerosi errori presenti nella pur pregevole edizione di Reggio, si veda Makarenko3, pp. LXIV-LXV. 288 Una cura particolare è stata dedicata alla valorizzazione dell'originalità e delle competenze specifiche: alcune traduzioni, ad esempio, sono state eseguite in dialetto, in altri lavori, invece, sono state proficuamente impiegate le competenze sceniche o poetiche degli studenti. 289 L. Pirandello, Illustratori, traduttori e attori, 1907, in L. Pirandello, Saggi e Interventi, a cura di F. Taviani, Milano, Mondadori, 2006, pp. 643 ss. 290 Cfr. Makarenko3, p. LXIV. 291 Da questo interesse crescente nascono anche alcuni lavori di approfondimento su temi specifici relativi al contesto storico-culturale del Poema, per i quali cfr. Makarenko3, p. LXV, n. 52. Cronistoria di una riscoperta – Il Poema pedagogico di A. S. Makarenko 401 ha comportato per gli studenti l'acquisizione di conoscenze teoriche sull'operazione traduttiva292 e competenze pratiche, raggiunte attraverso l'impiego di un metodo filologico applicato al testo: all'individuazione dei principali nuclei concettuali contenuti nel romanzo, infatti, si è aggiunta un'attenta analisi del valore semantico dei termini chiave debitamente contestualizzati293. Sono stati condotti, inoltre, studi specifici sulla terminologia tecnica legata all'infanzia, che hanno condotto gli allievi ad una maggiore consapevolezza delle scelte lessicali dell'autore. Il raffronto fra le due edizioni ha permesso di affinare le capacità interpretative attraverso l'individuazione delle differenze. In questa operazione euristica di riscoperta del senso originario, ha costituito un tassello indispensabile l'edizione bilingue di Marburgo, che ha implicato da parte di Nicola Siciliani una nuova impresa traduttiva. L'edizione offriva il vantaggio di possedere un apparato critico in cui erano fedelmente registrate tutte le varianti al testo presenti nell'edizione accademica ed in quelle russe ad essa precedenti, nonché nella versione in ucraino; a questi preziosi strumenti filologici si aggiungeva un ampio commento informativo sulla genesi e sulla diffusione dell'opera. Questa volta, però, Siciliani de Cumis non si accontenta della propria traduzione, ma ricorre alla consulenza di allieve madrelingua russe o ucraine e di collaboratori esterni, a cui sottopone sistematicamente i risultati del proprio lavoro ed i propri dubbi: è in questa occasione, inoltre, che diviene consapevole della presenza di numerosi ucrainismi nel Poema, elemento del tutto ignoto fino ad allora. Alla fine degli anni novanta e all'inizio del millennio, quindi, risalgono le collaborazioni con Olga Leskova, Elena Konovalenko, Anna Rybčenko, le numerose letture e riletture del Poema ed i confronti fra il Makarenko tedesco e l'edizione Raduga294: la traduzione ancora provvisoria cui Siciliani giunge in questi anni, infatti, nasce dal tentativo di rispettare il più possibile questa seconda versione 292 I cui frutti, ad esempio, sono stati messi in luce nella tesi di Laurea in Pedagogia generale di O. Leskova, Il traduttore come mediatore fra le culture. A proposito del Poema pedagogico di A. S. Makarenko (Relatore: N. Siciliani de Cumis – Correlatori: P. Ferretti e M. S. Veggetti), Università degli Studi «La Sapienza» di Roma, Anno accademico 2003-2004. 293 Cfr. Makarenko3, p. LXV. 294 Gli avanzamenti negli studi di questi anni sono stati puntualmente riferiti da N. Siciliani de Cumis in Italia-Urss, cit., in particolare nel saggio qui raccolto, Makarenko a sessanta anni dalla morte. Il "gioco", le "scritture bambine" e il "banchiere dei poveri", pp. 225-258. 402 Cronistoria di una riscoperta – Il Poema pedagogico di A. S. Makarenko italiana da lui molto apprezzata295, tenendo conto, però, dei nuovi materiali messi a disposizione dall'edizione bilingue. L'opera tedesca, infatti, oltre a possedere un valore di natura eminentemente storico-filologica, ha permesso di riscoprire l’importanza degli attuali capp. 11 e 13 (parte I), per la cui traduzione Siciliani si è avvalso, oltre che dell'originale russo, anche dell'importante contributo di Beatrice Parternò, fine conoscitrice della lingua tedesca. Anche in questo caso l'operazione di palingenesi è stata determinante per avvicinare il pensiero pedagogico di Makarenko. I capitoli, infatti, contengono alcune idee in nuce che pur trovando il loro sviluppo in sezioni successive dell'opera, sono fondamentali per comprendere la nascita del pensiero pedagogico dell'autore, come tasselli di un puzzle senza i quali non può essere restituita l'immagine completa: anche questa riscoperta, dunque, può essere a diritto considerata "filologica" in senso stretto, in quanto funzionale alla ricostruzione del testo originario296. Nel cap. 11, infatti, di natura eminentemente narrativa, Makarenko racconta un episodio di "cameratismo" fra i suoi colonisti ai danni delle "autorità", episodio che egli, pur non rendendosene attivamente complice, lascia sfilare di fronte ai suoi occhi senza intervenire con azioni punitive, limitandosi cioè ad osservare. Ciò che a Makarenko interessa è studiare le reazioni dei besprizornye di fronte alle aggressioni esterne, lo spirito di corpo, l'importanza del mutuo aiuto, il senso di appartenenza ad una comunità da difendere: sono i primi segni della nascita di un collettivo. Lo scrittore-pedagogo sta sperimentando e la Battaglia al lago Rakitno costituisce una tappa di questo processo. Il cap. 13, Sulle strade accidentate della pedagogia, più riflessivo, mostra alcune idee che saranno riprese ed approfondite in Ai piedi dell'Olimpo (parte III, cap. 10). L'autore si interroga su quale organizzazione dare alla colonia e soprattutto su quale tipo di lavoro sia più "formativo" in senso sociale. È proprio questo il momento in cui balena nella sua mente l'idea di un nuovo tipo di educazione, lontana dai falsi moralismi coercitivi, ma anche dal liberismo e ottimismo pedagogico e dall'abuso che di tali ideologie veniva fatto in Russia. Questo superamento dell'ottica individuale in virtù di Si veda, a questo proposito, quanto riferito dallo stesso curatore in Makarenko3, p. LXIV. 296 Sull'importanza di questi capitoli N. Siciliani de Cumis si sofferma in Questo Makarenko, «Slavia» 3/4, 1995, pp. 3-16, evidenziando la ricchezza dei temi presenti in confronto alle problematiche complessive affrontate nel romanzo; l'argomento è ripreso anche nell'Introduzione dello stesso autore alla terza edizione del Poema, p. LXIII, n. 46. I capitoli furono pubblicati per la prima volta in italiano in «Slavia», 3/4, 1995, pp. 21-34. 295 Cronistoria di una riscoperta – Il Poema pedagogico di A. S. Makarenko 403 una visione più ampia e collettiva, che spinge addirittura Makarenko a ridimensionare i singoli crimini in virtù di una "prospettiva" pedagogica di gruppo, è probabilmente il motivo che ha indotto la censura moralistica del capitolo. In realtà esso è determinante per comprendere gli sviluppi del pensiero pedagogico makarenkiano e le modalità della sua genesi: in esso, infatti, si affacciano idee-chiave per l'interpretazione degli episodi successivi. L'autore parla per la prima volta dell'importanza della tecnica pedagogica e dell'esperienza pratica, della motivazione, delle connessioni tra formazione morale e progresso economico. In un'opera in cui il carattere poiematico è parte integrante del sostrato letterario e pedagogico, sottrarre questi due capitoli significherebbe tradirne la natura stessa ed il carattere sperimentale; la scelta di reinserirli nella loro posizione originaria, dunque, costituisce una tappa ulteriore di avvicinamento all'autore297. Fra le traduzioni in lingua straniera del Poema pedagogico è bene ricordare il rifacimento in inglese, The road to life298, che ha riscosso un certo interesse fra gli allievi e fornito utili informazioni per il lavoro di ricostruzione testuale: la traduzione, effettuata da madrelingua ucraine, più sensibili alla polisemia dell'originale e per questo maggiormente fedeli alla resa terminologica del significato specifico, oltre a far risaltare aspetti di natura stilistica e contenutistica, ha permesso di sfruttare le potenzialità espressive insite nella lingua inglese per rilevare alcune sfumature che nelle edizioni italiane precedenti potevano non essere state colte299. Nell'edizione dell'Accademia delle scienze sovietiche del 1950 comparivano in Appendice. 298 A. S. Makarenko, The road to life (An epic education), I-II, transl. by Ivy and Tatiana Litvinov, Moscow, Foreign Languages Publishing House, 1951: il titolo è tratto dall'edizione americana del film di N. V. Ekk, uscita nel 1933 e presentata da J. Dewey (cfr. J. Bowen, Soviet education. Makarenko and the Years of Experiment, 1962, trad. it. di A. Mondolfo, Roma, La Nuova Italia, 1973, pp. 5-7). Solo a titolo esemplificativo si può citare, fra i numerosi lavori condotti su questa versione in inglese del Poema il contributo di S. Pellegrini, Makarenko in inglese e in italiano, «Slavia» 2, 2004, pp. 171-216, ma numerosi altri controlli sono stati realizzati (quelli, per esempio, di Francesca Craba e di Irene Vaccaro), sebbene non siano giunti alle stampe. In realtà esiste un'altra edizione in inglese precedente a questa (Road to life: transl. by Stefen Garry, London 1936), che non presenta, però, alcuna utilità ai fini della riscoperta del testo makarenkiano. 299 Ulteriori confronti sono stati operati sulla base di brani selezionati con le edizioni in lingua francese, greca, spagnola, polacca, albanese, ungherese, a seconda delle suggestioni e degli apporti da parte di studenti stranieri appartenenti a queste 297 404 Cronistoria di una riscoperta – Il Poema pedagogico di A. S. Makarenko Nel 2002 venivano pubblicati I bambini di Makarenko300, frutto di lavori di approfondimento sul romanzo compiuti da Siciliani con la collaborazione degli allievi, un libro che, a detta dello stesso autore, ha permesso di mettere a fuoco alcune acquisizioni sul pensiero dell'educatore ucraino che, se pur provvisorie, sono divenute nuovi punti di partenza per lo studio di Makarenko. Il saggio ha costituito una tappa importante anche per la realizzazione della nuova edizione del Poema, in quanto ha condotto ad una comprensione più autenticamente makarenkiana della nozione di "infanzia", attraverso un'indagine di natura lessicale ed interpretativa. Un’ulteriore fase che connota lo “sperimentalismo” didattico di Siciliani de Cumis, elemento che lo avvicina ancor più allo scrittore ucraino, ha visto gli allievi cimentarsi in esercizi di “intercultura”, ovvero traduzioni di alcune sezioni dell’opera direttamente dall’originale con l’aiuto di specialisti: un'esperienza utile a sviluppare nuove competenze, nella convinzione che “avanzare il maggior numero di esigenze nei confronti del ragazzo, ma nello stesso tempo dimostrargli il massimo rispetto” sia il miglior metodo per produrre il suo progresso301. L'inattesa pubblicazione nel 2003 di una nuova edizione russa302, contenente sezioni sconosciute del romanzo, ha richiesto per la terza volta uno sforzo traduttivo ed una rilettura integrale dell’opera: le integrazioni di ulteriori brani, puntualmente riportate nell'edizione di Siciliani, sono state indispensabili per restituire al testo la sua autenticità303. Non è un caso, probabilmente, che i loci inediti siano contenuti soprattutto nel capitolo Ai piedi dell'Olimpo: ancora una volta si tratta di sezioni in cui l'autore si espone presentando la propria antipedagogia. L'edizione russa, per di più, giunge a conoscenza di Siciliani molto tempo dopo la sua pubblicazione, quando ormai il nuovo Poema pedagogico sta per essere dato alla stampa: Siciliani, allora, si dedica a quest'ultimo sforzo di tranazionalità (cfr. N. Siciliani de Cumis, Premessa per una nuova edizione del Poema Pedagogico di A. S. Makarenko, «Slavia» 1, 2008, pp. 564-565). 300 N. Siciliani de Cumis, I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come "romanzo di infanzia", Roma, Edizioni ETS, 2002. 301 A. S. Makarenko, I miei principi pedagogici, cit., p. 22. 302A. S. Makarenko, Pedagogičeskaja poema, Moskva, ITRK, 2003, accessibile in rete all'indirizzo http://www.2lib.ru/getbook/7089.html 303 N. Siciliani de Cumis nell'Introduzione alla terza edizione del Poema, pp. LXXVIII-LXXXI, riporta anche un elenco dei passi tradotti dall'edizione russa del 2003 che presentano tuttora problemi di carattere interpretativo: l'intento è di trovar loro esatta collocazione nell'opera che verrà a breve pubblicata online. Cronistoria di una riscoperta – Il Poema pedagogico di A. S. Makarenko 405 duzione e revisione, che lo porta finalmente al traguardo: si tratta, però, avverte il curatore, di un risultato parziale, poiché troppi problemi restano ancora insoluti. Non è chiaro, ad esempio, se le parti aggiunte in questa edizione del 2003 fossero state eliminate dallo stesso autore o dalla moglie: occorrerebbe una revisione di prima mano degli originali e della loro disposizione, indagine che, allo stato attuale delle cose, non sembra realizzabile per la dispersione dei materiali. Che quello di Siciliani sia un work in progress è dimostrato dalla volontà di andare avanti con nuovi progetti e nuove “prospettive”, anche dopo l'uscita della nuova edizione: il prossimo obiettivo, infatti, è quello di rendere accessibile a tutti il romanzo attraverso la sua pubblicazione in rete, accompagnata da saggi che motivino e sostengano l’utilità nel nuovo formato; è prevista, inoltre, la realizzazione di un’edizione cartacea in versione economica, che ne favorisca la divulgazione304. Il valore di questa terza edizione, dunque, risiede anche nel metodo impiegato per la sua realizzazione, grazie al quale è stata messa in luce l'interdipendenza di realtà solo apparentemente in opposizione: la prospettiva individuale e quella collettiva, l'aspetto scientifico e quello divulgativo, l'importanza della teorizzazione e della messa in pratica, il reciproco arricchimento della ricerca e della didattica. In particolare essa è andata sperimentando l'autentico metodo makarenkiano, attraverso la partecipazione di chi si è speso professionalmente e di chi ha voluto cooperare all'impresa come apprendista e consulente. L’edizione proposta, quindi, non è solo quella del testo dell'autore, ma di tutto un sistema educativo che Nicola Siciliani de Cumis ha riproposto ricontestualizzandolo in una realtà storica, sociale e culturale diversa, eppure sempre pronta a recepire un insegnamento che si fonda sul rispetto delle componenti più autenticamente umane. Il progetto prevede, inoltre, la messa in rete di un'antologia di tutti i lavori relativi al Poema pedagogico editi nella rivista «Slavia», realizzata da E. Condò, intitolata Il Professor Makarenko in «Slavia» 1995-2010, frutto di una tesi di laurea in Pedagogia generale, Relatore Prof. N. Siciliani de Cumis, Correlatore Dott. A. Sanzo, a. a. 2009-2010. 304 Intervista a Dino Bernardini Dal 1992 in poi, Lei dirige «Slavia». Che rapporto c’è tra la rivista nel suo insieme e i contributi, rilevanti dal punto di vista quantitativo, riguardanti Makarenko? Tra poche settimane «Slavia» compirà venti anni. Quando nacque, nel 1992, la rivista voleva principalmente colmare il vuoto creatosi con la chiusura di «Rassegna Sovietica», rivista bimestrale di cultura, che per più di quaranta anni aveva svolto un ruolo importante nella cultura italiana. Certo, nessuno nella redazione, escluso forse il professor Nicola Siciliani de Cumis, pensava allora che il tema “Makarenko”, o la didattica, avrebbero occupato, poco alla volta, trimestre dopo trimestre, tanto spazio nella rivista. Insomma, la sezione, o rubrica, Didattica si è conquistata il suo spazio sul campo e oggi non si può immaginare la rivista senza questa rubrica. Personalmente non ho mai coltivato un interesse specifico per la didattica o la pedagogia, per me Makarenko è stato innanzitutto uno scrittore, un grande narratore. Peraltro, devo confessare che quando lo lessi per la prima volta a Mosca nel 1956, non ero ancora in grado di leggerlo nell’originale russo e lo lessi in quella traduzione italiana che è stata citata e analizzata più volte su «Slavia» e più recentemente nei testi che accompagnano la nuova edizione del Poema pedagogico curata da Nicola Siciliani de Cumis. Era un’edizione degli Editori Riuniti in collaborazione con una casa editrice sovietica, e devo dire che quel libro mi piacque moltissimo. Dunque, Makarenko è entrato in «Slavia» grazie al professor Siciliani. Tra l’altro, voglio rivelare un particolare: io tanti anni fa parlavo bene il russo e adesso lo parlo male, mentre Nicola Siciliani lo parlava male e invece adesso lo parla bene. Anni fa, mi capitava spesso di correggerlo quando lui diceva: «Makarènko». Allora io gli dicevo: «Guarda che si dice Makàrenko». Ma la lingua, si sa, è una cosa viva, e se non la si pratica tende ad atrofizzarsi. Così, ultimamente a me è scappato di dire: «Makarènko», e lui giustamente mi ha corretto. In tutti questi anni, da quando cura la rubrica Didattica, il professor Nicola Siciliani de Cumis ha fatto collaborare moltissimi dei suoi allievi, con i quali ha creato il gruppo che ha tradotto e curato la nuova edizione del Poema pedagogico. Da diversi anni è nato il sito internet di «Slavia». Che rapporto c’è tra la rivista e il suo sito? 408 Intervista a Dino Bernardini Sia il sito, ottimamente curato da Piero Nussio, sia la rivista cartacea sono di proprietà dell’Associazione culturale «Slavia». Molti nostri lettori ci chiedono: «Perché mettete sul sito soltanto l’indice di ogni numero e non tutti i testi in versione elettronica?». Rispondo che non ce lo mettiamo e non ce lo metteremo per motivi essenzialmente economici. Diciamo innanzitutto che cos’è «Slavia»: un prodotto artigianale che, senza finanziamenti e senza pubblicità, anzi, diciamola tutta, senza proprio soldi, miracolosamente esce da venti anni e puntualmente grazie al fatto che tutti collaborano e lavorano gratuitamente, a cominciare da me che sono il direttore factotum, dove factotum significa veramente che faccio tutto: correggo le bozze, rispondo a chi ci scrive, a chi si vuole abbonare e così via. Se ne avessimo i mezzi, neanche tanti, potremmo lavorare meglio. Per lavorare meglio intendo: poniamo per esempio che in Russia o in un altro paese slavo esca un buon un saggio, un racconto, un romanzo che varrebbe la pena di pubblicare. Noi non possiamo chiedere a qualcuno di tradurlo. Primo, perché non abbiamo i soldi per pagare il traduttore, ma anche perché oggi bisogna pagare i diritti d’autore. Una volta, ai tempi di «Rassegna Sovietica», non pagavamo i diritti d’autore, giacché fino al ’73 nell’Unione Sovietica si pubblicavano gli autori occidentali senza pagare un centesimo e altrettanto facevano gli editori occidentali con gli autori sovietici… In realtà, se un autore occidentale faceva un viaggio in Russia, veniva pagato in rubli, secondo le tariffe dell’Unione degli scrittori sovietici. E siccome in Unione Sovietica gli autori erano molto ben pagati, con quei rubli l’autore occidentale poteva comprare molte cose, caviale, pellicce ecc., poteva persino aprire un conto in banca e tenerli a disposizione per un prossimo viaggio. L’unica cosa che non poteva fare era portare via le banconote o cambiarle. Comunque, tornando a noi, se avessimo i soldi, potremmo anche chiedere a qualcuno di commentare un avvenimento, di recensire un’opera letteraria, di scrivere un saggio. Ce n’è di gente in Italia capace di scrivere buoni testi sulla letteratura russa. Ma questo non lo possiamo fare perché non abbiamo i soldi per pagare né i traduttori né gli autori. Quindi io mi comporto come un rapace che sta in cima alla montagna e guarda giù nella pianura finché non vede passare una preda. Insomma, aspetto che qualcuno mi dica: «Io avrei tradotto il tale testo», oppure: «Vorrei tradurre questo testo. Me lo pubblicate?». E io chiarisco subito che innanzi tutto non abbiamo la possibilità di retribuire, come sarebbe giusto, il lavoro del traduttore. Poi, se non lo conosco, chiedo se l’autore è vivo, in che epoca è vissuto. Ma più che l’epoca dell’autore è importante sapere la data della prima edizione dell’opera che si vuole tradurre, Intervista a Dino Bernardini 409 quando è stata publicata per la prima volta. Perché la formula con cui l’Unione Sovietica aderì alla convenzione di Ginevra nel ’73 suona più o meno così: “tutti i testi pubblicati fino ad oggi restano reciprocamente senza tutela del diritto d’autore, quelli occidentali in Unione Sovietica e quelli sovietici in Occidente. Quindi si può continuare a pubblicarli senza pagare onorari. Ma tutte le opere ancora inedite, a partire da oggi ricadono sotto la tutela del diritto d’autore”. A quell’epoca pubblicai il testo integrale dell’accordo su «Rassegna Sovietica». Oggi la questione del diritto d’autore condiziona molto «Slavia», ma c’è soprattutto il fatto che io non ho il coraggio di chiedere a qualcuno di lavorare gratis. Per questo ho evocato l’immagine del rapace che aspetta la preda. Aspetto che siano i potenziali collaboratori a fare le proposte. Ma mi accorgo di essermi allontanato dall’argomento della domanda. Se noi mettessimo sul sito i testi integrali di ciò che pubblichiamo, temo che gli abbonamenti diminuirebbero e non venderemmo più le copie arretrate. Non che le entrate dalle copie arretrate siano rilevanti, ma per il nostro bilancio conta ogni euro. Tornando a Makarenko, credo che ormai, grazie a Nicola Siciliani, qualsiasi approccio al Poema pedagogico non possa prescindere da «Slavia». La rubrica Didattica curata da Nicola Siciliani de Cumis è nata nel 2004. In questa rubrica si parla quasi esclusivamente di Makarenko. In teoria la rubrica non è dedicata soltanto a Makarenko e infatti accoglie anche testi che nulla hanno a che vedere con l’autore del Poema pedagogico, però riconosco che l’argomento “Makarenko” è prevalente e le dirò che questo ha suscitato anche qualche critica. Questa monotematicità makarenkiana ha mai messo alla prova la sua disponibilità di direttore? Dal momento che tutto il lavoro della “cucina” di «Slavia» ricade sulle mie spalle, a volte questo mi fa sentire quasi una specie di “dittatore”, ma devo dire che la mia disponibilità non è mai venuta meno. A parte questo, siamo un gruppo di amici e quando qualcuno ha fatto notare l’eccessiva presenza di Makarenko, ho risposto: «Forse che per pubblicare tutto questo materiale su Makarenko abbiamo sacrificato la pubblicazione di qualche contributo caldeggiato dai membri del consiglio di redazione?». La risposta è stata: «No, in verità questo non è avvenuto». Si deve pensare che sono 240 pagine di rivista da pubblicare ogni 3 mesi, che non paghiamo nessun collaboratore e, miracolosamente, non 410 Intervista a Dino Bernardini abbiamo il problema di come riempire la rivista. Al contrario, spesso mi capita di sentirmi in imbarazzo con autori che giustamente si lamentano, mi scrivono, mi mandano e-mail e mi dicono: «Ma insomma è più di un anno che mi ha detto che avrebbe pubblicato il mio contributo e ancora niente…». Però alla fine pubblichiamo tutto ciò che abbiamo promesso di pubblicare, sia pure con un po’ di ritardo… Ci sono anche delle pubblicazioni a margine della rivista come i Quaderni di «Slavia». Della collana I Quaderni di «Slavia» finora sono usciti cinque volumi. La collana non ha una periodicità fissa. Quelli sono volumi che, intanto, bisogna avere i soldi per pubblicarli. Con «Slavia», tutto sommato siamo quasi vicini all’autofinanziamento grazie agli abbonamenti. Invece i volumi bisognerebbe venderli, ma per questo bisognerebbe anche avere un’organizzazione dietro le spalle. Il secondo Quaderno che facemmo, addirittura, lo mandammo in omaggio a tutti gli abbonati. Ma lo avevamo pubblicato perché quella volta si era accumulata una tale quantità di articoli in redazione che non sapevamo più come uscirne fuori. Dal 1972 in poi, Lei ha fatto parte del Consiglio di redazione di «Rassegna Sovietica» in veste di vicedirettore. Ufficialmente di vicedirettore, ma la situazione era questa: ufficialmente il direttore era Umberto Cerroni, che adesso purtroppo è morto, ma è stato un grande direttore. Dopo qualche anno che dirigeva «Rassegna Sovietica» aveva ottenuto la cattedra all’Università di Lecce, e quindi faceva avanti e indietro con Roma. Chi dirigeva ufficialmente la rivista era il vicedirettore Irina Colletti. La quale era una donna bellissima che parlava perfettamente il russo perché era figlia di russi e parlava perfettamente l’italiano perché aveva studiato e si era laureata in Italia. Era una persona dolce e colta, ma raramente aveva la forza di opporsi a qualcuno autorevole. Quando io arrivai nel ’72 a «Rassegna Sovietica» la rivista stava in ritardo mediamente di un anno. Ogni tanto recuperava un po’ con il trucco dei numeri doppi, tripli o quadrupli, ma rimaneva sempre in enorme ritardo a causa della soggezione che Irina Colletti aveva nei riguardi dei collaboratori titolari di cattedra, baroni universitari. Se un professore prometteva un saggio per il prossimo numero, quel numero non usciva finché il saggio in questione non fosse arrivato in redazione. Il tempo passava e la rivista rimaneva ferma. Quando finalmente quel saggio arrivava, un altro collaboratore titolato che aveva in- Intervista a Dino Bernardini 411 vece consegnato il suo contributo in tempo giusto, diceva: «Da quando ho scritto il mio testo sono usciti due saggi importanti sull’argomento, è passato troppo tempo, devo assolutamente rivedere il mio articolo». È così che si andava avanti. Ricordo la prima riunione che facemmo del Consiglio di Redazione. Qualcuno (non Irina Colletti) disse: «Allora facciamo così, ci sono innanzi tutto questi articoli da pubblicare, sono importanti…». «Va bene, dissi io, - ma dove stanno questi articoli?» «Beh, il professor “X” e il professor “Y” ce li devono ancora dare», e io: «Sentite, noi facciamo la rivista con quello che c’è, sarò felice di pubblicare quegli articoli, ma quando ce li daranno. Intanto ne facciamo a meno e andiamo avanti». In pochi mesi recuperammo tutto il ritardo. Io rimasi ufficialmente vicedirettore e anche Irina Colletti rimase vicedirettrice di «Rassegna Sovietica» finché la rivista uscì. Però il vicedirettore esecutivo ero io. Successivamente mi venne attribuita anche la carica di direttore responsabile, mentre formalmente Umberto Cerroni rimase direttore fino alla fine. Ma devo dire che non c’è mai stato alcun problema tra di noi, anzi, se dovevo risolvere qualche problema spinoso, ricorrevo sempre ai suoi consigli. Che ricordi ha di Makarenko in quel periodo? Come ho già detto, nel ’56 avevo letto il Poema pedagogico per la prima volta a Mosca in italiano ed ero rimasto entusiasta dell’autore in quanto scrittore. Non avevo un particolare interesse per il tema dei besprizorniki, per me Makarenko era un classico della letteratura sovietica. Quando Nicola Siciliani iniziò a scrivere su Makarenko in «Slavia» io ne fui felice, ma c’era anche il fatto che allora temevo sempre ci potesse mancare una parte di materiale per completare il numero, quindi era una fortuna che la rubrica Didattica ci garantisse sempre un certo numero di pagine di buona qualità. Il che non era poco. Invece di Makarenko su «Rassegna Sovietica» non c’è mai stata traccia? Adesso non ricordo, ma sicuramente il tema Makarenko è stato presente in «Rassegna Sovietica» chissà quante volte. Peraltro è facile verificarlo perché uno dei nostri cinque Quaderni di «Slavia», curato da Tania Tomassetti, contiene proprio gli indici ragionati delle quaranta annate di «Rassegna Sovietica». Insomma per me Makarenko resta un ottimo scrittore, ma non saprei giudicare il suo valore di pedagogista, anche in considerazione del fatto che aveva a che fare con un tipo particolare di allie- 412 Intervista a Dino Bernardini vi, quasi tutti ex delinquenti, ragazzi abbandonati, besprizornye, letteralmente “privi di qualcuno che badi a loro”. Ancora prima, nasceva «Rassegna della Stampa Sovietica»: ricorda le circostanze della trasformazione di questa rivista in «Rassegna Sovietica»? Credo che il merito della trasformazione vada riconosciuto a Umberto Cerroni e a Pietro Zveteremich. Inizialmente la rivista doveva essere, ed era, una rassegna di ciò che si pubblicava in Unione Sovietica. Ma il taglio era propagandistico. Mi pare che sia durata un paio d’anni. Perché poi, proprio sotto la spinta di Umberto Cerroni, acquistò sempre più vita autonoma e cambiò anche nome, diventando «Rassegna Sovietica», rivista di cultura. A quel punto si cominciò a pubblicare con notevole successo il materiale, inedito in Italia, delle avanguardie letterarie e artistiche degli anni ’20 e ’30. Editore della rivista era l’Italia-URSS, Associazione italiana per i rapporti culturali con l’Unione Sovietica, della cui presidenza facevano parte parlamentari di tutto l’arco costituzionale italiano: democristiani, comunisti, socialisti, liberali, repubblicani. La rivista però era vista di mal occhio dai sovietici proprio perché non era un organo di propaganda. Allora il senatore Adamoli, segretario generale di Italia-URSS, pensò a me come nuovo direttore perché avevo studiato a Mosca, dove mi ero laureato in Lingua e letteratura russa. La speranza era che io riuscissi a mantenere la linea “italiana” della rivista e al tempo stesso a mediare con i sovietici, che erano pur sempre la controparte dell’Associazione. «Rassegna Sovietica» ebbe successo, nel corso degli anni gli abbonati aumentarono continuamente, ma nel 1991, quando scomparve l’Unione Sovietica, non aveva più senso che una rivista italiana si chiamasse «Rassegna Sovietica». Sul piano delle scelte e degli esiti, come si caratterizzerebbe in quanto traduttore dal russo? Ma… Non credo di essere un grande traduttore, forse lo diventerò con il tempo, dopotutto adesso ho soltanto 78 anni. Ho tradotto però tanti libri, di narrativa e di saggistica, tre volumi delle opere di Lenin, Padri e figli e Primo amore di Turgenev. E ho tradotto anche Le anime morte di Gogol’. Ma quest’ultima traduzione ha una storia che vorrei raccontare. Dagli anni Ottanta gli Editori Riuniti, la casa editrice del PCI, stavano pubblicando una collana di narrativa in collaborazione con la Progress di Mosca: io traduco Le anime morte, vengo regolarmente pagato, e dopo Intervista a Dino Bernardini 413 pochi giorni crolla tutto, Unione Sovietica e PCI. Gli Editori Riuniti falliscono e la mia traduzione finisce tra tante scartoffie negli scantinati della casa editrice. Passano gli anni, e nella mia cantina ritrovo la mia copia, sporca, fatta con la carta carbone. Debbo dire che mi era dispiaciuto molto che la mia traduzione fosse rimasta inedita, ma devo anche confessare che, rileggendola, quella traduzione oggi non mi piace. Così mi sono deciso a rifarla completamente. Debbo anche dire che oggi non sarei capace di tradurre Le anime morte, perché è un testo difficilissimo, pieno di ucrainismi, ma che quando ho tradotto il libro pensavo di essere all’altezza del compito. Intendiamoci, mi fido della mia traduzione di allora, credo che sia fedele, quello che non mi piace è il mio italiano. Adesso la sto rifacendo completamente, devo soltanto renderla nel mio italiano di oggi. Perché il segreto di una buona traduzione è quello di scrivere bene nella lingua di arrivo, anche se, naturalmente, bisogna conoscere bene anche quella di partenza. Non so quando finirò il lavoro, ogni tanto ne pubblico un capitolo su «Slavia», ho finito da poco di “sistemare” il sesto capitolo. Tra un capitolo e l’altro passano mesi, a volte anche un anno, ma non ho fretta. Che io sappia, Lei non ha mai insegnato in una università italiana, ma è stato correlatore per alcune tesi di laurea. Cosa ricorda di quella esperienza? Avrei dovuto intraprendere la carriera universitaria, ero in buoni rapporti con Ettore Lo Gatto e con Angelo Maria Ripellino, ma per motivi familiari andai a lavorare a Praga, alla redazione di «Problemi della pace e del socialismo», rivista del movimento comunista internazionale. Ma di come sono finito a Praga l’ho raccontato in uno dei miei “Scampoli di memoria”, che ogni tanto pubblico su «Slavia». Poi ho tenuto qualche lezione di letteratura russa, in alcuni di quei corsi finanziati dall’Unione Europea, ma niente di molto impegnativo. Un paio di volte, è vero, sono stato anche correlatore di tesi di laurea. Siciliani ha dichiarato in più occasioni di doverle consigli, consulenze, attenzione critica nel suo lavoro di curatore dell’edizione del Poema pedagogico. Ritiene che i risultati raggiunti, benché ancora da migliorare, siano accettabili? Io credo di sì. Non ho ancora avuto il tempo di esaminare a fondo l’edizione del professor Siciliani de Cumis, ma mi fido della sua serietà e del suo impegno. Tra l’altro, mi pare di ricordare che nel gruppo dei suoi collaboratori ci fossero anche due studentesse, o ex studentesse ucraine. Ma per un giudizio sul Poema pedagogico le suggerisco di leggere 414 Intervista a Dino Bernardini nel numero 4-2010 di «Slavia» l’ottima recensione a cura di Cristina Contri. Grazie della disponibilità e della collaborazione. Roma, 10 novembre 2010. Riferimenti Bibliografici ADORNO THEODOR LUDWIG WIESENGRUND, Introduzione alla sociologia della musica, Torino, Einaudi, 1971. AIME MARCO, COSSETTA ANNA, Il dono al tempo di internet, Trento, Einaudi, 2010. BAGNATO AGOSTINO, Makarenko oggi. Educazione e lavoro tra collettivo pedagogico comunità e cooperative sociali, Roma, L’albatros, 2006. DARNTON ROBERT, Il futuro del libro. Milano, Adelphi, 2011. DERRIDA JACQUES, La scrittura e la differenza, Torino, Einaudi, 1967. 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Elaborazione grafica a cura di Valeria Bonfigli Indice dei nomi AIME MARCO, XXIII, XLVI, XLVII, XLIX, 99, 117 ALIGHIERI DANTE, L, 131, 244, 313 AMELIO GIANNI, 310, 327, 365 ANTONIONI MICHELANGELO, 294 ARISTARCO GUIDO, VIII, 271, 286, 294, 296, 365 ARNHEIM RUDOLF, 295 ARROW KENNET, 101 ASOR ROSA ALBERTO, 146 FRANCESCHINI ENRICO, XXXVIII, 22 FRANCIONE GENNARO, LX, 214, 233 BAGNATO AGOSTINO, 3 BOCCACCIO GIOVANNI, 313 HART MICHAEL, LIII, 206 HEMINGWAY ERNEST, 17 HORROCKS DYLON, LVII, 193 GALILEI GALILEO, LXII, 145, 244 GEERT LOVINK, XLVIII GOLDONI CARLO, 313 GRAMSCI ANTONIO, 288, 369, 399 GRIFFITH RICHARD, 295 GUITTONE D’AREZZO, 313 GUTEMBERG JOHANN, 87 CELLA CLAUDIO, XIX COSSETTA ANNA, XXIII, XLVI, XLVII, XLIX, 99, 117, 185 KONOVALENKO OLENA, XVIII, 397, 403 D’ALESSANDRO JAIME, 249 D’ANNUNZIO GABRIELE, 313 DARTON ROBERT, LXI, LXII DE MARTIN JUAN CARLOS, 1, 173 DE SANTIS GIUSEPPE, 295 DEWEY JOHN, 312 DI GIANMARCO FABIO, LIX, 211 DON LORENZO MILANI, LVII, 191 DORIA MARCO ROSSI, LVI, 3, 149 LABRIOLA ANTONIO, XVIII, 288, 309, 370, 372, 399 LAMBOGLIA ANNA, VII, XLVIII, XLIX, 117 LAWSON JOHN HOWARD, 295 LÉBEDEV NIKOLAJ, 295 LESKOVA OLGA, XVIII, 397, 403 LIZZANI CARLO, 295 LO GATTO ETTORE, 415 LUKÀCS GEORGE, 271, 286, 288, 289, 290, 291, 296 ECO UMBERTO, XXXVIII, XLII, 17, 19 ENGELS FRIEDRICH, 25 ERREDE ELEONORA, III, VII, XIII, XLVI, LVII, 1, 99 EVANS HAROLD, XXXVIII, 22 FALLACI LORIANA, LII, 135 FERRAROTTI FRANCO, 3, 297 FIGLIOLI EMANUELA, 271, 305 FOSCOLO UGO, 313 MACCAFERRI ALESSIA, 263 MAGGI DORIANA, VII, L, 131 MAIORE EMANUELA, VIII, 271, 309 MAKARENKO ANTON SËMENOVIČ (si omette per elevato tasso di ricorrenza) MANICA FRANCESCA, 312 MANTICO ANTONIO, LII, LVI 422 Indice dei nomi MANUZIO ALDO, XXXVI, LIV,3 MANZONI ALESSANDRO, 161, 162 MARX KARL, 25, 100, 288, 289, 296 MARZON FRANCESCA, XXXVIII MATTIA EMANUELA, 369 MAUSS MARCEL, XXIII, 99, 118 MIDA МASSIMO, 295 MONACO GIUSEPPINA, 361 MONDADORI ARNOLDO, XLVIII, 19, 25, 26, 402 MONTESSORI MARIA, 312 NEGRI VALERIA, VII, 167 NIETZSCHE FRIEDRICH, 313 NOCCHI FRANCESCA ROMANA, IX, 369, 397 NOVELLI MASSIMO, XL, 25 NUSSIO PIERO, 410 ORENGO ELENA, 313 ORSOMARSO VINCENZO, 3, 360, 399 OSSICINI CHIARA, 312 PACCHERA ALESSIA, VIII, LVII, 185 PANGRAZI TIZIANA, 271, 299, 305, 306 PARINI GIUSEPPE, 313 PARISI CHIARA, 313 PASCOLI GIOVANNI, 313 PASINETTI FRANCESCO, 287, 295 PATERNÒ BEATRICE, XVIII, 4, 219, 286, 397, 400 PAVESE CESARE, LII, 135 PERESSON GIOVANNI, XXXVII, 16, 18 PERTICARI PAOLO, XLIX, 121 PETRARCA FRANCESCO, 313 PIAGET JEAN, 312 PIANTA DANIELA, VIII, PIERO 271, 317 PINCI CLAUDIA, VIII, 275 PIRANDELLO LUIGI, 402 PIRÈ LUCIANA, XL, 24 POLANYI KARL PAUL, XLVII, 99 POLILLO MARCO, 24, 25 POTTIER EUGÈNE, 307 PUCCINI GIANNI , 295 PURIFICATO DOMENICO, 295 RAMPONI REBECCA , 312 RIPELLINO ANGELA MARIA, 415 ROBIBERO ROMINA, VIII, LVII, 189 RONCAGLIA GINO, XL, LIV, 26 ROSSINI GIOACCHINO , 298 ROTHA PAUL, 295 RUSSELL BERTRAND , XLII, 40 RYBČENKO ANNA, XVIII, 397, 403 SACCOMANNO CATERINA, LVII, LVIII, 205 SALIS STEFANO, XXXIX, 23, 24, 249 SANZO ALESSANDRO, III, XIX, 285, 298, 357, 370, 407 SARACENI FEDERICA, VIII, LIX, LX, LXIV, 213 SAVIANO ROBERTO, XXXVIII, 19, 21 SCARPETTA DANIELA, IX, 271, 327 SICILIANI DE CUMIS NICOLA, III, VII, VIII, XIII, XVIII, XIX, XXI, XXII, XXVI, XLIX, LV, LVI, LXII, 4, 45, 137, 138, 148, 149, 150, 217, 218, 219, 236, 237, 271, 273, 285, 286, 296, 297, 298, 309, 327, 357, 358, 360, 361, 363, 365, 367, 369, 370, 371, 372, 373, 374, 377, 378, 380, 381, 382, 393, 397, 398, 399, 401, 403, 404, 406, 407, 409, 411, 413, 415 SIMMEL FREUD, 101 SINISCALCO MARIA TERESA SPAZIANI GIORGIO, 366 STENTELLI CLAUDIA, VIII, LXIV, 241, 369 STEVENSON ROBERT LOUIS, XL, 24 Indice dei nomi TASSO TORQUATO, 313 TEODORI DANIELA VANESA, VIII, LXIV, LXV, 247 TORRENTE ANDREA, XLIII TRAMONTANO ISMENE, 267 TRAVERSI FEDERICA, VIII, LXV, 263 UGAROVA MAŠA, XVIII, 219, 397 VAN STRATEN GIORGIO, XXXVIII, 20, 21 VANNUCCHI MONICA, 311, 312 VENEZIANO CORRADO, III, XIX VERGANO ALDO, 295 VICO GIANBATTISTA, 145, 162, 244 423 VICTOR HUGO, LVI, 175 VISALBERGHI ALDO, XL, XLI, XLII, 39, 40, 42, 43, 365, 397 VLADECK DAVID, 134 VYGOTSKIJ LEV SEMËNOVIČ , 327, 369 YUNUS MUHAMMAD, VIII, LXIII, 238, 239, 275, 276, 277, 278, 279, 280, 281, 282, 366, 369, 399 ZAVATTINI CESARE, 288, 295 ZELA MARCO, LIV ZVETEREMICH PIETRO, 414 ZYPRIES BRIGITTE, 134 Indice delle tematiche ricorrenti Accedere, XXXI, XXXVI, XLIII, 1, 2, 44, 45, 136, 168, 175, 187, 206, 213, 242 Accessibilità, 167, 181, 207 Accordo, VII, XXII, L, LI, LIII, 49, 52, 77, 88, 133, 134,135, 137, 138, 143, 144, 145, 160, 162, 247, 281, 293, 298, 309, 386, 411 Acquisto, XXXI, XXXVI, XXXVII, XXXIX, XLVI, 16, 24, 62, 64, 69, 72, 87, 102, 216, 228 Ampliamento, VII, XXI, XLV, 53, 54, 64, 65, 66, 136, 230, 238 Approccio, XVIII, 15, 17, 114, 265, 266, 367, 411 Approccio produttivo digitale, 15 Archivio, XXXVI, 3, 207, 242 Articoli, XXI, XXIV, XXXV, XXXVII, XXXVIII, XXXIX, XL, XLIV, LIII, LVIII, 3, 46, 56, 137, 138, 143, 145, 208, 213, 229, 237, 267, 358, 359, 361, 364, 366, 368, 412, 413 Articolo, XXI, XXVII, XXXI, XXXIII, XXXV, XXXVIII, XXXIX, XL, XLII, XLIII, LII, LIX, LXIV, 2, 3, 4, 16, 17, 18, 19, 20, 22, 23, 24, 25, 26, 39, 40, 42, 45, 48, 51, 52, 92, 107, 136, 138, 139, 140, 143, 145, 175, 211, 213, 224, 233, 247, 249, 286, 299, 365, 366, 368, 413 Aspetto, XXVI, XLVIII, LXII, 18, 41, 92, 102, 119, 185, 217, 238, 265, 289, 363, 377, 397, 398, 401, 407, 410 Autore, VII, XIII, XVIII, XXI, XXII, XXVI, XXXII, XXXIII, XXXV, XXXVI, XLI, XLII, XLIII, XLIV, XLV, XLVI, L, LI, LII, LIV, LV, LVI, LVII, LIX, LX, LXI, 1, 4, 15, 18, 40, 42, 45, 46, 47, 48, 49, 51, 53, 54, 58, 60, 61, 62, 63, 64, 66, 67, 68, 69, 70, 72, 87, 102, 103, 113, 119, 123, 131, 133, 134, 135, 136, 139, 140, 141, 142, 143, 146, 147, 148, 168, 169, 170, 173, 174, 175, 176, 177, 178, 179, 180, 181, 182, 183, 185, 192, 193, 207, 213, 214, 215, 216, 223, 224, 228, 230, 233, 241, 243, 264, 266, 289, 292, 294, 301, 358, 364, 365, 366, 373, 382, 383, 384, 392, 393, 395, 398, 399, 400, 402, 403, 404, 406, 407, 410, 411, 413, 417 Best seller, XLIX, LII, LIX, 16, 17, 18, 19, 122, 135 Biblioteca, XXVII, XXXII, XXXVI, LI, LIII, LIV, LXIV, 2, 62, 87, 103, 133, 146, 161, 218, 229, 237, 241, 243, 244, 247, 255, 256, 257, 258, 261, 262 Blog, LIII, 15, 22, 50, 76, 77, 78, 79, 84, 88, 99, 107, 117, 144, 185, 265, 418, 419 Book, VIII, XXII, XL, XLVII, L, LIII, LVII, LVIII, LIX, LXIV, LXV, 15, 17, 24, 25, 26, 56, 76, 78, 88, 90, 96, 143, 164, 166, 192, 205, 206, 207, 208, 209, 211, 247, 248, 249 Casa editrice, 18, 47, 93, 102, 139, 247, 261, 401, 409, 414 Click, 205, 206 Collettivo pedagogico, 372, 387, 417 Computer, XXV, XXVI, XXVII, XXX, XXXI, XLIV, XLVII, L, LVIII, 15, 22, 46, 47, 49, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 61, 63, 65, 66, 67, 69, 70, 95, 96, 100, 426 Indice delle tematiche 103, 115, 120, 123, 131, 191, 193, 205, 206, 207, 208, 238, 310 Condivisione, XXV, XXVIII, XLII, XLVII, LVII, 40, 99, 117, 118, 120, 123, 124, 140, 141, 142, 143, 167, 168, 170, 177, 178, 180, 182, 186, 260, 265, 304, 370 Consultazione, XXIV, XXXVI, 23, 92, 136, 169, 206, 207, 208, 235, 241, 242, 243, 244, 245, 363, 419 Contenuti digitali, XXXVII, 3 Contraccambio, 118, 120 Contratto con gli editori, VII, 131, 133 Contributi culturali gratuiti, XLVII, 101 Copie, XXXVII, L, LVII, 16, 17, 20, 21, 93, 133, 136, 145, 183, 218, 228, 233, 411 Copyright, XXXIII, XXXVII, XLIV, XLIX, LI, LII, LIII, LIX, LXI, LXIV, 3, 47, 119, 123, 134, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 144, 146, 168, 169, 174, 175, 176, 177, 178, 179, 180, 181, 182, 192, 213, 215, 229, 230, 234, 241, 247 Costo, XXIX, XXXI, XL, XLVI, 24, 43, 72, 94, 96, 102, 120, 139, 140, 143, 176, 205, 224 Crescita, XXI, XL, LIV, LXII, 2, 17, 18, 25, 115, 147, 149, 167, 170, 236, 237, 239, 276, 279, 280, 281, 282, 283, 306, 309, 327, 367, 370, 371, 373, 379, 380, 383, 385, 391, 392 Cultura, XXXI, XXXIV, XXXVI, XLIII, XLVI, L, LI, LIV, LV, LVI, LX, 1, 2, 4, 18, 21, 41, 42, 43, 44, 45, 99, 101, 113, 117, 118, 122, 133, 139, 140, 141, 142, 143, 148, 149, 150, 175, 176, 177, 178, 179, 181, 182, 193, 205, 213, 214, 216, 223, 234, 242, 243, 247, 258, 260, 266, 267, 286, 287, 288, 290, 291, 295, 303, 309, 310, 312, 359, 360, 374, 391, 409, 414, 417 Diffusione, XV, XXII, XXVIII, XXXI, XXXIV, XXXVI, XLII, XLIII, L, LVII, LVIII, LXI, 15, 46, 50, 65, 98, 102, 120, 122, 142, 169, 170, 174, 179, 205, 213, 215, 218, 223, 224, 228, 229, 230, 233, 242, 260, 403 Digitalizzazione, XL, L, LI, LIII, 25, 50, 131, 133, 134, 135, 136, 138, 143, 145, 191, 236, 237, 244, 247 Dimensione, XIX, XLVIII, 88, 102, 119, 265, 278, 288, 305, 365, 367, 368, 369, 376, 379 Dinamica di gruppo, XL, XLII, 39, 40, 42, 43, 418 Diritto d’autore, XLIV, XLV, 46, 47, 48, 119, 411 Dispense universitarie, 208 Distribuzione, XXXVII, XXXIX, LXIV, 3, 22, 23, 50, 92, 248 Divulgazione, XXIV, XXXIX, XLI, 2, 22, 42, 46, 113, 359, 362, 407 Dizionari, XXV, XXIX, 208, 362 Dominio, VII, XXI, XXXIII, XXXV, L, LII, LVI, LIX, 1, 29, 124, 131, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 144, 145, 146, 167, 168, 169, 170, 173, 174, 175, 176, 177, 178, 179, 180, 181, 182, 190, 192, 213, 214 Dono, VII, VIII, XIII, XXI, XXIII, XXIV, XLVI, XLVII, XLIX, LVII, LXV, 99, 100, 101, 102, 117, 118, 119, 120, 127, 146, 185, 186, 215, 234, 258, 260, 263, 417 Download, L, 131, 132, 205 e-book, LXV, 24, 207, 249 Editore, 19, 52, 296, 362, 418 Indice delle tematiche Edizione, XIV, XXXIV, L, LXIII, 79, 84, 131, 135, 138, 170, 217, 239, 295, 368, 371, 372, 373, 374, 397, 398, 400, 401, 402, 403, 404, 405, 406, 407, 409, 410, 415, 418 Educatore, XIII, XXI, 147, 275, 278, 288, 290, 364, 366, 372, 374, 375, 376, 381, 382, 383, 385, 395, 400, 406 Educazione, VII, VIII, XIII, XVIII, XIX, XXI, XXX, XLII, XLIX, LIV, LV, LXII, 2, 39, 40, 102, 115, 117, 120, 121, 147, 237, 271, 275, 276, 277, 286, 287, 288, 289, 291, 302, 303, 304, 309, 310, 313, 327, 358, 360, 365, 367, 368, 369, 370, 377, 378, 379, 381, 382, 383, 384, 386, 391, 392, 396, 399, 400, 401, 404, 418 Emulazione, XLI, XLII, 39, 40, 41, 42, 43, 303, 387 Esperienza educativa, 375, 376, 381, 382, 392 File sharing, XLVII, 101, 119, 123 Formato, XXXII, XL, L, LXII, 24, 49, 123, 131, 146, 206, 207, 208, 238, 241, 243, 244, 247, 248, 249, 307, 322, 323, 407 Forum, XXX, XXXIV, XLVI, XLIX, 15, 99, 101, 103, 117, 123, 185, 186 Free software, XLVI, XLVII, 99, 101, 119 Fruibile, XXIV, LVII, 102, 120 Fruibilità, 207, 242 Giornali, XXXVIII, XXXIX, XLIV, 22, 23, 33, 77, 82, 84, 88, 94, 208, 293 Google, VII, XXII, XXVII, L, LI, LIII, LIV, LVIII, LXII, 82, 131, 132, 133, 134, 135, 136, 137, 138, 143, 144, 145, 146, 150, 153, 155, 157, 158, 159, 160, 162, 163, 166, 237, 244, 247 427 Gratuitamente, XXI, XXXVI, XLV, L, 1, 2, 47, 71, 100, 131, 139, 205, 215, 233, 241, 258, 410 Immagini, XXIV, XXV, LIV, LVIII, 19, 46, 50, 107, 111, 124, 132, 138, 147, 170, 208, 295, 313, 317, 318, 393 Industrializzazione dell'editoria, 18 Innovazione, XXVIII, XXIX, XXXVII, 3, 114, 167, 179 Internet, XXIII, XXXIII, XXXIV, XLIII, XLVI, XLVIII, XLIX, LVII, 22, 58, 60, 61, 62, 63, 64, 66, 67, 69, 70, 76, 99, 114, 115, 117, 123, 124, 131, 133, 167, 168, 169, 170, 185, 207, 216, 228, 230, 238, 239, 243, 244, 247, 264, 417 i-pad, XXXIX, 22, 25 i-pod, LIX Laboratorio Makarenko, XVIII, XIX, XXI, XXII, XXIII, XXVI, XXXIII, XXXV, 3, 24, 44, 45, 137, 170 Lavoro, IX, XIV, XVII, XVIII, XIX, XXI, XXII, XXIII, XXIV, XXVI, XXVII, XXXII, XXXIII, XXXV, XLI, XLII, XLIV, XLV, XLVI, XLIX, L, LII, LVII, LIX, LXII, LXIV, 44, 45, 53, 57, 63, 66, 68, 70, 92, 96, 113, 114, 115, 117, 123, 124, 132, 137, 138, 142, 143, 149, 179, 180, 185, 190, 206, 217, 218, 230, 231, 238, 247, 257, 267, 268, 271, 280, 281, 289, 291, 302, 303, 304, 307, 322, 327, 328, 358, 361, 365, 366, 367, 368, 369, 371, 372, 373, 374, 377, 381, 382, 384, 385, 387, 391, 392, 395, 397, 399, 400, 401, 402, 403, 405, 410, 411, 415, 417 Legge sul diritto d’autore, XLV Leggere, XXII, XXV, XXXII, XL, XLV, XLVIII, L, LIV, LV, LXI, LXIV, 1, 428 Indice delle tematiche 19, 25, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 67, 69, 70, 71, 76, 77, 79, 80, 93, 94, 95, 96, 98, 102, 120, 122, 123, 132, 148, 150, 187, 191, 192, 193, 208, 217, 218, 258, 261, 262, 294, 309, 374, 391, 415 Legittimità, XXII, LIX, LXI, 213, 217, 287 Lettore/i, XIV, XXX, XXXV, XXXVI, XXXVII, XXXVIII, XXXIX, XL, XLVI, LXII, LV, LXIV, 1, 3, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 50, 57, 62, 64, 66, 68, 69, 71, 72, 78, 82, 86, 93, 98, 102, 113, 114, 120, 133, 138, 148, 149, 185, 192, 193, 207, 208, 238, 260, 271, 360, 363, 364, 366, 371, 373, 374, 376, 383, 384, 402, 410, 417 Lettura, XIV, XXI, XXXIII, XXXVII, XXXVIII, XXXIX, XL, XLV, LI, LII, LVIII, 4, 16, 17, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 36, 45, 53, 54, 55, 56, 58, 61, 62, 64, 65, 67, 68, 70, 71, 72, 76, 82, 86, 88, 89, 98, 103, 133, 136, 139, 185, 187, 191, 192, 208, 213, 218, 243, 247, 261, 262, 287, 298, 364, 365, 366, 368, 369, 372, 374, 393, 399, 400, 402 Liber Liber, XXXV, XXXVI, LIV, LXIV, 2, 3, 242, 243 Libreria, XXII, XXXVII, XL, XLII, LXIV, 16, 22, 24, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 61, 62, 63, 64, 65, 67, 69, 70, 131, 146, 187, 205, 207, 247, 248, 249 Libri, XXII, XXV, XXVIII, XXIX, XXXI, XXXII, XXXV, XXXVI, XXXVII, XXXIX, XL, XLIII, XLIX, L, LI, LII, LIII, LVIII, LXII, 2, 3, 15, 16, 17, 18, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 49, 50, 56, 59, 61, 63, 64, 68, 69, 76, 77, 78, 79, 86, 87, 88, 89, 90, 95, 98, 116, 122, 124, 131, 132, 133, 134, 135, 136, 155, 158, 187, 189, 191, 192, 205, 207, 208, 209, 235, 237, 238, 242, 244, 247, 248, 249, 256, 258, 260, 261, 278, 298, 310, 359, 360, 362, 398, 414 Limiti economici, 3 Logo, 107, 259, 260 Makarenko, VII, VIII, IX, XIII, XIV, XV, XVIII, XXII, XXIV, XXVIII, XXXII, XXXV, XLI, XLII, XLV, XLVIII, XLIX, LII, LVIII, 3, 4, 10, 15, 17, 26, 42, 44, 45, 53, 102, 103, 120, 122, 137, 138, 140, 143, 147, 149, 170, 192, 193, 216, 217, 218, 219, 236, 237, 271, 273, 275, 276, 277, 278, 279, 280, 282, 283, 286, 290, 291, 298, 299, 301, 302, 303, 304, 305, 306, 307, 314, 317, 318, 319, 327, 328, 358, 359, 360, 364, 365, 366, 367, 368, 369, 371, 372, 374, 375, 376, 377, 378, 379, 380, 381, 382, 384, 385, 386, 387, 391, 392, 393, 394, 395, 396, 397, 398, 399, 400, 401, 403, 404, 405, 406, 407, 409, 411, 413, 417, 418 Marketing, XXVIII, 18, 19, 121, 249 Mass media, L, 18, 271 Mercato, XXXVII, XXXVIII, XXXIX, XL, XLIII, L, LI, LXV, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 31, 99, 115, 120, 133, 169, 191, 192, 228, 229, 240, 263, 390 Messa in rete del Poema, XIX, XXI, 3, 192, 218, 271 Metodologia, LXV, 4, 103, 219, 263, 266, 361 Modelli, XLIII, 15, 99, 118, 121, 265, 366 Indice delle tematiche Motore di ricerca, L, LI, LIII, LXIV, 107, 131, 133, 136, 143, 144, 243, 244 Mouse, 1, 132, 205 Network, XXX, XXXI, XXXVII, XLVI, XLVII, XLVIII, 3, 15, 99, 101, 102, 117, 119, 175, 185, 186, 187, 228, 235, 264 Notizie, XXIII, XXV, XXVIII, XXXVIII, L, LII, LIX, LX, LXI, LXIV, 22, 58, 82, 92, 94, 95, 96, 124, 136 Notizie gratis, XXXVIII, 22 On line, VIII, XXII, XXXV, XXXVI, XXXVII, XXXIX, XL, XLIII, XLV, XLVI, L, LI, LVI, LVII, LVIII, LXIV, 1, 3, 15, 16, 17, 24, 42, 44, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71, 72, 103, 115, 119, 123, 131, 133, 135, 138, 146, 149, 159, 161, 167, 186, 193, 205, 207, 241, 242, 247, 248, 249, 266, 267 Open, XLVII, LVII, LXV, 101, 119, 123, 124, 167, 170, 263 Open source, XLVII, 101, 119, 123, 124, 170 Opera, XIII, XIV, XVIII, XIX, XXI, XXII, XXIII, XXIV, XXVIII, XXIX, XXXIII, XXXV, XXXVI, XLI, XLII, XLIII, XLIV, XLV, XLVIII, XLIX, L, LII, LIV, LV, LVI, LVII, LVIII, LX, LXI, LXII, 3, 4, 20, 40, 42, 44, 46, 47, 49, 50, 51, 52, 102, 113, 120, 122, 131, 135, 136, 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 145, 146, 147, 148, 149, 150, 169, 174, 177, 178, 180, 181, 183, 184, 190, 193, 213, 214, 215, 216, 217, 218, 228, 229, 233, 236, 238, 241, 243, 247, 249, 276, 289, 291, 294, 305, 306, 317, 358, 364, 365, 367, 368, 371, 372, 374, 375, 429 376, 387, 389, 392, 394, 398, 400, 401, 403, 406, 410 Opere, XXIII, XXXII, XXXIII, XXXVIII, XLIII, XLIV, XLIX, LI, LII, LIII, LIV, LV, LIX, LX, LXI, LXIV, 4, 17, 19, 26, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 122, 132, 133, 135, 136, 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 145, 146, 147, 148, 150, 168, 169, 173, 175, 176, 177, 178, 179, 180, 181, 182, 183, 192, 207, 213, 214, 215, 223, 230, 233, 242, 243, 244, 296, 358, 359, 361, 369, 387, 411, 414 Opere culturali, XLIII, 140, 168, 176 Peer to peer, XXIII, XLVII, 99, 117, 233 Piattaforma, XXVI, XXXVII, XXXIX, 3, 22, 59 Piattaforma on line, 59 Poema pedagogico, IX, XIII, XIV, XV, XVIII, XIX, XXIV, XXVIII, XXXII, XXXIII, XXXIX, XL, XLII, XLIX, L, LII, LVI, LVII, LIX, LXII, 3, 4, 15, 17, 24, 25, 26, 45, 102, 103, 119, 120, 122, 137, 138, 140, 147, 149, 150, 170, 185, 187, 192, 193, 213, 217, 218, 219, 236, 237, 238, 240, 271, 282, 290, 291, 298, 301, 303, 305, 314, 317, 318, 327, 358, 361, 364, 365, 366, 367, 368, 369, 371, 373, 374, 375, 376, 377, 378, 380, 381, 382, 383, 384, 386, 387, 392, 393, 394, 395, 396, 397, 399, 400, 401, 403, 405, 406, 407, 409, 411, 413, 415, 417, 418 Prezzo, XL, 24, 102, 132, 193, 229, 231 Problema dell’editoria, 20 Produzione/produzione culturale, XXXVII, 3, 15, 17, 20, 43, 49, 92, 94, 96, 168, 173, 174, 213, 223, 242, 302, 430 Indice delle tematiche 309, 310, 311, 317, 358, 364, 382, 389, 390, 399 Proposta, XIX, LVI, 46, 51, 149, 281, 313, 363, 364, 374, 407 Proposta di legge, 46, 51 Prospettiva, VII, XIII, XIV, XXI, XXII, XXXIII, LIV, 53, 54, 69, 95, 138, 147, 169, 173, 179, 280, 281, 282, 283, 290, 306, 307, 365, 368, 369, 370, 371, 374, 376, 378, 379, 393, 395, 397, 399, 405, 407 Pubblicazione, XXI, XXXIII, XXXV, XXXIX, XLII, XLVI, LIX, LXIV, 4, 45, 53, 54, 55, 57, 59, 60, 61, 62, 63, 64, 65, 67, 68, 69, 70, 72, 84, 103, 114, 224, 236, 241, 267, 268, 291, 358, 359, 398, 400, 406, 411 Pubblico dominio, LII, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 144, 145, 173, 174, 175, 176, 177, 179, 180, 181, 182 Rapporto, XXI, XXXVII, LXII, 15, 17, 40, 100, 119, 186, 187, 192, 213, 231, 233, 235, 241, 280, 282, 287, 289, 367, 378, 379, 382, 386, 399, 409 Realtà, XXV, XXVI, XLI, XLVIII, LX, LXI, LXV, 1, 26, 39, 48, 49, 66, 86, 88, 94, 102, 114, 115, 192, 214, 223, 229, 236, 244, 247, 249, 275, 277, 278, 279, 287, 292, 294, 295, 311, 317, 359, 366, 393, 405, 407, 410 Reciprocità, 118, 185 Relazioni di scambio, XLVII, 99, 120 Reportage, XXXIX, 22, 23, 84 Rete, VII, VIII, XIII, XIV, XV, XIX, XXI, XXII, XXIII, XXIV, XXV, XXVII, XXVIII, XXXII, XXXIII, XXXV, XLII, XLVI, XLVII, XLVIII, XLIX, LI, LIII, LVII, LVIII, LIX, LXI, LXII, LXIV, LXV, 1, 2, 3, 4, 15, 16, 22, 23, 45, 49, 50, 51, 52, 53, 57, 60, 62, 63, 64, 65, 66, 68, 70, 90, 99, 100, 101, 102, 103, 107, 108, 109, 110, 111, 112, 117, 119, 120, 122, 123, 124, 133, 135, 136, 137, 139, 141, 143, 150, 163, 167, 169, 174, 176, 179, 185, 186, 187, 189, 192, 205, 207, 213, 215, 217, 218, 229, 233, 234, 236, 237, 239, 240, 241, 242, 243, 247, 263, 264, 265, 271, 406, 407, 418 Ricerca, XIV, XVII, XIX, XXI, XXII, XXIV, XXV, XXVII, XXVIII, XXXII, XXXIII, XXXV, XXXVI, XXXVIII, XXXIX, XLI, XLIV, LII, LIII, LIX, LXII, LXV, 3, 21, 39, 42, 51, 99, 101, 113, 114, 120, 132, 136, 137, 138, 143, 145, 146, 153, 167, 174, 181, 187, 205, 206, 213, 235, 247, 261, 262, 263, 264, 265, 268, 309, 311, 312, 327, 358, 359, 360, 361, 362, 363, 364, 365, 366, 367, 369, 372, 373, 378, 398, 399, 400, 401, 407 Riproduzione di brani, 48, 51 Risorsa, 2, 139, 140, 176, 364, 391 Riviste, XV, XXXVII, 3, 22, 82, 90, 98, 136, 208, 295, 359 Scambi, XIX, XXIII, XXVI, XXXIV, XLVI, 19, 99, 100, 117, 120, 399 Scaricare, L, LIII, 70, 87, 131, 132, 136, 143, 205, 207, 215, 233, 241, 247, 249, 260 Scelte, XXXIV, XXXVIII, LVI, LXVI, 1, 16, 18, 107, 149, 189, 267, 298, 322, 323, 390, 401, 402, 403, 414 Schermo, LIX, 1, 15, 55, 87, 88, 120, 207, 208, 209, 310 Search, XXVIII, L, 133 Server, 206, 215, 233, 241 Servizio, 69, 95, 121, 247, 261, 292 Sito, XXXIII, XXXV, XXXVI, XXXVII, L, LI, LXIV, 2, 3, 4, 16, 18, 20, 21, 22, Indice delle tematiche 23, 24, 25, 26, 49, 82, 107, 113, 124, 138, 143, 205, 214, 215, 216, 227, 239, 241, 242, 243, 249, 260, 266, 267, 268, 271, 358, 361, 409, 410, 411 Social network, 15, 101 Società, XXIII, XXXIV, XXXVIII, XLVI, XLVII, XLVIII, XLIX, LI, LVI, LIX, LXIII, LXV, 1, 2, 19, 43, 47, 99, 100, 102, 113, 114, 117, 118, 120, 121, 137, 139, 140, 141, 142, 143, 147, 149, 167, 168, 169, 173, 174, 176, 177, 178, 179, 180, 182, 185, 186, 190, 207, 211, 214, 228, 238, 255, 264, 265, 276, 277, 279, 280, 290, 304, 306, 328, 378, 379, 381, 383, 385, 387, 391 Spazio pubblico, VIII, XXII, LXV, 263, 264, 265 Spese, 23, 181, 236, 392 Stampa, IX, XIV, XV, XXV, XXXVIII, XLIV, L, LXVI, 16, 17, 19, 23, 26, 47, 51, 65, 84, 92, 93, 94, 131, 168, 173, 213, 236, 237, 264, 267, 370, 406, 418 Stampatore, XXV, 17 Sviluppo, XVII, XXV, XXXIV, LVII, LX, 2, 40, 41, 142, 143, 182, 190, 192, 214, 223, 229, 239, 264, 276, 277, 280, 282, 290, 301, 310, 312, 367, 377, 385, 387, 390, 391, 392, 397, 400, 404 Tecnologie, XXVII, XXIX, XXX, XLV, LVIII, LXIII, LXV, 1, 95, 103, 115, 206, 208, 235, 238, 241, 242, 244, 263, 367 Testo, IX, XXII, XXIII, XXIV, XXVIII, XXIX, XXX, XXXI, XXXII, XXXV, XXXVI, XLIV, XLVI, XLIX, L, LII, LIV, LV, LVI, LVII, LVIII, LXI, LXII, 1, 2, 4, 20, 21, 44, 46, 48, 49, 51, 58, 60, 62, 63, 64, 65, 66, 67, 69, 70, 431 72, 99, 103, 114, 124, 131, 137, 138, 139, 143, 144, 145, 146, 147, 148, 149, 150, 168, 192, 206, 208, 211, 236, 237, 238, 271, 288, 298, 303, 305, 307, 362, 363, 366, 368, 371, 372, 373, 374, 397, 398, 400, 401, 402, 403, 405, 406, 407, 410, 413, 415 Titoli/titoli pubblicati, XXXVII, XL, 4, 16, 18, 24, 25, 207, 249, 292, 296, 358, 359, 361, 369, 393 Tutela, XXXVI, XLIII, XLIV, LIX, LX, 1, 45, 48, 49, 53, 140, 141, 142, 168, 174, 175, 176, 177, 178, 179, 180, 181, 182, 183, 213, 214, 215, 223, 225, 282, 302, 365, 374, 375, 391, 392, 411 Twitter, XLVII Utente, 119, 123, 142, 145, 167, 178, 180, 186, 260, 265, 280, 363 Utilizzazione economica dell'opera, 48, 52 Utilizzo, XXIX, XXXI, XLV, LIX, LXIII, 2, 17, 26, 46, 51, 64, 67, 144, 169, 178, 180, 186, 207, 213, 214, 240, 244, 263, 266, 267, 268 Valore/valore di scambio, XIII, XXI, XXII, XXIII, XXXIII, XXXV, XXXIX, XLII, XLIII, XLIX, LV, LXI, 1, 3, 20, 24, 29, 41, 43, 59, 61, 63, 86, 89, 100, 118, 136, 145, 148, 173, 192, 213, 218, 235, 304, 322, 327, 362, 364, 373, 376, 385, 387, 397, 403, 404, 407, 413 Vendita, XXXVII, LI, LVIII, LXV, 16, 53, 54, 60, 61, 63, 64, 65, 66, 67, 133, 205, 215, 217, 224, 230, 248, 255, 260, 389 Versione, XXIV, XXIX, XXX, XXXIII, XLVI, LI, LVIII, 70, 72, 132, 134, 432 Indice delle tematiche 169, 205, 209, 249, 307, 372, 401, 403, 405, 407, 410 Web, VII, VIII, XIV, XIX, XXI, XXII, XXIII, XXIV, XXV, XXVI, XXVIII, XXX, XXXIII, XXXVIII, XXXIX, XLII, XLVI, XLIX, LVII, LXI, LXIII, LXIV, LXV, 15, 22, 23, 40, 44, 45, 50, 84, 93, 99, 100, 102, 107, 113, 117, 118, 119, 120, 124, 132, 135, 146, 155, 167, 170, 185, 205, 235, 236, 237, 239, 242, 263, 264 Wikipedia, XXXV, XLVI, XLVII, L, 3, 4, 7, 50, 99, 168, 185, 191, 206, 214, 215, 267, 41 Finito di stampare nel mese di ottobre 2012 presso il Centro Stampa Pioda, Roma